TERZA SEZIONE
CAUSA BISTRIŢEANU E POPOVICI C. ROMANIA
( Richiesta no 5855/05)
SENTENZA
STRASBURGO
9 febbraio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Bistriţeanu e Popovici c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Luccichi López Guerra, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 19 gennaio 2010,
Rende la sentenza che ha adottata in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 5855/05) diretta contro la Romania e in cui due cittadini di questo Stato, i Sigg. V. B. ed E. S. P. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 3 febbraio 2005 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da Me I., avvocato a Bucarest. Il governo rumeno (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Hora₫iu Radu, del ministero delle Cause Estere.
3. Il 17 gennaio 2006, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1945 e 1934 e risiedono a Bucarest.
5. In 1940, il secondo richiedente ricevette un quarto di un immobile composto da diciassette appartamenti, ubicato al no 9 di via Alexandru Ioan Cuza, a Bucarest, tramite donazione. Sei anni più tardi, il primo richiedente ricevette, tramite eredità, il restante del suddetto bene. Nel 1950, invocando il decreto di statalizzazione no 92/1950, lo stato prese possesso del suddetto bene. Risulta della pratica che nel 1997, lo stato vendette, in virtù della legge no 112/95, il suddetto bene immobile a terzea persone che l’occupavano in quanto inquilini.
i) Azione di rivendicazione dell’appartamento no 6
6. Il 20 settembre 2000, la corte di appello di Bucarest accolse un’azione di rivendicazione formulata dai richiedenti contro lo stato ed ordinò alle autorità amministrative di restituire loro l’appartamento no 6 situato al terzo piano dell’immobile ubicato al no 9 della via Alexandru Ioan Cuza, a Bucarest. La corte di appello giudicò che la statalizzazione del bene era stata illegale e che lo stato non poteva avvalersi di un titolo valido di proprietà. Questa sentenza fu confermata il 23 novembre 2001 dalla Corte suprema di giustizia.
ii) Azione di rivendicazione ed annullamento del contratto di vendita dell’appartamento no 3
7. Nel 1999, i richiedenti introdussero dinnanzi al tribunale dipartimentale di Bucarest un’azione di rivendicazione immobiliare diretta contro il municipio di Bucarest ed i terzi acquirenti, chiedendo la nullità della decisione di confisca del bene così come quella dei contratti di vendita riguardanti gli appartamenti numero 3 (situato al secondo piano) 4 (situato a livello del giardino) 5 (situato al secondo piano) e 7 (situato al terzo piano).
8. Il 25 maggio 2000, il tribunale dipartimentale di Bucarest giudicò che lo stato deteneva un vero titolo di proprietà su suddetto bene e respinse l’azione dei richiedenti come mal fondata. Su appello dei richiedenti, il 28 novembre 2000, la corte di appello di Bucarest confermò questo giudizio. I richiedenti formarono un ricorso contro questa decisione.
9. Con una sentenza del 23 ottobre 2001 la Corte suprema di giustizia, dopo avere constatato che la statalizzazione del bene era stata illegale e che i tribunali avevano omesso di pronunciarsi sulla validità dei contratti di vendita, fece diritto al ricorso dei richiedenti, annullò la sentenza resa dal tribunale dipartimentale e rinviò la causa dinnanzi a questa ultima giurisdizione per un nuovo giudizio.
10. Dinnanzi al tribunale dipartimentale, i richiedenti rinunciarono alla loro azione, eccetto l’azione per annullamento del contratto di vendita riguardante l’appartamento no 3 situato al secondo piano.
11. Con un giudizio dell’ 11 dicembre 2002, il tribunale, dopo avere confrontato i titoli di proprietà delle parti, decise di accogliere l’azione dei richiedenti e di ordinare ai terzi acquirenti ed al municipio di Bucarest di restituire loro l’appartamento no 3.
12. Su appello delle parti convenute, il 16 settembre 2003, la corte di appello di Bucarest annullò la sentenza del tribunale dipartimentale e respinse l’azione dei richiedenti come mal fondata. Stimò che un paragone tra i titoli di proprietà delle parti non poteva effettuarsi in virtù del diritto comune ma in virtù della legge no 10/2001. Giudicò che in virtù della legge no 10/2001 la restituzione del bene non era possibile e che i richiedenti potevano vedersi concedere un risarcimento per la perdita di proprietà. In quanto all’istanza per annullamento del contratto di vendita, la corte di appello stimò che il terzo acquirente era in buona fede perché, né al momento della conclusione del contratto di vendita né prima di questa data, i richiedenti avevano sollecitato la restituzione del bene.
13. Su ricorso dei richiedenti, il 13 gennaio 2005, l’Alta corte di cassazione e giustizia confermò questa sentenza con la seguente motivazione:
“(…) si presume la buona fede e la prova del contrario spettava, nello specifico, ai richiedenti che non avevano provato la malafede delle parti al contratto.
Tenuto conto dell’applicazione di suddetto principio nello specifico, il contratto di vendita concluso in buona fede con C.B. e C.S, non è suscettibile di essere colpito da nessuna causa di nullità, anche se l’immobile è stato confiscato illegalmente dallo stato. “
14. Sul fondamento della legge no 10/2001, i richiedenti depositarono presso il municipio di Bucarest un’istanza di restituzione dell’appartamento controverso. Nessuna decisione è stata presa finora.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
15. Le disposizioni legali, ivi compreso quelle della legge no 10/2001 sul regime giuridico dei beni immobili presi abusivamente dallo stato tra il 6 marzo 1945 ed il 22 dicembre 1989, e delle sue modifiche susseguenti, e la giurisprudenza interna pertinente sono descritte nelle sentenze Brumărescu c. Romania ([GC], no 28342/95, CEDH 1999-VII, pp. 250-256, §§ 31-33), Străin ed altri c. Romania (no 57001/00, CEDH 2005-VII, §§ 19-26), Păduraru c. Romania (no 63252/00) §§ 38-53, 1 dicembre 2005); e Tudor c. Romania (no 29035/05, §§ 15–20, 11 dicembre 2007,).
16. Alcune misure che prevedono l’accelerazione del procedimento di concessione dei risarcimenti attraverso il fondo di investimento “Proprietatea” sono state prese recentemente dalle autorità nazionali in particolare in virtù dell’ordinanza di emergenza del Governo no 81/2007.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
17. I richiedenti adducono che l’impossibilità di ricuperare la proprietà dell’appartamento no 3 dell’immobile ubicato al no 9 di via Alexandru Ioan Cuza, a Bucarest, e del terreno ivi afferente che è stato venduto dallo stato, o di vedersi versare un indennizzo corrispondente al loro valore reale ha portato attentato al loro diritto al rispetto dei loro beni, come riconosciuto dall’articolo 1 del Protocollo no 1:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
18. Il Governo reitera per l’essenziale i suoi argomenti presentati in cause simili anteriori e solleva in sostanza un’eccezione di incompatibilità ratione materiae, stimando che in mancanza di riconoscenza del loro diritto di proprietà o di constatazione, nel dispositivo di una decisione definitiva, dell’illegalità della statalizzazione, i richiedenti non disponevano di un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 trattandosi dell’appartamento controverso. Il Governo sostiene che l’Alta corte di cassazione e giustizia non si è pronunciata in modo definitivo sulla legalità della statalizzazione, poiché le menzioni figurano a questo riguardo solamente nei considerando della sua sentenza del 13 gennaio 2005, non godendo del potere di cosa giudicata. In più, secondo il Governo, la menzione fatta all’epoca dei considerando aveva solamente un valore condizionale nel senso che “anche se lo stato si era appropriato del bene in modo illegale, i contratti conclusi in buona fede erano validi.”
19. La Corte stima che l’eccezione di incompatibilità ratione materiae è legata strettamente alla sostanza del motivo di appello che i richiedenti fondano sull’articolo 1 del Protocollo no 1, così che c’è luogo di unirla al merito. Peraltro, constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
20. Il Governo fa valere che i richiedenti hanno fatto uso del procedimento previsto dalla legge no 10/2001 e che hanno la possibilità di ottenere, come risarcimento del loro bene, dei titoli di partecipazione nel fondo Proprietatea, organismo collettivo di valori mobiliari.
21. I richiedenti contestano questa tesi.
22. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso di specie e ha constatato la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere le cause sopraccitate, in particolare Străin precitata, §§ 39, 43 e 59, e Porteanu c. Romania, no 4596/03, §§ 32-35, 16 febbraio 2006). Trattandosi da prima della questione dell’applicabilità dell’articolo 1 del Protocollo no 1, ha giudicato che la constatazione dei tribunali interni in quanto all’illegalità della statalizzazione abbia per effetto di riconoscere, indirettamente e con effetto retroattivo, l’esistenza di un diritto di proprietà della richiedenti in causa sul bene controverso. Peraltro, per ciò che riguarda l’eccezione di incompatibilità ratione materiae sollevata, la Corte ricorda di avere già respinto gli argomenti del Governo a questo titolo, considerando che il fatto che la suddetta constatazione dei tribunali non appariva nei dispositivi delle decisioni giudiziali, ma nei loro motivi, non potrebbe determinare un approccio differente sulla questione dell’esistenza di un “bene” (Reichardt c. Romania, no 6111/04, §§ 17 a 20, 13 novembre 2008, e Popescu e Dimeca c. Romania, no 17799/03, §§ 22 a 24, 9 dicembre 2008).
23. In quanto alla menzione relativa all’illegalità della statalizzazione del bene, la Corte osserva che questa non suscita controversia, l’Alta Corte di cassazione e giustizia facendo riferimento, senza equivoco, al carattere illegale della statalizzazione (cf. §§ 12-13 sopra). In più, la Corte constata che i tribunali interni avevano constatato già l’illegalità della statalizzazione dell’appartamento no 6, appartenendo allo stesso bene immobiliare dell’appartamento controverso, bene statalizzato in interezza nel 1950, (cf. § 6 sopra).
24. Pertanto, avuto riguardo alla constatazione dell’Alta Corte di cassazione e giustizia del 13 gennaio 2005 in quanto al fatto che il bene controverso era stato nazionalizzato dallo stato senza titolo valido, la Corte stima che i richiedenti beneficiavano di un “valore patrimoniale” che dipendeva dall’articolo 1 del Protocollo no 1, ai sensi della giurisprudenza precitata (vedere, tra altre, Păduraru, precitata, §§ 81 e seguenti).
25. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che le sono stati sottoposti, la Corte considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento da poter condurre nel caso presente ad una conclusione differente da quella alla quale è arrivata nelle cause precitate. La Corte riafferma in particolare che, nel contesto legislativo rumeno che regola le azioni di rivendicazione immobiliare e la restituzione dei beni nazionalizzati dal regime comunista, la vendita da parte dello stato del bene altrui a terzi in buona fede, anche quando è anteriore alla conferma definitiva in giustizia dell’esistenza del “bene” dell’altro, si analizza in una privazione di bene. La Corte reitera che tale privazione, combinata con la mancanza totale di indennizzo, è contraria all’articolo 1 del Protocollo no 1 (Străin, precitata, §§ 39, 43 e 59, e Reichardt, precitata, § 24).
26. Peraltro, la Corte osserva che a questo giorno, il Governo non ha dimostrato che il sistema di indennizzo messo in posto dalla legge no 247/2005 permetterebbe ai beneficiari di questa legge di beneficiate, secondo un procedimento ed un calendario prevedibile, un’indennità in rapporto col valore venale dei beni di cui sono stati privati.
27. Questa conclusione non pregiudica ogni evoluzione positiva che potrebbero conoscere all’avvenire i meccanismi di finanziamento previsto da questa legge speciale in vista di indennizzare le persone che, come i richiedenti, si sono viste private di un “bene”, ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. A questo riguardo, la Corte prende nota con soddisfazione dell’evoluzione che sembra avviarsi in pratica e che va in materia nel buonsenso (paragrafo 17 sopra).
28. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, il collocamento in fallimento del diritto di proprietà dei richiedenti sull’appartamento controverso ed il terreno ivi afferente, combinato con la mancanza totale di indennizzo, ha fatto subire loro un carico sproporzionato ed eccessivo, incompatibile col diritto al rispetto dei loro beni garantiti dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
29. Pertanto, la Corte respinge l’eccezione del Governo e conclude che c’è stata violazione dell’articolo suddetto.
II. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
30. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, i richiedenti si lamentano dell’iniquità del procedimento, in ragione delle decisioni rese dalle giurisdizioni nazionali nel procedimento per annullamento del contratto di vendita. La parte pertinente dell’articolo 6 § 1 della Convenzione è formulato così:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
31. Tenuto conto delle sue conclusioni che figurano sopra ai paragrafi 24-28, la Corte stima che non c’è luogo di deliberare sull’ammissibilità e la fondatezza di questo motivo di appello (vedere, mutatis mutandis e tra altre, Laino c. Italia [GC], no 33158/96, § 25, CEDH 1999-I, Zanghì c. Italia, 19 febbraio 1991, § 23, serie A no 194-C, Chiesa cattolica della Canée c. Grecia, 16 dicembre 1997, § 50, Raccolta 1997-VIII e Denes ed altri c. Romania, no 25862/03, § 59, 3 marzo 2009).
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 46 DELLA CONVENZIONE
32. L’articolo 46 della Convenzione dispone:
“1. Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle controversie alle quali sono parti.
2. La sentenza definitiva della Corte è trasmessa al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l’esecuzione. “
33. La conclusione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 rivela un problema su grande scala che risulta dalla difettosità della legislazione sulla restituzione degli immobili statalizzati che sono stati venduti dallo stato a terzi. Quindi, la Corte stima che lo stato deve pianificare il procedimento messo in opera dalle leggi di risarcimento al più presto, attualmente le leggi numeri 10/2001 e 247/2005, così che diventi realmente coerente, accessibile, veloce e prevedibile (vedere le sentenze Viaşu c. Romania, no 75951/01, § 83, 9 dicembre 2008, Katz c,. Romania, no 29739/03, §§ 30-37, 20 gennaio 2009, e Faimblat c. Romania, no 23066/02, §§ 48-54, 13 gennaio 2009).
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
34. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
35. I richiedenti chiedono, a titolo del danno patrimoniale che avrebbero subito, la restituzione del bene immobiliare. A difetto di tale restituzione, richiedono 120 000 euro (EUR) rappresentanti il suo valore commerciale reale. Sottopongono alla Corte una perizia tecnica immobiliare, così come parecchi annunci immobiliari. Con una lettera ulteriore i richiedenti stimano il valore del loro bene a 130 941 EUR. A titolo di mancanza a guadagnare, i richiedenti chiedono 50 000 EUR. Sollecitano anche 10 000 EUR a titolo di danno morale.
36. Il Governo considera che il valore del bene controverso è di 81 105 EUR e fornisce il parere di un perito, stabilito nel luglio 2006. Il Governo si oppone alla concessione di un’eventuale somma a titolo del difetto di godimento del bene. In quanto alla richiesta a titolo del danno morale, stima che il danno addotto sarebbe compensato sufficientemente nel caso di una constatazione di violazione e che ad ogni modo, la somma richiesta è eccessiva, paragonata alle somme accordate a questo titolo in cause simili contro la Romania.
37. La Corte ricorda che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo di mettere un termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo da ristabilire tanto quanto si può fare la situazione anteriore a questa (Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).
38. La Corte stima, nelle circostanze dello specifico, che la restituzione del bene controverso porrebbe per quanto possibile i richiedenti in una situazione equivalente a quella i cui si troverebbe se le esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non fossero state ignorati.
39. A difetto per lo stato convenuto di procedere a simile restituzione, la Corte decide che dovrà versare ai due richiesti, congiuntamente, per danno patrimoniale, una somma che corrisponde al valore del bene di cui sono stati privati.
40. Trattandosi del calcolo dell’importo corrispondente al valore del bene, tenuto conto delle informazioni fornite dalle parti e deliberando in equità, la Corte stima che conviene assegnare congiuntamente ai richiedenti 85 000 EUR.
41. Concernente le somme chieste a titolo degli affitti no percepiti la Corte non potrebbe speculare sulla possibilità ed il rendimento di una locazione dell’immobile in questione (Buzatu c. Romania (soddisfazione equa), no 34642/97, § 18, 27 gennaio 2005).
42. Peraltro, la Corte considera che gli avvenimenti in causa hanno potuto indurre ai richiedenti un stato di incertezza e delle sofferenze che non possono essere compensati dalla constatazione di violazione. Stima che la somma di 3 000 EUR, accordata congiuntamente ai due richiedenti, rappresenta un risarcimento equo del danno morale che hanno subito.
B. Oneri e spese
43. Senza precisare l’importo e senza accompagnare la loro richiesta con giustificativi, i richiedenti chiedono anche il rimborso degli oneri e delle spese incorsi dal procedimento svolto dinnanzi alla Corte.
44. Il Governo osserva che i richiedenti non hanno fornito nessun giustificativo per dimostrare gli oneri e le spese incorsi. Non si oppone al rimborso di questi, sotto condizione che siano provati, necessari e che abbiano un legame con la causa.
45. La Corte ricorda che allo sguardo dell’articolo 41 della Convenzione possono essere rimborsati solo gli oneri di cui viene stabilito che sono stati esposti realmente, che corrispondevano ad una necessità e che sono di un importo ragionevole (vedere, tra altre, Nikolova c. Bulgaria [GC], no 31195/96, § 79, CEDH 1999-II).
46. Tenuto conto del fatto che i richiedenti non hanno giustificato gli oneri e le spese esposti, la Corte decide di non assegnare loro nessuna somma a questo titolo.
C. Interessi moratori
47. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti di percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
3. Stabilisce che non c’è luogo di deliberare sull’ammissibilità e la fondatezza del motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve restituire congiuntamente ai richiedenti l’appartamento no 3 ubicato al no 9 della via Alexandru Ioan Cuza, a Bucarest, nei tre mesi a contare deal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione;
b) che in mancanza di tale restituzione, lo stato convenuto deve versare congiuntamente ai richiedenti, nello stesso termine di tre mesi 85 000 EUR (ottanta cinquemila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno patrimoniale;
c) che lo stato convenuto deve versare ad ogni modo, congiuntamente ai richiedenti, nello stesso termine, 3 000 EUR (tremila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
d) che le somme menzionate ai punti b) e c) saranno da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
e) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 9 febbraio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente