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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE BOIANO c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 22768/03/2008
Stato: Italia
Data: 2008-07-29 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

SECONDA SEZIONE
CAUSA BOIANO C. ITALIA
( Richiesta no 22768/03)
SENTENZA
STRASBURGO
29 luglio 2008
DEFINITIVO
29/10/2008
Questa sentenza può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Boiano c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Antonella Mularoni, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, giudici,
e di Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione.
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 8 luglio 2008,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 22768/03) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. D. B. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 4 luglio 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, i Sigg. I.M. Braguglia e R. Adamo, ed dai suoi coagente, i Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 30 agosto 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che si sarebbe pronunciato sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1947 e ha risieduto a Ciampino (Roma).
A. Il procedimento principale
5. Il 4 gennaio 1992, il richiedente depositò un ricorso dinnanzi al giudice di istanza di Roma (RG no 80175/92) che agiva a titolo di giudice del lavoro, per ottenere la riconoscenza da parte del suo datore di lavoro di un differente grado di lavoro, così come le conseguenze giuridiche e patrimoniali corrispondenti.
6. Il 17 gennaio 1992, il giudice di istanza fissò la prima udienza al 1 aprile 1992. Con un giudizio del 1 dicembre 1992 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 28 aprile 1994, il giudice fece diritto all’istanza del richiedente.
7. Il 4 agosto 1994, il datore di lavoro interpose appello dinnanzi al tribunale di Roma, RG no 58724/94. La prima udienza fu fissata al 3 febbraio 1999. Il 1 dicembre 1999, in ragione della richiesta delle parti, l’udienza fu rinviata al 9 giugno 2000. Il 28 marzo 2001, avendo preso cognizione dell’ordinamento amichevole con cui il datore di lavoro si impegnava a pagare 68 000 000 lire [o 35 119,07 euro (EUR)] al richiedente, il tribunale constatò che la disputa si era conclusa e pronunciò l’estinzione del procedimento.
B. Il procedimento “Pinto”
8. Il 19 settembre 2001, il richiedente investì la corte di appello di Perugia ai sensi della legge no 89 del 24 marzo 2001, detta “legge Pinto”, per lamentarsi della durata del procedimento descritto sopra. Chiese alla corte di dire che c’era stata una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e di condannare lo stato italiano al risarcimento dei danni materiali e morali subiti. Il richiedente chiese in particolare 400 000 000 lire [o 206 582,76 euro (EUR)] a titolo di danno materiale e 22 500 000 lire (o 11 620,28 EUR) per danno morale.
9. Con una decisione del 21 gennaio 2002 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 2 febbraio 2002, la corte di appello constatò il superamento di una durata ragionevole. Respinse la domanda relativa al danno materiale al motivo che questo era di competenza del giudice del procedimento al principale ed accordò 2 050 EUR in equità come risarcimento del danno morale. Questa decisione non fu notificata ed acquisì l’autorità di cosa giudicata il 17 marzo 2003. Con una lettera del 4 luglio 2003, il richiedente informò la Corte del risultato del procedimento nazionale e la pregò di riprendere l’esame della sua richiesta.
Con la stessa lettera, informò anche la Corte che non era ricorso in cassazione al motivo che questo rimedio poteva essere introdotto solamente per questioni di diritto.
10. Le somme accordate in esecuzione della decisione Pinto furono pagate il 28 luglio 2003.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
11. Il diritto e la pratica interna pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006 -…).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
12. Il richiedente adduce che la durata del procedimento ha ignorato il principio del “termine ragionevole” come previsto con l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulata,:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
13. Il Governo oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
14. Dopo avere esaminato i fatti della causa e gli argomenti delle parti, la Corte stima che la correzione si è rivelata insufficiente e che il pagamento della somma “Pinto” si è rivelato tardivo (vedere, tra altre, Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007 e Cocchiarella c. Italia, precitata). Pertanto, il richiedente può sempre definirsi “vittima” ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
15. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e non incontra nessun altro motivo di inammissibilità.
B. Sul merito
16. In quanto alla durata del procedimento, la Corte stima che il periodo da considerare si estende dal 4 gennaio 1992, giorno dell’introduzione dell’istanza del richiedente dinnanzi al giudice di istanza di Roma, fino al 28 marzo 2001, data in cui il tribunale di Roma pronunciò l’estinzione del procedimento, in seconda istanza. È durata dunque nove anni e due mesi per due gradi di giurisdizione.
17. La Corte nota anche che la somma concessa dalla giurisdizione “Pinto” è stata versata solamente il 28 luglio 2003, o più di diciassette mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello: questo pagamento ha superato dunque largamente i sei mesi a contare dal momento in cui la decisione di indennizzo diventò esecutiva. Il fatto che il procedimento “Pinto” esaminato nel suo insieme, ed in particolare nella sua fase di esecuzione, non ha fatto perdere al richiedente la sua qualità di “vittima” costituisce una circostanza aggravante in un contesto di violazione dell’articolo 6 § 1 per superamento del termine ragionevole. La Corte sarà portata dunque a ritornare su questa questione sotto l’angolo dall’articolo 41 della Convenzione (vedere Cocchiarella c. Italia, precitata, § 120).
18. Dopo avere esaminato i fatti alla luce delle informazione fornite dalle parti, e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, la durata del procedimento controverso è eccessiva e non soddisfa l’esigenza del “termine ragionevole.”
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
19. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
20. Il richiedente richiede 9 500 euro (EUR) a titolo del danno morale che avrebbe subito.
21. Il Governo contesta queste pretese.
22. La Corte stima che avrebbe potuto accordare al richiedente, in mancanza di vie di ricorso interne e tenuto conto della posta della controversia, la somma di 7 000 EUR. Il fatto che la corte di appello di Perugia abbia concesso al richiedente circa il 29% di questa somma arriva ad un risultato manifestamente irragionevole. Di conseguenza, avuto riguardo alle caratteristiche della via di ricorso “Pinto” ed al fatto che sia giunta però ad una constatazione di violazione, la Corte, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia (precitata, §§ 139-142 e 146) e deliberando in equità, assegna al richiedente 1 100 EUR a questo titolo così come 1 100 EUR a titolo della frustrazione supplementare derivante dal ritardo nel versamento dei 2 050 EUR, intervenuto solamente il 28 luglio 2003, o più di diciassette mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello.
B. Oneri e spese
23. Giustificativi in appoggio, il richiedente chiede anche 1 500 EUR per oneri e spese sostenuti dinnanzi alle giurisdizioni interne, più una somma in equità per quelli incorsi a Strasburgo.
24. Il Governo contesta queste pretese.
25. Secondo la giurisprudenza della Corte, il sussidio degli oneri e spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (Can ed altri c. Turchia, no 29189/02, del 24 gennaio 2008, § 22). La Corte considera che c’è luogo di rimborsare al richiedente gli oneri incorsi dinnanzi alla corte di appello di Perugia, così come quelli del procedimento a Strasburgo. Deliberando in equità come vuole l’articolo 41 della Convenzione e tenuto conto del fatto che il richiedente non è stato rappresentato da un avvocato a Strasburgo, la Corte gli concede la somma globale di 1 000 EUR, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su questa somma.
C. Interessi moratori
26. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 2 200 EUR (duemila due cento euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
ii. 1 000 EUR (mille euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per oneri e spese;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 29 luglio 2008, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidente

Testo Tradotto

DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE BOIANO c. ITALIE
(Requête no 22768/03)
ARRÊT
STRASBOURG
29 juillet 2008
DÉFINITIF
29/10/2008
Cet arrêt peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Boiano c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Antonella Mularoni,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó, juges,
et de Françoise Elens-Passos, greffière adjointe de section.
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 8 juillet 2008,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 22768/03) dirigée contre la République italienne et dont un ressortissant de cet Etat, M. D. B. (« le requérant »), a saisi la Cour le 4 juillet 2003 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté successivement par ses agents, MM. I.M. Braguglia et R. Adam, et ses coagents, MM. V. Esposito et F. Crisafulli, ainsi que par son coagent adjoint, M. N. Lettieri.
3. Le 30 août 2006, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, elle a en outre décidé qu’elle se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Le requérant est né en 1947 et réside à Ciampino (Rome).
A. La procédure principale
5. Le 4 janvier 1992, le requérant déposa un recours devant le juge d’instance de Rome (RG no 80175/92), agissant à titre de juge du travail, afin d’obtenir la reconnaissance par son employeur d’un différent grade de travail, ainsi que les conséquences juridiques et patrimoniales correspondantes.
6. Le 17 janvier 1992, le juge d’instance fixa la première audience au 1er avril 1992. Par un jugement du 1er décembre 1992, dont le texte fut déposé au greffe le 28 avril 1994, le juge fit droit à la demande du requérant.
7. Le 4 août 1994, l’employeur interjeta appel devant le tribunal de Rome (RG no 58724/94). La première audience fut fixée au 3 février 1999. Le 1er décembre 1999, en raison de la demande des parties, l’audience fut renvoyée au 9 juin 2000. Le 28 mars 2001, ayant pris connaissance du règlement amiable par lequel l’employeur s’engageait à payer 68 000 000 lires [soit 35 119,07 euros (EUR)] au requérant, le tribunal constata que le différend avait pris fin et prononça l’extinction de la procédure.
B. La procédure « Pinto »
8. Le 19 septembre 2001, le requérant saisit la cour d’appel de Pérouse au sens de la loi no 89 du 24 mars 2001, dite « loi Pinto », afin de se plaindre de la durée de la procédure décrite ci-dessus. Il demanda à la cour de dire qu’il y avait eu une violation de l’article 6 § 1 de la Convention et de condamner l’Etat italien au dédommagement des préjudices matériels et moraux subis. Le requérant demanda notamment 400 000 000 lires [soit 206 582,76 euros (EUR)] à titre de dommage matériel et 22 500 000 lires (soit 11 620,28 EUR) pour dommage moral.
9. Par une décision du 21 janvier 2002, dont le texte fut déposé au greffe le 2 février 2002, la cour d’appel constata le dépassement d’une durée raisonnable. Elle rejeta la demande relative au dommage matériel au motif que ceci était de compétence du juge de la procédure au principal et accorda 2 050 EUR en équité comme réparation du dommage moral. Cette décision ne fut pas notifiée et acquit l’autorité de la chose jugée le 17 mars 2003. Par une lettre du 4 juillet 2003, le requérant informa la Cour du résultat de la procédure nationale et la pria de reprendre l’examen de sa requête.
Par la même lettre, il informa aussi la Cour qu’il ne s’était pas pourvu en cassation au motif que ce remède pouvait être introduit seulement pour des questions de droit.
10. Les sommes accordées en exécution de la décision Pinto furent payées le 28 juillet 2003.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
11. Le droit et la pratique internes pertinents figurent dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-…).
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
12. Le requérant allègue que la durée de la procédure a méconnu le principe du « délai raisonnable » tel que prévu par l’article 6 § 1 de la Convention, ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) dans un délai raisonnable, par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
13. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Sur la recevabilité
14. Après avoir examiné les faits de la cause et les arguments des parties, la Cour estime que le redressement s’est révélé insuffisant et que le paiement de la somme « Pinto » s’est avéré tardif (voir, entre autres, Delle Cave et Corrado c. Italie, no 14626/03, §§ 26-31, 5 juin 2007 et Cocchiarella c. Italie, précité). Partant, le requérant peut toujours se prétendre « victime » au sens de l’article 34 de la Convention.
15. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention et ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité.
B. Sur le fond
16. Quant à la durée de la procédure, la Cour estime que la période à considérer s’étend du 4 janvier 1992, jour de l’introduction de la demande du requérant devant le juge d’instance de Rome, jusqu’au 28 mars 2001, date à laquelle le tribunal de Rome prononça l’extinction de la procédure, en seconde instance. Elle a donc duré neuf ans et deux mois pour deux degrés de juridiction.
17. La Cour note également que la somme octroyée par la juridiction « Pinto » n’a été versée que le 28 juillet 2003, soit plus de dix-sept mois après le dépôt au greffe de la décision de la cour d’appel : ce paiement a donc largement dépassé les six mois à compter du moment où la décision d’indemnisation devint exécutoire. Le fait que la procédure « Pinto » examinée dans son ensemble, et notamment dans sa phase d’exécution, n’a pas fait perdre au requérant sa qualité de « victime » constitue une circonstance aggravante dans un contexte de violation de l’article 6 § 1 pour dépassement du délai raisonnable. La Cour sera donc amenée à revenir sur cette question sous l’angle de l’article 41 de la Convention (voir Cocchiarella c. Italie, précité, § 120).
18. Après avoir examiné les faits à la lumière des informations fournies par les parties, et compte tenu de sa jurisprudence en la matière, la Cour estime qu’en l’espèce, la durée de la procédure litigieuse est excessive et ne répond pas à l’exigence du « délai raisonnable ».
Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
II. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
19. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
20. Le requérant réclame 9 500 euros (EUR) au titre du préjudice moral qu’il aurait subi.
21. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
22. La Cour estime qu’elle aurait pu accorder au requérant, en l’absence de voies de recours internes et compte tenu de l’enjeu du litige, la somme de 7 000 EUR. Le fait que la cour d’appel de Pérouse ait octroyé au requérant environ 29 % de cette somme aboutit à un résultat manifestement déraisonnable. Par conséquent, eu égard aux caractéristiques de la voie de recours « Pinto » et au fait qu’elle soit tout de même parvenue à un constat de violation, la Cour, compte tenu de la solution adoptée dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie (précité, §§ 139-142 et 146) et statuant en équité, alloue au requérant 1 100 EUR à ce titre ainsi que 1 100 EUR au titre de la frustration supplémentaire découlant du retard dans le versement des 2 050 EUR, intervenu seulement le 28 juillet 2003, soit plus de dix-sept mois après le dépôt au greffe de la décision de la cour d’appel.
B. Frais et dépens
23. Justificatifs à l’appui, le requérant demande également 1 500 EUR pour les frais et dépens engagés devant les juridictions internes, plus une somme en équité pour ceux encourus à Strasbourg.
24. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
25. Selon la jurisprudence de la Cour, l’allocation des frais et dépens au titre de l’article 41 présuppose que se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux (Can et autres c. Turquie, no 29189/02, du 24 janvier 2008, § 22). La Cour considère qu’il y a lieu de rembourser au requérant les frais encourus devant la cour d’appel de Pérouse, ainsi que ceux de la procédure à Strasbourg. Statuant en équité comme le veut l’article 41 de la Convention et compte tenu du fait que le requérant n’a pas été représenté par un avocat à Strasbourg, la Cour lui octroie la somme globale de 1 000 EUR, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt sur cette somme.
C. Intérêts moratoires
26. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;
3. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
i. 2 200 EUR (deux mille deux cents euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral ;
ii. 1 000 EUR (mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par le requérant, pour frais et dépens ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 29 juillet 2008, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Françoise Elens-Passos Françoise Tulkens
Greffière adjointe Présidente

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