Conclusioni: Violazione dell’articolo 6 – Diritto ad un processo equo, Articolo 6 – Procedimento civile Articolo 6-1 – Processo equo, Violazione dell’articolo 1 del Protocollo n° 1 – Protezione della proprietà, articolo 1 al. 1 del Protocollo n° 1 – Rispetto dei beni,
SECONDA SEZIONE
CAUSA CALIGIURI ED ALTRI C. ITALIA
(Richieste nostri 657/10, 27897/10, 27908/10 e 64297/10)
SENTENZA
STRASBURGO
9 settembre 2014
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nel causa Caligiuri ed altri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta di:
Egli ıKaraka, şpresidentessa,
Guido Raimondi,
András Sajó,
Helen Keller,
Paul Lemmens,
Robert Spano,
Jon Fridrik Kjølbro, giudici,
e di Abele Campos, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 1 luglio 2014,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trovano quattro richieste, numeri 657/10, 27897/10, 27908/10 e 64297/10, dirette contro la Repubblica italiana e in cui parecchi cittadini di questo Stato (“i richiedenti”-vedere il quadro riassuntivo qui-annesso e l’elenco dei richiedenti, hanno investito la Corte in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono stati rappresentati da OMISSIS, avvocato a Catanzaro, ed OMISSIS, avvocato a Benevento. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora e col suo coagente, la Sig.ra P. Accardo.
3. Il 23 agosto 2011, le richieste sono state comunicate al Governo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I richiedenti erano impiegati presso le Province di Catanzaro, Piacenza e Messina ed esercitavano delle funzioni che dipendevano dal personale delle scuole, assistenti amministrativi, collaboratori, assistenti tecnici e responsabile amministrativi nelle scuole: il “personale ATA”). Avevano diritto ad un stipendio di base, assortito di indennità accessorie.
5. Seguito al trasferimento del personale della funzione pubblica territoriale verso la funzione pubblica dello stato, previsto con la legge no 124 del 3 maggio 1999, i richiedenti furono adoperati, a partire dal 31 dicembre 1999, col ministero dell’educazione Nazionale (“il ministero”). Gli impiegati già in stazione di suddetto ministero, esercitando le stesse funzioni che i richiedenti, avevano diritto ad un stipendio base progressivo secondo l’anzianità di servizio.
6. Secondo l’articolo 8 della legge no 124 suddetto, l’anzianità di servizio acquisito presso dai richiedenti delle collettività locali doveva essere riconosciuta ad ogni fine giuridica ed economica. Tuttavia, il ministero assegnò ai richiedenti un’anzianità fittizia, trasformando la retribuzione di base percepita delle collettività locali alla data del 31 dicembre 1999 in anni di anzianità e, al disprezzo del contratto collettivo nazionale della scuola, calcolò il loro trattamento pecuniario senza tenere conto della loro anzianità di servizio reale, acquisita fino a questa data. Inoltre, trasformando la retribuzione di base in anni di anzianità fittizia, il ministero tolse delle ultime schede di paga dei richiedenti tutti gli elementi indennizzanti di cui i loro stipendi erano abbinati regolarmente fino al 31 dicembre 1999.
7. I richiedenti investirono i tribunali del lavoro di Sondrio e Milano per ottenere la riconoscenza giuridica ed economica dell’anzianità acquisita presso dei loro datori di lavoro locali di origine e, perciò, il versamento della differenza di retribuzione nato a partire dal 1 gennaio 2000. Fecero valere che percepivano un stipendio che non corrispondeva alla loro anzianità e che questo stipendio era così inferiore a quello dei funzionari che erano sempre stati adoperati dal ministero.
8. Nelle richieste nostri 27897/10, 27908/10 e 64297/10, i tribunali accolsero i ricorsi dei richiedenti e condannarono il ministero a riconoscere l’anzianità acquisita presso dagli interessati delle collettività locali. Il ministero interpose appello di questi giudizi.
9. Nella richiesta no 657/10, il tribunale di Catanzaro respinse il ricorso del richiedente. Interpose appello di questo giudizio.
10. Mentre questi procedimenti erano pendenti, il Parlamento adottò la legge di finanze per 2006 (“la legge no 266”). L’articolo 1, capoverso 218, di suddetta legge era intitolato “interpretazione autentica, interpretazione autentica, dell’articolo 8 della legge no 124 del 1999”; contemplava che il personale ATA doveva essere integrato nei quadri di paga della nuova amministrazione sulla base del trattamento salariale globale degli interessati al momento del trasferimento.
11. Con parecchie sentenze, i corsi di appello, tenuto conto della legge no 266 e della giurisprudenza della Corte costituzionale, resero delle decisioni contrarie alle pretese dei richiedenti (vedere quadro qui-annesso).
12. I richiedenti hanno perso la riconoscenza dell’anzianità acquisita presso delle autorità locali di origine. Per di più, hanno visto i loro stipendi diventare inferiori a quelli di altri membri del personale ATA che aveva ottenuto guadagno di causa con le decisioni avendo acquisito la forza della cosa giudicata in vigore prima dell’entrata della legge no 266.
13. Delle informazione pertinenti sui fatti relativi a questi procedimenti sono contenute nel quadro riassuntivo qui accluso.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
14. Il diritto e la giurisprudenza interni pertinenti si trovano descritti nei sentenze Agrati ed altri c. Italia, (nostri 43549/08, 6107/09 e 5087/09, 7 giugno 2011, e Di Rosa c. Italia, (nostri 52888/08, 58528/08, 59194/08, 60462/08, 60473/08, 60628/08, 61116/08, 61131/08, 61139/08, 61143/08, 610/09, 4995/09, 5068/09 e 5141/09, 11 dicembre 2012,,,.
IN DIRITTO
I. SULLA CONGIUNZIONE DELLE RICHIESTE
15. Tenuto conto della similitudine delle richieste in quanto ai fatti ed al problema di fondo che pongono, la Corte stima necessaria di unirli e decida di esaminarli congiuntamente in una sola sentenza.
II. Su La Violazione Addotta Degli Articoli 6 Di La Convenzione E 1 Del Protocollo No 1
16. I richiedenti si lamentano dell’intervento legislativo durante procedimento che, secondo essi, ha recato offesa al loro diritto ad un processo equo. Indicano che la giurisprudenza aveva riconosciuto già che i vecchi funzionari territoriali avevano diritto alla riconoscenza delle loro anzianità acquisite presso delle autorità locali di provenienza. Senza intervento legislativo, potevano avere una speranza legittima dunque, praticamente una certezza, di ottenere soddisfazione. I richiedenti stimano che solo l’interesse finanziario dell’amministrazione che non bastava a caratterizzare un motivo imperioso di interesse generale, ha motivato l’intervento legislativo in questione. Inoltre, i richiedenti stimano che il carattere retroattivo dell’articolo 1 della legge di finanze per 2006 li ha privati dei loro beni nella misura in cui questa disposizione ha messo fine in modo definitiva alla controversia l’oppositore all’amministrazione.
Invocano l’articolo 6 della Convenzione così come l’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato nelle loro parti pertinenti,:
Articolo 6 § 1
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita da un tribunale chi deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
Articolo 1 del Protocollo no 1
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
17. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
18. La Corte constata che le richieste non sono manifestamente mal fondate al senso dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararli ammissibili dunque.
B. Sul fondo
1. Argomenti delle parti
a. I richiedenti
19. I richiedenti fanno valere che in seguito al loro trasferimento, hanno ricevuto un trattamento salariale globalmente inferiore a quello percepito prima, perché hanno perso tutti gli elementi indennizzanti accessori di cui il loro trattamento era abbinato.
20. I richiedenti riaffermano che sono stati esclusi solamente di ogni aumento contrattuale così come dei vantaggi previsti nei contratti delle collettività locali, come le indennità di qualifica, di pasto, di circolazione, di rischio di disponibilità, ecc.
21. Ricordano che la Corte di cassazione aveva sottolineato ufficialmente, con una giurisprudenza chiara e consolidata, che “la legge è senza equivoca per legare al trasferimento l’effetto di riconoscenza dell’anzianità.” I richiedenti affermano anche che la sentenza della Corte costituzionale non sarebbe corretta.
22. Sotto l’angolo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, i richiedenti fanno valere che non c’era nessuno motivo imperioso di interesse generale suscettibile di giustificare l’ingerenza nella determinazione giudiziale in causa nello specifico.
23. I richiedenti ricordano che la legge interpretativo no 266 è intervenuto quasi sei anni dopo la decisione di trasferire il personale, mentre il trasferimento sé si trovava già completamente realizzato da più di cinque anni, e che la Corte di cassazione aveva eliminato già ogni incertezza eventuale di interpretazione a questo motivo. Di più, la norma interpretativa era stata dissimulata in una legge di finanze.
24. Trattandosi dell’articolo 1 del Protocollo no 1, i richiedenti fanno valere che disponevano al momento dell’introduzione dei loro ricorsi prima dell’adozione della legge controversa di una speranza legittimo di vedere essi coronati di successo in ragione di una giurisprudenza interna che era loro favorevole.
25. I richiedenti concludono al carattere sproporzionato della misura controversa ed alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
b. Il Governo
26. Il Governo oppone alla tesi dei richiedenti. Afferma che in seguito al loro trasferimento, i richiedenti avrebbero continuato ad esercitare le stesse funzioni con lo stesso stipendio, e che tutta l’anzianità acquisita era stata riconosciuta alle fini della loro pensione. La sola differenza, secondo il Governo, era che l’anzianità acquisita durante il servizio compiuto nella funzione pubblica territoriale non poteva provocare un aumento salariale rispetto al trattamento economico di cui gli interessati godevano prima del loro trasferimento.
27. Inoltre, il Governo ricorda che questa interpretazione della legge no 124 del 1999 era stato interinato da uno degli accordi passati tra le amministrazioni, ARAN, ed i sindacati degli impiegati poi confermati nel decreto ministeriale del 5 aprile 2001.
28. In quanto all’articolo 6 § 1 della Convenzione, il Governo afferma che dato che dei contenziosi si erano moltiplicati sull’insieme del territorio, il legislatore era intervenuto dal verso di una legge interpretativa per colmare il vuoto giuridico che si era creato, tenendo conto della difficoltà di regolare questa materia con la via di accordi collettivi o con le cure del potere regolamentare: lo scopo era di evitare degli aumenti ingiustificati degli stipendi ed una disparità di trattamento tra differenti categorie di impiegati. Secondo il Governo che si riferisce a questo riguardo a parecchie sentenze della Corte in materia di interventi legislativi, non si saprebbe parlare di reformatio in peius della posizione dei richiedenti.
29. Nelle presenti cause, i richiedenti che non disponevano di una sentenza definitiva ed esecutiva, hanno provato di approfittare di una fortuna e di un vuoto giuridico così come dell’insufficienza degli accordi collettivi e dell’incapacità del potere a regolare questa materia. L’intervento del legislatore era perfettamente prevedibile dunque e rispondeva ad un’evidente ed imperiosa giustificazione di interesse generale, OGIS-istituto Stanislas, OGEC Santo-gazza X e Minima di Castiglia ed altri c. Francia, i nostri 42219/98 e 54563/00, 27 maggio 2004. Secondo il Governo, questa situazione si apparentarsi a quella del legislatore nella causa Nazionale & Provinciale Edificio Society, Leeds Permanente Edificio Society e Yorkshire Edificio Society c. Regno Unito, 23 ottobre 1997, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997 VII. Stima che ne più, nei casi di specifico, l’intervento del legislatore ha permesso di prevenire la creazione di situazioni discriminatorie in seno al personale ATA. Ne conclude che esisteva bene un imperioso motivo di interesse pubblico al senso della giurisprudenza della Corte.
30. Infine, il Governo ricorda che la Corte costituzionale ha giudicato che l’intervento del legislatore non era contrario né alla Costituzione italiana né alla Convenzione.
31. In quanto all’articolo 1 del Protocollo no 1, il Governo è di parere che, all’epoca dell’adozione della legge di finanze per 2006, i richiedenti non erano titolari di un credito certo ed esigibile verso lo stato poiché nessuno giudizio definitivo era stato reso ancora nel loro procedimento. Fa riferimento per ciò ai cause Fernandez-Molina Gonzalez ed altri c. Spagna (, déc.), nº 64359/01, CEDH 2002 IX, e Raffinerie greci Stran e Stratis Andreadis c. Grecia, 9 dicembre 1994, serie Ha no 301 B, e ne conclude che i richiedenti non erano titolari di un “bene” al senso dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
32. Fa valere che l’ingerenza del legislatore nell’amministrazione della giustizia era giustificata dagli imperiosi motivi di interesse generale.” Contrariamente a ciò che sostiene i richiedenti, considera che l’obiettivo per il legislatore non era di fare fallimento ai procedimenti in corso ma di intervenire per assolvere un vuoto giuridico, e sottolinea che questo motivo è stato ricordato chiaramente dalla Corte costituzionale nella sua decisione del 26 novembre 2009. Stima che un tale obiettivo costituisce, nello specifico, un “imperioso motivo di interesse generale.”
2. Valutazione della Corte
33. La Corte ricorda avere concluso, nelle cause che sollevano delle questioni simili a queste del presente genere, alla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo no 1, Agrati ed altri c. Italia, e Di Rosa c. Italia, sentenze precitate. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che gli sono stati sottomessi nello specifico, considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento potendo condurre ad una conclusione differente nella presente causa. Tenuto conto della sua giurisprudenza stima in materia, che nello specifico l’intervento legislativo controverso che mirava a regolare definitivamente ed in modo retroattiva, il fondo della controversia che oppone il richiedente allo stato dinnanzi alle giurisdizioni interne, non era giustificata dagli imperiosi motivi di interesse generale e ha fatto pesare un “carico anormale ed esorbitante” sui richiedenti. Di più, l’attentato portato ai loro beni ha rivestito un carattere sproporzionato, rompendo appena che il, equilibra tra le esigenze dell’interesse generale e la salvaguardia dei diritti fondamentali degli individui.
34. Pertanto, la Corte conclude alla violazione degli articoli 6 § 1 e 1 del Protocollo no1 alla Convenzione
III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
35. Invocando gli articoli 8 e 13 della Convenzione, il richiedente OMISSIS, richiesta no 657/10, si lamenta anche di un attentato al suo diritto al rispetto della sua vita privata e familiare e denuncia una violazione del suo diritto ad un ricorso effettivo che risulta per il fatto che la corte di appello ha respinto il suo ricorso.
36. La Corte nota innanzitutto che questi motivi di appello non sono supportati. Per quanto sollevano delle questioni distinte di queste esaminato più alto e nella misura in cui è competente per conoscere delle affermazioni formulate, la Corte non rileva nessuna apparenza di violazione dei diritti e delle libertà garantiti dalla Convenzione. Pertanto, dichiara questi motivi di appello inammissibili.
37. Sotto l’angolo dell’articolo 14, il richiedente si lamenta di essere stato oggetto di una discriminazione rispetto agli altri vecchi membri del personale ATA che ha ottenuto guadagno di causa con le decisioni avendo acquisito la forza della cosa giudicata in vigore prima dell’entrata della nuova legge.
38. Invoca l’articolo 14 della Convenzione che dispone:
“Il godimento dei diritti e libertà riconobbero nel Convenzione deve essere garantita, senza distinzione nessuna, fondata in particolare sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, gli opinioni politici od ogni altra opinione, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, la fortuna, la nascita o tutta altra situazione. “
39. La Corte osserva che questo motivo di appello, come è stato presentato dal richiedente, è legato strettamente a quello tirato dell’articolo 6 della Convenzione e deve anche egli essere dichiarato ammissibile. Tuttavia, avuto riguardo ai conclusioni alle quali è giunta sotto l’angolo dell’articolo 6 § 1, paragrafi 33 e 34 sopra, non giudica necessaria di esaminarlo separatamente.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
40. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno patrimoniale
1. Argomenti delle parti
a. I richiedenti
41. Nella richiesta no 657/10, il richiedente richiede un’indennità di 40 000 euro (EUR che comprenderebbe anche le perdite provocate dalla diminuzione della sua pensione di pensione). Unisce un certificato di servizio così come l’elenco degli stipendi ricevuti tra 1996 e 2007.
42. Nelle richieste nostri 27897/10, 27908/10 e 64297/10, i richiedenti chiedono alla Corte di ristabilire la situazione anteriore alla legge controversa intimando lo stato di pagare tutte le differenze di stipendio.
43. A questo riguardo, i richiedenti uniscono parecchi documenti del ministero delle Finanze e dei dirigenti delle scuole senza valutare tuttavia le loro pretese. A difetto di restitutio in integrum, i richiedenti chiedono di nominare un perito per valutare l’importo ad assegnare ad ogni richiedente.
44. Nella richiesta no 64297/10, i richiedenti mandano delle idee delle differenze salariali sulla base di due differenti calcoli. Uniscono le schede di pagamento di gennaio 2010 e di gennaio 2012. Nei documenti annessi alle richieste, quantificano il loro danno del seguente modo:
OMISSIS chiede sia una somma di 152 484,77 EUR, o una somma di 177 802,24 EUR;
OMISSIS chiede sia una somma di 202 268 EUR, o una somma di 214 298,21 EUR;
OMISSIS chiede una somma di 211 650 EUR.
b. Il Governo
45. Il Governo oppone alle domande dei richiedenti. Insiste sul fatto che i richiedenti non hanno subito nessuna regressione salariale. Col verso del temporeggiamento, gli impiegati che provengono da collettività locali sono uniformati al trattamento praticato per gli impiegati del ministero dell’educazione di cui fanno parte in seguito al trasferimento.
2. Valutazione della Corte
46. La Corte ricorda innanzitutto che l’articolo 60 dell’ordinamento della Corte contempla che: “Salvo decisione contraria del presidente della camera, il richiedente deve sottoporre le sue pretese, valutate e ripartite da rubrica ed accompagnate dei giustificativi pertinenti, nel termine che gli è stato assegnato per la presentazione delle sue osservazioni sul fondo. Se il richiedente non rispetta le esigenze descritte nei paragrafi che precedono, la camera può respingere tutto o partire delle sue pretese”, Romet c. Paesi Bassi, no 7094/06, §§ 65-66, 14 febbraio 2012; G.R. c. Paesi Bassi, no 22251/07, § 61, 10 gennaio 2012; Mihai Toma c. Romania, no 1051/06, § 40, 24 gennaio 2012 e K.U. c. Finlandia, no 2872/02, § 58, CEDH 2008.
47. La Corte nota che in tutte le richieste, i richiedenti non hanno valutato debitamente le loro pretese. Non indicano, per ogni richiedente, quale sono stati le perdite subite in vigore da effetto dell’entrata della legge controversa, ma appoggiano la loro domanda di soddisfazione equa su dei documenti generali, dei quadri delle differenti decidi salariali per il personale delle scuole, delle ordinanze di titolarizzazione dei dirigenti delle scuole, delle dichiarazioni di redditi, degli attestati di lavoro.
48. La Corte non saprebbe dedurre dei documenti presentati dai richiedenti il danno patrimoniale effettivamente subito.
49. Trattandosi in particolare della richiesta no 64297/10, la Corte nota che le domande dei richiedenti non sono né precise né fondate su dei documenti al riguardo dai quali si potrebbe dedurre un danno patrimoniale effettivamente subito.
In queste circostanze, stima che egli n non ha luogo di concedere una somma a questo titolo.
B. Danno giuridico
50. I richiedenti chiedono 10 000 EUR ciascuno a titolo del danno giuridico.
51. Il Governo non ha presentato di osservazioni a questo motivo.
52. La Corte stima che le constatazioni di violazione ai quali è giunta costituiscono in si una soddisfazione equa per il danno giuridico subito dai richiedenti.
C. Oneri e spese
53. Trattandosi degli oneri e spese, i richiesti chiedono il seguente è:
Nella richiesta no 657/10, senza giustificativi all’appoggio, il richiedente chiede la somma di 6 000 euro (EUR) per gli oneri del procedimento dinnanzi alla Corte.
Nelle richieste nostri 27897/10, 27908/10 e 64297/10, giustificativi all’appoggio, i richiedenti chiedono rispettivamente 16 652,50 EUR per ogni richiesta per gli oneri del procedimento dinnanzi alla Corte.
54. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese che nella misura in cui si trovano stabilisco la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevoli del loro tasso. Inoltre, quando la Corte constata una violazione della Convenzione, non accorda al richiedente il pagamento degli oneri e spese che ha esposto dinnanzi alle giurisdizioni nazionali che nella misura in cui sono stati impegnati per prevenire o fare correggere con queste suddetta violazione. Però, la Corte stima che gli importi richiesti dai richiedenti nelle richieste nostri 27897/10, 27908/10 e 64297/10 sono eccessivi. Di conseguenza accorda 2 000 EUR a questo titolo per ciascuna di queste richieste.
55. Trattandosi della richiesta no 657/10, la Corte rileva che il richiedente non ha fornito di giustificativo a sostegno della sua domanda e decidi di non assegnare niente a questo titolo.
D. Interessi moratori
56. La Corte giudica appropriata di ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti di percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Decide, all’unanimità, di unire le richieste,;
2. Dichiara, all’unanimità, le richieste nostri 27897/10, 27908/10 e 64297/10 ammissibili in quanto ai motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1 e 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
3. Dichiara, all’unanimità, la richiesta no 657/10 ammissibile in quanto ai motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1, 14 e 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione ed inammissibile per il surplus;
4. Stabilisce, all’unanimità, che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
5. Stabilisce, all’unanimità, che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
6. Stabilisce, all’unanimità, che non c’è luogo di esaminare il motivo di appello derivato dell’articolo 14 della Convenzione nella richiesta no 657/10;
7. Stabilisce, all’unanimità,
ha, che lo stato convenuto deve versare ai richiedenti, nei tre mesi a contare del giorno dove la sentenza sarà diventata definitiva in virtù dell’articolo 44 § 2 della Convenzione, il seguente somme:
Richiesta no 64297/10
i) 2 000 EUR, duemila euro, congiuntamente ai richiedenti, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta per oneri e spese;
Richiesta no27897/10
i) 2 000 EUR, duemila euro, congiuntamente ai richiedenti più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta per oneri e spese;
Richiesta no 27908/10
i)2 000 EUR, duemila euro, congiuntamente ai richiedenti più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta per oneri e spese;
b) che a contare della scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno ad aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti di percentuale,;
8. Respinge, per quattro voci contro tre, la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 9 settembre 2014, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Abele Campos Egli ıKarakaş
Cancelliere aggiunto Presidentessa
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell’ordinamento, l’esposizione dell’opinione si separata dai giudici Karakaş, Sajó e Lemmens.
A.I.K.
A.C.
OPINIONE PARZIALMENTE DISSIDENTE DEI GIUDICI KARAKAŞ, SAJÓ E LEMMENS
1. Siamo di accordo coi nostri colleghi per concludere che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Al nostro dispiacere, non possiamo radunarci tuttavia alla posizione della maggioranza in ciò che riguarda la soddisfazione equa ad accordare ai richiedenti a titolo del danno patrimoniale.
2. La presente causa riguarda gli effetti di una disposizione interpretativa, a sapere l’articolo 1, capoverso 218, della legge no 266, del 23 dicembre 2005, di finanze per 2006 sui diritti pecuniari del personale non insegnante dell’insegnamento pubblico trasferito di amministrazioni locali al ministero dell’educazione nazionale. Siccome è ricordato nella sentenza (paragrafo 33), questa disposizione ha dato già adito a certo numero di cause dinnanzi alla Corte, in particolare il causa Agrati ed altri c. Italia, nostri 43549/08, 6107/09 e 5087/09, fondo, 7 giugno 2011, e soddisfazione equa, 8 novembre 2012, e la causa Di Rosa c. Italia, nostri 52888/08, 58528/08, 59194/08, 60462/08, 60473/08, 60628/08, 61116/08, 61131/08, 61139/08, 61143/08, 610/09, 4995/09, 5068/09 e 5141/09, 11 dicembre 2012)[1].
Nella prima causa, la Corte ha concluso alla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo no 1; nel secondo mi affaccendo, ha concluso solamente alla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, unica disposizione invocata dai richiedenti. Nella presente causa, tutto come nel causa Agrati ed altri, la Corte dice che c’è stata violazione delle due disposizioni precitate.
Teniamo a ricordare che la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1, constatata dalla Corte nel causa Agrati ed altri-e confermata nella presente causa-, risultava in particolare per il fatto che au momento dove il legislatore aveva adottato la disposizione “interpretativa”, nel dicembre 2005, esisteva una giurisprudenza chiara della Corte di cassazione, e del Consiglio di stato secondo la quale la legislazione garantiva allora in vigore al personale trasferito l’anzianità acquisita nella sua amministrazione di origine, in termini di anni, così che aveva diritto allo stipendio corrispondente, nelle scale del ministero, ad una tale anzianità. Questa interpretazione è stata contraddetta dalla legge interpretativa che dispone che non è l’anzianità ma solamente il livello di stipendio che è garantito, Agrati ed altri (fondo), precitato, §§ 38-39. [2] ricordiamo che inoltre, l’anzianità acquisita nelle amministrazioni locali coi richiedenti nel causa Agrati ed altri erano state riconosciute per la maggior parte di essi con le giurisdizioni di appello. Questo è nel momento in cui dei ricorsi in cassazione, introdotti o col ministero sia con certi richiesti, erano pendenti, che il legislatore ha adottato la legge controversa, impedendo così definitivamente che l’anzianità sia riconosciuta integralmente, vedere Agrati ed altri (fondo), precitato, § 83.
Trattandosi dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione, la Corte ha constatato nei cause Agrati ed altri e Di Rosa ed altri ciò che segue: “la giurisprudenza della Corte di cassazione era, prima dell’adozione della legge controversa, favorevole alla posizione dei richiedenti. Così, così nessuna violazione della Convenzione non si era prodursi, la situazione dei richiedenti sarebbe stata verosimilmente differente, dal momento che si sarebbero potuti vedere riconoscere l’anzianità acquisita presso delle collettività locali [di origine]. Pertanto, la Corte deduce ne che la violazione della Convenzione constatata è suscettibile di avere causato ai richiedenti un danno patrimoniale”, Agrati ed altri (soddisfazione equa), precitato, § 13, e Di Rosa ed altri, precitato, § 60. Nel causa Agrati ed altri, la Corte ha notato: “il Governo si limita a contestare le domande di soddisfazione equa valutata dai richiedenti senza produrre tuttavia nessuno calcolo. Di conseguenza, la Corte giudica ragionevole di risarcire il danno patrimoniale dei richiedenti all’altezza la differenza tra le retribuzioni che hanno percepito infatti e quell’alla quale avrebbero dovuto avere diritto nella mancanza dell’intervento legislativo controverso”, Agrati ed altri (soddisfazione equa), precitato, § 15.
3. Nello specifico, i corsi di appello che hanno esaminato le cause dei richiedenti hanno respinto tutte le domande di questi e hanno dato guadagno di causa al ministero, sulla base della legge no 266 precitato. Nel caso della Sig.ra Caligiuri, richiesta no 657/10, il tribunale del lavoro, deliberando in prima istanza, si era pronunciato già nello stesso senso; nel caso degli altri richiedenti, nostri 27897/10, 27908/10 e 64297/10, i tribunali del lavoro che avevano deliberato prima dell’adozione della legge precitata basandosi sulla giurisprudenza della Corte di cassazione, avevano dato guadagno di causa ai richiedenti ed ordinato al ministero di riconoscere l’interezza della loro anzianità acquisita presso ci delle loro amministrazioni locali di origine alle fini del calcolo dei loro stipendi e dei vantaggi afferente (paragrafi 8-11 della sentenza). Almeno in certi casi, i tribunali del lavoro avevano ordinato esplicitamente al ministero di pagare ai richiedenti la differenza tra gli stipendi effettivamente percepito da essi e lo stipendio al quale avevano diritto sulla base dell’anzianità precitata.
Tutti i richiedenti nella presente causa potevano alla partenza invocare la giurisprudenza della Corte di cassazione che era loro favorevole. Beneficiavano così tutti di un interesse patrimoniale che, secondo la giurisprudenza della Corte, costituiva, se no un credito al riguardo dello stato, del meno una “speranza legittimo” di potere ottenere il pagamento delle somme richieste sulla base dell’anzianità acquisita presso delle amministrazioni locali, Agrati ed altri (fondo), precitato, § 74. Togliendo questo credito o questa speranza legittima ai richiedenti, la disposizione interpretativa controversa ha causato loro un danno patrimoniale.
4. La maggioranza stima, in quanto al danno patrimoniale, che la domanda dei richiedenti non soddisfa all’articolo 60 dell’ordinamento della Corte al motivo che non hanno valutato debitamente le loro pretese. In particolare, non avrebbero indicato quale sono stati le perdite subite in vigore dall’effetto dell’entrata dell’articolo 1, capoverso 218, della legge no 266 precitato, e si sarebbero limitati ad appoggiare le loro domande su dei documenti generali, dei quadri delle differenti decidi salariali per il personale delle scuole, delle ordinanze di titularisation dei dirigenti delle scuole, delle dichiarazioni di redditi, degli attestati di lavoro-paragrafo 47 della sentenza. La maggioranza stima che non può dedurre di questi documenti il danno che è stato subito effettivamente (paragrafo 48 della sentenza). In ciò che riguarda più specificamente la Sig.ra Cacciola e consorti, richiesta no 64297/10, le domande non sarebbero né precise né fondate su dei documenti di cui si può dedurre l’ampiezza del danno patrimoniale effettivamente subito (paragrafo 49 della sentenza).
Secondo l’articolo 60 dell’ordinamento della Corte, un richiedente deve valutare e deve ripartire con rubrica tutte le sue pretese alle quali deve unire i giustificativo necessari (paragrafo 2), mancanza di cui la Corte può respingere le sue domande, in tutto o partire ne (paragrafo 3).
Constatiamo che OMISSIS, richiesta no 657/10, richiedi bene un’indennità di un importo determinato e che ha unito alla sua domanda un certificato di servizio così come l’elenco degli stipendi percepiti tra 1996 e 2007 (paragrafo 41 della sentenza). OMISSIS e consorti, richiesta no 27897/10, OMISSIS e consorti, richiesta no 27908/10, ed OMISSIS e consorti (no 64297/10) chiedono esplicitamente alla Corte di ristabilire la situazione anteriore alla legge controversa e di intimare allo stato convenuto di pagare tutte le differenze di stipendio. Uniscono parecchi documenti alle loro domande del ministero delle Finanze e dei dirigenti delle scuole, paragrafi 42 e 43 della sentenza. In quanto ad OMISSIS e consorti, hanno sottoposto alla Corte delle idee delle differenze salariali sulla base di due calcoli differenti. Hanno unito anche le schede di paga di gennaio 2010 e di gennaio 2012. Nei documenti annessi alla richiesta, hanno quantificato il loro danno (paragrafo 44 della sentenza). Il Governo non contesta gli importi precitati in si, né del resto nessuno altro importo. Prende solamente l’esempio dei calcoli fatti da una dei richiedenti, la Sig.ra di Fazio, richiesta no 64297/10, per provare a dimostrare che non c’è stata perdita di stipendio del tutto. Il suo ragionamento è fondato su degli argomenti che toccano in realtà alla fondatezza del motivo di appello tratto dal Protocollo no 1, che la Corte respinge nella presente sentenza (paragrafo 33), siccome li ha respinti già nel causa Agrati ed altri.
Stimiamo che i calcoli dei richiedenti erano sufficienti, a questo stadio, per permettere alla Corte di considerare che bisognava accordare loro una soddisfazione equa a titolo del danno patrimoniale. Constatiamo peraltro che il fatto che il Governo non ha contestato gli importi avanzati dai richiedenti è stato, nel causa Agrati ed altri, una delle ragioni per che la Corte ha deciso di accordare loro gli importi che richiedevano per perdita di stipendio, Agrati ed altri (soddisfazione equa), precitato, § 15.
Non ci sembra realistico di chiedere ai membri del personale dello stato di procedere loro stessi ad un calcolo dettagliato dei loro stipendi, sulla base di due calcoli differenti, a seconda che l’anzianità acquisita presso delle amministrazioni locali è mantenuta integralmente o che il solo livello di stipendio è mantenuto più o meno. È un esercizio per che la perizia necessaria si trova nelle amministrazioni riguardate.
Senza entrare nel dettaglio in ciò che riguarda l’applicazione dell’articolo 60 dell’ordinamento della Corte, stimiamo ad ogni modo che, nella presente causa, la Corte non avrebbe dovuto fare uso della possibilità di respingere le domande di soddisfazione equa per danno patrimoniale che autorizza il paragrafo 3 di questa disposizione. Stimiamo al contrario che i richiedenti di cui non solo il diritto ad un processo equo ma anche il diritto al rispetto dei loro beni è stato violato, non dovrebbero, sulla base di un’applicazione rigida di una regola procedurale, essere privati di un compenso per il danno patrimoniale effettivamente subito. Per le ragioni di equità, stimiamo che c’era luogo di accordarloro una soddisfazione equa per riparare il danno patrimoniale. Ciò ci sembra di tanto più giustificato nello specifico che la metodologia per il calcolo degli importi è stata fissata già nelle sentenze anteriori (vedere qui di seguito).
5. Per valutare il danno patrimoniale subito in ragione della disposizione interpretativa controversa, stimiamo che conviene basarsi sul dibattito sottoposi dinnanzi alle giurisdizioni interne relative alla riconoscenza dell’anzianità acquisita presso delle amministrazioni locali e, pertanto, sulle somme accordate da queste giurisdizioni sulla base di questa anzianità o, a difetto, sugli importi ci relativi sollecitati dinnanzi ad esse (vedere, mutatis mutandis, Arnolin ed altri c. Francia, nostri 20127/03, 31795/03, 35937/03, 2185/04, 4208/04, 12654/04, 15466/04, 15612/04, 27549/04, 27552/04, 27554/04, 27560/04, 27566/04, 27572/04, 27586/04, 27588/04, 27593/04, 27599/04, 27602/04, 27605/04, 27611/04, 27615/04, 27632/04, 34409/04 e 12176/05, § 87, 9 gennaio 2007, o, a tutto di meno, sulle somme che derivano della riconoscenza dell’anzianità precitata. Gli importi sottomessi alla valutazione delle giurisdizioni interne e riconosciute con esse sono stati giudicati pertinenti in una causa recente contro l’Italia che riguardava anche gli effetti di un intervento legislativo nei procedimenti in corso, Azienda Agricola Silverfunghi S.a.s. ed altri c. Italia, nostri 48357/07, 52677/07, 52687/07 e 52701/07, § 113, 24 giugno 2014, non definitivo.
Certamente, la Corte non sarebbe in grado di pronunciarsi in piena cognizione di causa sugli importi ad accordare anche molto tempo che il Governo non avrebbe prodotto i calcoli necessari. È per questa ragione che avremmo preferito che la Corte conclusa che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 in quanto al danno patrimoniale non si trovava in stato e che c’era luogo di riservarla.