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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE CALIGIURI ET AUTRES c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli: 06, P1-1
Numero: 657/10/2014
Stato: Italia
Data: 2014-09-09 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusioni: Violazione dell’articolo 6 – Diritto ad un processo equo, Articolo 6 – Procedimento civile Articolo 6-1 – Processo equo, Violazione dell’articolo 1 del Protocollo n° 1 – Protezione della proprietà, articolo 1 al. 1 del Protocollo n° 1 – Rispetto dei beni,

SECONDA SEZIONE

CAUSA CALIGIURI ED ALTRI C. ITALIA

(Richieste nostri 657/10, 27897/10, 27908/10 e 64297/10)

SENTENZA

STRASBURGO

9 settembre 2014

Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nel causa Caligiuri ed altri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta di:
Egli ıKaraka, şpresidentessa,
Guido Raimondi,
András Sajó,
Helen Keller,
Paul Lemmens,
Robert Spano,
Jon Fridrik Kjølbro, giudici,
e di Abele Campos, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 1 luglio 2014,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trovano quattro richieste, numeri 657/10, 27897/10, 27908/10 e 64297/10, dirette contro la Repubblica italiana e in cui parecchi cittadini di questo Stato (“i richiedenti”-vedere il quadro riassuntivo qui-annesso e l’elenco dei richiedenti, hanno investito la Corte in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono stati rappresentati da OMISSIS, avvocato a Catanzaro, ed OMISSIS, avvocato a Benevento. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora e col suo coagente, la Sig.ra P. Accardo.
3. Il 23 agosto 2011, le richieste sono state comunicate al Governo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I richiedenti erano impiegati presso le Province di Catanzaro, Piacenza e Messina ed esercitavano delle funzioni che dipendevano dal personale delle scuole, assistenti amministrativi, collaboratori, assistenti tecnici e responsabile amministrativi nelle scuole: il “personale ATA”). Avevano diritto ad un stipendio di base, assortito di indennità accessorie.
5. Seguito al trasferimento del personale della funzione pubblica territoriale verso la funzione pubblica dello stato, previsto con la legge no 124 del 3 maggio 1999, i richiedenti furono adoperati, a partire dal 31 dicembre 1999, col ministero dell’educazione Nazionale (“il ministero”). Gli impiegati già in stazione di suddetto ministero, esercitando le stesse funzioni che i richiedenti, avevano diritto ad un stipendio base progressivo secondo l’anzianità di servizio.
6. Secondo l’articolo 8 della legge no 124 suddetto, l’anzianità di servizio acquisito presso dai richiedenti delle collettività locali doveva essere riconosciuta ad ogni fine giuridica ed economica. Tuttavia, il ministero assegnò ai richiedenti un’anzianità fittizia, trasformando la retribuzione di base percepita delle collettività locali alla data del 31 dicembre 1999 in anni di anzianità e, al disprezzo del contratto collettivo nazionale della scuola, calcolò il loro trattamento pecuniario senza tenere conto della loro anzianità di servizio reale, acquisita fino a questa data. Inoltre, trasformando la retribuzione di base in anni di anzianità fittizia, il ministero tolse delle ultime schede di paga dei richiedenti tutti gli elementi indennizzanti di cui i loro stipendi erano abbinati regolarmente fino al 31 dicembre 1999.
7. I richiedenti investirono i tribunali del lavoro di Sondrio e Milano per ottenere la riconoscenza giuridica ed economica dell’anzianità acquisita presso dei loro datori di lavoro locali di origine e, perciò, il versamento della differenza di retribuzione nato a partire dal 1 gennaio 2000. Fecero valere che percepivano un stipendio che non corrispondeva alla loro anzianità e che questo stipendio era così inferiore a quello dei funzionari che erano sempre stati adoperati dal ministero.
8. Nelle richieste nostri 27897/10, 27908/10 e 64297/10, i tribunali accolsero i ricorsi dei richiedenti e condannarono il ministero a riconoscere l’anzianità acquisita presso dagli interessati delle collettività locali. Il ministero interpose appello di questi giudizi.
9. Nella richiesta no 657/10, il tribunale di Catanzaro respinse il ricorso del richiedente. Interpose appello di questo giudizio.
10. Mentre questi procedimenti erano pendenti, il Parlamento adottò la legge di finanze per 2006 (“la legge no 266”). L’articolo 1, capoverso 218, di suddetta legge era intitolato “interpretazione autentica, interpretazione autentica, dell’articolo 8 della legge no 124 del 1999”; contemplava che il personale ATA doveva essere integrato nei quadri di paga della nuova amministrazione sulla base del trattamento salariale globale degli interessati al momento del trasferimento.
11. Con parecchie sentenze, i corsi di appello, tenuto conto della legge no 266 e della giurisprudenza della Corte costituzionale, resero delle decisioni contrarie alle pretese dei richiedenti (vedere quadro qui-annesso).
12. I richiedenti hanno perso la riconoscenza dell’anzianità acquisita presso delle autorità locali di origine. Per di più, hanno visto i loro stipendi diventare inferiori a quelli di altri membri del personale ATA che aveva ottenuto guadagno di causa con le decisioni avendo acquisito la forza della cosa giudicata in vigore prima dell’entrata della legge no 266.
13. Delle informazione pertinenti sui fatti relativi a questi procedimenti sono contenute nel quadro riassuntivo qui accluso.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
14. Il diritto e la giurisprudenza interni pertinenti si trovano descritti nei sentenze Agrati ed altri c. Italia, (nostri 43549/08, 6107/09 e 5087/09, 7 giugno 2011, e Di Rosa c. Italia, (nostri 52888/08, 58528/08, 59194/08, 60462/08, 60473/08, 60628/08, 61116/08, 61131/08, 61139/08, 61143/08, 610/09, 4995/09, 5068/09 e 5141/09, 11 dicembre 2012,,,.
IN DIRITTO
I. SULLA CONGIUNZIONE DELLE RICHIESTE
15. Tenuto conto della similitudine delle richieste in quanto ai fatti ed al problema di fondo che pongono, la Corte stima necessaria di unirli e decida di esaminarli congiuntamente in una sola sentenza.
II. Su La Violazione Addotta Degli Articoli 6 Di La Convenzione E 1 Del Protocollo No 1
16. I richiedenti si lamentano dell’intervento legislativo durante procedimento che, secondo essi, ha recato offesa al loro diritto ad un processo equo. Indicano che la giurisprudenza aveva riconosciuto già che i vecchi funzionari territoriali avevano diritto alla riconoscenza delle loro anzianità acquisite presso delle autorità locali di provenienza. Senza intervento legislativo, potevano avere una speranza legittima dunque, praticamente una certezza, di ottenere soddisfazione. I richiedenti stimano che solo l’interesse finanziario dell’amministrazione che non bastava a caratterizzare un motivo imperioso di interesse generale, ha motivato l’intervento legislativo in questione. Inoltre, i richiedenti stimano che il carattere retroattivo dell’articolo 1 della legge di finanze per 2006 li ha privati dei loro beni nella misura in cui questa disposizione ha messo fine in modo definitiva alla controversia l’oppositore all’amministrazione.
Invocano l’articolo 6 della Convenzione così come l’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato nelle loro parti pertinenti,:
Articolo 6 § 1
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita da un tribunale chi deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
Articolo 1 del Protocollo no 1
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
17. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
18. La Corte constata che le richieste non sono manifestamente mal fondate al senso dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararli ammissibili dunque.
B. Sul fondo
1. Argomenti delle parti
a. I richiedenti
19. I richiedenti fanno valere che in seguito al loro trasferimento, hanno ricevuto un trattamento salariale globalmente inferiore a quello percepito prima, perché hanno perso tutti gli elementi indennizzanti accessori di cui il loro trattamento era abbinato.
20. I richiedenti riaffermano che sono stati esclusi solamente di ogni aumento contrattuale così come dei vantaggi previsti nei contratti delle collettività locali, come le indennità di qualifica, di pasto, di circolazione, di rischio di disponibilità, ecc.
21. Ricordano che la Corte di cassazione aveva sottolineato ufficialmente, con una giurisprudenza chiara e consolidata, che “la legge è senza equivoca per legare al trasferimento l’effetto di riconoscenza dell’anzianità.” I richiedenti affermano anche che la sentenza della Corte costituzionale non sarebbe corretta.
22. Sotto l’angolo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, i richiedenti fanno valere che non c’era nessuno motivo imperioso di interesse generale suscettibile di giustificare l’ingerenza nella determinazione giudiziale in causa nello specifico.
23. I richiedenti ricordano che la legge interpretativo no 266 è intervenuto quasi sei anni dopo la decisione di trasferire il personale, mentre il trasferimento sé si trovava già completamente realizzato da più di cinque anni, e che la Corte di cassazione aveva eliminato già ogni incertezza eventuale di interpretazione a questo motivo. Di più, la norma interpretativa era stata dissimulata in una legge di finanze.
24. Trattandosi dell’articolo 1 del Protocollo no 1, i richiedenti fanno valere che disponevano al momento dell’introduzione dei loro ricorsi prima dell’adozione della legge controversa di una speranza legittimo di vedere essi coronati di successo in ragione di una giurisprudenza interna che era loro favorevole.
25. I richiedenti concludono al carattere sproporzionato della misura controversa ed alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
b. Il Governo
26. Il Governo oppone alla tesi dei richiedenti. Afferma che in seguito al loro trasferimento, i richiedenti avrebbero continuato ad esercitare le stesse funzioni con lo stesso stipendio, e che tutta l’anzianità acquisita era stata riconosciuta alle fini della loro pensione. La sola differenza, secondo il Governo, era che l’anzianità acquisita durante il servizio compiuto nella funzione pubblica territoriale non poteva provocare un aumento salariale rispetto al trattamento economico di cui gli interessati godevano prima del loro trasferimento.
27. Inoltre, il Governo ricorda che questa interpretazione della legge no 124 del 1999 era stato interinato da uno degli accordi passati tra le amministrazioni, ARAN, ed i sindacati degli impiegati poi confermati nel decreto ministeriale del 5 aprile 2001.
28. In quanto all’articolo 6 § 1 della Convenzione, il Governo afferma che dato che dei contenziosi si erano moltiplicati sull’insieme del territorio, il legislatore era intervenuto dal verso di una legge interpretativa per colmare il vuoto giuridico che si era creato, tenendo conto della difficoltà di regolare questa materia con la via di accordi collettivi o con le cure del potere regolamentare: lo scopo era di evitare degli aumenti ingiustificati degli stipendi ed una disparità di trattamento tra differenti categorie di impiegati. Secondo il Governo che si riferisce a questo riguardo a parecchie sentenze della Corte in materia di interventi legislativi, non si saprebbe parlare di reformatio in peius della posizione dei richiedenti.
29. Nelle presenti cause, i richiedenti che non disponevano di una sentenza definitiva ed esecutiva, hanno provato di approfittare di una fortuna e di un vuoto giuridico così come dell’insufficienza degli accordi collettivi e dell’incapacità del potere a regolare questa materia. L’intervento del legislatore era perfettamente prevedibile dunque e rispondeva ad un’evidente ed imperiosa giustificazione di interesse generale, OGIS-istituto Stanislas, OGEC Santo-gazza X e Minima di Castiglia ed altri c. Francia, i nostri 42219/98 e 54563/00, 27 maggio 2004. Secondo il Governo, questa situazione si apparentarsi a quella del legislatore nella causa Nazionale & Provinciale Edificio Society, Leeds Permanente Edificio Society e Yorkshire Edificio Society c. Regno Unito, 23 ottobre 1997, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997 VII. Stima che ne più, nei casi di specifico, l’intervento del legislatore ha permesso di prevenire la creazione di situazioni discriminatorie in seno al personale ATA. Ne conclude che esisteva bene un imperioso motivo di interesse pubblico al senso della giurisprudenza della Corte.
30. Infine, il Governo ricorda che la Corte costituzionale ha giudicato che l’intervento del legislatore non era contrario né alla Costituzione italiana né alla Convenzione.
31. In quanto all’articolo 1 del Protocollo no 1, il Governo è di parere che, all’epoca dell’adozione della legge di finanze per 2006, i richiedenti non erano titolari di un credito certo ed esigibile verso lo stato poiché nessuno giudizio definitivo era stato reso ancora nel loro procedimento. Fa riferimento per ciò ai cause Fernandez-Molina Gonzalez ed altri c. Spagna (, déc.), nº 64359/01, CEDH 2002 IX, e Raffinerie greci Stran e Stratis Andreadis c. Grecia, 9 dicembre 1994, serie Ha no 301 B, e ne conclude che i richiedenti non erano titolari di un “bene” al senso dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
32. Fa valere che l’ingerenza del legislatore nell’amministrazione della giustizia era giustificata dagli imperiosi motivi di interesse generale.” Contrariamente a ciò che sostiene i richiedenti, considera che l’obiettivo per il legislatore non era di fare fallimento ai procedimenti in corso ma di intervenire per assolvere un vuoto giuridico, e sottolinea che questo motivo è stato ricordato chiaramente dalla Corte costituzionale nella sua decisione del 26 novembre 2009. Stima che un tale obiettivo costituisce, nello specifico, un “imperioso motivo di interesse generale.”
2. Valutazione della Corte
33. La Corte ricorda avere concluso, nelle cause che sollevano delle questioni simili a queste del presente genere, alla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo no 1, Agrati ed altri c. Italia, e Di Rosa c. Italia, sentenze precitate. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che gli sono stati sottomessi nello specifico, considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento potendo condurre ad una conclusione differente nella presente causa. Tenuto conto della sua giurisprudenza stima in materia, che nello specifico l’intervento legislativo controverso che mirava a regolare definitivamente ed in modo retroattiva, il fondo della controversia che oppone il richiedente allo stato dinnanzi alle giurisdizioni interne, non era giustificata dagli imperiosi motivi di interesse generale e ha fatto pesare un “carico anormale ed esorbitante” sui richiedenti. Di più, l’attentato portato ai loro beni ha rivestito un carattere sproporzionato, rompendo appena che il, equilibra tra le esigenze dell’interesse generale e la salvaguardia dei diritti fondamentali degli individui.
34. Pertanto, la Corte conclude alla violazione degli articoli 6 § 1 e 1 del Protocollo no1 alla Convenzione
III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
35. Invocando gli articoli 8 e 13 della Convenzione, il richiedente OMISSIS, richiesta no 657/10, si lamenta anche di un attentato al suo diritto al rispetto della sua vita privata e familiare e denuncia una violazione del suo diritto ad un ricorso effettivo che risulta per il fatto che la corte di appello ha respinto il suo ricorso.
36. La Corte nota innanzitutto che questi motivi di appello non sono supportati. Per quanto sollevano delle questioni distinte di queste esaminato più alto e nella misura in cui è competente per conoscere delle affermazioni formulate, la Corte non rileva nessuna apparenza di violazione dei diritti e delle libertà garantiti dalla Convenzione. Pertanto, dichiara questi motivi di appello inammissibili.
37. Sotto l’angolo dell’articolo 14, il richiedente si lamenta di essere stato oggetto di una discriminazione rispetto agli altri vecchi membri del personale ATA che ha ottenuto guadagno di causa con le decisioni avendo acquisito la forza della cosa giudicata in vigore prima dell’entrata della nuova legge.
38. Invoca l’articolo 14 della Convenzione che dispone:
“Il godimento dei diritti e libertà riconobbero nel Convenzione deve essere garantita, senza distinzione nessuna, fondata in particolare sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, gli opinioni politici od ogni altra opinione, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, la fortuna, la nascita o tutta altra situazione. “
39. La Corte osserva che questo motivo di appello, come è stato presentato dal richiedente, è legato strettamente a quello tirato dell’articolo 6 della Convenzione e deve anche egli essere dichiarato ammissibile. Tuttavia, avuto riguardo ai conclusioni alle quali è giunta sotto l’angolo dell’articolo 6 § 1, paragrafi 33 e 34 sopra, non giudica necessaria di esaminarlo separatamente.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
40. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno patrimoniale
1. Argomenti delle parti
a. I richiedenti
41. Nella richiesta no 657/10, il richiedente richiede un’indennità di 40 000 euro (EUR che comprenderebbe anche le perdite provocate dalla diminuzione della sua pensione di pensione). Unisce un certificato di servizio così come l’elenco degli stipendi ricevuti tra 1996 e 2007.
42. Nelle richieste nostri 27897/10, 27908/10 e 64297/10, i richiedenti chiedono alla Corte di ristabilire la situazione anteriore alla legge controversa intimando lo stato di pagare tutte le differenze di stipendio.
43. A questo riguardo, i richiedenti uniscono parecchi documenti del ministero delle Finanze e dei dirigenti delle scuole senza valutare tuttavia le loro pretese. A difetto di restitutio in integrum, i richiedenti chiedono di nominare un perito per valutare l’importo ad assegnare ad ogni richiedente.
44. Nella richiesta no 64297/10, i richiedenti mandano delle idee delle differenze salariali sulla base di due differenti calcoli. Uniscono le schede di pagamento di gennaio 2010 e di gennaio 2012. Nei documenti annessi alle richieste, quantificano il loro danno del seguente modo:
OMISSIS chiede sia una somma di 152 484,77 EUR, o una somma di 177 802,24 EUR;
OMISSIS chiede sia una somma di 202 268 EUR, o una somma di 214 298,21 EUR;
OMISSIS chiede una somma di 211 650 EUR.
b. Il Governo
45. Il Governo oppone alle domande dei richiedenti. Insiste sul fatto che i richiedenti non hanno subito nessuna regressione salariale. Col verso del temporeggiamento, gli impiegati che provengono da collettività locali sono uniformati al trattamento praticato per gli impiegati del ministero dell’educazione di cui fanno parte in seguito al trasferimento.
2. Valutazione della Corte
46. La Corte ricorda innanzitutto che l’articolo 60 dell’ordinamento della Corte contempla che: “Salvo decisione contraria del presidente della camera, il richiedente deve sottoporre le sue pretese, valutate e ripartite da rubrica ed accompagnate dei giustificativi pertinenti, nel termine che gli è stato assegnato per la presentazione delle sue osservazioni sul fondo. Se il richiedente non rispetta le esigenze descritte nei paragrafi che precedono, la camera può respingere tutto o partire delle sue pretese”, Romet c. Paesi Bassi, no 7094/06, §§ 65-66, 14 febbraio 2012; G.R. c. Paesi Bassi, no 22251/07, § 61, 10 gennaio 2012; Mihai Toma c. Romania, no 1051/06, § 40, 24 gennaio 2012 e K.U. c. Finlandia, no 2872/02, § 58, CEDH 2008.
47. La Corte nota che in tutte le richieste, i richiedenti non hanno valutato debitamente le loro pretese. Non indicano, per ogni richiedente, quale sono stati le perdite subite in vigore da effetto dell’entrata della legge controversa, ma appoggiano la loro domanda di soddisfazione equa su dei documenti generali, dei quadri delle differenti decidi salariali per il personale delle scuole, delle ordinanze di titolarizzazione dei dirigenti delle scuole, delle dichiarazioni di redditi, degli attestati di lavoro.
48. La Corte non saprebbe dedurre dei documenti presentati dai richiedenti il danno patrimoniale effettivamente subito.
49. Trattandosi in particolare della richiesta no 64297/10, la Corte nota che le domande dei richiedenti non sono né precise né fondate su dei documenti al riguardo dai quali si potrebbe dedurre un danno patrimoniale effettivamente subito.
In queste circostanze, stima che egli n non ha luogo di concedere una somma a questo titolo.
B. Danno giuridico
50. I richiedenti chiedono 10 000 EUR ciascuno a titolo del danno giuridico.
51. Il Governo non ha presentato di osservazioni a questo motivo.
52. La Corte stima che le constatazioni di violazione ai quali è giunta costituiscono in si una soddisfazione equa per il danno giuridico subito dai richiedenti.
C. Oneri e spese
53. Trattandosi degli oneri e spese, i richiesti chiedono il seguente è:
Nella richiesta no 657/10, senza giustificativi all’appoggio, il richiedente chiede la somma di 6 000 euro (EUR) per gli oneri del procedimento dinnanzi alla Corte.
Nelle richieste nostri 27897/10, 27908/10 e 64297/10, giustificativi all’appoggio, i richiedenti chiedono rispettivamente 16 652,50 EUR per ogni richiesta per gli oneri del procedimento dinnanzi alla Corte.
54. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese che nella misura in cui si trovano stabilisco la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevoli del loro tasso. Inoltre, quando la Corte constata una violazione della Convenzione, non accorda al richiedente il pagamento degli oneri e spese che ha esposto dinnanzi alle giurisdizioni nazionali che nella misura in cui sono stati impegnati per prevenire o fare correggere con queste suddetta violazione. Però, la Corte stima che gli importi richiesti dai richiedenti nelle richieste nostri 27897/10, 27908/10 e 64297/10 sono eccessivi. Di conseguenza accorda 2 000 EUR a questo titolo per ciascuna di queste richieste.
55. Trattandosi della richiesta no 657/10, la Corte rileva che il richiedente non ha fornito di giustificativo a sostegno della sua domanda e decidi di non assegnare niente a questo titolo.
D. Interessi moratori
56. La Corte giudica appropriata di ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti di percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Decide, all’unanimità, di unire le richieste,;

2. Dichiara, all’unanimità, le richieste nostri 27897/10, 27908/10 e 64297/10 ammissibili in quanto ai motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1 e 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;

3. Dichiara, all’unanimità, la richiesta no 657/10 ammissibile in quanto ai motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1, 14 e 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione ed inammissibile per il surplus;

4. Stabilisce, all’unanimità, che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;

5. Stabilisce, all’unanimità, che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;

6. Stabilisce, all’unanimità, che non c’è luogo di esaminare il motivo di appello derivato dell’articolo 14 della Convenzione nella richiesta no 657/10;

7. Stabilisce, all’unanimità,
ha, che lo stato convenuto deve versare ai richiedenti, nei tre mesi a contare del giorno dove la sentenza sarà diventata definitiva in virtù dell’articolo 44 § 2 della Convenzione, il seguente somme:

Richiesta no 64297/10

i) 2 000 EUR, duemila euro, congiuntamente ai richiedenti, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta per oneri e spese;

Richiesta no27897/10

i) 2 000 EUR, duemila euro, congiuntamente ai richiedenti più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta per oneri e spese;
Richiesta no 27908/10

i)2 000 EUR, duemila euro, congiuntamente ai richiedenti più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta per oneri e spese;

b) che a contare della scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno ad aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti di percentuale,;

8. Respinge, per quattro voci contro tre, la domanda di soddisfazione equa per il surplus.

Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 9 settembre 2014, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Abele Campos Egli ıKarakaş
Cancelliere aggiunto Presidentessa

Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell’ordinamento, l’esposizione dell’opinione si separata dai giudici Karakaş, Sajó e Lemmens.

A.I.K.
A.C.

OPINIONE PARZIALMENTE DISSIDENTE DEI GIUDICI KARAKAŞ, SAJÓ E LEMMENS

1. Siamo di accordo coi nostri colleghi per concludere che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Al nostro dispiacere, non possiamo radunarci tuttavia alla posizione della maggioranza in ciò che riguarda la soddisfazione equa ad accordare ai richiedenti a titolo del danno patrimoniale.

2. La presente causa riguarda gli effetti di una disposizione interpretativa, a sapere l’articolo 1, capoverso 218, della legge no 266, del 23 dicembre 2005, di finanze per 2006 sui diritti pecuniari del personale non insegnante dell’insegnamento pubblico trasferito di amministrazioni locali al ministero dell’educazione nazionale. Siccome è ricordato nella sentenza (paragrafo 33), questa disposizione ha dato già adito a certo numero di cause dinnanzi alla Corte, in particolare il causa Agrati ed altri c. Italia, nostri 43549/08, 6107/09 e 5087/09, fondo, 7 giugno 2011, e soddisfazione equa, 8 novembre 2012, e la causa Di Rosa c. Italia, nostri 52888/08, 58528/08, 59194/08, 60462/08, 60473/08, 60628/08, 61116/08, 61131/08, 61139/08, 61143/08, 610/09, 4995/09, 5068/09 e 5141/09, 11 dicembre 2012)[1].
Nella prima causa, la Corte ha concluso alla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo no 1; nel secondo mi affaccendo, ha concluso solamente alla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, unica disposizione invocata dai richiedenti. Nella presente causa, tutto come nel causa Agrati ed altri, la Corte dice che c’è stata violazione delle due disposizioni precitate.
Teniamo a ricordare che la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1, constatata dalla Corte nel causa Agrati ed altri-e confermata nella presente causa-, risultava in particolare per il fatto che au momento dove il legislatore aveva adottato la disposizione “interpretativa”, nel dicembre 2005, esisteva una giurisprudenza chiara della Corte di cassazione, e del Consiglio di stato secondo la quale la legislazione garantiva allora in vigore al personale trasferito l’anzianità acquisita nella sua amministrazione di origine, in termini di anni, così che aveva diritto allo stipendio corrispondente, nelle scale del ministero, ad una tale anzianità. Questa interpretazione è stata contraddetta dalla legge interpretativa che dispone che non è l’anzianità ma solamente il livello di stipendio che è garantito, Agrati ed altri (fondo), precitato, §§ 38-39. [2] ricordiamo che inoltre, l’anzianità acquisita nelle amministrazioni locali coi richiedenti nel causa Agrati ed altri erano state riconosciute per la maggior parte di essi con le giurisdizioni di appello. Questo è nel momento in cui dei ricorsi in cassazione, introdotti o col ministero sia con certi richiesti, erano pendenti, che il legislatore ha adottato la legge controversa, impedendo così definitivamente che l’anzianità sia riconosciuta integralmente, vedere Agrati ed altri (fondo), precitato, § 83.
Trattandosi dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione, la Corte ha constatato nei cause Agrati ed altri e Di Rosa ed altri ciò che segue: “la giurisprudenza della Corte di cassazione era, prima dell’adozione della legge controversa, favorevole alla posizione dei richiedenti. Così, così nessuna violazione della Convenzione non si era prodursi, la situazione dei richiedenti sarebbe stata verosimilmente differente, dal momento che si sarebbero potuti vedere riconoscere l’anzianità acquisita presso delle collettività locali [di origine]. Pertanto, la Corte deduce ne che la violazione della Convenzione constatata è suscettibile di avere causato ai richiedenti un danno patrimoniale”, Agrati ed altri (soddisfazione equa), precitato, § 13, e Di Rosa ed altri, precitato, § 60. Nel causa Agrati ed altri, la Corte ha notato: “il Governo si limita a contestare le domande di soddisfazione equa valutata dai richiedenti senza produrre tuttavia nessuno calcolo. Di conseguenza, la Corte giudica ragionevole di risarcire il danno patrimoniale dei richiedenti all’altezza la differenza tra le retribuzioni che hanno percepito infatti e quell’alla quale avrebbero dovuto avere diritto nella mancanza dell’intervento legislativo controverso”, Agrati ed altri (soddisfazione equa), precitato, § 15.

3. Nello specifico, i corsi di appello che hanno esaminato le cause dei richiedenti hanno respinto tutte le domande di questi e hanno dato guadagno di causa al ministero, sulla base della legge no 266 precitato. Nel caso della Sig.ra Caligiuri, richiesta no 657/10, il tribunale del lavoro, deliberando in prima istanza, si era pronunciato già nello stesso senso; nel caso degli altri richiedenti, nostri 27897/10, 27908/10 e 64297/10, i tribunali del lavoro che avevano deliberato prima dell’adozione della legge precitata basandosi sulla giurisprudenza della Corte di cassazione, avevano dato guadagno di causa ai richiedenti ed ordinato al ministero di riconoscere l’interezza della loro anzianità acquisita presso ci delle loro amministrazioni locali di origine alle fini del calcolo dei loro stipendi e dei vantaggi afferente (paragrafi 8-11 della sentenza). Almeno in certi casi, i tribunali del lavoro avevano ordinato esplicitamente al ministero di pagare ai richiedenti la differenza tra gli stipendi effettivamente percepito da essi e lo stipendio al quale avevano diritto sulla base dell’anzianità precitata.
Tutti i richiedenti nella presente causa potevano alla partenza invocare la giurisprudenza della Corte di cassazione che era loro favorevole. Beneficiavano così tutti di un interesse patrimoniale che, secondo la giurisprudenza della Corte, costituiva, se no un credito al riguardo dello stato, del meno una “speranza legittimo” di potere ottenere il pagamento delle somme richieste sulla base dell’anzianità acquisita presso delle amministrazioni locali, Agrati ed altri (fondo), precitato, § 74. Togliendo questo credito o questa speranza legittima ai richiedenti, la disposizione interpretativa controversa ha causato loro un danno patrimoniale.

4. La maggioranza stima, in quanto al danno patrimoniale, che la domanda dei richiedenti non soddisfa all’articolo 60 dell’ordinamento della Corte al motivo che non hanno valutato debitamente le loro pretese. In particolare, non avrebbero indicato quale sono stati le perdite subite in vigore dall’effetto dell’entrata dell’articolo 1, capoverso 218, della legge no 266 precitato, e si sarebbero limitati ad appoggiare le loro domande su dei documenti generali, dei quadri delle differenti decidi salariali per il personale delle scuole, delle ordinanze di titularisation dei dirigenti delle scuole, delle dichiarazioni di redditi, degli attestati di lavoro-paragrafo 47 della sentenza. La maggioranza stima che non può dedurre di questi documenti il danno che è stato subito effettivamente (paragrafo 48 della sentenza). In ciò che riguarda più specificamente la Sig.ra Cacciola e consorti, richiesta no 64297/10, le domande non sarebbero né precise né fondate su dei documenti di cui si può dedurre l’ampiezza del danno patrimoniale effettivamente subito (paragrafo 49 della sentenza).
Secondo l’articolo 60 dell’ordinamento della Corte, un richiedente deve valutare e deve ripartire con rubrica tutte le sue pretese alle quali deve unire i giustificativo necessari (paragrafo 2), mancanza di cui la Corte può respingere le sue domande, in tutto o partire ne (paragrafo 3).
Constatiamo che OMISSIS, richiesta no 657/10, richiedi bene un’indennità di un importo determinato e che ha unito alla sua domanda un certificato di servizio così come l’elenco degli stipendi percepiti tra 1996 e 2007 (paragrafo 41 della sentenza). OMISSIS e consorti, richiesta no 27897/10, OMISSIS e consorti, richiesta no 27908/10, ed OMISSIS e consorti (no 64297/10) chiedono esplicitamente alla Corte di ristabilire la situazione anteriore alla legge controversa e di intimare allo stato convenuto di pagare tutte le differenze di stipendio. Uniscono parecchi documenti alle loro domande del ministero delle Finanze e dei dirigenti delle scuole, paragrafi 42 e 43 della sentenza. In quanto ad OMISSIS e consorti, hanno sottoposto alla Corte delle idee delle differenze salariali sulla base di due calcoli differenti. Hanno unito anche le schede di paga di gennaio 2010 e di gennaio 2012. Nei documenti annessi alla richiesta, hanno quantificato il loro danno (paragrafo 44 della sentenza). Il Governo non contesta gli importi precitati in si, né del resto nessuno altro importo. Prende solamente l’esempio dei calcoli fatti da una dei richiedenti, la Sig.ra di Fazio, richiesta no 64297/10, per provare a dimostrare che non c’è stata perdita di stipendio del tutto. Il suo ragionamento è fondato su degli argomenti che toccano in realtà alla fondatezza del motivo di appello tratto dal Protocollo no 1, che la Corte respinge nella presente sentenza (paragrafo 33), siccome li ha respinti già nel causa Agrati ed altri.
Stimiamo che i calcoli dei richiedenti erano sufficienti, a questo stadio, per permettere alla Corte di considerare che bisognava accordare loro una soddisfazione equa a titolo del danno patrimoniale. Constatiamo peraltro che il fatto che il Governo non ha contestato gli importi avanzati dai richiedenti è stato, nel causa Agrati ed altri, una delle ragioni per che la Corte ha deciso di accordare loro gli importi che richiedevano per perdita di stipendio, Agrati ed altri (soddisfazione equa), precitato, § 15.
Non ci sembra realistico di chiedere ai membri del personale dello stato di procedere loro stessi ad un calcolo dettagliato dei loro stipendi, sulla base di due calcoli differenti, a seconda che l’anzianità acquisita presso delle amministrazioni locali è mantenuta integralmente o che il solo livello di stipendio è mantenuto più o meno. È un esercizio per che la perizia necessaria si trova nelle amministrazioni riguardate.
Senza entrare nel dettaglio in ciò che riguarda l’applicazione dell’articolo 60 dell’ordinamento della Corte, stimiamo ad ogni modo che, nella presente causa, la Corte non avrebbe dovuto fare uso della possibilità di respingere le domande di soddisfazione equa per danno patrimoniale che autorizza il paragrafo 3 di questa disposizione. Stimiamo al contrario che i richiedenti di cui non solo il diritto ad un processo equo ma anche il diritto al rispetto dei loro beni è stato violato, non dovrebbero, sulla base di un’applicazione rigida di una regola procedurale, essere privati di un compenso per il danno patrimoniale effettivamente subito. Per le ragioni di equità, stimiamo che c’era luogo di accordarloro una soddisfazione equa per riparare il danno patrimoniale. Ciò ci sembra di tanto più giustificato nello specifico che la metodologia per il calcolo degli importi è stata fissata già nelle sentenze anteriori (vedere qui di seguito).

5. Per valutare il danno patrimoniale subito in ragione della disposizione interpretativa controversa, stimiamo che conviene basarsi sul dibattito sottoposi dinnanzi alle giurisdizioni interne relative alla riconoscenza dell’anzianità acquisita presso delle amministrazioni locali e, pertanto, sulle somme accordate da queste giurisdizioni sulla base di questa anzianità o, a difetto, sugli importi ci relativi sollecitati dinnanzi ad esse (vedere, mutatis mutandis, Arnolin ed altri c. Francia, nostri 20127/03, 31795/03, 35937/03, 2185/04, 4208/04, 12654/04, 15466/04, 15612/04, 27549/04, 27552/04, 27554/04, 27560/04, 27566/04, 27572/04, 27586/04, 27588/04, 27593/04, 27599/04, 27602/04, 27605/04, 27611/04, 27615/04, 27632/04, 34409/04 e 12176/05, § 87, 9 gennaio 2007, o, a tutto di meno, sulle somme che derivano della riconoscenza dell’anzianità precitata. Gli importi sottomessi alla valutazione delle giurisdizioni interne e riconosciute con esse sono stati giudicati pertinenti in una causa recente contro l’Italia che riguardava anche gli effetti di un intervento legislativo nei procedimenti in corso, Azienda Agricola Silverfunghi S.a.s. ed altri c. Italia, nostri 48357/07, 52677/07, 52687/07 e 52701/07, § 113, 24 giugno 2014, non definitivo.
Certamente, la Corte non sarebbe in grado di pronunciarsi in piena cognizione di causa sugli importi ad accordare anche molto tempo che il Governo non avrebbe prodotto i calcoli necessari. È per questa ragione che avremmo preferito che la Corte conclusa che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 in quanto al danno patrimoniale non si trovava in stato e che c’era luogo di riservarla.

Testo Tradotto

Conclusions: Violation de l’article 6 – Droit à un procès équitable (Article 6 – Procédure civile Article 6-1 – Procès équitable) Violation de l’article 1 du Protocole n° 1 – Protection de la propriété (article 1 al. 1 du Protocole n° 1 – Respect des biens)

DEUXIÈME SECTION

AFFAIRE CALIGIURI ET AUTRES c. ITALIE

(Requêtes nos 657/10, 27897/10, 27908/10 et 64297/10)

ARRÊT

STRASBOURG

9 septembre 2014

Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Caligiuri et autres c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Işıl Karakaş, présidente,
Guido Raimondi,
András Sajó,
Helen Keller,
Paul Lemmens,
Robert Spano,
Jon Fridrik Kjølbro, juges,
et de Abel Campos, greffier adjoint de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 1er juillet 2014,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. À l’origine de l’affaire se trouvent quatre requêtes (nos 657/10, 27897/10, 27908/10 et 64297/10) dirigées contre la République italienne et dont plusieurs ressortissants de cet Etat (« les requérants » – voir le tableau récapitulatif ci-annexé et la liste des requérants) ont saisi la Cour en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérants ont été représentés par OMISSIS, avocat à Catanzaro, et OMISSIS, avocat à Benevent. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté par son agent, Mme E. Spatafora et par son coagent, Mme P. Accardo.
3. Le 23 août 2011, les requêtes ont été communiquées au Gouvernement.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Les requérants étaient employés par les Provinces de Catanzaro, Piacenza et Messine et exerçaient des fonctions relevant du personnel des écoles (assistants administratifs, collaborateurs, assistants techniques et responsables administratifs dans les écoles : le « personnel ATA »). Ils avaient droit à un salaire de base, assorti d’indemnités accessoires.
5. Suite au transfert du personnel de la fonction publique territoriale vers la fonction publique de l’Etat, prévu par la loi no 124 du 3 mai 1999, les requérants furent employés, à partir du 31 décembre 1999, par le ministère de l’Education Nationale (« le ministère »). Les employés déjà en poste dudit ministère, exerçant les mêmes fonctions que les requérants, avaient droit à un traitement de base progressif selon l’ancienneté de service.
6. Selon l’article 8 de la loi no 124 susmentionnée, l’ancienneté de service acquise par les requérants auprès des collectivités locales devait être reconnue à toutes fins juridiques et économiques. Toutefois, le ministère attribua aux requérants une ancienneté fictive, en transformant la rétribution de base perçue des collectivités locales à la date du 31 décembre 1999 en années d’ancienneté et, au mépris du contrat collectif national de l’Ecole, il calcula leur traitement pécuniaire sans tenir compte de leur ancienneté de service réelle, acquise jusqu’à cette date. En outre, en transformant la rétribution de base en années d’ancienneté fictive, le ministère enleva des dernières fiches de paie des requérants tous les éléments indemnitaires dont leurs salaires étaient régulièrement assortis jusqu’au 31 décembre 1999.
7. Les requérants saisirent les tribunaux du travail de Sondrio et Milan afin d’obtenir la reconnaissance juridique et économique de l’ancienneté acquise auprès de leurs employeurs locaux d’origine et, en conséquence, le versement de la différence de rétribution née à partir du 1er janvier 2000. Ils firent valoir qu’ils percevaient un salaire qui ne correspondait pas à leur ancienneté et que ce salaire était ainsi inférieur à celui des fonctionnaires qui avaient toujours été employés par le ministère.
8. Dans les requêtes nos 27897/10, 27908/10 et 64297/10, les tribunaux accueillirent les recours des requérants et condamnèrent le ministère à reconnaître l’ancienneté acquise par les intéressés auprès des collectivités locales. Le ministère interjeta appel de ces jugements.
9. Dans la requête no 657/10, le tribunal de Catanzaro rejeta le recours de la requérante. Elle interjeta appel de ce jugement.
10. Alors que ces procédures étaient pendantes, le Parlement adopta la loi de finances pour 2006 (« la loi no 266 »). L’article 1, alinéa 218, de ladite loi était intitulé « interprétation authentique (interpretazione autentica) de l’article 8 de la loi no 124 de 1999 » ; il prévoyait que le personnel ATA devait être intégré dans les tableaux de paye de la nouvelle administration sur la base du traitement salarial global des intéressés au moment de la mutation.
11. Par plusieurs arrêts, les cours d’appel, compte tenu de la loi no 266 et de la jurisprudence de la Cour constitutionnelle, rendirent des décisions contraires aux prétentions des requérants (voir tableau ci-annexé).
12. Les requérants ont perdu la reconnaissance de l’ancienneté acquise auprès des autorités locales d’origine. De surcroît, ils ont vu leurs salaires devenir inférieurs à ceux d’autres membres du personnel ATA qui avaient obtenu gain de cause par des décisions ayant acquis la force de la chose jugée avant l’entrée en vigueur de la loi no 266.
13. Des informations pertinentes sur les faits relatifs à ces procédures sont contenues dans le tableau récapitulatif en annexe.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
14. Le droit et la jurisprudence internes pertinents se trouvent décrits dans les arrêts Agrati et autres c. Italie, (nos 43549/08, 6107/09 et 5087/09, 7 juin 2011) et De Rosa c. Italie, (nos 52888/08, 58528/08, 59194/08, 60462/08, 60473/08, 60628/08, 61116/08, 61131/08, 61139/08, 61143/08, 610/09, 4995/09, 5068/09 et 5141/09, 11 décembre 2012).
EN DROIT
I. SUR LA JONCTION DES REQUÊTES
15. Compte tenu de la similitude des requêtes quant aux faits et au problème de fond qu’elles posent, la Cour estime nécessaire de les joindre et décide de les examiner conjointement dans un seul arrêt.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DES ARTICLES 6 DE LA CONVENTION ET 1 DU PROTOCOLE No 1
16. Les requérants se plaignent de l’intervention législative en cours de procédure qui, selon eux, a porté atteinte à leur droit à un procès équitable. Ils indiquent que la jurisprudence avait déjà reconnu que les anciens fonctionnaires territoriaux avaient droit à la reconnaissance de leurs anciennetés acquises auprès des autorités locales de provenance. Sans intervention législative, ils pouvaient donc avoir une espérance légitime, pratiquement une certitude, d’obtenir satisfaction. Les requérants estiment que seul l’intérêt financier de l’administration, qui ne suffisait pas à caractériser un motif impérieux d’intérêt général, a motivé l’intervention législative en question. En outre, les requérants estiment que le caractère rétroactif de l’article 1 de la loi de finances pour 2006 les a privés de leurs biens dans la mesure où cette disposition a mis fin de manière définitive au litige les opposant à l’administration.
Ils invoquent l’article 6 de la Convention ainsi que l’article 1 du Protocole no 1, ainsi libellés en leurs parties pertinentes :
Article 6 § 1
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) par un tribunal (…) qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
Article 1 du Protocole no 1
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international. »
17. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Sur la recevabilité
18. La Cour constate que les requêtes ne sont pas manifestement mal fondées au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs qu’elles ne se heurtent à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de les déclarer recevables.
B. Sur le fond
1. Arguments des parties
a. Les requérants
19. Les requérants font valoir que suite à leur transfert, ils ont reçu un traitement salarial globalement inférieur à celui perçu auparavant, car ils ont perdu tous les éléments indemnitaires accessoires dont leur traitement était assorti.
20. Les requérants réaffirment qu’ils ont été exclus de toute augmentation contractuelle ainsi que des avantages prévus seulement dans les contrats des collectivités locales, tels que les indemnités de qualification, de repas, de roulement, de risque de disponibilité, etc.
21. Ils rappellent que la Cour de cassation avait souligné officiellement, par une jurisprudence claire et consolidée, que « la loi est sans équivoque pour attacher au transfert l’effet de reconnaissance de l’ancienneté ». Les requérants affirment également que l’arrêt de la Cour constitutionnelle ne serait pas correct.
22. Sous l’angle de l’article 6 § 1 de la Convention, les requérants font valoir qu’il n’y avait aucun motif impérieux d’intérêt général susceptible de justifier l’ingérence dans la détermination judiciaire en cause en l’espèce.
23. Les requérants rappellent que la loi interprétative no 266 est intervenue presque six ans après la décision de transférer le personnel, alors que le transfert lui-même se trouvait déjà complètement réalisé depuis plus de cinq ans, et que la Cour de cassation avait déjà éliminé toute incertitude éventuelle d’interprétation à ce sujet. De plus, la norme interprétative avait été dissimulée dans une loi de finances.
24. S’agissant de l’article 1 du Protocole no 1, les requérants font valoir qu’ils disposaient au moment de l’introduction de leurs recours avant l’adoption de la loi litigieuse d’une espérance légitime de les voir couronnés de succès en raison d’une jurisprudence interne qui leur était favorable.
25. Les requérants concluent au caractère disproportionné de la mesure litigieuse et à la violation de l’article 1 du Protocole no 1.
b. Le Gouvernement
26. Le Gouvernement s’oppose à la thèse des requérants. Il affirme qu’à la suite de leur transfert, les requérants auraient continué à exercer les mêmes fonctions avec le même salaire, et que toute l’ancienneté acquise avait été reconnue aux fins de leur retraite. La seule différence, selon le Gouvernement, était que l’ancienneté acquise pendant le service accompli dans la fonction publique territoriale ne pouvait pas entraîner une augmentation salariale par rapport au traitement économique dont les intéressés jouissaient avant leur transfert.
27. En outre, le Gouvernement rappelle que cette interprétation de la loi no 124 de 1999 avait été entérinée par l’un des accords passées entre l’administration (ARAN) et les syndicats des employés puis confirmé dans le décret ministériel du 5 avril 2001.
28. Quant à l’article 6 § 1 de la Convention, le Gouvernement affirme qu’étant donné que des contentieux s’étaient multipliés sur l’ensemble du territoire, le législateur était intervenu par le biais d’une loi interprétative afin de combler le vide juridique qui s’était créé, en tenant compte de la difficulté de régler cette matière par la voie d’accords collectifs ou par les soins du pouvoir réglementaire : le but était d’éviter des augmentations injustifiées des salaires et une disparité de traitement entre différentes catégories d’employés. Selon le Gouvernement, qui se réfère à cet égard à plusieurs arrêts de la Cour en matière d’interventions législatives, on ne saurait parler de reformatio in peius de la position des requérants.
29. Dans les présentes affaires, les requérants, qui ne disposaient pas d’un arrêt définitif et exécutoire, ont essayé de profiter d’une aubaine et d’un vide juridique ainsi que de l’insuffisance des accords collectifs et de l’incapacité du pouvoir à régler cette matière. L’intervention du législateur était donc parfaitement prévisible et répondait à une évidente et impérieuse justification d’intérêt général (OGIS-Institut Stanislas, OGEC Saint-Pie X et Blanche de Castille et autres c. France, nos 42219/98 et 54563/00, 27 mai 2004). Selon le Gouvernement, cette situation s’apparente à celle du législateur dans l’affaire National & Provincial Building Society, Leeds Permanent Building Society et Yorkshire Building Society c. Royaume-Uni, 23 octobre 1997, Recueil des arrêts et décisions 1997 VII. Il estime qu’en plus, dans les cas d’espèce, l’intervention du législateur a permis de prévenir la création de situations discriminatoires au sein du personnel ATA. Il en conclut qu’il existait bien un impérieux motif d’intérêt public au sens de la jurisprudence de la Cour.
30. Enfin, le Gouvernement rappelle que la Cour constitutionnelle a jugé que l’intervention du législateur n’était contraire ni à la Constitution italienne ni à la Convention.
31. Quant à l’article 1 du Protocole no 1, le Gouvernement est d’avis que, lors de l’adoption de la loi de finances pour 2006, les requérants n’étaient pas titulaires d’une créance certaine et exigible envers l’Etat puisqu’aucun jugement définitif n’avait encore été rendu dans leur procédure. Il fait référence pour cela aux affaires Fernandez-Molina Gonzalez et autres c. Espagne ((déc.), nº 64359/01, CEDH 2002 IX) et Raffineries grecques Stran et Stratis Andreadis c. Grèce (9 décembre 1994, série A no 301 B) et en conclut que les requérants n’étaient pas titulaires d’un « bien » au sens de l’article 1 du Protocole no 1.
32. Il fait valoir que l’ingérence du législateur dans l’administration de la justice était justifiée par « d’impérieux motifs d’intérêt général ». Contrairement à ce que soutiennent les requérants, il considère que l’objectif pour le législateur n’était pas de faire échec aux procédures en cours mais d’intervenir pour remplir un vide juridique, et souligne que ce motif a été clairement rappelé par la Cour constitutionnelle dans sa décision du 26 novembre 2009. Il estime qu’un tel objectif constitue, en l’espèce, un « impérieux motif d’intérêt général ».
2. Appréciation de la Cour
33. La Cour rappelle avoir conclu, dans des affaires soulevant des questions semblables à celles de la présente espèce, à la violation de l’article 6 § 1 de la Convention et de l’article 1 du Protocole no 1 (Agrati et autres c. Italie, et De Rosa c. Italie, arrêts précités). Après avoir examiné tous les éléments qui lui ont été soumis en l’espèce, elle considère que le Gouvernement n’a exposé aucun fait ni argument pouvant mener à une conclusion différente dans la présente affaire. Compte tenu de sa jurisprudence en la matière, elle estime qu’en l’espèce l’intervention législative litigieuse, qui visait à régler définitivement et de manière rétroactive, le fond du litige opposant la requérante à l’Etat devant les juridictions internes, n’était pas justifiée par d’impérieux motifs d’intérêt général et a fait peser une « charge anormale et exorbitante » sur les requérants. De plus, l’atteinte portée à leurs biens a revêtu un caractère disproportionné, rompant le juste équilibre entre les exigences de l’intérêt général et la sauvegarde des droits fondamentaux des individus.
34. Partant, la Cour conclut à la violation des articles 6 § 1 et 1 du Protocole no1 à la Convention
III. SUR LES AUTRES VIOLATIONS ALLÉGUÉES
35. Invoquant les articles 8 et 13 de la Convention, la requérante Raffelina Caligiuri (requête no 657/10) se plaint également d’une atteinte à son droit au respect de sa vie privée et familiale et dénonce une violation de son droit à un recours effectif résultant du fait que la cour d’appel a rejeté son recours.
36. La Cour note tout d’abord que ces griefs ne sont pas étayés. Pour autant qu’ils soulèvent des questions distinctes de celles examinées plus haut et dans la mesure où elle est compétente pour connaître des allégations formulées, la Cour ne relève aucune apparence de violation des droits et des libertés garantis par la Convention. Partant, elle déclare ces griefs irrecevables.
37. Sous l’angle de l’article 14, la requérante se plaint d’avoir fait l’objet d’une discrimination par rapport aux autres anciens membres du personnel ATA qui ont obtenu gain de cause par des décisions ayant acquis la force de la chose jugée avant l’entrée en vigueur de la nouvelle loi.
38. Elle invoque l’article 14 de la Convention qui dispose :
« La jouissance des droits et libertés reconnus dans la (…) Convention doit être assurée, sans distinction aucune, fondée notamment sur le sexe, la race, la couleur, la langue, la religion, les opinions politiques ou toutes autres opinions, l’origine nationale ou sociale, l’appartenance à une minorité nationale, la fortune, la naissance ou toute autre situation. »
39. La Cour observe que ce grief, tel qu’il a été présenté par la requérante, est étroitement lié à celui tiré de l’article 6 de la Convention et doit lui aussi être déclaré recevable. Toutefois, eu égard aux conclusions auxquelles elle est parvenue sous l’angle de l’article 6 § 1 (paragraphes 33 et 34 ci-dessus), elle ne juge pas nécessaire de l’examiner séparément.
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
40. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage matériel
1. Arguments des parties
a. Les requérants
41. Dans la requête no 657/10, la requérante réclame une indemnité de 40 000 euros (EUR) laquelle comprendrait également les pertes entraînées par la diminution de sa pension de retraite. Elle joint un certificat de service ainsi que la liste des salaires reçus entre 1996 et 2007.
42. Dans les requêtes nos 27897/10, 27908/10 et 64297/10, les requérants demandent à la Cour de rétablir la situation antérieure à la loi litigieuse en sommant l’Etat de payer toutes les différences de salaire.
43. A cet égard, les requérants joignent plusieurs documents du ministère des Finances et des dirigeants des écoles sans toutefois chiffrer leurs prétentions. A défaut de restitutio in integrum, les requérants demandent de nommer un expert afin d’évaluer le montant à allouer à chaque requérant.
44. Dans la requête no 64297/10, les requérantes envoient des aperçus des différences salariales sur la base de deux différents calculs. Elles joignent les fiches de paiement de janvier 2010 et de janvier 2012. Dans les documents annexés aux requêtes, elles quantifient leur dommage de la manière suivante :
OMISSIS demande soit une somme de 152 484,77 EUR, soit une somme de 177 802,24 EUR ;
OMISSIS demande soit une somme de 202 268 EUR, soit une somme de 214 298,21 EUR ;
OMISSIS demande une somme de 211 650 EUR.
b. Le Gouvernement
45. Le Gouvernement s’oppose aux demandes des requérants. Il insiste sur le fait que les requérants n’ont subi aucune régression salariale. Par le biais de la temporisation, les employés provenant de collectivités locales sont uniformisés au traitement pratiqué pour les employés du ministère de l’Éducation dont ils font partie à la suite du transfert.
2. Appréciation de la Cour
46. La Cour rappelle tout d’abord que l’article 60 du règlement de la Cour prévoit que : « Sauf décision contraire du président de la chambre, le requérant doit soumettre ses prétentions, chiffrées et ventilées par rubrique et accompagnées des justificatifs pertinents, dans le délai qui lui a été imparti pour la présentation de ses observations sur le fond. Si le requérant ne respecte pas les exigences décrites dans les paragraphes qui précèdent, la chambre peut rejeter tout ou partie de ses prétentions » (Romet c. Pays-Bas, no 7094/06, §§ 65-66, 14 février 2012 ; G.R. c. Pays-Bas, no 22251/07, § 61, 10 janvier 2012 ; Mihai Toma c. Roumanie, no 1051/06, § 40, 24 janvier 2012 et K.U. c. Finlande, no 2872/02, § 58, CEDH 2008).
47. La Cour note que dans toutes les requêtes, les requérants n’ont pas dûment chiffré leurs prétentions. Ils n’indiquent pas, pour chaque requérant, quelles ont été les pertes subies par effet de l’entrée en vigueur de la loi litigieuse, mais appuient leur demande de satisfaction équitable sur des documents généraux (des tableaux des différentes tranches salariales pour le personnel des écoles, des arrêtés de titularisation des dirigeants des écoles, des déclarations de revenus, des attestations de travail).
48. La Cour ne saurait déduire des documents présentés par les requérants le dommage matériel effectivement subi.
49. S’agissant en particulier de la requête no 64297/10, la Cour note que les demandes des requérantes ne sont ni précises ni fondées sur des documents à l’égard desquels on pourrait déduire un dommage matériel effectivement subi.
Dans ces circonstances, elle estime qu’il n y a pas lieu d’octroyer une somme à ce titre.
B. Dommage moral
50. Les requérants demandent 10 000 EUR chacun au titre du dommage moral.
51. Le Gouvernement n’a pas présenté d’observations à ce sujet.
52. La Cour estime que les constats de violation auxquels elle est parvenue constituent en soi une satisfaction équitable pour le préjudice moral subi par les requérants.
C. Frais et dépens
53. S’agissant des frais et dépens, le requérants demandent les sommes suivantes :
Dans la requête no 657/10, sans justificatifs à l’appui, la requérante demande la somme de 6 000 euros (EUR) pour les frais de la procédure devant la Cour.
Dans les requêtes nos 27897/10, 27908/10 et 64297/10, justificatifs à l’appui, les requérants demandent respectivement 16 652,50 EUR pour chaque requête pour les frais de la procédure devant la Cour.
54. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En outre, lorsque la Cour constate une violation de la Convention, elle n’accorde au requérant le paiement des frais et dépens qu’il a exposés devant les juridictions nationales que dans la mesure où ils ont été engagés pour prévenir ou faire corriger par celles-ci ladite violation. Cependant, la Cour estime que les montants réclamés par les requérants dans les requêtes nos 27897/10, 27908/10 et 64297/10 sont excessifs. Par conséquent elle accorde 2 000 EUR à ce titre pour chacune de ces requêtes.
55. S’agissant de la requête no 657/10, la Cour relève que la requérante n’a pas fourni de justificatifs à l’appui de sa demande et décide de ne rien allouer à ce titre.
D. Intérêts moratoires
56. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR
1. Décide, à l’unanimité, de joindre les requêtes ;

2. Déclare, à l’unanimité, les requêtes nos 27897/10, 27908/10 et 64297/10 recevables quant aux griefs tirés des articles 6 § 1 et 1 du Protocole no 1 à la Convention ;

3. Déclare, à l’unanimité, la requête no 657/10 recevable quant aux griefs tirés des articles 6 § 1, 14 et 1 du Protocole no 1 à la Convention et irrecevable pour le surplus ;

4. Dit, à l’unanimité, qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;

5. Dit, à l’unanimité, qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention ;

6. Dit, à l’unanimité, qu’il n’y a pas lieu d’examiner le grief tiré de l’article 14 de la Convention dans la requête no 657/10 ;

7. Dit, à l’unanimité,
a) que l’État défendeur doit verser aux requérants, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif en vertu de l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :

Requête no 64297/10

i) 2 000 EUR (deux mille euros), conjointement aux requérantes, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt pour frais et dépens ;

Requête no27897/10

i) 2 000 EUR (deux mille euros), conjointement aux requérants plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt pour frais et dépens ;
Requête no 27908/10

i) 2 000 EUR (deux mille euros), conjointement aux requérants plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt pour frais et dépens ;

b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;

8. Rejette, par quatre voix contre trois, la demande de satisfaction équitable pour le surplus.

Fait en français, puis communiqué par écrit le 9 septembre 2014, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Abel Campos Işıl Karakaş
Greffier adjoint Présidente

Au présent arrêt se trouve joint, conformément aux articles 45 § 2 de la Convention et 74 § 2 du règlement, l’exposé de l’opinion séparée des juges Karakaş, Sajó et Lemmens.

A.I.K.
A.C.

OPINION PARTIELLEMENT DISSIDENTE DES JUGES KARAKAŞ, SAJÓ ET LEMMENS

1. Nous sommes d’accord avec nos collègues pour conclure qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention et de l’article 1 du Protocole no 1. À notre regret, nous ne pouvons toutefois nous rallier à la position de la majorité en ce qui concerne la satisfaction équitable à accorder aux requérants au titre du préjudice matériel.

2. La présente affaire concerne les effets d’une disposition interprétative, à savoir l’article 1, alinéa 218, de la loi no 266 (du 23 décembre 2005) de finances pour 2006 sur les droits pécuniaires du personnel non enseignant de l’enseignement public transféré d’administrations locales au ministère de l’Éducation nationale. Comme il est rappelé dans l’arrêt (paragraphe 33), cette disposition a déjà donné lieu à un certain nombre d’affaires devant la Cour, en particulier l’affaire Agrati et autres c. Italie (nos 43549/08, 6107/09 et 5087/09, fond, 7 juin 2011, et satisfaction équitable, 8 novembre 2012), et l’affaire De Rosa c. Italie (nos 52888/08, 58528/08, 59194/08, 60462/08, 60473/08, 60628/08, 61116/08, 61131/08, 61139/08, 61143/08, 610/09, 4995/09, 5068/09 et 5141/09, 11 décembre 2012)[1].
Dans la première affaire, la Cour a conclu à la violation de l’article 6 § 1 de la Convention et de l’article 1 du Protocole no 1 ; dans la seconde affaire, elle a seulement conclu à la violation de l’article 6 § 1 de la Convention, seule disposition invoquée par les requérants. Dans la présente affaire, tout comme dans l’affaire Agrati et autres, la Cour dit qu’il y a eu violation des deux dispositions précitées.
Nous tenons à rappeler que la violation de l’article 1 du Protocole no 1, constatée par la Cour dans l’affaire Agrati et autres – et confirmée dans la présente affaire –, résultait notamment du fait qu’au moment où le législateur avait adopté la disposition « interprétative », en décembre 2005, il existait une jurisprudence claire de la Cour de cassation (et du Conseil d’État) selon laquelle la législation alors en vigueur garantissait au personnel transféré l’ancienneté acquise dans son administration d’origine, en termes d’années, de sorte qu’il avait droit au salaire correspondant, dans les échelles du ministère, à une telle ancienneté. Cette interprétation a été contredite par la loi interprétative, qui dispose que ce n’est pas l’ancienneté mais seulement le niveau de salaire qui est garanti (Agrati et autres (fond), précité, §§ 38-39).[2] Nous rappelons qu’en outre, l’ancienneté acquise dans les administrations locales par les requérants dans l’affaire Agrati et autres avait été reconnue pour la plupart d’eux par des juridictions d’appel. C’est au moment où des pourvois en cassation, introduits soit par le ministère soit par certains requérants, étaient pendants, que le législateur a adopté la loi litigieuse, empêchant ainsi définitivement que l’ancienneté soit intégralement reconnue (voir Agrati et autres (fond), précité, § 83).
S’agissant de l’application de l’article 41 de la Convention, la Cour a constaté dans les affaires Agrati et autres et De Rosa et autres ce qui suit : « la jurisprudence de la Cour de cassation était, avant l’adoption de la loi litigieuse, favorable à la position des requérants. Ainsi, si aucune violation de la Convention ne s’était produite, la situation des requérants aurait vraisemblablement été différente, dès lors qu’ils auraient pu se voir reconnaître l’ancienneté acquise auprès des collectivités locales [d’origine]. Partant, la Cour en déduit que la violation de la Convention constatée (…) est susceptible d’avoir causé aux requérants un dommage matériel » (Agrati et autres (satisfaction équitable), précité, § 13, et De Rosa et autres, précité, § 60). Dans l’affaire Agrati et autres, la Cour a noté : « le Gouvernement se borne à contester les demandes de satisfaction équitable chiffrées par les requérants sans toutefois produire aucun calcul. Par conséquent, la Cour juge raisonnable de dédommager le préjudice matériel des requérants à hauteur de la différence entre la rétribution qu’ils ont perçue effectivement (…) et celle à laquelle ils auraient dû avoir droit en l’absence de l’intervention législative litigieuse » (Agrati et autres (satisfaction équitable), précité, § 15).

3. En l’espèce, les cours d’appel qui ont examiné les affaires des requérants ont toutes rejeté les demandes de ceux-ci et ont donné gain de cause au ministère, sur la base de la loi no 266 précitée. Dans le cas de Mme Caligiuri (requête no 657/10), le tribunal du travail, statuant en première instance, s’était déjà prononcé dans le même sens ; dans le cas des autres requérants (nos 27897/10, 27908/10 et 64297/10), les tribunaux du travail, qui avaient statué avant l’adoption de la loi précitée en se fondant sur la jurisprudence de la Cour de cassation, avaient donné gain de cause aux requérants et ordonné au ministère de reconnaître l’intégralité de leur ancienneté acquise auprès de leurs administrations locales d’origine aux fins du calcul de leurs salaires et des avantages y afférents (paragraphes 8-11 de l’arrêt). Au moins dans certains cas, les tribunaux du travail avaient explicitement ordonné au ministère de payer aux requérants la différence entre le salaire effectivement perçu par eux et le salaire auquel ils avaient droit sur la base de l’ancienneté précitée.
Tous les requérants dans la présente affaire pouvaient au départ invoquer la jurisprudence de la Cour de cassation, qui leur était favorable. Ils bénéficiaient ainsi tous d’un intérêt patrimonial qui, selon la jurisprudence de la Cour, constituait, sinon une créance à l’égard de l’État, du moins une « espérance légitime » de pouvoir obtenir le paiement des sommes réclamées sur la base de l’ancienneté acquise auprès des administrations locales (Agrati et autres (fond), précité, § 74). En ôtant aux requérants cette créance ou cette espérance légitime, la disposition interprétative litigieuse leur a causé un préjudice matériel.

4. La majorité estime, quant au préjudice matériel, que la demande des requérants ne satisfait pas à l’article 60 du règlement de la Cour au motif qu’ils n’ont pas dûment chiffré leurs prétentions. En particulier, ils n’auraient pas indiqué quelles ont été les pertes subies par l’effet de l’entrée en vigueur de l’article 1, alinéa 218, de la loi no 266 précitée, et se seraient limités à appuyer leurs demandes sur des documents généraux (des tableaux de différentes tranches salariales pour le personnel des écoles, des arrêtés de titularisation des dirigeants des écoles, des déclarations de revenus, des attestations de travail – paragraphe 47 de l’arrêt). La majorité estime qu’elle ne peut déduire de ces documents le dommage qui a été effectivement subi (paragraphe 48 de l’arrêt). En ce qui concerne plus spécifiquement Mme Cacciola et consorts (requête no 64297/10), les demandes ne seraient ni précises ni fondées sur des documents dont on peut déduire l’ampleur du dommage matériel effectivement subi (paragraphe 49 de l’arrêt).
Selon l’article 60 du règlement de la Cour, un requérant doit chiffrer et ventiler par rubrique toutes ses prétentions, auxquelles il doit joindre les justificatifs nécessaires (paragraphe 2), faute de quoi la Cour peut rejeter ses demandes, en tout ou en partie (paragraphe 3).
Nous constatons que OMISSIS (requête no 657/10) réclame une indemnité d’un montant bien déterminé et qu’elle a joint à sa demande un certificat de service ainsi que la liste des salaires perçus entre 1996 et 2007 (paragraphe 41 de l’arrêt). OMISSIS et consorts (requête no 27897/10), OMISSIS et consorts (requête no 27908/10) et OMISSIS et consorts (no 64297/10) demandent explicitement à la Cour de rétablir la situation antérieure à la loi litigieuse et de sommer l’État défendeur de payer toutes les différences de salaire. Ils joignent à leurs demandes plusieurs documents du ministère des Finances et des dirigeants des écoles (paragraphes 42 et 43 de l’arrêt). Quant à OMISSIS et consorts, ils ont soumis à la Cour des aperçus des différences salariales sur la base de deux calculs différents. Ils ont également joint les fiches de paye de janvier 2010 et de janvier 2012. Dans les documents annexés à la requête, ils ont quantifié leur dommage (paragraphe 44 de l’arrêt). Le Gouvernement ne conteste pas les montants précités en soi, ni d’ailleurs aucun autre montant. Il prend seulement l’exemple des calculs faits par l’une des requérantes, Mme di Fazio (requête no 64297/10), pour essayer de démontrer qu’il n’y a pas eu de perte de salaire du tout. Son raisonnement est fondé sur des arguments qui touchent en réalité au bien-fondé du grief tiré du Protocole no 1, que la Cour rejette dans le présent arrêt (paragraphe 33), comme elle les a déjà rejetés dans l’affaire Agrati et autres.
Nous estimons que les calculs des requérants étaient suffisants, à ce stade, pour permettre à la Cour de considérer qu’il fallait leur accorder une satisfaction équitable au titre du préjudice matériel. Nous constatons par ailleurs que le fait que le Gouvernement n’a pas contesté les montants avancés par les requérants a été, dans l’affaire Agrati et autres, une des raisons pour lesquelles la Cour a décidé de leur accorder les montants qu’ils réclamaient pour perte de salaire (Agrati et autres (satisfaction équitable), précité, § 15).
Il ne nous paraît pas réaliste de demander à des membres du personnel de l’État de procéder eux-mêmes à un calcul détaillé de leurs salaires, sur la base de deux calculs différents (selon que l’ancienneté acquise auprès des administrations locales est intégralement maintenue ou que le seul niveau de salaire est plus ou moins maintenu). C’est un exercice pour lequel l’expertise nécessaire se trouve dans les administrations concernées.
Sans entrer dans le détail en ce qui concerne l’application de l’article 60 du règlement de la Cour, nous estimons en tout état de cause que, dans la présente affaire, la Cour n’aurait pas dû faire usage de la possibilité de rejeter les demandes de satisfaction équitable pour préjudice matériel qu’autorise le paragraphe 3 de cette disposition. Nous estimons au contraire que les requérants, dont non seulement le droit à un procès équitable mais également le droit au respect de leurs biens a été violé, ne devraient pas, sur la base d’une application rigide d’une règle procédurale, être privés d’une compensation pour le dommage matériel effectivement subi. Pour des raisons d’équité, nous estimons qu’il y avait lieu de leur accorder une satisfaction équitable pour réparer le préjudice matériel. Cela nous paraît d’autant plus justifié en l’espèce que la méthodologie pour le calcul des montants a déjà été fixée dans des arrêts antérieurs (voir ci-après).

5. Afin d’évaluer le préjudice matériel subi en raison de la disposition interprétative litigieuse, nous estimons qu’il convient de se fonder sur le débat soumis devant les juridictions internes relatif à la reconnaissance de l’ancienneté acquise auprès des administrations locales et, partant, sur les sommes accordées par ces juridictions sur la base de cette ancienneté ou, à défaut, sur les montants y relatifs sollicités devant elles (voir, mutatis mutandis, Arnolin et autres c. France, nos 20127/03, 31795/03, 35937/03, 2185/04, 4208/04, 12654/04, 15466/04, 15612/04, 27549/04, 27552/04, 27554/04, 27560/04, 27566/04, 27572/04, 27586/04, 27588/04, 27593/04, 27599/04, 27602/04, 27605/04, 27611/04, 27615/04, 27632/04, 34409/04 et 12176/05, § 87, 9 janvier 2007) ou, à tout le moins, sur les sommes découlant de la reconnaissance de l’ancienneté précitée. Les montants soumis à l’appréciation des juridictions internes et reconnus par elles ont été jugés pertinents dans une affaire récente contre l’Italie, qui concernait également les effets d’une intervention législative dans des procédures en cours (Azienda Agricola Silverfunghi S.a.s. et autres c. Italie, nos 48357/07, 52677/07, 52687/07 et 52701/07, § 113, 24 juin 2014, non définitif).
Bien sûr, la Cour ne serait pas en mesure de se prononcer en pleine connaissance de cause sur les montants à accorder aussi longtemps que le Gouvernement n’aurait pas produit les calculs nécessaires. C’est pour cette raison que nous aurions préféré que la Cour conclue que la question de l’application de l’article 41 quant au préjudice matériel ne se trouvait pas en état et qu’il y avait lieu de la réserver.

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