Conclusione Violazione di P1-1; Danno materiale – risarcimento
SECONDA SEZIONE
CAUSA BOZCAADA KİMİSİS TEODOKU RUM ORTODOKS KİLİSESİ VAKFI C. Turchia (No 2)
( Richieste numeri 37639/03, 37655/03, 26736/04 e 42670/04)
SENTENZA
STRASBURGO
3 marzo 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Bozcaada Kimisis Teodoku Rum Ortodoks Kilisesi Vakfı c. Turchia (no 2),
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, giudici,
e da Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 10 febbraio 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trovano quattro richieste (numeri 37639/03, 37655/03, 26736/04 e 42670/04) dirette contro la Repubblica della Turchia e in cui una fondazione di dritto turco, B. K. T. R. O. K. V.( Fondazione della chiesa ortodosso greca B. K. T.) (“il richiedente”) ha investito la Corte il 20 novembre 2003 (numeri 37639/03 e 37655/03) il 19 luglio 2004 (no 26736/04) ed il 3 novembre 2004 (no 42670/04), in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente era rappresentato da A. S., avvocato ad Istanbul. Il governo turco (“il Governo”) era rappresentato dal suo agente.
3. Nelle sue richieste, l’interessata adduceva in particolare che la legislazione sulle fondazioni e la sua interpretazione da parte dei tribunali nazionali aveva recato offesa al suo diritto al rispetto dei suoi beni garantiti all’articolo 1 del Protocollo no 1. Si stimava anche vittima di una discriminazione contraria all’articolo 14 della Convenzione combinata con l’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione. Infine, invocava una violazione degli articoli 6 e 9 della Convenzione.
4. Il 19 settembre 2006, la Corte ha deciso di comunicare le richieste al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è una fondazione di dritto turco situata a Çanakkale. Il suo statuto è conforme alle disposizioni del Trattato di Losanna relativo alle fondazioni delle minoranze religiose.
6. La fondazione sostiene avere acquisito, tramite donazione ed eredità, tre terreni di una superficie di 3 792,54 m2 (richiesta no 37639/03) appezzamento no 177-5, di 2 251,72 m2 (no 37655/03) appezzamento no 136-5, e di 2 219,69 m2 (no 26736/04) appezzamento no 135-13, così come un immobile di una superficie di 37,82 m2 utilizzato come cappella (no 42670/04) appezzamento no 541-55. Però, benché li possedesse da molto tempo, questi beni non furono iscritti al registro fondiario a suo nome.
7. Nel maggio 1991, essendo stati effettuati dei lavori di catasto nella regione, i terreni controversi furono divisi in parecchi appezzamenti ed una nuova numerazione fu assegnata a ciascuna di essi. Tuttavia, le caselle del quaderno del registro fondiario destinato all’indicazione dei nomi dei proprietari furono lasciate vuote, non avendo depositato il richiedente nei termini la sua dichiarazione sul patrimonio della fondazione prevista dalla legge no 2762 sulle fondazioni. Nei verbali di catasto afferenti a questi beni, fu menzionato che nessuno titolo di proprietà era stato iscritto nel registro fondiario a nome del richiedente concernente i beni immobili controversi, sebbene dei periti e dei testimoni avessero confermato che l’interessata possedeva infatti questi beni.
8. Non essendosi opposto il richiedente nel termine legale di trenta giorni, le mappe catastali furono pubblicate e diventarono definitive.
9. Con una lettera del 27 novembre 2000, la Direzione generale delle fondazioni invitò il richiedente ad investire i tribunali competenti in vista dell’iscrizione dei beni immobiliari in questione al registro fondiario.
10. Nel 2001 e nel 2002, il richiedente investì, per ciascuno di questi beni, il tribunale del catasto di Bozcaada (“il tribunale”) di una domanda che mirava alla loro iscrizione al registro fondiario.
11. Nella cornice del procedimento iniziato dinnanzi a lui, il tribunale ordinò delle perizie agricole ed ascoltò dei testimoni così come dei periti locali e tecnici. Raccolse le mappe catastali così come i registri delle imposte e del catasto relativi ai beni in questione.
12. Coi giudizi resi l’ 8 ottobre 2001 (richiesta no 37639/03) ed il 14 gennaio 2002 (le altre tre richieste) il tribunale fece diritto alla domanda del richiedente ed ordinò l’iscrizione dei beni in questione a suo nome al registro fondiario, in applicazione dell’articolo 14 della legge no 3402 del 3 luglio 1987 relativo al catasto. A titolo preliminare, rilevò che la fondazione che era dotata di personalità giuridica, disponeva della capacità di acquisire dei beni immobiliari. Poi, considerò che, come attestato dai periti locali, il possesso addotto risultava da atti concreti e che l’interessata aveva presentato peraltro le ricevute delle tasse fondiarie corrispondenti ai beni. Trattandosi dei terreni, notò che risultava dai documenti presentati dalla fondazione che questa aveva esercitato anche il suo diritto di proprietà dandoli in locazione a terzi. Inoltre, secondo i documenti inviati dalla Direzione delle fondazioni, dal 1964 la fondazione aveva menzionato nelle sue dichiarazioni che i beni in questione raffiguravano nel suo patrimonio. Parimenti, il verbale stabilito nel 1971 dalla Commissione di distribuzione dei terreni provava il possesso in questione. Il tribunale dichiarò che le fondazioni, come le persone fisiche, potevano acquisire dei beni immobiliari tramite prescrizione acquisitiva.
13. In seguito al ricorso formato dal Tesoro pubblico, con le sentenze rese il 29 aprile 2002 (numeri 37639/03, 37655/03 e 26736/03) ed il 18 aprile 2002, (no 42670/04), la Corte di cassazione annullò i giudizi di prima istanza. Rilevò che il richiedente non aveva depositato la sua dichiarazione come contemplato dalla legge no 2762, e che, contrariamente alle persone fisiche, le fondazioni non potevano ottenere la proprietà di un bene immobiliare tramite il gioco della prescrizione acquisitiva.
14. I ricorsi in rettifica della sentenza formata dal richiedente furono respinti dalla Corte di cassazione.
15. Il 9 agosto 2002 entrò in vigore la legge no 4771 che portava modifica della legge no 2762. Apriva la possibilità alle fondazioni di chiedere l’iscrizione al registro fondiario dei beni immobili il cui possesso, sotto qualunque forma questo fosse, era stabilito (paragrafo 26 sotto).
16. Coi giudizi resi il 16 settembre 2003 (numeri 37639/03 e 37655/03) ed il 9 giugno 2003 (numeri 26736/03 e 42670/04) il tribunale del catasto, deliberando su rinvio e conformandosi alle sentenze della Corte di cassazione, respinse il richiedente in merito alle sue domande ed ordinò l’iscrizione dei beni controversi al registro fondiario a nome del Tesoro pubblico. Nelle sue decisioni, il tribunale si riferì innanzitutto alla sentenza del 8 maggio 2002 adottata dall’assemblea plenaria della Corte di cassazione (paragrafo 25 sotto) secondo la quale una domanda di proprietà tramite gioco di prescrizione acquisitiva doveva basarsi su un possesso a titolo di proprietario. Ora, nella sua sentenza anteriore dell’8 maggio 1974, la Corte di cassazione aveva deciso che le dichiarazioni fatte nel 1936 dalle fondazioni delle minoranze dovevano essere considerate come atti fondatori che valevano come statuti delle fondazioni. In mancanza di una clausola esplicita nelle loro dichiarazioni, queste fondazioni non potevano acquisire dei beni immobiliari supplementari a quelli menzionati nel documento in questione. Di conseguenza, tali fondazioni non potevano pretendere di avere esercitato un diritto di proprietà a titolo di proprietario. Non avendo la prova che il richiedente aveva depositato effettivamente la sua dichiarazione nelle forme e nei termini previsti dalle leggi che regolano la materia, il tribunale concluse che non poteva essere considerata come proprietario di suddetti beni.
17. Inoltre, per ciò che riguarda gli appezzamenti numeri 135-13 e 541-55 (numeri 26736/03 e 42670/04) il tribunale decise che gli emendamenti intervenuti non erano applicabili ai procedimenti in corso. Ordinò dunque l’iscrizione dei beni in causa al registro fondiario a nome del Tesoro pubblico.
18. Nel 2003, con le sentenze del 6 febbraio (numero 37639/03 e 37655/03) del 29 settembre (no 26736/04) e del 21 dicembre (no 42670/04), la Corte di cassazione respinse i ricorsi formati dal richiedente e confermò così i giudizi di prima istanza.
19. Con le sentenze del 12 maggio 2003 (numero 37639/03 e 37665/03, sentenze comunicate al richiedente il 30 maggio 2003) del 9 febbraio 2004 (no 26736/04) comunicata lo stesso giorno, e del 5 aprile 2004 (no 42670/04) comunicata il 13 maggio 2004, la Corte di cassazione respinse i ricorsi per rettifica della sentenza formata dal richiedente.
20. In parallelo, il 13 gennaio 2003, su fondamento dell’articolo 4 della legge no 4771, il richiedente aveva introdotto presso la Direzione generale delle fondazioni una domanda che mirava all’iscrizione dei beni in questione al registro fondiario a suo nome. La sua domanda fu respinta il 26 marzo 2003 al motivo che i beni erano iscritti al registro fondiario a nome del Tesoro o di terza persona.
21. Con un giudizio del 6 maggio 2004, il tribunale amministrativo di Ankara respinse il ricorso per annullamento della decisione del 26 marzo 2003 introdotto dal richiedente. Il tribunale considerò in particolare che quando dei beni controversi erano iscritti al registro fondiario a nome di terza persona o del Tesoro o che una controversia riguardante il titolo di proprietà rimaneva pndente dinnanzi alle istanze interne, l’amministrazione non poteva procedere all’iscrizione dei beni in causa a nome del preteso possessore.
22. Il 30 maggio 2007, il Consiglio di stato confermò il giudizio di prima istanza.
23. L’ 8 novembre 2007, il richiedente formò un ricorso per rettifica della sentenza del 30 maggio 2007. Questo procedimento è sempre pendente dinnanzi al Consiglio di stato.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
24. Il diritto e la pratica interna pertinenti sono descritti nella sentenza Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı c. Turchia, no 34478/97, §§ 23-30, CEDH 2007 -…).
25. Nella sua sentenza di principio resa l’8 maggio 2002, l’assemblea plenaria della Corte di cassazione considerò che in virtù della legge sul catasto chiunque richieda il titolo di proprietà di un bene basandosi sul suo possesso doveva provare di avere posseduto il bene in questione a titolo di proprietario. Conviene ricordare che, nella sua giurisprudenza stabilita dalla sua sentenza dell’ 8 maggio 1974 (per la traduzione di questa sentenza di principio, vedere § 28 Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı, precitata) la Corte di cassazione aveva deciso che le dichiarazioni fatte nel 1936 dovevano essere considerate come gli atti fondatori che valevano come statuti delle fondazioni. In mancanza di una clausola esplicita nelle loro dichiarazioni, queste fondazioni non potevano acquisire dei beni immobiliari supplementari a quelli menzionati nel documento in questione. Di conseguenza, una fondazione che non aveva depositato la sua dichiarazione non poteva possedere un bene a titolo di proprietario.
26. Numerose modifiche alla legislazione che regola le fondazioni sono state portate dalle leggi no 4771 del 9 agosto 2002 e no 4778 del 2 gennaio 2003, così come dall’ordinamento del 24 gennaio 2003 relativo all’acquisizione di beni immobili da parte delle fondazioni delle comunità. In particolare, l’articolo 4 della legge no 4771 del 9 agosto 2002 dispone:
“A. I capoversi qui sotto sono aggiunti alla fine dell’articolo 1 della legge no 2762 del 5 giugno 1935 sulle fondazioni.
Le fondazioni delle minoranze religiose, che siano o meno dotate di statuti, possono acquisire o possedere dei beni immobili, con l’autorizzazione del Consiglio dei ministri, per fare fronte ai loro bisogni nell’ambito religioso, caritativo, sociale, educativo, sanitario e culturale.
Se la domanda viene introdotta nei sei mesi a partire dall’entrata in vigore della presente legge, i beni immobili il cui possesso (tasarruf), sotto qualunque forma questo sia, è stabilito dai registri fiscali, dagli affitti o da altri documenti, sono iscritti al registro fondiario a nome della fondazione per fare fronte ai bisogni di questa ultima negli ambiti religiosi, caritativi, sociali, educativi, sanitari e culturali. I beni che sono stati dati o tramandati alla fondazione sono sottoposti alle disposizioni di questo articolo. “
27. L’articolo 3 della legge no 4778 del 2 gennaio 2003 contempla che le “fondazioni delle minoranze religiose” possono acquisire oramai dei beni immobiliari e ne possono disporre, e ciò sia che siano o meno dotate di statuti (atti di fondazione).
Infine, la legge no 5737 sulle fondazioni, adottata il 20 febbraio 2008 e pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 27 febbraio 2008, ha abrogato la legge no 2762 sulle fondazioni.
28. Nel dritto turco, l’iscrizione di un bene immobile al registro fondiario è in principio il solo atto giuridico costitutivo del diritto di proprietà. Difatti, in virtù dell’articolo 705 del codice civile, l’iscrizione al registro fondiario è necessaria per l’acquisizione della proprietà fondiaria. Peraltro, ai termini dell’articolo 14 della legge no 3402 del 3 luglio 1987 relativo al catasto:
“(…) il titolo di un bene immobiliare non iscritto al registro fondiario è iscritto a nome di colui che prova, per mezzo di documenti, di perizie o di dichiarazioni di testimoni, di avere posseduto, a titolo di proprietario, in modo ininterrotto per più di vent’ anni. (…) “
IN DIRITTO
I. CONGIUGIMENTO DELLE CAUSE
29. Tenuto conto della similitudine delle richieste in quanto ai fatti ed alla questione di fondo che pongono, la Corte decide di unirle e di esaminarle congiuntamente in una sola sentenza.
II. SULL’AMMISSIBILITÀ
30. Il Governo sostiene che il richiedente non ha esaurito le vie di ricorso interne come esige l’articolo 35 § 1 della Convenzione, nella misura in cui il ricorso per annullamento introdotto dinnanzi al Consiglio di stato da parte dell’interessata in seguito all’adozione delle leggi numeri 4771 e 4778 è sempre pendente.
31. Il richiedente combatte questa tesi e sostiene che il ricorso instaurato dalle leggi numeri 4771 e 4778 non costituisce una via di ricorso da esaurire ai sensi dell’articolo 35 § 1 della Convenzione, poiché non permette di acquisire i titoli di proprietà in questione ma mira all’ottenimento dell’annullamento di una decisione adottata dalla Direzione generale delle fondazioni. Sottolinea peraltro, in particolare che, trattandosi degli appezzamenti numeri 135-13 e 541-55 (richieste numeri 26736/03 e 42670/04) le giurisdizioni interne hanno considerato che gli emendamenti che avevano portato modifica alla legge no 2762 non erano applicabili ai procedimenti in corso, come quello del presente genere.
32. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza stabilita, colui che ha esercitato un ricorso di natura tale da ovviare direttamente alla situazione controversa -e non in modo indiretto- non è tenuto ad impegnarne altri che gli sono aperti ma la cui efficacia è improbabile (vedere, tra altri, Manoussakis ed altri c. Grecia, 26 settembre 1996, § 33, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-IV).
33. Nello specifico, la Corte non è convinta che il ricorso citato dal Governo fosse di natura tale da ovviare direttamente alla situazione controversa. A questo riguardo, osserva che in seguito all’entrata in vigore delle leggi numeri 4771 e 4778, il richiedente ha investito le giurisdizioni amministrative di un ricorso per annullamento del rifiuto opposto dalla Direzione generale delle fondazioni alla sua domanda tendente all’iscrizione dei beni in questione al registro fondiario a suo nome. Ora, con un giudizio del 6 maggio 2004, il tribunale amministrativo ha respinto questo ricorso al motivo che i beni erano iscritti al registro fondiario a nome del Tesoro o di terza persona. Peraltro, il Consiglio di stato ha confermato il suddetto giudizio. In quanto al fatto che il procedimento per la rettifica è sempre pendente dinnanzi all’alta giurisdizione, la Corte stima che ciò non cambia la situazione del richiedente, tanto più che nella cornice delle richieste numeri 26736/03 e 42670/04 le giurisdizioni interne avevano già concluso che le leggi numeri 4771 e 4778 non si trovavano ad applicare.
34. Alla vista di ciò che precede, la Corte considera che il richiedente ha fatto un uso normale delle vie di ricorso che aveva a sua disposizione in dritto turco. Conviene dunque respingere l’eccezione presentata dal Governo.
35. La Corte constata peraltro che le richieste non sono manifestamente mal fondate ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva anche che non cozzano contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararle ammissibili.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
36. Il richiedente sostiene che rifiutando l’iscrizione dei suoi beni immobiliari al registro fondiario le giurisdizioni interne hanno violato il suo diritto al rispetto dei suoi beni ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Questa disposizione nello specifico è formulata così nella sua parte pertinente:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto degli i suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
(…) “
A. Tesi delle parti
37. Il richiedente sostiene di aver assolto l’insieme delle condizioni legali per ottenere l’iscrizione dei beni in questione a suo nome al registro fondiario. Aggiunge che i tribunali interni hanno stabilito che possedeva suddetti beni senza interruzione da più di vent’ anni e che, quindi, avrebbe dovuto, in virtù dell’articolo 14 della legge sul catasto, ottenere i titoli di proprietà. Ora, i tribunali hanno respinto la sua domanda basandosi sull’interpretazione da parte della Corte di cassazione della legge no 2762, operata nel 1974, mentre nel frattempo la legislazione aveva subito dei cambiamenti strutturali in quanto alla capacità delle fondazioni di acquisire dei beni immobiliari.
38. Il Governo sostiene che il richiedente non possedeva dei “beni” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Adduce che il richiedente, in quanto parte richiedente, non ha saputo assumere il fardello della prova e dimostrare il suo diritto di proprietà. Secondo lui, gli elementi di prova presentati dall’interessata non pootrebbero bastare a stabilire un possesso o un diritto di proprietà. Riferendosi ai principi della giurisprudenza della Corte, il Governo sostiene che i motivi di appello del richiedente sono manifestamente male fondati, non potendo avvalersi l’interessata di avere disposto di “beni reali.” Aggiunge che non aveva più una “speranza legittima” di vedere i suoi ricorsi giungere ad una conclusione.
39. Secondo il Governo, dal momento che la pretesa del richiedente non assolveva le condizioni fissate dalla legge e che l’articolo 1 del Protocollo no 1 non garantisce un diritto ad acquisire dei beni, si è obbligati a concludere che l’interessata non aveva un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e che non c’è stato dunque attentato ai suoi diritti derivanti da questa disposizione. Il Governo giudica privo di pertinenza il fatto che il tribunale del catasto aveva accolto l’azione del richiedente in prima istanza, essendo stato annullato il suo giudizio dalle giurisdizioni superiori in seguito e non essendo così mai passato in forza di cosa giudicata.
B. Valutazione della Corte
40. La Corte nota che le parti hanno dei punti di vista divergenti in quanto alla questione di sapere se il richiedente fosse o meno titolare di un bene suscettibile di essere protetto dall’articolo 1 del Protocollo no 1. Di conseguenza, è chiamata a determinare se la situazione giuridica in cui si è trovato il richiedente è di natura tale da dipendere dal campo di applicazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
41. Trattandosi della portata autonoma della nozione di “bene”, la Corte si riferisce alla sua giurisprudenza ben stabilita (Iatridis c. Grecia [GC], nº 31107/96, § 54, CEDH 1999-II, e Beyeler c. Italia [GC], nº 33202/96, § 100, CEDH-2000-I). Importa dunque esaminare, in ogni causa sottoposta al suo esame, se le circostanze, considerate nel loro insieme, hanno reso il richiedente titolare di un interesse sostanziale protetto dall’articolo 1 del Protocollo nº 1. In questa ottica, la Corte stima che c’è luogo di tenere conto dei seguenti elementi di diritto e di fatto.
42. In dritto turco, l’iscrizione di un bene immobile al registro fondiario è in principio il solo atto giuridico costitutivo del diritto di proprietà. Importa anche rilevare che, ai termini dell’articolo 14 della legge sul catasto, “il titolo di un bene immobiliare non iscritto al registro fondiario è iscritto a nome di colui che prova, per mezzo di documenti, di perizie o di dichiarazioni di testimoni, di avere posseduto, a titolo di proprietario, in modo ininterrotto per più di vent’ anni. (…) “( paragrafo 28 sopra).
43. Nello specifico, nessuno contesta che il richiedente non fosse titolare di titoli di proprietà afferenti ai beni controversi. Nei suoi giudizi dell’ 8 ottobre 2001 e del 14 gennaio 2002, il tribunale del catasto che ha deciso la causa in prima istanza, ha concluso che le condizioni di acquisizione della proprietà tramite possesso erano riunite. A questo riguardo, per stabilire che il possesso continuo fosse esercitato realmente, aveva tenuto conto di un certo numero di elementi, ossia tra altri i rapporti delle perizie agricole, le dichiarazioni dei testimoni così come dei periti locali e tecnici, e dei documenti presentati dalle parti o raccolti d’ufficio tra cui le mappe catastali ed i registri delle imposte e del catasto relativi ai beni in questione (paragrafo 12 sopra). Questi elementi non sono stati contestati peraltro dal Governo.
44. In quanto alla Corte di cassazione, nelle sue sentenze rese il 18 e 29 aprile 2002, senza rimettere in causa gli elementi di fatto, cioè la qualità di possessore del richiedente, ha annullato i giudizi di prima istanza sviluppando un’interpretazione differente degli elementi di diritto (paragrafo 13 sopra). Ha constatato che il richiedente, in quanto persona giuridica, non poteva ottenere la proprietà di un bene immobiliare tramite gioco di prescrizione acquisitiva perché non aveva depositato la sua dichiarazione prevista dalla legge no 2762. In seguito, nei suoi giudizi resi il 16 settembre ed il 9 giugno 2003, il tribunale del catasto, avendo fatto suo il ragionamento della Corte di cassazione, ha concluso che il possesso dei beni in questione non poteva essere esercitato a titolo di proprietario, condizione prevista nella giurisprudenza dell’ 8 maggio 2002, poiché la fondazione in questione non aveva depositato la sua dichiarazione richiesta dalla legge no 2762.
45. La disputa cade sulla questione di sapere dunque se il richiedente poteva esercitare il possesso a titolo di proprietario, ciò che gli permetteva di chiedere l’iscrizione di questi beni al registro fondiario a suo nome tramite gioco di prescrizione acquisitiva.
46. A questo riguardo, la Corte non giudica opportuno neanche necessario concedersi ad una qualsiasi analisi dottrinale della nozione di possesso a titolo di proprietario che abbia condotto le giurisdizioni interne ad optare in favore dell’applicazione di una soluzione giuridica piuttosto che di un altra. Peraltro, come detto a più riprese, può conoscere solamente in modo limitato degli errori di fatto o di diritto che si suppone siano stati commessi dalle giurisdizioni interne alle quali ritorna in primo luogo interpretare e applicare il diritto interno (García Ruiz c. Spagna [GC], no 30544/96, § 28, CEDH 1999-I; confrontare anche J.A. Pye, Oxford, Ltd e J.A. Pye (Oxford, Land Ltd c. Regno Unito [GC], no 44302/02, § 74, CEDH 2007 -…). Tuttavia, incombe sulla Corte verificare se il modo in cui il diritto interno è stato interpretato ed applicato nei casi sottomessi al suo esame si concilia con la Convenzione (vedere, mutatis mutandis, Nacaryan e Deryan c. Turchia, i nostri 19558/02 e 27904/02, § 48, 8 gennaio 2008).
47. La Corte osserva di già avere esaminato la capacità delle fondazioni delle minoranze religiose di acquisire dei beni nella cornice della sua sentenza di principio Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı precitata. Più in particolare, trattandosi della mancanza di deposito della dichiarazione prevista dalla legge no 2762, ricorda di avere già concluso che l’applicazione della giurisprudenza del 1974 in virtù della quale le dichiarazioni depositate nel 1936 dalle fondazioni delle minoranze religiose tenevano luogo degli “atti di fondazione” di queste instaurazioni, non soddisfaceva le esigenze di “prevedibilità” (sentenza precitata, § 57,). Difatti, come sottolinea la Corte di cassazione nella sua sentenza di principio dell’8 maggio 2002 (paragrafo 25 sopra) è questa giurisprudenza che impedisce le fondazioni delle minoranze religiose di acquisire dei beni supplementari a quelli comparsi nelle dichiarazioni del 1936.
48. Si può così ragionevolmente concludere, che se la dichiarazione di 1936 non fosse stata considerata, con una lettura giurisprudenziale dei testi in vigore, come tenenti luogo degli “atti di fondazione”, il richiedente avrebbe potuto ottenere la proprietà dei beni controversi tramite gioco della prescrizione acquisitiva, perché si basava su un possesso reale ed ininterrotto.
49. Del resto, la Corte sottolinea che l’articolo 4 della legge no 4771 adottato il 9 agosto 2002 ha rimesso chiaramente in causa le giurisprudenze precitate della Corte di cassazione, stipulando che le “fondazioni delle minoranze religiose, che siano o meno dotate di statuti, possono acquisire o possedere dei beni immobili .” In particolare, questa disposizione permette alle fondazioni di chiedere l’iscrizione al registro fondiario a loro nome dei beni immobili il cui possesso, sotto qualsiasi forma questo sia, è stabilito (paragrafo 26 sopra). Tuttavia, risulta dalla pratica che questa evoluzione non ha giovato in nessun modo all’interessata.
50. Di conseguenza, la Corte stima che il richiedente poteva credere legittimamente di aver soddisfatto tutte le esigenze che gli permettono di vedersi riconoscere la qualità di proprietario relativamente ai beni immobili che possedeva da molto tempo. Questo interesse patrimoniale del richiedente era sufficientemente importante per costituire un interesse sostanziale, dunque un “bene” al senso della norma espressa nella prima frase dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che è di conseguenza applicabile riguardo a questo risvolto del motivo di appello esaminato.
51. La Corte deve ricercare dunque se l’ingerenza nel diritto del richiedente garantito dall’articolo 1 del Protocollo no 1 che si distingue col rifiuto dell’iscrizione dei beni a suo nome e l’iscrizione di questi a nome del Tesoro pubblico, ha rispettato le esigenze di questa disposizione.
52. A questo riguardo, l’articolo 1 del Protocollo no 1 impone, innanzitutto e soprattutto, che un’ingerenza dell’autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto di beni sia legale (Iatridis, precitata, § 58).
53. Agli occhi della Corte, i testi legislativi in vigore in materia sono sufficientemente chiari. L’articolo 14 della legge sul catasto enumera le condizioni di acquisizione di un bene tramite gioco della prescrizione acquisitiva. Peraltro, la legge no 2762 sulle fondazioni, come emendata dopo il 2002, riconosce la capacità delle fondazioni delle minoranze religiose di acquisire dei beni basandosi sul possesso.
54. Di conseguenza ed alla luce delle considerazioni espresse sopra, la Corte osserva che il rifiuto delle giurisdizioni interne di iscrivere i beni in questione al registro fondiario a nome del richiedente non poteva passare per sufficientemente prevedibile agli occhi del richiedente che aveva posseduto suddetti beni, in modo ininterrotto, per più di vent’ anni, ai sensi dell’articolo 14 della legge sul catasto. La Corte conclude che l’ingerenza controversa è incompatibile col principio di legalità e che, di conseguenza, non rispetta l’esigenza dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
Pertanto, c’è stata violazione di questa disposizione.
IV. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
55. Invocando l’articolo 9 della Convenzione, il richiedente si lamenta di un attentato alla sua libertà di culto. Sul terreno dell’articolo 6, adduce anche che la sua causa non è stata equamente sentita dalle giurisdizioni interne. Inoltre, pretende non avere beneficiato di un ricorso effettivo in dritto interno ai sensi dell’articolo 13. Infine, sotto l’angolo dell’articolo 14 della Convenzione combinato con l’articolo 1 del Protocollo no 1, stima che il rigetto delle sue domande costituisce una discriminazione rispetto alle altre fondazioni.
56. Avuto riguardo alla constatazione relativa all’articolo 1 del Protocollo no 1 (paragrafo 54 sopra) la Corte stima che questi motivi di appello devono essere considerati come essendo ammissibili ma che non c’è luogo di esaminare se c’è stata violazione delle disposizioni invocate (vedere, mutatis mutandis, Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı, precitata, § 62).
V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
57. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
58. A titolo principale, il richiedente stima che il modo più adeguato per il Governo di riparare il danno causato sarebbe di restituirgli l’insieme dei beni controversi. Nel caso in cui il Governo non potesse restituirli, chiede una giusta contropartita, che valuta a 120 634,625 euro (EUR). Questa somma si costituisce di 100 372,15 EUR, corrispondenti al valore commerciale dei beni in questione come determinato dalle perizie giudiziali, e di 20 262,475 EUR, corrispondenti al danno risultante del non-godimento dei suoi beni. Peraltro, richiede 1 EUR per danno giuridico.
59. Il Governo contesta queste pretese.
60. La Corte ricorda che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo giuridico di mettere termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo da ristabilire tanto quanto si può fare la situazione anteriore a questa (Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).
61. Avuto riguardo alle circostanze dello specifico, la Corte stima che l’iscrizione dei beni controversi a nome del richiedente nel registro fondiario porrebbe l’interessata, per quanto possibile, in una situazione che equivale a quella in cui si troverebbe se le esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non fossero state ignorate.
62. A difetto per lo stato convenuto di procedere a simile iscrizione entro tre mesi a contare dalla decisione della presente sentenza, la Corte decide che questo dovrà versare all’interessata, per danno e perdita di godimento da quando le autorità hanno preso possesso di questi beni, il valore reale dei beni. In quanto alla determinazione dell’importo di questa indennità, la Corte stima necessario basarsi sulle conclusioni delle perizie giudiziali presentate dal richiedente. Avuto riguardo al tasso di cambio in vigore all’epoca pertinente così come al tasso di cambio reale, la Corte decide che in mancanza dell’iscrizione raccomandata (paragrafo 61 sopra) lo stato dovrà versare al richiedente 100 000 EUR per ogni danno compreso.
B. Oneri e spese
63. Per gli oneri esposti dinnanzi alle giurisdizioni nazionali e alla Corte, il richiedente richiede 49 435,79 EUR. Fornisce numerosi giustificativi concernenti parecchi procedimenti che ha impegnato a proposito di più di ventiquattro beni immobili.
64. Il Governo contesta queste pretese.
65. La Corte osserva che la presente causa non riguarda l’insieme dei procedimenti impegnati dal richiedente. Di conseguenza, stima ragionevole accordare al richiedente la somma di 5 000 EUR.
C. Interessi moratori
66. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Decide di unire le richieste;
2. Dichiara le richieste ammissibili;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
4. Stabilisce che non è necessario esaminare separatamente i motivi di appello tratti dagli articoli 6 e 9 della Convenzione, così come dell’articolo 14 composto con l’articolo 1 del Protocollo no 1;
5. Stabilisce
a) che nei tre mesi a contare dal giorno in cui la presente sentenza sarà diventata definitiva in virtù dell’articolo 44 § 2 della Convenzione, lo stato convenuto deve procedere all’iscrizione dei beni controversi a nome del richiedente nel registro fondiario;
b) che in mancanza di tale iscrizione, lo stato convenuto dovrà versare al richiedente, nello stesso termine di tre mesi, 100 000 EUR (centomila euro) per danno materiale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, da convertire in lire turche al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
c) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nello stesso termine di tre mesi, 5 000 EUR (cinquemila euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, da convertire in lire turche al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
d) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti di percentuale;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 3 marzo 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
cancelliera collaboratrice Presidente