Conclusione: Violazione di P1-1; Violazione dell’art. 8; violazione dell’art. 13; violazione di P4-2; Danno morale – risarcimento pecuniario
PRIMA SEZIONE
CAUSA BOTTARO C. ITALIA
( Richiesta no 56298/00)
SENTENZA
STRASBURGO
17 luglio 2003
DEFINITIVO
17/10/2003
Questa sentenza diventer? definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 ? 2 della Convenzione. Pu? subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Bottaro c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta di:
SIGG.. C.L. Rozakis, presidente,
P. Lorenzen,
G. Bonello,
Mmes F. Tulkens,
N. Vajić,
SIGG.. E. Levits, giudici,
G. Raimondi, giudice ad hoc,
e di M. S. Nielsen, cancelliere aggiunge di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 26 giugno 2003,
Rende la sentenza che ha, adottata a quell’ultima, data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 56298/00) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino residente all’estero di quello Stato, Sig. Giuseppe Bottaro (“il richiedente”), aveva adito la Commissione europea dei Diritti dell’uomo (“la Commissione”) il 18 febbraio 1998 in virt? del vecchio articolo 25 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libert? fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente ? rappresentato davanti alla Corte dai Sig. Renato Vico ed Franco Uggetti, avvocati a Bergamo. Il governo italiano (“il Governo”) ? stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, Sigg.. Umberto Leanza ed Ivo Maria Braguglia, e dai loro coagenti rispettivi Sigg.. Vitaliano Esposito e Francesco Crisafulli.
3. Il richiedente adduceva la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione nella misura in cui la dichiarazione di fallimento l’aveva privato di tutti i suoi beni. Il richiedente si lamentava anche che, dopo la dichiarazione di fallimento, tutta la corrispondenza che gli era inviata era stata consegnata al curatore (articolo 8 della Convenzione) e dell’inesistenza di un ricorso effettivo per lamentarsi del controllo prolungato della corrispondenza (articolo 13). Infine, invocando l’articolo 2 del Protocollo no 4, il richiedente si lamentava dell’interdizione per il fallito di allontanarsi dal suo luogo di residenza.
4. La richiesta ? stata trasmessa alla Corte il 1 novembre 1998, data di entrata in vigore del Protocollo no 11 alla Convenzione, articolo 5 ? 2 del Protocollo no 11.
5. La richiesta ? stata assegnata alla prima sezione della Corte, articolo 52 ? 1 del regolamento. In seno a questa, la camera incaricata di esaminare la causa, articolo 27 ? 1 della Convenzione, ? stata costituita conformemente all’articolo 26 ? 1 del regolamento. In seguito all’astensione di M. Vladimiro Zagrebelsky, giudice eletto a titolo dell’Italia (articolo 28), il Governo ha designato M. Guido Raimondi per riunirsi in qualit? di giudice ad hoc, articoli 27 ? 2 della Convenzione e 29 ? 1 del regolamento.
6. Il 1 novembre 2001, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni, articolo 25 ? 1 del regolamento. La presente richiesta ? stata assegnata alla prima sezione cos? ricomposta, articolo 52 ? 1.
7. Da una decisione del 23 maggio 2002, la camera ha dichiarato la richiesta parzialmente accettabile.
8. Tanto il richiedente che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte sul merito della causa, articolo 59 ? 1 del regolamento.
IN EFFETTI
I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO
9. Il richiedente ? nato nel 1934 e ha risieduto a Bergamo.
10. Il 24 gennaio 1989, il societ? O. chiese il collocamento in fallimento del richiedente davanti al tribunale di Bergamo. Il 20 giugno 1990, il tribunale respinse la domanda al motivo che il richiedente esercitava un’attivit? artigianale e che quello fatto, conformemente agli articoli 2083 del codice civile e 1 della legge sul fallimento, non sarebbe dovuto essere oggetto di un procedimento di fallimento. Il 6 luglio 1990, il societ? O. fece opposizione a suddetta decisione davanti alla corte di appello di Brescia ed il 29 settembre 1990 il richiedente si costitu? nel procedimento.
11. Da una decisione del 10 ottobre 1990, la corte consider? che l’attivit? del richiedente, comprendendo anche la vendita di beni, poteva essere considerata come essendo un’attivit? di imprenditore e rinvi? la causa al tribunale di Bergamo. Da una decisione del 13 novembre 1990 di cui il testo fu depositato alla cancelleria il seguente giorno, il tribunale dichiar? il collocamento in fallimento del richiedente. Il curatore di fallimento present? il suo conto di gestione il 30 gennaio 1991; l’udienza per l’esame del passivo del fallimento ebbe luogo il 5 febbraio 1991 e continu? il 16 aprile 1991.
12. Il 13 maggio 1991, il giudice delegato (“il giudice”) dichiar? esecutivo il passivo del fallimento. Il 15 novembre 1996, il giudice autorizz? l’asta pubblica dei beni immobiliari, fissata al 17 gennaio 1997. Tuttavia, il venuto il giorno, nessuno acquirente potenziale si present?. Il Governo ha indicato, nelle sue osservazioni del 6 novembre 2000, che le domande che mirano al recupero di altri crediti sarebbero state introdotte il 9 marzo 1998.
13. Il 28 maggio 2001, il curatore deposit? un rapporto che indica che il procedimento era ancora pendente a causa delle difficolt? di vendita di due terreni che fanno parte dell’attivo del fallimento. Afferm? inoltre che, sebbene certe offerte di acquisto fossero state presentate, gli acquirenti potenziali non avevano fornito la cauzione necessaria. Pertanto, tenuto conto dei costi delle pubblicazioni necessarie per un’asta pubblica, il curatore indic? che “non era vantaggioso” organizzare una tale vendita.
14. Il 10 aprile e 15 maggio 2001, il richiedente chiese la chiusura del procedimento.
15. Il 4 giugno 2001, il giudice chiese al curatore di organizzare altri tentativi di vendita e di proporre l’acquisto dei terreni al Municipio di Parzanica (Bergamo), dove quegli ultimi erano situati.
14. Da un rapporto del 31 ottobre 2001, il curatore indic? di nuovo che il procedimento era ancora pendente a causa delle difficolt? di vendita dei due terreni. Indic? al giudice avere proposto al Municipio di Parzanica l’acquisto di uno dei due beni e che il Sindaco si era riservato di prendere una decisione. Il curatore sottoline? anche che i due terreni erano “probabilmente non alienabili” per il fatto che erano situati in un piccolo villaggio e che erano difficilmente accessibili.
15. Il 7 novembre 2001, il giudice ordin? di affiggere l’offerta di vendita.
16. Il 12 luglio 2002, il giudice fiss? un tentativo di asta pubblica al 18 ottobre 2002.
17. Secondo le notizie fornite dal richiedente il 5 giugno 2003, il procedimento ? ancora pendente. I terreni sarebbero stati venduti nel frattempo ed il procedimento di trasferimento all’appaltatore sarebbe in corso.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
18. Le disposizioni pertinenti della legge sul fallimento, decreto reale no 267 del 16 marzo 1942, si leggono cos?:
Articolo 26
“Le decisioni del giudice delegato possono essere oggetto di ricorso davanti al tribunale entro tre giorni della data di adozione, da parte del curatore, del fallito, del comitato dei creditori e di tutte le altre persone interessate.
Il tribunale decide in camera del consiglio per atto motivato.
Il ricorso non sospende l’esecuzione della decisione attaccata. “
Articolo 36
“Gli atti di amministrazione del curatore possono essere oggetto di ricorso davanti al giudice delegato da parte del fallito e di tutte altre persone interessate; il giudice delibera per decisione motivata.
Contro quella decisione, ? possibile introdurre un ricorso, nei tre giorni, davanti al tribunale. Questo delibera per atto motivato dopo avere sentito il curatore ed il richiedente. “
Articolo 42
“Il giudizio che dichiara il fallimento priva il fallito dell’amministrazione e della disponibilit? di beni esistenti alla data suddetto giudizio. (…) “
Articolo 48
“La corrispondenza inviata al fallito deve essere consegnata al curatore che ha il diritto di custodire quella relativa agli interessi patrimoniali. Il fallito pu? prendere conoscenza della corrispondenza. Il curatore deve custodire il segreto sul contenuto dalla corrispondenza che non riguarda suddetti interessi. “
Articolo 49
Il fallito “non pu? lasciare il suo luogo di residenza senza autorizzazione del giudice e deve presentarsi al suddetto giudice, al curatore o al comitato dei creditori ogni volta che ? convocato, salvo i casi dove, a causa di un impedimento legittimo, il giudice l’autorizza a comparire tramite un rappresentante.
Il giudice pu? fare portare il fallito dalla polizia se quell’ultimo non ubbidisce alla convocazione. “
Articolo 50
“Un registro pubblico ? tenuto alla cancelleria di ogni tribunale nel quale sono registrati i nomi dei falliti. Quei nomi sono cancellati del registro in seguito ad un giudizio del tribunale. Il fallito ? sottoposto alle incapacit? previste dalla legge finch? il suo nome ? cancellato del registro. “
Articolo 88
“L’amministrazione dei beni dello fallito ? affidata al curatore man mano che quell’ultimo redige l’inventario dei suddetti beni. “
19. Le disposizioni pertinenti del codice civile si leggono cos?:
Articolo 350
Non possono essere nominati tutori e, se gi? nominati devono abbandonare quella funzione:
(…) il fallito di cui il nome non ? stato cancellato del registro dei falliti. “
20. L’articolo 393 contempla essenzialmente l’incapacit? del fallito ad esercitare le funzioni di curatore finch? il suo nome sia annullato del registro dei falliti.
21. Gli articoli 2382, 2399, 2417 e 2516 del codice civile contemplano l’interdizione per il fallito di essere nominato amministratore e curatore di una societ? commerciale o cooperativa, cos? come rappresentante degli obbligazionisti di societ? anonime.
22. L’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica no 223 del 20 marzo 1967, modificato dalla legge no 15 del 16 gennaio 1992, contempla essenzialmente la sospensione dei diritti elettorali del fallito durante la durata del procedimento di fallimento e, in ogni caso, per un periodo non superiore a cinque anni a partire dalla dichiarazione di fallimento.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DALL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
23. Il richiedente si lamenta che la dichiarazione di fallimento l’abbia privato di tutti i suoi beni ed invoca a questo riguardo l’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, cos? formulata,:
“Ogni persona fisica o morale ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno pu? essere privato della sua propriet? che a causa di utilit? pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessari per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle tasse o di altri contributi o delle multe. “
1. Gli argomenti delle parti
a) Il richiedente
24. Il richiedente osserva che il procedimento ? ancora pendente a causa delle difficolt? di vendita di due terreni inclusi nel fallimento. Inoltre, sottolinea il rischio di restare fallito in tempo indeterminato, il procedimento di fallimento che non pu? essere chiuso che dopo la vendita dei beni che fanno parte dell’attivo del fallimento.
b) Il Governo,
25. Il Governo afferma che, tenuto conto di ci? che il procedimento di fallimento ? previsto dalla legge ed persegue un scopo legittimo, e cio? garantire ai creditori la riscossione almeno parziale dei loro crediti, la privazione dei beni che ne risulta non infrange l’articolo 1 del Protocollo no 1. Inoltre, il Governo indica che il procedimento ? ancora pendente a causa del fatto che certi beni del fallimento sono difficilmente alienabili.
2. La valutazione della Corte
a) Sull’esistenza di un’ingerenza
26. La Corte rileva che l’esistenza di un’ingerenza non ha dato adito a controversia tra le parti.
b) La regola applicabile,
27. La Corte ricorda che l’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione contiene tre norme distinte: la prima che si esprime nella prima frase del primo capoverso e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della propriet?; la seconda, figurando nella seconda frase dello stesso capoverso, mira la privazione di propriet? e la sottopone a certe condizioni; in quanto alla terza, registrata nel secondo capoverso, riconosce agli Stati contraenti il potere, tra gli altri, di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale. La seconda e la terza che hanno munto agli esempi particolari di attentati al diritto di propriet?, devono interpretarsi alla luce del principio consacrato dalla prima, (sentenze Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, ? 55, CEDH 1999-II, ed Immobiliare Saffi c. Italia [GC], no 22774/93, CEDH 1999-V).
28. La Corte nota che, in seguito al giudizio che dichiara il fallimento, il richiedente ? stato privato non della sua propriet? ma dell’amministrazione e della disponibilit? dei suoi beni di cui l’amministrazione ? stata affidata al curatore. L’ingerenza nel suo diritto al rispetto dei beni si analizza in una regolamentazione dell’uso dei beni al senso del secondo paragrafo dunque dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
c) Il rispetto delle condizioni del secondo paragrafo
29. La Corte rileva che l’interdizione fatta al fallito di amministrare i suoi beni e di disporrne ha per scopo il pagamento dei creditori del fallimento. L’ingerenza in questione insegue un scopo legittimo e conforme all’interesse generale, e cio? la protezione dei diritti di altrui, dunque.
30. La Corte ricorda che una misura di ingerenza deve predisporre un “giusto equilibro” tra gli imperativi dell’interesse generale e quelli della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo. La ricerca di simile equilibrio si riflette nella struttura dell’articolo 1 tutto intero, dunque anche nel secondo capoverso: deve esistere un rapporto ragionevole di proporzionalit? tra i mezzi impiegati e lo scopo mirato. Controllando il rispetto di quell’esigenza, la Corte riconosce tanto allo stato un grande margine di valutazione per scegliere le modalit? di collocamento in opera che per giudicare se le loro conseguenze si trovano legittimate, nell’interesse generale, dalla preoccupazione di raggiungere l’obiettivo della legge in causa (sentenze Chassagnou ed altri c. Francia [GC], nostri 25088/94, 28331/95 e 28443/95, ? 75, CEDH 1999-III, ed Immobiliare Saffi c. Italia precitata, ? 49).
31. La Corte fa osservare che la limitazione del diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni non ? criticabile in s?, visto in particolare lo scopo legittimo mirato ed il margine di valutazione autorizzata dal secondo capoverso dell’articolo 1. Tuttavia, un tale sistema porta il rischio di imporre al richiedente un carico eccessivo in quanto alla possibilit? di disporre dei suoi beni, in particolare alla luce della durata di un procedimento che, come il presente, si ? steso su pi? di dodici anni e sei mesi.
Da allora, la Corte stima che la limitazione del diritto del richiedente al rispetto degli i suoi beni non erano giustificati tutto lungo il procedimento, perch? se in principio la privazione dell’amministrazione e della disponibilit? dei beni ? una misura necessaria per colpire lo scopo perseguito, la necessit? di quella misura si assottiglia col tempo. Del parere della Corte, la durata di quello procedimento ha provocato la rottura dell’equilibrio da assicurarsi tra gli interessi generali al pagamento dei creditori del fallimento e l’interesse individuale del richiedente al rispetto dei suoi beni dunque. L’ingerenza nel diritto del richiedente si rivela da allora sproporzionata all’obiettivo perseguito.
32. Allo vista di ci? che precede, la Corte deduce che c’? stata violazione del diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni, come garantito dall’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DALL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
33. Il richiedente si lamenta poi che, dopo la dichiarazione di fallimento, tutta la corrispondenza che gli era inviata ? stata consegnata al curatore. Invoca l’articolo 8 della Convenzione, cos? formulata,:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della corrispondenza.
2. Non pu? avere ingerenza di un’autorit? pubblica nell’esercizio di quello diritto che per quanto quell’ingerenza ? prevista dalla legge e che costituisce una misura che, in una societ? democratica, ? necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle infrazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libert? di altrui. “
1. Gli argomenti delle parti
a) Il richiedente
34. Il richiedente osserva che il controllo della corrispondenza da parte del curatore del fallimento costituisce un ostacolo al suo diritto al rispetto della corrispondenza.
b) Il Governo,
35. Secondo il Governo, la restrizione del diritto del richiedente al rispetto della sua corrispondenza, derivando dell’articolo 48 della legge sul fallimento, ha per scopo la “realizzazione del giusto equilibro tra gli interessi pubblici” e quello del richiedente. Suddetta restrizione permetterebbe l’acquisizione da parte del curatore di ogni notizia relativa alla situazione patrimoniale dello fallito per evitare che questo possa occultare o possa sottrarre delle somme di denaro allo scapito dei creditori. La limitazione del diritto al rispetto della corrispondenza attingerebbe il suo fondamento giuridico nelle eccezioni specifiche e formali del paragrafo 2 dell’articolo 8 nella misura in cui fa riferimento a “la protezione dei diritti di altrui.” Di pi?, la legge obbligherebbe il curatore a trasmettere al fallito le poste che non riguardano degli interessi patrimoniali e legherebbe il primo al segreto sul contenuto della corrispondenza personale del secondo.
2. La valutazione della Corte
a) Sull’esistenza di un’ingerenza
36. La Corte rileva che l’esistenza di un’ingerenza non ha dato adito a controversia tra le parti. Uguale ingerenza ignora l’articolo 8 della Convenzione a meno che sia “prevista dalla legge”, non mirare uno o degli scopi legittimi a riguardo del paragrafo 2 dello stesso articolo e non possa passare per una misura “necessaria in una societ? democratica” (vedere, mutatis mutandis, il sentenza Labita c. Italia [GC], no 26772/95, ? 179, CEDH 2000-IV.
b) Legalit? e finalit? dell’ingerenza
37. La Corte rileva che suddetta ingerenza era contemplata dalla legge (articolo 48 della legge sul fallimento). Di pi?, quell’ingerenza, come indica il Governo, mirava a raccogliere delle notizie relative alla situazione patrimoniale del fallito per evitare che questo non devia il suo patrimonio allo scapito dai creditori. Inseguiva un scopo legittimo, e cio? la protezione dei diritti altrui, dunque.
38. Resta da sapere se la misura in questione era necessaria in una societ? democratica.
c) Proporzionalit? dell’ingerenza
39. La Corte osserva che il collocamento di un sistema di controllo della corrispondenza del richiedente non ? criticabile in s?. Tuttavia, un tale sistema comporta il rischio di imporre al richiedente un carico eccessivo in quanto al diritto di quell’ultimo al rispetto della sua corrispondenza, in particolare a causa della durata di un procedimento che, come il presente, si ? stesa su pi? di dodici anni e sei mesi.
Da allora, la Corte stima che la limitazione del diritto del richiedente al rispetto della sua corrispondenza non era giustificata tutto lungo il procedimento, perch? se in principio suddetto controllo ? una misura necessaria per colpire lo scopo perseguito, la necessit? di quella misura si assottiglia col tempo. Del parere della Corte, la durata di quel procedimento ha provocato la rottura dell’equilibrio da assicurarsi tra gli interessi generali al pagamento dei creditori del fallimento e l’interesse individuale del richiedente al rispetto della sua corrispondenza dunque. L’ingerenza nel diritto del richiedente si rivela da allora sproporzionata all’obiettivo perseguito.
40. Allo vista di ci? che precede, la Corte deduce che c’? stata violazione del diritto del richiedente al rispetto della sua corrispondenza, come garantito dall’articolo 8 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DALL’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE
41. Il richiedente adduce la violazione dell’articolo 13 della Convenzione in quanto alla mancanza di un ricorso effettivo in dritto italiano per lamentarsi della limitazione prolungata del suo diritto al rispetto della corrispondenza.
L’articolo 13 ? formulato cos?:
“Tutto le persone di cui i diritti e libert? riconosciute nella Convenzione sono stati violati, hanno diritto alla concessione di un ricorso effettivo davanti ad un’istanza nazionale, allora anche che la violazione fosse stata commessa dalle persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
1. Gli argomenti delle parti
a) Il richiedente
42. Riferendosi alla giurisprudenza della Commissione (Ceteroni e Magri c. Italia, richieste numero 22461/93 e 22465/93, decisione della Commissione del 17 ottobre 1994, non pubblicata) e della Corte, (Ceteroni c. Italia, sentenza del 15 novembre 1996, Raccolta 1996-V) il richiedente considera che l’articolo 36 della legge del fallimento non costituisce un rimedio effettivo per lamentarsi della limitazione del diritto al rispetto della corrispondenza.
b) Il Governo,
43. Il Governo osserva che l’articolo 26 della legge del fallimento offre al richiedente la possibilit? di introdurre davanti al tribunale un ricorso contro le decisioni del giudice delegato. Considera anche che gli atti amministrativi del curatore possono essere oggetto di un controllo da parte di organi come il comitato dei creditori, il tribunale ed il giudice commissario.
2. La valutazione della Corte
44. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza costante, l’articolo 13 esige un ricorso interno per le sole lagnanze che si possono stimare “difendibili” allo sguardo della Convenzione. L’articolo 13 garantisce l’esistenza in diritto interno di un ricorso che permette di avvalersi in sostanza dei diritti e libert? della Convenzione come vi si possono trovare consacrati. Quella disposizione esige un ricorso interno che abilita “l’istanza nazionale competente” a conoscere il contenuto della lagnanza fondata sulla Convenzione dunque ed ad offrire la correzione appropriata. Il ricorso deve essere “effettivo” in pratica come in diritto (vedere Soering c). Regno Unito, sentenza del 7 luglio 1989, serie a no 161, ? 120 e Rotaru c. Romania [GC], no 28341/95, CEDH 2000-V, ? 67).
La Corte considera che, alla luce delle conclusioni relativi all’articolo 8 la lagnanza del richiedente secondo che il controllo prolungato della sua corrispondenza comporta una violazione dell’articolo 8 sopra della Convenzione rivelava, indiscutibilmente un carattere “difendibile.” Il richiedente era in diritto di beneficiare di un ricorso interno effettivo al senso dell’articolo 13 della Convenzione dunque.
45. La Corte osserva che l’articolo 26 della legge sul fallimento contempla certo la possibilit? per il richiedente di introdurre un ricorso davanti al tribunale. Tuttavia, quel ricorso non ha per oggetto che le decisioni del giudice delegato e non pu?, di quello fatto, costituire un rimedio efficace contro la restrizione prolungata del diritto al rispetto della corrispondenza, conseguenza diretta del giudizio che dichiara il fallimento e non di una decisione del giudice delegato.
Per di pi?, la Corte rileva che l’articolo 36 della legge sul fallimento contempla la possibilit? di adire il giudice delegato per lamentarsi degli atti di amministrazione del curatore. Tuttavia, la Corte osserva che quello ricorso riguarda le attivit? di amministrazione del patrimonio del fallito compiute dal curatore fino alla vendita dei beni e la soddisfazione dei creditori. Non pu? essere dunque in nessun caso di natura tale da portare rimedio alla limitazione prolungata del godimento del diritto al rispetto della corrispondenza invocata dal richiedente (vedere decisione del Commissione Ceteroni e Magri c). Italia, precitata).
46. Allo vista di ci? che precede, la Corte deduce che c’? stata violazione del diritto ad un ricorso effettivo, come garantito dall’articolo 13 della Convenzione.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DALL’ARTICOLO 2 DEL PROTOCOLLO NO 4 ALLA CONVENZIONE
47. Infine, il richiedente si lamenta dell’interdizione fatta al fallito di allontanarsi dal suo luogo di residenza, ed invoca l’articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione che dispone:
“1. Chiunque si trovi regolarmente sul territorio di un Stato ha il diritto di circolare ivi liberamente e di scegliere liberamente la sua residenza.
2. Ogni persona ? libera di lasciare non importa quale paese, ivi compreso il suo.
3. L’esercizio di quei diritti non pu? essere oggetto di altre restrizioni che quelle che, previste dalla legge, costituiscono delle misure necessarie, in una societ? democratica, alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al mantenimento dell’ordine pubblico, alla prevenzione delle infrazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libert? di altrui.
4. I diritti riconosciuti al paragrafo 1 possono anche, in certe zone determinate, essere oggetto di restrizioni che, previste dalla legge, sono giustificate dall’interesse pubblico in una societ? democratica. “
1. Gli argomenti delle parti
a) Il richiedente
48. Il richiedente osserva che l’interdizione di allontanarsi dal suo luogo di residenza costituisca un ostacolo al suo diritto di circolare liberamente.
b) Il Governo,
49. Secondo il Governo, la restrizione alla libert? di circolare contemplata all’articolo 49 della legge in questione ? una misura temporanea, non assoluta – il richiedente che ha solamente l’obbligo di chiedere l’autorizzazione preliminare del giudice delegato prima di lasciare il suo luogo di residenza -, e perseguendo “gli scopi propri del procedimento di fallimento.”
2. La valutazione della Corte
a) Sull’esistenza di un’ingerenza
50. La Corte rileva che l’esistenza di una restrizione alla libert? di circolazione del richiedente non ha dato adito a controversia tra le parti.
51. Di pi?, considera che uguale restrizione ignora l’articolo 2 del Protocollo no 4 salvo se ? prevista dalla legge, mira uno o degli scopi legittimi riguardo il paragrafo 3 dello stesso articolo e pu? passare per una misura “necessaria in una societ? democratica”, Raimondo c. Italia, sentenza del 22 febbraio 1994, serie Ha no 281, ? 39.
b) Legalit? e finalit? dell’ingerenza
52. La Corte rileva che suddetta ingerenza ? contemplata dalla legge (articolo 49 della legge sul fallimento) e considera che questa ha per scopo di assicurare che il fallito possa essere congiunto per facilitare lo svolgimento del procedimento. La Corte stima dal momento che suddetta restrizione mira la protezione dei diritti di altrui, e cio? gli interessi dei creditori del fallimento.
53. Resta da sapere se la suddetta misura ? necessaria in una societ? democratica.
c) Proporzionalit? dell’ingerenza
54. La Corte osserva al primo colpo che la limitazione della libert? di circolazione non ? criticabile in s?. Tuttavia, un tale sistema porta il rischio di imporre al richiedente un carico eccessivo in quanto alla libert? di circolare liberamente, in particolare alla luce della durata di un procedimento che, come il presente, si ? stesa su pi? di dodici anni e sei mesi.
Da allora, la Corte stima che la limitazione della libert? di circolazione del richiedente non era giustificata tutto lungo il procedimento, perch? se in principio l’interdizione per il fallito di allontanarsi dal suo luogo di residenza ? una misura necessaria per raggiungere lo scopo perseguito, la necessit? di quella misura si assottiglia col tempo. Anche se non risalta dalla pratica che il richiedente ha voluto allontanarsi dal suo luogo di residenza o che l’autorizzazione gli ? stata rifiutata, del parere della Corte, la durata di quel procedimento ha provocato la rottura dell’equilibrio da assicurarsi tra gli interessi generali al pagamento dei creditori del fallimento e l’interesse individuale del richiedente a circolare liberamente. L’ingerenza nella libert? del richiedente si rivela da allora sproporzionata all’obiettivo perseguito.
55. Alla vista di ci? che precede, la Corte deduce che c’? stata violazione della libert? di circolazione del richiedente, come garanzia dall’articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione.
V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
56. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’? stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di quella violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’? luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
57. Il richiedente chiede 258 228,45 euro (EUR) per il danno morale che avrebbe subito.
58. Il Governo stima che nessuna soddisfazione equa dovrebbe essere accordata al richiedente.
59. La Corte considera che il richiedente ha subito un torto morale certo. Avuto riguardo delle circostanze della causa e deliberando in equit? come vuole l’articolo 41 della Convenzione, decide di concedergli la somma di 27 000 EUR.
B. Oneri e spese
60. Il richiedente chiede anche il rimborso degli oneri e spese incorse davanti alla Corte che ammonta a 12 572,35 EUR, pi? IVA, tassa sul valore aggiunto, e CPA (contributo alla cassa di previdenza degli avvocati).
61. La Corte, deliberando in equit? ed avuto in materia riguardo della pratica degli organi della Convenzione, stima ragionevole di assegnare al richiedente sommala di 3 000 EUR.
C. Interessi moratori
62. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilit? di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti di percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMIT?,
1. Dice che c’? stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
2. Dice che c’? stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
3. Dice che c’? stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione;
4. Dice che c’? stata violazione dell’articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione;
5. Dice
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare del giorno dove la sentenza sar? diventata definitiva conformemente all’articolo 44 ? 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 27 000 EUR, ventisettemila euro, per danno morale,;
ii. 3 000 EUR, tremila euro, per oneri e spese,;
iii. tutte le somme dovute a titolo di tassa su suddette somme;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, quell’importo sar? da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilit? di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti di percentuale.
Fatta in francese, comunicata poi per iscritto il 17 luglio 2003 in applicazione dell’articolo 77 ?? 2 e 3 del regolamento.
S?ren Nielsen Christos Rozakis
Cancelliere aggiunge Presidente