Conclusione Parzialmente inammissibile; Violazione di P1-1; Danno materiale e danno morale – risarcimento
TERZA SEZIONE
CAUSA BURGHELEA C. ROMANIA
( Richiesta no 26985/03)
SENTENZA
STRASBURGO
27 gennaio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Burghelea c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura-Sandström, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Alvina Gyulumyan, Ineta Ziemele, Luccichi López Guerra, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 6 gennaio 2009,
Rende la sentenza che ha, adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 26985/03) diretta contro la Romania e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra I. B. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 21 luglio 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da I. F., avvocato a Bucarest. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. R. – H. Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 2 aprile 2007, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che sarebbero srari esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
I FATTI
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1952 e ha risieduto a Bucarest.
A. Occupazione del terreno del richiedente per la costruzione di una centrale idroelettrica e mancanza di accordo finale relativo alla vendita del terreno alle autorità
5. Col decreto no 326/1985, il Consiglio di stato autorizzò la costruzione di una centrale idroelettrica, “Calimanesti”, sul fiume Siret.
6. In virtù di una decisione del 17 settembre 1991 della commissione dipartimentale di Galaţi per l’applicazione della legge no 18/1991 nell’ambito fondiario (“la commissione dipartimentale” e “la legge no 18/1991”), con una decisione del 21 dicembre 1992, la commissione locale di Nicoresti ricostituì il diritto di proprietà del richiedente su 0,48 ettari di terreno e gli rilasciò un attestato provvisorio in questo senso fino all’emissione del titolo di proprietà.
7. Al termine degli studi realizzati nel 1993 e 1994, le autorità decisero, per ragioni tecniche e legate al costo dell’investimento, di cambiare il progetto iniziale e di occupare una superficie supplementare di circa 126 ettari di terreni appartenenti al villaggio di Nicoresti ed ad individui e di un valore stimato come relativamente ridotto. Pertanto, nel maggio 1994, la società pubblica H. (“la società H.”) affisse un annuncio presso il municipio di Nicoreşti (“il municipio”) per informare i cittadini di questo villaggio della sua intenzione di acquistare dei terreni nella cornice del progetto di una centrale idroelettrica.
8. Il 20 maggio 1994, il richiedente chiese al municipio “di autorizzare la vendita del terreno di 0,48 ettari”, cioè di metterla in possesso di questo terreno nel perimetro della futura centrale idroelettrica. In seguito a questa domanda, il municipio di Nicoresti la mise in possesso del terreno nel perimetro sollecitato e, il 30 agosto 1994, la commissione dipartimentale gli rilasciò il corrispondente titolo di proprietà.
9. Risulta dalla pratica che, detenendo l’elenco delle persone che erano state messe in possesso dei terreni nel perimetro in causa e che desideravano venderli, nel giugno 1994 o marzo 1995 la società H. dissodò suddetti terreni e li inondò. Basandosi sull’accordo di principio dei proprietari dei terreni, la società H. non procedette più alla dichiarazione di utilità pubblica, secondo il procedimento di espropriazione della legge no 33/1994, ma aveva intenzione di acquisire questi terreni fin dalla fine dell’interdizione di vendita dei dieci anni previsti dalla legge no 18/1991 e di pagare nel frattempo un affitto ai proprietari.
10. Durante l’anno 1995, il richiedente-che non abitava nel villaggio di Nicoresti -apprese dagli abitanti di Nicoresti che il suo terreno di 0,48 ettari era stato dissodato ed inondato durante i lavori realizzati dalla società H. Con una lettera del 10 maggio 1995, informò la società H. che toglieva l’offerta di vendita riguardante il suo terreno. In seguito, nell’ agosto e novembre 1996 e nel marzo 1998, chiese alla società H. di precisargli su che fondamento questa ultima aveva occupato il suo terreno e sollecitò la conclusione di un contratto di vendita.
11. Con le lettere del 29 agosto e del 19 novembre 1996, la società H. informò il richiedente che in seguito alla sua domanda del 20 maggio 1994, era stata iscritto sull’elenco delle persone “disposte a vendere” i terreni necessari alla costruzione della centrale idroelettrica. Peraltro, la società H. gli precisò che la vendita del terreno sarebbe stata conclusa dopo l’espropriazione a causa di utilità pubblica dei terreni riguardati in virtù della legge no 33/1994, che la pratica di espropriazione era in costituzione, e che un affitto fissato da un perito sarebbe stato pagato ai cittadini riguardati, sulla base di un contratto di affitto, come indicato dall’annuncio affisso al municipio, affitto che l’interessato avrebbe rifiutato all’epoca di una conversazione telefonica. Nella sua lettera del 9 marzo 1998, la società H. indicò che, i terreni necessari non potendo più essere occupati dopo il 1989 in virtù del decreto no 326/1985, aveva sollecitato l’accordo dei paesani per procedere all’inondazione, aspettando di concludere ulteriormente dei contratti di vendita “appena la legislazione lo avrebbe permesso.” Faceva valere che nel frattempo, un affitto negoziato veniva pagato ai paesani. Infine, il 20 luglio 1999, la società H. informò il richiedente della prossima acquisizione dei terreni in causa, motivo per cui nessuno affitto sarebbe stato più pagato per l’anno 1999 e l’invitò a partecipare ai futuri negoziati relativi al prezzo di vendita.
12. Risulta dalla pratica che, il 29 settembre 1999, dieci proprietari di terreni inondati tra cui il richiedente, incontrarono dei rappresentanti della società H., ma che i negoziati relativi al prezzo di vendita dei terreni fallirono: secondo il verbale redatto dai proprietari, avrebbero richiesto 12 dollari americani, USD, al metro quadrato (o l’equivalente in lei rumeni (ROL)) e la società H. avrebbe rifiutato di pagare un affitto per il 1999 o di trattare le clausole del loro contratto tipo.
13. Peraltro, coi “verbali di negoziato” del 6 agosto 1997, del 2 luglio 1998 e del 21 gennaio 2000, firmati dalla società H. e da parecchi proprietari di terreni inondati, le parti si accordarono sull’affitto annuo per suddetti terreni (1997-1999). Il 21 gennaio 2000, per un ettaro di terreno forestale, l’affitto fu fissato a 2 800 000 ROL ed il prezzo di vendita a 17 000 000 ROL, sulla base di una nota di un perito tecnico. Risulta dalla pratica che il richiedente non fu invitato personalmente a partecipare a queste riunioni.
14. Il 1 settembre 2000, il richiedente chiese alla società H. di concludere un contratto di locazione. Sebbene, con una lettera del 3 ottobre 2000, la società H. avesse espresso il suo accordo a concludere tale contratto, le parti non presero misure concrete in questo senso e non arrivarono alla firma di un contratto.
B. Procedimenti impegnati dal richiedente contro la società H.
1. Querele penali contro i dirigenti della società H.
15. Il 5 ottobre 1999, il richiedente investe la procura presso la Corte suprema di giustizia di una querela penale contro N.E, il dirigente della società H., per disturbo della proprietà, abuso di funzioni ed occupazione di terreni agricoli, reati puniti rispettivamente dagli articoli 220 e 247 del codice penale (CP) e con l’articolo 108 della legge no 18/1991. Il 30 maggio 2000 ed il 22 luglio 2002, la procura presso il tribunale dipartimentale di Tecuci rese dei non-luoghi a favore di N.E. in quanto ai due ultimi reati, al motivo in particolare che N.E. non era dirigente della società all’epoca dei fatti. Per lo stesso motivo, con un giudizio del 2 settembre 2002, il tribunale di prima istanza di Tecuci sciolse N.E. dal capo di disturbo della proprietà. Appellandosi all’articolo 346 § 3 del codice di procedimento penale (CPP), non si pronunciò sulla questione del richiedente che si era costituito parte civile per l’affitto dovuto dalla società H.
16. Con una sentenza definitiva del 15 novembre 2002, il tribunale dipartimentale di Galaţi, considerando che l’inondazione del terreno aveva avuto luogo nel marzo 1995, respinse il ricorso formato dal richiedente e confermò il precitato giudizio del 2 settembre 2002. Peraltro, al termine di un breve ragionamento obiter dicta che riguardava la possibilità per il richiedente di ottenere un risarcimento corrispondente al prezzo di vendita ed agli affitti, ragionamento che qualificò lui stesso come “rigorosamente teorico”, il tribunale stimò che la controversia tra le parti era probabilmente di natura civile. La contestazione per annullamento formata dall’interessato contro questa sentenza al motivo dell’illegalità della sua citazione a comparire fu respinta, senza riesame del merito della causa, con una sentenza del 6 febbraio 2003 del tribunale dipartimentale di Galaţi.
2. Azione di rivendicazione contro la società H.
17. Il 26 febbraio 2002, sulla base degli articoli 481 e 998-999 del codice civile, il richiedente investe il tribunale di prima istanza di un’azione di rivendicazione del terreno di 0,48 ettari contro la società H. chiese anche che la società H. fosse condannato a togliere la costruzione che aveva edificato illegalmente sul suo terreno sotto pena di una penale per giorno di ritardo.
18. Con un giudizio del 9 ottobre 2002, il tribunale di prima istanza respinse la sua azione al motivo che, essendo già il terreno inondato, l’interessata aveva solamente diritto ai danno-interessi. Rinviando ai fatti pertinenti ed all’articolo 481 precitato, giudicò che la centrale idroelettrica era un obiettivo di interesse nazionale, dunque di utilità pubblica ai sensi di questo articolo, e che la mancanza di pagamento preliminare dei risarcimenti si spiegava con l’offerta di vendita del richiedente.
19. Nelle sue vie di ricorso contro questo giudizio, il richiedente fece valere che dopo il 1989 nessuna statalizzazione potesse più essere effettuata sul fondamento di una decisione amministrativa, decreto no 326/1985, e che, affinché la sua lettera del 20 maggio 1994 avesse potuto costituire un’offerta di vendita valida, avrebbe dovuto indicare il prezzo di vendita. La società H. chiese ai tribunali di designare un perito per fissare il prezzo di vendita.
20. Con una sentenza definitiva del 7 ottobre 2003, la corte di appello di Galaþi respinse il ricorso formato dal richiedente. Confermò il giudizio del 9 ottobre 2002 ed aggiunse che la vendita del terreno non si era potuta concludersi a causa di mancanza di legislazione che l’autorizzasse.
21. Risulta dalle informazioni fornite dalla società H. che la grande maggioranza dei proprietari ha concluso dei contratti di vendita riguardanti i loro terreni occupati dalla centrale idroelettrica. Nel 2007, restavano circa ventidue contratti di vendita da firmare tra cui quello riguardante il terreno del richiedente, non avendo firmato la grande maggioranza dei proprietari causa i loro contratti in ragione dei necessari procedimenti di divisione successoria il cui costo avrebbe superato il prezzo di vendita offerto dalla società H. Nei suoi preventivi del 2007, l’affitto annuo per un ettaro di terreno forestale ammontava a 1 320 nuovi lei rumeni (Ron) ed il prezzo di vendita a 5 000 Ron ,o circa 400 euro (EUR) e 1 500 EUR rispettivamente.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
22. La legge no 33/1994 relativa all’espropriazione a causa di utilità pubblica (“la legge no 33/1994”), entrata in vigore il 2 giugno 1994, ha reiterato il principio fissato nell’articolo 41 (3) della Costituzione del 1991, che prevede che l’espropriazione può essere messa in opera solo per una causa di utilità pubblica, con un risarcimento preliminare, sulla base di una decisione dei tribunali. Peraltro, l’articolo 4 della legge no 33/1994 precisa che, se rispettano le condizioni di fondo e di forma, le parti in causa possono convenire la modalità di trasferimento del diritto di proprietà e l’importo dei risarcimenti, senza seguire il procedimento previsto da questa legge; inoltre, in caso di accordo sul primo punto, possono investire il tribunale solamente per fissare i risarcimenti.
23. In un giudizio definitivo del 30 marzo 2007, il tribunale dipartimentale di Bucarest diede seguito ad un’azione di risarcimento fondata sulla legge no 33/1994. Osservando che le autorità incaricate della costruzione di un’autostrada avevano occupato per via di fatto il terreno del richiedente, senza seguire il procedimento di espropriazione, senza pagargli un indennizzo e senza ottenere a priori il giudizio definitivo richiesto, il tribunale giudicò che l’interessato, in virtù dell’articolo 481 del codice civile e dell’articolo 4 della legge no 33/1994, era in diritto di vedersi indennizzare un importo stabilito da un rapporto di perizia.
24. Gli articoli 480 e 481 del codice civile contemplano che la proprietà è il diritto di un individuo ad avere la disponibilità ed il godimento di un bene in modo esclusivo ed assoluto, nei limiti determinati dalla legge, e che ogni privazione di proprietà deve inseguire un scopo di utilità pubblica e deve accompagnarsi a risarcimenti preliminari e giusti. Gli articoli 998 e 999 del codice civile forniscono il fondamento delle azioni civili di responsabilità da delitto, che prevedono l’obbligo di riparare il danno causato ad altrui, anche da negligenza o imprudenza.
25. Le disposizioni pertinenti del decreto no 167/1958 sulla prescrizione estintiva nelle azioni di danno-interessi sono descritti nella sentenza Weissman ed altri c. Romania (no 63945/00, § 23, 24 maggio 2006,). A questo riguardo, in parecchie cause, le giurisdizioni interne hanno giudicato che il termine di prescrizione di tre anni è applicabili nel caso delle azioni di danno-interessi introdotte dalle persone i cui beni erano stati espropriati senza indennizzo in virtù di decreti datati prima del dicembre 1989 (sentenze definitive del 29 gennaio, del 19, 23 e 25 febbraio e del 17 ottobre 2003 della Corte suprema di giustizia). Nella sentenza del 19 febbraio 2003, la Corte suprema di giustizia ha concluso che, visto l’impossibilità riconosciuta dalle parti di restituire il terreno controverso in natura, l’azione mista di rivendicazione e di danno-interessi doveva essere qualificata come azione di risarcimenti e respinta come prescritta. Peraltro, nella sentenza del 23 febbraio 2003, la Corte suprema ha reiterato che la data di partenza del termine di prescrizione è quella in cui l’interessato conosceva l’esistenza del danno e la persona responsabile di questo danno, anche se il quanto del danno non era determinato.
26. L’articolo 346 § 3 del codice di procedimento penale (CPP) contemplano che la giurisdizione penale non può accordare danno-interessi quando il proscioglimento o la sospensione sono stati pronunciati perché i fatti rimproverati non esistevano o perché non erano stati commessi dall’accusato.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
27. Il richiedente adduce di avere subito un attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni, al motivo che le autorità hanno acquisito illegalmente il suo terreno, senza che ci sia stato un accordo sulle condizioni del trasferimento di proprietà, in particolare sul prezzo. Invoca l’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
28. Il Governo combatte questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
29. Il Governo eccepisce il non-esaurimento delle vie di ricorso da parte del richiedente. Sostiene che questo avrebbe dovuto introdurre un’azione per risarcimenti contro le autorità su fondamento dell’articolo 481 del codice civile o dell’articolo 4 della legge no 33/1994, questo ultimo concernente l’ipotesi in cui le autorità non hanno optato per la dichiarazione di utilità pubblica, ma per un trasferimento di proprietà in modo amichevole. A questo riguardo, si appella in particolare ad un giudizio definitivo del 30 marzo 2007 del tribunale dipartimentale di Bucarest (paragrafo 23 sopra). Il Governo considera che l’azione di rivendicazione del richiedente non poteva arrivare alla concessione di risarcimenti, e che incombeva sull’interessato fare constatare che c’era stata espropriazione e richiedere un’indennità.
30. Il richiedente sostiene di avere investito le autorità di querele penali con costituzione di parte civile, dando loro così l’occasione di esaminare anche il risvolto civile della causa. Adduce che la società H. avrebbe dovuto seguire il procedimento di espropriazione, con pagamento preliminare dei risarcimenti. Peraltro, si lamenta che l’azione di rivendicazione impegnata non abbia portato nessuno risultato.
31. La Corte stima che l’eccezione del Governo è legata strettamente alla sostanza del motivo di appello fondato sull’articolo 1 del Protocollo no 1, così che c’è luogo di unirla al merito (vedere, mutatis mutandis, Di Sciscio c. Italia, no 176/04, § 53, 20 aprile 2006).
32. Peraltro, la Corte constata che questa parte della richiesta non è manifestamente male fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva inoltre che non incontra nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
33. Il Governo contesta da prima che ci sia stata espropriazione di fatto nello specifico. Espone che c’è stata una promessa di vendita da parte del richiedente che aveva valore da prima di-contratto di vendita tra l’interessato e la società H., e che il società H. era disposta a pagare un affitto fino alla conclusione della vendita, proibita all’epoca dei fatti dalla legge no 18/1991. Secondo il Governo, tale procedimento, fondato sulla conclusione di contratti di vendita, ha il vantaggio di essere più veloce e di porre le parti in uguaglianza. Supponendo anche che ci sia stata espropriazione di fatto, sostiene che questa inseguiva un scopo di utilità pubblica e che rispondeva al criterio di proporzionalità, visto che la società H. ha espresso costantemente la sua intenzione di concludere la vendita e di pagare come nel caso degli altri paesani, un prezzo serio per il terreno in causa.
34. Il richiedente combatte le tesi del Governo. Sostiene che, dopo la Costituzione del 1991, il decreto no 326/1985 non poteva più costituire una base legale per l’espropriazione dei terreni in causa che del resto, in seguito alla modifica del progetto iniziale, si trovavano in un perimetro differente da quello previsto dal decreto. In più, ai suoi occhi, la richiesta del 20 maggio 1994 non potrebbe costituire un’offerta di vendita valida poiché non comprendeva un elemento essenziale, ossia il prezzo di vendita. Il richiedente considera dunque che non c’è stato accordo tra lui e le autorità in quanto al trasferimento del diritto di proprietà, alla locazione del terreno o ai lavori da effettuare sul suo terreno. Inoltre, sottolinea che non è stato invitato a partecipare ai negoziati e che la perizia realizzata dalla società H. per fissare il prezzo di locazione e di vendita dei terreni non è stata contraddittoria.
35. La Corte reitera al primo colpo che, per determinare se c’è stata privazione di beni ai sensi della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1, bisogna esaminare non solo se ci sono stati spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di là delle apparenze ed analizzare la realtà della situazione controversa. Mirando la Convenzione a proteggere dei diritti “concreti ed effettivi”, importa ricercare se suddetta situazione equivaleva ad un’espropriazione di fatto (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A no 52, § 63).
36. La Corte ricorda poi che l’articolo 1 del Protocollo no 1 esige, innanzitutto e soprattutto, che un’ingerenza dell’autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale: la seconda frase del primo capoverso di questo articolo autorizza una privazione di proprietà solo “nelle condizioni previste dalla legge” (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II). Peraltro, il principio di legalità notifica l’esistenza di norme di diritto interno sufficientemente accessibili, precise e prevedibili (Hentrich c. Francia, sentenza del 22 settembre 1994, serie A no 296-a, § 42). Per di più, la preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica, è inerente all’insieme degli articoli della Convenzione. Ne segue che la necessità di ricercare se un giusto equilibrio è stato mantenuto tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo può farsi sentire solo quando si è rivelato che l’ingerenza controversa ha rispettato il principio di legalità e non era arbitraria (Iatridis, ibidem). Quindi, la Corte non stima opportuno fondare il suo ragionamento sulla semplice constatazione che non c’è stato risarcimento a favore del richiedente (vedere, tra altri, mutatis mutandis, Giacobbe ed altri c. Italia, no 16041/02, § 88, 15 dicembre 2005, e Janes Carratu c. Italia, no 68585/01, § 48, 3 agosto 2006).
37. Nello specifico, la Corte osserva da prima che il richiedente ha perso la disponibilità del suo terreno a contare dalla sua occupazione da parte della società di stato H., nel giugno 1994 o, al più tardi, nel marzo 1995. A partire da là, il terreno è stato trasformato in modo irreversibile, essendo stato dissodato ed inondato nella cornice dei lavori di costruzione di una centrale idroelettrica. Per ciò che riguarda l’argomento del Governo secondo cui la dichiarazione del 20 maggio 1994 equivale ad un contratto di prevendita del terreno tra l’interessato ed la società H., la Corte rileva che si trattava solamente di una dichiarazione unilaterale indirizzata al municipio e tolta in seguito, e che niente contesta che nessuno accordo sia stato trovato in quanto al prezzo di vendita, elemento essenziale per la conclusione di tale contratto. Pertanto, la Corte constata che non c’è stato trasferimento di proprietà in modo amichevole in virtù dell’articolo 4 della legge no 33/1994, come sostiene il Governo, non supportando nessuno elemento della pratica che la tesi secondo cui il terreno in questione sarebbe stato ad un dato momento infatti venduto o ceduto dall’interessato (vedere, mutatis mutandis, Fiore c. Italia, no 63864/00, § 96 13 ottobre 2005, e Maselli c. Italia (no 2), no 61211/00, § 37, 11 luglio 2006). Per di più, la Corte osserva che né il Governo né il richiedente adducono che l’occupazione del terreno in causa è stata fatta in virtù del decreto no 326/1985 che non poteva più costituire il fondamento legale dell’occupazione dei terreni dopo la Costituzione del 1991 (paragrafo 11 sopra).
38. Peraltro, la Corte osserva che, mentre la vendita del terreno in causa era vietata dalla legge no 18/1991 per una durata di dieci anni, e che al momento dell’inondazione di questo terreno la legge no 33/1994 sull’espropriazione a causa di utilità pubblica era in vigore, le autorità hanno preferito non seguire questo procedimento trasparente e, salvo eccezione, giudiziale, specificamente previsto a questo effetto; hanno scelto di basarsi sulla dichiarazione del richiedente del 20 maggio 1994 per occupare in modo irrevocabile il suo terreno, senza pagargli a priori dei risarcimenti, e-sempre senza l’accordo conforme e preliminare del richiedente-prendere il terreno in locazione fino al momento in cui la vendita del bene sarebbe stata autorizzata dalla legge. A questo titolo, conviene notare che, nelle sue lettere con cui la società H. ha informato il richiedente dell’occupazione e l’inondazione del suo terreno tardivamente, la prima si riferiva perlomeno in modo confuso alla locazione del terreno in attesa della sua vendita che doveva essere conclusa presumibilmente dopo l’espropriazione pendente del terreno (paragrafo 11 sopra). Per di più, la Corte rileva che le autorità non hanno informato il richiedente che non abitava il villaggio di Nicoresti, dello svolgimento delle riunioni organizzate dalla società H. per trattare il prezzo dell’occupazione dei terreni, affitto, ed il loro prezzo di vendita. Comunque, avuto riguardo ai fatti pertinenti ed all’occupazione preliminare del terreno, la Corte non potrebbe accettare l’argomento del Governo secondo cui il meccanismo giuridico scelto dalle autorità sia stato più veloce del procedimento di espropriazione e che ha posto le parti in uguaglianza.
39. Alla vista di queste considerazioni, in mancanza di un atto formale di espropriazione, la Corte stima che la situazione del richiedente non potrebbe essere considerata come “prevedibile” e come soddisfacente l’esigenza di “sicurezza giuridica.” La situazione in causa ha permesso alle autorità di derivare partito da un’occupazione del terreno in causa a disprezzo delle regole che regolano l’espropriazione in buona e dovuta forma, la Costituzione del 1991 ed in particolare la legge no 33/1994, senza mettere a priori un’indennità a disposizione dell’interessato (vedere, mutatis mutandis, Di Sciscio, precitata, §§ 83-84, Janes Carratu, precitata, § 51, ed Ucci c. Italia, no 213/04, §§ 83-84, 22 giugno 2006).
40. In quanto all’argomento del Governo secondo cui il richiedente avrebbe potuto chiedere ai tribunali interni il risarcimento del danno subito in seguito, la Corte osserva che non ha fornito esempi di giurisprudenza fondata sul diritto comune e che il solo giudizio definitivo presentato (paragrafo 23 sopra) è stato reso circa dodici anni dopo i fatti pertinenti. Inoltre, conviene prendere anche in conto le disposizioni e la pratica interni in materia di prescrizione (paragrafo 25 sopra) che rendono incerta la conclusione di tale azione introdotta parecchi anni dopo l’occupazione del terreno. Ad ogni modo, visto le sue suddette osservazioni in quanto al difetto di “prevedibilità” in cui il richiedente si è trovato a causa delle autorità, la Corte non potrebbe rimproverargli di non avere tentato, dopo un periodo così lungo , di impegnare un procedimento per risarcimenti, così come non stima opportuno fondare il suo ragionamento sulla constatazione della mancanza di risarcimento a favore dell’interessato (vedere, tra altri, mutatis mutandis, Janes Carratu, precitata, § 48, Di Sciscio, precitata, § 72, e Gautieri ed altri c. Italia, no 68610/01, § 50, 19 ottobre 2006).
41. Alla luce di ciò che precede, la Corte stima che l’ingerenza controversa non fosse compatibile col principio di legalità e, di conseguenza, che ha infranto il diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni. Tale conclusione dispensa la Corte di ricercare se un giusto equilibrio è stato mantenuto tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi di salvaguardia dei diritti individuali.
42. Pertanto, la Corte respinge l’eccezione derivata dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne e dice che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
43. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, il richiedente si lamenta in sostanza della conclusione delle querele penali che ha formato e, nelle sue osservazioni del 25 marzo 2008, della durata che stima eccessiva dei procedimenti impegnati a proposito del terreno in causa.
44. Tenuto conto dell’insieme degli elementi in suo possesso, e nella misura in cui è competente per conoscere delle affermazioni formulate, la Corte non ha rilevato nessuna apparenza di violazione dei diritti e libertà garantiti dagli articoli della Convenzione.
Ne segue che questa parte della richiesta è manifestamente male fondata e deve essere respinta in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
45. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
46. Notando che il suo terreno non può più essergli restituito in natura, il richiedente richiede 190 724,70 euro (EUR) che rappresentano il valore-stabilito da una perizia -del danno materiale subito in ragione del difetto di godimento della sua proprietà. Risulta dal rapporto di perizia in questione che il richiedente ha incaricato il perito di calcolare questo danno sulla base di un importo mensile di 0,10 USD/m2/mese per il periodo 1993-2008 e che il terreno non è stato considerato come forestale, ma come avente un’utilizzazione “idro-energetica.” Peraltro, il richiedente chiede 1 000 EUR per anno per il periodo compreso tra il 1994 e il 2008, per danno morale.
47. Trattandosi della richiesta per danno materiale, il Governo contesta il metodo di calcolo del richiedente, in particolare la mancanza di ogni giustificazione del valore di 0,10 USD precitato. Sostiene che, per calcolare la mancanza a guadagnare dell’interessato, conviene prendere in conto il fatto che si trattava di un terreno forestale coperto di pioppi, non produttivo o a debole produttività forestale. Rinvia alle informazioni fornite dalla regola nazionale delle foreste che presentano quattro modalità di calcolo del danno in causa: una prima modalità, basata sul prezzo pagato agli altri paesani; una seconda, basata sugli obblighi pecuniari legali delle autorità in caso di uscita temporanea del terreno dai fondi forestali (e dal patrimonio del proprietario); una terza, basata sugli obblighi pecuniari legali in caso di uscita definitiva del terreno dai fondi forestali (e del patrimonio del proprietario); ed infine una quarta, basata sul controvalore del terreno in questione. Gli importi menzionati variano tra un affitto annuo di 480 000 ROL, al tasso del 1998, nel primo caso; 25 572 Ron, somma alla quale si aggiunge un affitto annuo di 8 513 a 12 579 Ron, nel secondo caso; e 109 095 Ron o 149 335 Ron, secondo la produttività del terreno, nel terzo caso.
Per quel che riguarda il danno morale, il Governo stima che la somma chiesta è eccessiva e che un’eventuale constatazione di violazione costituirebbe un risarcimento sufficiente.
48. La Corte considera che l’unica base da considerare per la concessione di una soddisfazione equa risiede nello specifico nella constatazione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 a ragione dell’occupazione irreversibile del terreno in causa da parte delle autorità, in disconoscimento del principio di legalità. La Corte prende al tempo stesso nota dell’impossibilità per le autorità di restituire il terreno al richiedente e delle modalità di calcolo del danno materiale presentato dalle parti, che conviene esaminare sotto l’ipotesi dell’occupazione irreversibile del terreno. Appellandosi alle osservazioni delle parti e deliberando in equità, come richiede l’articolo 41 della Convenzione, la Corte assegna al richiedente 40 000 EUR a titolo del danno materiale.
49. Inoltre, la Corte stima che il richiedente abbia subito in particolare un danno morale per il fatto dell’incertezza giuridica derivante dal suddetto attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni, e che questo danno non sia compensato sufficientemente da una constatazione di violazione. In queste circostanze, avuto riguardo all’insieme degli elementi in suo possesso e deliberando in equità, come richiede l’articolo 41 della Convenzione, la Corte assegna 2 000 EUR al richiedente a titolo di danno giuridico.
B. Oneri e spese
50. Fornendo dei giustificativi per una parte della somma richiesta, il richiedente chiede 10 000 EUR per oneri e spese impegnati dinnanzi alle giurisdizioni interne (parcella di avvocati ecc.) e dinnanzi alla Corte (parcella del perito, onere di traduzione e di corrispondenza, ecc.).
51. Il Governo osserva che il richiedente ha fornito giustificativi solo per circa 3 151 EUR e che parecchi di essi, in particolare della parcella degli avvocati e degli oneri di traduzione, non sono sufficientemente precisi da permettere di stabilire un legame di causalità coi fatti pertinenti nello specifico. Peraltro, il Governo stima che l’importo della parcella del perito di circa 2 762 EUR, sebbene giustificato da un documento, sia eccessivo rispetto all’oggetto della perizia.
52. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui vengano stabiliti la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte stima ragionevole la somma di 1 500 EUR ogni onere compreso e l’accorda al richiedente.
C. Interessi moratori
53. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva in virtù dell’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme, da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento,:
i. 40 000 EUR (quarantamila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno materiale,
ii. 2 000 EUR (duemila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale,
iii. 1 500 EUR (mille cinque cento euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per oneri e spese,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 27 gennaio 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente