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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE CARSTEA c. ROUMANIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 28998/04/2009
Stato: Romania
Data: 2009-05-26 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

TERZA SEZIONE
CAUSA CÂRSTEA C. ROMANIA
( Richiesta no 28998/04)
SENTENZA
STRASBURGO
26 maggio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Cârstea c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Egbert Myjer, Ineta Ziemele, Luccichi López Guerra, Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 5 maggio 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 28998/04) diretta contro la Romania e di cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra R. C. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 27 luglio 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da suo figlio, il Sig. S. D. C.. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Horaţiu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 23 aprile 2008, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi delle disposizioni dell’articolo 29 § 3 è stato deciso inoltre che la Camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1923 e risiede a Pecica.
5. Con un giudizio definitivo del 4 aprile 2003, il tribunale di prima istanza di Arad fece diritto all’azione del richiedente che aveva contestato il rifiuto delle commissioni amministrative di applicazione della legge no 18/1991 sui fondi d’imposta fondiaria di restituirgli in natura il suo terreno di 13,83 ettari. Il tribunale ordinò alle commissioni dipartimentali e locali di Semlac di applicazione della legge no 18/1991 (“la commissione dipartimentale” e “la commissione locale”) di restituirgli un terreno di 13,83 ettari nel comune di Semlac e di metterlo in possesso di suddetto terreno.
6. Il 16 giugno 2003, il prefetto di Arad, decise di autorizzare il collocamento in possesso del richiedente su un terreno disponibile nel comune di Pecica. Motivò questa decisione con la mancanza di terreno disponibile nel comune di Semlac.
7. Il 5 novembre 2003, il richiedente sollecitò presso la commissione locale di Semlac l’attribuzione ed il collocamento in possesso del terreno previsto dal giudizio definitivo del 4 aprile 2003, del tribunale di prima istanza di Arad. Con una lettera del 12 novembre 2003, il sindaco di Semlac informò il richiedente della mancanza di terreno disponibile nel perimetro di questo comune.
8. Il 6 gennaio 2004, in seguito alle numerose istanze formulate dal richiedente, la commissione dipartimentale gli ricordò la possibilità offerta dalla decisione amministrativa del 16 giugno 2003, di restituirgli un terreno sul territorio di un altro comune, Pecica. Il richiedente non diede nessuno seguito a questa offerta.
9. Tra il febbraio 2004 e il maggio 2008, le autorità amministrative locali e dipartimentali reiterarono parecchie volte questa ultima risposta, in seguito ai numerosi interventi del richiedente.
10. Con una lettera del 15 maggio 2008, il sindaco di Semlac informò il richiedente della possibilità di concedergli 13,99 ettari di terreno sul territorio del comune di Semlac, conformemente al giudizio definitivo del 4 aprile 2003, del tribunale di prima istanza di Arad. La superficie era ripartita in cinque lotti differenti. Questa nuova situazione era dovuta alla scoperta, durante l’anno 2008, di una superficie di terreno disponibile nel perimetro di suddetto comune. Nessuno seguito fu dato a questa offerta. Il 28 agosto 2008, una nuova lettera che invitava il richiedente ad essere messo in possesso di suddetto terreno fu mandata dal sindaco del comune di Semlac.
11. Risulta dagli elementi della pratica che il richiedente rifiutò l’offerta fatta dal sindaco di Semlac riguardante il suo collocamento in possesso del terreno previsto dal giudizio definitivo del 4 aprile 2003 del tribunale di prima istanza di Arad.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
12. La legislazione interna pertinente, ossia dei brani delle leggi numeri 18/1991 sull’ambito fondiario, 169/1997 che apportava modifica alla legge no 18/1991, e 29/1990 sul contenzioso amministrativo, è descritta nella causa Sabin Popescu c. Romania (no 48102/99, §§ 42-46, 2 marzo 2004).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE E 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
13. Il richiedente adduce che l’inadempienza del giudizio del 4 aprile 2003, del tribunale di prima istanza di Arad ha infranto il suo diritto di accesso ad un tribunale, come previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, così come il suo diritto al rispetto dei suoi beni, come garantito dall’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione.
Gli articoli invocati sono formulati così:
Articolo 6 § 1
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
Articolo 1 del Protocollo no 1
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
14. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
15. Il Governo concede che l’inadempienza della sentenza del 4 aprile 2003, del tribunale di prima istanza di Arad possa rappresentare un’ingerenza nell’esercizio del diritto di accesso dell’interessata ad un tribunale. Tuttavia, considera che l’ingerenza ha rispettato l’esigenza di proporzionalità e che la situazione nella presente causa è differente delle altre cause in materia, perché, nel 2005, e rispettivamente nel 2008, il richiedente aveva rifiutato il collocamento in possesso di suddetto terreno. Il Governo prega la Corte di considerare che l’inadempimento del giudizio definitivo è dovuto a condizioni obiettive ed all’atteggiamento del richiedente.
16. Il richiedente combatte la tesi del Governo.
17. La Corte ricorda che, nella presente causa, sebbene il richiedente abbia ottenuto, il 4 aprile 2003, un giudizio definitivo che condannava le commissioni locali e dipartimentali a restituirgli un terreno situato nel comune di Semlac, è solamente il 15 maggio 2008 che le autorità amministrative hanno preso l’iniziativa di eseguire suddetto giudizio (cf. § 10 qui sopra).¬
18. La Corte nota che le semplici lettere mandate prima del 15 maggio 2008 dalle commissioni locali e dipartimentali per informare il richiedente della mancanza di terreno disponibile non possono costituire una “impossibilità obiettiva” che potrebbe esonerarli dell’obbligo previsto da suddetta sentenza (vedere Pântea c. Romania, no 5050/02, § 36, 15 giugno 2006).
19. Però, la Corte constata che nel maggio e nell’ agosto 2008 il sindaco di Semlac ha preso l’iniziativa e ha fatto un’offerta al richiedente che rispettava le condizioni imposte dal giudizio del 4 aprile 2003 precitato, ossia che il terreno fosse situato dentro al perimetro del comune di Semlac. Ora, il richiedente non ha dato seguito a questa offerta. La Corte stima che l’argomento del Governo in quanto all’impossibilità per le autorità di mettere in possesso il richiedente del terreno controverso vale solamente a partire da questa data, ossia dal maggio 2008 dove il richiedente ha negato di accettare l’offerta del municipio di Semlac. Così, tenuto conto dell’atteggiamento del richiedente, la Corte considera che a partire dal 15 maggio 2008, le autorità erano nell’impossibilità di eseguire il giudizio definitivo del 4 aprile 2003 del tribunale di prima istanza di Arad.
20. La Corte non può trattenersi tuttavia dall’ osservare che le autorità competenti sono state in errore per cinque anni nel prendere le misure necessarie per conformarsi al dispositivo del giudizio definitivo del 4 aprile 2003, il periodo trascorso tra il giudizio definitivo ed il 15 maggio 2008, data della prima offerta da parte del sindaco di Semlac.
21. La Corte ricorda che ha concluso già in parecchie cause che l’omissione delle autorità, senza giustificazione valida, di eseguire in un termine ragionevole una decisione definitiva resa a loro carico si analizza in una violazione del diritto di accesso ad un tribunale così come del diritto al rispetto dei beni (Acatrinei c. Romania, no 7114/02, § 40, 26 ottobre 2006, Metaxas c,. Grecia, no 8415/02, § 26, 27 maggio 2004, Prodan c,. Moldavia, no 49806/99, §§ 54-55, CEDH 2004-III (brani)).
22. Tenuto conto della specificità della presente causa, così come della giurisprudenza in materia, la Corte stima che nello specifico lo stato, tramite i suoi organi specializzati, non ha predisposto tutti gli sforzi necessari per fare eseguire con celerità la decisione giudiziale favorevole al richiedente. Quindi, la Corte conclude che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
23. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
24. Il richiedente chiede il pagamento dei 156 670 lei rumeni (“Ron”), o circa 42 000 EUR per la mancanza al guadagno per gli anni durante cui non ha potuto utilizzare il terreno in mancanza dell’esecuzione del giudizio che ordinava la restituzione. Chiede anche 10 000 EUR per il danno morale che ha subito.
25. Trattandosi della richiesta derivata dal difetto di godimento, il Governo chiede il suo rigetto, rinviando alla giurisprudenza la Corte dove ha giudicato che non potrebbe speculare su questa questione (Buzatu c. Romania (soddisfazione equa), no 34642/97, § 18, 27 gennaio 2005). Per ciò che riguarda la domanda di risarcimento del danno morale subito dal richiedente, il Governo considera che l’ eventuale constatazione di una violazione costituisce una soddisfazione equa per il danno morale addotto.
26. La Corte ricorda che in specifico ha concluso alla violazione degli articoli 6 § 1 e 1 del Protocollo no 1 in ragione del termine nell’esecuzione del giudizio del 4 aprile 2003, del tribunale di prima istanza di Arad che ammonta a cinque anni.
27. Trattandosi tuttavia della mancanza al guadagno causata presumibilmente dall’impossibilità di godere del terreno, la Corte osserva che il richiedente non ha corredato le sue pretese con dei giustificativi pertinenti che avrebbero permesso alla Corte di stabilire il valore del danno addotto. Non c’è dunque luogo di accordare al richiedente un’indennità a questo titolo (Dragne ed altri c. Romania (soddisfazione equa), no 78047/01, § 18, 16 novembre 2006).
28. La Corte stima tuttavia che il richiedente ha subito in particolare un danno morale a causa della frustrazione provocata dall’impossibilità di vedere eseguire la sentenza resa a suo favore e che questo danno non è compensato sufficientemente da una constatazione di violazione.
29. In queste circostanze, avuto riguardo all’insieme degli elementi che si trovano in suo possesso e, deliberando in equità, come esige l’articolo 41 della Convenzione, la Corte assegna al richiedente 4 000 EUR a titolo del danno morale.
B. Oneri e spese
30. Il richiedente non ha sottomesso alcuna richiesta di rimborso degli oneri e delle spese sostenuti per i procedimenti dinnanzi alle giurisdizioni interne o dinnanzi alla Corte.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 4 000 EUR (quattromila euro) da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento, per danno morale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 26 maggio 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

TROISIÈME SECTION
AFFAIRE CÂRSTEA c. ROUMANIE
(Requête no 28998/04)
ARRÊT
STRASBOURG
26 mai 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Cârstea c. Roumanie,
La Cour européenne des droits de l’homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
Josep Casadevall, président,
Corneliu Bîrsan,
Boštjan M. Zupančič,
Egbert Myjer,
Ineta Ziemele,
Luis López Guerra,
Ann Power, juges,
et de Santiago Quesada, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 5 mai 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 28998/04) dirigée contre la Roumanie et dont une ressortissante de cet Etat, Mme R. C. (« la requérante »), a saisi la Cour le 27 juillet 2004 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. La requérante est représentée par son fils, M. S. D. C.. Le gouvernement roumain (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. Răzvan-Horaţiu Radu, du ministère des Affaires étrangères.
3. Le 23 avril 2008, le président de la troisième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Se prévalant des dispositions de l’article 29 § 3 il a en outre été décidé que la Chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. La requérante est née en 1923 et réside à Pecica.
5. Par un jugement définitif du 4 avril 2003, le tribunal de première instance d’Arad fit droit à l’action de la requérante qui avait contesté le refus des commissions administratives d’application de la loi no 18/1991 sur le fonds foncier de lui restituer en nature son terrain de 13,83 hectares. Le tribunal ordonna aux commissions départementale et locale de Semlac d’application de la loi no 18/1991 (« la commission départementale » et « la commission locale ») de lui restituer un terrain de 13,83 hectares dans la commune de Semlac et de la mettre en possession dudit terrain.
6. Le 16 juin 2003, le préfet d’Arad, décida d’autoriser la mise en possession de la requérante sur un terrain disponible dans la commune de Pecica. Il motiva cette décision par l’absence de terrain disponible dans la commune de Semlac.
7. Le 5 novembre 2003, la requérante sollicita auprès de la commission locale de Semlac l’attribution et la mise en possession du terrain prévu par le jugement définitif du 4 avril 2003, du tribunal de première instance d’Arad. Par une lettre du 12 novembre 2003, la maire de Semlac informa la requérante de l’absence de terrain disponible dans le périmètre de cette commune.
8. Le 6 janvier 2004, suite aux nombreuses demandes formulées par la requérante, la commission départementale lui rappela de la possibilité offerte par la décision administrative du 16 juin 2003, de lui restituer un terrain sur le territoire d’une autre commune, Pecica. La requérante ne donna aucune suite à cette offre.
9. Entre février 2004 et mai 2008, les autorités administratives locales et départementales réitérèrent plusieurs fois cette dernière réponse, à la suite des nombreuses interventions de la requérante.
10. Par une lettre du 15 mai 2008, le maire de Semlac informa la requérante de la possibilité de lui octroyer 13,99 hectares de terrain sur le territoire de la commune de Semlac, conformément au jugement définitif du 4 avril 2003, du tribunal de première instance d’Arad. La superficie était repartie en cinq lots différents. Cette nouvelle situation était due à la découverte, au cours de l’année 2008, d’une superficie de terrain disponible dans le périmètre de ladite commune. Aucune suite ne fut donnée à cette offre. Le 28 août 2008, une nouvelle lettre invitant la requérante à être mise en possession dudit terrain fut envoyée par le maire de la commune de Semlac.
11. Il ressort des éléments du dossier que la requérante refuse l’offre faite par le maire de Semlac portant sur sa mise en possession du terrain prévu par le jugement définitif du 4 avril 2003 du tribunal de première instance d’Arad.
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
12. La législation interne pertinente, à savoir des extraits des lois nos 18/1991 sur le domaine foncier, 169/1997 portant modification de la loi no 18/1991, et 29/1990 sur le contentieux administratif, est décrite dans l’affaire Sabin Popescu c. Roumanie (no 48102/99, §§ 42-46, 2 mars 2004).
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION ET 1 DU PROTOCOLE No 1
13. La requérante allègue que l’inexécution de jugement du 4 avril 2003, du tribunal de première instance d’Arad a enfreint son droit d’accès à un tribunal, tel que prévu par l’article 6 § 1 de la Convention, ainsi que son droit au respect de ses biens, tel qu’il est garanti par l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention.
Les articles invoqués sont ainsi libellé :
Article 6 § 1
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
Article 1 du Protocole no 1
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
14. La Cour constate que la requête n’est pas manifestement mal fondée au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. La Cour relève par ailleurs qu’elle ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de la déclarer recevable.
B. Sur le fond
15. Le Gouvernement concède que l’inexécution de l’arrêt du 4 avril 2003, du tribunal de première instance d’Arad puisse représenter une ingérence dans l’exercice du droit d’accès de l’intéressée à un tribunal. Toutefois, il considère que l’ingérence a respecté l’exigence de proportionnalité et que la situation dans la présente affaire est différente des autres affaires en la matière, car, en 2005, et respectivement en 2008, la requérante avait refusé la mise en possession dudit terrain. Le Gouvernement prie la Cour de considérer que la non-exécution du jugement définitif est due aux conditions objectives et à l’attitude de la requérante.
16. La requérante combat la thèse du Gouvernement.
17. La Cour rappelle que, dans la présente affaire, bien que la requérante ait obtenu, le 4 avril 2003, un jugement définitif condamnant les commissions locale et départementale à lui restituer un terrain situé dans la commune de Semlac, ce n’est que le 15 mai 2008 que les autorités administratives ont pris l’initiative d’exécuter ledit jugement (cf. § 10 ci¬dessus).
18. La Cour note que les simples lettres envoyées avant le 15 mai 2008 par les commissions locale et départementale pour informer la requérante de l’absence de terrain disponible ne peuvent constituer une « impossibilité objective » qui pourrait les exonérer de l’obligation prévue par ledit arrêt (voir Pântea c. Roumanie, no 5050/02, § 36, 15 juin 2006).
19. Cependant, la Cour constate qu’en mai et août 2008 le maire de Semlac a pris l’initiative et a fait une offre à la requérante en respectant les conditions imposées par le jugement du 4 avril 2003 précité, à savoir que le terrain soit situé à l’intérieur du périmètre de la commune de Semlac. Or, la requérante n’a pas donné suite à cette offre. La Cour estime que l’argument du Gouvernement quant à l’impossibilité pour les autorités de mettre en possession la requérante du terrain litigieux ne vaut qu’à partir de cette date, à savoir mai 2008 où la requérante a refusé d’accepter l’offre de la mairie de Semlac. Ainsi, compte tenu de l’attitude de la requérante, la Cour considère qu’à partir du 15 mai 2008, les autorités étaient dans l’impossibilité d’exécuter le jugement définitif du 4 avril 2003 du tribunal de première instance d’Arad.
20. La Cour ne peut toutefois s’empêcher d’observer que les autorités compétentes ont été en défaut pendant cinq ans de prendre les mesures nécessaires pour se conformer au dispositif du jugement définitif du 4 avril 2003 (la période écoulée entre le jugement définitif et le 15 mai 2008, date de la première offre de la part du maire de Semlac).
21. La Cour rappelle qu’elle a déjà conclu dans plusieurs affaires que l’omission des autorités, sans justification valable, d’exécuter dans un délai raisonnable une décision définitive rendue à leur encontre s’analyse en une violation du droit d’accès à un tribunal ainsi que du droit au respect des biens (Acatrinei c. Roumanie, no 7114/02, § 40, 26 octobre 2006, Metaxas c. Grèce, no 8415/02, § 26, 27 mai 2004, Prodan c. Moldavie, no 49806/99, §§ 54-55, CEDH 2004-III (extraits)).
22. Compte tenu de la spécificité de la présente affaire, ainsi que de la jurisprudence en la matière, la Cour estime qu’en l’espèce l’État, par le biais de ses organes spécialisés, n’a pas déployé tous les efforts nécessaires afin de faire exécuter avec célérité la décision judiciaire favorable à la requérante. Dès lors, la Cour conclut qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention et de l’article 1 du Protocole no 1.
II. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
23. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
24. La requérante demande le paiement des 156 670 lei roumains (« RON »), soit environ 42 000 EUR pour le manque à gagner pour les années pendant lesquelles elle n’a pu utiliser le terrain faute d’exécution du jugement ordonnant la restitution. Elle demande également 10 000 EUR pour le préjudice moral qu’elle a subi.
25. S’agissant de la demande tirée du défaut de jouissance, le Gouvernement demande son rejet, renvoyant à la jurisprudence la Cour où elle a jugé qu’elle ne saurait spéculer sur cette question (Buzatu c. Roumanie (satisfaction équitable), no 34642/97, § 18, 27 janvier 2005). Pour ce qui est de la demande de réparation du préjudice moral subi par la requérante, le Gouvernement considère que le constat éventuel d’une violation constitue une satisfaction équitable pour le préjudice moral allégué.
26. La Cour rappelle qu’en espèce elle a conclu à la violation des articles 6 § 1 et 1 du Protocole no 1 en raison du délai dans l’exécution du jugement du 4 avril 2003, du tribunal de première instance d’Arad, qui s’élève à cinq ans.
27. S’agissant pourtant du manque à gagner prétendument causé par l’impossibilité de jouir du terrain, la Cour observe que la requérante n’a pas accompagné ses prétentions des justificatifs pertinents qui auraient permis à la Cour d’établir la valeur du préjudice allégué. Il n’y a donc pas lieu d’accorder à la requérante une indemnité à ce titre (Dragne et autres c. Roumanie (satisfaction équitable), no 78047/01, § 18, 16 novembre 2006).
28. La Cour estime toutefois que la requérante a subi un préjudice moral du fait notamment de la frustration provoquée par l’impossibilité de voir exécuter l’arrêt rendu en sa faveur et que ce préjudice n’est pas suffisamment compensé par un constat de violation.
29. Dans ces circonstances, eu égard à l’ensemble des éléments se trouvant en sa possession et, statuant en équité, comme le veut l’article 41 de la Convention, la Cour alloue à la requérante 4 000 EUR au titre du préjudice moral.
B. Frais et dépens
30. La requérante n’a pas soumis de demande de remboursement des frais et dépens exposés pour les procédures devant les juridictions internes ou devant la Cour.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention et 1 du Protocole no 1 à la Convention ;
3. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser à la requérante, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, 4 000 EUR (quatre mille euros), à convertir dans la monnaie de l’Etat défendeur au taux applicable à la date du règlement, pour dommage moral, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ce montant sera à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 26 mai 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Greffier Président

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    - Col criterio: SE NON OTTIENI NON PAGHI

Se l'espropriato è assistito da un Professionista aderente all'Associazione pagherà solo a risultato raggiunto, "con i soldi" dell'Amministrazione. Non si deve pagare se non si ottiene il risultato stabilito. Tutto ciò viene pattuito, a garanzia dell'espropriato, con un contratto scritto. è ammesso solo un rimborso spese da concordare: ad. es. 1.000 euro per il DAP (tutelarsi e opporsi senza contenzioso) o 2.000 euro per il contenzioso. Per maggiori dettagli si veda la pagina 20 del nostro Vademecum gratuito.

La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 11/12/2024