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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE BOZCAADA KIMISIS TEODOKU RUM ORTODOKS KILISESI VAKFI c. TURQUIE (N° 2)

Tipologia: Sentenza
Importanza: 1
Articoli: 41, 35, P1-1
Numero: 37639/03/2009
Stato: Turchia
Data: 2009-03-03 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione Violazione di P1-1; Danno materiale – risarcimento
SECONDA SEZIONE
CAUSA BOZCAADA KİMİSİS TEODOKU RUM ORTODOKS KİLİSESİ VAKFI C. Turchia (No 2)
( Richieste numeri 37639/03, 37655/03, 26736/04 e 42670/04)
SENTENZA
STRASBURGO
3 marzo 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Bozcaada Kimisis Teodoku Rum Ortodoks Kilisesi Vakfı c. Turchia (no 2),
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, giudici,
e da Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 10 febbraio 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trovano quattro richieste (numeri 37639/03, 37655/03, 26736/04 e 42670/04) dirette contro la Repubblica della Turchia e in cui una fondazione di dritto turco, B. K. T. R. O. K. V.( Fondazione della chiesa ortodosso greca B. K. T.) (“il richiedente”) ha investito la Corte il 20 novembre 2003 (numeri 37639/03 e 37655/03) il 19 luglio 2004 (no 26736/04) ed il 3 novembre 2004 (no 42670/04), in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente era rappresentato da A. S., avvocato ad Istanbul. Il governo turco (“il Governo”) era rappresentato dal suo agente.
3. Nelle sue richieste, l’interessata adduceva in particolare che la legislazione sulle fondazioni e la sua interpretazione da parte dei tribunali nazionali aveva recato offesa al suo diritto al rispetto dei suoi beni garantiti all’articolo 1 del Protocollo no 1. Si stimava anche vittima di una discriminazione contraria all’articolo 14 della Convenzione combinata con l’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione. Infine, invocava una violazione degli articoli 6 e 9 della Convenzione.
4. Il 19 settembre 2006, la Corte ha deciso di comunicare le richieste al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è una fondazione di dritto turco situata a Çanakkale. Il suo statuto è conforme alle disposizioni del Trattato di Losanna relativo alle fondazioni delle minoranze religiose.
6. La fondazione sostiene avere acquisito, tramite donazione ed eredità, tre terreni di una superficie di 3 792,54 m2 (richiesta no 37639/03) appezzamento no 177-5, di 2 251,72 m2 (no 37655/03) appezzamento no 136-5, e di 2 219,69 m2 (no 26736/04) appezzamento no 135-13, così come un immobile di una superficie di 37,82 m2 utilizzato come cappella (no 42670/04) appezzamento no 541-55. Però, benché li possedesse da molto tempo, questi beni non furono iscritti al registro fondiario a suo nome.
7. Nel maggio 1991, essendo stati effettuati dei lavori di catasto nella regione, i terreni controversi furono divisi in parecchi appezzamenti ed una nuova numerazione fu assegnata a ciascuna di essi. Tuttavia, le caselle del quaderno del registro fondiario destinato all’indicazione dei nomi dei proprietari furono lasciate vuote, non avendo depositato il richiedente nei termini la sua dichiarazione sul patrimonio della fondazione prevista dalla legge no 2762 sulle fondazioni. Nei verbali di catasto afferenti a questi beni, fu menzionato che nessuno titolo di proprietà era stato iscritto nel registro fondiario a nome del richiedente concernente i beni immobili controversi, sebbene dei periti e dei testimoni avessero confermato che l’interessata possedeva infatti questi beni.
8. Non essendosi opposto il richiedente nel termine legale di trenta giorni, le mappe catastali furono pubblicate e diventarono definitive.
9. Con una lettera del 27 novembre 2000, la Direzione generale delle fondazioni invitò il richiedente ad investire i tribunali competenti in vista dell’iscrizione dei beni immobiliari in questione al registro fondiario.
10. Nel 2001 e nel 2002, il richiedente investì, per ciascuno di questi beni, il tribunale del catasto di Bozcaada (“il tribunale”) di una domanda che mirava alla loro iscrizione al registro fondiario.
11. Nella cornice del procedimento iniziato dinnanzi a lui, il tribunale ordinò delle perizie agricole ed ascoltò dei testimoni così come dei periti locali e tecnici. Raccolse le mappe catastali così come i registri delle imposte e del catasto relativi ai beni in questione.
12. Coi giudizi resi l’ 8 ottobre 2001 (richiesta no 37639/03) ed il 14 gennaio 2002 (le altre tre richieste) il tribunale fece diritto alla domanda del richiedente ed ordinò l’iscrizione dei beni in questione a suo nome al registro fondiario, in applicazione dell’articolo 14 della legge no 3402 del 3 luglio 1987 relativo al catasto. A titolo preliminare, rilevò che la fondazione che era dotata di personalità giuridica, disponeva della capacità di acquisire dei beni immobiliari. Poi, considerò che, come attestato dai periti locali, il possesso addotto risultava da atti concreti e che l’interessata aveva presentato peraltro le ricevute delle tasse fondiarie corrispondenti ai beni. Trattandosi dei terreni, notò che risultava dai documenti presentati dalla fondazione che questa aveva esercitato anche il suo diritto di proprietà dandoli in locazione a terzi. Inoltre, secondo i documenti inviati dalla Direzione delle fondazioni, dal 1964 la fondazione aveva menzionato nelle sue dichiarazioni che i beni in questione raffiguravano nel suo patrimonio. Parimenti, il verbale stabilito nel 1971 dalla Commissione di distribuzione dei terreni provava il possesso in questione. Il tribunale dichiarò che le fondazioni, come le persone fisiche, potevano acquisire dei beni immobiliari tramite prescrizione acquisitiva.
13. In seguito al ricorso formato dal Tesoro pubblico, con le sentenze rese il 29 aprile 2002 (numeri 37639/03, 37655/03 e 26736/03) ed il 18 aprile 2002, (no 42670/04), la Corte di cassazione annullò i giudizi di prima istanza. Rilevò che il richiedente non aveva depositato la sua dichiarazione come contemplato dalla legge no 2762, e che, contrariamente alle persone fisiche, le fondazioni non potevano ottenere la proprietà di un bene immobiliare tramite il gioco della prescrizione acquisitiva.
14. I ricorsi in rettifica della sentenza formata dal richiedente furono respinti dalla Corte di cassazione.
15. Il 9 agosto 2002 entrò in vigore la legge no 4771 che portava modifica della legge no 2762. Apriva la possibilità alle fondazioni di chiedere l’iscrizione al registro fondiario dei beni immobili il cui possesso, sotto qualunque forma questo fosse, era stabilito (paragrafo 26 sotto).
16. Coi giudizi resi il 16 settembre 2003 (numeri 37639/03 e 37655/03) ed il 9 giugno 2003 (numeri 26736/03 e 42670/04) il tribunale del catasto, deliberando su rinvio e conformandosi alle sentenze della Corte di cassazione, respinse il richiedente in merito alle sue domande ed ordinò l’iscrizione dei beni controversi al registro fondiario a nome del Tesoro pubblico. Nelle sue decisioni, il tribunale si riferì innanzitutto alla sentenza del 8 maggio 2002 adottata dall’assemblea plenaria della Corte di cassazione (paragrafo 25 sotto) secondo la quale una domanda di proprietà tramite gioco di prescrizione acquisitiva doveva basarsi su un possesso a titolo di proprietario. Ora, nella sua sentenza anteriore dell’8 maggio 1974, la Corte di cassazione aveva deciso che le dichiarazioni fatte nel 1936 dalle fondazioni delle minoranze dovevano essere considerate come atti fondatori che valevano come statuti delle fondazioni. In mancanza di una clausola esplicita nelle loro dichiarazioni, queste fondazioni non potevano acquisire dei beni immobiliari supplementari a quelli menzionati nel documento in questione. Di conseguenza, tali fondazioni non potevano pretendere di avere esercitato un diritto di proprietà a titolo di proprietario. Non avendo la prova che il richiedente aveva depositato effettivamente la sua dichiarazione nelle forme e nei termini previsti dalle leggi che regolano la materia, il tribunale concluse che non poteva essere considerata come proprietario di suddetti beni.
17. Inoltre, per ciò che riguarda gli appezzamenti numeri 135-13 e 541-55 (numeri 26736/03 e 42670/04) il tribunale decise che gli emendamenti intervenuti non erano applicabili ai procedimenti in corso. Ordinò dunque l’iscrizione dei beni in causa al registro fondiario a nome del Tesoro pubblico.
18. Nel 2003, con le sentenze del 6 febbraio (numero 37639/03 e 37655/03) del 29 settembre (no 26736/04) e del 21 dicembre (no 42670/04), la Corte di cassazione respinse i ricorsi formati dal richiedente e confermò così i giudizi di prima istanza.
19. Con le sentenze del 12 maggio 2003 (numero 37639/03 e 37665/03, sentenze comunicate al richiedente il 30 maggio 2003) del 9 febbraio 2004 (no 26736/04) comunicata lo stesso giorno, e del 5 aprile 2004 (no 42670/04) comunicata il 13 maggio 2004, la Corte di cassazione respinse i ricorsi per rettifica della sentenza formata dal richiedente.
20. In parallelo, il 13 gennaio 2003, su fondamento dell’articolo 4 della legge no 4771, il richiedente aveva introdotto presso la Direzione generale delle fondazioni una domanda che mirava all’iscrizione dei beni in questione al registro fondiario a suo nome. La sua domanda fu respinta il 26 marzo 2003 al motivo che i beni erano iscritti al registro fondiario a nome del Tesoro o di terza persona.
21. Con un giudizio del 6 maggio 2004, il tribunale amministrativo di Ankara respinse il ricorso per annullamento della decisione del 26 marzo 2003 introdotto dal richiedente. Il tribunale considerò in particolare che quando dei beni controversi erano iscritti al registro fondiario a nome di terza persona o del Tesoro o che una controversia riguardante il titolo di proprietà rimaneva pndente dinnanzi alle istanze interne, l’amministrazione non poteva procedere all’iscrizione dei beni in causa a nome del preteso possessore.
22. Il 30 maggio 2007, il Consiglio di stato confermò il giudizio di prima istanza.
23. L’ 8 novembre 2007, il richiedente formò un ricorso per rettifica della sentenza del 30 maggio 2007. Questo procedimento è sempre pendente dinnanzi al Consiglio di stato.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
24. Il diritto e la pratica interna pertinenti sono descritti nella sentenza Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı c. Turchia, no 34478/97, §§ 23-30, CEDH 2007 -…).
25. Nella sua sentenza di principio resa l’8 maggio 2002, l’assemblea plenaria della Corte di cassazione considerò che in virtù della legge sul catasto chiunque richieda il titolo di proprietà di un bene basandosi sul suo possesso doveva provare di avere posseduto il bene in questione a titolo di proprietario. Conviene ricordare che, nella sua giurisprudenza stabilita dalla sua sentenza dell’ 8 maggio 1974 (per la traduzione di questa sentenza di principio, vedere § 28 Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı, precitata) la Corte di cassazione aveva deciso che le dichiarazioni fatte nel 1936 dovevano essere considerate come gli atti fondatori che valevano come statuti delle fondazioni. In mancanza di una clausola esplicita nelle loro dichiarazioni, queste fondazioni non potevano acquisire dei beni immobiliari supplementari a quelli menzionati nel documento in questione. Di conseguenza, una fondazione che non aveva depositato la sua dichiarazione non poteva possedere un bene a titolo di proprietario.
26. Numerose modifiche alla legislazione che regola le fondazioni sono state portate dalle leggi no 4771 del 9 agosto 2002 e no 4778 del 2 gennaio 2003, così come dall’ordinamento del 24 gennaio 2003 relativo all’acquisizione di beni immobili da parte delle fondazioni delle comunità. In particolare, l’articolo 4 della legge no 4771 del 9 agosto 2002 dispone:
“A. I capoversi qui sotto sono aggiunti alla fine dell’articolo 1 della legge no 2762 del 5 giugno 1935 sulle fondazioni.
Le fondazioni delle minoranze religiose, che siano o meno dotate di statuti, possono acquisire o possedere dei beni immobili, con l’autorizzazione del Consiglio dei ministri, per fare fronte ai loro bisogni nell’ambito religioso, caritativo, sociale, educativo, sanitario e culturale.
Se la domanda viene introdotta nei sei mesi a partire dall’entrata in vigore della presente legge, i beni immobili il cui possesso (tasarruf), sotto qualunque forma questo sia, è stabilito dai registri fiscali, dagli affitti o da altri documenti, sono iscritti al registro fondiario a nome della fondazione per fare fronte ai bisogni di questa ultima negli ambiti religiosi, caritativi, sociali, educativi, sanitari e culturali. I beni che sono stati dati o tramandati alla fondazione sono sottoposti alle disposizioni di questo articolo. “
27. L’articolo 3 della legge no 4778 del 2 gennaio 2003 contempla che le “fondazioni delle minoranze religiose” possono acquisire oramai dei beni immobiliari e ne possono disporre, e ciò sia che siano o meno dotate di statuti (atti di fondazione).
Infine, la legge no 5737 sulle fondazioni, adottata il 20 febbraio 2008 e pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 27 febbraio 2008, ha abrogato la legge no 2762 sulle fondazioni.
28. Nel dritto turco, l’iscrizione di un bene immobile al registro fondiario è in principio il solo atto giuridico costitutivo del diritto di proprietà. Difatti, in virtù dell’articolo 705 del codice civile, l’iscrizione al registro fondiario è necessaria per l’acquisizione della proprietà fondiaria. Peraltro, ai termini dell’articolo 14 della legge no 3402 del 3 luglio 1987 relativo al catasto:
“(…) il titolo di un bene immobiliare non iscritto al registro fondiario è iscritto a nome di colui che prova, per mezzo di documenti, di perizie o di dichiarazioni di testimoni, di avere posseduto, a titolo di proprietario, in modo ininterrotto per più di vent’ anni. (…) “
IN DIRITTO
I. CONGIUGIMENTO DELLE CAUSE
29. Tenuto conto della similitudine delle richieste in quanto ai fatti ed alla questione di fondo che pongono, la Corte decide di unirle e di esaminarle congiuntamente in una sola sentenza.
II. SULL’AMMISSIBILITÀ
30. Il Governo sostiene che il richiedente non ha esaurito le vie di ricorso interne come esige l’articolo 35 § 1 della Convenzione, nella misura in cui il ricorso per annullamento introdotto dinnanzi al Consiglio di stato da parte dell’interessata in seguito all’adozione delle leggi numeri 4771 e 4778 è sempre pendente.
31. Il richiedente combatte questa tesi e sostiene che il ricorso instaurato dalle leggi numeri 4771 e 4778 non costituisce una via di ricorso da esaurire ai sensi dell’articolo 35 § 1 della Convenzione, poiché non permette di acquisire i titoli di proprietà in questione ma mira all’ottenimento dell’annullamento di una decisione adottata dalla Direzione generale delle fondazioni. Sottolinea peraltro, in particolare che, trattandosi degli appezzamenti numeri 135-13 e 541-55 (richieste numeri 26736/03 e 42670/04) le giurisdizioni interne hanno considerato che gli emendamenti che avevano portato modifica alla legge no 2762 non erano applicabili ai procedimenti in corso, come quello del presente genere.
32. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza stabilita, colui che ha esercitato un ricorso di natura tale da ovviare direttamente alla situazione controversa -e non in modo indiretto- non è tenuto ad impegnarne altri che gli sono aperti ma la cui efficacia è improbabile (vedere, tra altri, Manoussakis ed altri c. Grecia, 26 settembre 1996, § 33, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-IV).
33. Nello specifico, la Corte non è convinta che il ricorso citato dal Governo fosse di natura tale da ovviare direttamente alla situazione controversa. A questo riguardo, osserva che in seguito all’entrata in vigore delle leggi numeri 4771 e 4778, il richiedente ha investito le giurisdizioni amministrative di un ricorso per annullamento del rifiuto opposto dalla Direzione generale delle fondazioni alla sua domanda tendente all’iscrizione dei beni in questione al registro fondiario a suo nome. Ora, con un giudizio del 6 maggio 2004, il tribunale amministrativo ha respinto questo ricorso al motivo che i beni erano iscritti al registro fondiario a nome del Tesoro o di terza persona. Peraltro, il Consiglio di stato ha confermato il suddetto giudizio. In quanto al fatto che il procedimento per la rettifica è sempre pendente dinnanzi all’alta giurisdizione, la Corte stima che ciò non cambia la situazione del richiedente, tanto più che nella cornice delle richieste numeri 26736/03 e 42670/04 le giurisdizioni interne avevano già concluso che le leggi numeri 4771 e 4778 non si trovavano ad applicare.
34. Alla vista di ciò che precede, la Corte considera che il richiedente ha fatto un uso normale delle vie di ricorso che aveva a sua disposizione in dritto turco. Conviene dunque respingere l’eccezione presentata dal Governo.
35. La Corte constata peraltro che le richieste non sono manifestamente mal fondate ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva anche che non cozzano contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararle ammissibili.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
36. Il richiedente sostiene che rifiutando l’iscrizione dei suoi beni immobiliari al registro fondiario le giurisdizioni interne hanno violato il suo diritto al rispetto dei suoi beni ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Questa disposizione nello specifico è formulata così nella sua parte pertinente:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto degli i suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
(…) “
A. Tesi delle parti
37. Il richiedente sostiene di aver assolto l’insieme delle condizioni legali per ottenere l’iscrizione dei beni in questione a suo nome al registro fondiario. Aggiunge che i tribunali interni hanno stabilito che possedeva suddetti beni senza interruzione da più di vent’ anni e che, quindi, avrebbe dovuto, in virtù dell’articolo 14 della legge sul catasto, ottenere i titoli di proprietà. Ora, i tribunali hanno respinto la sua domanda basandosi sull’interpretazione da parte della Corte di cassazione della legge no 2762, operata nel 1974, mentre nel frattempo la legislazione aveva subito dei cambiamenti strutturali in quanto alla capacità delle fondazioni di acquisire dei beni immobiliari.
38. Il Governo sostiene che il richiedente non possedeva dei “beni” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Adduce che il richiedente, in quanto parte richiedente, non ha saputo assumere il fardello della prova e dimostrare il suo diritto di proprietà. Secondo lui, gli elementi di prova presentati dall’interessata non pootrebbero bastare a stabilire un possesso o un diritto di proprietà. Riferendosi ai principi della giurisprudenza della Corte, il Governo sostiene che i motivi di appello del richiedente sono manifestamente male fondati, non potendo avvalersi l’interessata di avere disposto di “beni reali.” Aggiunge che non aveva più una “speranza legittima” di vedere i suoi ricorsi giungere ad una conclusione.
39. Secondo il Governo, dal momento che la pretesa del richiedente non assolveva le condizioni fissate dalla legge e che l’articolo 1 del Protocollo no 1 non garantisce un diritto ad acquisire dei beni, si è obbligati a concludere che l’interessata non aveva un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e che non c’è stato dunque attentato ai suoi diritti derivanti da questa disposizione. Il Governo giudica privo di pertinenza il fatto che il tribunale del catasto aveva accolto l’azione del richiedente in prima istanza, essendo stato annullato il suo giudizio dalle giurisdizioni superiori in seguito e non essendo così mai passato in forza di cosa giudicata.
B. Valutazione della Corte
40. La Corte nota che le parti hanno dei punti di vista divergenti in quanto alla questione di sapere se il richiedente fosse o meno titolare di un bene suscettibile di essere protetto dall’articolo 1 del Protocollo no 1. Di conseguenza, è chiamata a determinare se la situazione giuridica in cui si è trovato il richiedente è di natura tale da dipendere dal campo di applicazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
41. Trattandosi della portata autonoma della nozione di “bene”, la Corte si riferisce alla sua giurisprudenza ben stabilita (Iatridis c. Grecia [GC], nº 31107/96, § 54, CEDH 1999-II, e Beyeler c. Italia [GC], nº 33202/96, § 100, CEDH-2000-I). Importa dunque esaminare, in ogni causa sottoposta al suo esame, se le circostanze, considerate nel loro insieme, hanno reso il richiedente titolare di un interesse sostanziale protetto dall’articolo 1 del Protocollo nº 1. In questa ottica, la Corte stima che c’è luogo di tenere conto dei seguenti elementi di diritto e di fatto.
42. In dritto turco, l’iscrizione di un bene immobile al registro fondiario è in principio il solo atto giuridico costitutivo del diritto di proprietà. Importa anche rilevare che, ai termini dell’articolo 14 della legge sul catasto, “il titolo di un bene immobiliare non iscritto al registro fondiario è iscritto a nome di colui che prova, per mezzo di documenti, di perizie o di dichiarazioni di testimoni, di avere posseduto, a titolo di proprietario, in modo ininterrotto per più di vent’ anni. (…) “( paragrafo 28 sopra).
43. Nello specifico, nessuno contesta che il richiedente non fosse titolare di titoli di proprietà afferenti ai beni controversi. Nei suoi giudizi dell’ 8 ottobre 2001 e del 14 gennaio 2002, il tribunale del catasto che ha deciso la causa in prima istanza, ha concluso che le condizioni di acquisizione della proprietà tramite possesso erano riunite. A questo riguardo, per stabilire che il possesso continuo fosse esercitato realmente, aveva tenuto conto di un certo numero di elementi, ossia tra altri i rapporti delle perizie agricole, le dichiarazioni dei testimoni così come dei periti locali e tecnici, e dei documenti presentati dalle parti o raccolti d’ufficio tra cui le mappe catastali ed i registri delle imposte e del catasto relativi ai beni in questione (paragrafo 12 sopra). Questi elementi non sono stati contestati peraltro dal Governo.
44. In quanto alla Corte di cassazione, nelle sue sentenze rese il 18 e 29 aprile 2002, senza rimettere in causa gli elementi di fatto, cioè la qualità di possessore del richiedente, ha annullato i giudizi di prima istanza sviluppando un’interpretazione differente degli elementi di diritto (paragrafo 13 sopra). Ha constatato che il richiedente, in quanto persona giuridica, non poteva ottenere la proprietà di un bene immobiliare tramite gioco di prescrizione acquisitiva perché non aveva depositato la sua dichiarazione prevista dalla legge no 2762. In seguito, nei suoi giudizi resi il 16 settembre ed il 9 giugno 2003, il tribunale del catasto, avendo fatto suo il ragionamento della Corte di cassazione, ha concluso che il possesso dei beni in questione non poteva essere esercitato a titolo di proprietario, condizione prevista nella giurisprudenza dell’ 8 maggio 2002, poiché la fondazione in questione non aveva depositato la sua dichiarazione richiesta dalla legge no 2762.
45. La disputa cade sulla questione di sapere dunque se il richiedente poteva esercitare il possesso a titolo di proprietario, ciò che gli permetteva di chiedere l’iscrizione di questi beni al registro fondiario a suo nome tramite gioco di prescrizione acquisitiva.
46. A questo riguardo, la Corte non giudica opportuno neanche necessario concedersi ad una qualsiasi analisi dottrinale della nozione di possesso a titolo di proprietario che abbia condotto le giurisdizioni interne ad optare in favore dell’applicazione di una soluzione giuridica piuttosto che di un altra. Peraltro, come detto a più riprese, può conoscere solamente in modo limitato degli errori di fatto o di diritto che si suppone siano stati commessi dalle giurisdizioni interne alle quali ritorna in primo luogo interpretare e applicare il diritto interno (García Ruiz c. Spagna [GC], no 30544/96, § 28, CEDH 1999-I; confrontare anche J.A. Pye, Oxford, Ltd e J.A. Pye (Oxford, Land Ltd c. Regno Unito [GC], no 44302/02, § 74, CEDH 2007 -…). Tuttavia, incombe sulla Corte verificare se il modo in cui il diritto interno è stato interpretato ed applicato nei casi sottomessi al suo esame si concilia con la Convenzione (vedere, mutatis mutandis, Nacaryan e Deryan c. Turchia, i nostri 19558/02 e 27904/02, § 48, 8 gennaio 2008).
47. La Corte osserva di già avere esaminato la capacità delle fondazioni delle minoranze religiose di acquisire dei beni nella cornice della sua sentenza di principio Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı precitata. Più in particolare, trattandosi della mancanza di deposito della dichiarazione prevista dalla legge no 2762, ricorda di avere già concluso che l’applicazione della giurisprudenza del 1974 in virtù della quale le dichiarazioni depositate nel 1936 dalle fondazioni delle minoranze religiose tenevano luogo degli “atti di fondazione” di queste instaurazioni, non soddisfaceva le esigenze di “prevedibilità” (sentenza precitata, § 57,). Difatti, come sottolinea la Corte di cassazione nella sua sentenza di principio dell’8 maggio 2002 (paragrafo 25 sopra) è questa giurisprudenza che impedisce le fondazioni delle minoranze religiose di acquisire dei beni supplementari a quelli comparsi nelle dichiarazioni del 1936.
48. Si può così ragionevolmente concludere, che se la dichiarazione di 1936 non fosse stata considerata, con una lettura giurisprudenziale dei testi in vigore, come tenenti luogo degli “atti di fondazione”, il richiedente avrebbe potuto ottenere la proprietà dei beni controversi tramite gioco della prescrizione acquisitiva, perché si basava su un possesso reale ed ininterrotto.
49. Del resto, la Corte sottolinea che l’articolo 4 della legge no 4771 adottato il 9 agosto 2002 ha rimesso chiaramente in causa le giurisprudenze precitate della Corte di cassazione, stipulando che le “fondazioni delle minoranze religiose, che siano o meno dotate di statuti, possono acquisire o possedere dei beni immobili .” In particolare, questa disposizione permette alle fondazioni di chiedere l’iscrizione al registro fondiario a loro nome dei beni immobili il cui possesso, sotto qualsiasi forma questo sia, è stabilito (paragrafo 26 sopra). Tuttavia, risulta dalla pratica che questa evoluzione non ha giovato in nessun modo all’interessata.
50. Di conseguenza, la Corte stima che il richiedente poteva credere legittimamente di aver soddisfatto tutte le esigenze che gli permettono di vedersi riconoscere la qualità di proprietario relativamente ai beni immobili che possedeva da molto tempo. Questo interesse patrimoniale del richiedente era sufficientemente importante per costituire un interesse sostanziale, dunque un “bene” al senso della norma espressa nella prima frase dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che è di conseguenza applicabile riguardo a questo risvolto del motivo di appello esaminato.
51. La Corte deve ricercare dunque se l’ingerenza nel diritto del richiedente garantito dall’articolo 1 del Protocollo no 1 che si distingue col rifiuto dell’iscrizione dei beni a suo nome e l’iscrizione di questi a nome del Tesoro pubblico, ha rispettato le esigenze di questa disposizione.
52. A questo riguardo, l’articolo 1 del Protocollo no 1 impone, innanzitutto e soprattutto, che un’ingerenza dell’autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto di beni sia legale (Iatridis, precitata, § 58).
53. Agli occhi della Corte, i testi legislativi in vigore in materia sono sufficientemente chiari. L’articolo 14 della legge sul catasto enumera le condizioni di acquisizione di un bene tramite gioco della prescrizione acquisitiva. Peraltro, la legge no 2762 sulle fondazioni, come emendata dopo il 2002, riconosce la capacità delle fondazioni delle minoranze religiose di acquisire dei beni basandosi sul possesso.
54. Di conseguenza ed alla luce delle considerazioni espresse sopra, la Corte osserva che il rifiuto delle giurisdizioni interne di iscrivere i beni in questione al registro fondiario a nome del richiedente non poteva passare per sufficientemente prevedibile agli occhi del richiedente che aveva posseduto suddetti beni, in modo ininterrotto, per più di vent’ anni, ai sensi dell’articolo 14 della legge sul catasto. La Corte conclude che l’ingerenza controversa è incompatibile col principio di legalità e che, di conseguenza, non rispetta l’esigenza dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
Pertanto, c’è stata violazione di questa disposizione.
IV. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
55. Invocando l’articolo 9 della Convenzione, il richiedente si lamenta di un attentato alla sua libertà di culto. Sul terreno dell’articolo 6, adduce anche che la sua causa non è stata equamente sentita dalle giurisdizioni interne. Inoltre, pretende non avere beneficiato di un ricorso effettivo in dritto interno ai sensi dell’articolo 13. Infine, sotto l’angolo dell’articolo 14 della Convenzione combinato con l’articolo 1 del Protocollo no 1, stima che il rigetto delle sue domande costituisce una discriminazione rispetto alle altre fondazioni.
56. Avuto riguardo alla constatazione relativa all’articolo 1 del Protocollo no 1 (paragrafo 54 sopra) la Corte stima che questi motivi di appello devono essere considerati come essendo ammissibili ma che non c’è luogo di esaminare se c’è stata violazione delle disposizioni invocate (vedere, mutatis mutandis, Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı, precitata, § 62).
V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
57. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
58. A titolo principale, il richiedente stima che il modo più adeguato per il Governo di riparare il danno causato sarebbe di restituirgli l’insieme dei beni controversi. Nel caso in cui il Governo non potesse restituirli, chiede una giusta contropartita, che valuta a 120 634,625 euro (EUR). Questa somma si costituisce di 100 372,15 EUR, corrispondenti al valore commerciale dei beni in questione come determinato dalle perizie giudiziali, e di 20 262,475 EUR, corrispondenti al danno risultante del non-godimento dei suoi beni. Peraltro, richiede 1 EUR per danno giuridico.
59. Il Governo contesta queste pretese.
60. La Corte ricorda che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo giuridico di mettere termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo da ristabilire tanto quanto si può fare la situazione anteriore a questa (Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).
61. Avuto riguardo alle circostanze dello specifico, la Corte stima che l’iscrizione dei beni controversi a nome del richiedente nel registro fondiario porrebbe l’interessata, per quanto possibile, in una situazione che equivale a quella in cui si troverebbe se le esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non fossero state ignorate.
62. A difetto per lo stato convenuto di procedere a simile iscrizione entro tre mesi a contare dalla decisione della presente sentenza, la Corte decide che questo dovrà versare all’interessata, per danno e perdita di godimento da quando le autorità hanno preso possesso di questi beni, il valore reale dei beni. In quanto alla determinazione dell’importo di questa indennità, la Corte stima necessario basarsi sulle conclusioni delle perizie giudiziali presentate dal richiedente. Avuto riguardo al tasso di cambio in vigore all’epoca pertinente così come al tasso di cambio reale, la Corte decide che in mancanza dell’iscrizione raccomandata (paragrafo 61 sopra) lo stato dovrà versare al richiedente 100 000 EUR per ogni danno compreso.
B. Oneri e spese
63. Per gli oneri esposti dinnanzi alle giurisdizioni nazionali e alla Corte, il richiedente richiede 49 435,79 EUR. Fornisce numerosi giustificativi concernenti parecchi procedimenti che ha impegnato a proposito di più di ventiquattro beni immobili.
64. Il Governo contesta queste pretese.
65. La Corte osserva che la presente causa non riguarda l’insieme dei procedimenti impegnati dal richiedente. Di conseguenza, stima ragionevole accordare al richiedente la somma di 5 000 EUR.
C. Interessi moratori
66. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Decide di unire le richieste;
2. Dichiara le richieste ammissibili;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
4. Stabilisce che non è necessario esaminare separatamente i motivi di appello tratti dagli articoli 6 e 9 della Convenzione, così come dell’articolo 14 composto con l’articolo 1 del Protocollo no 1;
5. Stabilisce
a) che nei tre mesi a contare dal giorno in cui la presente sentenza sarà diventata definitiva in virtù dell’articolo 44 § 2 della Convenzione, lo stato convenuto deve procedere all’iscrizione dei beni controversi a nome del richiedente nel registro fondiario;
b) che in mancanza di tale iscrizione, lo stato convenuto dovrà versare al richiedente, nello stesso termine di tre mesi, 100 000 EUR (centomila euro) per danno materiale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, da convertire in lire turche al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
c) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nello stesso termine di tre mesi, 5 000 EUR (cinquemila euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, da convertire in lire turche al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
d) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti di percentuale;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 3 marzo 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
cancelliera collaboratrice Presidente

Testo Tradotto

Conclusion Violation de P1-1 ; Dommage matériel – réparation
DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE BOZCAADA KİMİSİS TEODOKU RUM ORTODOKS KİLİSESİ VAKFI c. TURQUIE (No 2)
(Requêtes nos 37639/03, 37655/03, 26736/04 et 42670/04)
ARRÊT
STRASBOURG
3 mars 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Bozcaada Kimisis Teodoku Rum Ortodoks Kilisesi Vakfı c. Turquie (no 2),
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Işıl Karakaş, juges,
et de Françoise Elens-Passos, greffière adjointe de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 10 février 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouvent quatre requêtes (nos 37639/03, 37655/03, 26736/04 et 42670/04) dirigées contre la République de Turquie et dont une fondation de droit turc, B. K. T. R. O. K. V. (Fondation de l’Eglise orthodoxe grecque B. K. T.) (« la requérante ») a saisi la Cour le 20 novembre 2003 (nos 37639/03 et 37655/03), le 19 juillet 2004 (no 26736/04) et le 3 novembre 2004 (no 42670/04) en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. La requérante était représentée par Me A. S., avocat à Istanbul. Le gouvernement turc (« le Gouvernement ») était représenté par son agent.
3. Dans ses requêtes, l’intéressée alléguait en particulier que la législation sur les fondations et son interprétation par les tribunaux nationaux avaient porté atteinte à son droit au respect de ses biens garanti à l’article 1 du Protocole no 1. Elle s’estimait aussi victime d’une discrimination contraire à l’article 14 de la Convention combiné avec l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention. Enfin, elle invoquait une violation des articles 6 et 9 de la Convention.
4. Le 19 septembre 2006, la Cour a décidé de communiquer les requêtes au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, elle a en outre décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le fond de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. La requérante est une fondation de droit turc située à Çanakkale. Son statut est conforme aux dispositions du Traité de Lausanne relatives aux fondations des minorités religieuses.
6. La fondation soutient avoir acquis, par voie de donation et de legs, trois terrains d’une superficie de 3 792,54 m2 (requête no 37639/03, parcelle no 177-5), de 2 251,72 m2 (no 37655/03, parcelle no 136-5), et de 2 219,69 m2 (no 26736/04, parcelle no 135-13), ainsi qu’un immeuble d’une superficie de 37,82 m2 utilisé comme chapelle (no 42670/04, parcelle no 541-55). Cependant, alors qu’elle les possédait depuis très longtemps, ces biens ne furent pas inscrits au registre foncier à son nom.
7. En mai 1991, des travaux de cadastre ayant été effectués dans la région, les terrains litigieux furent divisés en plusieurs parcelles et une nouvelle numérotation fut attribuée à chacune d’elles. Toutefois, les cases du cahier du registre foncier destinées à l’indication des noms des propriétaires furent laissées vides, la requérante n’ayant pas déposé dans les délais sa déclaration sur le patrimoine de la fondation prévue par la loi no 2762 sur les fondations. Dans les procès-verbaux de cadastre afférents à ces biens, il fut mentionné qu’aucun titre de propriété n’avait été inscrit au registre foncier au nom de la requérante concernant les biens immeubles litigieux, bien que des experts et des témoins eussent confirmé que l’intéressée possédait effectivement ces biens.
8. La requérante n’ayant pas fait opposition dans le délai légal de trente jours, les plans cadastraux furent publiés et devinrent définitifs.
9. Par une lettre du 27 novembre 2000, la Direction générale des fondations invita la requérante à saisir les tribunaux compétents en vue de l’inscription des biens immobiliers en question au registre foncier.
10. En 2001 et en 2002, la requérante saisit, pour chacun de ces biens, le tribunal du cadastre de Bozcaada (« le tribunal ») d’une demande visant à leur inscription au registre foncier.
11. Dans le cadre de la procédure entamée devant lui, le tribunal ordonna des expertises agricoles et entendit des témoins ainsi que des experts locaux et techniques. Il recueillit les plans cadastraux ainsi que les registres des impôts et du cadastre relatifs aux biens en question.
12. Par des jugements rendus le 8 octobre 2001 (requête no 37639/03) et le 14 janvier 2002 (les trois autres requêtes), le tribunal fit droit à la demande de la requérante et ordonna l’inscription des biens en question à son nom au registre foncier, en application de l’article 14 de la loi no 3402 du 3 juillet 1987 relative au cadastre. A titre préliminaire, il releva que la fondation, qui était dotée de la personnalité juridique, disposait de la capacité d’acquérir des biens immobiliers. Ensuite, il considéra que, comme l’attestaient les experts locaux, la possession alléguée résultait d’actes concrets et que l’intéressée avait par ailleurs présenté les quittances des taxes foncières correspondant aux biens. S’agissant des terrains, il nota qu’il ressortait des documents présentés par la fondation que celle-ci avait aussi exercé son droit de propriété en les donnant en location à des tiers. En outre, selon les documents adressés par la Direction des fondations, depuis 1964 la fondation avait mentionné dans ses déclarations que les biens en question figuraient dans son patrimoine. De même, le procès-verbal établi en 1971 par la Commission de distribution des terrains prouvait la possession en question. Le tribunal déclara que les fondations, à l’instar des personnes physiques, pouvaient acquérir des biens immobiliers par la prescription acquisitive.
13. A la suite du pourvoi formé par le Trésor public, par des arrêts rendus le 29 avril 2002 (nos 37639/03, 37655/03 et 26736/03) et le 18 avril 2002 (no 42670/04), la Cour de cassation infirma les jugements de première instance. Elle releva que la requérante n’avait pas déposé sa déclaration comme le prévoyait la loi no 2762, et que, contrairement aux personnes physiques, les fondations ne pouvaient obtenir la propriété d’un bien immobilier par le jeu de la prescription acquisitive.
14. Les pourvois en rectification de l’arrêt formés par la requérante furent rejetés par la Cour de cassation.
15. Le 9 août 2002 entra en vigueur la loi no 4771 portant modification de la loi no 2762. Elle ouvrait la possibilité aux fondations de demander l’inscription au registre foncier des biens immeubles dont la possession, sous quelque forme que ce fût, était établie (paragraphe 26 ci-dessous).
16. Par des jugements rendus le 16 septembre 2003 (nos 37639/03 et 37655/03) et le 9 juin 2003 (nos 26736/03 et 42670/04), le tribunal du cadastre, statuant sur renvoi et se conformant aux arrêts de la Cour de cassation, débouta la requérante de ses demandes et ordonna l’inscription des biens litigieux au registre foncier au nom du Trésor public. Dans ses attendus, le tribunal se référa tout d’abord à l’arrêt du 8 mai 2002 adopté par l’assemblée plénière de la Cour de cassation (paragraphe 25 ci-dessous), selon lequel une demande de propriété par le jeu de la prescription acquisitive devait se fonder sur une possession à titre de propriétaire. Or, dans son arrêt antérieur du 8 mai 1974, la Cour de cassation avait décidé que les déclarations faites en 1936 par les fondations des minorités devaient être considérées comme les actes fondateurs valant statuts des fondations. En l’absence d’une clause explicite dans leurs déclarations, ces fondations ne pouvaient acquérir des biens immobiliers supplémentaires à ceux mentionnés dans le document en question. Par conséquent, de telles fondations ne pouvaient prétendre avoir exercé un droit de propriété à titre de propriétaire. N’ayant pas la preuve que la requérante avait effectivement déposé sa déclaration dans les formes et délais prévus par les lois régissant la matière, le tribunal conclut qu’elle ne pouvait être considérée comme propriétaire desdits biens.
17. En outre, en ce qui concerne les parcelles nos 135-13 et 541-55 (nos 26736/03 et 42670/04), le tribunal décida que les amendements intervenus n’étaient pas applicables aux procédures en cours. Il ordonna donc l’inscription des biens en cause au registre foncier au nom du Trésor public.
18. En 2003, par des arrêts du 6 février (nos 37639/03 et 37655/03), du 29 septembre (no 26736/04) et du 21 décembre (no 42670/04), la Cour de cassation rejeta les pourvois formés par la requérante et confirma ainsi les jugements de première instance.
19. Par des arrêts du 12 mai 2003 (nos 37639/03 et 37665/03, arrêts communiqués à la requérante le 30 mai 2003), du 9 février 2004 (no 26736/04, communiqué le même jour) et 5 avril 2004 (no 42670/04, communiqué le 13 mai 2004), la Cour de cassation rejeta les recours en rectification de l’arrêt formés par la requérante.
20. En parallèle, le 13 janvier 2003, sur le fondement de l’article 4 de la loi no 4771, la requérante avait introduit auprès de la Direction générale des fondations une demande visant à l’inscription des biens en question au registre foncier à son nom. Sa demande fut rejetée le 26 mars 2003 au motif que les biens étaient inscrits au registre foncier au nom du Trésor ou de tierces personnes.
21. Par un jugement du 6 mai 2004, le tribunal administratif d’Ankara rejeta le recours en annulation de la décision du 26 mars 2003 introduit par la requérante. Le tribunal considéra notamment que lorsque des biens litigieux étaient inscrits au registre foncier au nom de tierces personnes ou du Trésor ou qu’un litige portant sur le titre de propriété demeurait pendant devant les instances internes, l’administration ne pouvait procéder à l’inscription des biens en cause au nom du prétendu possesseur.
22. Le 30 mai 2007, le Conseil d’Etat confirma le jugement de première instance.
23. Le 8 novembre 2007, la requérante forma un recours en rectification de l’arrêt du 30 mai 2007. Cette procédure est toujours pendante devant le Conseil d’Etat.
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
24. Le droit et la pratique internes pertinents sont décrits dans l’arrêt Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı c. Turquie (no 34478/97, §§ 23-30, CEDH 2007-…).
25. Dans son arrêt de principe rendu le 8 mai 2002, l’assemblée plénière de la Cour de cassation considéra qu’en vertu de la loi sur le cadastre, quiconque réclamant le titre de propriété d’un bien en se fondant sur sa possession devait prouver avoir possédé le bien en question à titre de propriétaire. Il convient de rappeler que, dans sa jurisprudence établie par son arrêt du 8 mai 1974 (pour la traduction de cet arrêt de principe, voir Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı, précité, § 28), la Cour de cassation avait décidé que les déclarations faites en 1936 devaient être considérées comme les actes fondateurs valant statuts des fondations. En l’absence d’une clause explicite dans leurs déclarations, ces fondations ne pouvaient acquérir des biens immobiliers supplémentaires à ceux mentionnés dans le document en question. Par conséquent, une fondation qui n’avait déposé sa déclaration ne pouvait posséder un bien à titre de propriétaire.
26. De nombreuses modifications à la législation régissant les fondations ont été apportées par les lois no 4771 du 9 août 2002 et no 4778 du 2 janvier 2003, ainsi que par le règlement du 24 janvier 2003 relatif à l’acquisition de biens immeubles par les fondations des communautés. En particulier, l’article 4 de la loi no 4771 du 9 août 2002 dispose :
« A. Les alinéas ci-dessous sont ajoutés à la fin de l’article 1 de la loi no 2762 du 5 juin 1935 sur les fondations.
Les fondations des minorités religieuses, qu’elles soient ou non dotées de statuts, peuvent acquérir ou posséder des biens immeubles, avec l’autorisation du Conseil des ministres, pour faire face à leurs besoins dans les domaines religieux, caritatifs, sociaux, éducatifs, sanitaires et culturels.
Si la demande est introduite dans les six mois à partir de l’entrée en vigueur de la présente loi, les biens immeubles dont la possession (tasarruf), sous quelque forme que ce soit, est établie par des registres fiscaux, des baux ou autres documents, sont inscrits au registre foncier au nom de la fondation pour faire face aux besoins de cette dernière dans les domaines religieux, caritatifs, sociaux, éducatifs, sanitaires et culturels. Les biens qui ont été donnés ou légués à la fondation sont soumis aux dispositions de cet article. »
27. L’article 3 de la loi no 4778 du 2 janvier 2003 prévoit que les « fondations des minorités religieuses » peuvent désormais acquérir des biens immobiliers et en disposer, et ce qu’elles soient ou non dotées de statuts (actes de fondation).
Enfin, la loi no 5737 sur les fondations, adoptée le 20 février 2008 et publiée au Journal officiel le 27 février 2008, a abrogé la loi no 2762 sur les fondations.
28. En droit turc, l’inscription d’un bien immeuble au registre foncier est en principe le seul acte juridique constitutif du droit de propriété. En effet, en vertu de l’article 705 du code civil, l’inscription au registre foncier est nécessaire pour l’acquisition de la propriété foncière. Par ailleurs, aux termes de l’article 14 de la loi no 3402 du 3 juillet 1987 relative au cadastre :
« (…) le titre d’un bien immobilier non inscrit au registre foncier (…) est inscrit au nom de celui qui prouve, au moyen de documents, d’expertises ou de déclarations de témoins, l’avoir possédé, à titre de propriétaire, de manière ininterrompue pendant plus de vingt ans. (…) »
EN DROIT
I. JONCTION DES AFFAIRES
29. Compte tenu de la similitude des requêtes quant aux faits et à la question de fond qu’elles posent, la Cour décide de les joindre et de les examiner conjointement dans un seul arrêt.
II. SUR LA RECEVABILITÉ
30. Le Gouvernement soutient que la requérante n’a pas épuisé les voies de recours internes comme l’exige l’article 35 § 1 de la Convention, dans la mesure où le recours en annulation introduit devant le Conseil d’Etat par l’intéressée à la suite de l’adoption des lois nos 4771 et 4778 est toujours pendant.
31. La requérante combat cette thèse et soutient que le recours instauré par les lois nos 4771 et 4778 ne constitue pas une voie de recours à épuiser au sens de l’article 35 § 1 de la Convention, puisqu’il ne permet pas d’acquérir les titres de propriété en question mais vise à l’obtention de l’annulation d’une décision adoptée par la Direction générale des fondations. Par ailleurs, elle souligne notamment que, s’agissant des parcelles nos 135-13 et 541-55 (requêtes nos 26736/03 et 42670/04), les juridictions internes ont considéré que les amendements portant modification de la loi no 2762 n’étaient pas applicables aux procédures en cours, telles celles de la présente espèce.
32. La Cour rappelle que, selon sa jurisprudence établie, celui qui a exercé un recours de nature à remédier directement à la situation litigieuse – et non de façon détournée – n’est pas tenu d’en engager d’autres qui lui eussent été ouverts mais dont l’efficacité est improbable (voir, entre autres, Manoussakis et autres c. Grèce, 26 septembre 1996, § 33, Recueil des arrêts et décisions 1996-IV).
33. En l’espèce, la Cour n’est pas convaincue que le recours cité par le Gouvernement était de nature à remédier directement à la situation litigieuse. A cet égard, elle observe qu’à la suite de l’entrée en vigueur des lois nos 4771 et 4778, la requérante a saisi les juridictions administratives d’un recours en annulation du refus opposé par la Direction générale des fondations à sa demande tendant à l’inscription des biens en question au registre foncier à son nom. Or, par un jugement du 6 mai 2004, le tribunal administratif a rejeté ce recours au motif que les biens étaient inscrits au registre foncier au nom du Trésor ou de tierces personnes. Par ailleurs, le Conseil d’Etat a confirmé le jugement susmentionné. Quant au fait que la procédure en rectification est toujours pendante devant la haute juridiction, la Cour estime que cela ne change guère la situation de la requérante, d’autant plus que dans le cadre des requêtes nos 26736/03 et 42670/04 les juridictions internes avaient déjà conclu que les lois nos 4771 et 4778 ne trouvaient pas à s’appliquer.
34. Au vu de ce qui précède, la Cour considère que la requérante a fait un usage normal des voies de recours qu’elle avait à sa disposition en droit turc. Il convient donc de rejeter l’exception présentée par le Gouvernement.
35. La Cour constate par ailleurs que les requêtes ne sont pas manifestement mal fondées au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève également qu’elles ne se heurtent à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de les déclarer recevables.
III. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
36. La requérante soutient qu’en refusant l’inscription de ses biens immobiliers au registre foncier les juridictions internes ont violé son droit au respect de ses biens au sens de l’article 1 du Protocole no 1. Cette disposition est ainsi libellée dans sa partie pertinente en l’espèce :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect des ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
(…) »
A. Thèses des parties
37. La requérante soutient qu’elle remplissait l’ensemble des conditions légales pour obtenir l’inscription des biens en question à son nom au registre foncier. Elle ajoute que les tribunaux internes ont établi qu’elle possédait lesdits biens sans interruption depuis plus de vingt ans et que, dès lors, elle aurait dû, en vertu de l’article 14 de la loi sur le cadastre, obtenir les titres de propriété. Or, les tribunaux ont rejeté sa demande en se fondant sur l’interprétation par la Cour de cassation de la loi no 2762, opérée en 1974, alors qu’entre-temps la législation avait subi des changements structuraux quant à la capacité des fondations d’acquérir des biens immobiliers.
38. Le Gouvernement soutient que la requérante ne possédait pas des « biens » au sens de l’article 1 du Protocole no 1. Il allègue que la requérante, en tant que demanderesse, n’a pas su assumer le fardeau de la preuve et démontrer son droit de propriété. Selon lui, les éléments de preuve présentés par l’intéressée ne sauraient suffire à établir une possession ou un droit de propriété. Se référant aux principes de la jurisprudence de la Cour, le Gouvernement soutient que les griefs de la requérante sont manifestement mal fondés, l’intéressée ne pouvant se prévaloir d’avoir disposé de « biens actuels ». Il ajoute qu’elle n’avait pas davantage d’« espérance légitime » de voir ses recours aboutir.
39. Selon le Gouvernement, dès lors que la prétention de la requérante ne remplissait pas les conditions fixées par la loi et que l’article 1 du Protocole no 1 ne garantit pas un droit à acquérir des biens, force serait de conclure que l’intéressée n’avait pas un « bien » au sens de l’article 1 du Protocole no 1 et qu’il n’y a donc pas eu atteinte à ses droits découlant de cette disposition. Le Gouvernement juge dépourvu de pertinence le fait que le tribunal du cadastre avait accueilli l’action de la requérante en première instance, son jugement ayant par la suite été infirmé par les juridictions supérieures et n’étant ainsi jamais passé en force de chose jugée.
B. Appréciation de la Cour
40. La Cour note que les parties ont des vues divergentes quant à la question de savoir si la requérante était ou non titulaire d’un bien susceptible d’être protégé par l’article 1 du Protocole no 1. Par conséquent, elle est appelée à déterminer si la situation juridique dans laquelle s’est trouvée la requérante est de nature à relever du champ d’application de l’article 1 du Protocole no 1.
41. S’agissant de la portée autonome de la notion de « bien », la Cour se réfère à sa jurisprudence bien établie (Iatridis c. Grèce [GC], nº 31107/96, § 54, CEDH 1999-II, et Beyeler c. Italie [GC], nº 33202/96, § 100, CEDH-2000-I). Il importe donc d’examiner, dans chaque affaire soumise à son examen, si les circonstances, considérées dans leur ensemble, ont rendu le requérant titulaire d’un intérêt substantiel protégé par l’article 1 du Protocole nº 1. Dans cette optique, la Cour estime qu’il y a lieu de tenir compte des éléments de droit et de fait suivants.
42. En droit turc, l’inscription d’un bien immeuble au registre foncier est en principe le seul acte juridique constitutif du droit de propriété. Il importe aussi de relever que, aux termes de l’article 14 de la loi sur le cadastre, « le titre d’un bien immobilier non-inscrit au registre foncier (…) est inscrit au nom de celui qui prouve, au moyen de documents, d’expertises ou de déclarations de témoins, l’avoir possédé, à titre de propriétaire, de manière ininterrompue pendant plus de vingt ans. (…) » (paragraphe 28 ci-dessus).
43. En l’espèce, nul ne conteste que la requérante n’était pas titulaire de titres de propriété afférents aux biens litigieux. Dans ses jugements du 8 octobre 2001 et du 14 janvier 2002, le tribunal du cadastre, qui a tranché la cause en première instance, a conclu que les conditions d’acquisition de la propriété par la possession étaient réunies. A cet égard, pour établir que la possession continue était réellement exercée, il avait tenu compte d’un certain nombre d’éléments, à savoir entre autres les rapports des expertises agricoles, les déclarations des témoins ainsi que des experts locaux et techniques, et des documents présentés par les parties ou recueillis d’office, dont les plans cadastraux et les registres des impôts et du cadastre relatifs aux biens en question (paragraphe 12 ci-dessus). Ces éléments n’ont par ailleurs pas été contestés par le Gouvernement.
44. Quant à la Cour de cassation, dans ses arrêts rendus les 18 et 29 avril 2002, sans remettre en cause les éléments de fait, c’est-à-dire la qualité de possesseur de la requérante, elle a infirmé les jugements de première instance en développant une interprétation différente des éléments de droit (paragraphe 13 ci-dessus). Elle a constaté que la requérante, en tant que personne morale, ne pouvait obtenir la propriété d’un bien immobilier par le jeu de la prescription acquisitive parce qu’elle n’avait pas déposé sa déclaration prévue par la loi no 2762. Par la suite, dans ses jugements rendus le 16 septembre et le 9 juin 2003, le tribunal du cadastre, ayant fait sien le raisonnement de la Cour de cassation, a conclu que la possession des biens en question ne pouvait être exercée à titre de propriétaire, condition prévue dans la jurisprudence du 8 mai 2002, puisque la fondation en question n’avait pas déposé sa déclaration exigée par la loi no 2762.
45. Le différend porte donc sur la question de savoir si la requérante pouvait exercer la possession à titre de propriétaire, ce qui lui permettait de demander l’inscription de ces biens au registre foncier à son nom par le jeu de la prescription acquisitive.
46. A cet égard, la Cour ne juge pas opportun ni même nécessaire de se livrer à une quelconque analyse doctrinale de la notion de possession à titre de propriétaire ayant conduit les juridictions internes à opter en faveur de l’application d’une solution juridique plutôt que d’une autre. Par ailleurs, comme elle l’a dit à maintes reprises, elle ne peut connaître que de façon limitée des erreurs de fait ou de droit prétendument commises par les juridictions internes, auxquelles il revient au premier chef d’interpréter et d’appliquer le droit interne (García Ruiz c. Espagne [GC], no 30544/96, § 28, CEDH 1999-I ; comparer aussi avec J.A. Pye (Oxford) Ltd et J.A. Pye (Oxford) Land Ltd c. Royaume-Uni [GC], no 44302/02, § 74, CEDH 2007-…). Néanmoins, il incombe à la Cour de vérifier si la façon dont le droit interne a été interprété et appliqué dans les cas soumis à son examen se concilie avec la Convention (voir, mutatis mutandis, Nacaryan et Deryan c. Turquie, nos 19558/02 et 27904/02, § 48, 8 janvier 2008).
47. La Cour observe avoir déjà examiné la capacité des fondations des minorités religieuses d’acquérir des biens dans le cadre de son arrêt de principe Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı précité. Plus particulièrement, s’agissant de l’absence de dépôt de la déclaration prévue par la loi no 2762, elle rappelle avoir déjà conclu que l’application de la jurisprudence de 1974, en vertu de laquelle les déclarations déposées en 1936 par les fondations des minorités religieuses tenaient lieu d’« actes de fondation » de ces établissements, ne répondait pas aux exigences de « prévisibilité » (arrêt précité, § 57). En effet, comme le souligne la Cour de cassation dans son arrêt de principe du 8 mai 2002 (paragraphe 25 ci-dessus), c’est cette jurisprudence qui empêche les fondations des minorités religieuses d’acquérir des biens supplémentaires à ceux figurant dans les déclarations de 1936.
48. Ainsi, on peut raisonnablement conclure que si la déclaration de 1936 n’avait pas été considérée, par une lecture jurisprudentielle des textes en vigueur, comme tenant lieu d’« actes de fondation », la requérante aurait pu obtenir la propriété des biens litigieux par le jeu de la prescription acquisitive, car elle se fondait sur une possession réelle et ininterrompue.
49. Au demeurant, la Cour souligne que l’article 4 de la loi no 4771 adoptée le 9 août 2002 a clairement remis en cause les jurisprudences précitées de la Cour de cassation, en stipulant que les « fondations des minorités religieuses, qu’elles soient ou non dotées de statuts, peuvent acquérir ou posséder des biens immeubles (…) ». En particulier, cette disposition permet aux fondations de demander l’inscription au registre foncier à leur nom des biens immeubles dont la possession, sous quelque forme que ce soit, est établie (paragraphe 26 ci-dessus). Toutefois, il ressort du dossier que cette évolution n’a aucunement profité à l’intéressée.
50. Par conséquent, la Cour estime que la requérante pouvait légitimement croire qu’elle avait satisfait à toutes les exigences lui permettant de se voir reconnaître la qualité de propriétaire relativement aux biens immeubles qu’elle possédait depuis très longtemps. Cet intérêt patrimonial de la requérante était suffisamment important pour constituer un intérêt substantiel, donc un « bien » au sens de la norme exprimée dans la première phrase de l’article 1 du Protocole no 1, laquelle est par conséquent applicable quant à ce volet du grief examiné.
51. La Cour doit donc rechercher si l’ingérence dans le droit de la requérante garanti par l’article 1 du Protocole no 1, qui se caractérise par le refus de l’inscription des biens à son nom et l’inscription de ceux-ci au nom du Trésor public, a respecté les exigences de cette disposition.
52. A cet égard, l’article 1 du Protocole no 1 impose, avant tout et surtout, qu’une ingérence de l’autorité publique dans la jouissance du droit au respect de biens soit légale (Iatridis, précité, § 58).
53. Aux yeux de la Cour, les textes législatifs en vigueur en la matière sont suffisamment clairs. L’article 14 de la loi sur le cadastre énumère les conditions d’acquisition d’un bien par le jeu de la prescription acquisitive. Par ailleurs, la loi no 2762 sur les fondations, telle qu’amendée après 2002, reconnaît la capacité des fondations des minorités religieuses d’acquérir des biens en se fondant sur la possession.
54. Par conséquent et à la lumière des considérations exprimées ci-dessus, la Cour observe que le refus des juridictions internes d’inscrire les biens en question au registre foncier au nom de la requérante ne pouvait passer pour suffisamment prévisible aux yeux de la requérante, qui avait possédé lesdits biens, de manière ininterrompue, pendant plus de vingt ans, au sens de l’article 14 de loi sur le cadastre. La Cour en conclut que l’ingérence litigieuse est incompatible avec le principe de légalité et que, par conséquent, elle ne respecte pas l’exigence de l’article 1 du Protocole no 1.
Partant, il y a eu violation de cette disposition.
IV. SUR LES AUTRES VIOLATIONS ALLÉGUÉES
55. Invoquant l’article 9 de la Convention, la requérante se plaint d’une atteinte à sa liberté de culte. Sur le terrain de l’article 6, elle allègue également que sa cause n’a pas été entendue équitablement par les juridictions internes. En outre, elle prétend n’avoir pas bénéficié d’un recours effectif en droit interne au sens de l’article 13. Enfin, sous l’angle de l’article 14 de la Convention combiné avec l’article 1 du Protocole no 1, elle estime que le rejet de ses demandes constitue une discrimination par rapport aux autres fondations.
56. Eu égard au constat relatif à l’article 1 du Protocole no 1 (paragraphe 54 ci-dessus), la Cour estime que ces griefs doivent être considérés comme étant recevables mais qu’il n’y a pas lieu d’examiner s’il y a eu violation des dispositions invoquées (voir, mutatis mutandis, Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı, précité, § 62).
V. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
57. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
58. A titre principal, la requérante estime que la manière la plus adéquate pour le Gouvernement de réparer le préjudice causé serait de lui restituer l’ensemble des biens litigieux. Pour le cas où le Gouvernement ne pourrait les restituer, elle demande une juste contrepartie, qu’elle chiffre à 120 634,625 euros (EUR). Cette somme se compose de 100 372,15 EUR, correspondant à la valeur marchande des biens en question telle que déterminée par des expertises judiciaires, et de 20 262,475 EUR, correspondant au préjudice résultant de la non-jouissance de ses biens. Par ailleurs, elle réclame 1 EUR pour dommage moral.
59. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
60. La Cour rappelle qu’un arrêt constatant une violation entraîne pour l’Etat défendeur l’obligation juridique de mettre un terme à la violation et d’en effacer les conséquences de manière à rétablir autant que faire se peut la situation antérieure à celle-ci (Iatridis c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).
61. Eu égard aux circonstances de l’espèce, la Cour estime que l’inscription des biens litigieux au nom de la requérante dans le registre foncier placerait l’intéressée, autant que possible, dans une situation équivalant à celle où elle se trouverait si les exigences de l’article 1 du Protocole no 1 n’avaient pas été méconnues.
62. A défaut pour l’Etat défendeur de procéder à pareille inscription dans un délai de trois mois à compter du prononcé du présent arrêt, la Cour décide que celui-ci devra verser à l’intéressée, pour dommage et perte de jouissance depuis que les autorités ont pris possession de ces biens, la valeur actuelle des biens. Quant à la détermination du montant de cette indemnité, la Cour estime nécessaire de se baser sur les conclusions des expertises judiciaires présentées par la requérante. Eu égard au taux de change en vigueur à l’époque pertinente ainsi qu’au taux de change actuel, la Cour décide qu’à défaut de l’inscription préconisée (paragraphe 61 ci-dessus) l’Etat devra verser à la requérante 100 000 EUR pour tous préjudices confondus.
B. Frais et dépens
63. Pour les frais exposés devant les juridictions nationales et la Cour, la requérante réclame 49 435,79 EUR. Elle fournit de nombreux justificatifs concernant plusieurs procédures qu’elle a engagées au sujet de plus de vingt-quatre biens immeubles.
64. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
65. La Cour observe que la présente affaire ne concerne pas l’ensemble des procédures engagées par la requérante. Par conséquent, elle estime raisonnable d’accorder à la requérante la somme de 5 000 EUR.
C. Intérêts moratoires
66. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Décide de joindre les requêtes ;
2. Déclare les requêtes recevables ;
3. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 ;
4. Dit qu’il n’est pas nécessaire d’examiner séparément les griefs tirés des articles 6 et 9 de la Convention, ainsi que de l’article 14 combiné avec l’article 1 du Protocole no 1 ;
5. Dit
a) que dans les trois mois à compter du jour où le présent arrêt sera devenu définitif en vertu de l’article 44 § 2 de la Convention, l’Etat défendeur doit procéder à l’inscription des biens litigieux au nom de la requérante dans le registre foncier ;
b) qu’à défaut d’une telle inscription, l’Etat défendeur devra verser à la requérante, dans le même délai de trois mois, 100 000 EUR (cent mille euros) pour dommage matériel, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, à convertir en livres turques au taux applicable à la date du règlement ;
c) que l’Etat défendeur doit verser à la requérante, dans le même délai de trois mois, 5 000 EUR (cinq mille euros) pour frais et dépens, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par la requérante, à convertir en livres turques au taux applicable à la date du règlement ;
d) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
6. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 3 mars 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Françoise Elens-Passos Françoise Tulkens
Greffière adjointe Présidente

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