Conclusione: Violazione di P1-1; Soddisfazione equa rimandata; Eccezione preliminare respinta (vittima)
SECONDA SEZIONE
CAUSA CARBONARA E VENTURA C. ITALIA
( Richiesta no 24638/94)
SENTENZA
STRASBURGO
30 maggio 2000
Nella causa Carbonara e Ventura c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta di:
SIGG.. A.B. Baka, presidente,
L. Ferrari Bravo,
G. Bonello,
Sig.ra V. Str??nick?,
M. P. Lorenzen,
Sig.ra M. Tsatsa-Nikolovska,
M. E. Levits, juges,et
di M. E. Fribergh, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 11 maggio 2000,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. La causa ? stata deferita alla Corte, conformemente alle disposizioni che si applicavano in vigore prima dell’entrata del Protocollo no 11 alla Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libert? fondamentali (“la Convenzione”), dalla Commissione europea dei Diritti dell’uomo (“la Commissione”), il 3 novembre 1998, e dalla Sig.ra Elena Carbonara, Sigg.ri Pasquale Carbonara, Augusto Carbonara e Costantino Ventura (“i richiedenti”), il 4 novembre 1998. Il 29 gennaio 1999, o al di l? del termine di tre mesi previsti dai vecchi articoli 32 ? 1 e 47 della Convenzione, il governo italiano (“il Governo”) ha inviato alla Corte una lettera di immissione nel processo.
2. All’origine della causa si trova una richiesta (no 24638/94) diretta contro la Repubblica italiana e in cui quattro cittadini residenti all’estero di questo Stato avevano investito la Commissione il 25 maggio 1994 in virt? del vecchio articolo 25 della Convenzione. I richiedenti adducevano un attentato ingiustificato al loro diritto al rispetto dei loro beni. La Commissione, prima camera, ha dichiarato la richiesta accettabile il 22 ottobre 1997. Nel suo rapporto del 1 luglio 1998 (vecchio articolo 31 della Convenzione) [Nota del cancelliere: la decisione ? disponibile presso la cancelleria] formula il parere unanime che c’? stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
3. Davanti alla Corte, i richiedenti sono rappresentati dal quarto richiedente, avvocato al foro di Bari. Il Governo ? rappresentato dal suo agente, Sig. U. Leanza, ed il suo coagente, Sig. V. Esposito.
4. Il 14 gennaio 1999, un collegio della Grande Camera ha deciso che la causa doveva essere esaminata da una delle sezioni della Corte, articolo 100 del regolamento della Corte (“il regolamento”). Il presidente della Corte ha assegnato la causa alla seconda sezione. Il Sig. B. Conforti, giudice eletto a titolo dell’Italia che aveva preso parte all’esame della causa in seno alla Commissione, si ? astenuto (articolo 28 del regolamento). Perci?, il Governo ha designato il Sig. L. Ferrari Bravo, giudice eletto a titolo di San Marino, per riunirsi al suo posto, articoli 27 ? 2 della Convenzione e 29 ? 1 del regolamento.
5. La Corte avendo deciso, dopo consultazione delle parti, che non c’era luogo di tenere un’udienza (articolo 59 ? 2 in fine del regolamento) le parti hanno ciascuna sottoposto due memorie.
IN EFFETTI
I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO
6. I primi tre richiedenti e la madre del quarto richiedente, nel frattempo deceduta, erano proprietari di un terreno agricolo si ubicato a Noicattaro. Nel 1963, la citt? di Noicattaro inizi? la costruzione di una scuola su dei terreni vicini. Durante l’esecuzione dei lavori, si rivel? che un appezzamento supplementare era necessario per erigere l’ultima partita della costruzione.
7. Da un’ordinanza del 27 maggio 1970, la prefettura di Bari autorizz? la citt? di Noicattaro a procedere all’occupazione di emergenza di 2 649 metri quadrati del terreno che appartiene ai richiedenti, per un periodo massimale di due anni, in vista della sua espropriazione a causa di utilit? pubblica. Questo terreno era classificato al catasto come “partita” 10653, foglio 34, appezzamento 590.
8. Il 30 giugno 1970, la citt? di Noicattaro procedette all’occupazione materiale del terreno ed inizi? i lavori di costruzione.
9. Risalta della pratica che i lavori di costruzione della scuola si conclusero il 28 ottobre 1972, o al di l? del periodo di occupazione autorizzata.
10. I richiedenti espongono che restarono, in vano, nell’attesa dell’espropriazione formale del loro terreno e di un’indennit? durante gli anni.
11. Da un atto di assegnazione notificata il 3 maggio 1980, i richiedenti introdussero un’azione in danni-interessi contro la citt? di Noicattaro davanti al tribunale civile di Bari. I richiedenti facevano valere in particolare che l’occupazione del loro terreno era illegale, dato che era proseguita al di l? del periodo autorizzato e senza che si fosse proceduto all’espropriazione formale ed al pagamento di un’indennit?.
12. L’amministrazione convenuta eccep? in particolare di ci? che il diritto al risarcimento era prescritto.
13. Da un giudizio del 14 aprile 1989, il tribunale civile di Bari respinse l’eccezione sollevata dall’amministrazione, che verte sulla prescrizione del diritto al risarcimento, al motivo che l’amministrazione non aveva indicato la data alla quale i lavori di costruzione si erano conclusi. Riferendosi alla giurisprudenza della Corte di cassazione in materia di espropriazione indiretta (occupazione acquisitiva) il tribunale afferm? che in seguito al completamento del lavoro pubblico il diritto di propriet? dei richiedenti era stato neutralizzato. Tuttavia, dato che il trasferimento di propriet? aveva avuto luogo nella cornice di un’occupazione di terreno illecito, i richiedenti avevano diritto ai danni-interessi, da calcolare sulla base del valore venale del terreno, o 26 490 000 lire italiane (10 000 lire per metro quadrato) indicizzata al giorno della decisione, o 68 900 000 lire, pi? interessi.
14. Il 21 luglio 1989, la citt? di Noicattaro interpose appello di questo giudizio. Faceva valere in particolare che il diritto al risarcimento dei richiedenti era prescritto.
15. Da una sentenza del 14 novembre 1990, la corte di appello di Bari accolse il ricorso introdotto dalla citt? di Noicattaro e dichiar? prescritto il diritto dei richiedenti ai danni-interessi.
16. La corte di appello consider? che i lavori di costruzione si erano conclusi il 28 ottobre 1972. Dato che questa data si trovava al di l? del termine di due anni imparti dalla prefettura nell’ordinanza di occupazione di emergenza del terreno, seguiva che l’occupazione del terreno era diventata in quel momento illecita. Tuttavia, per effetto del principio dell’espropriazione indiretta, come elaborato dalla giurisprudenza, la citt? di Noicattaro era diventata proprietario del terreno appena la costruzione era stata finita. Tenuto conto di ci? che l’amministrazione aveva acquistato la propriet? nella cornice di una situazione illecita, i richiedenti avevano la possibilit? di chiedere dei danni-interessi; tuttavia, nel caso, il diritto dei richiedenti ai danni-interessi era prescritto, poich? il termine di prescrizione di cinque anni era cominciato a decorrere dalla data di completamento dei lavori.
17. Il 22 gennaio 1992, i richiedenti ricorsero in cassazione. Arguivano che l’applicazione retroattiva del principio dell’espropriazione indiretta, come consacrato dalle sezioni collegate della Corte di cassazione nel 1983, combinata con l’applicazione retroattiva di un termine di prescrizione, recava offesa al loro diritto di propriet? ed al principio di non discriminazione, come garantiti dalla Costituzione. In effetti, prima del 1983, il proprietario del terreno si conservava la sua qualit? da proprietario tutto lungo l’occupazione illegale del suo terreno; da allora, sebbene un termine di prescrizione di cinque anni fosse contemplato per agire in danni-interessi, gli effetti dell’occupazione illegale che sono permanenti, l’interessato poteva chiedere ogni momento dei danni-interessi, il terreno che si trova in una situazione di occupazione illegale continua. Invece, dopo 1983, il proprietario di un terreno occupato dall’amministrazione perdeva la sua qualit? di proprietario alla data di compimento dei lavori ed il termine di prescrizione cominciava a decorrere fin da questo istante. Peraltro, i richiedenti contestavano l’applicabilit? di un termine di prescrizione di cinque anni, facendo valere che su questo punto la giurisprudenza della Corte di cassazione era divisa.
18. Da una sentenza del 1 aprile 1993, depositata il 26 novembre 1993, la Corte di cassazione respinse i richiedenti del loro ricorso alla cancelleria. Trattandosi del termine di prescrizione da applicare, la Corte ricord? che in data del 22 novembre 1992, la Corte di cassazione in formazione plenaria aveva troncato definitivamente la questione, dichiarando che era il termine di cinque anni che doveva applicarsi. Nel caso, il diritto dei richiedenti ai danni-interessi era prescritto dunque. In quanto alla lagnanza derivata dell’incostituzionalit? dell’applicazione retroattiva del principio dell’espropriazione indiretta e del termine di prescrizione di cinque anni, al disprezzo del diritto al rispetto dei beni dei richiedenti e del principio di non discriminazione, la Corte stim? che era manifestamente male fondato.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
A. La legge no 85 del 22 ottobre 1971
19. Questa legge regge il procedimento accelerato di espropriazione che permette all’amministrazione di costruire prima dell’espropriazione. Una volta dichiarata di utilit? pubblica il ?uvre a realizzare ed adottato il progetto di costruzione, l’amministrazione pu? decretare l’occupazione di emergenza delle zone ad espropriare per una durata determinata che non supera cinque anni. Questo decreto diventa nullo se l’occupazione materiale del terreno non ha luogo nei tre seguente mese la sua promulgazione. Dopo il periodo di occupazione devono intervenire un decreto di espropriazione formale ed il pagamento di un’indennit?.
B. Il principio dell’espropriazione indiretta (occupazione acquisitiva o accessione invertita)
20. Negli anni 70, parecchie amministrazioni locali procederono alle occupazioni di emergenza di terreni che non furono seguitie da decreti di espropriazione. Le giurisdizioni italiane si trovarono confrontate ai casi dove il proprietario di un terreno aveva perso di facto la disponibilit? di questo a causa dell’occupazione e del compimento di lavori di costruzione di un opera pubblica. Restava a sapere se, semplicemente dall’effetto dei lavori effettuati, l’interessato aveva perso anche la propriet? terreno.
1. La giurisprudenza prima della sentenza no 1464 del 16 febbraio 1983 della Corte di cassazione
21. La giurisprudenza era molto divisa sul punto di sapere quale erano illegalmente gli effetti della costruzione di un lavoro pubblico su un terreno occupato. Da occupazione illegale bisogna intendere un’occupazione illegale ab initio, cio? senza titolo, o un’occupazione inizialmente autorizzata e diventata in seguito senza titolo, il titolo essendo annullato o l’occupazione proseguendo al di l? della scadenza autorizzata senza che un decreto di espropriazione non sia intervenuto.
22. Secondo una prima giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall’amministrazione non perdeva la propriet? terreno dopo il completamento del lavoro pubblico; tuttavia, non poteva chiedere una rimessa in essere del terreno e poteva impegnare unicamente un’azione in danni-interessi per occupazione abusiva, non sottoposta ad un termine di prescrizione poich? l’illegalit? che deriva dell’occupazione era permanente. L’amministrazione poteva adottare ogni momento una decisione formale di espropriazione: in questo caso, l’azione in danni-interessi si trasformava in controversia vertente sull’indennit? di espropriazione ed i danni-interessi erano dovuti solamente per il periodo anteriore al decreto di espropriazione per il non-godimento del terreno (vedere, tra le altre, le sentenze della Corte di cassazione no 2341 del 1982, no 4741 di 1981, no 6452 e no 6308 del 1980).
23. Secondo una seconda giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall’amministrazione non perdeva la propriet? terreno e poteva chiedere la rimessa in essere di questo quando l’amministrazione aveva agito senza che ci sia utilit? pubblica (vedere, per esempio, Corte di cassazione, sentenza no 1578 del 1976, sentenza no 5679 del 1980).
24. Secondo una terza giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall’amministrazione perdeva automaticamente la propriet? del terreno al momento della trasformazione irreversibile del bene, ossia al momento del completamento del lavoro pubblico. L’interessato aveva il diritto di chiedere dei danni-interessi (vedere, solo precedente della Corte di cassazione, la sentenza no 3243 del 1979.
2. La sentenza no 1464 del 16 febbraio 1983 della Corte di cassazione
25. Da una sentenza del 16 febbraio 1983, la Corte di cassazione, deliberando in camere riunite, decise il conflitto di giurisprudenza ed adott? la terza soluzione. Cos? fu consacrato il principio dell’espropriazione indiretta (accessione invertita od occupazione acquisitiva). In virt? di questo principio, il potere pubblico acquista ab origine la propriet? di un terreno senza procedere ad un’espropriazione formale quando, dopo l’occupazione del terreno, ed a prescindere della legalit? dell’occupazione, il lavoro pubblico ? stato realizzato. Quando l’occupazione ? ab initio senza titolo, il trasferimento di propriet? ha luogo al momento del completamento del lavoro pubblico. Quando l’occupazione del terreno ? stata inizialmente autorizzata, il trasferimento di propriet? ha luogo alla scadenza del periodo di occupazione autorizzata. Nella stessa sentenza, la Corte di cassazione precis? che, in ogni caso di espropriazione indiretta, l’interessato ha diritto ad un risarcimento integrale, l’acquisizione del terreno avendo avuto luogo sine titulo. Questo risarcimento non ? versato tuttavia, automaticamente: incombe sull’interessato di richiedere dei danni-interessi. Inoltre, il diritto a risarcimento ? abbinato del termine di prescrizione contemplato in caso di responsabilit? da delitto, ossia cinque anni, cominciando a decorrere al momento della trasformazione irreversibile del terreno.
3. La giurisprudenza dopo la sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
a) La prescrizione
26. In un primo tempo, la giurisprudenza aveva considerato che nessuno termine di prescrizione non si trovava ad applicare, poich? l’occupazione sine titulo del terreno costituiva un atto illegale continuo (paragrafo 22 sopra). La Corte di cassazione, nella sua sentenza no 1464 del 1983, aveva affermato che il diritto al risarcimento era sottoposto ad un termine di prescrizione di cinque anni (paragrafo 25 sopra). In seguito, la prima sezione della Corte di cassazione ha affermato che un termine di prescrizione di dieci anni doveva applicarsi (sentenze no 7952 di 1991 e no 10979 del 1992). Da una sentenza del 22 novembre 1992, la Corte di cassazione che delibera in camere riunite ha troncato definitivamente la questione, stimando che il termine di prescrizione ? di cinque anni e che comincia a decorrere al momento della trasformazione irreversibile del terreno.
b) Caso di mancata applicazione del principio dell’espropriazione indiretta
27. Gli sviluppi recenti della giurisprudenza mostrano che il meccanismo per il quale la costruzione di un lavoro pubblico provoca il trasferimento di propriet? del terreno a favore dell’amministrazione conosce delle eccezioni.
28. Nella sua sentenza no 874 del 1996, il Consiglio di stato ha affermato che non c’? espropriazione indiretta quando le decisioni dell’amministrazione ed il decreto di occupazione di emergenza sono state annullate dalle giurisdizioni amministrative, di tanto che, se no, la decisione giudiziale sarebbe svuotata di sostanza.
29. Nella sua sentenza no 1907 del 1997, la Corte di cassazione che delibera in camere riunite ha affermato che l’amministrazione non diventa proprietario di un terreno quando le decisioni che ha adottato e la dichiarazione di utilit? pubblica devono essere considerate come nulle ab initio. In questo caso, l’interessato conserva la propriet? dal terreno e pu? chiedere la restitutio in integrum. Pu? chiedere alternativamente dei danni-interessi. L’illegalit? in questi casi ha un carattere permanente e nessuno termine di prescrizione non trova applicazione.
30. Nella sentenza no 6515 del 1997, la Corte di cassazione che delibera in camere riunite ha affermato che non c’? trasferimento di propriet? quando la dichiarazione di utilit? pubblica ? stata annullata dalle giurisdizioni amministrative. In questo caso, il principio dell’espropriazione indiretta non trova applicazione dunque. L’interessato che conserva la propriet? dal terreno, ha la possibilit? di chiedere la restitutio in integrum. L’introduzione di una domanda in danni-interessi provoca una rinuncia al restitutio in integrum. Il termine di prescrizione di cinque anni comincia a decorrere nel momento in cui la decisione del giudice amministrativo diventa definitiva.
31. Nella sentenza no 148 del 1998, la prima sezione della Corte di cassazione ha seguito la giurisprudenza delle sezioni riunite e ha affermato che il trasferimento di propriet? per effetto dell’espropriazione indiretta non ha luogo quando la dichiarazione di utilit? pubblica alla quale il progetto di costruzione era abbinato ? stato considerato come invalido ab initio.
c) La sentenza no 188 del 1995 della Corte costituzionale
32. In questa sentenza, la Corte costituzionale era chiamata a pronunciarsi in primo luogo sulla questione della compatibilit? con la Costituzione del principio dell’espropriazione indiretta: la Corte ha dichiarato la questione irricevibile al motivo che lei stessa non era competente per esaminare un principio giurisprudenziale ma poteva conoscere unicamente delle disposizioni legislative. In secondo luogo, la Corte costituzionale ha giudicato compatibile con la Costituzione l’applicazione all’azione in risarcimento del termine di prescrizione di cinque anni, come previsto dall’articolo 2043 del codice civile per responsabilit? da delitto: la Corte ha affermato che il fatto che l’amministrazione diventi proprietario di un terreno traendo beneficio dal suo comportamento illegale non dava nessun problema sul piano costituzionale, poich? l’interesse pubblico, ossia la conservazione del lavoro pubblico, prevaleva sull’interesse dell’individuo, ossia il diritto di propriet?.
d) L’importo del risarcimento in caso di espropriazione indiretta
33. Secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione in materia di espropriazione indiretta, un risarcimento integrale, sotto forma di danni-interessi per la perdita del terreno, ? dovuta in compenso all’interessato della perdita di propriet? che provoca l’occupazione illegale.
34. La legge di bilancio del 1992 (articolo 5 bis della decreto-legge no 333 del 11 luglio 1992) modific? questa giurisprudenza, nel senso che l’importo dovuto in caso di espropriazione indiretta non poteva superare l’importo dell’indennit? contemplata per il caso di un’espropriazione formale. Dalla sentenza no 369 del 1996, la Corte costituzionale dichiar? incostituzionale questa disposizione.
35. In virt? della legge di bilancio no 662 del 1996 che ha modificato la disposizione dichiarata incostituzionale, l’indennizzo integrale non pu? essere accordato per un’occupazione di terreno avendo avuto luogo prima del 30 settembre 1996. Nell’ipotesi, l’indennizzo non pu? superare l’importo dell’indennit? contemplata per il caso di un’espropriazione formale (somma divisa per due del valore venale e del reddito fondiario dalla quale si deduce il 40%), senza questo abbattimento del 40% e mediante un aumento del 10%. Dalla sentenza no 148 del 30 aprile 1999, la Corte costituzionale ha giudicato una tale indennit? compatibile con la Costituzione. Tuttavia, nella stessa sentenza, la Corte ha precisato che un’indennit? integrale, a concorrenza del valore venale del terreno, pu? essere richiesta quando l’occupazione e la privazione del terreno non hanno avuto luogo a causa di utilit? pubblica.
IN DIRITTO
I. SULL’ECCEZIONE PRELIMINARE DEL GOVERNO
36. Il Governo sostiene che i richiedenti non hanno pi? interesse a mantenere la richiesta e chiede alla Corte di respingerla.
37. Il Governo ha indicato che i richiedenti sono stati oggetto di due espropriazioni da parte dell’amministrazione di Noicattaro. Il terreno oggetto della richiesta ? di 2 649 metri quadrati ed era registrato al catasto come appezzamento no 590; il terreno riguardato dall’altra espropriazione ? di 6 037 metri quadrati. Il 21 aprile 1997, i richiedenti hanno concluso una transazione con la municipalit? di Noicattaro, alla conclusione del procedimento che riguarda questo altro terreno. Il Governo sostiene che la somma versata dall’amministrazione conformemente alla transazione include anche un’indennit? per la privazione del terreno di 2 649 metri quadrati che sono oggetto della richiesta.
38. All’appoggio della sua tesi, il Governo si riferisce al preambolo dell’atto di transazione nel quale ? detto che all’origine di questo si trova l’occupazione di 6 037 metri quadrati del propriet? Carbonara-Ventura, registrati al catasto come foglio 34, appezzamenti 323, 344 e 590, occupazione che ebbe luogo in vista di costruire un mercato coperto.
39. I richiedenti combattono la tesi del Governo e sostengono che la transazione controversa riguarda solamente il terreno di 6 037 metri quadrati espropriati in vista di costruire un mercato. Fanno valere che l’appezzamento 590 fu indicato erroneamente, tra altri, nel decreto di 1976 che autorizzano l’occupazione del terreno di 6 037 metri quadrati, mentre questo appezzamento no 590 era stato utilizzato gi? completamente per la costruzione della scuola. Questo errore figurerebbe di conseguenza anche nel preambolo dell’atto di transazione. I richiedenti invitano la Corte ad esaminare in confronto l’atto di transazione ed il rapporto di perizia depositata il 6 ottobre 1986 dal perito nominato dal tribunale di Bari nella cornice della controversia concernente il terreno destinato alla costruzione di un mercato. Secondo essi, questo esame permette di dedurre che la transazione non riguardi i 2 649 metri quadrati di terreno che sono oggetto della richiesta.
40. La Corte ha esaminato l’atto di transazione cos? come la perizia del 6 ottobre 1986.
41. Nel rapporto di perizia del 1986, pagine 9 e 10, il perito indica che i terreni che appartenenti all’origine ai richiedenti potevano classificarsi in tre zone, allo visto delle modifiche intervenute:
-una prima zona non era stata oggetto di espropriazione;
-una seconda zona, di 2 649 metri quadrati, corrispondeva all’appezzamento no 590, ed era stata utilizzata per una scuola;
-la terza zona, di 6 037 metri quadrati, corrispondeva ad altri appezzamenti ed era oggetto della controversia per la quale il perito era stato designato. Questa zona era stata occupata il 16 settembre 1976 e si era costruito un mercato, una strada e degli spazi verdi.
42. Se ? vero che nel preambolo dell’atto di transazione l’appezzamento no 590 ? menzionato, ? anche vero che, nello stesso atto, ? detto che il risarcimento versato dall’amministrazione riguarda altri appezzamenti di terreno, ciascuno iscritto al foglio 34 del catasto, per una superficie totale di 6 037 metri quadrati.
43. Dopo lettura di questi documenti, la Corte stima che il Governo non ha dimostrato che l’importo versato ai richiedenti nella cornice della transazione controversa si riferisce al terreno oggetto della richiesta.
44. Pertanto, c’? luogo di respingere l’eccezione del Governo.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DALL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
45. I richiedenti sostengono essere stati privati del loro terreno nelle circostanze incompatibili con l’articolo 1 del Protocollo no 1, cos? formulato,:
“Ogni persona fisica o morale ha diritto al rispetto degli i suoi beni. Nessuno pu? essere privato della sua propriet? che a causa di utilit? pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Tesi difese davanti alla Corte
1. I richiedenti
46. I richiedenti chiedono alla Corte di dichiarare che l’applicazione del principio dell’espropriazione indiretta nel caso in quesione non sia conforme al principio della preminenza del diritto.
47. Riferendosi alla nozione di base legale, i richiedenti fanno osservare che il principio dell’espropriazione indiretta costituisce un’anomalia del sistema giuridico italiano. Considerato dalle giurisdizioni interne come espressione del “diritto che vive”, questo principio non ha tuttavia gli effetti di una disposizione legislativa: da una parte le giurisdizioni non sono legate da questo principio, d?altra parte questo principio ? sottratto al controllo di costituzionalit?. Anche accettando l’idea che una base legale esiste, i richiedenti, riferendosi al sentenza Kruslin c. Francia del 24 aprile 1990, serie a no 176-a, osservano che questa deve essere accessibile, le sue conseguenze devono essere prevedibili e deve essere compatibile col principio della preminenza del diritto.
48. A questo proposito, i richiedenti sostengono che le vicissitudini ed i cambiamenti improvvisi giurisprudenziali che il principio dell’espropriazione indiretta ha conosciuto ed il modo di cui questo principio ? stato applicato al loro caso ritorna ad una violazione dal principio della preminenza del diritto. Secondo essi, era loro impossibile prevedere che il loro diritto di propriet? sarebbe stato considerato dalle giurisdizioni come neutralizzato. In pi?, quando nel 1983 la Corte di cassazione stabilisce che un termine di prescrizione di cinque anni doveva applicarsi, la causa dei richiedenti era pendente da tre anni. Inoltre, la sentenza della Corte di cassazione del 1992 che tronc? la questione del termine di prescrizione ad applicare, fu pronunciata mentre il ricorso in cassazione dei richiedenti si trovava in corso.
49. I richiedenti osservano anche che l’espropriazione indiretta non ha luogo alla conclusione di procedimenti rispettosi della forma, ma in seguito ad una pura attivit? materiale dell’amministrazione. Questa ultima, in dispetto dell’illegalit? del suo comportamento, diventa proprietario del terreno e neutralizza cos? il diritto di propriet? dell’interessato. I richiedenti fanno valere che l’indennizzo dipende dall’iniziativa della persona riguardata che ? tenuta di richiedere dei danni-interessi. Di pi?, l’importo dei danni-interessi ? stato plafonato dalle leggi di bilancio, cos? che gli interessati non possono ottenere pi? il risarcimento integrale del danno sofferto.
50. Riferendosi al rapporto della Commissione, i richiedenti sostengono poi che la privazione del loro terreno non ? neanche conforme al principio del giusto equilibro.
51. In conclusione, i richiedenti chiedono alla Corte di concludere la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
2. Il Governo
52. Il Governo ricorda le sue osservazioni presentate davanti alla Commissione nelle quali, riferendosi alla sentenza della Corte costituzionale no 188 del 1995, affermava che la situazione denunciata dai richiedenti era compatibile con l’articolo 1 del Protocollo no 1.
53. Nelle memorie presentate davanti alla Corte, il Governo osserva che l’espropriazione indiretta ? prevista “dalla legge”, anche se non ? per una disposizione legislativa. In quanto principio giurisprudenziale, il principio dell’espropriazione indiretta fa parte del diritto positivo italiano ma, contrariamente alle disposizioni legislative, non necessita di un’entrata in vigore formale, poich? la sua elaborazione si realizza nel tempo, ed egli non lega le giurisdizioni in quanto alla sua applicazione. Il Governo contesta la valutazione della Commissione secondo la quale, all’epoca dell’occupazione del terreno, ossia prima della sentenza della Corte di cassazione no 1464 del 1983, il principio dell’espropriazione indiretta non esisteva. Il Governo sostiene che questo principio era stato elaborato gi? dalla giurisprudenza all’epoca dei fatti.
54. Secondo il Governo, affinch? il trasferimento di propriet? in caso di espropriazione indiretta abbia luogo in modo legittimo, occorre che tre condizioni siano assolte: che il lavoro sia realmente di interesse pubblico; che l’interessato possa avere accesso all’autorit? giudiziale per fare constatare l’utilit? pubblica; che la privazione di propriet? sia indennizzata.
55. Ora il Governo rileva che le prime due condizioni non sono messe in causa dai richiedenti. Trattandosi della terza, il Governo sostiene che i richiedenti sono stati indennizzati nella cornice della transazione concernente l’espropriazione di un altro terreno (paragrafi 36-38 sopra). Stima perci? che i richiedenti tentano di ottenere della Corte un arricchimento indebito.
56. In conclusione, il Governo chiede alla Corte di dichiarare la richiesta non fondata.
3. La Commissione
57. Nel suo rapporto, la Commissione ha considerato che i richiedenti erano stati privati del loro terreno per effetto dell’applicazione retroattiva del principio dell’espropriazione indiretta e che il loro diritto al risarcimento era stato dichiarato prescritto per effetto dell’applicazione retroattiva del termine di prescrizione a cui era abbinato. Avendo constatato che nessuna indennit? era stata versata ai richiedenti, ha stimato che questa constatazione bastava per concludere alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
B. Sull’osservazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1
58. La Corte ricorda che l’articolo 1 del Protocollo no 1 contiene tre norme distinte: “la prima che si esprime nella prima frase del primo capoverso e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della propriet?; la seconda, figurando nella seconda frase dello stesso capoverso, mira la privazione di propriet? e la sottopone a certe condizioni; in quanto alla terza, registrata nel secondo capoverso, riconosce agli Stati il potere, tra altri, di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale. Non si tratta per tanto di regole prive di rapporto tra esse. La seconda e la terza hanno munto agli esempi particolari di attentati al diritto di propriet?; da allora, devono interpretarsi alla luce del principio consacrato dalla prima” (vedere, tra altri, la sentenza James ed altri c. Regno Unito del 21 febbraio 1986, serie a no 98, pp. 29-30, ? 37 che riprende in parte i termini dell’analisi che la Corte ha sviluppato nel suo sentenza Sporrong e L?nnroth c. Svezia del 23 settembre 1982, serie a no 52, p. 24, ? 61; vedere anche le sentenze I santi monasteri c. Grecia del 9 dicembre 1994, serie a no 301-a, p. 31, ? 56, ed Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, ? 55, CEDH 1999-II).
1. Sull’esistenza di un’ingerenza
59. La Corte nota che le parti si accordano per dire che c’? stata privazione di propriet?.
60. Ricorda che, per determinare se c’? stata privazione di beni al senso della seconda “norma”, bisogna esaminare non solo se ci sono state spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di l? delle apparenze ed analizzare la realt? della situazione controversa. La Convenzione che mira a proteggere dei diritti “concreti ed effettivi”, importa di ricercare se suddetta situazione equivaleva ad un’espropriazione di fatto (sentenza Sporrong e L?nnroth precitato, pp. 24-25, ? 63).
61. La Corte nota che nel caso la decisione della Corte di cassazione che fa applicazione del principio dell’espropriazione indiretta ha dichiarato in ultima istanza che un trasferimento di propriet? aveva avuto luogo a favore della municipalit? di Noicattaro e ha avuto per conseguenza di privare i richiedenti della possibilit? di ottenere dei danni-interessi. In queste circostanze, la Corte conclude che la decisione della Corte di cassazione ha avuto per effetto di privare i richiedenti del loro bene al senso della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no (sentenza Brumărescu c. Romania [GC], no 28342/95, ? 77, CEDH 1999-VII).
62. Per essere compatibile con l’articolo 1 del Protocollo no 1 una tale ingerenza deve essere operata “a causa di utilit? pubblica” e “nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali di diritto internazionale.” L’ingerenza deve predisporre un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunit? e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (sentenza Sporrong e L?nnroth precitato, p. 26, ? 69). Inoltre, la necessit? di esaminare la questione del giusto equilibrio pu? farsi non “sentire che quando si ? rivelato che l’ingerenza controversa ha rispettato il principio di legalit? e non era arbitraria” (sentenza Iatridis precitato, ? 58; sentenza Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, ? 107, CEDH 2000-I). Da allora, la Corte non stima opportuno fondare il suo ragionamento sulla semplice constatazione che un indennizzo in favore dei richiedenti non ha avuto luogo.
2. Sul rispetto del principio di legalit?
63. La Corte ricorda che l’articolo 1 del Protocollo no 1 esige, innanzitutto e soprattutto, che un’ingerenza dell’autorit? pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale. La preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una societ? democratica, ? inerente all’insieme degli articoli della Convenzione (sentenza Iatridis precitato, ? 58) ed implica il dovere dello stato o di un’autorit? pubblica di piegarsi ad un giudizio o ad una sentenza resi a loro carico.
64. La Corte non stima utile di giudicare in abstracto se il ruolo che un principio giurisprudenziale, come quello dell’espropriazione indiretta, occupa in un sistema di diritto continentale ? assimilabile a quell’occupato dalle disposizioni legislative. Tuttavia, ricorda che il principio di legalit? significa l’esistenza di norme di diritto interno sufficientemente accessibili, precise e prevedibili (sentenza Hentrich c. Francia del 22 settembre 1994, serie a no 296-ha, pp. 19-20, ? 42, e sentenza Lithgow ed altri c. Regno Unito del 8 luglio 1986, serie a no 102, p. 47, ? 110).
65. A questo proposito, la Corte osserva che la giurisprudenza in materia di espropriazione indiretta ha conosciuto un’evoluzione che ha condotto alle applicazioni contraddittorie (paragrafi 21-35 sopra) ci? che potrebbe arrivare ad un risultato imprevedibile o arbitrario e privare gli interessati di una protezione efficace dei loro diritti e, di conseguenza, sarebbe incompatibile col principio di legalit?.
66. La Corte rileva anche che, secondo il principio consacrato nella sentenza no 1464 del 1983 dalla Corte di cassazione, ogni espropriazione indiretta ha luogo in seguito ad un’occupazione illegale di un terreno. Questa illegalit? pu? esistere fin dall’inizio, quando l’occupazione non ? mai stata autorizzata, o sopraggiungere ulteriormente, quando l’occupazione prosegue al di l? del periodo autorizzato. La Corte emette delle riserve sulla compatibilit? col principio di legalit? di un meccanismo che, in modo generale, permette all’amministrazione di trarre beneficio da una situazione illegale e per l?effetto del quale l’individuo si trova davanti al fatto compiuto.
67. La Corte rileva infine che il risarcimento per la privazione di propriet? non ? automaticamente versato dall’amministrazione, ma deve essere richiesta dall’interessato e ci? entro cinque anni, ci? che potrebbe rivelarsi una protezione non adeguata.
68. Ad ogni modo, la Corte ? richiamata a verificare se il modo in cui il diritto interno ? interpretato ed applicato produce degli effetti conformi ai principi della Convenzione.
69. Nella presente causa, la Corte rileva che, applicando il principio dell’espropriazione indiretta, la Corte di cassazione ha considerato i richiedenti come privati del loro bene a contare dal 28 ottobre 1972. Questo trasferimento di propriet? in favore dell’amministrazione ha avuto luogo durante il periodo di occupazione senza titolo dunque, automaticamente, in seguito al completamento del lavoro pubblico. Ora la Corte stima in primo luogo che questa situazione non saprebbe essere considerata come “prevedibile”, poich? ? solamente dalla decisione definitiva -la sentenza della Corte di cassazione-che si pu? considerare il principio dell’espropriazione indiretta come essendo stato applicato effettivamente. Su questo punto, la Corte si riferisce all’evoluzione della giurisprudenza (paragrafi 21-31 sopra) ed al fatto che un principio giurisprudenziale non lega le giurisdizioni in quanto alla sua applicazione (paragrafo 53 sopra). La Corte stima perci? che i richiedenti hanno avuto la certezza di essere stato privati solamente del loro bene il 26 novembre 1993, data del deposito alla cancelleria della sentenza della Corte di cassazione.
70. In secondo luogo, la Corte osserva che la situazione in causa ha permesso all’amministrazione di trarre beneficio da un’occupazione di terreno diventata sine titulo a contare del 30 giugno 1972.
71. Peraltro, la Corte rileva che la Corte di cassazione ha applicato il termine di prescrizione di cinque anni a partire dalla data di completamento del lavoro, o il 28 ottobre 1972. Cos?, la protezione che si offriva in principio ai richiedenti, ossia la possibilit? di ottenere dei danni-interessi, ? stata ridotta a nulla.
72. La Corte stima che una tale ingerenza pu? essere qualificata solamente di arbitrariet? e che non ? conforme all’articolo 1 del Protocollo no 1 dunque.
73. Da allora, c’? stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
74. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’? stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’? luogo, una soddisfazione equa. “
75. A titolo del danno materiale, i richiedenti sollecitano 364 790 000 lire italiane (ITL), corrispondenti al valore del terreno secondo una perizia del 20 settembre 1986, somma che deve essere indicizzata ed aumentata di interessi che cominciano a decorrere il 30 giugno 1972. Sussidiariamente, i richiedenti richiedono 161 589 000 ITL, corrispondenti al valore del terreno secondo una perizia di ottobre 1986, somma che deve essere indicizzata ed aumentata di interessi a contare del 30 giugno 1972. Per il caso dove la Corte si auspica di raccogliere una nuova perizia, i richiedenti si dichiarano pronti ad accettare ne i conclusioni.
76. A titolo del danno morale, i richiedenti chiedono 100 milioni ITL ciascuno.
77. I richiedenti rivendicano infine il rimborso degli oneri di giudizio davanti alle giurisdizioni nazionali all’altezza 163 896 627 ITL ed il rimborso degli oneri incorsi nel procedimento davanti alla Commissione e la Corte, alla quota di 124 783 114 ITL.
78. Il Governo non ha presentato osservazioni su questo punto.
79. La Corte stima che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non si trova in stato, cos? che egli decide di rimandare avuto riguardo all’eventualit? di un accordo tra lo stato convenuto e gli interessati, articolo 75 ?? 1 e 4 del regolamento.
DA QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMIT?,
1. Respinge l’eccezione preliminare del Governo;
2. Dice che c’? stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Dice che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non si trova in stato; perci?,
a) rimanda questa questione;
b) invita il Governo ed i richiedenti a dargli conoscenza, nei tre mesi, di ogni accordo al quale potrebbero arrivare,;
c) rimanda il procedimento e delega al presidente la cura di fissarla all’occorrenza.
Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 30 maggio 2000, in applicazione dell’articolo 77 ?? 2 e 3 del regolamento.
Erik Fribergh Andr?s Baka
Cancelliere Presidente