Conclusione Violazione dell’art. 6-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA BRIGNOLI ED ALTRI C. ITALIA
( Richieste nostri 19877/03, 32969/02, 18359/03 e 18363/03)
SENTENZA
STRASBURGO
18 maggio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Brignoli ed altri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, Nona Tsotsoria, Işıl Karakaş, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 27 aprile 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trovano quattro richieste (numeri 19877/03, 32969/02, 18359/03 e 18363/03) dirette contro la Repubblica italiana e in cui dei cittadini di questo Stato (“i richiedenti”), hanno investito la Corte in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”). Le richieste nuemri 32969/02 e 18363/03 erano state introdotte dinnanzi alla Commissione europea dei Diritti dell’uomo, in virtù del vecchio articolo 25 della Convenzione.
2. I richiedenti sono stati rappresentati da R. V., avvocato a Bergamo, così come, nelle richieste numeri 19877/03 e 18359/03, da V. C., avvocato a Bergamo, e, nella richiesta no 32969/02, da F. U., avvocato a Bergamo. Nella richiesta no 18363/03, il mandato a V. è stato revocato dopo la presentazione delle osservazioni. I dettagli concernenti i richiedenti e le date di introduzione delle richieste figurano sotto nel riquadro.
3. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, il Sig. I.M. Braguglia ed il suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
4. Il 13 aprile 2006, la Corte ha deciso di comunicare le richieste al Governo. Come permesso l’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito delle richieste allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono stati parti ai procedimenti giudiziali interni. In date differenti, hanno investito i corsi di appello competenti ai sensi della legge “Pinto”, per lamentarsi della durata di questi procedimenti.
6. I fatti essenziali delle richieste risultano dalle informazioni contenute sotto nel riquadro.
Numero di richiesta e data di introduzione Dettagli dei richiedenti Procedimento principale e procedimento “Pinto” ivi relativo
1. no 19877/03introdotta il 9 febbraio 2001 U. B. cittadino italiano,
nato nel 1930,
risiedente a Peia (Bergamo) Procedimento principale Oggetto: servitù di passaggio.
Prima istanza: tribunale di Bergamo, RG no 2314/91, dal 10 maggio 1991 al 13 ottobre 2000; 1 rinvio d’ ufficio. Procedimento “Pinto”Autorità investita: corte di appello di Venezia, ricorso introdotto il 6 settembre 2001, domanda di risarcimento del danno subito.
Decisione: 8 novembre 2001, depositata il 20 novembre 2001; constatazione del superamento di una durata ragionevole; 4 132 EUR per danno morale 1 446 EUR per oneri e spese.
Cassazione: ricorso del ministero della Giustizia del 1 febbraio 2002, ricorso incidentale del richiedente del 15 marzo 2002.
Sentenza: 4 luglio 2002, depositato il 20 dicembre 2002; rigetto dei ricorsi e ripartizione tra le parti degli oneri e spese.
Data comunicazione alla Corte del risultato del procedimento nazionale: 10 giugno 2003.
Data pagamento indennizzo “Pinto”: 12 luglio 2004.
2. no 32969/02introdotta il 23 ottobre 1998 A. G. cittadino italiano, nato nel 1928, residente a Bergamo, Procedimento principale Oggetto: esecuzione immobiliare, intervento in quanto creditore della somma di 551 EUR.
Prima istanza: tribunale di Velletri (RGE no 182/90) del 17 dicembre 1992 al 18 febbraio 2008, ultima informazione fornita dal richiedente,; 3 rinvii su richiesta del creditore principale, 2 rinvii d’ufficio, 4 vendite pubbliche rinviate in mancanza di offerte. Procedimento “Pinto”Autorità investita: corte di appello di Perugia, ricorso introdotto il 4 ottobre 2001, domanda di risarcimento del danno subito.
Decisione: 7 ottobre 2002, depositata il 17 ottobre 2002; constatazione del superamento di una durata ragionevole; 1 300 EUR per danno morale 980 EUR per oneri e spese.
Data decisione definitiva: 1 dicembre 2003.
Data comunicazione alla Corte del risultato del procedimento nazionale: 5 maggio 2003.
Data pagamento indennizzo “Pinto”: 18 agosto 2003.
3. no 18359/03introdotta il 7 aprile 2000 El. S. cittadina italiana, nata nel 1972, residente a Gandino (Bergamo), Procedimento principale Oggetto: risarcimento in seguito ad un incidente sciistico.
Prima istanza: tribunale di Bergamo (RG no 693/92) dal 26 febbraio 1992 al 8 marzo 2000; 2 rinvii d’ ufficio. Procedimento “Pinto”Autorità investita: corte di appello di Venezia, ricorso introdotto il 6 settembre 2001; domanda di risarcimento del danno subito.
Decisione: 29 novembre 2001, depositata il 7 dicembre 2001; constatazione del superamento di una durata ragionevole; 1 549 EUR per danno morale 1 214 EUR per oneri e spese.
Cassazione: ricorso del ministero della Giustizia del 5 febbraio 2002, ricorso incidentale del richiedente del 15 marzo 2002.
Sentenza: 4 luglio 2002, depositato il 22 novembre 2002, rigetto dei ricorsi e ripartizione tra le parti degli oneri e spese.
Data comunicazione alla Corte del risultato del procedimento nazionale: 19 maggio 2003.
Data pagamento indennizzo “Pinto”: 21 luglio 2004.
4. no 18363/03introdotta il 8 settembre 1998 M. L. C. cittadina italiana, nata nel 1937, residente a Bergamo, Procedimento principale Oggetto: divorzio.
Prima istanza: tribunale di Bergamo, RG no 2645/91, dal 5 giugno 1991 al 7 giugno 2001; 1 rinvio di ufficio.
Appello: corte di appello di Brescia (RG no 258/02) dal 14 marzo 2002 al 30 novembre 2005. Procedimento “Pinto”Autorità investita: corte di appello di Venezia, ricorso introdotto il 6 settembre 2001; domanda di risarcimento del danno subito.
Decisione: 8 novembre 2001, depositata il 26 novembre 2001; constatazione del superamento di una durata ragionevole; 1 033 EUR per danno morale 1 136 EUR per oneri e spese.
Cassazione: ricorso del richiedente del 25 febbraio 2002.
Sentenza: 14 ottobre 2002, depositato il 28 novembre 2002, rigetto del ricorso, niente per onere e spese mancanza di costituzione del ministero della Giustizia nel procedimento.
Data comunicazione alla Corte del risultato del procedimento nazionale: 14 maggio 2003.
Data pagamento indennizzo “Pinto”: 21 agosto 2003. Secondo procedimento “Pinto”Autorità investita: corte di appello di Venezia, ricorso introdotto nel 2006.
La richiedente ha omesso di informare la Corte in quanto al seguito del procedimento.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
7. Il diritto e la pratica interna pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-V.
IN DIRITTO
I. SULLA CONGIUNZIONE DELLE RICHIESTE
8. Tenuto conto della similitudine delle richieste in quanto ai fatti ed al problema di fondo che pongono, la Corte stima necessario unirle e decide di esaminarli congiuntamente in una sola sentenza.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
9. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, i richiedenti si lamentano della durata dei procedimenti principali e dell’insufficienza degli indennizzi “Pinto” che sono stati versati peraltro in ritardo.
10. Il Governo si oppone a questa tesi.
11. L’articolo 6 § 1 della Convenzione è formulato così:
“Ogni persona ha diritto affinchè la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile .”
A. Sull’ammissibilità
1. Non -esaurimento delle vie di ricorso interne
12. Il Governo solleva un’eccezione di non -esaurimento delle vie di ricorso interne. Afferma che la Corte avrebbe sospeso l’esame delle richieste in seguito alla decisione dei richiedenti di avvalersi del rimedio introdotto dalla legge “Pinto”, entrata in vigore nel frattempo, creando così una disparità di trattamento rispetto ad altre richieste introdotte prima dell’adozione di suddetta legge e respinte dalla Corte per non -esaurimento delle vie di ricorso interne, al motivo che i richiedenti non avevano utilizzato il ricorso “Pinto” (inter alia, Brusco c. Italia, (dec.), no 69789/01, CEDH 2001-IX).
13. La Corte osserva che, contrariamente alla causa Brusco, dove il richiedente aveva indicato che non desiderava avvalersi del rimedio offerto dalla legge “Pinto” ed aveva invitato la Corte a registrare la sua richiesta, i richiedenti, nello specifico, hanno comunicato alla Corte la loro intenzione di introdurre dei ricorsi “Pinto”, ciò che hanno fatto poi, senza rinunciare alle loro richieste. Essendo state esaurite le vie di ricorso interne (vedere, per la richiesta no 32969/02, Di Sante c. Italia, (dec.), no 56079/00, 24 giugno 2004, la Corte stima che c’è luogo di respingere l’eccezione (vedere, mutatis mutandis, Luigi Serino c. Italia, no 679/03, §§ 15-16, 19 febbraio 2008).
2. Tardività delle richieste
14. Il Governo eccepisce poi della tardività delle richieste, nella misura in cui i richiedenti avrebbero chiesto alla Corte di riprendere l’esame delle loro richieste più di un anno dopo la chiusura dei procedimenti “Pinto” ivi relativi, ciò che provocherebbe la violazione di un principio generale che imporrebbe ai richiedenti di fornire delle informazioni sulle loro richieste entro un anno a contare dalla sospensione.
15. La Corte rileva che, come risulta dai fatti esposti sopra nel riquadro, tutti i richiedenti hanno informato la Corte del risultato dei procedimenti “Pinto” nell’anno seguente il deposito delle decisioni delle giurisdizioni interne. Di conseguenza, la Corte stima che c’è luogo di respingere l’eccezione.
3. Requisito di “vittima”
16. Il Governo sostiene che i richiedenti non possono più definirsi “vittime” della violazione dell’articolo 6 § 1 perché hanno ottenuto dei corsi di appello “Pinto” una constatazione di violazione ed una correzione appropriata e sufficiente.
17. Afferma che i corsi di appello “Pinto” hanno deciso le cause in conformità coi criteri di indennizzo emanati della giurisprudenza della Corte disponibile all’epoca dei procedimenti “Pinto.” Sottolinea che sarebbe inadatto valutare la valutazione della corte di appello, fatta alcuni mesi dopo l’entrata in vigore della legge “Pinto”, sulla base dei parametri introdotti dalla Corte all’epoca delle sentenze della Grande Camera del 29 marzo 200 (tra altre, Cocchiarella c. Italia, precitata). Secondo il Governo, gli indennizzi che risulterebbero dall’applicazione alle “cause del passato” di questi criteri, concepiti per l’epoca reale, sarebbero almeno doppi e talvolta tripli rispetto a quelle accordate nelle richieste italiane di durata decisa prima dalla Corte.
18. Secondo il Governo, i parametri stabiliti dalla Grande Camera giungerebbero a risultati irragionevoli, ingiusti ed incompatibili con lo spirito e gli scopi della Convenzione. Gli indennizzi che la Corte concede nelle richieste italiane di durata in applicazione di questi criteri sarebbero prima doppi o tripli rispetto a quelle accordate in cause simili di altri paesi che non disporrebbero anche loro di un rimedio interno contro la durata eccessiva dei procedimenti.
19. Il Governo precisa infine che ai termini della legge “Pinto”, solamente gli anni che superano la durata “ragionevole” possono essere presi in conto per determinare l’importo dell’indennizzo da concedere da parte della corte di appello.
20. La Corte ricorda di avere già respinto gli argomenti del Governo nelle sentenze Aragosa c. Italia (no 20191/03,§ § 17-24, 18 dicembre 2007) e Simaldone c. Italia, (no 22644/03, §§19-33, CEDH 2009 -… (brani)). Non vede nessun motivo per derogare alle sue precedenti conclusioni e respinge dunque questa eccezione.
21. La Corte, dopo avere esaminato l’insieme dei fatti della causa e gli argomenti delle parti, considera che la correzione si è rivelata insufficiente (vedere Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007, CEDH 2007-VI; Cocchiarella c. Italia, precitata, §§ 69-98) e che gli indennizzi “Pinto” non sono stati versati nei sei mesi a partire dal momento in cui la decisione della corte di appello diventò esecutiva (Cocchiarella c. Italia, precitata, § 89). Pertanto, i richiedenti possono sempre definirsi “vittime”, ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
4. Conclusione
22. La Corte constata che questi motivi di appello non incontrano nessun altro dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 3 della Convenzione. Li dichiara anche loro ammissibili.
B. Sul merito
23. La Corte constata che i procedimenti controversi hanno avuto la seguente durata:
i. richiesta no 19877/03: nove anni e cinque mesi per un grado di giurisdizione;
ii. richiesta no 32969/02: nove anni e nove mesi per un grado di giurisdizione,(in data della decisione “Pinto”); il procedimento si è prolungato poi di cinque anni e quattro mesi.
iii. richiesta no 18359/03: otto anni per un grado di giurisdizione;
iv. richiesta no 18363/03: dieci anni per un grado di giurisdizione ( in data della decisione”Pinto”); il procedimento si è prolungato poi di tre anni ed otto mesi in appello.
24. La Corte constata inoltre che gli indennizzi “Pinto” sono stati versati:
i. richiesta no 19877/03: trentun mesi dopo la data di deposito della decisione”Pinto” della corte di appello;
ii. richiesta no 32969/02: dieci mesi dopo la data di deposito della decisione”Pinto” della corte di appello;
iii. richiesta no 18359/03: trentun mesi dopo la data di deposito della decisione”Pinto” della corte di appello;
iv. richiesta no 18363/03: venti mesi dopo la data di deposito della decisione”Pinto” della corte di appello.
25. La Corte ha trattato a più riprese delle richieste che sollevavano delle questioni simili a quella del caso di specie e ha constatato un’incomprensione dell’esigenza del “termine ragionevole”, tenuto conto dei criteri emanati in materia dalla sua giurisprudenza ben consolidata (vedere, in primo luogo, Cocchiarella c. Italia, precitata). Non vedendo niente che possa condurre ad una conclusione differente nella presente causa, la Corte stima che c’è luogo anche di constatare, in ogni richiesta, una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, per gli stessi motivi.
III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
26. Invocando l’articolo 13 della Convenzione, i richiedenti si lamentano della non effettività del rimedio “Pinto” in ragione dell’insufficienza del risarcimento concesso dai corsi di appello “Pinto.”
27. La Corte ricorda che, secondo la giurisprudenza Delle Cave e Corrado c. Italia (precitata, §§ 43-46) e Simaldone c. Italia (precitata, §§ 71-72) l’insufficienza dell’indennizzo “Pinto” non rimette in causa l’effettività di questa via di ricorso. Pertanto, c’è luogo di dichiarare questi motivi di appello inammissibili per difetto manifesto di fondamento ai sensi dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
28. Con una lettera del 20 ottobre 2004, i richiedenti si lamentano anche della violazione degli articoli 17 e 34 della Convenzione, per il fatto che la “legge Pinto” chiede di provare i danni giuridici subiti come conseguenza della durata di un procedimento.
29. La Corte rileva che, nella richiesta no 32969/02, la decisione della corte di appello “Pinto” è diventata definitiva il 1 dicembre 2003 e che, nelle altre richieste, le sentenze della Corte di cassazione sono state depositate tra il 22 novembre ed il 20 dicembre 2002. Essendo stati introdotti i motivi di appello dei richiedenti il 20 ottobre 2004, la Corte stima che vi è luogo di dichiararli inammissibili per tardività, ai sensi dell’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione. Peraltro, la Corte stima che questi motivi di appello, strettamente legati a quelli relativi all’effettività del rimedio “Pinto”, sarebbero stati comunque manifestamente privi di fondamento, avuto riguardo alla conclusione che figura sopra al paragrafo 27 (vedere, mutatis mutandis, Fascini c. Italia, no 56300/00, § 45, 5 luglio 2007).
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
30. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
31. I richiedenti richiedono delle somme che vanno da 6 197,48 EUR a 13 427,88 EUR per la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, così come delle somme supplementari, da determinare da parte della Corte, per l’eventuale prolungamento dei procedimenti principali dopo la constatazione di violazione da parte della giurisdizione “Pinto” e per la persistenza della qualità di “vittime” dopo l’esaurimento della via di ricorso interna. Chiedono anche delle somme da determinare dalla Corte per la violazione dell’articolo 13 che adducono.
32. Il Governo stima che i richiedenti sono stati risarciti in modo adeguato e sufficiente nella cornice dei ricorsi “Pinto.”
33. Tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia (precitata, §§ 139-142 e 146) e deliberando in equità, la Corte assegna ad ogni richiedente la somma indicata sotto nel riquadro, paragonata agli importi che avrebbe concesso in mancanza di vie di ricorso interne, alla vistadell’oggetto di ogni controversia.
No richiesta Somma che la Corte avrebbe accordato in mancanza di vie di ricorso interni Percentuale assegnata dalla giurisdizione “Pinto” Somma accordata per danno morale
1. 19877/03 12 000 EUR il 34,43% 1 268 EUR così come
2 500 EUR, ritardo nel pagamento indennizzo “Pinto”)
2. 32969/02 8 400 EUR il 15,47% 2 480 EUR, nessuna somma è accordata per la durata supplementare del procedimento dopo la constatazione di violazione dalla giurisdizione “Pinto”, tale durata potendo essere oggetto di un secondo ricorso “Pinto”).
così come 400 EUR, ritardo nel pagamento indennizzo “Pinto”)
3. 18359/03 10 000 EUR il 15,49% 2 950 EUR così come
2 500 EUR, ritardo nel pagamento indennizzo “Pinto”)
4. 18363/03 18 200 EUR il 5,67% 7 157 EUR, la durata supplementare dopo la constatazione di violazione dalla giurisdizione “Pinto” non potrebbe essere presa in conto, il richiedente avendo iniziato un secondo ricorso “Pinto” di cui la Corte non è stata informata della conclusione,
così come
1 400 EUR, ritardo nel pagamento indennizzo “Pinto”)
B. Oneri e spese
34. L’avvocato della richiedenti domanda il rimborso degli oneri e delle spese relative ai ricorsi “Pinto” ed al procedimento dinnanzi alla Corte. Lascia alla Corte la cura di fissare gli importi. In quanto al procedimento a Strasburgo, si limita ad affermare che in altre cause la Corte avrebbe stimato eccessiva le sue note spese mentre erano redatte secondo la tabella in vigore in Italia dal 2004.
35. Il Governo non ha preso a questo riguardo posizione.
36. Per ciò che riguarda gli oneri e le spese dei procedimenti “Pinto”, la Corte constata che i giustificativi non sono stati presentati con le osservazioni dei richiedenti. Peraltro, stima ragionevole la somma assegnata dai corsi di appello, tenuto conto della durata e della complessità dei procedimenti “Pinto”. Decide pertanto di non accordare niente a questo titolo.
37. In quanto agli oneri e alle spese incorse dinnanzi a lei, la Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza, il sussidio degli oneri e spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (Can ed altri c. Turchia, no 29189/02, del 24 gennaio 2008, § 22). Inoltre, gli oneri di giustizia sono recuperabili solamente nella misura in cui si riferiscono alla violazione constatata (vedere, per esempio, Beyeler c. Italia (soddisfazione equa) [GC], no 33202/96, § 27, 28 maggio 2002; Sahin c. Germania [GC], no 30943/96, § 105, CEDH 2003-VIII).
38. Nello specifico, la Corte constata la mancanza di giustificativi e decide pertanto di non accordare niente.
C. Interessi moratori
39. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Decide di unire le richieste e di esaminarle congiuntamente in una sola sentenza;
2. Dichiara le richieste ammissibili in quanto ai motivi di appello derivati dalla durata eccessiva dei procedimenti (articolo 6 § 1 della Convenzione) ed inammissibili per il surplus;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare ai richiedenti, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. richiesta no 19877/03: 3 768 EUR (tremila sette cento sessantotto euro) per danno morale;
ii. richiesta no 32969/02: 2 880 EUR (duemila otto cento ottanta euro) per danno morale;
iii. richiesta no 18359/03: 5 450 EUR (cinquemila quattro cento cinquanta euro) per danno morale;
iv. richiesta no 18363/03: 8 557 EUR (ottomila cinque cento cinquanta sette euro) per danno morale.
b) che alle somme accordate sopra occorre aggiungere ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
c) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi sono ad aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 18 maggio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa