TERZA SEZIONE
CAUSA CÂRSTEA C. ROMANIA
( Richiesta no 28998/04)
SENTENZA
STRASBURGO
26 maggio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Cârstea c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Egbert Myjer, Ineta Ziemele, Luccichi López Guerra, Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 5 maggio 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 28998/04) diretta contro la Romania e di cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra R. C. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 27 luglio 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da suo figlio, il Sig. S. D. C.. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Horaţiu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 23 aprile 2008, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi delle disposizioni dell’articolo 29 § 3 è stato deciso inoltre che la Camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1923 e risiede a Pecica.
5. Con un giudizio definitivo del 4 aprile 2003, il tribunale di prima istanza di Arad fece diritto all’azione del richiedente che aveva contestato il rifiuto delle commissioni amministrative di applicazione della legge no 18/1991 sui fondi d’imposta fondiaria di restituirgli in natura il suo terreno di 13,83 ettari. Il tribunale ordinò alle commissioni dipartimentali e locali di Semlac di applicazione della legge no 18/1991 (“la commissione dipartimentale” e “la commissione locale”) di restituirgli un terreno di 13,83 ettari nel comune di Semlac e di metterlo in possesso di suddetto terreno.
6. Il 16 giugno 2003, il prefetto di Arad, decise di autorizzare il collocamento in possesso del richiedente su un terreno disponibile nel comune di Pecica. Motivò questa decisione con la mancanza di terreno disponibile nel comune di Semlac.
7. Il 5 novembre 2003, il richiedente sollecitò presso la commissione locale di Semlac l’attribuzione ed il collocamento in possesso del terreno previsto dal giudizio definitivo del 4 aprile 2003, del tribunale di prima istanza di Arad. Con una lettera del 12 novembre 2003, il sindaco di Semlac informò il richiedente della mancanza di terreno disponibile nel perimetro di questo comune.
8. Il 6 gennaio 2004, in seguito alle numerose istanze formulate dal richiedente, la commissione dipartimentale gli ricordò la possibilità offerta dalla decisione amministrativa del 16 giugno 2003, di restituirgli un terreno sul territorio di un altro comune, Pecica. Il richiedente non diede nessuno seguito a questa offerta.
9. Tra il febbraio 2004 e il maggio 2008, le autorità amministrative locali e dipartimentali reiterarono parecchie volte questa ultima risposta, in seguito ai numerosi interventi del richiedente.
10. Con una lettera del 15 maggio 2008, il sindaco di Semlac informò il richiedente della possibilità di concedergli 13,99 ettari di terreno sul territorio del comune di Semlac, conformemente al giudizio definitivo del 4 aprile 2003, del tribunale di prima istanza di Arad. La superficie era ripartita in cinque lotti differenti. Questa nuova situazione era dovuta alla scoperta, durante l’anno 2008, di una superficie di terreno disponibile nel perimetro di suddetto comune. Nessuno seguito fu dato a questa offerta. Il 28 agosto 2008, una nuova lettera che invitava il richiedente ad essere messo in possesso di suddetto terreno fu mandata dal sindaco del comune di Semlac.
11. Risulta dagli elementi della pratica che il richiedente rifiutò l’offerta fatta dal sindaco di Semlac riguardante il suo collocamento in possesso del terreno previsto dal giudizio definitivo del 4 aprile 2003 del tribunale di prima istanza di Arad.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
12. La legislazione interna pertinente, ossia dei brani delle leggi numeri 18/1991 sull’ambito fondiario, 169/1997 che apportava modifica alla legge no 18/1991, e 29/1990 sul contenzioso amministrativo, è descritta nella causa Sabin Popescu c. Romania (no 48102/99, §§ 42-46, 2 marzo 2004).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE E 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
13. Il richiedente adduce che l’inadempienza del giudizio del 4 aprile 2003, del tribunale di prima istanza di Arad ha infranto il suo diritto di accesso ad un tribunale, come previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, così come il suo diritto al rispetto dei suoi beni, come garantito dall’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione.
Gli articoli invocati sono formulati così:
Articolo 6 § 1
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
Articolo 1 del Protocollo no 1
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
14. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
15. Il Governo concede che l’inadempienza della sentenza del 4 aprile 2003, del tribunale di prima istanza di Arad possa rappresentare un’ingerenza nell’esercizio del diritto di accesso dell’interessata ad un tribunale. Tuttavia, considera che l’ingerenza ha rispettato l’esigenza di proporzionalità e che la situazione nella presente causa è differente delle altre cause in materia, perché, nel 2005, e rispettivamente nel 2008, il richiedente aveva rifiutato il collocamento in possesso di suddetto terreno. Il Governo prega la Corte di considerare che l’inadempimento del giudizio definitivo è dovuto a condizioni obiettive ed all’atteggiamento del richiedente.
16. Il richiedente combatte la tesi del Governo.
17. La Corte ricorda che, nella presente causa, sebbene il richiedente abbia ottenuto, il 4 aprile 2003, un giudizio definitivo che condannava le commissioni locali e dipartimentali a restituirgli un terreno situato nel comune di Semlac, è solamente il 15 maggio 2008 che le autorità amministrative hanno preso l’iniziativa di eseguire suddetto giudizio (cf. § 10 qui sopra).¬
18. La Corte nota che le semplici lettere mandate prima del 15 maggio 2008 dalle commissioni locali e dipartimentali per informare il richiedente della mancanza di terreno disponibile non possono costituire una “impossibilità obiettiva” che potrebbe esonerarli dell’obbligo previsto da suddetta sentenza (vedere Pântea c. Romania, no 5050/02, § 36, 15 giugno 2006).
19. Però, la Corte constata che nel maggio e nell’ agosto 2008 il sindaco di Semlac ha preso l’iniziativa e ha fatto un’offerta al richiedente che rispettava le condizioni imposte dal giudizio del 4 aprile 2003 precitato, ossia che il terreno fosse situato dentro al perimetro del comune di Semlac. Ora, il richiedente non ha dato seguito a questa offerta. La Corte stima che l’argomento del Governo in quanto all’impossibilità per le autorità di mettere in possesso il richiedente del terreno controverso vale solamente a partire da questa data, ossia dal maggio 2008 dove il richiedente ha negato di accettare l’offerta del municipio di Semlac. Così, tenuto conto dell’atteggiamento del richiedente, la Corte considera che a partire dal 15 maggio 2008, le autorità erano nell’impossibilità di eseguire il giudizio definitivo del 4 aprile 2003 del tribunale di prima istanza di Arad.
20. La Corte non può trattenersi tuttavia dall’ osservare che le autorità competenti sono state in errore per cinque anni nel prendere le misure necessarie per conformarsi al dispositivo del giudizio definitivo del 4 aprile 2003, il periodo trascorso tra il giudizio definitivo ed il 15 maggio 2008, data della prima offerta da parte del sindaco di Semlac.
21. La Corte ricorda che ha concluso già in parecchie cause che l’omissione delle autorità, senza giustificazione valida, di eseguire in un termine ragionevole una decisione definitiva resa a loro carico si analizza in una violazione del diritto di accesso ad un tribunale così come del diritto al rispetto dei beni (Acatrinei c. Romania, no 7114/02, § 40, 26 ottobre 2006, Metaxas c,. Grecia, no 8415/02, § 26, 27 maggio 2004, Prodan c,. Moldavia, no 49806/99, §§ 54-55, CEDH 2004-III (brani)).
22. Tenuto conto della specificità della presente causa, così come della giurisprudenza in materia, la Corte stima che nello specifico lo stato, tramite i suoi organi specializzati, non ha predisposto tutti gli sforzi necessari per fare eseguire con celerità la decisione giudiziale favorevole al richiedente. Quindi, la Corte conclude che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
23. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
24. Il richiedente chiede il pagamento dei 156 670 lei rumeni (“Ron”), o circa 42 000 EUR per la mancanza al guadagno per gli anni durante cui non ha potuto utilizzare il terreno in mancanza dell’esecuzione del giudizio che ordinava la restituzione. Chiede anche 10 000 EUR per il danno morale che ha subito.
25. Trattandosi della richiesta derivata dal difetto di godimento, il Governo chiede il suo rigetto, rinviando alla giurisprudenza la Corte dove ha giudicato che non potrebbe speculare su questa questione (Buzatu c. Romania (soddisfazione equa), no 34642/97, § 18, 27 gennaio 2005). Per ciò che riguarda la domanda di risarcimento del danno morale subito dal richiedente, il Governo considera che l’ eventuale constatazione di una violazione costituisce una soddisfazione equa per il danno morale addotto.
26. La Corte ricorda che in specifico ha concluso alla violazione degli articoli 6 § 1 e 1 del Protocollo no 1 in ragione del termine nell’esecuzione del giudizio del 4 aprile 2003, del tribunale di prima istanza di Arad che ammonta a cinque anni.
27. Trattandosi tuttavia della mancanza al guadagno causata presumibilmente dall’impossibilità di godere del terreno, la Corte osserva che il richiedente non ha corredato le sue pretese con dei giustificativi pertinenti che avrebbero permesso alla Corte di stabilire il valore del danno addotto. Non c’è dunque luogo di accordare al richiedente un’indennità a questo titolo (Dragne ed altri c. Romania (soddisfazione equa), no 78047/01, § 18, 16 novembre 2006).
28. La Corte stima tuttavia che il richiedente ha subito in particolare un danno morale a causa della frustrazione provocata dall’impossibilità di vedere eseguire la sentenza resa a suo favore e che questo danno non è compensato sufficientemente da una constatazione di violazione.
29. In queste circostanze, avuto riguardo all’insieme degli elementi che si trovano in suo possesso e, deliberando in equità, come esige l’articolo 41 della Convenzione, la Corte assegna al richiedente 4 000 EUR a titolo del danno morale.
B. Oneri e spese
30. Il richiedente non ha sottomesso alcuna richiesta di rimborso degli oneri e delle spese sostenuti per i procedimenti dinnanzi alle giurisdizioni interne o dinnanzi alla Corte.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 4 000 EUR (quattromila euro) da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento, per danno morale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 26 maggio 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente