Conclusione Violazione dell’art. 6-1
TERZA SEZIONE
CAUSA CALABRÒ C. ITALIA
( Richiesta no 17426/02)
SENTENZA
STRASBURGO
23 marzo 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Calabrò c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Vladimiro Zagrebelsky, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Ineta Ziemele, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 2 marzo 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 17426/02) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, P. C. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 15 aprile 2002 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, e dal suo coagente, il Sig. N. Lettieri.
3. Con una decisione dell’ 8 settembre 2005, la camera ha dichiarato la richiesta parzialmente ammissibile.
4. Tanto il richiedente che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte complementari (articolo 59 § 1 dell’ordinamento).
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1954 e risiede a Messina.
6. Fa l’avvocato al foro di Messina.
7. In una data non precisata, introdusse un procedimento civile per opporsi ad un’ingiunzione di pagamento (decreto ingiuntivo), ottenuto dalla banca, Cassa di Risparmio per le provincie Siciliane. Con un’ordinanza del 1 febbraio 2001, la corte di appello di Messina sospese il procedimento in attesa del giudizio in un altro procedimento in corso dinnanzi al tribunale di Palermo, che opponeva il richiedente e suddetta banca.
8. Il 24 febbraio 2001, il richiedente che si ripresentava da sé, investì la Corte di cassazione sulla questione della competenza (regolamento di competenza). Contestava l’ordinanza di sospensione del procedimento dinnanzi alla corte di appello di Messina. Adduceva in particolare che il tribunale di Palermo non era competente e che la Corte di appello avrebbe dovuto, prima di sospendere il processo, dichiarare la nullità del giudizio del tribunale di Palermo.
9. Il 17 novembre 2001, il richiedente fu informato che la Corte di cassazione avrebbe esaminato il suo ricorso in camera del consiglio il 10 gennaio 2002, e che la procura aveva concluso all’inammissibilità del suo ricorso.
10. Il 18 dicembre 2001, il richiedente depositò alla cancelleria un esposto in difesa basandosi sull’articolo 375 del codice di procedura civile.
11. Con un’ordinanza del 10 gennaio 2002 di cui il testo fu depositato alla cancelleria il 4 marzo 2002, la Corte di cassazione respinse il ricorso formato dal richiedente. Osservò innanzitutto che l’articolo 375 del codice di procedimento civile non era applicabile e che di conseguenza il richiedente non poteva depositare di memoria in difesa. Rilevò poi che i motivi di appello del richiedente, cadendo sulla pretesa nullità del giudizio del tribunale al posto di cadere sulla questione della competenza, non potevano essere esaminati nella cornice di questo ricorso.
12. Di conseguenza, la Corte di cassazione dichiarò inammissibile il deposito dell’esposto in difesa del richiedente così come il ricorso che aveva formato.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
13. Gli articoli 375, 377 e 378 del codice di procedura civile fissano il procedimento da seguire in materia di decisioni prese in camera del consiglio, di determinazione di riunioni in camera del consiglio e di deposito di memorie.
14. L’articolo 375, nelle sue parti pertinenti nello specifico, è formulato così:
“Le conclusioni della procura sono notificate almeno venti giorni prima della riunione della Corte in camera del consiglio agli avvocati delle parti che hanno la facoltà di depositare un esposto nel termine indicato all’articolo 378. “
15. Il secondo capoverso dell’articolo 377 contempla che gli avvocati delle parti sono informati a cura del cancelliere almeno venti giorni prima della determinazione della riunione in camera del consiglio.
16. Infine, in materia di udienze, l’articolo 378 fissa a cinque giorni prima dell’udienza il termine di deposito da parte delle parti delle loro memorie alla cancelleria.
17. Secondo la giurisprudenza seguita all’epoca, l’articolo 375 del codice di procedura civile non era applicabile al ricorso sulla questione della competenza.
18. Tuttavia, con una sentenza dell’ 11 ottobre 2002, la Corte di cassazione, in camere riunite, ha dichiarato che l’articolo 375 era applicabile al ricorso sulla questione della competenza.
IN DIRITTO
SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
19. Il richiedente rimprovera alla Corte di cassazione di non avere preso in conto, al motivo che garantiva solo la difesa dei suoi interessi, l’esposto che aveva depositato per contestare le requisizioni della procura in quanto all’inammissibilità del suo ricorso in cassazione. Adduce che, ciò facendo, la Corte di cassazione ha fatto un errore, nella misura in cui aveva depositato il suo esposto in qualità di rappresentante di se stesso e non in qualità di richiedente. Invoca l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Sull’eccezione preliminare del Governo
20. Nelle sue osservazioni sul merito, il Governo sostiene che l’articolo 6 non è applicabile nello specifico al motivo che si tratterebbe di un procedimento incidentale teso unicamente a stabilire quale fosse il giudice competente per decidere il procedimento principale.
21. Nella misura in cui le osservazioni presentate dal Governo su questo punto si avvicinano ad un’eccezione preliminare derivata della non-applicabilità dell’articolo 6, la Corte ricorda che ai termini dell’articolo 55 del suo ordinamento, “[se] la Parte contraente convenuta intende sollevare un’eccezione di inammissibilità, deve farlo, per quanto la natura dell’eccezione e le circostanze lo permettano, nelle osservazioni scritte od orali sull’ammissibilità della richiesta .” Ora, risulta dalla pratica che questa condizione non si trova assolta nello specifico. C’è dunque decadenza.
B. Sul merito
1. Tesi difese dinnanzi alla Corte
a) Il Governo
22. Il Governo sostiene che all’epoca dei fatti la disposizione applicabile era quella contemplata all’articolo 47 del codice di procedura civile (CPC) che contempla che, quando una parte investe la Corte di cassazione sulla questione della competenza, questa corte ha l’obbligo di notificare il ricorso a tutte le parti che possono a questo stadio del procedimento depositare delle memorie. È solamente l’ 11 ottobre 2002 che la Corte di cassazione ha dichiarato che l’articolo 375 del CPC era applicabile per analogia al ricorso sulla questione della competenza.
23. Il Governo sostiene che ad ogni modo le osservazioni del richiedente non avrebbero potuto avere incidenza allo sguardo della soluzione giuridica considerata. Ricorda che la Corte di cassazione ha respinto il ricorso del richiedente al motivo che la questione della nullità del procedimento dinnanzi al tribunale non poteva essere oggetto di un esame nella cornice di questo ricorso. Stima che il ricorso era abusivo e manifestamente inammissibile.
24. Il Governo afferma inoltre che in materia di condizioni di ammissibilità di un esposto lo stato gode di un margine di valutazione. Peraltro, un scambio di memorie e di repliche sarebbe incompatibile col procedimento speciale riguardante la questione della competenza e ritarderebbe la decisione sul procedimento principale. Le limitazioni applicate inseguirebbero dunque uno scopo legittimo.
b) Il richiedente
25. Il richiedente contesta le osservazioni del Governo. Sostiene di essere stato privato della possibilità di rispondere alle conclusioni della procura e di influenzare a suo favore la decisione della Corte di cassazione. Adduce che l’impossibilità di replicare per iscritto ed oralmente alle conclusioni della procura ha portato attentato al suo diritto garantito dall’articolo 6 § 1.
Afferma inoltre che, il 23 luglio 2001, la Corte di cassazione ha convalidato la tesi che aveva sollevato nel suo esposto.
2. La valutazione della Corte
26. La Corte ricorda che il principio dell’uguaglianza delle armi-uno degli elementi della nozione più ampia di processo equo -richiede che ogni parte si veda offrire una possibilità ragionevole di presentare la sua causa in condizioni che non la pongano in una situazione di netto svantaggio rispetto al suo avversario (vedere, tra molte altre, Nideröst-Huber c. Svizzera, 18 febbraio 1997, § 23, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-I). Ricorda anche che il diritto ad un procedimento contraddittorio, in quanto a lui, implica in principio “la facoltà per le parti ai processi, penale o civile, di prendere cognizione di ogni documento od osservazione presentata al giudice, anche da un magistrato indipendente, in vista di influenzare la sua decisione e di discuterla” (Reinhardt e Slimane-Kaïd c. Francia, 31 marzo 1998, § 103, Raccolta 1998-II).
27. Nello specifico, la Corte deve esaminare se il rifiuto della Corte di cassazione di prendere in conto l’esposto che il richiedente aveva depositato per contestare le requisizioni della procura in quanto all’inammissibilità del suo ricorso in cassazione ha privato l’interessato della possibilità di presentare i suoi argomenti su una questione determinante per la conclusione del procedimento.
28. La Corte nota innanzitutto che l’Alta giurisdizione italiana non ha esaminato l’esposto del richiedente seguendo la sua giurisprudenza consolidata secondo la quale l’articolo 375 del codice di procedura civile non era applicabile ai ricorsi riguardanti una questione di competenza. Perciò, rileva che il fatto che il richiedente si difendeva da sé non ha avuto incidenza sul rigetto dell’esposto in causa e che lo stesso risultato si sarebbe prodotto se il richiedente fosse stato rappresentato da un avvocato.
29. Constata peraltro che la Corte di cassazione non ha deciso solamente la causa sulla base dell’esposto della procura, ma ha esaminato e respinto ampiamente tramite una decisione motivata i mezzi di ricorso del richiedente riguardanti la questione della competenza e la pretesa nullità del giudizio del tribunale di Palermo (paragrafo 11 sopra). La Corte stima dunque che l’esposto del richiedente che non è stato esaminato, non avrebbe avuto nessuna incidenza sulla conclusione della controversia nella misura in cui la soluzione giuridica considerata dall’Alta giurisdizione non era contestabile.
30. La Corte stima che il motivo di appello del richiedente si analizza piuttosto come una critica delle decisioni prese dalle giurisdizioni interne. A questo riguardo, ricorda che non ha per compito di conoscere degli errori di fatto o di diritto presumibilmente commessi da una giurisdizione interna, incombendo l’interpretazione della legislazione interna in primoluogo sulle autorità nazionali e, specialmente, sui corsi e tribunali (Tejedor García c. Spagna, 16 dicembre 1997, § 31, Raccolta 1997-VIII, e Garcßa Ruiz c. Spagna [GC], no 30544/96, § 28, CEDH 1999-I).
31. La Corte conclude che, nelle circostanze particolari della sua causa, il richiedente potrebbe sostenere che l’impossibilità per lui di replicare all’esposto della procura ha portato violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, salvo a riconoscergli un diritto senza reale portata né sostanza.
32. In conclusione, non c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
Stabilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 23 marzo 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente