Conclusione Violazione dell’art. 6-1; danno morale – risarcimento pecuniario; Oneri e spese (procedimento nazionale) – domanda respinta; Danno materiale – domanda respinta
QUARTA SEZIONE
CAUSA BRUNO C. ITALIA
( Richiesta n° 52914/99)
SENTENZA
STRASBURGO
12 febbraio 2002
DEFINITIVO
12/05/2002
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Bruno c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, quarta sezione, riunendosi in una camera composta da:
Sir Nicolas Bratza, presidente,
i Sigg. M. Pellonpää, A. Pastor Ridruejo, L. Ferrari Bravo, M. Fischbach, J. Casadevall, S. Pavlovschi, giudici, e dal Sig. O’Boyle, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 22 gennaio 2002,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino italiano, il Sig. P. B. (“il richiedente”), aveva investito la Commissione europea dei Diritti dell’uomo il 18 maggio 1995 in virtù del vecchio articolo 25 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”). La richiesta è stata registrata il 25 novembre 1999 sotto il numero di pratica 52914/99. Il richiedente è rappresentato da A. L. P., avvocato ad Aprigliano. (Cosenza). Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. U. Leanza, e dal suo coagente, il Sig. V. Esposito.
2. La Corte ha dichiarato la richiesta ammissibile il 22 marzo 2001.
IN FATTO
3. Il 14 dicembre 1990, il richiedente citò la municipalità di Aprigliano dinnanzi al tribunale di Cosenza per ottenere il pagamento di un indennità a seguito dell’espropriazione di un terreno.
4. Il collocamento in stato della causa cominciò il 12 marzo 1991. Delle undici udienze fissate tra il 14 maggio 1991 ed il 10 ottobre 1994, quattro furono rinviate d’ufficio, cinque riguardarono una perizia, una il deposito di documenti ed una fu rinviata per permettere alle parti di presentare le loro conclusioni, che fu fatto il 5 ottobre 1995.
5. L’udienza delle arringhe dinnanzi alla camera competente fu fissata al 6 maggio 1998. Con un’ordinanza del 17 giugno 1998, il tribunale, stimando che una nuova perizia fosse necessaria, nominò un perito e fissò la prestazione di giuramento dinnanzi al giudice del collocamento in stato al 9 febbraio 1999. Venuto il giorno, la convenuta contestò la necessità di una nuova stima e chiese al giudice di revocare questa ordinanza; il richiedente da parte sua chiese al giudice di esaminare tutti i documenti finora prodotti. Il giudice si riservò di decidere in quanto alla necessità di una perizia fino al 29 febbraio 1999, data in cui non la stimò necessario e rinviò la causa al 20 aprile 1999 per permettere alle parti di presentare le loro conclusioni. Venuto il giorno, la causa fu messa in deliberazione in camera del consiglio.
6. Con un giudizio del 3 febbraio 2000 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 4 febbraio 2000, il tribunale respinse l’istanza del richiedente.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
7. Il richiedente adduce che la durata del procedimento ha ignorato il principio del “termine ragionevole” come previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale, che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
8. Il Governo si oppone a questa tesi.
9. Il periodo da considerare è cominciato il 14 dicembre 1990 e si è concluso il 4 febbraio 2000.
10. È durato dunque più di nove anni ed un mese per un’istanza.
11. La Corte ricorda di avere constatato in numerose sentenze (vedere, per esempio, Bottazzi c. Italia [GC], n° 34884/97, § 22, CEDH 1999-V) l’esistenza in Italia di una pratica contraria alla Convenzione che risulta da un accumulo di trasgressioni all’esigenza del “termine ragionevole.” Nella misura in cui la Corte constata tale trasgressione, questo accumulo costituisce una circostanza aggravante della violazione dell’articolo 6 § 1.
12. Avendo esaminato i fatti della causa alla luce degli argomenti delle parti e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, la Corte stima che la durata del procedimento controverso non risponde all’esigenza del “termine ragionevole” e che c’è ancora una manifestazione della pratica precitata.
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
13. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
14. Il richiedente richiede globalmente 150 000 000 lire italiane (ITL) a titolo del danno materiale e morale che avrebbe subito.
15. La Corte non vede legame di causalità tra la violazione constatata ed il danno materiale addotto e respinge questa domanda. In compenso, considera che c’è luogo di concedere al richiedente 12 000 euro (EUR) a titolo del danno morale.
B. Oneri e spese
16. Il richiedente chiede anche 6 709 600 ITL per gli oneri e le spese sostenute dinnanzi alle giurisdizioni interne.
17. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (vedere, per esempio, la sentenza Bottazzi precitata, § 30). Nello specifico e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte respinge la domanda relativa agli oneri e alle spese del procedimento nazionale.
C. Interessi moratori
18. Secondo le informazione di cui dispone la Corte, il tasso di interesse legale applicabile in Italia in data di adozione della presente sentenza era del 3% l’anno.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Stabilisce che vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
2. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza è diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 12 000 EUR (dodicimila euro) per danno morale;
b) che questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice del 3% l’anno a contare dalla scadenza di questo termine e fino al versamento;
3. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 12 febbraio 2002, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Michael O’Boyle Sir Nicolas Bratza
Cancelliere Presidente