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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE BURGHELEA c. ROUMANIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, P1-1
Numero: 26985/03/2009
Stato: Romania
Data: 2009-01-27 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

Conclusione Parzialmente inammissibile; Violazione di P1-1; Danno materiale e danno morale – risarcimento
TERZA SEZIONE
CAUSA BURGHELEA C. ROMANIA
( Richiesta no 26985/03)
SENTENZA
STRASBURGO
27 gennaio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Burghelea c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura-Sandström, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Alvina Gyulumyan, Ineta Ziemele, Luccichi López Guerra, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 6 gennaio 2009,
Rende la sentenza che ha, adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 26985/03) diretta contro la Romania e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra I. B. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 21 luglio 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da I. F., avvocato a Bucarest. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. R. – H. Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 2 aprile 2007, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che sarebbero srari esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
I FATTI
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1952 e ha risieduto a Bucarest.
A. Occupazione del terreno del richiedente per la costruzione di una centrale idroelettrica e mancanza di accordo finale relativo alla vendita del terreno alle autorità
5. Col decreto no 326/1985, il Consiglio di stato autorizzò la costruzione di una centrale idroelettrica, “Calimanesti”, sul fiume Siret.
6. In virtù di una decisione del 17 settembre 1991 della commissione dipartimentale di Galaţi per l’applicazione della legge no 18/1991 nell’ambito fondiario (“la commissione dipartimentale” e “la legge no 18/1991”), con una decisione del 21 dicembre 1992, la commissione locale di Nicoresti ricostituì il diritto di proprietà del richiedente su 0,48 ettari di terreno e gli rilasciò un attestato provvisorio in questo senso fino all’emissione del titolo di proprietà.
7. Al termine degli studi realizzati nel 1993 e 1994, le autorità decisero, per ragioni tecniche e legate al costo dell’investimento, di cambiare il progetto iniziale e di occupare una superficie supplementare di circa 126 ettari di terreni appartenenti al villaggio di Nicoresti ed ad individui e di un valore stimato come relativamente ridotto. Pertanto, nel maggio 1994, la società pubblica H. (“la società H.”) affisse un annuncio presso il municipio di Nicoreşti (“il municipio”) per informare i cittadini di questo villaggio della sua intenzione di acquistare dei terreni nella cornice del progetto di una centrale idroelettrica.
8. Il 20 maggio 1994, il richiedente chiese al municipio “di autorizzare la vendita del terreno di 0,48 ettari”, cioè di metterla in possesso di questo terreno nel perimetro della futura centrale idroelettrica. In seguito a questa domanda, il municipio di Nicoresti la mise in possesso del terreno nel perimetro sollecitato e, il 30 agosto 1994, la commissione dipartimentale gli rilasciò il corrispondente titolo di proprietà.
9. Risulta dalla pratica che, detenendo l’elenco delle persone che erano state messe in possesso dei terreni nel perimetro in causa e che desideravano venderli, nel giugno 1994 o marzo 1995 la società H. dissodò suddetti terreni e li inondò. Basandosi sull’accordo di principio dei proprietari dei terreni, la società H. non procedette più alla dichiarazione di utilità pubblica, secondo il procedimento di espropriazione della legge no 33/1994, ma aveva intenzione di acquisire questi terreni fin dalla fine dell’interdizione di vendita dei dieci anni previsti dalla legge no 18/1991 e di pagare nel frattempo un affitto ai proprietari.
10. Durante l’anno 1995, il richiedente-che non abitava nel villaggio di Nicoresti -apprese dagli abitanti di Nicoresti che il suo terreno di 0,48 ettari era stato dissodato ed inondato durante i lavori realizzati dalla società H. Con una lettera del 10 maggio 1995, informò la società H. che toglieva l’offerta di vendita riguardante il suo terreno. In seguito, nell’ agosto e novembre 1996 e nel marzo 1998, chiese alla società H. di precisargli su che fondamento questa ultima aveva occupato il suo terreno e sollecitò la conclusione di un contratto di vendita.
11. Con le lettere del 29 agosto e del 19 novembre 1996, la società H. informò il richiedente che in seguito alla sua domanda del 20 maggio 1994, era stata iscritto sull’elenco delle persone “disposte a vendere” i terreni necessari alla costruzione della centrale idroelettrica. Peraltro, la società H. gli precisò che la vendita del terreno sarebbe stata conclusa dopo l’espropriazione a causa di utilità pubblica dei terreni riguardati in virtù della legge no 33/1994, che la pratica di espropriazione era in costituzione, e che un affitto fissato da un perito sarebbe stato pagato ai cittadini riguardati, sulla base di un contratto di affitto, come indicato dall’annuncio affisso al municipio, affitto che l’interessato avrebbe rifiutato all’epoca di una conversazione telefonica. Nella sua lettera del 9 marzo 1998, la società H. indicò che, i terreni necessari non potendo più essere occupati dopo il 1989 in virtù del decreto no 326/1985, aveva sollecitato l’accordo dei paesani per procedere all’inondazione, aspettando di concludere ulteriormente dei contratti di vendita “appena la legislazione lo avrebbe permesso.” Faceva valere che nel frattempo, un affitto negoziato veniva pagato ai paesani. Infine, il 20 luglio 1999, la società H. informò il richiedente della prossima acquisizione dei terreni in causa, motivo per cui nessuno affitto sarebbe stato più pagato per l’anno 1999 e l’invitò a partecipare ai futuri negoziati relativi al prezzo di vendita.
12. Risulta dalla pratica che, il 29 settembre 1999, dieci proprietari di terreni inondati tra cui il richiedente, incontrarono dei rappresentanti della società H., ma che i negoziati relativi al prezzo di vendita dei terreni fallirono: secondo il verbale redatto dai proprietari, avrebbero richiesto 12 dollari americani, USD, al metro quadrato (o l’equivalente in lei rumeni (ROL)) e la società H. avrebbe rifiutato di pagare un affitto per il 1999 o di trattare le clausole del loro contratto tipo.
13. Peraltro, coi “verbali di negoziato” del 6 agosto 1997, del 2 luglio 1998 e del 21 gennaio 2000, firmati dalla società H. e da parecchi proprietari di terreni inondati, le parti si accordarono sull’affitto annuo per suddetti terreni (1997-1999). Il 21 gennaio 2000, per un ettaro di terreno forestale, l’affitto fu fissato a 2 800 000 ROL ed il prezzo di vendita a 17 000 000 ROL, sulla base di una nota di un perito tecnico. Risulta dalla pratica che il richiedente non fu invitato personalmente a partecipare a queste riunioni.
14. Il 1 settembre 2000, il richiedente chiese alla società H. di concludere un contratto di locazione. Sebbene, con una lettera del 3 ottobre 2000, la società H. avesse espresso il suo accordo a concludere tale contratto, le parti non presero misure concrete in questo senso e non arrivarono alla firma di un contratto.
B. Procedimenti impegnati dal richiedente contro la società H.
1. Querele penali contro i dirigenti della società H.
15. Il 5 ottobre 1999, il richiedente investe la procura presso la Corte suprema di giustizia di una querela penale contro N.E, il dirigente della società H., per disturbo della proprietà, abuso di funzioni ed occupazione di terreni agricoli, reati puniti rispettivamente dagli articoli 220 e 247 del codice penale (CP) e con l’articolo 108 della legge no 18/1991. Il 30 maggio 2000 ed il 22 luglio 2002, la procura presso il tribunale dipartimentale di Tecuci rese dei non-luoghi a favore di N.E. in quanto ai due ultimi reati, al motivo in particolare che N.E. non era dirigente della società all’epoca dei fatti. Per lo stesso motivo, con un giudizio del 2 settembre 2002, il tribunale di prima istanza di Tecuci sciolse N.E. dal capo di disturbo della proprietà. Appellandosi all’articolo 346 § 3 del codice di procedimento penale (CPP), non si pronunciò sulla questione del richiedente che si era costituito parte civile per l’affitto dovuto dalla società H.
16. Con una sentenza definitiva del 15 novembre 2002, il tribunale dipartimentale di Galaţi, considerando che l’inondazione del terreno aveva avuto luogo nel marzo 1995, respinse il ricorso formato dal richiedente e confermò il precitato giudizio del 2 settembre 2002. Peraltro, al termine di un breve ragionamento obiter dicta che riguardava la possibilità per il richiedente di ottenere un risarcimento corrispondente al prezzo di vendita ed agli affitti, ragionamento che qualificò lui stesso come “rigorosamente teorico”, il tribunale stimò che la controversia tra le parti era probabilmente di natura civile. La contestazione per annullamento formata dall’interessato contro questa sentenza al motivo dell’illegalità della sua citazione a comparire fu respinta, senza riesame del merito della causa, con una sentenza del 6 febbraio 2003 del tribunale dipartimentale di Galaţi.
2. Azione di rivendicazione contro la società H.
17. Il 26 febbraio 2002, sulla base degli articoli 481 e 998-999 del codice civile, il richiedente investe il tribunale di prima istanza di un’azione di rivendicazione del terreno di 0,48 ettari contro la società H. chiese anche che la società H. fosse condannato a togliere la costruzione che aveva edificato illegalmente sul suo terreno sotto pena di una penale per giorno di ritardo.
18. Con un giudizio del 9 ottobre 2002, il tribunale di prima istanza respinse la sua azione al motivo che, essendo già il terreno inondato, l’interessata aveva solamente diritto ai danno-interessi. Rinviando ai fatti pertinenti ed all’articolo 481 precitato, giudicò che la centrale idroelettrica era un obiettivo di interesse nazionale, dunque di utilità pubblica ai sensi di questo articolo, e che la mancanza di pagamento preliminare dei risarcimenti si spiegava con l’offerta di vendita del richiedente.
19. Nelle sue vie di ricorso contro questo giudizio, il richiedente fece valere che dopo il 1989 nessuna statalizzazione potesse più essere effettuata sul fondamento di una decisione amministrativa, decreto no 326/1985, e che, affinché la sua lettera del 20 maggio 1994 avesse potuto costituire un’offerta di vendita valida, avrebbe dovuto indicare il prezzo di vendita. La società H. chiese ai tribunali di designare un perito per fissare il prezzo di vendita.
20. Con una sentenza definitiva del 7 ottobre 2003, la corte di appello di Galaþi respinse il ricorso formato dal richiedente. Confermò il giudizio del 9 ottobre 2002 ed aggiunse che la vendita del terreno non si era potuta concludersi a causa di mancanza di legislazione che l’autorizzasse.
21. Risulta dalle informazioni fornite dalla società H. che la grande maggioranza dei proprietari ha concluso dei contratti di vendita riguardanti i loro terreni occupati dalla centrale idroelettrica. Nel 2007, restavano circa ventidue contratti di vendita da firmare tra cui quello riguardante il terreno del richiedente, non avendo firmato la grande maggioranza dei proprietari causa i loro contratti in ragione dei necessari procedimenti di divisione successoria il cui costo avrebbe superato il prezzo di vendita offerto dalla società H. Nei suoi preventivi del 2007, l’affitto annuo per un ettaro di terreno forestale ammontava a 1 320 nuovi lei rumeni (Ron) ed il prezzo di vendita a 5 000 Ron ,o circa 400 euro (EUR) e 1 500 EUR rispettivamente.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
22. La legge no 33/1994 relativa all’espropriazione a causa di utilità pubblica (“la legge no 33/1994”), entrata in vigore il 2 giugno 1994, ha reiterato il principio fissato nell’articolo 41 (3) della Costituzione del 1991, che prevede che l’espropriazione può essere messa in opera solo per una causa di utilità pubblica, con un risarcimento preliminare, sulla base di una decisione dei tribunali. Peraltro, l’articolo 4 della legge no 33/1994 precisa che, se rispettano le condizioni di fondo e di forma, le parti in causa possono convenire la modalità di trasferimento del diritto di proprietà e l’importo dei risarcimenti, senza seguire il procedimento previsto da questa legge; inoltre, in caso di accordo sul primo punto, possono investire il tribunale solamente per fissare i risarcimenti.
23. In un giudizio definitivo del 30 marzo 2007, il tribunale dipartimentale di Bucarest diede seguito ad un’azione di risarcimento fondata sulla legge no 33/1994. Osservando che le autorità incaricate della costruzione di un’autostrada avevano occupato per via di fatto il terreno del richiedente, senza seguire il procedimento di espropriazione, senza pagargli un indennizzo e senza ottenere a priori il giudizio definitivo richiesto, il tribunale giudicò che l’interessato, in virtù dell’articolo 481 del codice civile e dell’articolo 4 della legge no 33/1994, era in diritto di vedersi indennizzare un importo stabilito da un rapporto di perizia.
24. Gli articoli 480 e 481 del codice civile contemplano che la proprietà è il diritto di un individuo ad avere la disponibilità ed il godimento di un bene in modo esclusivo ed assoluto, nei limiti determinati dalla legge, e che ogni privazione di proprietà deve inseguire un scopo di utilità pubblica e deve accompagnarsi a risarcimenti preliminari e giusti. Gli articoli 998 e 999 del codice civile forniscono il fondamento delle azioni civili di responsabilità da delitto, che prevedono l’obbligo di riparare il danno causato ad altrui, anche da negligenza o imprudenza.
25. Le disposizioni pertinenti del decreto no 167/1958 sulla prescrizione estintiva nelle azioni di danno-interessi sono descritti nella sentenza Weissman ed altri c. Romania (no 63945/00, § 23, 24 maggio 2006,). A questo riguardo, in parecchie cause, le giurisdizioni interne hanno giudicato che il termine di prescrizione di tre anni è applicabili nel caso delle azioni di danno-interessi introdotte dalle persone i cui beni erano stati espropriati senza indennizzo in virtù di decreti datati prima del dicembre 1989 (sentenze definitive del 29 gennaio, del 19, 23 e 25 febbraio e del 17 ottobre 2003 della Corte suprema di giustizia). Nella sentenza del 19 febbraio 2003, la Corte suprema di giustizia ha concluso che, visto l’impossibilità riconosciuta dalle parti di restituire il terreno controverso in natura, l’azione mista di rivendicazione e di danno-interessi doveva essere qualificata come azione di risarcimenti e respinta come prescritta. Peraltro, nella sentenza del 23 febbraio 2003, la Corte suprema ha reiterato che la data di partenza del termine di prescrizione è quella in cui l’interessato conosceva l’esistenza del danno e la persona responsabile di questo danno, anche se il quanto del danno non era determinato.
26. L’articolo 346 § 3 del codice di procedimento penale (CPP) contemplano che la giurisdizione penale non può accordare danno-interessi quando il proscioglimento o la sospensione sono stati pronunciati perché i fatti rimproverati non esistevano o perché non erano stati commessi dall’accusato.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
27. Il richiedente adduce di avere subito un attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni, al motivo che le autorità hanno acquisito illegalmente il suo terreno, senza che ci sia stato un accordo sulle condizioni del trasferimento di proprietà, in particolare sul prezzo. Invoca l’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
28. Il Governo combatte questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
29. Il Governo eccepisce il non-esaurimento delle vie di ricorso da parte del richiedente. Sostiene che questo avrebbe dovuto introdurre un’azione per risarcimenti contro le autorità su fondamento dell’articolo 481 del codice civile o dell’articolo 4 della legge no 33/1994, questo ultimo concernente l’ipotesi in cui le autorità non hanno optato per la dichiarazione di utilità pubblica, ma per un trasferimento di proprietà in modo amichevole. A questo riguardo, si appella in particolare ad un giudizio definitivo del 30 marzo 2007 del tribunale dipartimentale di Bucarest (paragrafo 23 sopra). Il Governo considera che l’azione di rivendicazione del richiedente non poteva arrivare alla concessione di risarcimenti, e che incombeva sull’interessato fare constatare che c’era stata espropriazione e richiedere un’indennità.
30. Il richiedente sostiene di avere investito le autorità di querele penali con costituzione di parte civile, dando loro così l’occasione di esaminare anche il risvolto civile della causa. Adduce che la società H. avrebbe dovuto seguire il procedimento di espropriazione, con pagamento preliminare dei risarcimenti. Peraltro, si lamenta che l’azione di rivendicazione impegnata non abbia portato nessuno risultato.
31. La Corte stima che l’eccezione del Governo è legata strettamente alla sostanza del motivo di appello fondato sull’articolo 1 del Protocollo no 1, così che c’è luogo di unirla al merito (vedere, mutatis mutandis, Di Sciscio c. Italia, no 176/04, § 53, 20 aprile 2006).
32. Peraltro, la Corte constata che questa parte della richiesta non è manifestamente male fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva inoltre che non incontra nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
33. Il Governo contesta da prima che ci sia stata espropriazione di fatto nello specifico. Espone che c’è stata una promessa di vendita da parte del richiedente che aveva valore da prima di-contratto di vendita tra l’interessato e la società H., e che il società H. era disposta a pagare un affitto fino alla conclusione della vendita, proibita all’epoca dei fatti dalla legge no 18/1991. Secondo il Governo, tale procedimento, fondato sulla conclusione di contratti di vendita, ha il vantaggio di essere più veloce e di porre le parti in uguaglianza. Supponendo anche che ci sia stata espropriazione di fatto, sostiene che questa inseguiva un scopo di utilità pubblica e che rispondeva al criterio di proporzionalità, visto che la società H. ha espresso costantemente la sua intenzione di concludere la vendita e di pagare come nel caso degli altri paesani, un prezzo serio per il terreno in causa.
34. Il richiedente combatte le tesi del Governo. Sostiene che, dopo la Costituzione del 1991, il decreto no 326/1985 non poteva più costituire una base legale per l’espropriazione dei terreni in causa che del resto, in seguito alla modifica del progetto iniziale, si trovavano in un perimetro differente da quello previsto dal decreto. In più, ai suoi occhi, la richiesta del 20 maggio 1994 non potrebbe costituire un’offerta di vendita valida poiché non comprendeva un elemento essenziale, ossia il prezzo di vendita. Il richiedente considera dunque che non c’è stato accordo tra lui e le autorità in quanto al trasferimento del diritto di proprietà, alla locazione del terreno o ai lavori da effettuare sul suo terreno. Inoltre, sottolinea che non è stato invitato a partecipare ai negoziati e che la perizia realizzata dalla società H. per fissare il prezzo di locazione e di vendita dei terreni non è stata contraddittoria.
35. La Corte reitera al primo colpo che, per determinare se c’è stata privazione di beni ai sensi della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1, bisogna esaminare non solo se ci sono stati spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di là delle apparenze ed analizzare la realtà della situazione controversa. Mirando la Convenzione a proteggere dei diritti “concreti ed effettivi”, importa ricercare se suddetta situazione equivaleva ad un’espropriazione di fatto (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A no 52, § 63).
36. La Corte ricorda poi che l’articolo 1 del Protocollo no 1 esige, innanzitutto e soprattutto, che un’ingerenza dell’autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale: la seconda frase del primo capoverso di questo articolo autorizza una privazione di proprietà solo “nelle condizioni previste dalla legge” (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II). Peraltro, il principio di legalità notifica l’esistenza di norme di diritto interno sufficientemente accessibili, precise e prevedibili (Hentrich c. Francia, sentenza del 22 settembre 1994, serie A no 296-a, § 42). Per di più, la preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica, è inerente all’insieme degli articoli della Convenzione. Ne segue che la necessità di ricercare se un giusto equilibrio è stato mantenuto tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo può farsi sentire solo quando si è rivelato che l’ingerenza controversa ha rispettato il principio di legalità e non era arbitraria (Iatridis, ibidem). Quindi, la Corte non stima opportuno fondare il suo ragionamento sulla semplice constatazione che non c’è stato risarcimento a favore del richiedente (vedere, tra altri, mutatis mutandis, Giacobbe ed altri c. Italia, no 16041/02, § 88, 15 dicembre 2005, e Janes Carratu c. Italia, no 68585/01, § 48, 3 agosto 2006).
37. Nello specifico, la Corte osserva da prima che il richiedente ha perso la disponibilità del suo terreno a contare dalla sua occupazione da parte della società di stato H., nel giugno 1994 o, al più tardi, nel marzo 1995. A partire da là, il terreno è stato trasformato in modo irreversibile, essendo stato dissodato ed inondato nella cornice dei lavori di costruzione di una centrale idroelettrica. Per ciò che riguarda l’argomento del Governo secondo cui la dichiarazione del 20 maggio 1994 equivale ad un contratto di prevendita del terreno tra l’interessato ed la società H., la Corte rileva che si trattava solamente di una dichiarazione unilaterale indirizzata al municipio e tolta in seguito, e che niente contesta che nessuno accordo sia stato trovato in quanto al prezzo di vendita, elemento essenziale per la conclusione di tale contratto. Pertanto, la Corte constata che non c’è stato trasferimento di proprietà in modo amichevole in virtù dell’articolo 4 della legge no 33/1994, come sostiene il Governo, non supportando nessuno elemento della pratica che la tesi secondo cui il terreno in questione sarebbe stato ad un dato momento infatti venduto o ceduto dall’interessato (vedere, mutatis mutandis, Fiore c. Italia, no 63864/00, § 96 13 ottobre 2005, e Maselli c. Italia (no 2), no 61211/00, § 37, 11 luglio 2006). Per di più, la Corte osserva che né il Governo né il richiedente adducono che l’occupazione del terreno in causa è stata fatta in virtù del decreto no 326/1985 che non poteva più costituire il fondamento legale dell’occupazione dei terreni dopo la Costituzione del 1991 (paragrafo 11 sopra).
38. Peraltro, la Corte osserva che, mentre la vendita del terreno in causa era vietata dalla legge no 18/1991 per una durata di dieci anni, e che al momento dell’inondazione di questo terreno la legge no 33/1994 sull’espropriazione a causa di utilità pubblica era in vigore, le autorità hanno preferito non seguire questo procedimento trasparente e, salvo eccezione, giudiziale, specificamente previsto a questo effetto; hanno scelto di basarsi sulla dichiarazione del richiedente del 20 maggio 1994 per occupare in modo irrevocabile il suo terreno, senza pagargli a priori dei risarcimenti, e-sempre senza l’accordo conforme e preliminare del richiedente-prendere il terreno in locazione fino al momento in cui la vendita del bene sarebbe stata autorizzata dalla legge. A questo titolo, conviene notare che, nelle sue lettere con cui la società H. ha informato il richiedente dell’occupazione e l’inondazione del suo terreno tardivamente, la prima si riferiva perlomeno in modo confuso alla locazione del terreno in attesa della sua vendita che doveva essere conclusa presumibilmente dopo l’espropriazione pendente del terreno (paragrafo 11 sopra). Per di più, la Corte rileva che le autorità non hanno informato il richiedente che non abitava il villaggio di Nicoresti, dello svolgimento delle riunioni organizzate dalla società H. per trattare il prezzo dell’occupazione dei terreni, affitto, ed il loro prezzo di vendita. Comunque, avuto riguardo ai fatti pertinenti ed all’occupazione preliminare del terreno, la Corte non potrebbe accettare l’argomento del Governo secondo cui il meccanismo giuridico scelto dalle autorità sia stato più veloce del procedimento di espropriazione e che ha posto le parti in uguaglianza.
39. Alla vista di queste considerazioni, in mancanza di un atto formale di espropriazione, la Corte stima che la situazione del richiedente non potrebbe essere considerata come “prevedibile” e come soddisfacente l’esigenza di “sicurezza giuridica.” La situazione in causa ha permesso alle autorità di derivare partito da un’occupazione del terreno in causa a disprezzo delle regole che regolano l’espropriazione in buona e dovuta forma, la Costituzione del 1991 ed in particolare la legge no 33/1994, senza mettere a priori un’indennità a disposizione dell’interessato (vedere, mutatis mutandis, Di Sciscio, precitata, §§ 83-84, Janes Carratu, precitata, § 51, ed Ucci c. Italia, no 213/04, §§ 83-84, 22 giugno 2006).
40. In quanto all’argomento del Governo secondo cui il richiedente avrebbe potuto chiedere ai tribunali interni il risarcimento del danno subito in seguito, la Corte osserva che non ha fornito esempi di giurisprudenza fondata sul diritto comune e che il solo giudizio definitivo presentato (paragrafo 23 sopra) è stato reso circa dodici anni dopo i fatti pertinenti. Inoltre, conviene prendere anche in conto le disposizioni e la pratica interni in materia di prescrizione (paragrafo 25 sopra) che rendono incerta la conclusione di tale azione introdotta parecchi anni dopo l’occupazione del terreno. Ad ogni modo, visto le sue suddette osservazioni in quanto al difetto di “prevedibilità” in cui il richiedente si è trovato a causa delle autorità, la Corte non potrebbe rimproverargli di non avere tentato, dopo un periodo così lungo , di impegnare un procedimento per risarcimenti, così come non stima opportuno fondare il suo ragionamento sulla constatazione della mancanza di risarcimento a favore dell’interessato (vedere, tra altri, mutatis mutandis, Janes Carratu, precitata, § 48, Di Sciscio, precitata, § 72, e Gautieri ed altri c. Italia, no 68610/01, § 50, 19 ottobre 2006).
41. Alla luce di ciò che precede, la Corte stima che l’ingerenza controversa non fosse compatibile col principio di legalità e, di conseguenza, che ha infranto il diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni. Tale conclusione dispensa la Corte di ricercare se un giusto equilibrio è stato mantenuto tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi di salvaguardia dei diritti individuali.
42. Pertanto, la Corte respinge l’eccezione derivata dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne e dice che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
43. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, il richiedente si lamenta in sostanza della conclusione delle querele penali che ha formato e, nelle sue osservazioni del 25 marzo 2008, della durata che stima eccessiva dei procedimenti impegnati a proposito del terreno in causa.
44. Tenuto conto dell’insieme degli elementi in suo possesso, e nella misura in cui è competente per conoscere delle affermazioni formulate, la Corte non ha rilevato nessuna apparenza di violazione dei diritti e libertà garantiti dagli articoli della Convenzione.
Ne segue che questa parte della richiesta è manifestamente male fondata e deve essere respinta in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
45. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
46. Notando che il suo terreno non può più essergli restituito in natura, il richiedente richiede 190 724,70 euro (EUR) che rappresentano il valore-stabilito da una perizia -del danno materiale subito in ragione del difetto di godimento della sua proprietà. Risulta dal rapporto di perizia in questione che il richiedente ha incaricato il perito di calcolare questo danno sulla base di un importo mensile di 0,10 USD/m2/mese per il periodo 1993-2008 e che il terreno non è stato considerato come forestale, ma come avente un’utilizzazione “idro-energetica.” Peraltro, il richiedente chiede 1 000 EUR per anno per il periodo compreso tra il 1994 e il 2008, per danno morale.
47. Trattandosi della richiesta per danno materiale, il Governo contesta il metodo di calcolo del richiedente, in particolare la mancanza di ogni giustificazione del valore di 0,10 USD precitato. Sostiene che, per calcolare la mancanza a guadagnare dell’interessato, conviene prendere in conto il fatto che si trattava di un terreno forestale coperto di pioppi, non produttivo o a debole produttività forestale. Rinvia alle informazioni fornite dalla regola nazionale delle foreste che presentano quattro modalità di calcolo del danno in causa: una prima modalità, basata sul prezzo pagato agli altri paesani; una seconda, basata sugli obblighi pecuniari legali delle autorità in caso di uscita temporanea del terreno dai fondi forestali (e dal patrimonio del proprietario); una terza, basata sugli obblighi pecuniari legali in caso di uscita definitiva del terreno dai fondi forestali (e del patrimonio del proprietario); ed infine una quarta, basata sul controvalore del terreno in questione. Gli importi menzionati variano tra un affitto annuo di 480 000 ROL, al tasso del 1998, nel primo caso; 25 572 Ron, somma alla quale si aggiunge un affitto annuo di 8 513 a 12 579 Ron, nel secondo caso; e 109 095 Ron o 149 335 Ron, secondo la produttività del terreno, nel terzo caso.
Per quel che riguarda il danno morale, il Governo stima che la somma chiesta è eccessiva e che un’eventuale constatazione di violazione costituirebbe un risarcimento sufficiente.
48. La Corte considera che l’unica base da considerare per la concessione di una soddisfazione equa risiede nello specifico nella constatazione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 a ragione dell’occupazione irreversibile del terreno in causa da parte delle autorità, in disconoscimento del principio di legalità. La Corte prende al tempo stesso nota dell’impossibilità per le autorità di restituire il terreno al richiedente e delle modalità di calcolo del danno materiale presentato dalle parti, che conviene esaminare sotto l’ipotesi dell’occupazione irreversibile del terreno. Appellandosi alle osservazioni delle parti e deliberando in equità, come richiede l’articolo 41 della Convenzione, la Corte assegna al richiedente 40 000 EUR a titolo del danno materiale.
49. Inoltre, la Corte stima che il richiedente abbia subito in particolare un danno morale per il fatto dell’incertezza giuridica derivante dal suddetto attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni, e che questo danno non sia compensato sufficientemente da una constatazione di violazione. In queste circostanze, avuto riguardo all’insieme degli elementi in suo possesso e deliberando in equità, come richiede l’articolo 41 della Convenzione, la Corte assegna 2 000 EUR al richiedente a titolo di danno giuridico.
B. Oneri e spese
50. Fornendo dei giustificativi per una parte della somma richiesta, il richiedente chiede 10 000 EUR per oneri e spese impegnati dinnanzi alle giurisdizioni interne (parcella di avvocati ecc.) e dinnanzi alla Corte (parcella del perito, onere di traduzione e di corrispondenza, ecc.).
51. Il Governo osserva che il richiedente ha fornito giustificativi solo per circa 3 151 EUR e che parecchi di essi, in particolare della parcella degli avvocati e degli oneri di traduzione, non sono sufficientemente precisi da permettere di stabilire un legame di causalità coi fatti pertinenti nello specifico. Peraltro, il Governo stima che l’importo della parcella del perito di circa 2 762 EUR, sebbene giustificato da un documento, sia eccessivo rispetto all’oggetto della perizia.
52. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui vengano stabiliti la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte stima ragionevole la somma di 1 500 EUR ogni onere compreso e l’accorda al richiedente.
C. Interessi moratori
53. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva in virtù dell’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme, da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento,:
i. 40 000 EUR (quarantamila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno materiale,
ii. 2 000 EUR (duemila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale,
iii. 1 500 EUR (mille cinque cento euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per oneri e spese,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 27 gennaio 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

Conclusion Partiellement irrecevable ; Violation de P1-1 ; Dommage matériel et préjudice moral – réparation
TROISIÈME SECTION
AFFAIRE BURGHELEA c. ROUMANIE
(Requête no 26985/03)
ARRÊT
STRASBOURG
27 janvier 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Burghelea c. Roumanie,
La Cour européenne des droits de l’homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
Josep Casadevall, président,
Elisabet Fura-Sandström,
Corneliu Bîrsan,
Boštjan M. Zupančič,
Alvina Gyulumyan,
Ineta Ziemele,
Luis López Guerra, juges,
et de Santiago Quesada, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 6 janvier 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 26985/03) dirigée contre la Roumanie et dont une ressortissante de cet Etat, Mme I. B. (« la requérante »), a saisi la Cour le 21 juillet 2003 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. La requérante est représentée par Me I. F., avocat à Bucarest. Le gouvernement roumain (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. R.-H. Radu, du ministère des Affaires étrangères.
3. Le 2 avril 2007, le président de la troisième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le fond de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. La requérante est née en 1952 et réside à Bucarest.
A. Occupation du terrain de la requérante pour la construction d’une centrale hydroélectrique et absence d’accord final relatif à la vente du terrain aux autorités
5. Par le décret no 326/1985, le Conseil d’Etat autorisa la construction d’une centrale hydroélectrique, « Calimanesti », sur la rivière Siret.
6. En vertu d’une décision du 17 septembre 1991 de la commission départementale de Galaţi pour l’application de la loi no 18/1991 sur le domaine foncier (« la commission départementale » et « la loi no 18/1991 »), par une décision du 21 décembre 1992, la commission locale de Nicoresti reconstitua le droit de propriété de la requérante sur 0,48 ha de terrain et lui délivra une attestation provisoire en ce sens jusqu’à l’émission du titre de propriété.
7. A l’issue des études réalisées en 1993 et 1994, les autorités décidèrent, pour des raisons techniques et liées au coût de l’investissement, de changer le projet initial et d’occuper une superficie supplémentaire d’environ 126 ha de terrains appartenant au village de Nicoresti et à des particuliers et d’une valeur estimée comme relativement réduite. Partant, en mai 1994, la société publique H. (« la société H. ») afficha une annonce à la mairie de Nicoreşti (« la mairie ») pour informer les citoyens de ce village de son intention d’acheter des terrains dans le cadre du projet de centrale hydroélectrique.
8. Le 20 mai 1994, la requérante demanda à la mairie « d’autoriser la vente du terrain de 0,48 ha », c’est-à-dire de la mettre en possession de ce terrain dans le périmètre de la future centrale hydroélectrique. A la suite de cette demande, la mairie de Nicoresti la mit en possession du terrain dans le périmètre sollicité et, le 30 août 1994, la commission départementale lui délivra le titre de propriété correspondant.
9. Il ressort du dossier que, détenant la liste des personnes qui avaient été mises en possession de terrains dans le périmètre en cause et qui souhaitaient les vendre, en juin 1994 ou mars 1995 la société H. défricha lesdits terrains et les inonda. Se fondant sur l’accord de principe des propriétaires des terrains, la société H. ne procéda plus à la déclaration d’utilité publique, selon la procédure d’expropriation de la loi no 33/1994, mais envisagea d’acquérir ces terrains dès la fin de l’interdiction de vente de dix ans prévue par la loi no 18/1991 et de payer entre-temps un loyer aux propriétaires.
10. Au cours de l’année 1995, la requérante – qui n’habitait pas le village de Nicoresti – apprit par des habitants de Nicoresti que son terrain de 0,48 ha avait été défriché et inondé au cours des travaux réalisés par la société H. Par une lettre du 10 mai 1995, elle informa la société H. qu’elle retirait l’offre de vente concernant son terrain. Par la suite, en août et novembre 1996 et en mars 1998, elle demanda à la société H. de lui préciser sur quel fondement cette dernière avait occupé son terrain et sollicita la conclusion d’un contrat de vente.
11. Par des lettres du 29 août et du 19 novembre 1996, la société H. informa la requérante qu’à la suite de sa demande du 20 mai 1994, elle avait été inscrite sur la liste des personnes « disposées à vendre » les terrains nécessaires à la construction de la centrale hydroélectrique. Par ailleurs, la société H. lui précisa que la vente du terrain serait conclue après l’expropriation pour cause d’utilité publique des terrains concernés en vertu de la loi no 33/1994, que le dossier d’expropriation était en cours de constitution, et qu’un loyer fixé par un expert serait payé aux villageois concernés, sur la base d’un contrat de bail, comme indiqué par l’annonce affichée à la mairie, loyer que l’intéressée aurait refusé lors d’une conversation téléphonique. Dans sa lettre du 9 mars 1998, la société H. indiqua que, les terrains nécessaires ne pouvant plus être occupés après 1989 en vertu du décret no 326/1985, elle avait sollicité l’accord des villageois pour procéder à l’inondation, en attendant de conclure ultérieurement des contrats de vente « dès que la législation le permettrait ». Elle mettait en avant qu’entre-temps, un loyer négocié fut payé aux villageois. Enfin, le 20 juillet 1999, la société H. informa la requérante de la prochaine acquisition des terrains en cause, motif pour lequel aucun loyer ne serait plus payé pour l’année 1999, et l’invita à participer aux futures négociations relatives au prix de vente.
12. Il ressort du dossier que, le 29 septembre 1999, dix propriétaires de terrains inondés, parmi lesquels la requérante, rencontrèrent des représentants de la société H., mais que les négociations relatives au prix de vente des terrains échouèrent : selon le procès-verbal rédigé par les propriétaires, ils auraient exigé 12 dollars américains (USD) au mètre carré (ou l’équivalent en lei roumains (ROL)) et la société H. aurait refusé de payer un loyer pour 1999 ou de négocier les clauses de leur contrat type.
13. Par ailleurs, par des « procès-verbaux de négociation » du 6 août 1997, du 2 juillet 1998 et du 21 janvier 2000, signés par la société H. et par plusieurs propriétaires de terrains inondés, les parties s’accordèrent sur le loyer annuel pour lesdits terrains (1997-1999). Le 21 janvier 2000, pour un hectare de terrain forestier, le loyer fut fixé à 2 800 000 ROL et le prix de vente à 17 000 000 de ROL, sur la base d’une note d’un expert technique. Il ressort du dossier que la requérante ne fut pas invitée personnellement à participer à ces réunions.
14. Le 1er septembre 2000, la requérante demanda à la société H. de conclure un contrat de location. Bien que, par une lettre du 3 octobre 2000, la société H. eût exprimé son accord pour conclure un tel contrat, les parties ne prirent pas de mesures concrètes en ce sens et n’aboutirent pas à la signature d’un contrat.
B. Procédures engagées par la requérante contre la société H.
1. Plaintes pénales contre les dirigeants de la société H.
15. Le 5 octobre 1999, la requérante saisit le parquet près la Cour suprême de justice d’une plainte pénale contre N.E., le dirigeant de la société H., pour trouble de la possession, abus de fonctions et occupation de terrains agricoles, délits punis respectivement par les articles 220 et 247 du code pénal (CP) et par l’article 108 de la loi no 18/1991. Le 30 mai 2000 et le 22 juillet 2002, le parquet près le tribunal départemental de Tecuci rendit des non-lieux en faveur de N.E. quant aux deux derniers délits, au motif notamment que N.E. n’était pas dirigeant de la société à l’époque des faits. Pour le même motif, par un jugement du 2 septembre 2002, le tribunal de première instance de Tecuci relaxa N.E. du chef de trouble de la possession. En s’appuyant sur l’article 346 § 3 du code de procédure pénale (CPP), il ne se prononça pas sur la demande de la requérante, qui s’était constituée partie civile pour le loyer dû par la société H.
16. Par un arrêt définitif du 15 novembre 2002, le tribunal départemental de Galaţi, retenant que l’inondation du terrain avait eu lieu en mars 1995, rejeta le recours formé par la requérante et confirma le jugement précité du 2 septembre 2002. Par ailleurs, à l’issue d’un bref raisonnement obiter dicta qui concernait la possibilité pour la requérante d’obtenir un dédommagement correspondant au prix de vente et aux loyers, raisonnement qu’il qualifia lui-même de «strictement théorique », le tribunal estima que le litige entre les parties était probablement de nature civile. La contestation en annulation formée par l’intéressée contre cet arrêt au motif de l’illégalité de sa citation à comparaître fut rejetée, sans réexamen du fond de l’affaire, par un arrêt du 6 février 2003 du tribunal départemental de Galaţi.
2. Action en revendication contre la société H.
17. Le 26 février 2002, sur la base des articles 481 et 998-999 du code civil, la requérante saisit le tribunal de première instance d’une action en revendication du terrain de 0,48 ha contre la société H. Elle demanda également que la société H. soit condamnée à enlever la construction qu’elle avait édifiée illégalement sur son terrain sous peine d’une astreinte par jour de retard.
18. Par un jugement du 9 octobre 2002, le tribunal de première instance rejeta son action au motif que, le terrain étant déjà inondé, l’intéressée n’avait droit qu’à des dommages-intérêts. Renvoyant aux faits pertinents et à l’article 481 précité, il jugea que la centrale hydroélectrique était un objectif d’intérêt national, donc d’utilité publique au sens de cet article, et que l’absence de paiement préalable des dédommagements s’expliquait par l’offre de vente de la requérante.
19. Dans ses voies de recours contre ce jugement, la requérante fit valoir qu’après 1989 aucune nationalisation ne pouvait plus être effectuée sur le fondement d’une décision administrative (décret no 326/1985) et que, pour que sa lettre du 20 mai 1994 puisse constituer une offre de vente valable, elle aurait dû indiquer le prix de vente. La société H. demanda aux tribunaux de désigner un expert pour fixer le prix de vente.
20. Par un arrêt définitif du 7 octobre 2003, la cour d’appel de Galaţi rejeta le recours formé par la requérante. Elle confirma le jugement du 9 octobre 2002 et ajouta que la vente du terrain n’avait pas pu être conclue à cause de l’absence de législation l’autorisant.
21. Il ressort des renseignements fournis par la société H. que la grande majorité des propriétaires ont conclu des contrats de vente portant sur leurs terrains occupés par la centrale hydroélectrique. En 2007, il restait environ vingt-deux contrats de vente à signer, dont celui portant sur le terrain de la requérante, la grande majorité des propriétaires en cause n’ayant pas signé leurs contrats en raison de nécessaires procédures de partage successoral dont le coût aurait excédé le prix de vente offert par la société H. Dans ses devis de 2007, le loyer annuel pour un hectare de terrain forestier s’élevait à 1 320 nouveaux lei roumains (RON) et le prix de vente à 5 000 RON, soit environ 400 euros (EUR) et 1 500 EUR respectivement.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
22. La loi no 33/1994 relative à l’expropriation pour cause d’utilité publique (« la loi no 33/1994 »), entrée en vigueur le 2 juin 1994, a réitéré le principe fixé dans l’article 41 (3) de la Constitution de 1991, prévoyant que l’expropriation ne peut être mise en œuvre que pour une cause d’utilité publique, avec un dédommagement préalable, sur la base d’une décision des tribunaux. Par ailleurs, l’article 4 de la loi no 33/1994 précise que, si elles respectent les conditions de fond et de forme, les parties en cause peuvent convenir de la modalité de transfert du droit de propriété et du montant des dédommagements, sans suivre la procédure prévue par cette loi ; en outre, en cas d’accord sur le premier point, elles peuvent saisir le tribunal seulement pour fixer les dédommagements.
23. Dans un jugement définitif du 30 mars 2007, le tribunal départemental de Bucarest fit droit à une action en dédommagements fondée sur la loi no 33/1994. Observant que les autorités chargées de la construction d’une autoroute avaient occupé par voie de fait le terrain de la demanderesse, sans suivre la procédure d’expropriation, sans lui payer une indemnisation et sans obtenir préalablement le jugement définitif requis, le tribunal jugea que l’intéressée, en vertu de l’article 481 du code civil et de l’article 4 de la loi no 33/1994, était en droit de se voir indemniser d’un montant établi par un rapport d’expertise.
24. Les articles 480 et 481 du code civil prévoient que la propriété est le droit d’un individu d’avoir la disposition et la jouissance d’un bien de manière exclusive et absolue, dans les limites déterminées par la loi, et que toute privation de propriété doit poursuivre un but d’utilité publique et s’accompagner de dédommagements préalables et justes. Les articles 998 et 999 du code civil fournissent le fondement des actions civiles en responsabilité délictuelle, prévoyant l’obligation de réparer le préjudice causé à autrui, même par négligence ou imprudence.
25. Les dispositions pertinentes du décret no 167/1958 sur la prescription extinctive dans les actions en dommages-intérêts sont décrites dans l’arrêt Weissman et autres c. Roumanie (no 63945/00, § 23, 24 mai 2006). A cet égard, dans plusieurs affaires, les juridictions internes ont jugé que le délai de prescription de trois ans est applicable dans le cas des actions en dommages-intérêts introduites par les personnes dont les biens avaient été expropriés sans indemnisation en vertu de décrets datant d’avant décembre 1989 (arrêts définitifs du 29 janvier, des 19, 23 et 25 février et du 17 octobre 2003 de la Cour suprême de justice). Dans l’arrêt du 19 février 2003, la Cour suprême de justice a conclu que, vu l’impossibilité reconnue par les parties de restituer le terrain litigieux en nature, l’action mixte en revendication et en dommages-intérêts devait être qualifiée d’action en dédommagements et rejetée comme prescrite. Par ailleurs, dans l’arrêt du 23 février 2003, la Cour suprême a réitéré que la date de départ du délai de prescription est celle à laquelle l’intéressé connaissait l’existence du préjudice et la personne responsable de ce préjudice, même si le quantum du préjudice n’était pas déterminé.
26. L’article 346 § 3 du code de procédure pénale (CPP) prévoit que la juridiction pénale ne peut pas accorder de dommages-intérêts lorsque l’acquittement ou la relaxe ont été prononcés parce que les faits reprochés n’existaient pas ou parce qu’ils n’avaient pas été commis par l’inculpé.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
27. La requérante allègue avoir subi une atteinte à son droit au respect de ses biens, au motif que les autorités ont acquis illégalement son terrain, sans qu’il y ait eu un accord sur les conditions du transfert de propriété, notamment sur le prix. Elle invoque l’article 1 du Protocole no 1, ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
28. Le Gouvernement combat cette thèse.
A. Sur la recevabilité
29. Le Gouvernement excipe du non-épuisement des voies de recours par la requérante. Il soutient que celle-ci aurait dû introduire une action en dédommagements contre les autorités sur le fondement de l’article 481 du code civil ou de l’article 4 de la loi no 33/1994, ce dernier concernant l’hypothèse où les autorités n’ont pas opté pour la déclaration d’utilité publique, mais pour un transfert de propriété à l’amiable. A cet égard, il s’appuie notamment sur un jugement définitif du 30 mars 2007 du tribunal départemental de Bucarest (paragraphe 23 ci-dessus). Le Gouvernement considère que l’action en revendication de la requérante ne pouvait pas aboutir à l’octroi de dédommagements, et qu’il incombait à l’intéressée de faire constater qu’il y avait eu expropriation et de réclamer une indemnité.
30. La requérante soutient avoir saisi les autorités de plaintes pénales avec constitution de partie civile, leur donnant ainsi l’occasion d’examiner également le volet civil de l’affaire. Elle allègue que la société H. aurait dû suivre la procédure d’expropriation, avec paiement préalable des dédommagements. Par ailleurs, elle se plaint que l’action en revendication engagée n’ait apporté aucun résultat.
31. La Cour estime que l’exception du Gouvernement est étroitement liée à la substance du grief fondé sur l’article 1 du Protocole no 1, de sorte qu’il y a lieu de la joindre au fond (voir, mutatis mutandis, De Sciscio c. Italie, no 176/04, § 53, 20 avril 2006).
32. Par ailleurs, la Cour constate que cette partie de la requête n’est pas manifestement mal fondée au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève en outre qu’elle ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de la déclarer recevable.
B. Sur le fond
33. Le Gouvernement conteste d’abord qu’il y ait eu expropriation de fait en l’espèce. Il expose qu’il y a eu une promesse de vente de la part de la requérante, qui avait valeur d’avant-contrat de vente entre l’intéressée et la société H., et que la société H. était disposée à payer un loyer jusqu’à la conclusion de la vente, interdite à l’époque des faits par la loi no 18/1991. D’après le Gouvernement, une telle procédure, fondée sur la conclusion de contrats de vente, a l’avantage d’être plus rapide et de placer les parties à égalité. A supposer même qu’il y ait eu expropriation de fait, il soutient que celle-ci poursuivait un but d’utilité publique et qu’elle répondait au critère de proportionnalité, vu que la société H. a constamment manifesté son intention de conclure la vente et de payer, comme dans le cas des autres villageois, un prix sérieux pour le terrain en cause.
34. La requérante combat les thèses du Gouvernement. Elle soutient que, après la Constitution de 1991, le décret no 326/1985 ne pouvait plus constituer une base légale pour l’expropriation des terrains en cause, lesquels d’ailleurs, à la suite de la modification du projet initial, se situaient dans un périmètre différent de celui prévu par le décret. De plus, à ses yeux, la demande du 20 mai 1994 ne saurait constituer une offre de vente valable puisqu’elle ne comportait pas un élément essentiel, à savoir le prix de vente. La requérante considère donc qu’il n’y a pas eu d’accord entre elle et les autorités quant au transfert du droit de propriété, à la location du terrain ou aux travaux à effectuer sur son terrain. En outre, elle souligne qu’elle n’a pas été invitée à participer aux négociations et que l’expertise réalisée par la société H. pour fixer le prix de location et de vente des terrains n’a pas été contradictoire.
35. La Cour réitère d’emblée que, pour déterminer s’il y a eu privation de biens au sens de la deuxième phrase du premier alinéa de l’article 1 du Protocole no 1, il faut non seulement examiner s’il y a eu dépossession ou expropriation formelle, mais encore regarder au-delà des apparences et analyser la réalité de la situation litigieuse. La Convention visant à protéger des droits « concrets et effectifs », il importe de rechercher si ladite situation équivalait à une expropriation de fait (Sporrong et Lönnroth c. Suède, arrêt du 23 septembre 1982, série A no 52, § 63).
36. La Cour rappelle ensuite que l’article 1 du Protocole no 1 exige, avant tout et surtout, qu’une ingérence de l’autorité publique dans la jouissance du droit au respect des biens soit légale : la seconde phrase du premier alinéa de cet article n’autorise une privation de propriété que « dans les conditions prévues par la loi » (Iatridis c. Grèce [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II). Par ailleurs, le principe de légalité signifie l’existence de normes de droit interne suffisamment accessibles, précises et prévisibles (Hentrich c. France, arrêt du 22 septembre 1994, série A no 296-A, § 42). De surcroît, la prééminence du droit, l’un des principes fondamentaux d’une société démocratique, est inhérente à l’ensemble des articles de la Convention. Il s’ensuit que la nécessité de rechercher si un juste équilibre a été maintenu entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu ne peut se faire sentir que lorsqu’il s’est avéré que l’ingérence litigieuse a respecté le principe de légalité et n’était pas arbitraire (Iatridis, ibidem). Dès lors, la Cour n’estime pas opportun de fonder son raisonnement sur le simple constat qu’il n’y a pas eu de réparation en faveur de la requérante (voir, entre autres, mutatis mutandis, Giacobbe et autres c. Italie, no 16041/02, § 88, 15 décembre 2005, et Janes Carratu c. Italie, no 68585/01, § 48, 3 août 2006).
37. En l’espèce, la Cour observe d’abord que la requérante a perdu la disponibilité de son terrain à compter de son occupation par la société d’Etat H., en juin 1994 ou, au plus tard, en mars 1995. A partir de là, le terrain a été transformé de manière irréversible, ayant été défriché et inondé dans le cadre des travaux de construction d’une centrale hydroélectrique. En ce qui concerne l’argument du Gouvernement, selon lequel la déclaration du 20 mai 1994 équivaut à un avant-contrat de vente du terrain entre l’intéressée et la société H., la Cour relève qu’il ne s’agissait que d’une déclaration unilatérale adressée à la mairie et retirée par la suite, et que nul ne conteste qu’aucun accord n’a été trouvé quant au prix de vente, élément essentiel pour l’aboutissement d’un tel contrat. Partant, la Cour constate qu’il n’y a pas eu de transfert de propriété à l’amiable en vertu de l’article 4 de la loi no 33/1994, comme le soutient le Gouvernement, aucun élément du dossier n’étayant la thèse selon laquelle le terrain en question aurait été à un moment donné effectivement vendu ou cédé par l’intéressée (voir, mutatis mutandis, Fiore c. Italie, no 63864/00, § 96 13 octobre 2005, et Maselli c. Italie (no 2), no 61211/00, § 37, 11 juillet 2006). De surcroît, la Cour observe que ni le Gouvernement ni la requérante n’allèguent que l’occupation du terrain en cause a été faite en vertu du décret no 326/1985, lequel ne pouvait plus constituer le fondement légal de l’occupation des terrains après la Constitution de 1991 (paragraphe 11 ci-dessus).
38. Par ailleurs, la Cour observe que, alors que la vente du terrain en cause était interdite par la loi no 18/1991 pour une durée de dix ans, et qu’au moment de l’inondation de ce terrain la loi no 33/1994 sur l’expropriation pour cause d’utilité publique était en vigueur, les autorités ont préféré ne pas suivre cette procédure transparente et, sauf exception, judiciaire, spécifiquement prévue à cet effet ; elles ont choisi de se baser sur la déclaration de la requérante du 20 mai 1994 pour occuper de manière irrévocable son terrain, sans lui payer préalablement des dédommagements, et – toujours sans l’accord conforme et préalable de la requérante – prendre le terrain en location jusqu’au moment où la vente du bien serait autorisée par la loi. A ce titre, il convient de noter que, dans ses lettres par lesquelles la société H. a informé tardivement la requérante de l’occupation et l’inondation de son terrain, la première se référait de manière pour le moins confuse à la location du terrain dans l’attente de sa vente qui devait être conclue après l’expropriation prétendument pendante du terrain (paragraphe 11 ci-dessus). De surcroît, la Cour relève que les autorités n’ont pas informé la requérante, qui n’habitait pas le village de Nicoresti, de la tenue des réunions organisées par la société H. pour négocier le prix de l’occupation des terrains (bail) et leur prix de vente. De toute manière, eu égard aux faits pertinents et à l’occupation préalable du terrain, la Cour ne saurait accepter l’argument du Gouvernement selon lequel le mécanisme juridique choisi par les autorités a été plus rapide que la procédure d’expropriation et qu’il a placé les parties à égalité.
39. Au vu de ces considérations, en l’absence d’un acte formel d’expropriation, la Cour estime que la situation de la requérante ne saurait être considérée comme « prévisible » et comme répondant à l’exigence de « sécurité juridique ». La situation en cause a permis aux autorités de tirer parti d’une occupation du terrain en cause au mépris des règles régissant l’expropriation en bonne et due forme (la Constitution de 1991 et notamment la loi no 33/1994), sans mettre préalablement une indemnité à la disposition de l’intéressée (voir, mutatis mutandis, De Sciscio , précité, §§ 83-84, Janes Carratu, précité, § 51, et Ucci c. Italie, no 213/04, §§ 83-84, 22 juin 2006).
40. Quant à l’argument du Gouvernement, selon lequel la requérante aurait pu par la suite demander aux tribunaux internes la réparation du préjudice subi, la Cour observe qu’il n’a pas fourni d’exemples de jurisprudence fondés sur le droit commun et que le seul jugement définitif présenté (paragraphe 23 ci-dessus) a été rendu environ douze ans après les faits pertinents. En outre, il convient de prendre en compte également les dispositions et la pratique internes en matière de prescription (paragraphe 25 ci-dessus), lesquelles rendent incertaine l’issue d’une telle action introduite plusieurs années après l’occupation du terrain. En tout état de cause, vu ses observations susmentionnées quant au défaut de « prévisibilité » dans lequel la requérante s’est trouvée du fait des autorités, la Cour ne saurait lui reprocher de n’avoir pas tenté, après une aussi longue période, d’engager une procédure en dédommagements, tout comme elle n’estime pas opportun de fonder son raisonnement sur le constat de l’absence de réparation en faveur de l’intéressée (voir, entre autres, mutatis mutandis, Janes Carratu, précité, § 48, De Sciscio, précité, § 72, et Gautieri et autres c. Italie, no 68610/01, § 50, 19 octobre 2006).
41. A la lumière de ce qui précède, la Cour estime que l’ingérence litigieuse n’était pas compatible avec le principe de légalité et, par conséquent, qu’elle a enfreint le droit de la requérante au respect de ses biens. Une telle conclusion dispense le Cour de rechercher si un juste équilibre a été maintenu entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de sauvegarde des droits individuels.
42. Partant, la Cour rejette l’exception tirée du non-épuisement des voies de recours internes et dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
II. SUR LES AUTRES VIOLATIONS ALLÉGUÉES
43. Invoquant l’article 6 § 1 de la Convention, la requérante se plaint en substance de l’issue des plaintes pénales qu’elle a formées et, dans ses observations du 25 mars 2008, de la durée qu’elle estime excessive des procédures engagées au sujet du terrain en cause.
44. Compte tenu de l’ensemble des éléments en sa possession, et dans la mesure où elle est compétente pour connaître des allégations formulées, la Cour n’a relevé aucune apparence de violation des droits et libertés garantis par les articles de la Convention.
Il s’ensuit que cette partie de la requête est manifestement mal fondée et doit être rejetée en application de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
45. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
46. Notant que son terrain ne peut plus lui être restitué en nature, la requérante réclame 190 724,70 euros (EUR) représentant la valeur – établie par une expertise – du préjudice matériel subi en raison du défaut de jouissance de sa propriété. Il ressort du rapport d’expertise en question que la requérante a mandaté l’expert pour calculer ce préjudice sur la base d’un montant mensuel de 0,10 USD/m2/mois pour la période 1993-2008 et que le terrain n’a pas été considéré comme forestier, mais comme ayant une utilisation « hydro-énergétique ». Par ailleurs, la requérante demande 1 000 EUR par an pour la période comprise entre 1994 et 2008, pour préjudice moral.
47. S’agissant de la demande pour dommage matériel, le Gouvernement conteste la méthode de calcul de la requérante, notamment l’absence de toute justification de la valeur de 0,10 USD précitée. Il soutient que, pour calculer le manque à gagner de l’intéressée, il convient de prendre en compte le fait qu’il s’agissait d’un terrain forestier couvert de peupliers, non productif ou à faible productivité forestière. Il renvoie aux renseignements fournis par la régie nationale des forêts, qui présente quatre modalités de calcul du préjudice en cause : une première modalité, basée sur le prix payé aux autres villageois ; une seconde, basée sur les obligations pécuniaires légales des autorités en cas de sortie temporaire du terrain du fonds forestier (et du patrimoine du propriétaire) ; une troisième, basée sur les obligations pécuniaires légales en cas de sortie définitive du terrain du fonds forestier (et du patrimoine du propriétaire) ; et enfin une quatrième, basée sur la contrevaleur du terrain en question. Les montants mentionnés varient entre un loyer annuel de 480 000 ROL, au taux de 1998, dans le premier cas ; 25 572 RON, somme à laquelle s’ajoute un loyer annuel de 8 513 à 12 579 RON, dans le deuxième cas ; et 109 095 RON ou 149 335 RON, selon la productivité du terrain, dans le troisième cas.
Pour ce qui du dommage moral, le Gouvernement estime que la somme demandée est excessive et qu’un éventuel constat de violation constituerait une réparation suffisante.
48. La Cour considère que la seule base à retenir pour l’octroi d’une satisfaction équitable réside en l’espèce dans le constat de violation de l’article 1 du Protocole no 1 à raison de l’occupation irréversible du terrain en cause par les autorités, en méconnaissance du principe de légalité. La Cour prend note à la fois de l’impossibilité pour les autorités de restituer le terrain à la requérante et des modalités de calcul du dommage matériel présentées par les parties, qu’il convient d’examiner sous l’hypothèse de l’occupation irréversible du terrain. S’appuyant sur les observations des parties et statuant en équité, comme le veut l’article 41 de la Convention, la Cour alloue à la requérante 40 000 EUR au titre du dommage matériel.
49. En outre, la Cour estime que la requérante a subi un préjudice moral du fait notamment de l’incertitude juridique découlant de l’atteinte susmentionnée à son droit au respect de ses biens, et que ce préjudice n’est pas suffisamment compensé par un constat de violation. Dans ces circonstances, eu égard à l’ensemble des éléments en sa possession et statuant en équité, comme le veut l’article 41 de la Convention, la Cour alloue 2 000 EUR à la requérante au titre du préjudice moral.
B. Frais et dépens
50. Fournissant des justificatifs pour une partie de la somme réclamée, la requérante demande 10 000 EUR pour les frais et dépens engagés devant les juridictions internes (honoraires d’avocats, etc.) et devant la Cour (honoraires de l’expert, frais de traduction et de correspondance, etc.).
51. Le Gouvernement observe que la requérante n’a fourni de justificatifs que pour environ 3 151 EUR et que plusieurs d’entre eux (notamment des honoraires d’avocats et des frais de traduction) ne sont pas suffisamment précis pour permettre d’établir un lien de causalité avec les faits pertinents en l’espèce. Par ailleurs, le Gouvernement estime que le montant des honoraires de l’expert d’environ 2 762 EUR, bien que justifié par un document, est excessif par rapport à l’objet de l’expertise.
52. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce, compte tenu des éléments en sa possession et des critères susmentionnés, la Cour estime raisonnable la somme de 1 500 EUR tous frais confondus et l’accorde à la requérante.
C. Intérêts moratoires
53. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1 et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 ;
3. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser à la requérante, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif en vertu de l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes, à convertir dans la monnaie de l’Etat défendeur au taux applicable à la date du règlement :
i. 40 000 EUR (quarante mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage matériel,
ii. 2 000 EUR (deux mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral,
iii. 1 500 EUR (mille cinq cents euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par la requérante, pour frais et dépens ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 27 janvier 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Greffier Président

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