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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE BIEFFE RIFUGI ANTIATOMICI S.R.L. c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 62354/00/2008
Stato: Italia
Data: 2008-07-08 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

SECONDA SEZIONE
CAUSA BIEFFE RIFUGI ANTIATOMICI S.R.L. c. ITALIA
( Richiesta no 62354/00)
SENTENZA
STRASBURGO
8 luglio 2008
DEFINITIVO
08/10/2008
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Bieffe Rifugi Antiatomici S.R.L. c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Antonella Mularoni, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, giudici, Luigi Ferrari Bravo, giudice ad hoc,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 17 giugno 2008,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 62354/00) diretta contro la Repubblica italiana e in cui una società di questo Stato, la B. R. A. S.R.L. (“il richiedente”), aveva investito la Commissione europea dei diritti dell’uomo (“la Commissione”) il 20 febbraio 1998 in virtù del vecchio articolo 25 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da R. V. e F. U., avvocati a Bergamo.
Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, i Sigg. U. Leanza ed I.M. Braguglia, e dai suoi coagenti, i Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. L’ 11 gennaio 2001, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi dell’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso che si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
4. Il 21 ottobre 2004, in applicazione dell’articolo 54 § 2 c) dell’ordinamento, le parti sono state invitate a fornire delle osservazioni complementari sull’oggetto e la portata del nuovo motivo di appello derivato dall’articolo 13 della Convenzione.
IN FATTO
LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è una società italiana e ha la sua sede sociale a Brescia.
A. Il procedimento principale
6. Il 28 giugno 1991, il Sig. G. citò il richiedente dinnanzi al tribunale di Bergamo per fare constatare l’inadempienza di un contratto e di ottenere il risarcimento dei danni subiti.
Il collocamento in stato della causa cominciò il 10 ottobre 1991. Delle nove udienze fissate tra il 15 ottobre 1992 ed il 29 novembre 1999, una fu rinviata a causa di sciopero degli avvocati, due riguardavano la nomina ed il mandato del perito, tre la determinazione dell’udienza di presentazione delle conclusioni e due il tentativo di un ordinamento amichevole.
7. Con un giudizio del 26 febbraio 2000 il cui il testo fu depositato alla cancelleria il 22 settembre 2000, il tribunale fece diritto alla domanda del Sig. G. e condannò il richiedente a versare 8 288 000 lire italiane (ITL) [4 280,39 euro (EUR)] più interessi.
B. Il procedimento “Pinto”
8. Il 4 ottobre 2001, il richiedente investì la corte di appello di Venezia ai sensi della legge no 89 del 24 marzo 2001, detta “legge Pinto” per lamentarsi della durata eccessiva del procedimento descritto sopra. Il richiedente chiese alla corte di dire che c’era stata una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e di condannare il governo italiano al risarcimento del danno subito.
9. Con una decisione del 24 gennaio 2002 il cui il testo fu depositato alla cancelleria il 29 gennaio 2002, la corte di appello constatò il superamento di una durata ragionevole. Respinse la richiesta relativa al danno materiale al motivo che non era addotto, quella che aveva fatto riferimento al danno non patrimoniale perché non era stato dimostrato che la società avesse potuto subire una conseguenza negativa sulla gestione dell’impresa e condannò il richiedente a versare 1 085 EUR all’amministrazione per oneri e spese.
10. Il richiedente ricorse in cassazione arguendo che una volta constatato il superamento del termine ragionevole, le persone giuridiche non dovevano fornire la prova di un danno all’evidenza in re ipsa.
Con una sentenza del 4 febbraio 2003 il cui il testo fu depositato alla cancelleria il 3 aprile 2003, la Corte di cassazione respinse il ricorso confermando la necessità per la società di dimostrare l’esistenza di un danno legato alla durata del procedimento. Secondo la Corte di cassazione, la legge Pinto non riconosceva nessun danno presunto in re ipsa ma esigeva che una prova sia venisse ai termini dell’articolo 2 di suddetta legge. Tale approccio era del resto conforme alla giurisprudenza della Corte sul terreno dell’articolo 41 della Convenzione.
11. Con una lettera del 1 settembre 2003, il richiedente informò la Corte del risultato del procedimento nazionale e la pregò di riprendere l’esame della sua richiesta.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
12. Il diritto e la pratica interna pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006 -…).
IN DIRITTO
I. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DEGLI ARTICOLI 6 § 1 E 13 DELLA CONVENZIONE
13. Il richiedente adduce che la durata del procedimento civile abbia ignorato il principio del “termine ragionevole” come previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione. Inoltre, afferma che il procedimento “Pinto” non è un rimedio effettivo, come esige l’articolo 13 della Convenzione.
14. Il Governo si oppone a queste tesi.
15. Gli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione sono formulati così:
Articolo 6 § 1
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa venga sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
Articolo 13
“Ogni persona i cui i diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa da persone agendo nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
A. Sull’ammissibilità
16. Dopo l’entrata in vigore della legge Pinto, il Governo sollevò un’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne.
17. La Corte, avuto riguardo alla sua giurisprudenza in materia (Provide S.r.l. c. Italia, no 62155/00, §§ 17-19, CEDH 2007 -.., 5 luglio 2007) respinge questo argomento del Governo.
Dopo avere esaminato i fatti della causa e gli argomenti delle parti, la Corte stima, alla luce della giurisprudenza stabilita in materia (Provide S.r.l. c. Italia, precitata, §§ 20-25; Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, § 25-31, 5 giugno 2007) che la correzione si è rivelata insufficiente e che il richiedente può sempre definirsi “vittima” ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
18. La Corte constata che questi motivi di appello non sono manifestamente mal fondati ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e non incontrano nessun altro motivo di inammissibilità.
B. Sul merito
19. La Corte ricorda di avere esaminato dei motivi di appello identici a quelli presentati dal richiedente e di avere concluso, da una parte, alla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione ma, dall’altra parte, alla non-violazione dell’articolo 13 (vedere Provide S.r.l. c. Italia, precitata, §§ 29-32 e §§ 36-39).
20. In quanto alla durata del procedimento, la Corte stima che il periodo da considerare si estende dal 28 giugno 1991, giorno della citazione del richiedente dinnanzi al tribunale di Bergamo, fino al 22 settembre 2000, data del deposito del giudizio di suddetto tribunale. È durata dunque più di nove anni e due mesi per un grado di giurisdizione.
21. Dopo avere esaminato i fatti alla luce delle informazione fornite dalle parti e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, la Corte stima che nello specifico la durata del procedimento controverso è eccessiva e non risponde all’esigenza del “termine ragionevole.”
22. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
23. Invece, il richiedente ha disposto di un ricorso effettivo per esporre le violazioni della Convenzione che adduceva (Provide S.r.l. c. Italia, precitata). Di conseguenza, non c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione.

II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 17 E 34 DELLA CONVENZIONE
24. Invocando gli articoli 17 e 34 della Convenzione, il richiedente adduce che la legge Pinto chiede di provare i danni non patrimoniali subiti conformemente alla durata di un procedimento mentre la Corte, dopo avere constatato il superamento del “termine ragionevole”, riconosce al richiedente un risarcimento equo. Stima che il danno non patrimoniale non deve essere provato perché è in re ipsa evidentemente.
L’articolo 17 della Convenzione è formulato così:
“Nessuna delle disposizioni della Convenzione può essere interpretata come se implicasse per uno Stato, un gruppo o un individuo, un diritto qualsiasi di concedersi ad un’attività o di compiere un atto che mira alla distruzione dei diritti o libertà riconosciuti nella Convenzione o a limitazioni più ampie di questi diritti e libertà di quelle contemplate [dalla] Convenzione. “
L’articolo 34 della Convenzione è formulato così:
“La Corte può essere investita di una richiesta da ogni persona fisica, ogni organizzazione non governativa o qualsiasi altro gruppo di individui che si definisce vittima di una violazione da parte di una delle Alte Parti contraenti dei diritti riconosciuti nella Convenzione o nei suoi Protocolli. Le Alte Parti contraenti si impegnano a non ostacolare con nessuna misura l’esercizio efficace di questo diritto. “
25. La Corte stima che questo motivo di appello è legato strettamente a quello relativo all’effettività del rimedio “Pinto” e deve seguire di conseguenza la stessa sorte (Provide S.r.l. c. Italia, precitata, §§ 40-42).
26. Avuto riguardo alla conclusione che figura sopra al paragrafo 23, la Corte stima che questo motivo di appello deve essere respinto come manifestamente mal fondato, in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
27. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
28. Il richiedente richiede una somma valutata tra gli 8 200 e i 12 300 euro (EUR) a titolo del danno non patrimoniale che avrebbe subito.
29. Il Governo si rimette alla saggezza della Corte.
30. Per ciò che riguarda il danno non patrimoniale, la Corte stima che avrebbe potuto accordare, in mancanza di vie di ricorso interne, la somma di 10 000 EUR prendendo in conto i ritardi imputabili al richiedente. Il fatto che le giurisdizioni nazionali non abbiano accordato niente al richiedente arriva secondo la Corte ad un risultato manifestamente irragionevole. Di conseguenza, avuto riguardo alle caratteristiche della via di ricorso “Pinto” ed al fatto che, malgrado questo ricorso interno, sia giunta ad una constatazione di violazione, la Corte, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia, precitata (§§ 139-142 e § 146) e, deliberando in equità, assegna al richiedente 4 500 EUR.
B. Oneri e spese
31. Il richiedente chiede il rimborso di una somma di circa 7 300 EUR per oneri e spese relativi al procedimento “Pinto”, così come 16 792,88 EUR per quelli a Strasburgo.
32. Secondo la giurisprudenza della Corte, il sussidio degli oneri e spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (Can ed altri c. Turchia, no 29189/02, del 24 gennaio 2008, § 22).
33. Nello specifico, la Corte stima che c’è luogo di rimborsare al richiedente gli oneri sostenuti dinnanzi alla corte di appello di Venezia e alla Corte di cassazione, così come quelli del procedimento a Strasburgo. Deliberando in equità come esige l’articolo 41 della Convenzione, giudica ragionevole concedere 3 800 EUR a questo titolo (vedere, tra altre, Vehbi Ünal c. Turchia, no 48264/99, § 65, 9 novembre 2006, e Provide S.r.l. c. Italia, precitata, §§ 47-48).
C. Interessi moratori
34. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 4 500 EUR (quattromila cinque cento euro) per danno morale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
ii. 3 800 EUR (tremila otto cento euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto l’ 8 luglio 2008 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa

Testo Tradotto

DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE BIEFFE RIFUGI ANTIATOMICI S.R.L. c. ITALIE
(Requête no 62354/00)
ARRÊT
STRASBOURG
8 juillet 2008
DÉFINITIF
08/10/2008
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Bieffe Rifugi Antiatomici S.R.L. c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Antonella Mularoni,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Işıl Karakaş, juges,
Luigi Ferrari Bravo, juge ad hoc,
et de Sally Dollé, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 17 juin 2008,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 62354/00) dirigée contre la République italienne et dont une société de cet Etat, la B. R. A. S.R.L. (« la requérante »), avait saisi la Commission européenne des droits de l’homme (« la Commission ») le 20 février 1998 en vertu de l’ancien article 25 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. La requérante est représentée par Mes R. V. et F. U., avocats à Bergame.
Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté successivement par ses agents, MM. U. Leanza et I.M. Braguglia, et ses coagents, MM. V. Esposito et F. Crisafulli, ainsi que par son coagent adjoint, M. N. Lettieri.
3. Le 11 janvier 2001, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Se prévalant de l’article 29 § 3 de la Convention, elle a décidé qu’elle se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
4. Le 21 octobre 2004, en application de l’article 54 § 2 c) du règlement, les parties ont été invitées à fournir des observations complémentaires sur l’objet et l’étendue du nouveau grief tiré de l’article 13 de la Convention.
EN FAIT
LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. La requérante est une société italienne et a son siège social à Brescia.
A. La procédure principale
6. Le 28 juin 1991, M. G. assigna la requérante devant le tribunal de Bergame afin de faire constater l’inexécution d’un contrat et d’obtenir la réparation des dommages subis.
La mise en état de l’affaire commença le 10 octobre 1991. Des neuf audiences fixées entre le 15 octobre 1992 et le 29 novembre 1999, une fut renvoyée pour cause de grève des avocats, deux concernaient la nomination et le mandat de l’expert, trois la fixation de l’audience de présentation des conclusions et deux la tentative d’un règlement amiable.
7. Par un jugement du 26 février 2000, dont le texte fut déposé au greffe le 22 septembre 2000, le tribunal fit droit à la demande de M. G. et condamna la requérante à verser 8 288 000 lires italiennes (ITL) [4 280,39 euros (EUR)] plus les intérêts.
B. La procédure « Pinto »
8. Le 4 octobre 2001, la requérante saisit la cour d’appel de Venise au sens de la loi no 89 du 24 mars 2001, dite « loi Pinto » afin de se plaindre de la durée excessive de la procédure décrite ci-dessus. La requérante demanda à la cour de dire qu’il y avait eu une violation de l’article 6 § 1 de la Convention et de condamner le gouvernement italien au dédommagement du préjudice subi.
9. Par une décision du 24 janvier 2002, dont le texte fut déposé au greffe le 29 janvier 2002, la cour d’appel constata le dépassement d’une durée raisonnable. Elle rejeta la demande relative au dommage matériel au motif qu’il n’était pas allégué, celle ayant trait au dommage non patrimonial car il n’avait pas été démontré que la société pût avoir subi une conséquence négative sur la gestion de l’entreprise et condamna la requérante à verser 1 085 EUR à l’administration pour frais et dépens.
10. La requérante se pourvut en cassation en arguant qu’une fois le dépassement du délai raisonnable constaté, les personnes morales n’avaient pas à fournir la preuve d’un dommage à l’évidence in re ipsa.
Par un arrêt du 4 février 2003, dont le texte fut déposé au greffe le 3 avril 2003, la Cour de cassation rejeta le pourvoi en confirmant la nécessité pour la société de démontrer l’existence d’un dommage lié à la durée de la procédure. Selon la Cour de cassation, la loi Pinto ne reconnaissait aucun prétendu dommage in re ipsa mais exigeait qu’une preuve soit fournie aux termes de l’article 2 de ladite loi. Une telle approche était d’ailleurs conforme à la jurisprudence de la Cour sur le terrain de l’article 41 de la Convention.
11. Par une lettre du 1er septembre 2003, la requérante informa la Cour du résultat de la procédure nationale et la pria de reprendre l’examen de sa requête.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
12. Le droit et la pratique internes pertinents figurent dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-…).
EN DROIT
I. SUR LES VIOLATIONS ALLÉGUÉES DES ARTICLES 6 § 1 ET 13 DE LA CONVENTION
13. La requérante allègue que la durée de la procédure civile a méconnu le principe du « délai raisonnable » tel que prévu par l’article 6 § 1 de la Convention. En outre, elle affirme que la procédure « Pinto » n’est pas un remède effectif, comme l’exige l’article 13 de la Convention.
14. Le Gouvernement s’oppose à ces thèses.
15. Les articles 6 § 1 et 13 de la Convention sont ainsi libellé :
Article 6 § 1
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) dans un délai raisonnable, par un tribunal (…) qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
Article 13
« Toute personne dont les droits et libertés reconnus dans la (…) Convention ont été violés, a droit à l’octroi d’un recours effectif devant une instance nationale, alors même que la violation aurait été commise par des personnes agissant dans l’exercice de leurs fonctions officielles. »
A. Sur la recevabilité
16. Après l’entre en vigueur de la loi Pinto, le Gouvernement souleva une exception de non-épuisement des voies de recours internes.
17. La Cour, eu égard à sa jurisprudence en la matière (Provide S.r.l. c. Italie, no 62155/00, §§ 17-19, CEDH 2007-.., 5 juillet 2007), rejette cet argument du Gouvernement.
Après avoir examiné les faits de la cause et les arguments des parties, la Cour estime, à la lumière de la jurisprudence établie en la matière (Provide S.r.l. c. Italie, précité, §§ 20-25; Delle Cave et Corrado c. Italie, no 14626/03, § 25-31, 5 juin 2007), que le redressement s’est révélé insuffisant et que la requérante peut toujours se prétendre « victime » au sens de l’article 34 de la Convention.
18. La Cour constate que ces griefs ne sont pas manifestement mal fondés au sens de l’article 35 § 3 de la Convention et ne se heurtent à aucun autre motif d’irrecevabilité.
B. Sur le fond
19. La Cour rappelle avoir examiné des griefs identiques à ceux présentés par la requérante et avoir conclu, d’une part, à la violation de l’article 6 § 1 de la Convention mais, d’autre part, à la non-violation de l’article 13 (voir Provide S.r.l. c. Italie, précité, §§ 29-32 et §§ 36-39).
20. Quant à la durée de la procédure, la Cour estime que la période à considérer s’étend du 28 juin 1991, jour de l’assignation de la requérante devant le tribunal de Bergame, jusqu’au 22 septembre 2000, date du dépôt du jugement dudit tribunal. Elle a donc duré plus de neuf ans et deux mois pour un degré de juridiction.
21. Après avoir examiné les faits à la lumière des informations fournies par les parties et compte tenu de sa jurisprudence en la matière, la Cour estime qu’en l’espèce la durée de la procédure litigieuse est excessive et ne répond pas à l’exigence du « délai raisonnable ».
22. Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
23. Par contre, la requérante a disposé d’un recours effectif pour exposer les violations de la Convention qu’elle alléguait (Provide S.r.l. c. Italie, précité). Par conséquent, il n’y a pas eu violation de l’article 13 de la Convention.

II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DES ARTICLES 17 ET 34 DE LA CONVENTION
24. Invoquant les articles 17 et 34 de la Convention, la requérante allègue que la loi Pinto demande de prouver les dommages non patrimoniaux subis en conséquence de la durée d’une procédure alors que la Cour, après avoir constaté le dépassement du « délai raisonnable », reconnaît au requérant une réparation équitable. Elle estime que le dommage non patrimonial ne doit pas être prouvé car il est de toute évidence in re ipsa.
L’article 17 de la Convention est ainsi libellé :
« Aucune des dispositions de la (…) Convention ne peut être interprétée comme impliquant pour un Etat, un groupement ou un individu, un droit quelconque de se livrer à une activité ou d’accomplir un acte visant à la destruction des droits ou libertés reconnus dans la (…) Convention ou à des limitations plus amples de ces droits et libertés que celles prévues à [la] Convention. »
L’article 34 de la Convention est ainsi libellé :
« La Cour peut être saisie d’une requête par toute personne physique, toute organisation non gouvernementale ou tout groupe de particuliers qui se prétend victime d’une violation par l’une des Hautes Parties contractantes des droits reconnus dans la Convention ou ses Protocoles. Les Hautes Parties contractantes s’engagent à n’entraver par aucune mesure l’exercice efficace de ce droit. »
25. La Cour estime que ce grief est étroitement lié à celui relatif à l’effectivité du remède « Pinto » et doit par conséquent suivre le même sort (Provide S.r.l. c. Italie, précité, §§ 40-42).
26. Eu égard à la conclusion figurant au paragraphe 23 ci-dessus, la Cour estime que ce grief doit être rejeté comme manifestement mal fondé, en application de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
27. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
28. La requérante réclame une somme évaluée entre 8 200 et 12 300 euros (EUR) à titre du préjudice non patrimonial qu’elle aurait subi.
29. Le Gouvernement s’en remet à la sagesse de la Cour.
30. En ce qui concerne le dommage non patrimonial, la Cour estime qu’elle aurait pu accorder, en l’absence de voies de recours internes, la somme de 10 000 EUR en prenant en compte les retards imputables à la requérante. Le fait que les juridictions nationales n’aient rien accordé à la requérante aboutit selon la Cour à un résultat manifestement déraisonnable. Par conséquent, eu égard aux caractéristiques de la voie de recours « Pinto » et au fait que, malgré ce recours interne, elle soit parvenue à un constat de violation, la Cour, compte tenu de la solution adoptée dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie, précité, §§ 139-142 et § 146 et, statuant en équité, alloue à la requérante 4 500 EUR.
B. Frais et dépens
31. La requérante demande le remboursement d’une somme d’environ 7 300 EUR pour frais et dépens relatifs à la procédure « Pinto », ainsi que 16 792,88 EUR pour celle à Strasbourg.
32. Selon la jurisprudence de la Cour, l’allocation des frais et dépens au titre de l’article 41 présuppose que se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux (Can et autres c. Turquie, no 29189/02, du 24 janvier 2008, § 22).
33. En l’espèce, la Cour estime qu’il y a lieu de rembourser à la requérante les frais encourus devant la cour d’appel de Venise et la Cour de cassation, ainsi que ceux de la procédure à Strasbourg. Statuant en équité comme le veut l’article 41 de la Convention, elle juge raisonnable d’octroyer 3 800 EUR à ce titre (voir, parmi d’autres, Vehbi Ünal c. Turquie, no 48264/99, § 65, 9 novembre 2006, et Provide S.r.l. c. Italie, précité, §§ 47-48).
C. Intérêts moratoires
34. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant aux griefs tirés des articles 6 § 1 et 13 de la Convention et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;
3. Dit qu’il n’y a pas eu violation de l’article 13 de la Convention ;
4. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser à la requérante, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
i. 4 500 EUR (quatre mille cinq cents euros) pour dommage moral, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt ;
ii. 3 800 EUR (trois mille huit cents euros) pour frais et dépens, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par la requérante ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ce montant sera à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 8 juillet 2008 en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Sally Dollé Françoise Tulkens
Greffière Présidente

A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza

Il Diritto dell'Espropriazione è una materia molto complessa e poco conosciuta, che "ingloba" parti importanti di molteplici rami del diritto. Per tutelarsi è quindi essenziale farsi assistere da un Professionista (con il quale si consiglia di concordare in anticipo i costi da sostenere, come ormai consentito dalle leggi in vigore).

Se l'espropriato ha già un Professionista di sua fiducia, può comunicagli che sul nostro sito trova strumenti utili per il suo lavoro.
Per capire come funziona la procedura, quando intervenire e i costi da sostenere, si consiglia di consultare la Sezione B.6 - Come tutelarsi e i Costi da sostenere in TRE Passi.

  • La consulenza iniziale, con esame di atti e consigli, è sempre gratuita
    - Per richiederla cliccate qui: Colloquio telefonico gratuito
  • Un'eventuale successiva assistenza, se richiesta, è da concordare
    - Con accordo SCRITTO che garantisce l'espropriato
    - Con pagamento POSTICIPATO (si paga con i soldi che si ottengono dall'Amministrazione)
    - Col criterio: SE NON OTTIENI NON PAGHI

Se l'espropriato è assistito da un Professionista aderente all'Associazione pagherà solo a risultato raggiunto, "con i soldi" dell'Amministrazione. Non si deve pagare se non si ottiene il risultato stabilito. Tutto ciò viene pattuito, a garanzia dell'espropriato, con un contratto scritto. è ammesso solo un rimborso spese da concordare: ad. es. 1.000 euro per il DAP (tutelarsi e opporsi senza contenzioso) o 2.000 euro per il contenzioso. Per maggiori dettagli si veda la pagina 20 del nostro Vademecum gratuito.

La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 18/01/2025