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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE CARBE ET AUTRES c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 13697/04/2009
Stato: Italia
Data: 2009-06-23 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

SECONDA SEZIONE
CAUSA CARBÈ ED ALTRI C. ITALIA
( Richiesta no 13697/04)
SENTENZA
STRASBURGO
23 giugno 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Carbè ed altri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, Nona Tsotsoria, Işıl Karakaş, giudici,
e da Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 2 giugno 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 13697/04) diretta contro la Repubblica italiana e in cui il Sig. N. C., la Sig.ra V. C., la Sig.ra C. C. e la Sig.ra A. C. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 24 marzo 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da F. M, avvocato ad Avola (Siracusa). Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, il Sig. I.M. Braguglia, il Sig. R. Adam e la Sig.ra E. Spatafora, e dai suoi coagenti, i Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 18 maggio 2006, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare i motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1, 8 e 13 della Convenzione al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1953, 1960, 1961 e 1931 e risiedono ad Avola (Siracusa).
1. Il procedimento di fallimento
5. Con un giudizio depositato il 27 giugno 1989, il tribunale di Siracusa dichiarò il fallimento personale dei richiedenti, esercitando un’attività di vendita al dettaglio di vestiti.
6. In seguito a questa dichiarazione, i richiedenti furono sottoposti ad una serie di incapacità personali e patrimoniali, come la limitazione del loro diritto al rispetto della corrispondenza, dei loro beni e della loro libertà di circolazione, conformemente agli articoli 48, 42 e 49 del decreto reale no 267 del 16 marzo 1942 (qui di seguito “la legge sul fallimento”) così come alla limitazione del loro diritto al voto.
7. In una data non precisata posteriore alla dichiarazione di fallimento, la cancelleria del tribunale inserì i nomi dei richiedenti nel registro dei falliti, ai sensi dell’articolo 50 della legge sul fallimento. In ragione di questa iscrizione, i richiedenti furono sottoposti automaticamente ad una serie di altre incapacità personali regolamentate dalla legislazione speciale (vedere Campagnano c. Italia, no 77955/01, § 54, 23 marzo 2006).
8. A differenza delle incapacità derivanti dalla dichiarazione di fallimento che si concludono con la chiusura del procedimento, le incapacità derivanti dall’iscrizione del nome del fallito nel registro cessano solamente una volta ottenuto l’annullamento di questa iscrizione.
9. Questo annullamento ha luogo con la riabilitazione civile che, al di là delle ipotesi di pagamento integrale dei crediti e di esecuzione regolare del concordato di fallimento, può essere chiesta solo dal fallito che ha fatto prova di una “buona condotta effettiva e consolidata” per almeno cinque anni a contare della chiusura del procedimento (articolo 143 della legge sul fallimento).
10. Il 20 luglio 1989, i richiedenti fecero opposizione al loro collocamento in fallimento. Questo procedimento si concluse il 19 gennaio 1994 con un giudizio di rigetto.
11. In una data non precisata del 1989, uno dei creditori introdusse un ricorso d’ opposizione al passivo del fallimento. Questa causa si concluse con un giudizio depositato il 18 luglio 1999.
12. L’esame delle richieste tardive di ammissione al passivo del fallimento ebbe luogo tra il 1990 e il 1997.
13. Tre periti furono nominati e informati del procedimento per valutare dei beni facenti parte dell’attivo.
14. Secondo le informazione fornite dai richiedenti, il procedimento era pendente al 7 luglio 2008.
2. Il procedimento introdotto conformemente alla legge Pinto
15. Il 14 marzo 2003, la Sig.ra A. C. introdusse un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Messina conformemente alla legge Pinto.
Si lamentò della durata del procedimento e della limitazione del suo diritto al rispetto della sua corrispondenza, dei suoi beni, della sua libertà di circolazione e del suo diritto al voto. Addusse avere anche delle difficoltà nella ricerca di un lavoro, visto l’impossibilità di essere riabilitata.
Con una decisione depositata il 16 dicembre 2003, la corte di appello accordò 8 000 euro al richiedente, EUR, a titolo di risarcimento morale, tenuto in particolare conto delle conseguenze di carattere personale derivanti dal collocamento in fallimento.
Il 12 febbraio 2004, questa decisione fu notificata all’ufficio di Messina del foro dello stato (avvocatura distrettuale dello Stato di Messina) ed acquisì forza di cosa giudicata il 13 aprile 2004.
16. Il 4 dicembre 2003, la Sig.ra V. C., introdusse un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Messina conformemente alla legge Pinto, avente lo stesso oggetto di quello introdotto dalla Sig.ra A. C..
Con una decisione depositata il 23 aprile 2004, la corte di appello accordò al richiedente 6 000 EUR a titolo di risarcimento morale, tenuto in particolare conto delle conseguenze di carattere personale che derivavano dal procedimento di fallimento.
Il 17 giugno 2004, questa decisione fu depositata presso l’ufficio di Messina del foro dello stato ed acquisì forza di cosa giudicata il 3 ottobre 2004.
17. Il 13 maggio 2004, il Sig. N. C., introdusse un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Messina conformemente alla legge Pinto, avente lo stesso oggetto di quello introdotto dalla Sig.ra A. C..
Con una decisione del 27 ottobre 2004, la corte di appello accordò al richiedente 10 000 EUR a titolo di risarcimento morale.
Essendo ricorso in cassazione il richiedente, con una sentenza del 4 aprile 2008, la Corte di cassazione respinse il richiedente.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
18. Il diritto interno pertinente è descritto nelle sentenze Campagnano c. Italia (no 77955/01, §§ 19-22, 23 marzo 2006), Albanese c. Italia, (no 77924/01, §§ 23-26, 23 marzo 2006) e Vitiello c. Italia (no 77962/01, §§ 17-20, 23 marzo 2006,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
19. La Sig.ra A. C. e la Sig.ra V. C. si lamentano della durata del procedimento. Il Governo contesta questa tesi e stima che questa durata sia stata imputabile al comportamento dei richiedenti ed alla complessità della causa.
20. La Corte ricorda la sua giurisprudenza a proposito dell’esaurimento delle vie di ricorso secondo la quale è a partire dal 26 luglio 2004 che si deve richiedere che un richiedente utilizzi il ricorso previsto dalla legge Pinto ai fini dell’articolo 35 § 1 della Convenzione, in quanto alla durata del procedimento (Di Sante c. Italia, no 56079/00, decisione del 24 giugno 2004).
21. Per ciò che riguarda il motivo di appello sollevato dalla Sig.ra V. C., la Corte nota che il richiedente avrebbe potuto ricorrere efficacemente in cassazione. Stima pertanto che questa parte della richiesta deve essere respinta per non-esaurimento delle vie di ricorso interne, ai sensi dell’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
22. In quanto al motivo di appello sollevato dalla Sig.ra A. C., la Corte considera che il richiedente non avrebbe potuto ricorrere efficacemente in cassazione. Conviene dunque dichiarare questa parte della richiesta ammissibile.
23. In quanto al merito, la Corte constata che nello specifico, il procedimento di fallimento che rivestiva una certa complessità, è cominciato il 27 giugno 1989 e che era pendente al 7 luglio 2008. È durato dunque più di diciannove anni per un’istanza.
La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevavano delle questioni simili a quella del caso presente e ha constatato la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Frydlender c. Francia [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII). Considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento convincente da poter condurla ad una conclusione differente nel caso presente. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, la Corte stima che nello specifico la durata del procedimento controverso è eccessiva e non risponde all’esigenza del “termine ragionevole” (vedere Di Blasi c. Italia, precitata, §§ 19-35; Gallucci c. Italia, no 10756/02, §§ 22-30, 12 giugno 2007; Bertolini c. Italia, no 14448/03, §§ 23-33, 18 dicembre 2007).
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, per ciò che riguarda la Sig.ra A. C..
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE, 8 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA CORRISPONDENZA, E 2 DEL PROTOCOLLO NO 4 ALLA CONVENZIONE
24. Invocando gli articoli 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, 8 della Convenzione e 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione, la Sig.ra C. C., la Sig.ra V. C. ed il Sig. N. C. si lamentano della violazione del loro diritto al rispetto rispettivamente dei loro beni e della loro corrispondenza (rimessa e controllata dal curatore durante il procedimento di fallimento) così come della loro libertà di circolazione, in particolare in ragione della durata del procedimento. Il Governo si oppone a queste tesi.
25. Per ciò che riguarda questi motivi di appello, la Corte ricorda che è a contare dal 14 luglio 2003 che si deve richiedere che i richiedenti utilizzino, fino al ricorso in cassazione, il rimedio previsto dalla legge Pinto ai fini dell’articolo 35 § 1 della Convenzione, in quanto alla lunghezza delle incapacità che derivanti deal collocamento in fallimento (vedere Sgattoni c. Italia, no 77131/01, sentenza del 15 settembre 2005, § 48).
26. In quanto alla Sig.ra C. C., la Corte constata che questa ultima non ha introdotto un ricorso dinnanzi alla corte di appello competente per lamentarsi della durata delle incapacità derivanti dal suo collocamento in fallimento. Per ciò che riguarda la Sig.ra V. C., la Corte rileva che la decisione della corte di appello di Messina ha acquisito forza di cosa giudicata il 3 ottobre 2004 e che il richiedente non è ricorso in cassazione. Per ciò riguarda questi due richiedenti, la Corte stima dunque che questa parte della richiesta deve essere respinta per non-esaurimento delle vie di ricorso interne secondo l’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Albanese c. Italia, precitata, §§ 38 e 39; Collarile c. Italia, precitata, § 20; Falzarano e Balletta c. Italia, no 6683/03, § 31, 12 giugno 2007).
27. In quanto al Sig. N. C., la Corte osserva che il richiedente è stato respinto da una sentenza della Corte di cassazione del 4 aprile 2008. La Corte constata dunque che i motivi di appello sollevati da questo richiedente sono ammissibili.
28. In quanto al merito, la Corte osserva di avere già trattato di cause che sollevavano delle questioni simili a quella del caso specifico e ha constatato la violazione delle disposizioni precitate (vedere Luordo c. Italia, no 32190/96, §§ 62-97, CEDH 2003-IX; Di Blasi c. Italia, precitata, §§ 36-51; Gallucci c. Italia, precitata, §§ 31-40). La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente. Stima dunque che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione (diritto al rispetto della corrispondenza), l’articolo 1 del Protocollo no 1 e l’articolo 2 del Protocollo no 4 per ciò che riguarda il Sig. N. C..
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA VITA PRIVATA,
29. La Sig.ra C. C., la Sig.ra V. C. ed il Sig. N. C. si lamentano delle incapacità derivanti dall’iscrizione del loro nome nel registro dei falliti e per il fatto che, secondo l’articolo 143 della legge sul fallimento, la loro riabilitazione che mette fine a queste incapacità, può essere chiesto solo cinque anni dopo la chiusura del procedimento di fallimento.
30. La Corte considera che conviene analizzare questo motivo di appello sotto l’angolo del diritto di questi richiedenti al rispetto della loro vita privata e di dichiararlo ammissibile.
31. Per ciò che riguarda il merito, alla luce della sua giurisprudenza (vedere, tra molte altre, Campagnano c. Italia, precitata, §§ 50-66; Albanese c. Italia, precitata, §§ 50-66; Vitiello c. Italia, precitata, §§ 44-62) e in mancanza di argomenti convincenti del governo da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente, la Corte stima che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE
32. Invocando l’articolo 13 della Convenzione, la Sig.ra A. C. e la Sig.ra V. C. si lamentano della non effettività del rimedio previsto dalla legge Pinto, visto l’importo esiguo ricevuto a titolo di risarcimento morale per la durata del procedimento.
33. In quanto al motivo di appello sollevato dalla Sig.ra A. C., la Corte constata che questo motivo di appello non incontra nessuno dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 4 della Convenzione. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
34. Per ciò che riguarda il merito, la Corte rileva di avere trattato già una causa che sollevava delle questioni simili a quelle del caso di specifico e ha concluso alla non-violazione dell’articolo 13 della Convenzione perché “il semplice fatto che il livello dell’importo dell’indennizzo non sia elevato non costituisce in sé un elemento sufficiente per mettere in causa il carattere effettivo del ricorso Pinto” (vedere Viola ed altri c. Italia, no 7842/02, §§ 64-69, 8 gennaio 2008).
35. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il richiedente non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente. Pertanto, la Corte conclude che non c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione per ciò che riguarda la Sig.ra A. C..
36. Per ciò che riguarda la Sig.ra V. C., la Corte ricorda di avere concluso all’inammissibilità del motivo di appello sollevato da questa riguardante la durata del procedimento. Pertanto, stima che questo motivo di appello non è “difendibile” allo sguardo della Convenzione, questa parte della richiesta deve essere respinta in quanto manifestamente mal fondata secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
37. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
38. I richiedenti richiedono 40 000 EUR ciascuno a titolo del danno morale così come 28 348,80 EUR per gli oneri e le spese sostenuti dinnanzi alla Corte. Il Governo si oppone a queste pretese.
39. La Corte considera che, deliberando in equità, c’è luogo di concedere 22 000 EUR alla Sig.ra A. C. e 22 000 EUR al Sig. N. C. a titolo del danno morale. Per ciò che riguarda la Sig.ra C. C., la Sig.ra V. C. ed il Sig. N. C., in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 8 della Convenzione, (diritto al rispetto della vita privata), stima che la constatazione di violazione rappresenta una soddisfazione equa sufficiente per ogni danno morale che avrebbero subito.
40. Per ciò che riguarda gli oneri e le spese, secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte stima ragionevole la somma di 2 000 EUR per il procedimento dinnanzi alla Corte e l’accorda congiuntamente ai richiedenti.
41. La Corte giudica appropriato abbinare le suddette somme ad interessi moratori ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai seguenti motivi di appello:
– i motivi di appello sollevati dalla Sig.ra A. C. tratti dagli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione;
– i motivi di appello sollevati dal Sig. N. C. tratti dagli articoli 8 della Convenzione (diritto al rispetto della corrispondenza), 1 del Protocollo no 1 e 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione;
– il motivo di appello sollevato dalla Sig.ra C. C., la Sig.ra V. C. ed il Sig. N. C. tratto dall’articolo 8 della Convenzione per ciò che riguarda il diritto al rispetto della vita privata;
2. Dichiara il restante della richiesta inammissibile;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione per ciò che riguarda la Sig.ra A. C.;
4. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione (diritto al rispetto della corrispondenza), l’articolo 1 del Protocollo no 1 e l’articolo 2 del Protocollo no 4 per ciò che riguarda il Sig. N. C.;
5. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione, diritto al rispetto della vita privata, per ciò che riguarda la Sig.ra C. C., la Sig.ra V. C. ed il Sig. N. C.;
6. Stabilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione per ciò che riguarda la Sig.ra A. C.;
7. Stabilisce che la constatazione di violazione rappresenta una soddisfazione equa sufficiente per ogni danno morale per ciò che riguarda la Sig.ra C. C., la Sig.ra V. C. ed il Sig. N. C., in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 8 della Convenzione, (diritto al rispetto della vita privata);
8. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
(i) 22 000 EUR (ventiduemila euro) alla Sig.ra A. C. e 22 000 EUR (ventiduemila euro) al Sig. N. C. per danno morale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
(ii) 2 000 EUR (duemila euro) ai richiedenti congiuntamente, per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto dai richiedenti a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
9. Respingi la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 23 giugno 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa

Testo Tradotto

DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE CARBÈ ET AUTRES c. ITALIE
(Requête no 13697/04)
ARRÊT
STRASBOURG
23 juin 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Carbè et autres c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
Nona Tsotsoria,
Işıl Karakaş, juges,
et de Françoise Elens-Passos, greffière adjointe de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 2 juin 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 13697/04) dirigée contre la République italienne et dont M. N. C., Mme V. C., Mme C. C. et Mme A. C. (« les requérants »), ont saisi la Cour le 24 mars 2004 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérants sont représentés par Me F. M , avocat à Avola (Syracuse). Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté successivement par ses agents, M. I.M. Braguglia, M. R. Adam et Mme E. Spatafora, et ses coagents, MM. V. Esposito et F. Crisafulli, ainsi que par son coagent adjoint, M. N. Lettieri.
3. Le 18 mai 2006, le président de la troisième section a décidé de communiquer les griefs tirés des articles 6 § 1, 8 et 13 de la Convention au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Les requérants sont nés respectivement en 1953, 1960, 1961 et 1931 et résident à Avola (Syracuse).
1. La procédure de faillite
5. Par un jugement déposé le 27 juin 1989, le tribunal de Syracuse déclara la faillite personnelle des requérants, exerçant une activité de vente au détail de vêtements.
6. A la suite de cette déclaration, les requérants furent soumis à une série d’incapacités personnelles et patrimoniales, telles que la limitation de leur droit au respect de la correspondance, de leurs biens et de leur liberté de circulation, conformément aux articles 48, 42 et 49 du décret royal no 267 du 16 mars 1942 (ci-après « la loi sur la faillite ») ainsi qu’à la limitation de leur droit de vote.
7. A une date non précisée postérieure à la déclaration de faillite, le greffe du tribunal inscrivit les noms des requérants dans le registre des faillis, au sens de l’article 50 de la loi sur la faillite. En raison de cette inscription, les requérants furent soumis automatiquement à une série d’autres incapacités personnelles réglementées par la législation spéciale (voir Campagnano c. Italie, no 77955/01, § 54, 23 mars 2006).
8. A la différence des incapacités dérivant de la déclaration de faillite (qui se terminent avec la clôture de la procédure), les incapacités découlant de l’inscription du nom du failli dans le registre ne cessent qu’une fois obtenue l’annulation de cette inscription.
9. Cette annulation a lieu avec la réhabilitation civile, laquelle, au-delà des hypothèses de paiement intégral des créances et d’exécution régulière du concordat de faillite, ne peut être demandée que par le failli ayant fait preuve d’une « bonne conduite effective et constante » pendant au moins cinq ans à compter de la clôture de la procédure (article 143 de la loi sur la faillite).
10. Le 20 juillet 1989, les requérants firent opposition à leur mise en faillite. Cette procédure se termina le 19 janvier 1994 par un jugement de rejet.
11. A une date non précisée de 1989, l’un des créanciers introduisit un recours en opposition au passif de la faillite. Cette affaire se termina par un jugement déposé le 18 juillet 1999.
12. L’examen de demandes tardives d’admission au passif de la faillite eut lieu entre 1990 et 1997.
13. Trois experts furent nommés au courant de la procédure afin d’évaluer des biens faisant partie de l’actif.
14. Selon les informations fournies par les requérants, la procédure était pendante au 7 juillet 2008.
2. La procédure introduite conformément à la loi Pinto
15. Le 14 mars 2003, Mme A. C. introduisit un recours devant la cour d’appel de Messine conformément à la loi Pinto.
Elle se plaignit de la durée de la procédure et de la limitation de son droit au respect de sa correspondance, de ses biens, de sa liberté de circulation et de son droit de vote. Elle allégua également avoir des difficultés dans la recherche d’un travail, vue l’impossibilité d’être réhabilitée.
Par une décision déposée le 16 décembre 2003, la cour d’appel accorda à la requérante 8 000 euros (EUR) à titre de dédommagement moral, compte tenu notamment des conséquences de caractère personnel dérivant de la mise en faillite.
Le 12 février 2004, cette décision fut notifiée au bureau de Messine du barreau de l’Etat (avvocatura distrettuale dello Stato di Messina) et acquit force de chose jugée le 13 avril 2004.
16. Le 4 décembre 2003, Mme V. C., introduisit un recours devant la cour d’appel de Messine conformément à la loi Pinto, ayant le même objet que celui introduit par Mme A. C..
Par une décision déposée le 23 avril 2004, la cour d’appel accorda à la requérante 6 000 EUR à titre de dédommagement moral, compte tenu notamment de conséquences de caractère personnel dérivant de la procédure de faillite.
Le 17 juin 2004, cette décision fut déposée près le bureau de Messine du barreau de l’Etat et elle acquit force de chose jugée le 3 octobre 2004.
17. Le 13 mai 2004, M. N. C., introduisit un recours devant la cour d’appel de Messine conformément à la loi Pinto, ayant le même objet que celui introduit par Mme A. C.i.
Par une décision du 27 octobre 2004, la cour d’appel accorda au requérant 10 000 EUR à titre de dédommagement moral.
Le requérant s’étant pourvu en cassation, par un arrêt du 4 avril 2008, la Cour de cassation débouta le requérant.
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
18. Le droit interne pertinent est décrit dans les arrêts Campagnano c. Italie (no 77955/01, §§ 19-22, 23 mars 2006), Albanese c. Italie (no 77924/01, §§ 23-26, 23 mars 2006) et Vitiello c. Italie (no 77962/01, §§ 17-20, 23 mars 2006).
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
19. Mme A. C. et Mme V. C. se plaignent de la durée de la procédure. Le Gouvernement conteste cette thèse et estime que cette durée a été imputable au comportement des requérantes et à la complexité de l’affaire.
20. La Cour rappelle sa jurisprudence au sujet de l’épuisement de voies de recours selon laquelle c’est à partir du 26 juillet 2004 qu’il doit être exigé d’un requérant qu’il use du recours prévu par la loi Pinto aux fins de l’article 35 § 1 de la Convention, quant à la durée de la procédure (Di Sante c. Italie, no 56079/00, décision du 24 juin 2004).
21. En ce qui concerne le grief soulevé par Mme V. C., la Cour note que la requérante aurait pu efficacement se pourvoir en cassation. Elle estime partant que cette partie de la requête doit être rejetée pour non-épuisement des voies de recours internes, au sens de l’article 35 §§ 1 et 4 de la Convention.
22. Quant au grief soulevé par Mme A. C., la Cour considère que la requérante n’aurait pas pu efficacement se pourvoir en cassation. Il convient donc de déclarer cette partie de la requête recevable.
23. Quant au fond, la Cour constate qu’en l’espèce, la procédure de faillite, qui revêtait une certaine complexité, a débuté le 27 juin 1989 et qu’elle était pendante au 7 juillet 2008. Elle a donc duré plus de dix-neuf ans pour une instance.
La Cour a traité à maintes reprises d’affaires soulevant des questions semblables à celle du cas présent et a constaté la violation de l’article 6 § 1 de la Convention (voir, parmi beaucoup d’autres, Frydlender c. France [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII). Elle considère que le Gouvernement n’a exposé aucun fait ni argument convaincant pouvant la mener à une conclusion différente dans le cas présent. Compte tenu de sa jurisprudence en la matière, la Cour estime qu’en l’espèce la durée de la procédure litigieuse est excessive et ne répond pas à l’exigence du « délai raisonnable » (voir De Blasi c. Italie, précité, §§ 19-35 ; Gallucci c. Italie, no 10756/02, §§ 22-30, 12 juin 2007 ; Bertolini c. Italie, no 14448/03, §§ 23-33, 18 décembre 2007).
Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention, en ce qui concerne Mme A. Campisi.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DES ARTICLES 1 DU PROTOCOLE No 1 À LA CONVENTION, 8 DE LA CONVENTION (QUANT AU DROIT AU RESPECT DE LA CORRESPONDANCE) ET 2 DU PROTOCOLE No 4 À LA CONVENTION
24. Invoquant les articles 1 du Protocole no 1 à la Convention, 8 de la Convention et 2 du Protocole no 4 à la Convention, Mme C. C., Mme V. C. et M. N. C. se plaignent respectivement de la violation de leur droit au respect de leurs biens et de leur correspondance (remise et contrôlée par le syndic pendant la procédure de faillite) ainsi que de leur liberté de circulation, notamment en raison de la durée de la procédure. Le Gouvernement s’oppose à ces thèses.
25. En ce qui concerne ces griefs, la Cour rappelle que c’est à compter du 14 juillet 2003 qu’il doit être exigé des requérants qu’ils usent, jusqu’au pourvoi en cassation, le remède prévu par la loi Pinto aux fins de l’article 35 § 1 de la Convention, quant à la longueur des incapacités dérivant de la mise en faillite (voir Sgattoni c. Italie, no 77131/01, arrêt du 15 septembre 2005, § 48).
26. Quant à Mme C. C., la Cour constate que cette dernière n’a pas introduit un recours devant la cour d’appel compétente pour se plaindre de la durée des incapacités dérivant de sa mise en faillite. Pour ce qui est de Mme V. C., la Cour relève que la décision de la cour d’appel de Messine a acquis force de chose jugée le 3 octobre 2004 et que la requérante ne s’est pas pourvue en cassation. En ce qui concerne ces deux requérantes, la Cour estime donc que cette partie de la requête doit être rejetée pour non-épuisement des voies de recours internes selon l’article 35 §§ 1 et 4 de la Convention (voir, parmi beaucoup d’autres, Albanese c. Italie, précité, §§ 38 et 39 ; Collarile c. Italie, précité, § 20 ; Falzarano et Balletta c. Italie, no 6683/03, § 31, 12 juin 2007).
27. Quant à M. N. Carbè, la Cour observe que le requérant a été débouté par un arrêt de la Cour de cassation du 4 avril 2008. La Cour constate donc que les griefs soulevés par ce requérant sont recevables.
28. Quant au fond, la Cour observe avoir déjà traité d’affaires soulevant des questions semblables à celle du cas d’espèce et a constaté la violation des dispositions précitées (voir Luordo c. Italie, no 32190/96, §§ 62-97, CEDH 2003-IX ; De Blasi c. Italie, précité, §§ 36-51 ; Gallucci c. Italie, précité, §§ 31-40). La Cour a examiné la présente affaire et considère que le Gouvernement n’a fourni aucun fait ni argument convaincant pouvant mener à une conclusion différente dans le cas présent. Elle estime donc qu’il y a eu violation de l’article 8 de la Convention (droit au respect de la correspondance), l’article 1 du Protocole no 1 et l’article 2 du Protocole no 4 en ce qui concerne M. N. Carbè.
III. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 8 DE LA CONVENTION (QUANT AU DROIT AU RESPECT DE LA VIE PRIVÉE)
29. Mme C. C., Mme V. C. et M. N. C. se plaignent des incapacités dérivant de l’inscription de leur nom dans le registre des faillis et du fait que, selon l’article 143 de la loi sur la faillite, leur réhabilitation, qui met fin à ces incapacités, ne peut être demandée que cinq ans après la clôture de la procédure de faillite.
30. La Cour considère qu’il convient d’analyser ce grief sous l’angle du droit de ces requérants au respect de leur vie privée et de le déclarer recevable.
31. En ce qui concerne le fond, à la lumière de sa jurisprudence (voir, parmi beaucoup d’autres, Campagnano c. Italie, précité, §§ 50-66 ; Albanese c. Italie, précité, §§ 50-66 ; Vitiello c. Italie, précité, §§ 44-62), et en l’absence d’argument convaincant du gouvernement pouvant mener à une conclusion différente dans le cas présent, la Cour estime qu’il y a eu violation de l’article 8 de la Convention.
IV. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 13 DE LA CONVENTION
32. Invoquant l’article 13 de la Convention, Mme A. C. et Mme V. C. se plaignent de l’ineffectivité du remède prévu par la loi Pinto, vu le montant faible reçu à titre de dédommagement moral pour la durée de la procédure.
33. Quant au grief soulevé par Mme A. C., la Cour constate que ce grief ne se heurte à aucun des motifs d’irrecevabilité inscrits à l’article 35 § 4 de la Convention. Il convient donc de le déclarer recevable.
34. En ce qui concerne le fond, la Cour relève avoir déjà traité une affaire soulevant des questions semblables à celles du cas d’espèce et a conclu à la non-violation de l’article 13 de la Convention car « le simple fait que le niveau du montant de l’indemnisation ne soit pas élevé ne constitue pas en soi un élément suffisant pour mettre en cause le caractère effectif du recours “Pinto” » (voir Viola et autres c. Italie, no 7842/02, §§ 64-69, 8 janvier 2008).
35. La Cour a examiné la présente affaire et considère que la requérante n’a fourni aucun fait ni argument convaincant pouvant mener à une conclusion différente. Partant, la Cour conclut qu’il n’y a pas eu violation de l’article 13 de la Convention en ce qui concerne Mme A. C..
36. En ce qui concerne Mme V. C., la Cour rappelle avoir conclu à l’irrecevabilité du grief soulevé par celle-ci portant sur la durée de la procédure. Partant, elle estime que ce grief n’est pas « défendable » au regard de la Convention, cette partie de la requête doit être rejetée en tant que manifestement mal fondée selon l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
V. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
37. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
38. Les requérants réclament 40 000 EUR chacun au titre du préjudice moral ainsi que 28 348,80 EUR pour les frais et dépens engagés devant la Cour. Le Gouvernement s’oppose à ces prétentions.
39. La Cour considère que, statuant en équité, il y a lieu d’octroyer 22 000 EUR à Mme A. C. et 22 000 EUR à M. N. C. au titre du préjudice moral. En ce qui concerne Mme C. C.è, Mme V. C. et M. N. C., quant au grief tiré de l’article 8 de la Convention (droit au respect de la vie privée), elle estime que le constat de violation représente une satisfaction équitable suffisant pour tout préjudice moral qu’ils auraient subi.
40. Pour ce qui est des frais et dépens, selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce et compte tenu des documents en sa possession et des critères susmentionnés, la Cour estime raisonnable la somme de 2 000 EUR pour la procédure devant la Cour et l’accorde conjointement aux requérants.
41. La Cour juge approprié d’assortir les sommes susmentionnées d’intérêts moratoires d’un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant aux griefs suivants :
– les griefs soulevés par Mme A. C. tirés des articles 6 § 1 et 13 de la Convention ;
– les griefs soulevés par M. N. C. tirés des articles 8 de la Convention (droit au respect de la correspondance), 1 du Protocole no 1 et 2 du Protocole no 4 à la Convention ;
– le grief soulevé par Mme C. C., Mme V. C. et M. N. C. tiré de l’article 8 de la Convention en ce qui concerne le droit au respect de la vie privée ;
2. Déclare le restant de la requête irrecevable ;
3. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention en ce qui concerne Mme A. C.i ;
4. Dit qu’il y a eu violation de l’article 8 de la Convention (droit au respect de la correspondance), l’article 1 du Protocole no 1 et l’article 2 du Protocole no 4 en ce qui concerne M. N. C. ;
5. Dit qu’il y a eu violation de l’article 8 de la Convention (droit au respect de la vie privée) en ce qui concerne Mme C. C., Mme V. C. et M. N. C. ;
6. Dit qu’il n’y a pas eu violation de l’article 13 de la Convention en ce qui concerne Mme A. C. ;
7. Dit que le constat de violation représente une satisfaction équitable suffisante pour tout préjudice moral en ce qui concerne Mme C. C., Mme V. C. et M. N. C., quant au grief tiré de l’article 8 de la Convention (droit au respect de la vie privée) ;
8. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivante :
(i) 22 000 EUR (vingt-deux mille euros) à Mme A. C. et 22 000 EUR (vingt-deux mille euros) à M. N. Carbè pour dommage moral, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt ;
(ii) 2 000 EUR (deux mille euros), aux requérants conjointement, pour frais et dépens, plus tout montant pouvant être dû par les requérants à titre d’impôt ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
9. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 23 juin 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Françoise Elens-Passos Françoise Tulkens
Greffière adjointe Présidente

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