SECONDA SEZIONE
CAUSA CARBÈ ED ALTRI C. ITALIA
( Richiesta no 13697/04)
SENTENZA
STRASBURGO
23 giugno 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Carbè ed altri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, Nona Tsotsoria, Işıl Karakaş, giudici,
e da Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 2 giugno 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 13697/04) diretta contro la Repubblica italiana e in cui il Sig. N. C., la Sig.ra V. C., la Sig.ra C. C. e la Sig.ra A. C. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 24 marzo 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da F. M, avvocato ad Avola (Siracusa). Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, il Sig. I.M. Braguglia, il Sig. R. Adam e la Sig.ra E. Spatafora, e dai suoi coagenti, i Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 18 maggio 2006, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare i motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1, 8 e 13 della Convenzione al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1953, 1960, 1961 e 1931 e risiedono ad Avola (Siracusa).
1. Il procedimento di fallimento
5. Con un giudizio depositato il 27 giugno 1989, il tribunale di Siracusa dichiarò il fallimento personale dei richiedenti, esercitando un’attività di vendita al dettaglio di vestiti.
6. In seguito a questa dichiarazione, i richiedenti furono sottoposti ad una serie di incapacità personali e patrimoniali, come la limitazione del loro diritto al rispetto della corrispondenza, dei loro beni e della loro libertà di circolazione, conformemente agli articoli 48, 42 e 49 del decreto reale no 267 del 16 marzo 1942 (qui di seguito “la legge sul fallimento”) così come alla limitazione del loro diritto al voto.
7. In una data non precisata posteriore alla dichiarazione di fallimento, la cancelleria del tribunale inserì i nomi dei richiedenti nel registro dei falliti, ai sensi dell’articolo 50 della legge sul fallimento. In ragione di questa iscrizione, i richiedenti furono sottoposti automaticamente ad una serie di altre incapacità personali regolamentate dalla legislazione speciale (vedere Campagnano c. Italia, no 77955/01, § 54, 23 marzo 2006).
8. A differenza delle incapacità derivanti dalla dichiarazione di fallimento che si concludono con la chiusura del procedimento, le incapacità derivanti dall’iscrizione del nome del fallito nel registro cessano solamente una volta ottenuto l’annullamento di questa iscrizione.
9. Questo annullamento ha luogo con la riabilitazione civile che, al di là delle ipotesi di pagamento integrale dei crediti e di esecuzione regolare del concordato di fallimento, può essere chiesta solo dal fallito che ha fatto prova di una “buona condotta effettiva e consolidata” per almeno cinque anni a contare della chiusura del procedimento (articolo 143 della legge sul fallimento).
10. Il 20 luglio 1989, i richiedenti fecero opposizione al loro collocamento in fallimento. Questo procedimento si concluse il 19 gennaio 1994 con un giudizio di rigetto.
11. In una data non precisata del 1989, uno dei creditori introdusse un ricorso d’ opposizione al passivo del fallimento. Questa causa si concluse con un giudizio depositato il 18 luglio 1999.
12. L’esame delle richieste tardive di ammissione al passivo del fallimento ebbe luogo tra il 1990 e il 1997.
13. Tre periti furono nominati e informati del procedimento per valutare dei beni facenti parte dell’attivo.
14. Secondo le informazione fornite dai richiedenti, il procedimento era pendente al 7 luglio 2008.
2. Il procedimento introdotto conformemente alla legge Pinto
15. Il 14 marzo 2003, la Sig.ra A. C. introdusse un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Messina conformemente alla legge Pinto.
Si lamentò della durata del procedimento e della limitazione del suo diritto al rispetto della sua corrispondenza, dei suoi beni, della sua libertà di circolazione e del suo diritto al voto. Addusse avere anche delle difficoltà nella ricerca di un lavoro, visto l’impossibilità di essere riabilitata.
Con una decisione depositata il 16 dicembre 2003, la corte di appello accordò 8 000 euro al richiedente, EUR, a titolo di risarcimento morale, tenuto in particolare conto delle conseguenze di carattere personale derivanti dal collocamento in fallimento.
Il 12 febbraio 2004, questa decisione fu notificata all’ufficio di Messina del foro dello stato (avvocatura distrettuale dello Stato di Messina) ed acquisì forza di cosa giudicata il 13 aprile 2004.
16. Il 4 dicembre 2003, la Sig.ra V. C., introdusse un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Messina conformemente alla legge Pinto, avente lo stesso oggetto di quello introdotto dalla Sig.ra A. C..
Con una decisione depositata il 23 aprile 2004, la corte di appello accordò al richiedente 6 000 EUR a titolo di risarcimento morale, tenuto in particolare conto delle conseguenze di carattere personale che derivavano dal procedimento di fallimento.
Il 17 giugno 2004, questa decisione fu depositata presso l’ufficio di Messina del foro dello stato ed acquisì forza di cosa giudicata il 3 ottobre 2004.
17. Il 13 maggio 2004, il Sig. N. C., introdusse un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Messina conformemente alla legge Pinto, avente lo stesso oggetto di quello introdotto dalla Sig.ra A. C..
Con una decisione del 27 ottobre 2004, la corte di appello accordò al richiedente 10 000 EUR a titolo di risarcimento morale.
Essendo ricorso in cassazione il richiedente, con una sentenza del 4 aprile 2008, la Corte di cassazione respinse il richiedente.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
18. Il diritto interno pertinente è descritto nelle sentenze Campagnano c. Italia (no 77955/01, §§ 19-22, 23 marzo 2006), Albanese c. Italia, (no 77924/01, §§ 23-26, 23 marzo 2006) e Vitiello c. Italia (no 77962/01, §§ 17-20, 23 marzo 2006,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
19. La Sig.ra A. C. e la Sig.ra V. C. si lamentano della durata del procedimento. Il Governo contesta questa tesi e stima che questa durata sia stata imputabile al comportamento dei richiedenti ed alla complessità della causa.
20. La Corte ricorda la sua giurisprudenza a proposito dell’esaurimento delle vie di ricorso secondo la quale è a partire dal 26 luglio 2004 che si deve richiedere che un richiedente utilizzi il ricorso previsto dalla legge Pinto ai fini dell’articolo 35 § 1 della Convenzione, in quanto alla durata del procedimento (Di Sante c. Italia, no 56079/00, decisione del 24 giugno 2004).
21. Per ciò che riguarda il motivo di appello sollevato dalla Sig.ra V. C., la Corte nota che il richiedente avrebbe potuto ricorrere efficacemente in cassazione. Stima pertanto che questa parte della richiesta deve essere respinta per non-esaurimento delle vie di ricorso interne, ai sensi dell’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
22. In quanto al motivo di appello sollevato dalla Sig.ra A. C., la Corte considera che il richiedente non avrebbe potuto ricorrere efficacemente in cassazione. Conviene dunque dichiarare questa parte della richiesta ammissibile.
23. In quanto al merito, la Corte constata che nello specifico, il procedimento di fallimento che rivestiva una certa complessità, è cominciato il 27 giugno 1989 e che era pendente al 7 luglio 2008. È durato dunque più di diciannove anni per un’istanza.
La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevavano delle questioni simili a quella del caso presente e ha constatato la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Frydlender c. Francia [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII). Considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento convincente da poter condurla ad una conclusione differente nel caso presente. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, la Corte stima che nello specifico la durata del procedimento controverso è eccessiva e non risponde all’esigenza del “termine ragionevole” (vedere Di Blasi c. Italia, precitata, §§ 19-35; Gallucci c. Italia, no 10756/02, §§ 22-30, 12 giugno 2007; Bertolini c. Italia, no 14448/03, §§ 23-33, 18 dicembre 2007).
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, per ciò che riguarda la Sig.ra A. C..
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE, 8 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA CORRISPONDENZA, E 2 DEL PROTOCOLLO NO 4 ALLA CONVENZIONE
24. Invocando gli articoli 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, 8 della Convenzione e 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione, la Sig.ra C. C., la Sig.ra V. C. ed il Sig. N. C. si lamentano della violazione del loro diritto al rispetto rispettivamente dei loro beni e della loro corrispondenza (rimessa e controllata dal curatore durante il procedimento di fallimento) così come della loro libertà di circolazione, in particolare in ragione della durata del procedimento. Il Governo si oppone a queste tesi.
25. Per ciò che riguarda questi motivi di appello, la Corte ricorda che è a contare dal 14 luglio 2003 che si deve richiedere che i richiedenti utilizzino, fino al ricorso in cassazione, il rimedio previsto dalla legge Pinto ai fini dell’articolo 35 § 1 della Convenzione, in quanto alla lunghezza delle incapacità che derivanti deal collocamento in fallimento (vedere Sgattoni c. Italia, no 77131/01, sentenza del 15 settembre 2005, § 48).
26. In quanto alla Sig.ra C. C., la Corte constata che questa ultima non ha introdotto un ricorso dinnanzi alla corte di appello competente per lamentarsi della durata delle incapacità derivanti dal suo collocamento in fallimento. Per ciò che riguarda la Sig.ra V. C., la Corte rileva che la decisione della corte di appello di Messina ha acquisito forza di cosa giudicata il 3 ottobre 2004 e che il richiedente non è ricorso in cassazione. Per ciò riguarda questi due richiedenti, la Corte stima dunque che questa parte della richiesta deve essere respinta per non-esaurimento delle vie di ricorso interne secondo l’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Albanese c. Italia, precitata, §§ 38 e 39; Collarile c. Italia, precitata, § 20; Falzarano e Balletta c. Italia, no 6683/03, § 31, 12 giugno 2007).
27. In quanto al Sig. N. C., la Corte osserva che il richiedente è stato respinto da una sentenza della Corte di cassazione del 4 aprile 2008. La Corte constata dunque che i motivi di appello sollevati da questo richiedente sono ammissibili.
28. In quanto al merito, la Corte osserva di avere già trattato di cause che sollevavano delle questioni simili a quella del caso specifico e ha constatato la violazione delle disposizioni precitate (vedere Luordo c. Italia, no 32190/96, §§ 62-97, CEDH 2003-IX; Di Blasi c. Italia, precitata, §§ 36-51; Gallucci c. Italia, precitata, §§ 31-40). La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente. Stima dunque che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione (diritto al rispetto della corrispondenza), l’articolo 1 del Protocollo no 1 e l’articolo 2 del Protocollo no 4 per ciò che riguarda il Sig. N. C..
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA VITA PRIVATA,
29. La Sig.ra C. C., la Sig.ra V. C. ed il Sig. N. C. si lamentano delle incapacità derivanti dall’iscrizione del loro nome nel registro dei falliti e per il fatto che, secondo l’articolo 143 della legge sul fallimento, la loro riabilitazione che mette fine a queste incapacità, può essere chiesto solo cinque anni dopo la chiusura del procedimento di fallimento.
30. La Corte considera che conviene analizzare questo motivo di appello sotto l’angolo del diritto di questi richiedenti al rispetto della loro vita privata e di dichiararlo ammissibile.
31. Per ciò che riguarda il merito, alla luce della sua giurisprudenza (vedere, tra molte altre, Campagnano c. Italia, precitata, §§ 50-66; Albanese c. Italia, precitata, §§ 50-66; Vitiello c. Italia, precitata, §§ 44-62) e in mancanza di argomenti convincenti del governo da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente, la Corte stima che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE
32. Invocando l’articolo 13 della Convenzione, la Sig.ra A. C. e la Sig.ra V. C. si lamentano della non effettività del rimedio previsto dalla legge Pinto, visto l’importo esiguo ricevuto a titolo di risarcimento morale per la durata del procedimento.
33. In quanto al motivo di appello sollevato dalla Sig.ra A. C., la Corte constata che questo motivo di appello non incontra nessuno dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 4 della Convenzione. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
34. Per ciò che riguarda il merito, la Corte rileva di avere trattato già una causa che sollevava delle questioni simili a quelle del caso di specifico e ha concluso alla non-violazione dell’articolo 13 della Convenzione perché “il semplice fatto che il livello dell’importo dell’indennizzo non sia elevato non costituisce in sé un elemento sufficiente per mettere in causa il carattere effettivo del ricorso Pinto” (vedere Viola ed altri c. Italia, no 7842/02, §§ 64-69, 8 gennaio 2008).
35. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il richiedente non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente. Pertanto, la Corte conclude che non c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione per ciò che riguarda la Sig.ra A. C..
36. Per ciò che riguarda la Sig.ra V. C., la Corte ricorda di avere concluso all’inammissibilità del motivo di appello sollevato da questa riguardante la durata del procedimento. Pertanto, stima che questo motivo di appello non è “difendibile” allo sguardo della Convenzione, questa parte della richiesta deve essere respinta in quanto manifestamente mal fondata secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
37. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
38. I richiedenti richiedono 40 000 EUR ciascuno a titolo del danno morale così come 28 348,80 EUR per gli oneri e le spese sostenuti dinnanzi alla Corte. Il Governo si oppone a queste pretese.
39. La Corte considera che, deliberando in equità, c’è luogo di concedere 22 000 EUR alla Sig.ra A. C. e 22 000 EUR al Sig. N. C. a titolo del danno morale. Per ciò che riguarda la Sig.ra C. C., la Sig.ra V. C. ed il Sig. N. C., in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 8 della Convenzione, (diritto al rispetto della vita privata), stima che la constatazione di violazione rappresenta una soddisfazione equa sufficiente per ogni danno morale che avrebbero subito.
40. Per ciò che riguarda gli oneri e le spese, secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte stima ragionevole la somma di 2 000 EUR per il procedimento dinnanzi alla Corte e l’accorda congiuntamente ai richiedenti.
41. La Corte giudica appropriato abbinare le suddette somme ad interessi moratori ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai seguenti motivi di appello:
– i motivi di appello sollevati dalla Sig.ra A. C. tratti dagli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione;
– i motivi di appello sollevati dal Sig. N. C. tratti dagli articoli 8 della Convenzione (diritto al rispetto della corrispondenza), 1 del Protocollo no 1 e 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione;
– il motivo di appello sollevato dalla Sig.ra C. C., la Sig.ra V. C. ed il Sig. N. C. tratto dall’articolo 8 della Convenzione per ciò che riguarda il diritto al rispetto della vita privata;
2. Dichiara il restante della richiesta inammissibile;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione per ciò che riguarda la Sig.ra A. C.;
4. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione (diritto al rispetto della corrispondenza), l’articolo 1 del Protocollo no 1 e l’articolo 2 del Protocollo no 4 per ciò che riguarda il Sig. N. C.;
5. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione, diritto al rispetto della vita privata, per ciò che riguarda la Sig.ra C. C., la Sig.ra V. C. ed il Sig. N. C.;
6. Stabilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione per ciò che riguarda la Sig.ra A. C.;
7. Stabilisce che la constatazione di violazione rappresenta una soddisfazione equa sufficiente per ogni danno morale per ciò che riguarda la Sig.ra C. C., la Sig.ra V. C. ed il Sig. N. C., in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 8 della Convenzione, (diritto al rispetto della vita privata);
8. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
(i) 22 000 EUR (ventiduemila euro) alla Sig.ra A. C. e 22 000 EUR (ventiduemila euro) al Sig. N. C. per danno morale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
(ii) 2 000 EUR (duemila euro) ai richiedenti congiuntamente, per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto dai richiedenti a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
9. Respingi la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 23 giugno 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa