Conclusione: violazione dell’Art.6-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA BRIGANTI E CANELLA C. ITALIA
( Richieste numeri 32860/02 e 32917/02)
SENTENZA
STRASBURGO
16 marzo 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Briganti e Canella c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Nona Tsotsoria, giudici,
e da Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 23 febbraio 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trovano due richieste, numeri 32860/02 e 32917/02, dirette contro la Repubblica italiana e in cui due cittadine di questo Stato, le Sig.re G. B. e S. C. (“le richiedenti”), hanno investito la Corte in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Le richiedenti sono rappresentate da A. C., avvocato a Bologna. I dettagli concernenti le richiedenti e le date di introduzione delle richieste figurano sotto nel riquadro.
3. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, il Sig. I.M. Braguglia, dal suo coagente, il Sig. F. Crisafulli, ed dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
4. Il 28 giugno 2004, la Corte ha deciso di comunicare le richieste al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito delle richieste allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Le richiedenti sono state parti a procedimenti giudiziali interni. In date differenti, hanno investito i corsi di appello competenti ai sensi della legge “Pinto”, per lamentarsi della durata di questi procedimenti.
6. I fatti essenziali delle richieste risultano dalle informazioni contenute sotto nel riquadro.
Numero di richiesta e data di introduzione Dettagli delle richiedenti Procedimento principale e procedimento “Pinto” ivi relativo
1. no 32860/02introdotta il
2 settembre 2002 G. B. cittadina italiana, nato in 1950, residente a Bologna, Procedimento principale Oggetto: separazione comniugale.
Prima istanza: tribunale di Bologna (RG no 11330/91) dal 23 settembre 1991 al 30 marzo 1999; 2 rinvii d’ ufficio . Prima richiesta dinnanzi alla Corte ( PL 8340) Data di introduzione: 5 giugno 1998.
Data informazione alla richiedente dell’entrata in vigore della legge “Pinto”: 13 giugno 2001.
Data distruzione pratica: 25 giugno 2002. Procedimento “Pinto”Autorità investita: corte di appello di Ancona, ricorso introdotto il 17 ottobre 2001, somma chiesta 25 823 EUR per danno morale.
Decisione: 17 gennaio 2002, depositata il 29 gennaio 2002; constatazione del superamento di una durata ragionevole; nessun indennizzo mancanza di prove del danno morale; compenso degli oneri e delle spese del procedimento.
Data decisione definitiva: 15 marzo 2003.
2. no 32917/02introdotta il
15 febbraio 2000 S. C. cittadina italiana, nato nel 1967, residente a Granarolo dell’Emilia (Bologna) Procedimento principale Oggetto: risarcimento seguito ad un incidente stradale.
Prima istanza: tribunale di Bologna (RG no 3376/88) del 31 marzo 1988 al 10 marzo 2003, ultima informazione fornita dalla richiedente,; 1 rinvio per sciopero dei giudici, 1 rinvio d’ ufficio, 2 rinvii chiesti dalle parti. Procedimento “Pinto”Autorità investita: corte di appello di Ancona, ricorso introdotto il 10 ottobre 2001, somma chiesta 30 987 EUR per danno morale.
Decisione: 17 gennaio 2002, depositata il 29 gennaio 2002; constatazione del superamento di una durata ragionevole; nessun indennizzo per mancanza di prove del danno orale; compenso degli oneri e spese del procedimento.
Data decisione definitiva: 15 marzo 2003.
Data comunicazione alla Corte del risultato del procedimento nazionale: 26 agosto 2002.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
7. Il diritto e la pratica interna pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-V).
IN DIRITTO
I. SULLA CONGIUNZIONE DELLE RICHIESTE
8. Tenuto conto della similitudine delle richieste in quanto ai fatti ed al problema di fondo che pongono, la Corte stima necessario unirle e decide di esaminarle congiuntamente in una sola sentenza.
II. OSSERVAZIONE PRELIMINARE
9. Il Governo si oppone alla decisione della Corte di esaminare congiuntamente l’ammissibilità ed il merito delle richieste, come previsto all’articolo 29 § 3 della Convenzione. Stima che le richieste non suscitano simile approccio, in ragione delle particolarità legate alle caratteristiche della via di ricorso “Pinto” ed alla data di deposito delle decisioni “Pinto.”
10. La Corte rileva, da una parte, che il Governo non ha supportato il suo argomento derivato dalle particolarità delle richieste. Osserva, dall’altra parte, che il procedimento di esame congiunto in questione non impedisce un esame attento delle questioni sollevate e degli argomenti invocati dal Governo (vedere, mutatis mutandis, Léo Zappia c. Italia, no 77744/01, §§ 12-14, 29 settembre 2005). Quindi, non vi è luogo di fare diritto all’istanza del Governo.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
11. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, le richiedenti si lamentano della durata dei procedimenti principali e di non avere ottenuto nessuno indennizzo nella cornice dei ricorsi “Pinto.”
12. Il Governo si oppone a questa tesi.
13. L’articolo 6 § 1 della Convenzione è formulato così:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile .”
A. Sull’ammissibilità
14. Il Governo eccepisce del non-esaurimento delle vie di ricorso interne, per il fatto che le richiedenti non hanno attaccato le decisioni dei corsi di appello “Pinto” dinnanzi alla Corte di cassazione.
15. La Corte rileva che le decisioni dei corsi di appello “Pinto” sono diventate definitive il 15 marzo 2003. Alla luce della sua giurisprudenza (De Sante c. Italia, (dec.), no 56079/00, 24 giugno 2004) respinge questa eccezione.
16. La Corte, dopo avere esaminato l’insieme dei fatti della causa e gli argomenti delle parti, considera che la correzione si è rivelata insufficiente (vedere Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007, CEDH 2007-VI; Cocchiarella c. Italia, precitata, §§ 69-98) e che le richiedenti possono sempre definirsi “vittime”, ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
17. La Corte constata che le richieste non incontrano nessun altro dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 3 della Convenzione. Le dichiara anche loro ammissibili.
B. Sul merito
18. Relativamente alla richiesta no 32860/02, il Governo sottolinea che, all’epoca del procedimento di separazione coniugale, i rapporti tra sposi e le questioni della custodia dei bambini sono stati oggetto di una misura provvisoria, adottata in data 3 dicembre 1991 ai sensi dell’articolo 708 del codice di procedimento civile e suscettibile a conservare i suoi effetti fino alla fine del procedimento.
19. Agli occhi della Corte, questa circostanza non dispensa i tribunali interni dell’obbligo di dare prova di un particolare zelo nell’esame delle cause in materia di stato e di capacità ́delle persone (vedere Maciariello c. Italia, 27 febbraio 1992, § 18, serie A no 230-ha; Laino c. Italia [GC], no 33158/96, § 18, CEDH 1999-I).
20. La Corte constata che i procedimenti controversi hanno avuto la seguente durata:
i. richiesta no 32860/02: sette anni e sei mesi per un grado di giurisdizione;
ii. richiesta no 32917/02: tredici anni e nove mesi per un grado di giurisdizione ( in data della decisione “Pinto”); il procedimento si è prolungato poi per almeno tredici mesi.
21. La Corte ha trattato a più riprese delle richieste che sollevavano delle questioni simili a quella dei casi di specie e ha constatato un’incomprensione dell’esigenza del “termine ragionevole”, tenuto conto dei criteri emanati in materia dalla sua giurisprudenza ben consolidata (vedere, in primo luogo, Cocchiarella c. Italia, precitata). Non vedendo niente che possa condurre ad una conclusione differente nelle due richieste in questione, la Corte stima che c’è luogo di constatare, in ogni causa, una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, per gli stessi motivi.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
22. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
23. Le richiedenti richiedono le seguenti somme a titolo del danno morale che avrebbero subito.
No richiesta Pretese a titolo del danno giuridico
1. 32860/02 50 000 EUR per la violazione dell’articolo 6 § 1.
2. 32917/02 40 000 EUR per la violazione dell’articolo 6 § 1.
24. Il Governo contesta queste pretese. Relativamente alla richiesta no 32860/02, fa valere che avendo ottenuto una misura provvisoria (vedere sopra paragrafo 18), la richiedente non ha subito nessuno danno morale a causa della durata del procedimento di separazione coniugale.
25. Per ciò che riguarda la richiesta no 32917/02, stima che l’esigua posta della controversia non giustifica la concessione di una somma a titolo di soddisfazione equa.
26. Tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia (precitata, §§ 139-142 e 146) e deliberando in equità, la Corte assegna ad ogni richiedente le somme indicate sotto nel quadro, paragonate agli importi che avrebbe concesso in mancanza di vie di ricorso interne, alla vista dell’oggetto di ogni causa, dell’esistenza di ritardi imputabili alle richiedenti e, nella richiesta no 32917/02, del prolungamento del procedimento principale dopo la constatazione di violazione da parte della giurisdizione “Pinto.”
No richiesta Somma che la Corte avrebbe accordato in mancanza di vie di ricorso interne Percentuale assegnata dalla giurisdizione “Pinto” Somma accordata per danno morale
32860/02 10 400 EUR il 0% 4 680 EUR
32917/02 14 000 EUR il 0% 6 930 EUR, ivi incluso l’indennizzo per la durata supplementare (dopo la constatazione di violazione da parte della giurisdizione “Pinto”)
B. Oneri e spese
27. Giustificativi in appoggio, le richiedenti richiedono le seguenti somme a titolo degli oneri e delle spese.
No richiesta Pretese a titolo degli oneri e spese
1. 32860/02 13 686,16 EUR, per la prima richiesta dinnanzi alla Corte,così come
3 331,05 EUR ( oneri e spese del ricorso “Pinto”)
così come
19 507,62 EUR, per la presente richiesta.
2. 32917/02 3 331,05 EUR (oneri e spese del ricorso “Pinto”)così come
16 717,88 EUR, onere e spese esposte dinnanzi alla Corte.
28. Il Governo contesta queste pretese come eccessive.
29. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza, il sussidio degli oneri e spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (Can ed altri c. Turchia, no 29189/02, del 24 gennaio 2008, § 22). Inoltre, gli oneri di giustizia sono recuperabili solamente nella misura in cui si riferiscono alla violazione constatata (vedere, per esempio, Beyeler c. Italia (soddisfazione equa) [GC], no 33202/96, § 27, 28 maggio 2002; Sahin c. Germania [GC], no 30943/96, § 105, CEDH 2003-VIII).
30. In quanto agli oneri e spese dinnanzi ai corsi di appello “Pinto”, tenuto conto della durata e della complessità dei procedimenti “Pinto”, la Corte decide di assegnare 500 EUR ad ogni richiedente a questo titolo.
31. In quanto agli oneri e alle spese incorsi dinnanzi a lei, la Corte, deliberando in equità, stima ragionevole assegnare 1 500 EUR alla Sig.ra B. (somma che ingloba un rimborso per gli oneri e le spese della prima richiesta dinnanzi alla Corte) e 1 000 EUR alla Sig.ra C..
C. Interessi moratori
32. La Corte giudica appropriato i ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Decide di unire le richieste e di esaminarle congiuntamente in una sola sentenza;
2. Dichiara le richieste ammissibili;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare alle richiedenti, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. richiesta no 32860/02: 4 680 EUR (quattromila sei cento ottanta euro) per danno morale e 2 000 EUR (duemila euro) per oneri e spese,;
ii. richiesta no 32917/02: 6 930 EUR (seimila nove cento trenta euro) per danno morale e 1 500 EUR (mille cinque cento euro) per oneri e spese;
b) che a queste somme occorre aggiungere ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta con le richiedenti;
c) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge le domande di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 16 marzo 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa