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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE CARA-DAMIANI c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 03
Numero: 2447/05/2012
Stato: Italia
Data: 2012-02-07 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione Violazione dell’art. 3 (risvolto patrimoniale); Danno morale – risarcimento
SECONDA SEZIONE
CAUSA CARA-DAMIANI C. ITALIA
( Richiesta no 2447/05)
SENTENZA
STRASBURGO
7 febbraio 2012
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nel causa Cara-Damiani c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa,
Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, Isabelle Berro-Lefčvre, András Sajó, Işıl Karakaş, Guido Raimondi, giudici,,
e da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 17 gennaio 2012,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 2447/05) diretta contro la Repubblica italiana e di cui un cittadino di questo Stato, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 13 dicembre 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente che è stato ammesso a favore dell’assistenza giudiziale, è rappresentato da OMISSIS, avvocato a Bologna. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, ed il suo vecchio co-agente aggiunge, il Sig. N. Lettieri.
3. Il richiedente adduce che, tenuto conto del suo stato di salute, la sua detenzione alla prigione di Parma costituisce una violazione dell’articolo 3 della Convenzione.
4. Il 27 giugno 2007, il presidente della seconda sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Siccome lo permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato in 1946 e ha risieduto a Fontanellato (Parma). Condannato ad una pena di detenzione che deve concludersi nel novembre 2016, il richiedente è incarcerato dal 1992.
6. La Corte ha avuto già l’occasione di pronunciarsi sulla situazione del richiedente, per ciò che è del periodo 1994-2000, Cara-Damiani c. Italia, (dec.), no 35995/97, 28 marzo 2000. Risulta di questa decisione che, già nel 1997, il richiedente poteva spostarsi unicamente in poltrona scorrevole, che poteva restare in piedi solamente se era aiutato dalle terza persone e che era raggiunto di un discopathie degenerativo.
7. La presente richiesta essendo stata introdotta il 13 dicembre 2004, la Corte prenderà in conto la situazione del richiedente a contare di giugno 2004.
A. La detenzione del richiedente fino al dicembre 2005
8. Nel luglio 2003, il richiedente fu trasferito alla prigione di Parma in provenienza di un’altra determinazione penitenziaria, al motivo che questa prigione aveva un centro medico di eccellenza e si era dotato di un’unità per handicappati. Il richiedente fu posto tuttavia in un quartiere di detenzione “ordinaria” della prigione.
9. Risulta della pratica medica invalsa coi medici della prigione di Parma che il richiedente presentava i sintomi di una semi paresi flaccida ( paraparesi flaccida) alle gambe, ossia di una paralisi leggera della metà inferiore del corpo, con deficit incompleto della forza muscolare dei due arti inferiori.
10. Il personale medico della prigione segnalò a più riprese all’amministrazione penitenziaria che l’interessato era ospitato in un quartiere della prigione disadattato al suo stato. Difatti, i servizi non erano pianificati ed il richiedente non poteva aderire in ragione di ostacoli architettonici insormontabili; mancava le attrezzature ed i locali permettendo la rieducazione di cui il richiedente aveva bisogno; non c’erano spazi dove l’interessato poteva circolare col deambulatore (girello); inoltre, il richiedente non poteva rendersi frequentemente nel corridoio perché era sottoposto al regime di alta sorveglianza. Il centro clinico della prigione non conveniva neanche. Il personale medico della prigione poteva garantire solamente un minimo di cinesiterapia e di terapia fisica. Questa ultima era stata annullata purtroppo corrente 2004. Nel giugno 2004, il settore per la terapia fisica era stato chiuso e, da, era impossibile effettuare questo tipo di trattamento. Una poltrona scorrevole era stata chiesta dal medico.
11. Un neurologo esaminò il richiedente il 18 novembre 2004 e, grazie ad una risonanza magnetica, IRM, della regione lombare, constatò che questo era stato operato negli anni 1980 di un ernia discale, e che questa ricadeva. Avendo preso nota della semi paresi apparente, il neurologo ordinò un esame complementare, o un IRM della zona dorsale e cervicale, perché gli esami effettuati fino là non gli permettevano di trovare la causa della semi paresi e di stabilire una diagnosi.
Un mese più tardi, il neurologo rivive il richiedente e confermò la necessità di procedere ad un IRM della zona dorsale e cervicale.
Questo esame fu programmato per il 22 marzo 2005. Tuttavia non fu effettuato, perché, questo giorno, il richiedente era in spostamento in un’altra determinazione penitenziaria.
12. Nel suo rapporto del 13 ottobre 2005, il medico della prigione di Parma notò che il richiedente era stato trasferito a più riprese in un’altra prigione in ragione dei suoi studi universitari. Questi numerosi spostamenti ostacolavano il buono svolgimento del programma di esami e consultazioni mediche. In fatto, il 22 luglio 2003, il richiedente era stato in spostamento dal suo arrivo a Parma durante il seguente periodi: dal 5 settembre 2003 al 10 marzo 2004; dal 27 marzo al 3 aprile 2004; del 2 al 29 luglio 2004; del 15 al 25 settembre 2004; poi del 15 al 26 marzo 2005; del 13 aprile ad inizio maggio 2005; dal 26 giugno al 18 luglio 2005; del 2 al 9 settembre 2005. Infine, il 7 ottobre 2005 era stato trasferito ancora.
Trattandosi dell’IRM ordinato dal neurologo, la serie di mancanze continue aveva reso impossibile questo esame. Ad ogni modo, il medico della prigione di Parma aveva -il 21 settembre 2005-reiterato la domanda di esame dato che un nuovo appuntamento non era stato fissato ancora.
13. Il 27 gennaio 2005, il medico della prigione di Parma aveva chiesto peraltro, il collocamento del richiedente all’ospedale, nel servizio di rieducazione, medicina riabilitativa. Lo specialista di questo servizio dell’ospedale (fisiatra) aveva espresso il desiderio, prima di ricoverare l’interessato, di esaminarlo per potere valutare il momento e la durata dell’ospedalizzazione ed il tipo di terapia ad amministrare. Di questo fatto la chiedo di ospedalizzazione era stata trasformata in domanda di consultazione con lo specialista che fu fatto il 31 marzo 2005.
Tuttavia, in ragione delle mancanze del richiedente, questa consultazione non sempre aveva avuto luogo il 13 ottobre 2005. Il medico l’aveva rilanciato in ogni caso il 21 settembre 2005 ed indicava la sua speranza che il richiedente sarebbe a Parma quando l’appuntamento sarebbe accordato.
14. Nell’attesa del collocamento in un luogo appropriato, i medici che seguivano il richiedente in prigione potevano fare dei massaggi e della cinesiterapia, ma ciò non era sufficiente, e fornirgli un deambulatore (girello).
15. Parallelamente, la pratica medica del richiedente era stata mandata alla prigione di Messina ed alla prigione di Poggioreale (Napoli), per sapere se, in queste determinazioni, avrebbe potuto ricevere un trattamento medico adeguato. La prigione di Messina non aveva fornito nessuna risposta. La prigione di Napoli aveva precisato nel febbraio 2005 che le cure che il richiedente necessitava potevano essere dispensate non non ci.
16. Nell’aprile 2005, la prigione di Parma inaugurò l’unità per handicappati, sezione paraplegici. Mancanza di posto, il richiedente non fu però assegnato in un primo tempo. I medici notarono nella pratica del richiedente che, malgrado l’apertura di questa unità, niente aveva cambiato per l’interessato: restava in un quartiere ordinario, dove era impossibile dispensare egli il trattamento di rieducazione neuromotrice necessario. Questa rieducazione era solamente presso possibile nei centri specializzati dai quali occorreva trasferire assolutamente il richiedente sotto pena di un aggravamento delle sue condizioni di mobilità, ciò che bisognava evitare assolutamente. I medici stimavano che le condizioni di salute del richiedente non erano compatibili con la sua detenzione a Parma e, probabilmente, con la detenzione semplicemente, a meno che il ministero competente non trova una determinazione penitenziaria attrezzata di un centro clinico adattato. In conclusione, i medici della prigione di Parma raccomandavano di sottoporre il richiedente ad un trattamento di riabilitazione di alto livello che poteva essere dispensato unicamente in un centro specializzato dove il richiedente doveva essere trasferito. A difetto, la motricità del richiedente subirebbe un deterioramento.
17. Risulta della pratica che la prigione di Parma aspettava che le autorità competenti riservano dei fondi per potere reclutare del personale sanitario. In particolare, bisognava concludere un accordo con un medico specialista in fisiatria e reclutare due fisioterapisti di cui una per l’idroterapia, vista l’apertura imminente della piscina per terapia idrocinetica . Inoltre, bisognava acquistare degli strumenti di ortopedia e per la rieducazione.
18. Peraltro, ad una data non precisata, il richiedente chiese il rinvio della sua pena. Con una decisione del 8 febbraio 2005, il tribunale di applicazione delle pene di Bologna respinse la domanda, al motivo che il richiedente non era totalmente impossibilitato di camminare e che le cure dispensate alla prigione di Parma erano adattate. In quanto agli ostacoli architettonici, il tribunale stimò che questi non rendevano la situazione del richiedente incompatibile con la detenzione; inoltre, la prigione di Parma si era dotata di un’unità per handicappati che non era stata velocemente unicamente aperta con mancanza di bilancio.
19. Il 24 agosto 2005, il richiedente fu ricoverato di emergenza in ragione di un infarto e fu operato di angioplastica coronaria con insediamento di uno “stent.”
20. Il 26 agosto 2005, fu di ritorno alla prigione di Parma, nel suo quartiere di origine.
21. Il rapporto medico del 13 ottobre 2005 si concludeva con la conclusione che il quartiere della prigione di Parma dove il richiedente era stato posto dal suo arrivo non era atto al suo handicap a causa degli ostacoli architettonici insormontabili. C’era inoltre l’impossibilità di garantire i servizi ed infrastrutture necessarie per la sua patologia e l’impossibilità di effettuare la terapia adattata. Il richiedente doveva essere posto assolutamente in un centro medico specializzato per la terapia fisica e la fisio -cinesiterapia sotto pena di deterioramento delle sue condizioni.
B. La detenzione del richiedente entra dicembre 2005 e marzo 2008
22. Nel dicembre 2005, il richiedente fu trasferito all’unità per detenuta handicappati.
23. Il 9 gennaio 2006, chiese al giudice di applicazione delle pene di Reggio Emilia il rinvio dell’esecuzione della sua pena, in ragione del suo stato di salute e della mancanza di cure adeguate.
24. Ad una data non precisata, il richiedente chiese al tribunale di applicazione delle pene di Bologna la sospensione della sua pena per potere sottoporsisi alle terapie appropriate; sussidiariamente chiese a potere beneficiare della detenzione a domicilio in un ospedale o in una determinazione potendo garantirgli un’assistenza sanitaria adattata. All’appoggio della sua domanda, il richiedente adduceva che il suo stato di salute, già incompatibile con la detenzione da molto, si era aggravato.
25. Il 26 gennaio 2006, il giudice di applicazione delle pene prese atto della domanda che il richiedente aveva depositato dinnanzi al tribunale di applicazione delle pene. Stimando che non c’era nessuna emergenza e che non c’era di ragione che fa temere che il mantenimento in detenzione fino alla decisione definitiva del tribunale provocherebbe un danno alla salute di questo, il giudice respinse la domanda di rimessa in libertà e trasmise la pratica al tribunale di applicazione delle pene di Bologna.
26. Nell’aprile 2006, il tribunale di applicazione delle pene di Bologna ordinò una perizia. Il perito fu incaricato di valutare lo stato di salute del richiedente e di dire se questo riceveva delle cure adeguate in prigione, se doveva essere posto altrove e se ci fosse incompatibilità con la detenzione.
27. Dopo avere esaminato il richiedente il 5 luglio 2006, il perito depositò un rapporto in data del 18 agosto 2006 del quale risulta i seguenti elementi. Il richiedente si spostava in poltrona scorrevole. Presentava un deterioramento del suo apparecchio circolatorio al livello delle gambe e dei discromie ai piedi dovuti alla stasi. I neurologi avevano consigliato una rieducazione alla marcia con l’aiuto del deambulatorio. Doveva essere operato al retto in ragione di un grosso polipo. Le sue condizioni di salute erano cattive, in ragione delle differenti patologie che erano gravi, documentate bene e tendevano a peggiorare. Il richiedente necessitava un seguito medico regolare includendo delle ecografie, degli esami di laboratori e di altri esami, esami strumentali, frequenti, così che l’ambiente ideale per lui era un centro medico o in ogni caso idoneo. Il pericolo più grave per la sua salute veniva del grosso polipo al retto che non era stato operato ancora e che bisognava togliere velocemente possibile. In occasione della sua ospedalizzazione per questo intervento, il perito raccomandava di effettuare l’IRM cervicale e dorsale o un scanner delle stesse zone che erano state raccomandate dagli specialisti, perché i sintomi alle gambe (semi paresi) rimanevano inspiegati. In conclusione, c’era incompatibilità tra gli stati di salute del richiedente e la detenzione, perché l’intervento imminente al retto era necessario. Per giudicare della compatibilità con la detenzione del periodo posteriore all’intervento, sarebbe necessario valutare in quel momento lo stato di salute del richiedente sulla base delle nuove cognizioni dello stato neurologico del settore cervicale – dorsale. All’occorrenza, l’interessato potrebbe essere rincarcerato.
28. Il 5 dicembre 2006, il richiedente subisce un intervento al retto, resezione del retto. Non risulta della pratica la dato alla quale il richiedente tornò alla prigione di Parma, né la data alla quale l’IRM fu effettuato.
29. Il tribunale di applicazione delle pene di Bologna decise di rinviare la sua decisione sull’incompatibilità per permettere al richiedente di mettere in opera un programma di rieducazione in una determinazione esterna alla prigione.
30. Il richiedente ed il suo avvocato si mirano alla ricerca di una struttura adattata. Il 19 marzo 2007, l’avvocato del richiedente informò questo che il centro di rieducazione di Villanova sull’Arda si era dichiarato prestito ad accogliere il richiedente dopo una consultazione che permette di valutare la condizione di questo ultimo. Una consultazione era stata fissata al 20 marzo 2007. La Direzione della prigione di Parma non aveva autorizzato tuttavia, ancora l’uscita dell’interessato per questa occasione.
Nell’aprile 2007, il richiedente fu esaminato da un medico del centro di rieducazione di Villanova sull’Arda che stabilisce un programma di rieducazione. Precisò che si trattava di un tentativo per verificare le possibilità di un ritorno alla deambulazione. Raccomandò una nuova consultazione dopo un mese per fare un bilancio. Il 6 dicembre 2007, il tribunale rinviò l’udienza per permettere la finalizzazione del programma di rieducazione.
31. Il 18 marzo 2008, il tribunale di applicazione delle pene di Bologna rese la sua decisione. Basandosi sulla perizia di ufficio e sui documenti raccolti durante il procedimento, il tribunale prese nota di ciò che il richiedente doveva essere rioperato all’addome. Inoltre, l’avvocato del richiedente aveva, durante procedimento, trovato una possibilità terapeutica alla Casa di riabilitazione spinale di Villanova sull’Arda. I carabinieri avevano del loro lato giudicato la clinica come essendo atto ad essere sorvegliata. Di conseguenza, era possibile porre il richiedente in detenzione domiciliare in ambiente ospedaliero per un periodo di sei mesi, permettendogli di subire di prima l’intervento chirurgico e di effettuare la rieducazione in seguito.
C. Il periodo posteriore al marzo 2008
32. Seguito alla decisione del tribunale di applicazione delle pene di Bologna del 18 marzo 2008, il richiedente uscì da prigione e fu posto in detenzione domiciliare.
33. Il 12 giugno 2008, il richiedente subisce un nuovo intervento chirurgico agli intestini.
34. Il tribunale di applicazione delle pene di Bologna prorogò di tre mesi la citazione a domicilio con una decisione del 11 settembre 2008, tenuto conto dello stato generale di salute del richiedente, definito precario, perché soffriva di rimediare-parésie e di cardiopathie (ischémie cronico). Questo periodo supplementare di tre mesi gli permetterebbe di ricuperare meglio del suo intervento. Il tribunale non accordò la sospensione della pena che stima che il richiedente poteva commettere di nuovo dei reati.
35. Con le decisioni ulteriori, la detenzione domiciliare del richiedente fu prorogata fino nel 2010.
36. Con una decisione del 21 gennaio 2010, il tribunale di applicazione delle pene di Bologna prorogò la detenzione a domicilio fino al 30 giugno 2010 tenuto conto della pratica medica del richiedente del quale risultava che ne più della semi paresi necessitando un’assistenza consolidata e delle misure di rieducazione continui, il richiedente doveva essere operato ancora a breve termine.
37. Il 25 giugno 2010, il richiedente fu operato all’addome (laparo-plastica).
38. Con una decisione del 29 giugno 2010, tenuto conto della fisioterapia già programmata, e visto il periodo di estate, il tribunale di applicazione delle pene di Bologna stimò che c’era incompatibilità con la detenzione. Prorogò di tre mesi, o fino al 30 settembre 2010, la detenzione a domicilio del richiedente.
39. Il 9 luglio 2010, il richiedente dovesse essere rioperato per l’incisione di un ematoma che si era formato nell’addome.
40. Seguito a questo ultimo intervento, il personale medico dell’ospedale di Fidenza effettuò un bilancio di salute e notò, in un rapporto del 19 luglio 2010, che lo stato di salute del richiedente era medio. Necessitava un seguito medico consolidato per evitare un’infezione maggiore. La cicatrizzazione sarebbe graduale. Una volta guarita, il paziente doveva riprendere la rieducazione in piscina che era stata sospesa in ragione di dolori intestinali. Questo nuovo intervento si inseriva negativamente già in un contesto fortemente impacté con le altre malattie, ed aveva delle ripercussioni sullo stato psichico del malato. Il richiedente necessitava per il futuro un seguito medico molto attento e continuo così come un’assistenza, che le limitazioni imposte dalla vita in prigione renderebbero difficili. Poi il richiedente era in attesa di un intervento chirurgico ortopedico per décompresser il nervo ulnare sinistro. Inoltre bisognava salvaguardare il benessere psichico dell’interessato ne che gli permette di vivere a domicilio con le persone potendo garantirgli l’assistenza e l’affetto che necessitava.
D. Il ritorno in prigione del richiedente
41. Con una decisione del 21 settembre 2010, il tribunale di applicazione delle pene di Bologna respinse la domanda di prolungamento della detenzione a domicilio, stimando che era possibile per il richiedente effettuare le terapie fuori prigione pure restante incarcerato a Parma.
42. Il richiedente tornò alla prigione di Parma il 1 ottobre 2010 e fu posto in una sezione ordinaria. Lo stesso giorno fu esaminato da un medico che registrò in un rapporto il seguente informazione. Il richiedente, coòpito da semi paresi alle gambe e da cardiopatia, aveva espresso inoltre dei sintomi di claustrofobia e necessitava una consultazione psichiatrica. Posto in unità vigilata, doveva disporre sine die di una poltrona con cuscino anti-escara, di un tutore ortopedico (tutore) e di bastoni (stampelle). Doveva utilizzare l’ascensore per spostarsi nell’edificio.
43. Il 6 ottobre 2010, il richiedente depositò una domanda di rinvio di pena o di collocamento in detenzione a domicilio. Arguiva che il suo stato di salute era incompatibile con la sua detenzione. In primo luogo, contestava il suo collocamento in una sezione ordinaria della prigione. In secondo luogo, visto i due anni e metà passate in detenzione a domicilio senza nessuno problema con la giustizia, il suo ritorno in prigione in regime di alta sicurezza era ingiustificato.
44. Con una decisione del 23 novembre 2010, il tribunale di applicazione delle pene di Bologna accordò la detenzione a domicilio per otto mesi. Stimò che lo stato di salute del richiedente era incompatibile col suo collocamento in una sezione ordinaria della prigione ed osservò che non c’era posto nell’unità per handicappati. Secondo i medici della prigione, la presenza di barriere insormontabili, da una parte, abbinata, altro parte, dell’impossibilità di avere una rieducazione adeguata, rendeva la detenzione incompatibile con lo stato di salute del richiedente. Faccia all’impossibilità da parte dell’amministrazione penitenziaria di garantire una presa incaricata adeguata del richiedente-o il suo collocamento ad un luogo senza barriere e la possibilità per lui di ricevere le terapie adeguate-il tribunale stimò che c’era là una manifesta violazione del diritto alla salute del richiedente e che il mantenimento dell’interessato in una tale situazione esporrebbe lo stato ad una condanna da parte della Corte, era stato così il caso nel causa Scoppola c. Italia (no 50550/06, 10 giugno 2008,).
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
45. La sospensione dell’esecuzione della pena è prevista dall’articolo 147 § 1 no 2, del codice penale, ai termini del quale:
“L’esecuzione di una pena può essere sospesa: (…)
2, se una pena privativa di libertà deve essere eseguita contro una persona che si trova in condizione di infermità fisica incido. “
46. Ai termini dell’articolo 678 del codice di procedimento penale, la decisione di sospendere l’esecuzione della pena può essere adottata anche di ufficio col tribunale di applicazione delle pene.
III. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNAZIONALE PERTINENTE
47. Rapporto al governo dell’Italia relativa alla visita in Italia del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti disumani o degradanti (CPT) dal 21 novembre al
3 dicembre 2004;
La determinazione penitenziaria di Parma è stata visitata dal CPT. Il paragrafo 100 del rapporto si legge così:
“Al primo colpo, il CPT ha il dovere di sottolineare che la sua delegazione ha osservato delle carenze allarmanti nella tenuta della salute penitenziaria che era, in un largo misuro, la conseguenza diretta di restrizioni di bilancio severe. Difatti, il bilancio dei servizi di salute nelle prigioni era stato ridotto di più del 30% recentemente mentre la popolazione carceraria aveva continuato di crescere. In modo prova generale, sembrava avere un scarto significativo tra i livelli delle cure di salute proposta ai detenuti e quelli di cui beneficiava la popolazione in ambiente libero. Questa impressione era divisa pienamente da parecchi medici penitenziari incontrati dalla delegazione. Di più, la delegazione è stata informata che la data della riapertura dell’unità per detenuti handicappati alla prigione di Parma era incerta, perché i fondi necessari per finire i lavori di rinnovazione già cominciata erano stati non riservati non. Di conseguenza, questi detenuti si trovavano nei locali ordinari, una situazione in si totalmente insoddisfacente.”
48. Terzo rapporto generale di attività del CPT che copre il periodo dal 1 gennaio al 31 dicembre 1992, capitolo III- servizi di salute nelle prigioni,:
“iv) incapacità alla detenzione
Degli esempi tipici sono quelli di detenuti che presentano un pronostico fatale a breve termine, quelli che soffre di un affetto grave da cui il trattamento non può essere condotto correttamente nelle condizioni della detenzione, così come quelli che è svantaggiato severamente o di una grande età. La detenzione continua delle tali persone in ambiente penitenziario può creare una situazione umanamente inammissibile. Nei casi di questo genere, appartiene al medico penitenziario di stabilire un rapporto all’intenzione dell’autorità competente, affinché le disposizioni che si imporsi siano prese. “
49. Raccomandazione no R (98) 7 adottati dal Comitato dei Ministri del Consiglio dell’Europa il 8 aprile 1998 relativo agli aspetti etici e relativi alla organizzazione delle cure di salute in ambiente penitenziario:
“C. Persone inabili alla detenzione continua: handicap fisico incide, grande età, pronostico fatale a breve termine,
50. I detenuti che soffrono di handicap fisici gravi e quelli che sono molto vecchi dovrebbero potere condurre anche una vita normale che possibile e non essere separatisi dal resto della popolazione carceraria. Le modifiche strutturali necessarie dovrebbero essere intraprese nei locali per facilitare gli spostamenti e le attività delle persone in poltrona scorrevole e degli altri handicappati, usati così all’esterno della prigione.
51. La decisione in quanto al momento opportuno di trasferire nelle unità di cure esterne i malati di cui lo stato indica una conclusione fatale prossima dovrebbe essere fondato su dei criteri medici. Aspettando di lasciare la determinazione penitenziaria, queste persone dovrebbero ricevere durante la fase terminale della loro malattia delle cure ottimali nel servizio sanitario. Nel tali caso, dei periodi di ospedalizzazione temporanea fuori dalla cornice penitenziaria dovrebbero essere contemplati. La possibilità di accordare la grazia o una liberazione anticipata per le ragioni mediche dovrebbero essere esaminate. “
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 3 DELLA CONVENZIONE
50. Il richiedente si lamenta di avere subito un trattamento contrario all’articolo 3 della Convenzione, a causa del suo mantenimento in detenzione, in dispetto della sua condizione preoccupante. La disposizione invocata dal richiedente è formulata così:
“Nessuno può essere sottomesso alla tortura né a pene o trattamenti disumani o degradanti. “
51. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
52. Il Governo considera che il richiedente non ha esaurito le vie di ricorso interni perché un procedimento che tende ad ottenere il suo collocamento in detenzione a domicilio era pendente dinnanzi al tribunale di applicazione delle pene di Bologna.
53. Il richiedente oppone alla tesi del Governo ed osservi che suddetta procedimento è arrivato alla decisione del 18 marzo 2008 del tribunale di applicazione delle pene di Bologna.
54. La Corte constata che il procedimento nazionale menzionato dal Governo si è concluso dalla decisione del 18 marzo 2008 e considera che c’è luogo di respingere l’eccezione. Stima poi che la richiesta non è manifestamente male fondata al senso dell’articolo 35 § 3, ha, della Convenzione e rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Argomenti delle parti
55. Il richiedente osserva che dal suo arrivo alla prigione di Parma nel luglio 2003 e fino nel dicembre 2005, è stato ospitato in un quartiere ordinario della determinazione che non era compatibile col suo handicap in ragione di ostacoli architettonici insormontabili. Sostiene che l’impossibilità di spostarsi coi suoi propri mezzi e, in particolare, di andare ai servizi soli, è un trattamento degradante.
56. Inoltre, durante tutta la durata della sua detenzione a Parma, è anche dopo il suo collocamento nell’unità per handicappati nel dicembre 2005, il richiedente non ha potuto beneficiare delle terapie adeguate per suo semi paresi che è una malattia di natura degenerativa, perché la prigione di Parma non era attrezzata per dispensarli. Questo è confermato dal fatto che nel 2008 il tribunale di applicazione delle pene ha accordato infine che sia posto in una clinica specializzata nella rieducazione.
Il richiedente argüe che la mancanza di rieducazione durante gli anni ha provocato un deterioramento progressivo della sua motricità. Sottolinea che le autorità hanno deciso della guardia in prigione, senza possibilità di rieducazione, malgrado il parere contrario dei medici ed in dispetto dell’aggravamento del suo stato.
57. Infine, il richiedente osserva che il suo ritorno in prigione nel 2010, in una sezione ordinaria non adattata al suo handicap, tenuto conto della gravità del suo stato di salute, è incomprensibile. Sottolinea che anche per il tribunale di applicazione delle pene di Bologna, questa situazione era inaccettabile.
58. In conclusione, il richiedente stima essere stato vittima di un trattamento contrario all’articolo 3 della Convenzione.
59. Il Governo sottolinea che il richiedente non soffre di paraplegia ma di rimediare-parésie, a sapere di una riduzione della mobilità delle gambe meno invalidate rispetto alla paraplegia. Questa situazione sarebbe la conseguenza di un ernia discale, risalendo ad un momento anteriore al suo collocamento in detenzione. Inoltre, lo stato di salute del richiedente non è stato un ostacolo per la commissione dei reati. Lo stato di salute del detenuto non è molto grave e le modalità di esecuzione della pena non l’hanno sottoposto ad un sconforto o ad una prova di un’intensità che supera il livello inevitabile di sofferenza inerente alla detenzione.
60. Considerando la complessità dello stato clinico del richiedente, questo ha necessitato un trattamento individualizzato che è potuto essere garantito in un centro molto organizzato, come questo è il caso della prigione di Parma. Tutto il necessario è stato fatto. Avuto riguardo alle esigenze pratiche della detenzione, la protezione della salute ed il benessere del prigioniero è stata garantita in modo adeguata, visto in particolare l’esistenza di un’unità per handicappati a Parma che è attrezzata di una piscina e del personale specializzato. Durante il periodo passato nell’unità per handicappati, il richiedente è stato seguito regolarmente dal personale medico e coi medici specialista, ha beneficiato di fisioterapia, ha consultato degli specialisti degli ospedali e è stato ricoverato quando necessario conformemente alla legge penitenziaria. Il seguito medico del richiedente ha subito però degli ostacoli imputabili agli spostamenti che questo ha sollecitato per i suoi studi. Questi spostamenti confermano la mancanza di gravità dello stato di salute dell’interessato.
61. Visto che non è autonomo nella marcia, il richiedente ha beneficiato dell’aiuto di un piantone, di bastoni e di una poltrona scorrevole. Pure riconoscente che il richiedente ha conosciuto delle difficoltà (disagio), il Governo osserva che non è stato ostacolato nelle sue relazioni sociali e che ha beneficiato di un sistema di videoconferenza per i suoi studi universitari.
62. Nessuno parere concludente all’incompatibilità dello stato di salute del richiedente con la detenzione non è stato formulato ad ogni modo, mai da un perito commesso di ufficio, né del resto non un medico. Tutti i medici che hanno stimato che il richiedente poteva vivere in una determinazione penitenziaria bene attrezzata, ed aderire alle cure all’esterno.
63. Il Governo osserva infine che non è stato mai questione di rimettere in libertà il richiedente, questo ultimo che non è in età molto avanzata e non avendo commesso i reati ad un’epoca lontana.
64. In conclusione, il Governo chiede alla Corte di respingere la richiesta perché il trattamento imposto al richiedente non raggiunge il minimo di gravità per cadere sotto l’influenza dell’articolo 3 della Convenzione.
2. Valutazione della Corte
a) Principi generali
65. La Corte ricorda che, per cadere sotto l’influenza dell’articolo 3, un cattivo trattamento deve raggiungere un minimo di gravità. La valutazione di questo minimo è relativa; dipende dall’insieme dei dati della causa, in particolare della durata del trattamento e dei suoi effetti fisici o mentali così come, talvolta, del sesso, dell’età e dello stato di salute di un richiedente (vedere, entra altri, Price c. Regno Unito, no 33394/96, § 24, CEDH 2001-VII, Mouisel c,. Francia, no 67263/01, § 37, CEDH 2002-IX. Affinché una pena ed il trattamento di cui si accompagna possano essere qualificati d ‘ “disumani” o di “degradanti”, la sofferenza o l’umiliazione devono andare in ogni caso al di là di queste che comprendi inevitabilmente una forma data di trattamento o di pene legittime, Jalloh c. Germania [GC], no 54810/00, § 68, CEDH 2006-IX.
66. Trattandosi in particolare di persone private di libertà, l’articolo 3 impone allo stato l’obbligo positivo di assicurarsi che ogni prigioniero sia detenuto nelle condizioni compatibili col rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione della misura non sottopongono l’interessato ad un sconforto o una prova di un’intensità che supera il livello inevitabile di sofferenza inerente alla detenzione e che, avuto riguardo alle esigenze pratiche della detenzione, la salute ed il benessere del prigioniero sono garantiti in modo adeguata, in particolare con l’amministrazione delle cure mediche richieste, Kudła c. Polonia [GC], no 30210/96, § 94, CEDH 2000-XI; Fiume c. Francia, no 33834/03, § 62, 11 luglio 2006. Queste cure dispensate in ambiente carcerario devono essere adeguate, cioè di un livello comparabile a quello che le autorità dello stato si sono avviate a fornire all’insieme della popolazione. Tuttavia ciò non implica che è garantito a tutto detenuto lo stesso livello di cure mediche che quello dei migliori determinazioni di salute esterna all’ambiente carcerario, Mirilashivili c. Russia, déc.), no 6293/04, 10 luglio 2007. Peraltro, trattandosi di fornire le cure mediche adeguate, bisogna avere riguardo alle esigenze pratiche della detenzione, Alexanian c. Russia, no 46468/06, § 140, 22 dicembre 2008. La mancanza di cure mediche adeguate, e, più generalmente, la detenzione di una persona malata nelle condizioni inadeguate, può in principio costituire un trattamento contrario all’articolo 3, İlhan c. Turchia [GC], no 22277/93, § 87, CEDH 2000-VII. Chi è più, oltre la salute del prigioniero, è il suo benessere che deve essere garantito di un modo adeguato (Mouisel precitato, § 40,).
67. Le condizioni di detenzione di una persona malata devono garantire la protezione della salute del prigioniero, avuto riguardo alle contingenze ordinarie e ragionevoli della detenzione. Se il non si può dedurre un obbligo generale di rimettere in libertà o di trasferire in un ospedale civile un detenuto, anche se questo ultimo soffre di una malattia particolarmente difficile a curare (Mouisel precitato, § 40,) l’articolo 3 della Convenzione impongo in ogni caso allo stato di proteggere l’integrità fisica delle persone private di libertà. La Corte saprebbe escludere solamente, nelle condizioni particolarmente gravi, si possa trovarsi in presenza di situazioni dove una buona amministrazione della giustizia penale esige che le misure di natura umanitaria siano prese per ornare, Matencio c. Francia, no 58749/00, § 76, 15 gennaio 2004; Sakkopoulos c. Grecia, no 61828/00, § 38, 15 gennaio 2004. In una causa dato, la detenzione di una persona raggiunta di una patologia che impegna il pronostico vitale o di cui lo stato è durevolmente incompatibile con la vita carceraria può porre dei problemi sotto l’angolo dell’articolo 3 della Convenzione, Tekin Yıldız c. Turchia, no 22913/04, § 72, 10 novembre 2005.
Applicando i principi suddetti, la Corte ha concluso già che il mantenimento in detenzione per un periodo prolungato di una persona di un’età avanzata, e per di più malata, può entrare nel campo di protezione dell’articolo 3, Papon c. Francia (no 1) (déc.), no 64666/01, CEDH 2001-VI, Sawoniuk c. Regno Unito, déc.), no 63716/00, CEDH 2001-VI, e Priebke c. Italia, déc.), no 48799/99, 5 aprile 2001. Di più, la Corte ha giudicato che mantenere in detenzione una persona tetraplegica o in ogni caso gravemente handicappata, nelle condizioni inadatte al suo stato di salute, era costitutivo di un trattamento degradante (Price precitato) § 30; Vincent c. Francia, no 6253/03, § 103, 24 ottobre 2006; Hüseyin Yıldırım c. Turchia, no 2778/02, § 83, 3 maggio 2007.
68. Ciò che è, la Corte ricorda che nel causa Sakkopoulos c. Grecia precitata ha tenuto conto di tre elementi per esaminare la compatibilità di un stato di salute che preoccupa col mantenimento in detenzione del richiedente: , ha, la condizione del detenuto, (b, la qualità delle cure dispensate e (c) l’opportunità di mantenere la detenzione allo visto dello stato di salute del richiedente. La Corte stima che questi criteri sono anche pertinenti nella presente causa.
(b) Applicazione di questi principi al caso di specie
69. Nella presente causa si posano la questione della compatibilità dello stato di salute del richiedente col suo mantenimento in detenzione e quella di sapere se questa situazione raggiunge un livello sufficiente di gravità per entrare nel campo di applicazione dell’articolo 3 della Convenzione.
70. Vecchio di 58 anni al momento dell’introduzione della richiesta, sofferente di patologie cardiache, ed operato a più riprese all’addome, il richiedente non ha camminato più da almeno 1997 ed egli si spostavano solamente in poltrona scorrevole. Questa situazione sembra essere in rapporto con l’ernia discale ricaduto e degenerativo che è stato constatato a questa epoca, o quando il richiedente era detenuto in un’altra determinazione penitenziaria.
Arrivato alla prigione di Parma, fu posto in un quartiere di detenzione in che rendeva i suoi spostamenti molto difficili degli ostacoli architettonici. Il mobilio ed i sanitari non essendo pianificati, il richiedente non poteva rendersi ai servizi soli e doveva farsi aiutare con un piantone. Inoltre, gli spazi non gli permettevano di spostarsi col deambulatore che gli era stato fornito. Peraltro, anche dopo che il richiedente fu stato attrezzato di una poltrona scorrevole, la circolazione negli spazi non pianificata restava difficile. Infine, le uscite nel corridoio-spazio dove gli spostamenti erano più facili-gli erano limitate in ragione del regime di alta sorveglianza al quale era sottoposto. Nel dicembre 2005, il richiedente fu posto nell’unità per handicappati della prigione di Parma nella quale gli spazi sono pianificati in funzione dei bisogni di questa categoria di detenuti.
71. La Corte accoglie la decisione delle autorità italiane di mettere in piedi alla prigione di Parma, già attrezzata di un centro clinico, un’unità per handicappati. Tuttavia, risulta della pratica che l’apertura dell’unità per handicappati fu ritardata in ragione dell’importiamo tagli di bilancio. Inoltre, appare che il numero di posti contemplati in questa unità specializzata è insufficiente rispetto al numero di detenuti sofferenti di patologie svantaggiate come quella del richiedente. Infine, anche dopo l’apertura, lo sfruttamento dell’unità per handicappati restò sottoposta al collocamento a disposizione effettiva dei fondi per il reclutamento del personale specializzato e per il collocamento in funzione della piscina.
72. Nello specifico, niente prova l’esistenza di un’intenzione di umiliare o di abbassare il richiedente, ma l’articolo 3 della Convenzione può essere infranto da un’inoperosità o una mancanza di zelo da parte delle autorità pubbliche. Però la Corte stima che la detenzione di una persona svantaggiata in una determinazione dove non può spostarsi coi suoi propri mezzi come nel caso di specifico, e che è durato anche molto tempo, costituisci un trattamento degradante proibito dall’articolo 3 della Convenzione.
73. In quanto al rincarcerazione del richiedente dal 1 ottobre al 23 novembre 2010, ed al suo collocamento in un quartiere di detenzione ordinario della prigione di Parma, al disprezzo del suo handicap e delle sue condizioni generali di salute, le autorità nazionali non saprebbero passare per avere reagito in conformità con le esigenze dell’articolo 3 della Convenzione.
Del resto, questa situazione inadatta è stata sottolineata dal tribunale di applicazione delle pene di Bologna a proposito del periodo di detenzione che va dal 1 ottobre al 23 novembre 2010. Difatti, nella sua decisione del 23 novembre 2010, riferendosi al causa Scoppola c. Italia precitata, questo tribunale ha riconosciuto che questa situazione violava il diritto alla salute del richiedente e ha stimato che esporrebbe l’Italia ad una condanna per violazione dell’articolo 3 della Convenzione se il richiedente non fosse immediatamente collocato in detenzione domiciliare, mancanza di posto nell’unità per handicappati.
74. Trattandosi della presa incaricata medica con le autorità competenti, la Corte constata che, contrariamente agli argomenti del Governo, i medici della prigione hanno rilevato e hanno notato nella pratica del richiedente che era impossibile prodigargli in ambiente carcerario la rieducazione che necessitava. Hanno formulato peraltro a più riprese dei pareri sul pericolo di un deterioramento della motricità che la mancanza di rieducazione adeguata provocherebbe. Il perito commesso dal tribunale di applicazione delle pene di Bologna ha, in quanto a lui, constatato un deterioramento delle condizioni del richiedente e ha raccomandato anche il suo collocamento in un ambiente idoneo, garantendo un seguito medico appropriato.
Malgrado le raccomandazioni di porre il richiedente in una struttura esterna alla prigione, specializzata nella rieducazione ed in misura di fornire l’assistenza continua che questo necessitava, questo ultimo è restato alla prigione di Parma fino nel marzo 2008 per le ragioni che non saprebbero essere imputate all’interessato.
Questo non è difatti che con la decisione del tribunale di applicazione delle pene di Bologna del 18 marzo 2008 che il richiedente è stato ammesso a favore della detenzione domiciliare in ambiente ospedaliero per prodigargli il trattamento di rieducazione ne più dell’intervento chirurgico che necessitava.
Agli occhi della Corte, la decisione conferma sopra che la terapia della rieducazione di cui il richiedente aveva bisogno era possibile solamente fuori dalla prigione, in un luogo specializzato. Del resto, conviene sottolineare che il Governo non è stato in grado di supportare la natura e l’adeguamento della terapia di rieducazione che sarebbe stata prodigata al richiedente nel periodo controverso.
75. Peraltro, la Corte rileva che il richiedente ha sé effettuato i passi per trovare una determinazione disposta ad accoglierlo per la sua rieducazione. Per la Corte l’inadeguatezza, sistematicamente denunciata dai medici, dell’ambiente carcerario alla patologia presentata dal richiedente avrebbe dovuto condurre lo stato sia a trasferire questo ultimo in una determinazione di cure adattate per escludere ogni rischio di trattamenti disumani, o a sospendere l’esecuzione di una pena che si analizzava oramai in trattamento contrario all’articolo 3 della Convenzione.
76. Inoltre, qualunque sia gli ostacoli, sottolineati dal Governo, al buono svolgimento del programma di esami e delle consultazioni mediche che il richiedente abbia potuto sé provocare coi suoi spostamenti, la Corte stima che queste non dispensano in nessun modo lo stato della sua obblighi faccia ai detenuti malati. Da una parte, questi spostamenti sono stati autorizzati; di altra parte, anche spostato in un’altra determinazione penitenziaria, il richiedente restava detenuto e doveva essere preso da un punto di vista medico incaricati con le autorità dunque.
77. In conclusione, le cure di cui l’interessato aveva bisogno che non può essere prodigati in prigione, il suo mantenimento alla prigione di Parma malgrado il parere contrario dei medici ha raggiunto il minimo di gravità per costituire un trattamento disumano ed infrangere l’articolo 3 della Convenzione.
78. Tenuto conto degli elementi sopra e dei conclusioni alle quali è giunta (paragrafi 72) 73 e 77 sopra, la Corte stima che c’è stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione in ragione del trattamento disumano e degradante subito dal richiedente.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
79. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
80. Il richiedente richiede 200 000 euro (EUR, a titolo del danno morale che avrebbe subito,). Precisa che questa somma sarebbe stata utilizzata per pagare il suo trattamento di rieducazione.
81. Il Governo osserva che la constatazione di violazione costituirebbe in sé una soddisfazione equa sufficiente.
82. La Corte considera che c’è luogo di concedere al richiedente 10 000 EUR a titolo del danno morale.
B. Oneri e spese
83. Il richiedente che è stato ammesso a favore dell’assistenza giudiziale e ha ricevuto una somma di 850 EUR a questo titolo, domanda 4 340,30 EUR per gli oneri e spese impegnate dinnanzi alla Corte.
84. Il Governo trova eccessivi gli oneri richiesti.
85. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese che nella misura in cui si trovano stabilisco la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevoli del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto dei documenti in suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte stima ragionevole la somma di 3 000 EUR per il procedimento dinnanzi alla Corte della quale conviene di dedurre già la somma di 850 EUR versati a titolo dell’assistenza giudiziale, e l’accorda al richiedente.
C. Interessi moratori
86. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione in ragione del trattamento disumano e degradante subito dal richiedente;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, entro tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, il seguente somme:
i, 10 000 EUR, diecimila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
ii, 2 150 EUR, duemila cento cinquanta euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per oneri e spese;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 7 febbraio 2012, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Francesca Tulkens
Cancelliere Présidente
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell’ordinamento, l’esposizione dell’opinione separata dai giudici Joèienë, Berro-Lefčvre e Karakaş.
F.T.
S.H.N.

OPINIONE CONCORDANTE COMUNE AI GIUDICI JOČIENĖ, BERRO-LEFČVRE E KARAKAŞ
Siamo giunte senza esitazione ai conclusioni della camera secondo che c’è stata bene violazione dell’articolo 3 della Convenzione in ragione del trattamento disumano e degradante subito dal richiedente. Per tanto, desideriamo esprimere il nostro disaccordo sulla formulazione che figura al paragrafo 66.
Stimiamo difatti che il principio generale enunciato in questo paragrafo secondo che le cure dispensate in ambiente carcerario devono essere di un livello comparabile a quello che le autorità dello stato si sono avviate a fornire all’insieme della popolazione vai bene al di là degli obblighi positivi che la nostra giurisprudenza ha messo fino ad allora al carico degli Stati in materia di detenzione di persone malate.
La Corte ha imposto agli Stati di assicurarsi che ogni prigioniero sia buono detenuto nelle condizioni che sono compatibili col rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione della misura non sottopongono l’interessato ad un sconforto o ad una prova di un’intensità che supera il livello inevitabile di sofferenza inerente alla detenzione e che, avuto riguardo alle esigenze pratiche della detenzione, la salute ed il benessere del prigioniero sono garantiti in modo adeguata, in particolare con l’amministrazione delle cure mediche richieste, Kudła c. Polonia [GC], no 30210/96, § 94, CEDH 2000-XI. Dando prova di un certo realismo e tenendo conto della particolarità del contesto carcerario, ha considerato anche che l’articolo 3 della Convenzione non può essere interpretato come stabilendo un obbligo generale di liberare un detenuto per motivi di salute o di porlo in un ospedale civile per permettergli di ottenere un trattamento medico di un tipo particolare, Mouisel c. Francia, no 67263/01, § 40, CEDH 2002-IX. A parecchie occasioni, la Corte ha detto che l’articolo 3 della Convenzione non poteva essere interpretato come garantendo a tutto detenuto un trattamento medico dello stesso livello che nei migliori cliniche civili, Mirilachvili c. Russia, dec.), no 6293/04, 10 luglio 2007; Grichine c. Russia, no 30983/02, § 76, 15 novembre 2007.
In realtà, conviene conservare una certa flessibilità nella valutazione del livello di cure richiesi. Questo livello deve evidentemente essere compatibile con la dignità umana del detenuto, ma deve prendere anche in conto le esigenze pratiche della detenzione. Del resto, siccome è detto al paragrafo 67, le condizioni di detenzione di una persona malata devono garantire la protezione della salute del prigioniero, avuto riguardo alle contingenze ordinarie e ragionevoli della detenzione. Erigere in principio generale un livello di cure in detenzione comparabile a quello fornito fuori detenzione spetta puramente e semplicemente ad ignorare queste contingenze.

Testo Tradotto

Conclusion Violation de l’art. 3 (volet matériel) ; Préjudice moral – réparation
DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE CARA-DAMIANI c. ITALIE
(Requête no 2447/05)
ARRÊT
STRASBOURG
7 février 2012
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Cara-Damiani c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
Isabelle Berro-Lefèvre,
András Sajó,
Işıl Karakaş,
Guido Raimondi, juges,
et de Stanley Naismith, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 17 janvier 2012,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 2447/05) dirigée contre la République italienne et dont un ressortissant de cet Etat, OMISSIS (« le requérant »), a saisi la Cour le 13 décembre 2004 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant, qui a été admis au bénéfice de l’assistance judiciaire, est représenté par OMISSIS, avocat à Bologne. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, Mme E. Spatafora, et son ancien co-agent adjoint, M. N. Lettieri.
3. Le requérant allègue que, compte tenu de son état de santé, sa détention à la prison de Parme constitue une violation de l’article 3 de la Convention.
4. Le 27 juin 2007, le président de la deuxième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 1 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Le requérant est né en 1946 et réside à Fontanellato (Parme). Condamné à une peine d’emprisonnement devant se terminer en novembre 2016, le requérant est incarcéré depuis 1992.
6. La Cour a déjà eu l’occasion de se prononcer sur la situation du requérant, pour ce qui est de la période 1994-2000 (Cara-Damiani c. Italie (déc.), no 35995/97, 28 mars 2000). Il ressort de cette décision que, déjà en 1997, le requérant pouvait se déplacer uniquement en fauteuil roulant, qu’il ne pouvait rester debout que s’il était aidé par des tierces personnes et qu’il était atteint d’une discopathie dégénérative.
7. La présente requête ayant été introduite le 13 décembre 2004, la Cour prendra en compte la situation du requérant à compter de juin 2004.
A. La détention du requérant jusqu’en décembre 2005
8. En juillet 2003, le requérant fut transféré à la prison de Parme en provenance d’un autre établissement pénitentiaire, au motif que cette prison avait un centre médical d’excellence et s’était doté d’une unité pour handicapés. Le requérant fut toutefois placé dans un quartier de détention « ordinaire » de la prison.
9. Il ressort du dossier médical établi par les médecins de la prison de Parme que le requérant présentait les symptômes d’une para-parésie flacide (paraparesi flaccida) aux jambes, à savoir d’une paralysie légère de la moitié inférieure du corps, avec déficit incomplet de la force musculaire des deux membres inférieurs.
10. Le personnel médical de la prison signala à plusieurs reprises à l’administration pénitentiaire que l’intéressé était logé dans un quartier de la prison inadapté à son état. En effet, les toilettes n’étaient pas aménagées et le requérant ne pouvait pas y accéder en raison d’obstacles architecturaux insurmontables ; il manquait les équipements et les locaux permettant la rééducation dont le requérant avait besoin ; il n’y avait pas d’espaces où l’intéressé pouvait circuler avec le déambulateur (girello) ; en outre, le requérant ne pouvait pas se rendre fréquemment dans le couloir car il était soumis au régime de haute surveillance. Le centre clinique de la prison ne convenait pas non plus. Le personnel médical de la prison pouvait seulement assurer un minimum de kinésithérapie et de thérapie physique. Cette dernière avait malheureusement été supprimée courant 2004. En juin 2004, le secteur pour la thérapie physique avait été fermé et, depuis, il était impossible d’effectuer ce type de traitement. Un fauteuil roulant avait été demandé par le médecin.
11. Un neurologue examina le requérant le 18 novembre 2004 et, grâce à une résonance magnétique (IRM) de la région lombaire, il constata que celui-ci avait été opéré dans les années 1980 d’une hernie discale, et que celle-ci récidivait. Ayant pris note de la para-parésie apparente, le neurologue ordonna un examen complémentaire, soit une IRM de la zone dorsale et cervicale, car les examens effectués jusque là ne lui permettaient pas de trouver la cause de la para-parésie et d’établir un diagnostic.
Un mois plus tard, le neurologue revit le requérant et confirma la nécessité de procéder à une IRM de la zone dorsale et cervicale.
Cet examen fut programmé pour le 22 mars 2005. Toutefois il ne fut pas effectué, car, ce jour-là, le requérant était en déplacement dans un autre établissement pénitentiaire.
12. Dans son rapport du 13 octobre 2005, le médecin de la prison de Parme nota que le requérant avait été transféré à plusieurs reprises dans une autre prison en raison de ses études universitaires. Ces nombreux déplacements entravaient le bon déroulement du programme d’examens et consultations médicaux. En fait, depuis son arrivée à Parme le 22 juillet 2003, le requérant avait été en déplacement pendant les périodes suivantes : du 5 septembre 2003 au 10 mars 2004 ; du 27 mars au 3 avril 2004 ; du 2 au 29 juillet 2004 ; du 15 au 25 septembre 2004 ; puis du 15 au 26 mars 2005 ; du 13 avril à début mai 2005 ; du 26 juin au 18 juillet 2005 ; du 2 au 9 septembre 2005. Enfin, le 7 octobre 2005 il avait encore été transféré.
S’agissant de l’IRM ordonné par le neurologue, la série d’absences continues avait rendu impossible cet examen. En tout état de cause, le médecin de la prison de Parme avait – le 21 septembre 2005 – réitéré la demande d’examen étant donné qu’un nouveau rendez-vous n’avait pas encore été fixé.
13. Par ailleurs, le 27 janvier 2005, le médecin de la prison de Parme avait demandé le placement du requérant à l’hôpital, dans le service de rééducation (medicina riabilitativa). Le spécialiste de ce service de l’hôpital (fisiatra) avait exprimé le souhait, avant d’hospitaliser l’intéressé, de l’examiner pour pouvoir évaluer le moment et la durée de l’hospitalisation et le type de thérapie à administrer. De ce fait la demande d’hospitalisation avait été transformée en demande de consultation avec le spécialiste, qui fut faite le 31 mars 2005.
Toutefois, en raison des absences du requérant, cette consultation n’avait toujours pas eu lieu le 13 octobre 2005. Le médecin l’avait en tout cas relancée le 21 septembre 2005 et il indiquait son espoir que le requérant serait à Parme lorsque le rendez-vous serait accordé.
14. Dans l’attente du placement dans un lieu approprié, les médecins qui suivaient le requérant en prison pouvaient faire des massages et de la kinésithérapie, mais cela n’était pas suffisant, et lui fournir un déambulatoire (girello).
15. Parallèlement, le dossier médical du requérant avait été envoyé à la prison de Messine et à la prison de Poggioreale (Naples), afin de savoir si, dans ces établissements, il aurait pu recevoir un traitement médical adéquat. La prison de Messine n’avait fourni aucune réponse. La prison de Naples avait précisé en février 2005 que les soins que le requérant nécessitait ne pouvaient pas y être dispensés.
16. En avril 2005, la prison de Parme inaugura l’unité pour handicapés (sezione paraplegici). Faute de place, le requérant n’y fut cependant pas affecté dans un premier temps. Les médecins notèrent dans le dossier du requérant que, malgré l’ouverture de cette unité, rien n’avait changé pour l’intéressé : il restait dans un quartier ordinaire, où il était impossible de lui dispenser le traitement de rééducation neuromotrice nécessaire. Cette rééducation n’était possible que dans des centres spécialisés auprès desquels il fallait absolument transférer le requérant sous peine d’une aggravation de ses conditions de mobilité, ce qu’il fallait absolument éviter. Les médecins estimaient que les conditions de santé du requérant n’étaient pas compatibles avec sa détention à Parme et, probablement, avec la détention tout court, à moins que le ministère compétent ne trouve un établissement pénitentiaire équipé d’un centre clinique adapté. En conclusion, les médecins de la prison de Parme recommandaient de soumettre le requérant à un traitement de réhabilitation de haut niveau, qui pouvait être dispensé uniquement dans un centre spécialisé où le requérant devait être transféré. A défaut, la motricité du requérant subirait une détérioration.
17. Il ressort du dossier que la prison de Parme attendait que les autorités compétentes réservent des fonds pour pouvoir recruter du personnel sanitaire. En particulier, il fallait passer un accord avec un médecin spécialiste en physiatrie et recruter deux physiothérapeutes dont un pour l’hydrothérapie, vu l’ouverture imminente de la piscine pour l’hydrokinésithérapie. En outre, il fallait acheter des instruments d’orthopédie et pour la rééducation.
18. Par ailleurs, à une date non précisée, le requérant demanda le report de sa peine. Par une décision du 8 février 2005, le tribunal d’application des peines de Bologne rejeta la demande, au motif que le requérant n’était pas totalement empêché de marcher et que les soins dispensés à la prison de Parme étaient adaptés. Quant aux obstacles architecturaux, le tribunal estima que ceux-ci ne rendaient pas la situation du requérant incompatible avec la détention ; en outre, la prison de Parme s’était doté d’une unité pour handicapés, qui n’avait pas été ouverte rapidement uniquement par manque de budget.
19. Le 24 aout 2005, le requérant fut hospitalisé d’urgence en raison d’un infarctus et il fut opéré d’angioplastie coronarienne avec installation d’un « stent ».
20. Le 26 août 2005, il fut de retour à la prison de Parme, dans son quartier d’origine.
21. Le rapport médical du 13 octobre 2005 se terminait par la conclusion que le quartier de la prison de Parme où le requérant avait été placé depuis son arrivée n’était pas apte à son handicap à cause des obstacles architecturaux insurmontables. En outre il y avait l’impossibilité de garantir les services et infrastructures nécessaires pour sa pathologie et l’impossibilité d’effectuer la thérapie adaptée. Le requérant devait absolument être placé dans un centre médical spécialisé pour la thérapie physique et la physio-kinésithérapie sous peine de détérioration de ses conditions.
B. La détention du requérant entre décembre 2005 et mars 2008
22. En décembre 2005, le requérant fut transféré à l’unité pour détenus handicapés.
23. Le 9 janvier 2006, il demanda au juge d’application des peines de Reggio Emilia le report de l’exécution de sa peine, en raison de son état de santé et de l’absence de soins adéquats.
24. A une date non précisée, le requérant demanda au tribunal d’application des peines de Bologne la suspension de sa peine afin de pouvoir se soumettre aux thérapies appropriées ; subsidiairement il demanda à pouvoir bénéficier de la détention à domicile dans un hôpital ou dans un établissement pouvant lui garantir une assistance médicale adaptée. A l’appui de sa demande, le requérant alléguait que son état de santé, déjà incompatible avec la détention depuis longtemps, s’était aggravé.
25. Le 26 janvier 2006, le juge d’application des peines prit acte de la demande que le requérant avait déposée devant le tribunal d’application des peines. Estimant qu’il n’y avait aucune urgence et qu’il n’y avait pas de raison faisant craindre que le maintien en détention jusqu’à la décision définitive du tribunal provoquerait un préjudice à la santé de celui-ci, le juge rejeta la demande de remise en liberté et transmit le dossier au tribunal d’application des peines de Bologne.
26. En avril 2006, le tribunal d’application des peines de Bologne ordonna une expertise. L’expert fut chargé d’évaluer l’état de santé du requérant et de dire si celui-ci recevait des soins appropriés en prison, s’il devait être placé ailleurs et s’il y avait incompatibilité avec la détention.
27. Après avoir examiné le requérant le 5 juillet 2006, l’expert déposa un rapport en date du 18 août 2006 duquel il ressort les éléments suivants. Le requérant se déplaçait en fauteuil roulant. Il présentait une détérioration de son appareil circulatoire au niveau des jambes et des dyschromies aux pieds dues à la stase. Les neurologues avaient conseillé une rééducation à la marche à l’aide du déambulatoire. Il devait être opéré au rectum en raison d’un gros polype. Ses conditions de santé étaient mauvaises, en raison des différentes pathologies qui étaient graves, bien documentées et tendaient à empirer. Le requérant nécessitait un suivi médical régulier incluant des échographies, des examens de laboratoires et d’autres examens (esami strumentali) fréquents, de sorte que l’environnement idéal pour lui était un centre médicalisé ou en tout cas idoine. Le danger le plus grave pour sa santé venait du gros polype au rectum qui n’avait pas encore été opéré et qu’il fallait ôter le plus rapidement possible. A l’occasion de son hospitalisation pour cette intervention, l’expert recommandait d’effectuer l’IRM cervicale et dorsale ou un scanner des mêmes zones qui avait été préconisée par des spécialistes, car les symptômes aux jambes (para-parésie) demeuraient inexpliqués. En conclusion, il y avait incompatibilité entre l’état de santé du requérant et la détention, car l’intervention imminente au rectum était nécessaire. Pour juger de la compatibilité avec la détention de la période postérieure à l’intervention, il serait nécessaire d’évaluer à ce moment-là l’état de santé du requérant sur la base des nouvelles connaissances de l’état neurologique du secteur cervical-dorsal. Le cas échéant, l’intéressé pourrait être réincarcéré.
28. Le 5 décembre 2006, le requérant subit une intervention au rectum (resezione del retto). Il ne ressort pas du dossier la date à laquelle le requérant retourna à la prison de Parme, ni la date à laquelle l’IRM fut effectuée.
29. Le tribunal d’application des peines de Bologne décida de reporter sa décision sur l’incompatibilité pour permettre au requérant de mettre en place un programme de rééducation dans un établissement extérieur à la prison.
30. Le requérant et son avocat se mirent à la recherche d’une structure adaptée. Le 19 mars 2007, l’avocat du requérant informa celui-ci que le centre de rééducation de Villanova sull’Arda s’était déclaré prêt à accueillir le requérant après une consultation permettant d’évaluer la condition de ce dernier. Une consultation avait été fixée au 20 mars 2007. Toutefois, la Direction de la prison de Parme n’avait pas encore autorisé la sortie de l’intéressé pour cette occasion.
En avril 2007, le requérant fut examiné par un médecin du centre de rééducation de Villanova sull’Arda, qui établit un programme de rééducation. Il précisa qu’il s’agissait d’une tentative pour vérifier les possibilités d’un retour à la déambulation. Il recommanda une nouvelle consultation après un mois pour faire un bilan. Le 6 décembre 2007, le tribunal ajourna l’audience pour permettre la finalisation du programme de rééducation.
31. Le 18 mars 2008, le tribunal d’application des peines de Bologne rendit sa décision. Se fondant sur l’expertise d’office et sur les documents recueillis au cours de la procédure, le tribunal prit note de ce que le requérant devait être réopéré à l’abdomen. En outre, l’avocat du requérant avait, en cours de procédure, trouvé une possibilité thérapeutique à la Casa di riabilitazione spinale di Villanova sull’Arda. Les carabiniers avaient de leur côté jugé la clinique comme étant apte à être surveillée. Par conséquent, il était possible de placer le requérant en détention domiciliaire en milieu hospitalier pour une période de six mois, lui permettant de subir d’abord l’intervention chirurgicale et d’effectuer la rééducation par la suite.
C. La période postérieure à mars 2008
32. Suite à la décision du tribunal d’application des peines de Bologne du 18 mars 2008, le requérant sortit de prison et fut placé en détention domiciliaire.
33. Le 12 juin 2008, le requérant subit une nouvelle intervention chirurgicale aux intestins.
34. Le tribunal d’application des peines de Bologne prorogea de trois mois l’assignation à domicile par une décision du 11 septembre 2008, compte tenu de l’état général de santé du requérant, défini précaire, car il souffrait de para-parésie et de cardiopathie (ischémie chronique). Cette période supplémentaire de trois mois lui permettrait de mieux récupérer de son intervention. Le tribunal n’accorda pas la suspension de la peine estimant que le requérant pouvait commettre à nouveau des infractions.
35. Par des décisions ultérieures, la détention domiciliaire du requérant fut prorogée jusqu’en 2010.
36. Par une décision du 21 janvier 2010, le tribunal d’application des peines de Bologne prorogea la détention à domicile jusqu’au 30 juin 2010 compte tenu du dossier médical du requérant, duquel il ressortait qu’en plus de la para-parésie nécessitant une assistance constante et des mesures de rééducation continues, le requérant devait être encore opéré à bref délai.
37. Le 25 juin 2010, le requérant fut opéré à l’abdomen (laparo-plastica).
38. Par une décision du 29 juin 2010, compte tenu de la physiothérapie déjà programmée, et vu la période d’été, le tribunal d’application des peines de Bologne estima qu’il y avait incompatibilité avec la détention. Il prorogea de trois mois, soit jusqu’au 30 septembre 2010, la détention à domicile du requérant.
39. Le 9 juillet 2010, le requérant dût être réopéré pour l’incision d’un hématome qui s’était formé dans l’abdomen.
40. Suite à cette dernière intervention, le personnel médical de l’hôpital de Fidenza effectua un bilan de santé et nota, dans un rapport du 19 juillet 2010, que l’état de santé du requérant était moyen. Il nécessitait un suivi médical constant pour éviter une infection majeure. La cicatrisation serait graduelle. Une fois guéri, le patient devait reprendre la rééducation en piscine qui avait été suspendue en raison de douleurs intestinales. Cette nouvelle intervention s’inscrivait négativement dans un contexte déjà fortement impacté par les autres maladies, et avait des répercussions sur l’état psychique du malade. Le requérant nécessitait pour le futur un suivi médical très attentif et continu ainsi qu’une assistance, que les limitations imposées par la vie en prison rendraient difficiles. Ensuite le requérant était en attente d’une intervention chirurgicale orthopédique pour décompresser le nerf ulnaire gauche. En outre il fallait sauvegarder le bien-être psychique de l’intéressé en lui permettant de vivre à domicile avec des personnes pouvant lui garantir l’assistance et l’affection qu’il nécessitait.
D. Le retour en prison du requérant
41. Par une décision du 21 septembre 2010, le tribunal d’application des peines de Bologne rejeta la demande de prolongation de la détention à domicile, estimant qu’il était possible pour le requérant d’effectuer les thérapies hors prison tout en restant incarcéré à Parme.
42. Le requérant retourna à la prison de Parme le 1er octobre 2010 et fut placé dans une section ordinaire. Le même jour il fut examiné par un médecin, qui consigna dans un rapport les informations suivantes. Le requérant, atteint de para-parésie aux jambes et de cardiopathie, avait manifesté en outre des symptômes de claustrophobie et nécessitait une consultation psychiatrique. Placé en cellule surveillée, il devait disposer sine die d’un fauteuil avec coussin anti-escarres, d’un tuteur orthopédique (tutore) et de bâtons (stampelle). Il devait utiliser l’ascenseur pour se déplacer dans le bâtiment.
43. Le 6 octobre 2010, le requérant déposa une demande de report de peine ou de mise en détention à domicile. Il arguait que son état de santé était incompatible avec sa détention. En premier lieu, il contestait son placement dans une section ordinaire de la prison. En deuxième lieu, vu les deux années et demies passées en détention à domicile sans aucun problème avec la justice, son retour en prison en régime de haute sécurité était injustifié.
44. Par une décision du 23 novembre 2010, le tribunal d’application des peines de Bologne accorda la détention à domicile pour huit mois. Il estima que l’état de santé du requérant était incompatible avec son placement dans une section ordinaire de la prison et observa qu’il n’y avait pas de place dans l’unité pour handicapés. Selon les médecins de la prison, la présence de barrières insurmontables, d’une part, assortie, d’autre part, de l’impossibilité d’avoir une rééducation adéquate, rendaient la détention incompatible avec l’état de santé du requérant. Face à l’impossibilité de la part de l’administration pénitentiaire de garantir une prise en charge adéquate du requérant – soit son placement à un endroit sans barrières et la possibilité pour lui de recevoir les thérapies adéquates – le tribunal estima qu’il y avait là une manifeste violation du droit à la santé du requérant et que le maintien de l’intéressé dans une telle situation exposerait l’Etat à une condamnation de la part de la Cour, comme cela avait été le cas dans l’affaire Scoppola c. Italie (no 50550/06, 10 juin 2008).
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
45. La suspension de l’exécution de la peine est prévue par l’article 147 § 1 no 2) du code pénal, aux termes duquel :
« L’exécution d’une peine peut être suspendue : (…)
2) si une peine privative de liberté doit être exécutée à l’encontre d’une personne se trouvant en condition d’infirmité physique grave (…). »
46. Aux termes de l’article 678 du code de procédure pénale, la décision de suspendre l’exécution de la peine peut être adoptée même d’office par le tribunal d’application des peines.
III. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNATIONAUX PERTINENTS
47. Rapport au gouvernement de l’Italie relatif à la visite en Italie du Comité européen pour la prévention de la torture et des peines ou traitements inhumains ou dégradants (CPT) du 21 novembre au
3 décembre 2004 ;
L’établissement pénitentiaire de Parme a été visité par le CPT. Le paragraphe 100 du rapport se lit ainsi :
« D’emblée, le CPT se doit de souligner que sa délégation a observé des carences alarmantes dans le domaine de la santé pénitentiaire, qui étaient, dans une large mesure, la conséquence directe de restrictions budgétaires sévères. En effet, le budget des services de santé dans les prisons avait été récemment réduit de plus de 30% alors que la population carcérale avait continué de croître. De manière générale, il semblait y avoir un écart significatif entre le niveau des soins de santé proposés aux détenus et ceux dont bénéficiait la population en milieu libre. Cette impression était pleinement partagée par plusieurs médecins pénitentiaires rencontrés par la délégation. De plus, la délégation a été informée que la date de la réouverture de l’unité pour détenus handicapés à la prison de Parme était incertaine, car les fonds nécessaires pour terminer les travaux de rénovation déjà commencés n’avaient pas été réservés. Par conséquent, ces détenus se trouvaient dans des locaux ordinaires, une situation en soi totalement insatisfaisante ».
48. Troisième rapport général d’activités du CPT couvrant la période du 1er janvier au 31 décembre 1992 (chapitre III – services de santé dans les prisons) :
« iv) incapacité à la détention
Des exemples typiques sont ceux de détenus qui présentent un pronostic fatal à court terme, ceux qui souffrent d’une affection grave dont le traitement ne peut être conduit correctement dans les conditions de la détention, ainsi que ceux qui sont sévèrement handicapés ou d’un grand âge. La détention continue de telles personnes en milieu pénitentiaire peut créer une situation humainement intolérable. Dans des cas de ce genre, il appartient au médecin pénitentiaire d’établir un rapport à l’intention de l’autorité compétente, afin que les dispositions qui s’imposent soient prises. »
49. Recommandation no R (98) 7 adoptée par le Comité des Ministres du Conseil de l’Europe le 8 avril 1998 relative aux aspects éthiques et organisationnels des soins de santé en milieu pénitentiaire :
« C. Personnes inaptes à la détention continue : handicap physique grave, grand âge, pronostic fatal à court terme
50. Les détenus souffrant de handicaps physiques graves et ceux qui sont très âgés devraient pouvoir mener une vie aussi normale que possible et ne pas être séparés du reste de la population carcérale. Les modifications structurelles nécessaires devraient être entreprises dans les locaux pour faciliter les déplacements et les activités des personnes en fauteuil roulant et des autres handicapés, comme cela se pratique à l’extérieur de la prison.
51. La décision quant au moment opportun de transférer dans des unités de soins extérieures les malades dont l’état indique une issue fatale prochaine devrait être fondée sur des critères médicaux. En attendant de quitter l’établissement pénitentiaire, ces personnes devraient recevoir pendant la phase terminale de leur maladie des soins optimaux dans le service sanitaire. Dans de tels cas, des périodes d’hospitalisation temporaire hors du cadre pénitentiaire devraient être prévues. La possibilité d’accorder la grâce ou une libération anticipée pour des raisons médicales devrait être examinée. »
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 3 DE LA CONVENTION
50. Le requérant se plaint d’avoir subi un traitement contraire à l’article 3 de la Convention, du fait de son maintien en détention, en dépit de sa condition préoccupante. La disposition invoquée par le requérant est ainsi libellé :
« Nul ne peut être soumis à la torture ni à des peines ou traitements inhumains ou dégradants. »
51. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Sur la recevabilité
52. Le Gouvernement considère que le requérant n’a pas épuisé les voies de recours internes car une procédure tendant à obtenir son placement en détention à domicile était pendante devant le tribunal d’application des peines de Bologne.
53. Le requérant s’oppose à la thèse du Gouvernement et observe que ladite procédure a abouti à la décision du 18 mars 2008 du tribunal d’application des peines de Bologne.
54. La Cour constate que la procédure nationale évoquée par le Gouvernement s’est terminée par la décision du 18 mars 2008 et considère qu’il y a lieu de rejeter l’exception. Elle estime ensuite que la requête n’est pas manifestement mal fondée au sens de l’article 35 § 3 (a) de la Convention et relève par ailleurs qu’elle ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de la déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Arguments des parties
55. Le requérant observe que depuis son arrivée à la prison de Parme en juillet 2003 et jusqu’en décembre 2005, il a été hébergé dans un quartier ordinaire de l’établissement, qui n’était pas compatible avec son handicap en raison d’obstacles architecturaux insurmontables. Il soutient que l’impossibilité de se déplacer par ses propres moyens et, en particulier, d’aller aux toilettes tout seul, est un traitement dégradant.
56. En outre, pendant toute la durée de sa détention à Parme, soit même après son placement dans l’unité pour handicapés en décembre 2005, le requérant n’a pu bénéficier des thérapies appropriées pour sa para-parésie, qui est une maladie de nature dégénérative, car la prison de Parme n’était pas équipée pour les dispenser. Ceci est confirmé par le fait qu’en 2008 le tribunal d’application des peines a enfin accordé qu’il soit placé dans une clinique spécialisée dans la rééducation.
Le requérant argüe que le manque de rééducation pendant des années a entraîné une détérioration progressive de sa motricité. Il souligne que les autorités ont décidé de le garder en prison, sans possibilité de rééducation, malgré l’avis contraire des médecins et en dépit de l’aggravation de son état.
57. Enfin, le requérant observe que son retour en prison en 2010, dans une section ordinaire non adaptée à son handicap, compte tenu de la gravité de son état de santé, est incompréhensible. Il souligne que même pour le tribunal d’application des peines de Bologne, cette situation était inacceptable.
58. En conclusion, le requérant estime avoir été victime d’un traitement contraire à l’article 3 de la Convention.
59. Le Gouvernement souligne que le requérant ne souffre pas de paraplégie mais de para-parésie, à savoir d’une réduction de la mobilité des jambes moins invalidante par rapport à la paraplégie. Cette situation serait la conséquence d’une hernie discale, remontant à un moment antérieur à son placement en détention. En outre, l’état de santé du requérant n’a pas été un obstacle pour la commission des infractions. L’état de santé du détenu n’est pas très grave et les modalités d’exécution de la peine ne l’ont pas soumis à une détresse ou à une épreuve d’une intensité qui excède le niveau inévitable de souffrance inhérent à la détention.
60. Etant donné la complexité de l’état clinique du requérant, celui-ci a nécessité un traitement individualisé qui a pu être assuré dans un centre très organisé, comme c’est le cas de la prison de Parme. Tout le nécessaire a été fait. Eu égard aux exigences pratiques de l’emprisonnement, la protection de la santé et le bien-être du prisonnier ont été assurés de manière adéquate, vu notamment l’existence d’une unité pour handicapés à Parme qui est équipée d’une piscine et du personnel spécialisé. Pendant la période passée dans l’unité pour handicapés, le requérant a été régulièrement suivi par le personnel médical et par des médecins spécialistes, a bénéficié de physiothérapie, a consulté des spécialistes des hôpitaux et a été hospitalisé lorsque nécessaire conformément à la loi pénitentiaire. Le suivi médical du requérant a cependant subi des entraves imputables aux déplacements que celui-ci a sollicités pour ses études. Ces déplacements confirment l’absence de gravité de l’état de santé de l’intéressé.
61. Vu qu’il n’est pas autonome dans la marche, le requérant a bénéficié de l’aide d’un planton, de bâtons et d’un fauteuil roulant. Tout en reconnaissant que le requérant a connu des difficultés (disagio), le Gouvernement observe qu’il n’a pas été entravé dans ses relations sociales et qu’il a bénéficié d’un système de vidéoconférence pour ses études universitaires.
62. En tout état de cause, aucun avis concluant à l’incompatibilité de l’état de santé du requérant avec la détention n’a jamais été formulé par un expert commis d’office, ni d’ailleurs pas un médecin. Tous les médecins qui ont estimé que le requérant pouvait vivre dans un établissement pénitentiaire bien équipé, et accéder aux soins à l’extérieur.
63. Le Gouvernement observe enfin qu’il n’a jamais été question de remettre en liberté le requérant, ce dernier n’étant pas en âge très avancé et n’ayant pas commis les infractions à une époque lointaine.
64. En conclusion, le Gouvernement demande à la Cour de rejeter la requête car le traitement imposé au requérant n’atteint pas le minimum de gravité pour tomber sous le coup de l’article 3 de la Convention.
2. Appréciation de la Cour
(a) Principes généraux
65. La Cour rappelle que, pour tomber sous le coup de l’article 3, un mauvais traitement doit atteindre un minimum de gravité. L’appréciation de ce minimum est relative ; elle dépend de l’ensemble des données de la cause, notamment de la durée du traitement et de ses effets physiques ou mentaux ainsi que, parfois, du sexe, de l’âge et de l’état de santé d’un requérant (voir, entre autres, Price c. Royaume-Uni, no 33394/96, § 24, CEDH 2001-VII, Mouisel c. France, no 67263/01, § 37, CEDH 2002-IX). Pour qu’une peine et le traitement dont elle s’accompagne puissent être qualifiés d’« inhumains » ou de « dégradants », la souffrance ou l’humiliation doivent en tout cas aller au-delà de celles que comporte inévitablement une forme donnée de traitement ou de peines légitimes (Jalloh c. Allemagne [GC], no 54810/00, § 68, CEDH 2006-IX).
66. S’agissant en particulier de personnes privées de liberté, l’article 3 impose à l’Etat l’obligation positive de s’assurer que tout prisonnier est détenu dans des conditions compatibles avec le respect de la dignité humaine, que les modalités d’exécution de la mesure ne soumettent pas l’intéressé à une détresse ou une épreuve d’une intensité qui excède le niveau inévitable de souffrance inhérent à la détention et que, eu égard aux exigences pratiques de l’emprisonnement, la santé et le bien-être du prisonnier sont assurés de manière adéquate, notamment par l’administration des soins médicaux requis (Kudła c. Pologne [GC], no 30210/96, § 94, CEDH 2000-XI ; Rivière c. France, no 33834/03, § 62, 11 juillet 2006). Ces soins dispensés en milieu carcéral doivent être appropriés, c’est-à-dire d’un niveau comparable à celui que les autorités de l’Etat se sont engagées à fournir à l’ensemble de la population. Toutefois cela n’implique pas que soit garanti à tout détenu le même niveau de soins médicaux que celui des meilleurs établissements de santé extérieurs au milieu carcéral (Mirilashivili c. Russie (déc.), no 6293/04, 10 juillet 2007). Par ailleurs, s’agissant de fournir les soins médicaux appropriés, il faut avoir égard aux exigences pratiques de l’emprisonnement (Alexanian c. Russie, no 46468/06, § 140, 22 décembre 2008). Le manque de soins médicaux appropriés, et, plus généralement, la détention d’une personne malade dans des conditions inadéquates, peut en principe constituer un traitement contraire à l’article 3 (İlhan c. Turquie [GC], no 22277/93, § 87, CEDH 2000-VII). Qui plus est, outre la santé du prisonnier, c’est son bien-être qui doit être assuré d’une manière adéquate (Mouisel précité, § 40).
67. Les conditions de détention d’une personne malade doivent garantir la protection de la santé du prisonnier, eu égard aux contingences ordinaires et raisonnables de l’emprisonnement. Si l’on ne peut en déduire une obligation générale de remettre en liberté ou bien de transférer dans un hôpital civil un détenu, même si ce dernier souffre d’une maladie particulièrement difficile à soigner (Mouisel précité, § 40), l’article 3 de la Convention impose en tout cas à l’Etat de protéger l’intégrité physique des personnes privées de liberté. La Cour ne saurait exclure que, dans des conditions particulièrement graves, l’on puisse se trouver en présence de situations où une bonne administration de la justice pénale exige que des mesures de nature humanitaire soient prises pour y parer (Matencio c. France, no 58749/00, § 76, 15 janvier 2004 ; Sakkopoulos c. Grèce, no 61828/00, § 38, 15 janvier 2004). Dans une affaire donnée, la détention d’une personne atteinte d’une pathologie engageant le pronostic vital ou dont l’état est durablement incompatible avec la vie carcérale peut poser des problèmes sous l’angle de l’article 3 de la Convention (Tekin Yıldız c. Turquie, no 22913/04, § 72, 10 novembre 2005).
En appliquant les principes susmentionnés, la Cour a déjà conclu que le maintien en détention pour une période prolongée d’une personne d’un âge avancé, et de surcroît malade, peut entrer dans le champ de protection de l’article 3 (Papon c. France (no 1) (déc.), no 64666/01, CEDH 2001-VI, Sawoniuk c. Royaume-Uni (déc.), no 63716/00, CEDH 2001-VI, et Priebke c. Italie (déc.), no 48799/99, 5 avril 2001). De plus, la Cour a jugé que maintenir en détention une personne tétraplégique ou en tout cas gravement handicapée, dans des conditions inadaptées à son état de santé, était constitutif d’un traitement dégradant (Price précité, § 30 ; Vincent c. France, no 6253/03, § 103, 24 octobre 2006 ; Hüseyin Yıldırım c. Turquie, no 2778/02, § 83, 3 mai 2007).
68. Cela étant, la Cour rappelle que dans l’affaire Sakkopoulos c. Grèce précitée elle a tenu compte de trois éléments pour examiner la compatibilité d’un état de santé préoccupant avec le maintien en détention du requérant : (a) la condition du détenu, (b) la qualité des soins dispensés et (c) l’opportunité de maintenir la détention au vu de l’état de santé du requérant. La Cour estime que ces critères sont également pertinents dans la présente affaire.
(b) Application de ces principes au cas d’espèce
69. Dans la présente affaire se posent la question de la compatibilité de l’état de santé du requérant avec son maintien en détention et celle de savoir si cette situation atteint un niveau suffisant de gravité pour entrer dans le champ d’application de l’article 3 de la Convention.
70. Agé de 58 ans au moment de l’introduction de la requête, souffrant de pathologies cardiaques, et opéré à plusieurs reprises à l’abdomen, le requérant n’a plus marché depuis au moins 1997 et il ne se déplaçait qu’en fauteuil roulant. Cette situation semble être en rapport avec l’hernie discale récidivante et dégénérative qui a été constatée à cette époque-là, soit lorsque le requérant était détenu dans un autre établissement pénitentiaire.
Arrivé à la prison de Parme, il fut placé dans un quartier de détention dans lequel des obstacles architecturaux rendaient ses déplacements très difficiles. Le mobilier et les sanitaires n’étant pas aménagés, le requérant ne pouvait se rendre aux toilettes tout seul et devait se faire aider par un planton. En outre, les espaces ne lui permettaient pas de se déplacer avec le déambulateur qui lui avait été fourni. Par ailleurs, même après que le requérant eut été équipé d’un fauteuil roulant, la circulation dans les espaces non aménagés restait difficile. Enfin, les sorties dans le couloir – espace où les déplacements étaient plus faciles – lui étaient limitées en raison du régime de haute surveillance auquel il était soumis. En décembre 2005, le requérant fut placé dans l’unité pour handicapés de la prison de Parme, dans laquelle les espaces sont aménagés en fonction des besoins de cette catégorie de détenus.
71. La Cour salue la décision des autorités italiennes de mettre sur pied à la prison de Parme, déjà équipée d’un centre clinique, une unité pour handicapés. Toutefois, il ressort du dossier que l’ouverture de l’unité pour handicapés fut retardée en raison d’importantes coupures budgétaires. En outre, il apparaît que le nombre de places prévues dans cette unité spécialisée est insuffisant par rapport au nombre de détenus souffrants de pathologies handicapantes comme celle du requérant. Enfin, même après l’ouverture, l’exploitation de l’unité pour handicapés resta soumise à la mise à disposition effective des fonds pour le recrutement du personnel spécialisé et pour la mise en fonction de la piscine.
72. En l’espèce, rien ne prouve l’existence d’une intention d’humilier ou de rabaisser le requérant, mais l’article 3 de la Convention peut être enfreint par une inaction ou un manque de diligence de la part des autorités publiques. Cependant la Cour estime que la détention d’une personne handicapée dans un établissement où elle ne peut se déplacer par ses propres moyens, comme dans le cas d’espèce, et qui a duré aussi longtemps, constitue un traitement dégradant prohibé par l’article 3 de la Convention.
73. Quant à la réincarcération du requérant du 1er octobre au 23 novembre 2010, et à son placement dans un quartier de détention ordinaire de la prison de Parme, au mépris de son handicap et de ses conditions générales de santé, les autorités nationales ne sauraient passer pour avoir réagi en conformité avec les exigences de l’article 3 de la Convention.
D’ailleurs, cette situation inadaptée a été soulignée par le tribunal d’application des peines de Bologne à propos de la période de détention allant du 1er octobre au 23 novembre 2010. En effet, dans sa décision du 23 novembre 2010, se référant à l’affaire Scoppola c. Italie précité, ce tribunal a reconnu que cette situation violait le droit à la santé du requérant et a estimé qu’elle exposerait l’Italie à une condamnation pour violation de l’article 3 de la Convention si le requérant n’était pas immédiatement placé en détention domiciliaire, faute de place dans l’unité pour handicapés.
74. S’agissant de la prise en charge médicale par les autorités compétentes, la Cour constate que, contrairement aux arguments du Gouvernement, les médecins de la prison ont relevé et noté dans le dossier du requérant qu’il était impossible de lui prodiguer en milieu carcéral la rééducation qu’il nécessitait. Ils ont par ailleurs formulé à plusieurs reprises des avis sur le danger d’une détérioration de la motricité que le manque de rééducation appropriée entraînerait. L’expert commis par le tribunal d’application des peines de Bologne a, quant à lui, constaté une détérioration des conditions du requérant et a également préconisé son placement dans un environnement idoine, garantissant un suivi médical approprié.
Malgré les recommandations de placer le requérant dans une structure extérieure à la prison, spécialisée dans la rééducation et en mesure de fournir l’assistance continue que celui-ci nécessitait, ce dernier est resté à la prison de Parme jusqu’en mars 2008 pour des raisons qui ne sauraient être imputées à l’intéressé.
Ce n’est en effet que par la décision du tribunal d’application des peines de Bologne du 18 mars 2008 que le requérant a été admis au bénéfice de la détention domiciliaire en milieu hospitalier afin de lui prodiguer le traitement de rééducation en plus de l’intervention chirurgicale qu’il nécessitait.
Aux yeux de la Cour, la décision ci-dessus confirme que la thérapie de la rééducation dont le requérant avait besoin n’était possible qu’en dehors de la prison, dans un lieu spécialisé. D’ailleurs, il convient de souligner que le Gouvernement n’a pas été en mesure d’étayer la nature et l’adéquation de la thérapie de rééducation qui aurait été prodiguée au requérant dans la période litigieuse.
75. Par ailleurs, la Cour relève que le requérant a lui-même effectué les démarches pour trouver un établissement disposé à l’accueillir pour sa rééducation. Pour la Cour l’inadéquation, systématiquement dénoncée par les médecins, du milieu carcéral à la pathologie présentée par le requérant aurait dû conduire l’Etat soit à transférer ce dernier dans un établissement de soins adaptés afin d’exclure tout risque de traitements inhumains, soit à suspendre l’exécution d’une peine qui s’analysait désormais en traitement contraire à l’article 3 de la Convention.
76. En outre, quelles que soient les entraves, soulignées par le Gouvernement, au bon déroulement du programme d’examens et des consultations médicales que le requérant ait pu lui-même provoquer par ses déplacements, la Cour estime que celles-ci ne dispensent aucunement l’Etat de ses obligations face aux détenus malades. D’une part, ces déplacements ont été autorisés ; d’autre part, même déplacé dans un autre établissement pénitentiaire, le requérant restait détenu et donc devait être médicalement pris en charge par les autorités.
77. En conclusion, les soins dont l’intéressé avait besoin ne pouvant pas être prodigués en prison, son maintien à la prison de Parme malgré l’avis contraire des médecins a atteint le minimum de gravité pour constituer un traitement inhumain et enfreindre l’article 3 de la Convention.
78. Compte tenu des éléments ci-dessus et des conclusions auxquelles elle est parvenue (paragraphes 72, 73 et 77 ci-dessus), la Cour estime qu’il y a eu violation de l’article 3 de la Convention en raison du traitement inhumain et dégradant subi par le requérant.
II. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
79. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
80. Le requérant réclame 200 000 euros (EUR) au titre du préjudice moral qu’il aurait subi. Il précise que cette somme pourra être utilisée pour payer son traitement de rééducation.
81. Le Gouvernement observe que le constat de violation constituerait en soi une satisfaction équitable suffisante.
82. La Cour considère qu’il y a lieu d’octroyer au requérant 10 000 EUR au titre du préjudice moral.
B. Frais et dépens
83. Le requérant, qui a été admis au bénéfice de l’assistance judiciaire et a reçu une somme de 850 EUR à ce titre, demande 4 340,30 EUR pour les frais et dépens engagés devant la Cour.
84. Le Gouvernement trouve excessifs les frais réclamés.
85. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce et compte tenu des documents en sa possession et de sa jurisprudence, la Cour estime raisonnable la somme de 3 000 EUR pour la procédure devant la Cour, de laquelle il convient de déduire la somme de 850 EUR déjà versés au titre de l’assistance judiciaire, et l’accorde au requérant.
C. Intérêts moratoires
86. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 3 de la Convention en raison du traitement inhumain et dégradant subi par le requérant ;
3. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
i) 10 000 EUR (dix mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral ;
ii) 2 150 EUR (deux mille cent cinquante euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour frais et dépens ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 7 février 2012, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Stanley Naismith Françoise Tulkens
Greffier Présidente
Au présent arrêt se trouve joint, conformément aux articles 45 § 2 de la Convention et 74 § 2 du règlement, l’exposé de l’opinion séparée des juges Jočienė, Berro-Lefèvre et Karakaş.
F.T.
S.H.N.

OPINION CONCORDANTE COMMUNE AUX JUGES JOČIENĖ, BERRO-LEFÈVRE ET KARAKAŞ
Nous sommes parvenues sans hésitation aux conclusions de la chambre selon lesquelles il y a bien eu violation de l’article 3 de la Convention en raison du traitement inhumain et dégradant subi par le requérant. Pour autant, nous souhaitons exprimer notre désaccord sur la formulation qui figure au paragraphe 66.
Nous estimons en effet que le principe général énoncé dans ce paragraphe selon lequel les soins dispensés en milieu carcéral doivent être d’un niveau comparable à celui que les autorités de l’Etat se sont engagées à fournir à l’ensemble de la population va bien au delà des obligations positives que notre jurisprudence a jusqu’alors mis à la charge des Etats en matière de détention de personnes malades.
La Cour a imposé aux Etats de s’assurer que tout prisonnier est bien détenu dans des conditions qui sont compatibles avec le respect de la dignité humaine, que les modalités d’exécution de la mesure ne soumettent pas l’intéressé à une détresse ou à une épreuve d’une intensité qui excède le niveau inévitable de souffrance inhérent à la détention et que, eu égard aux exigences pratiques de l’emprisonnement, la santé et le bien-être du prisonnier sont assurés de manière adéquate, notamment par l’administration des soins médicaux requis (Kudła c. Pologne [GC], no 30210/96, § 94, CEDH 2000-XI). Faisant preuve d’un certain réalisme et tenant compte de la particularité du contexte carcéral, elle a également considéré que l’article 3 de la Convention ne peut être interprété comme établissant une obligation générale de libérer un détenu pour motifs de santé ou de le placer dans un hôpital civil afin de lui permettre d’obtenir un traitement médical d’un type particulier (Mouisel c. France, no 67263/01, § 40, CEDH 2002-IX). A plusieurs occasions, la Cour a dit que l’article 3 de la Convention ne pouvait être interprété comme garantissant à tout détenu un traitement médical du même niveau que dans les meilleurs cliniques civiles (Mirilachvili c. Russie (dec.), no 6293/04, 10 juillet 2007 ; Grichine c. Russie, no 30983/02, § 76, 15 novembre 2007).
En réalité, il convient de conserver une certaine souplesse dans l’appréciation du niveau de soins requis. Ce niveau doit évidement être compatible avec la dignité humaine du détenu, mais il doit aussi prendre en compte les exigences pratiques de l’emprisonnement. D’ailleurs, comme il est dit au paragraphe 67, les conditions de détention d’une personne malade doivent garantir la protection de la santé du prisonnier, eu égard aux contingences ordinaires et raisonnables de l’emprisonnement. Eriger en principe général un niveau de soins en détention comparable à celui fourni hors détention revient purement et simplement à ignorer ces contingences.

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