Conclusione Non-violazione di P1-1
GRANDE CAMERA
CAUSA BROSSET-TRIBOULET ED ALTRI C. FRANCIA
( Richiesta no 34078/02)
SENTENZA
STRASBURGO
29 marzo 2010
Questa sentenza è definitiva. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Brosset-Triboulet ed altri c. Francia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, riunendosi in una Grande Camera composta da:
Nicolas Bratza, presidente, Jean-Paul Costa, Peer Lorenzen, Francesca Tulkens, Josep Casadevall, Karel Jungwiert, Nina Vajić, Rait Maruste, Anatoly Kovler, Ljiljana Mijović,,,
Renate Jaeger, Davide Thór Björgvinsson, Ineta Ziemele, Marco Villiger, Isabelle Berro-Lefèvre, George Nicolaou, Zdravka Kalaydjieva, giudici,
e da Michael O’Boyle, cancelliere aggiunto,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio l’ 11 febbraio 2009 e il 3 febbraio 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa ultima data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 34078/02) diretta contro la Repubblica francese e in cui due cittadine di questo Stato, le Sig.re I. B.-T. ed E. B.-P. (“le richiedenti”), hanno investito la Corte il 4 settembre 2002 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
Il 26 novembre 2008, il cancelliere è stato informato ́del decesso della richiedente E. B.-P. il 14 maggio 2008, poi del desiderio delle sue figlie, la Sig.ra S. E. e la Sig.na E. P., di proseguire il procedimento al suo posto.
2. Le richiedenti sono rappresentate da P. B., avvocato al Consiglio di stato ed alla Corte di cassazione. Il governo francese (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Belliard, direttrice delle cause giuridiche al ministero delle Cause estere.
3. Le richiedenti adducevano in particolare che il rifiuto delle autorità francesi di autorizzarle a continuare ad occupare un appezzamento del demanio pubblico su cui è edificata una casa che appartiene alla loro famiglia dal 1945 e l’ingiunzione che è stata fatta loro di distruggerla porta attentato al loro diritto di proprietà garantito dall’articolo 1 del Protocollo no 1 ed al rispetto del loro domicilio ai senso dell’articolo 8 della Convenzione.
4. La richiesta è stata assegnata alla seconda sezione della Corte (articolo 52 § 1 dell’ordinamento). Il 14 giugno 2005, la richiesta è stata dichiarata in parte inammissibile da una camera di suddetta sezione composta dai giudici Ireneu Cabral Barreto, Jean-Paul Costa, Karel Jungwiert, Volodymyr Butkevych, Mindia Ugrekhelidze, Antonella Mularoni, Elisabet Fura-Sandström, così come da Sally Dollé, cancelliera di sezione. Il 29 aprile 2008, in seguito ad un cambiamento di sezione, la richiesta è stata dichiarata ammissibile sotto l’angolo degli articoli 1 del Protocollo no 1 e 8 della Convenzione da una camera della quinta sezione, composta dai giudici Peer Lorenzen, Snejana Botoucharova, Jean-Paul Costa, Karel Jungwiert, Rait Maruste, Marco Villiger, Isabelle Berro-Lefèvre, così come di Claudia Westerdiek, cancelliera di sezione. Il 25 settembre 2008, la camera di suddetta sezione, composta dai giudici Peer Lorenzen, Rait Maruste, Jean-Paul Costa, Karel Jungwiert, Renate Jaeger, Marco Villiger, Isabelle Berro-Lefèvre, così come di Claudia Westerdieck, cancelliera di sezione, si è sciolta a profitto della Grande Camera, nessuna delle parti essendovisi opposta (articoli 30 della Convenzione e 72 dell’ordinamento).
5. La composizione della Grande Camera è stata stabilita conformemente agli articoli 27 §§ 2 e 3 della Convenzione e 24 dell’ordinamento.
6. Tanto le richiedenti che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte.
7. Un’udienza si è svolta in pubblico al Palazzo dei diritti dell’uomo, a Strasburgo, l’ 11 febbraio 2009 (articolo 59 § 3 dell’ordinamento). Sono comparsi:
– per il Governo
La Sig.ra E. Belliard, direttrice delle cause giuridiche al ministero delle Cause estere, agente, la
Sig.ra A. – F. Tissier, vicedirettrice dei diritti dell’uomo alla Direzione delle cause giuridiche del ministero delle Cause estere,
Sig.ra Sig. – G. Merloz, redattrice alla sotto-direzione dei diritti dell’uomo della direzione delle cause giuridiche del ministero delle Cause estere, la Sig.ra C. Stoven, incaricata degli studi per lo sviluppo economico e turistico delle spiagge ed incaricata del contenzioso del demanio pubblico marittimo naturale del ministero dell’ecologia, dell’energia, dello Sviluppo duraturo e della pianificazione duratura,
La Sig.ra D. Medjaed, ascoltatrice di giustizia in stage alla direzione delle cause giuridiche del ministero delle Cause estere,
Il Sig. P. Bourreau, direttore dipartimentale, ufficio carico delle missioni demaniali della direzione generale delle finanze pubbliche del ministero del Bilancio,consiglieri;
– per le richiedenti
P. B., avvocato al Consiglio di stato ed alla Corte di cassazione,
consigliere.
La Corte ha ascoltato nelle loro dichiarazioni B. e la Sig.ra Belliard.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
8. Le richiedenti sono nate rispettivamente nel 1935 e 1938 e risiedono a Sainte-Croix-Grand-Tonne e Caen.
A. La casa controversa
9. Il 26 maggio 1909, A. acquisì da R., con contratto firmato dinnanzi al notaio, l’isola di Irus situata nel golfo del Morbihan.
10. Con un’ordinanza del 25 settembre 1909, il prefetto del Morbihan autorizzò A. ad edificare un terrapieno su un appezzamento del demanio pubblico marittimo situato sulla circoscrizione comunale del comune di Arradon per stabilire una rampa d’accesso di quattro metri per quattro metri che permetteva di imbarcarsi, in particolare verso l’isola di Irus.
11. Con un’ordinanza del 25 agosto 1911, il prefetto del Morbihan autorizzò A. a procedere all’ingrandimento di suddetto terrapieno. Questa ordinanza si legge, nelle sue disposizioni pertinenti, come segue:
“(…) Dal punto di vista delle buona creanza del servizio dei Ponti e Carreggiate il terrapieno, con l’ingrandimento chiesto, non può nuocere per niente alla navigazione, a condizione di essere livellato al disopra del livello delle piene marre delle acque vive, né alla circolazione sulla riva marittima, a condizione di essere accessibile in ogni tempo al pubblico;
Dal punto di vista del canone da imporre il licenziatario pagherà un canone annuo di 30 franchi 40. (…)
In caso di revoca, il licenziatario dovrà se ne venisse richiesto, fare ristabilire i luoghi nel loro stato primitivo e nel caso non assolvesse questo obbligo, si provvederebbe a cura dell’amministrazione, d’ ufficio e a sue spese. L’importo degli anticipi fatti sarebbe rimborsato dal convittore per mezzo di ruoli resi esecutivi dal Prefetto “
12. Il 2 maggio 1921, un atto di vendita, firmato dinnanzi a M., fu pubblicato all’ufficio delle ipoteche di Vannes. Con questo atto, A. trasmise la proprietà dell’isola di Irus al Signore S.
La trascrizione di questo atto da parte dell’ufficio delle ipoteche, per ciò che riguarda in particolare il terrapieno controverso, si legge come segue:
“(…) Entrata in godimento -L’acquirente sarà l’attuale proprietario dell’isola di Irus venduta a contare da questo giorno e per mezzo delle presenti ed egli avrà il godimento a contare dal primo marzo mille nove cento ventuno. (…)
Signore [A.] dichiara che con ordinanza prefettizia del Morbihan, in data del venticinque settembre mille nove cento nove e di un altro in data del venire-cinque agosto mille nove cento undici, gli è stato concesso ne luogo detto Pen-er-men una superficie di terreno di una superficie di tre cento trenta tre-metri quadrati ottantotto decimentri quadrati, riportata sul catasto del comune di Arradon, sotto il numero 137 della sezione, per stabilire un terrapieno con una ringhiera di acciaio di quattro metri per quattro metri. Che questa concessione gli è stata fatta sotto la condizione espressa che questo terrapieno fosse accessibile al pubblico e mediante un canone annuo di trenta franchi e quaranta centesimi rivedibili ogni i cinque anni. E di conseguenza il Signore [A.] rimette e sostituisci l’acquirente in tutti i suoi diritti relativi a questa concessione con tutte le costruzioni che il venditore ha edificato e ha dichiarato che non esiste nessuna altra servitù attiva o passiva “
13. Con ordinanza del 3 febbraio 1938, il prefetto accordò alla vedova di S., zia della madre delle richiedenti, un’autorizzazione di occupazione del terrapieno per cinque anni con la precisazione che il “terrapieno avrà una superficie totale di 333 m2 98 ma che la condizione di accessibilità al pubblico significa ridurre la superficie imponibile a 303 m2 98(…) sarà riservata su tutta la sua lunghezza una fascia(…) per la circolazione pubblica.”
14. La madre delle richiedenti acquisì da sua zia, tramite donazione tra vivi redatta dinnanzi a notaio e pubblicata all’ufficio delle ipoteche di Vannes il 12 novembre 1945, una casa ad uso di villeggiatura edificata sul terrapieno suddetto:
“Sono comparse
La Signora M. vedova del Signore S che ha fatto donazione tra vivi
La Signora M., vedova di M. il Generale B., la sua nipote,
della proprietà che le appartiene sul comune di Arradon e chiamata l’isola di Irus.
Designazione: l’isola di Irus presentemente data comprende la totalità di suddetta isola che comprende la totalità degli immobili costruiti e non immobili che la compongono messi al catasto per una capienza di dodici ettari
Condizioni: La donazione ha luogo sotto le seguente condizioni (…)La donataria prenderà l’immobile nello stato in cui è senza potere esercitare nessuno ricorso contro la donatrice per qualche causa questo sia attualmente e ne godrà a contare da questo giorno, fissato per l’entrata in godimento. (…) Pagherà le imposte ed i premi di assicurazione contro l’incendio a contare da questo giorno.
Stato civile-autorizzazione (…)Il prefetto del Morbihan ha autorizzato il ventuno settembre 1945 suddetta donazione. (…)”
15. Con una serie di ordinanze, in particolare emessi il 6 giugno 1951, il 29 marzo 1967, il 21 dicembre 1977, il 27 agosto 1984 e il 10 luglio 1986, il prefetto del Morbihan autorizzò l’occupazione del terrapieno controverso mediante pagamento di un canone. Quello del 1967 parla del rinnovo dell’ordinanza del 1951 che autorizzava ad occupare un terrapieno; quello del 1984 e del 1986 menzionavano il terrapieno con abitazione. L’ordinanza prefettizia del 10 luglio 1986 non autorizzava l’occupazione del demanio pubblico al di là del 31 dicembre 1990. Le ordinanze precisavano “che il terrapieno non potrà nuocere per niente alla navigazione a patto di essere livellato al di sotto del livello dei più alti mari, né alla circolazione sulla riva marittima a patto di essere accessibile al pubblico in ogni tempo.” Era precisato sui formulari di autorizzazione che, conformemente agli articoli A 26 e 27 del codice della demanio lo stato, “l’amministrazione si riserva la facoltà di modificare o di togliere l’autorizzazione se lo giudicava utile, per qualsiasi causa questo sia, senza che il licenziatario possa richiedere, per questo fatto, nessuna indennità o risarcimento. Dovrà, se ne fosse richiesto, fare ristabilire i luoghi nel loro stato primitivo, tramite demolizione degli insediamenti edificati sul demanio pubblica, ivi comprese quelle esistenti in data di firma dell’ordinanza. Nel caso non assolvesse questo obbligo, vi si provvederà, tramite l’amministrazione, d’ ufficio a sue spese”.
16. Nel frattempo, nel 1966, la direzione generale dell’Imposta- Demanio aveva scritto al direttore del demanio a Vannes questo:
“Mi avete sottoposto per osservazioni e pareri un’istanza di rinnovo di occupazione temporanea della demanio pubblico marittimo effettuata dalla [madre delle richiedenti]. Questa istanza interessa un terrapieno di una superficie di 333,98 m2, ridotta ad una superficie imponibile di 304 m2 su cui è stata costruita una casa d’ abitazione. Il canone annuo proposto dal servizio dei Ponti e delle carreggiate è di 100 franchi. La causa dà luogo alle seguenti osservazioni: l’articolo R 56 del codice del demanio dello stato stipula che ogni canone a profitto del Tesoro deve tenere conto dei vantaggi di ogni natura procurata al concessionario. Nel caso precitato, è fuori dubbio che la concessione di terrapieno in questione procura alla richiedente un vantaggio non trascurabile: le permette in particolare l’economia del capitale da investire per potere disporre di un terreno da costruire nella zona considerata (…) In queste condizioni, sembra assolutamente normale considerare una somma corrispondente all’importo dell’interesse calcolato al tasso molto ridotto del 5% sul valore del terreno concesso. (…) “
B. Procedimenti amministrativi
17. Il 15 marzo 1993, la madre delle richiedenti sollecitò il rinnovo della convenzione di occupazione presso il prefetto del Morbihan.
18. In risposta, il 6 settembre 1993, il prefetto le ricordò che l’autorizzazione accordata nel 1986 di occupare la casa del 1986 era scaduta il 31 dicembre 1990. Fece sapere che l’entrata in vigore della legge no 86-2 del 3 gennaio 1986 relativa alla pianificazione, la protezione ed il collocamento in valore del litorale (qui di seguito legge litorale) ed in particolare il suo articolo 25, non gli permetteva più di rinnovare l’autorizzazione nelle condizioni anteriori, questa precisando che le utilizzazioni del DPM devono tenere conto della vocazione delle zone riguardate, ciò che esclude in particolare ogni utilizzazione privativa per le case di villeggiatura. Tuttavia, e per tenere conto dell’anzianità dell’occupazione e del carattere affettivo accordato dalle richiedenti e da loro madre alla casa oggetto della controversia, il prefetto indicò che era pronto a studiare in via eccezionale un’autorizzazione limitata comprendente in particolare un’autorizzazione rigorosamente personale di utilizzazione che vietava ogni cessione o trasmissione del terreno e della casa, un’interdizione a realizzare dei lavori eccettuati quelli di manutenzione, ed una possibilità per lo stato, alla scadenza dell’autorizzazione, di fare rimettere i luoghi nel loro stato iniziale o di riutilizzare gli insediamenti. Conclude chiedendo di precisare velocemente se queste condizioni la soddisfacevano per “regolarizzare una situazione illegale da due anni e mezzo.”
19. La madre delle richiedenti non accettò questa proposta. Sollecitò in cambio la concessione di una concessione di arginatura che valeva trasferimento di proprietà sul fondamento dell’articolo L. 64 del codice della demanio dello stato (paragrafo 44 sotto).
20. Il 9 marzo 1994, il prefetto del Morbihan allontanò l’istanza della madre delle richiedenti mantenendo la sua proposta iniziale di convenzione di occupazione sotto condizioni:
“Mi avete chiesto di volere cortesemente studiare la possibilità di impegnare un procedimento di declassamento del terrapieno, dipendenza del demanio pubblico marittimo che occupate a Pen-Er-Men in vista, mi pare, di un’acquisizione di questo terrapieno costruito(…)
Sono spiacente di farvi conoscere che la concessione classica che porta attribuzione al concessionario della proprietà piena ed indefinita dei terreni riemersi nella cornice dell’articolo L. 64 del codice del demanio dello stato è stato abbandonato tramite un’istruzione ministeriale da alcuni anni, in mancanza di interesse generale dimostrato. La vostra istanza non va in questo senso e mantengo le condizioni fissate nella mia lettera del 6 settembre per regolarizzare la vostra situazione.
Questa regolarizzazione potrebbe farsi nella cornice della convenzione di cui vi trasmetto un progetto. Vi segnalo che il canone demaniale sarà rivisto al rialzo per tenere conto della situazione particolare dell’occupazione della Demanio. “
21. Il 5 maggio 1994, la madre delle richiedenti investì il tribunale amministrativo di Rennes in vista di ottenere l’annullamento della decisione del prefetto del 9 marzo 1994 che negava di accordarle la concessione di arginatura sollecitata.
22. Il 4 luglio 1995, il prefetto del Morbihan informò la madre delle richiedenti che aveva intenzione di redigere un verbale di contravvenzione di grande rete viaria per fare constatare l’occupazione senza titolo del demanio pubblico. Questo verbale fu preparato il 6 settembre 1995 e fu notificato alla madre delle richiedenti il 16 novembre 1995. Il 20 dicembre 1995, il prefetto, conformemente alla constatazione di occupazione senza titolo del demanio pubblico così stabilito e conformemente all’articolo L. 28 del codice del demanio dello stato (paragrafo 41 sotto) investì il tribunale amministrativo di Rennes di una richiesta tesa alla condanna della madre delle richiedenti, da una parte, al pagamento di una multa, dall’altra parte, alla rimessa dei luoghi nel loro stato iniziale, ossia lo stato anteriore all’edificazione della casa.
23. Con due giudizi distinti resi il 20 marzo 1997, il tribunale amministrativo di Rennes deliberò sul ricorso introdotto il 5 maggio 1994 dalla madre delle richiedenti (istanza no 941509) e sulla richiesta introdotta dal prefetto del Morbihan il 20 dicembre 1995 (istanza no 953516).
24. Su richiesta della madre delle richiedenti tesa all’annullamento della decisione del rifiuto del prefetto di accordarle una concessione di arginatura, il tribunale considerò ciò che segue:
“Considerando che ai termini dell’articolo L. 64 del codice del demanio dello stato: “Lo stato può concedere, alle condizioni che avrà regolato… il diritto di arginatura”; che se l’articolo 27 della legge del 3 gennaio 1986 sopraindicato ha ridotto il campo di applicazione dell’articolo precitato, precisa tuttavia che “le terre riemerse anteriori alla presente legge rimangono regolate dalla legislazione anteriore”; che perciò, sono solo applicabili nello specifico l’articolo L. 64 del codice precitato e la legge del 28 novembre 1963 relativa al Demanio Pubblico Marittimo che dispone “che sono incorporati al Demanio Pubblico Marittimo… sotto riserva di disposizioni contrarie di atti di concessione i terreni che saranno sottratti artificialmente all’azione del fiotto”; che se il prefetto per opporre un rifiuto all’istanza di cui era investito si è appellato sui principi direttivi e gli orientamenti fissati dalla circolare interministeriale del 3 gennaio 1973 definendo la politica da seguire per l’utilizzazione del demanio pubblico marittimo, non ha sbagliato, esaminando la situazione particolare del progetto di concessione formulato dalla richiedente, sulla portata di suddetta circolare che non abroga, né modifica le suddette disposizioni legislative ma si limita a farne applicazione;
Considerando peraltro che la circolare precitata, dando per direttiva alle autorità incaricate di deliberare sulle concessioni di arginatura di non alienare la proprietà degli appezzamenti creati e di accettarvi solo l’insediamento di attrezzature ad uso collettivo, all’esclusione dell’ habitat privativo, è intervenuto in una materia in cui le autorità competenti dispongono di un potere discrezionale; che non appare che il prefetto facendo riferimento ai principi posti dalla circolare, abbia proceduto ad un’inesatta interpretazione delle disposizioni legislative, né che non abbia esaminato la specificità del progetto della richiedente, prima di stimare che nessuna particolarità era di natura tale da giustificare che fosse fatta deroga alle direttive sopra-analizzate;”
25. Nella cornice dell’istanza no 953516, il tribunale amministrativo di Rennes accolse la richiesta depositata dal prefetto il 20 dicembre 1995, ai seguenti motivi:
“(…) Sulla demanialità pubblica
“(…) Considerando che la contravvenzione di grande rete viaria mirava a preservare l’integrità del demanio pubblico; che risulta dal giudizio reso questo giorno dal tribunale nell’istanza no 941509 che l’appezzamento su cui è edificato la casa di villeggiatura della Sig.ra B. fa ben parte di suddetto demanio;
Considerando che il giudice amministrativo subordina la determinazione della consistenza della demanio pubblica artificiale all’interpretazione giudiziale dei titoli privati che sarebbero prodotti quando il loro esame solleva una difficoltà seria; che nello specifico il terrapieno e la casa non sono un bene della demanio pubblica avuta esclusivamente riguardo all’utilizzazione privativa che ne è fatto ed al loro non appartenenza ad una collettività pubblica; che quindi nella mancanza di contestazione seria dell’appropriazione privata del bene controverso, non c’è luogo di sospendere a deliberare; (…)
Sull’esistenza di una multa di grande rete viaria
Considerando che se la casa di villeggiatura occupata dalla Sig.ra B. le appartiene in piena proprietà e se sostiene di non essere, quindi, un’occupatrice irregolare del demanio pubblico, è tuttavia consolidato che la costruzione di un lavoro di carattere permanente non poteva essere intrapresa regolarmente sul demanio pubblico sia che sia in virtù di una concessione di arginatura, o di un altro tipo di concessione; che risulta dall’istruzione ed in particolare dalla mancanza di tali atti di concessione, che la casa di villeggiatura di cui si tratta è stata edificata irregolarmente sul Demanio Pubblico Marittimo; che perciò, il prefetto è autorizzato a chiedere la condanna della Sig.ra B. ad una multa ed al collocamento della riva del mare nel suo stato anteriore all’edificazione di suddetto lavoro e questo nel termine di tre mesi a contare dalla notifica del presente giudizio ; che alla scadenza di questo termine, la Sig.ra B. verserà una penale di un importo di 100 franchi al giorno di ritardo in caso di inadempienza del presente giudizio e l’amministrazione sarà autorizzata a farlo a spese, rischi e pericoli della contravventrice. “
26. L’ 11 luglio 1997, le due richiedenti, agendo quindi in quanto aventi diritto di loro madre in seguito al suo decesso, interposero appello al giudizio reso nell’istanza no 953516. Il 18 luglio 1997, interposero appello del giudizio reso nell’istanza no 941509.
27. Con una sentenza dell’ 8 dicembre 1999, la corte amministrativa di appello di Nantes decise di unire i due procedimenti in ragione della loro connessione e di respingere gli appelli formati dalle richiedenti.
In quanto alla richiesta relativa alla contravvenzione di grande rete viaria, la corte constatò innanzitutto il decesso della Sig.ra B. nel corso dell’istanza e, perciò, decise l’estinzione dell’azione pubblica. Concernente l’azione demaniale, la corte di appello motivò la sua decisione come segue:
“Considerando, in primo luogo, che non è contestato che l’appezzamento dove si trova il terrapieno su cui è edificata la casa era ricoperto interamente dal fiotto, all’infuori di ogni circostanza meteorologica eccezionale, prima dell’a riemersione effettuata per realizzare questo stesso terrapieno; che non è stabilito, né addotto neanche del resto dalle richiedenti, che la superficie non riemersa di questo appezzamento sarebbe stato mai sottratta da allora all’azione del fiotto; che risulta, peraltro, dall’istruzione, che il terrapieno è il prodotto di riemersioni realizzate anteriormente all’entrata in vigore della legge del 28 novembre 1963 sopraindicata e che, non essendo stato realizzato nelle forme contemplate per le concessioni a carico dell’arginatura, non hanno potuto, nonostante l’intervento delle diverse autorizzazioni di occupazione temporanea accordate dall’amministrazione, avere per effetto di fare tirare fuori dalla demanio pubblico marittimo questa parte dell’appezzamento così sottratto all’azione del fiotto; che in ragione dei principi di inalienabilità e di imprescrittibilità del demanio pubblico, le circostanze invocate dalla Sig.ra T. e dalla Sig.ra B.-P.l che la casa è stata edificata regolarmente e che la sua occupazione è stata accettata dall’amministrazione per una durata molto lunga ed è stata tollerata anche dopo la scadenza dell’ultima autorizzazione di occupazione sono senza influenza sull’appartenenza al demanio pubblico marittimo;
Considerando, in secondo luogo che, come è stato detto, l’ultima autorizzazione di occupazione temporanea del Demanio Pubblico Marittimo è venuta a scadenza il 31 dicembre 1990; che in mancanza, da questa data, di un titolo di occupazione regolare, il prefetto del Morbihan è autorizzato a chiedere che venga assegnato agli occupanti, se questo non è stato già fatto, di rimettere i luoghi nel loro stato anteriore all’edificazione della casa sul demanio pubblico marittimo; che le richiedenti non possono avvalersi utilmente, per contestare questo obbligo, dell’anzianità dell’occupazione dei luoghi, né del fatto che l’amministrazione ha tollerato il perseguimento di questa occupazione dopo il 31 dicembre 1990 e ha proposto alla Sig.ra B., per regolarizzare la situazione, dei progetti di convenzione di occupazione ai quali non ha dato seguito del resto; (…)
Considerando, in quinto luogo che [l’obbligo di procedere alla rimessa in stato dei luoghi] non costituisce una misura proibita dalla stipulazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 in virtù della quale nessuno può essere privato della sua proprietà che a causa di utilità pubblica. “
In quanto al rifiuto di concessione di arginatura, la corte di appello si espresse come segue:
“(…) Considerando in secondo luogo che, l’articolo 27 della legge del 3 gennaio 1986 sopraindicato precisando che le riemersioni anteriori a questa legge rimangono regolate dalla legislazione anteriore, sono applicabili al presente caso le disposizioni codificate sotto l’articolo L. 64 del codice del demanio dello stato ai termini delle quali “lo stato può concedere, a condizioni che avrà regolato… il diritto di arginatura… “;
Considerando che, per negare di accordare alla Sig.ra B. la concessione di arginatura sollecitata, il prefetto del Morbihan si è basato sui principi direttivi definiti dalla circolare del 3 gennaio 1973 relativa all’utilizzazione del demanio pubblico all’infuori dei porti di commercio e di pesca, e ha rilevato che nessuno motivo di interesse generale giustificava che venisse fatto diritto all’istanza dell’interessata;
Considerando che dando per direttiva alle autorità incaricate di deliberare sulle istanze di concessioni di arginatura che nessuno appezzamento dipendente, ad un titolo qualsiasi, dal demanio pubblico dovrà essere declassato per essere oggetto di una cessione in piena proprietà, i ministri firmatari della circolare del 3 gennaio 1973 non hanno decretato regole di diritto che modificavano o completavano le disposizioni precitate dell’articolo L. 64 del codice del demanio dello stato di cui si sono limitati a fare applicazione: che così come è stato detto sopra, l’appezzamento in causa appartiene al demanio pubblico dello stato; che non risulta dai documenti della pratica né che il prefetto, prima di prendere la sua decisione, non abbia esaminato le circostanze particolari che motivavano il progetto presentato dalla Sig.ra B., né che abbia commesso un errore manifesto di valutazione stimando che nessuna particolarità di questo progetto o nessuna considerazione di interesse generale giustificava che fosse fatta una deroga alle suddette direttive;”
28. Il 21 febbraio 2000, le richiedenti ricorsero in cassazione contro la sentenza dell’ 8 dicembre 1999. Fecero valere che in mancanza di prove che non potevano detenere logicamente, avendo acquisito tramite donazione una casa già costruita su una lastra anteriormente edificata, avevano dimostrato che la costruzione regolare di una casa di villeggiatura aveva potuto essere intrapresa su un appezzamento supposto di appartenere al demanio pubblico alla sola condizione dell’esistenza di un’autorizzazione di occupazione temporanea relativa ad un uso privativo di questo appezzamento e non escludendo espressamente l’eventualità di tale costruzione. Ne dedussero che la costruzione della casa, conosciuta ed accettata dell’amministrazione, aveva provocato la piena proprietà di questa da parte degli occupanti dell’appezzamento. In caso contrario, apparteneva al prefetto di portare la prova dell’irregolarità delle riemersioni al quale si procedette all’inizio del secolo. Le richiedenti invocarono ancora la sproporzione della sanzione e la necessità, in mancanza di un motivo di interesse generale, del versamento di un indennizzo per il danno anormalmente creato.
29. Il commissario del Governo, nelle sue conclusioni, comuni ad una causa simile, fece valere che il valore attualizzato del prezzo di acquisizione della casa ammontava a 655 530 euro (EUR). Proseguì in questi termini:
“(…) Gli interessati non hanno potuto acquisire nessun diritto di proprietà sulle loro case e le successive cessioni non arrivano di più alla costituzione dei diritti reali sul demanio pubblico. Tenuto conto della situazione precaria di questi immobili, il loro valore venale non poteva essere stabilito senza prendere in considerazione questa circostanza fondamentale e bisogna sperare che le richiedenti fossero state informate debitamente di questi elementi quando gli atti di acquisizione sono stati redatti. Alla fine ed anche se le soluzioni alle quali si arriva suscitano da parte nostra solo un entusiasmo molto relativo, possiamo concludere solamente al rigetto delle conclusioni delle richiedenti. (…) Queste hanno commesso probabilmente delle mancanze di destrezza rifiutando l’offerta reiterata dal prefetto. Anche se non le incantava, era almeno preferibile ad una demolizione pura e semplice che dovrà essere operata a loro spese per decisione di giustizia. Ogni speranza non è forse persa di riannodare i fili del dialogo con l’amministrazione per trovare forse una soluzione meno sbrigativa.
Lo stato non è forse all’occorrenza al riparo di un’azione in responsabilità per avere lasciato sperare durante vicino ad un secolo che gli occupanti della demanio pubblica non sarebbero brutalmente costretti di demolire i loro beni. Egli bene bisogna vedere tuttavia che le probabilità di riuscita di una tale azione siano abbastanza magre in ragione della protezione legittima di cui beneficia la demanio pubblica. In ogni caso, è evidente che se la responsabilità della persona pubblica dovesse essere considerata, si tratterebbe di una responsabilità che i contravventori dividerebbero largamente con l’amministrazione. “
30. Con una sentenza resa il 6 marzo 2002, il Consiglio di stato respinse il ricorso delle richiedenti. Giudicò che non potevano avvalersi di nessuno diritto reale sull’appezzamento controverso e sugli immobili che vi erano stati edificati e che l’obbligo di rimessa in stato dell’appezzamento nello stato anteriore all’edificazione della casa, senza indennizzo preliminare, non era una misura proibita dall’articolo 1 del Protocollo no 1 dunque.
31. Il 6 agosto 2002, il direttore generale della Direzione generale della cultura, delle cause giuridiche e delle politiche dipartimentali del Morbihan scrisse questo alle richiedenti:
“Ho avuto alcuni elementi di informazioni provenienti dalla direzione regionale delle cause culturali [DRAC] della Bretagna. Ne risulta innanzitutto che la vostra casa non è stata repertoriata specificamente dal servizio regionale dell’inventario quando questo ha inventariato il cantone di Vannes-ovest all’inizio degli anni 1990. Però, l’insieme dell’ansa di Pen er Men è ben repertoriato, come mostra del resto una fotografia, disponibile al servizio dell’inventario dove appare chiaramente la vostra casa. Dall’ altra parte, questo servizio mi ha fatto sapere, verbalmente che se l’inventario del cantone di Vannes-ovest fosse effettuato oggi, la vostra casa, così come altre nella stessa situazione, certamente verrebbe inventariata.
Comunque sia, questo stesso servizio potrebbe intervenire efficacemente, particolarmente presso la DDE [Direzione dipartimentale delle infrastrutture], allo scopo di protezione del patrimonio se una minaccia di distruzione dovesse venire di nuovo brandita.
Per ciò che riguarda infine un’eventuale misura di archiviazione o di iscrizione all’inventario supplementare dei monumenti storici della vostra casa, non bisogna contare, da una parte perché lo stato non vi considera come proprietarie, dall’altra parte perché è oberato di istanze, in particolare nel Morbihan. Nell’immediato, tenuto conto delle buone disposizioni della DRAC nei confronti del vostro problema, non sono troppo inquieto. “
32. Nel 2008, la tassa di soggiorno della casa ammontava a 584 EUR e la tassa fondiaria a 708 EUR. Le richiedenti producono una valutazione della loro casa fatta da un’agenzia immobiliare nel novembre 2008: “una casa di 1905 ad uso di villeggiatura costruita in pietre. Tenuto conto della situazione geografica di questa proprietà, dello stato della costruzione, della superficie dell’investimento, del suo insediamento sul DPM, del mercato immobiliare locale, e sotto riserva che i proprietari possano beneficiare di un contratto di concessione sul DPM, questa proprietà ha un valore dell’ordine di 800 000 a 1 000 000 di euro.”
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNE PERTINENTI
A. Il demanio pubblico marittimo (DPM) e la sua gestione
1. La custodia del demanio pubblico marittimo
33. L’idea che la riva del mare appartiene alle “cose comuni”, cioè non è suscettibile di appropriazione privata ed è gestita dal potere pubblico, viene dall’epoca romana (Institutes de Giustiniano, Libro II, Titolo I De rerum divisione) dove già un’autorizzazione era necessaria per costruire sul bordo del mare. È l’ordinanza della marina dell’ agosto 1681 di Colbert che, codificando questo principio, costituiva ancora recentemente il fondamento della gestione da parte dello stato del DPM. Dopo avere definito ciò che comprendeva il “bordo e la riva del mare”, precisava anche il regime applicabile: “Facciamo proibizione ad ogni persone di costruire sulle rive del mare, di piantare alcun palo, né di fare nessun lavoro che possa recare un danno alla navigazione, a pena della demolizione dei lavori, della confisca dei materiali e di multe arbitrarie”. Nel corso della Rivoluzione prende piede l’idea che il DPM venga gestito dai governanti nell’interesse della nazione, e non come un semplice elemento una volta patrimonio della Corona, e oggi dello stato. Questa concezione guida ancora largamente oggi la gestione del DPM, perché aldilà della proprietà stessa dello stato su questo demanio, la sua conservazione e la sua gestione dipendono più dal collocamento in opera di una politica della sua utilizzazione che dall’esercizio dei diritti “civili” del proprietario. Il prefetto tiene un ruolo principale nella custodia del DPM, è l’autorità che in generale ne regolamenta localmente l’utilizzazione, permette le occupazioni privative o meno e garantisce la difesa della sua integrità perseguendo gli autori degli attentati a questa tenuta (sorgente): www.mer.gouv.fr, consultato il 3 febbraio 2010.
L’ordinanza della marina di Colbert è stata abrogata definitivamente nel 2006. Dal 1 luglio 2006, il codice generale della proprietà delle persone pubbliche (CGPPP) ha sostituito il codice del demanio dello stato (datato 1957). Ristruttura il diritto demaniale dello stato e delle persone pubbliche e sintetizza la regolamentazione del DPM includendovi in particolare le disposizioni relative all’ambiente.
2. Consistenza del demanio pubblico marittimo naturale
34 Il DPM, determinato a partire da fenomeni naturali, è compreso tra i limiti alti della riva, cioè al punto fin dove la più alta marea può estendersi in mancanza di perturbazioni meteorologiche eccezionali (CE Ass, Kreitmannn, 12 ottobre 1973) ed il limite del mare territoriale, lato largo. Secondo l’articolo L. 2111-4 del CGPPP, “Il Demanio Pubblico Marittimo naturale dello stato comprende:
1o Il suolo ed il sottosuolo del mare tra i limiti esterni del mare territoriale e, lato terra, la riva del mare.
La riva del mare è costituita da tutto ciò che copre e scopre fin dove le più alte maree possono estendersi in mancanza di perturbazioni meteorologiche eccezionali;
2o Il suolo ed il sottosuolo degli stagni salati in comunicazione diretta, naturale e permanente col mare;
3o I tratti sottratti dal mare:
a) Che facevano parte del demanio privato dello stato in data del 1 dicembre 1963, sotto riserva dei diritti di terzi;
b) Costituiti a contare dal 1 dicembre 1963.
(…)
5o I terreni riservati in vista della soddisfazione dei bisogni di interesse pubblico di ordine marittimo, balneare o turistico e che sono stati acquisiti dallo stato.
“I terreni sottratti artificialmente all’azione del fiotto rimangono compresi nel Demanio Pubblico Marittimo naturale sotto riserva delle disposizioni contrarie di atti di concessione traslativi di proprietà legalmente presi ed eseguiti” regolarmente. “
3. Protezione del demanio pubblico marittimo
a) Principio di inalienabilità
35. Consacrato dalla giurisprudenza, poi ripreso dal codice del demanio dello stato (articolo L. 52, ed il CGPPP, articolo L. 3111-1) il principio di inalienabilità del demanio pubblico è indissociabile dalla nozione di demanio pubblico. Il fondamento di questo principio è legato alla destinazione del demanio all’utilità pubblica: finché questa destinazione rimane, e finché una decisione espressa di declassamento di una dipendenza del demanio pubblico non è stata presa, nessuna cessione del demanio può essere autorizzata. È una protezione contro l’usucapione o la prescrizione acquisitiva del diritto privato, da cui il principio di non prescrittibilità complementare a quello dell’inalienabilità. Così, nella sua sentenza Cazeaux, a proposito di appezzamenti prossimi alla riva del mare nel bacino di Arcachon, il Consiglio di stato ha considerato che “anche se le autorità pubbliche hanno autorizzato su questi appezzamenti diversi lavori, hanno rinunciato a più riprese di rivendicare la demanialità pubblica di suddetti appezzamenti, gli autori della società del demanio delle paludi salmastre non hanno potuto, come suddetta società, acquisire nessuno diritto di proprietà su questi appezzamenti che, facendo parte del demanio pubblico, erano inalienabili ed imprescrittibili.”
36. Il Consiglio costituzionale ha enunciato che l’inalienabilità si limitava al fatto che i beni del demanio pubblico venissero alienati senza che fossero stati declassati prima di tutto (C.C, no 86-217 DC del 18 settembre 1986, Libertà di comunicazione). Non ha riconosciuto tuttavia al principio di inalienabilità un valore costituzionale (CC, dec. no 94-346 del 21 luglio 1994, Diritti reali sul demanio pubblico). Il Consiglio di stato ha ricordato recentemente che “quando un bene appartenente ad una persona pubblica è stato incorporato nel suo demanio pubblico con una decisione di archiviazione, non smette di appartenere a questo demanio salvo decisione espressa di declassamento”; ha giudicato così che era senza incidenza sull’appartenenza di laboratori relè occupati da una società al demanio pubblico il fatto “che questi laboratori avrebbero vocazione di essere affittati o ceduti ai loro occupanti o che gli affitti acconsentiti in vista della loro occupazione rivestirebbero il carattere di contratto di diritto privato” (CE 26 marzo 2008, Società Lucofer).
37. Conseguenza del principio di inalienabilità, ogni cessione di beni del demanio pubblico “non declassati” sono nulli. Questa nullità provoca un obbligo di restituzione per i terzi acquirenti, anche in buona fede. Inoltre, l’inalienabilità provoca l’esclusione, in principio, della costituzione dei diritti reali sul demanio pubblico. Tuttavia, in deroga a questo principio, il legislatore ha, con l’adozione di due leggi, una del 5 gennaio 1988 che istituiva l’affitto enfiteutico amministrativo, l’altra del 25 luglio 1994 relativa alla costituzione del diritto reale sul demanio pubblico, che dava la possibilità di concedere dei diritti reali all’occupante a titolo privativo sul DPM. Trattandosi della prima, riguarda solamente il demanio pubblico delle collettività territoriali e dei loro raggruppamenti. Per ciò che riguarda la seconda, prevede il demanio marittimo artificiale e le costruzioni e gli insediamenti immobiliari realizzati per i bisogni di attività autorizzate (articolo L. 34-1 del codice del demanio dello stato poi articolo L. 2122-6 del CGPPP). Nella sua decisione precitata del 21 luglio 1994, il Consiglio costituzionale ha giudicato questa possibilità conforme alla Costituzione dal momento che la legge del 1994 garantisce la continuità dei servizi pubblici e la protezione della proprietà pubblica; ha censurato tuttavia la disposizione che permette il rinnovo dell’autorizzazione al di là di settant’ anni perché era suscettibile di privare di realtà il diritto della persona pubblica al ritorno del pieno diritto e gratuito degli insediamenti e di conseguenza di natura da recare offesa alla “protezione dovuta alla proprietà pubblica.”
38. L’ultima conseguenza del principio di inalienabilità è l’insequestrabilità dei beni delle persone pubbliche (articolo L. 2311-1 del CGPPP). Questa conseguenza è stata attenuata dalla giurisprudenza del Consiglio di stato in una causa che la Corte ha dovuto conoscere in seguito (Società di Gestione Del Porto di Campoloro e Società fattrice di Campoloro c. Francia, no 57516/00, 26 settembre 2006).
b) Politica di conservazione
39. Oltre le servitù amministrative, che mirano a proteggere il demanio pubblico degli sconfinamenti delle proprietà private tra cui quella, per esempio, concernente la servitù di passaggio lungo il litorale, di una larghezza di tre metri, sulle proprietà rivierasche del DPM istituito da una legge del 31 dicembre 1976 che portava riforma dell’urbanistica, la politica della conservazione del demanio garantisce la protezione dell’integrità patrimoniale del DPM, così come quella della destinazione e dell’utilizzazione delle sue dipendenze. I reati alla politica di conservazione del DPM sono repressi dalla contravvenzione di grande rete viaria. Questa è sanzionata da una multa penale pronunciata dal giudice amministrativo ed implica per il contravventore una rimessa di diritto dei luoghi nello stato. Le disposizioni pertinenti relative alla contravvenzione di grande rete viaria sul DPM non fanno più essenzialmente riferimento alla navigazione ma prendono in conto la protezione del litorale, protetto per lui stesso (articoli L. 2132-2 e L. 2132-3 del CGPPP).
40. Secondo il Consiglio di stato, le autorità incaricate della conservazione hanno un obbligo di perseguimento (CE Ministro delle infrastrutture c / Associazione “degli amici delle strade di ronda”, 23 febbraio 1979). A proposito di un appezzamento incorporato nel demanio pubblico marittimo della spiaggia di Verghia, Corsica-del-sud, il Consiglio di stato ha deciso “che la circostanza che M.A. beneficerebbe di un titolo di proprietà sull’appezzamento in causa e che le autorizzazioni gli sono state accordate per edificare delle costruzioni, a titolo della legislazione dell’urbanistica, distinte da quella relativa al demanio pubblico marittimo, è senza influenza sulla fisicità della contravvenzione di grande rete viaria e non è, ad ogni modo, di natura tale da esonerarlo dai perseguimenti sollecitati a suo carico dal prefetto ” (CE, no 292956, 4 febbraio 2008). Trattandosi del risarcimento del danno causato al demanio pubblico, è stato giudicato che l’atteggiamento concreto dell’amministrazione anteriormente al collocamento in opera del procedimento teso alla pronuncia di una condanna di grande rete viaria dell’autorizzazione non era senza creare a profitto del contravventore dei diritti ed in particolare quello di non essere obbligato a procedere lui stesso ad una rimessa in stato dei luoghi (CE, Koeberlin, 21 novembre 1969).
4. Utilizzazione della demanio pubblica marittima
41. L’uso del DPM può essere collettivo o privativo. L’utilizzazione collettiva che permette all’insieme dei cittadini di beneficiare del demanio pubblico (navigazione sui corsi di acque, spiagge) è libero, uguale per tutti e gratuito. Tuttavia, il principio di gratuità non è stato ripreso espressamente dal CGPPP perché è oggetto di numerose deroghe.
Le occupazioni privative devono essere compatibili o conformi con la destinazione del demanio pubblico. Contrariamente alle utilizzazioni collettive, sono sottoposte ad autorizzazione, rilasciata a titolo personale, che dà luogo al pagamento di un canone e hanno un carattere precario.
L’articolo L. 28 del codice del demani odello stato ( articolo L. 2122-1 del CGPPP) contemplava difatti che:
“Nessuno può, senza autorizzazione rilasciata dall’autorità competente, occupare una dipendenza del demanio pubblico nazionale o utilizzarla nei limiti che superano il diritto di uso appartenente a tutti.
Il servizio del demanio constata i reati alle disposizioni del capoverso precedente in vista di perseguire, contro gli occupanti senza titolo, il recupero delle indennità corrispondenti ai canoni di cui il Tesoro è stato defraudato, il tutto senza pregiudizio alla repressione della contravvenzione di grande rete viaria.” [L’articolo A 26 precisava che l’autorizzazione è revocabile senza indennità].
42. Secondo il Consiglio di stato, “se nell’esercizio dei suoi poteri di gestione del DPM, appartiene all’amministrazione accordare a titolo temporaneo e nelle condizioni previste dalla regolamentazione in vigore delle autorizzazioni di occupazione privativa di suddetto demanio, queste autorizzazioni possono intervenire legalmente solo, se tenuto conto delle necessità dell’interesse generale, si conciliano con gli usi conformi alla destinazione del demanio che il pubblico è normalmente in diritto di esercitare, così come con l’obbligo che ha l’amministrazione di garantire la conservazione della sua tenuta pubblica” (CE, Comune di Saint-Brévin-les-Pins, 3 maggio 1963).
43. La precarietà delle autorizzazioni risulta dal principio di inalienabilità che implica la protezione del demanio pubblico e dunque la sua disposizione da parte dell’amministrazione. La giurisprudenza enuncia così come “le autorizzazioni di occupazione del demanio pubblico vengono accordate a titolo precario e revocabile; che, di conseguenza, la circostanza, supponendola stabilita che I. era titolare, prima dell’intervento della decisione attaccata, di un’autorizzazione di occupazione della parte del demanio pubblico comunale è senza influenza sulla legalità della decisione con la quale il sindaco gli ha chiesto di demolire i suoi insediamenti e di restituire al demanio pubblico il suo stato iniziale ” (CE, Isas, 29 marzo 2000). Ricorda molto chiaramente anche che i titolari di autorizzazione non hanno “dei diritti acquisiti” al rinnovo dell’autorizzazione (CE, Helie, 14 ottobre 1991).
44. Le condizioni di occupazione del demanio pubblico sono fissate, o negli atti unilaterali dell’amministrazione, del tipo di quelli menzionati più sopra all’articolo L. 28 del codice del demanio dello stato, o nei contratti sottoscritti con l’occupante. Questi ultimi sono nominati concessioni di occupazione demaniale che sul DPM, possono essere delle concessioni di spiagge e delle concessioni di arginamenti. Con questa concessione, lo stato autorizza il concessionario ad effettuare sulla riva del mare dei lavori destinati a sottrarre i terreni all’azione dei fiotti. Sul DPM naturale esiste un vecchio procedimento istituito nel 1807, nominato tradizionalmente sotto il nome di concessione di arginatura traslativa di proprietà (vecchio articolo L. 64 del codice del demanio dello stato): il concessionario era autorizzato ad far riemergere dei sottostrati che, sottratti all’azione delle acque, non dipendevano più dalla definizione del DPM naturale e potevano essere declassati dunque e ceduti dallo stato. Questo procedimento, utilizzato all’origine per la pianificazione di polder agricoli, è stato fatto più recentemente per realizzare delle costruzioni immobiliari private, sotto forma di marinasti, guadagnate sul mare. La reazione a ciò che era percepito come una privatizzazione della riva, ha condotto a proibire nel 1973, con circolare, il collocamento in opera di tale procedimento-interdizione confermata dalla legge litorale che proibisce più largamente il danno al carattere naturale della riva-; d’ora in poi, non è più possibile realizzare delle operazioni di tipo marinasti o polder con le concessioni di arginatura traslativo di proprietà ed la procedura è ormai applicabile solo alle vecchie terre riemerse di cui costituisce la sola possibilità di regolarizzazione (sorgente: www.mer.gouv.fr, consultato il 3 febbraio 2010).
B. La legge no 86-2 del 3 gennaio 1986 detta “legge litorale” relativa alla pianificazione, la protezione ed il collocamento in valore del litorale
45. Fino al 1986, il DPM era protetto dalla politica della grande rete viaria. La legge litorale ha introdotto delle nuove regole protettrici del demanio pubblico naturale (sorgente: www.mer.gouv.fr.)
46. Fin dagli anni ‘60, l’infatuazione per le vacanze in riva al mare aumenta la pressione turistica e così il ritmo delle costruzioni sul litorale. La presa di coscienza dell’importanza economica del litorale e delle molteplici brame di cui era oggetto ha reso indispensabile l’intervento di una norma di valore giuridico superiore incaricata di fare da arbitro tra le molteplici utilizzazioni del litorale. È in questo spirito che è stato votato all’unanimità dal Parlamento, la legge litorale del 3 gennaio 1986, consolidata il 7 agosto 2007. L’articolo primo della legge enuncia che il litorale è “un’entità geografica che richiama una politica specifica di pianificazione, di protezione e di collocamento in valore”. I principi generali di questa legge consistono al tempo stesso nel preservare gli spazi rari e sensibili, gestire in particolare in modo economo l’utilizzo dello spazio da parte dell’urbanizzazione e le pianificazioni turistiche e, infine, aprire più largamente la riva al pubblico, come le spiagge, ed accogliere in priorità sul litorale le attività il cui sviluppo è legato al mare.
47. È nell’ambito dell’urbanistica che i principi posti sono più conosciuti e ha dato adito a contenziosi più abbondanti. L’estensione dell’urbanizzazione deve farsi in continuità con l’esistente o in frazioni nuove. Le strade sulla riva sono vietate e le strade di transito possono farsi solo al di là di 2 000 metri dalla riva. Per preservare gli spazi naturali la legge instaura un “inconstruibilità” dentro ad una fascia di 100 metri, fuori agglomerazione, a partire dalla riva ed impone un’urbanizzazione limitata degli spazi prossimi alla stessa riva. Infine gli spazi famosi o caratteristici del litorale devono essere preservati e solo delle pianificazioni leggere possono essere ammesse.
48. La legge ha precisato le regole di gestione del DPM che esigevano un’inchiesta pubblica preliminare ad ogni cambiamento sostanziale di utilizzazione, chiarificando i procedimenti di delimitazione della riva del mare, vietando, salvo eccezione, di recare offesa al carattere naturale della riva ed organizzando un regime specifico per gli ormeggi collettivi. Ha, infine, consacrato i principi dell’uso libero e gratuito delle spiagge ed avvantaggiato l’accesso del pubblico al mare (vedere gli articoli 321-9 del codice dell’ambiente e L. 2124-4 del CGPPP): “L’accesso dei pedoni alle spiagge è libero. L’uso libero e gratuito da parte del pubblico costituisce la destinazione fondamentale delle spiagge. “
49. L’articolo 25 della legge, diventato l’articolo L. 2124-1 del CGPPP ha provocato una riforma della regolamentazione relativa alle occupazioni del DPM. È stipulato così:
“Le decisioni di utilizzazione del demanio pubblico marittimo tengono conto della vocazione delle zone riguardate e di quelle degli spazi terrestri attigui, così come degli imperativi di preservazione dei siti e dei paesaggi del litorale e delle risorse biologiche; sono in particolare a queste titolo coordinate con quelle concernenti i terreni attigui che hanno vocazione pubblica.
Sotto riserva di testi particolari concernenti la difesa nazionale e dei bisogni della sicurezza marittima, ogni cambiamento sostanziale di utilizzazione di zone del demanio Pubblico Marittimo è sottoposto a priori ad inchiesta pubblica “
50. L’articolo 27 della legge, diventato l’articolo L. 2124-2 del CGPPP, pone il principio dell’interdizione del danno allo stato naturale della riva:
“All’infuori delle zone portuarie ed industriali – portuarie, e sotto riserva dell’esecuzione di operazioni di difesa contro il mare e della realizzazione dei lavori ed insediamenti necessari alla sicurezza marittima, alla difesa nazionale, alla pesca marittima, alla salicultura ed alle culture marine, non può essere recato offesa allo stato naturale della riva del mare, in particolare tramite arginatura, prosciugamento, scogliera artificiale o terrapieni, salvo per i lavori o gli insediamenti legati all’esercizio di un servizio pubblico o all’esecuzione di un lavoro pubblico la cui localizzazione al bordo del mare si impone per ragioni topografiche o tecniche imperative e che hanno dato luogo ad una dichiarazione di utilità pubblica.
Tuttavia, le terre riemerse anteriori alla presente legge rimangono regolate dalla legislazione anteriore. “
51. In un rapporto sulle condizioni di applicazione della legge litorale stabilita dal Consiglio generale dei Ponti e delle Carreggiate, trasmesso al ministro delle Infrastrutture, dei Trasporti e dell’Alloggio nel luglio 2000, nella sua parte “Ritrovare una coerenza tra il discorso e la realtà”, è indicato ciò che segue:
“(…) l’impressione di iniquità è viva quando un rifiuto viene opposto ad un’istanza di autorizzazione in un sito dove la presenza di edifici sembra indicare che in altri tempi, l’amministrazione è stata meno accorta. (…)
Il diritto di godere “a vita” ma senza trasmissione possibile di una casa di villeggiatura costruita sul demanio pubblico marittimo, diritto riconosciuto da una convenzione firmata dal prefetto, il diritto riconosciuto a due coniugi di accamparsi o di fare sostare il loro caravan in una zona diventata illecita per questo genere di attività fino al decesso di ciascuno di loro, con anche una convenzione che stipula espressamente la mancanza di eredità possibile di questo privilegio, illustrano in Charente-marittime e nel Morbihan, la creatività dell’amministrazione sul soggetto. (…)
Ogni tipo di deriva si moltiplicano più o meno in buona fede. (…) Bisognerebbe mettere a tacere lo sviluppo di un mercato clandestino di autorizzazioni di occupazione del demanio pubblico Non converrebbe ricercare la responsabilità degli agenti pubblici che hanno contribuito volontariamente a creare o ad aggravare una situazione illegale con la loro attività amministrativa? (…) “
52. Si può leggere ciò che segue nel rapporto consacrato al “bilancio della legge litorale e delle misure in favore del litorale” del Governo al Parlamento (settembre 2007), nella sua parte consacrata all’apertura del litorale ai pedoni:
“La legge litorale contempla come obiettivo il mantenimento o lo sviluppo del turismo sul litorale. In particolare, le disposizioni degli articoli 3 a 8 di questa legge prevedono le condizioni di frequentazione da parte del pubblico degli spazi naturali, della riva e delle attrezzature che vi sono legate. La realizzazione del sentiero del litorale partecipa alla concretizzazione di queste disposizioni legislative. (…) La continuità dell’avanzamento dei pedoni lungo il litorale è garantita così dalla servitù sulle proprietà private, così come dal passaggio su dei terreni pubblici che possono appartenere allo stato (DPM), al Conservatorio del litorale o alle collettività territoriali.
Il collocamento in opera del sentiero necessita frequentemente uno studio sul terreno per determinare se il litorale può essere aperto ai pedoni senza nuocere alla fauna, alla flora ed alla stabilità dei suoli. Se il territorio si rivela accessibile senza rischio per l’ambiente, bisognerà determinare in particolare il tracciato del sentiero sulle proprietà private, essendo osservato che il tracciato di diritto (fascia di tre metri di lunghezza del limite del DPM) non rappresenta sempre la soluzione più opportuna. Nell’ipotesi in cui il tracciato di diritto sulle proprietà private è stato modificato, un’inchiesta pubblica deve essere realizzata. (…) “
C. Diritto comparato
53. La Corte ha esaminato la situazione in sedici Stati Membri costieri. Solo quattro Stati (Albania, Bosnia-Erzegovina, Regno Unito e Svezia) non riconoscono l’esistenza di un DPM esclusivo di ogni diritto privato di proprietà. Negli altri dodici Stati (Germania, Croazia, Spagna, Grecia, Irlanda, Italia, Malta, Monaco, Montenegro, Paesi Bassi, Slovenia e Turchia) il DPM appartiene sia allo stato sia ad altre persone pubbliche ed è, a questo titolo, inalienabile. In tutti questi Stati, il DPM può tuttavia essere destinato ad un uso privato sulla base di concessioni a durata determinata. Ed in tutti questi Stati, il suo uso abusivo espone i contravventori a sanzioni amministrative addirittura penali. In particolare, la costruzione abusiva di immobili può provocare, per il contravventore, l’obbligo di demolire l’immobile riguardato a sue spese e senza compenso. Questo tipo di misura esiste anche in Svezia, dove la legge riconosce il diritto privato di proprietà sui terreni al bordo del mare ma sottopone queste proprietà privata alle servitù relativamente rigorose che vietano la realizzazione di nuovi immobili e garantiscono l’accesso pubblico al mare.
54. In Croazia come in Spagna, i proprietari di immobili costruiti ed acquisiti legalmente prima dell’entrata in vigore del “Maritim Domain Act” (2006) per l’ una, della legge litorale per l’altra (1988), e destinati ad uso abitativo, potevano ottenere questi immobili in concessione, senza obbligo di pagare un canone, alla sola condizione di farne domanda entro un anno a contare dell’entrata in vigore della legge. In Spagna, le costruzioni realizzate prima dell’entrata in vigore della legge senza l’autorizzazione o la concessione richiesta dalla vecchia legislazione, saranno demolite quando non possono essere oggetto di una legalizzazione per ragioni di interesse pubblico. Per ciò che riguarda le costruzioni autorizzate prima dell’entrata in vigore della legge, diventate contrarie alle disposizioni di questa, saranno demolite alla scadenza della concessione quando sono situate su dei terreni appartenenti al demanio pubblico marittimo. In Turchia, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione (sentenza del 10 ottobre 2007) che fa riferimento alla sentenza Doğrusöz ed Aslan c. Turchia, (no 1262/02, 30 maggio 2006) se l’annullamento di un titolo di proprietà di un bene che si trova dentro al tracciato del litorale marittimo è conforme alla legislazione nazionale, l’interessato può investire i tribunali di un’istanza di indennizzo del suo danno patrimoniale.
D. Testi del Consiglio dell’Europa
55. Possono essere citati i seguenti testi pertinenti: la raccomandazione No R (97) 9 del Comitato dei ministri relativa ad una politica di sviluppo di un turismo duraturo e rispettoso dell’ambiente nelle zone costiere adottata il 2 giugno 1997, ed il suo allegato; la decisione del Comitato dei ministri presa all’epoca della sua 678ma sessione riunione, 8-9 settembre 1999, dove i delegati dei ministri prendono nota del Modello di Legge su una gestione duratura delle zone costiere (vedere, articoli 40 sul demanio pubblico marittimo e 45 sull’accesso dei pedoni alle spiagge) e del codice di condotta europea delle zone costiere, e convengono di trasmetterli ai loro governi.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
56. che il rifiuto delle autorità nazionali di autorizzarlo a continuare ad occupare il demanio pubblico marittimo su cui è edificata una casa che appartiene alla loro famiglia dal 1945 e le ingiunzioni che sono state fatte loro di distruggerla, recano offesa al loro diritto di proprietà garantito dall’articolo 1 del Protocollo no 1 che si legge così:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale “.
57. A titolo preliminare, la Corte prende atto del decesso di E. B.-P. sopraggiunto il 14 maggio 2008, e del desiderio delle sue eredi, ossia le sue figlie , di proseguire la richiesta dinnanzi alla Corte, a loro nome personale e nel loro requisito di eredi. Conformemente alla sua giurisprudenza, la Corte riconosce loro il requisito per sostituirsi oramai alla richiedente (Loyen ed altri c. Francia, no 55926/00, § 25, 29 aprile 2003).
58. Tuttavia, per ragioni di ordine pratico, la presente sentenza continuerà a chiamare E. B.-P. la “richiedente”, sebbene occorra assegnare oggi questa qualità alle sue figlie.
A. Applicabilità: l’esistenza di un “bene”
1. Tesi delle parti
a) Le richiedenti
59. Le richiedenti ricordano l’autonomia della nozione di “beni”, Öneryıldız c. Turchia [GC], no 48939/99, §§ 95-96, CEDH 2004-XII. Stimano che la regola di inalienabilità del demanio pubblico marittimo non può arrivare nello specifico a qualificare la casa come res nullius, non entrando in nessuna categoria giuridica. Difatti, questa è stata costruita cento anni fa, e l’illegalità della costruzione non è stata segnalata loro al momento della donazione, l’atto del 1945 che menzionava l’autorizzazione data dal prefetto. Lasciate nell’ignoranza per un certo tempo di una possibile demolizione della loro casa così acquisita, le richiedenti fanno valere le decine di anni passati in tranquillità in un ambiente sociale e familiare forte. Ricordano anche che questa casa serve come imponibile al pagamento di tasse ed imposte. Lo stato ha riconosciuto loro quindi “de facto” un interesse patrimoniale direttamente annesso all’abitazione in causa ed ai beni mobili che vi sono disposti.
60. Le richiedenti sostengono ancora che lo stato aveva cognizione dell’esistenza della casa; ne è prova, per esempio, l’aumento del canone annuo, avuto riguardo al valore del terreno alla quale conveniva aggiungere il valore locativo. Parimenti, quando il prefetto scrisse alle richiedenti nel 1993 per proporre una nuova autorizzazione, semplicemente vitalizia, faceva stato della possibilità di “riutilizzare gli insediamenti” ed ammetteva che c’era una costruzione, dunque l’esistenza di un “bene.” Non può esserci un statuto differente dalle case a seconda che lo stato neghi un rinnovo con l’obbligo di demolire o che lo rifiuti desiderando beneficiare della proprietà dell’immobile che sarebbe questa volta, una proprietà piena ed intera. Obbligando i beneficiari di un’autorizzazione di occupazione del demanio a demolire una casa abitata da più di cinquant’ anni da una stessa famiglia, a sue spese, mentre è stata acquisita tramite donazione, il donatore che l’ha sé acquisito in seguito ad una vendita, lo stato manco del rispetto che deve ai “beni.”
b) Il Governo
61. Siccome allo stadio dell’ammissibilità, il Governo contesta l’esistenza di un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 a causa dell’impossibilità di stabilire dei diritti reali sul demanio pubblico marittimo. I differenti titoli di occupazione-temporanei, precari e revocabili-rilasciati alle richiedenti ed ai loro predecessori non hanno potuto avere per effetto di riconoscere un qualsiasi diritto di proprietà dei titolari successivi. Ricorda che le eccezioni legislative al principio di inalienabilità escludono il demanio pubblico marittimo naturale in causa nello specifico (paragrafo 37 sopra).
62. I diritti di proprietà eventualmente acconsentiti tra le parti private non sono opponibili allo stato e non hanno nessuna incidenza sulla natura di questi diritti. Lo stato beneficia anche del diritto alla protezione ed al rispetto della sua proprietà. Poteva autorizzare perfettamente un’occupazione su un appezzamento, per natura inalienabile ed imprescrittibile, senza che ciò desse dei diritti differenti dal semplice godimento. Dissociare il regime applicabile al terrapieno da quell’applicabile alla casa che regge di cui l’amministrazione ha avuto cognizione solo a partire dal 1967,