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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE BELEV ET AUTRES c. BULGARIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 6, P1-1
Numero: 16354/02 /2009
Stato: Bulgaria
Data: 2009-04-02 00:00:00
Organo: Sezione Quinta
Testo Originale

QUINTA SEZIONE
CAUSA BELEV ED ALTRI C. BULGARIA
( Richieste numeri 16354/02, 16485/02, 16878/02, 16885/02, 16886/02, 16889/02, 17333/02, 17340/02, 17344/02, 17613/02, 17725/02, 17726/02, 18410/02, 18413/02, 18414/02, 18416/02, 21023/02, 21024/02, 21027/02, 21029/02, 21030/02, 21033/02, 21038/02, 21052/02, 21071/02, 21284/02, 21378/02, 21800/02, 22430/02, 22433/02, 26478/02, 26498/02, 31049/02, 31333/02, 31518/02, 37816/02, 42567/02, 43529/02, 758/03, 3461/03 e 11219/03)
SENTENZA
STRASBURGO
2 aprile 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Belev ed altri c. Bulgaria,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, quinta sezione, riunendosi in una camera composta da:
Rait Maruste, presidente, Karel Jungwiert, Renate Jaeger, Marco Villiger, Isabelle Berro-Lefèvre, Mirjana Lazarova Trajkovska, Zdravka Kalaydjieva, giudici,
e da Claudia Westerdiek, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 10 marzo 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trovano 41 richieste dirette contro la Repubblica della Bulgaria in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”) da 42 cittadini di questo Stato (“i richiedenti”) i cui dettagli, ivi comprese le date di introduzione delle richieste, figurano qui accluse alla presente sentenza.
2. I richiedenti che sono stati ammessi a favore dell’assistenza giudiziale, sono rappresentati dalla Sig.ra S. M-V, giurista a Sofia, e da I.T, avvocato a Pleven. Il governo bulgaro (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra M. Kotseva, del ministero di Giustizia.
3. I richiedenti si lamentavano delle difficoltà di ottenere l’esecuzione dei giudizi definitivi resi a loro favore contro il loro vecchio datore di lavoro.
4. Con una decisione dell’ 11 dicembre 2007, la Corte ha deciso di unire le richieste e le ha dichiarate ammissibili.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono tutti dei vecchi salariati della raffineria P., situata a Pleven. Vecchia impresa pubblica, la società fu oggetto di una privatizzazione parziale durante gli anni 90. A seguito di ulteriori trasformazioni, fu nominata N. P..
A. Il procedimento di correzione e di liquidazione giudiziale della società P.
6. In seguito alle difficoltà che conosceva l’impresa, un procedimento di correzione e di liquidazione giudiziale (производство по несъстоятелност) fu aperto con un giudizio del tribunale regionale ( окръжен съд) di Pleven in data del 29 luglio 1998. I crediti dei salariati furono d’ufficio iscritti sull’elenco dei crediti dichiarati, in applicazione dell’articolo 687 della legge sul commercio.
7. Con un giudizio dell’ 8 luglio 1999, il tribunale regionale approvò il piano di correzione proposto dall’impresa debitrice, che prevedeva il proseguimento dell’attività ed uno scaglionamento dei pagamenti, e mise un termine al procedimento di correzione e di liquidazione giudiziale. I crediti ammessi dei vecchi salariati furono inclusi nel piano di correzione. Questo entrò in vigore a seguito alla conferma del giudizio da parte della Corte suprema di cassazione, il 20 aprile 2000.
8. Non avendo effettuato i pagamenti contemplati nel piano di correzione la società P., parecchi richiedenti sollecitarono, come contemplato dall’articolo 708 della legge sul commercio, il rilascio di titoli esecutivi per i loro crediti sulla base del giudizio dell’ 8 luglio 1999, per potere ottenere l’esecuzione costretta secondo le vie di diritto comune. Il tribunale regionale fece diritto alle loro istanze.
9. Sulla base di questi titoli esecutivi, rilasciati negli ultimi mesi dell’anno 2000, i richiedenti impegnarono dei procedimenti di esecuzione forzata presso il giudice incaricato dell’esecuzione del tribunale del distretto (районен съд) di Pleven.
10. Tuttavia, la società P. introdusse dei ricorsi contro le decisioni del tribunale regionale di rilasciare dei titoli esecutivi ai richiedenti. Le pratiche di esecuzione furono mandate al tribunale per l’esame dei ricorsi così introdotti. Il tribunale regionale respinse i ricorsi e confermò che i titoli esecutivi erano stati rilasciati validamente. La società introdusse dei ricorsi in appello poi, in seguito al rigetto di questi, delle istanze di riapertura dinnanzi alla Corte di cassazione.
11. Questi procedimenti si conclusero in differenti date nel 2003 e nel 2004 per i rispettivi richiedenti. Le pratiche furono tornate poi al servizio dell’esecuzione per il perseguimento dei procedimenti di esecuzione, per certi non anteriori al 2005. Malgrado la mancanza, in principio, di effetto sospensivo dei ricorsi diretti contro i titoli esecutivi (articolo 244 del codice di procedimento civile) i procedimenti di esecuzione impegnati dai richiedenti restarono di fatto bloccati al motivo che le pratiche erano state trasferite alle differenti giurisdizioni competenti.
B. I procedimenti giudiziali consecutivi alla rottura dei contratti di lavoro dei richiedenti
12. I contratti di lavoro dei richiedenti furono rotti tramite licenziamento o in modo amichevole in differenti date durante l’anno 1999. Gli interessati impegnarono dinnanzi al tribunale del distretto di Pleven delle azioni che miravano ad ottenere il pagamento degli stipendi e delle differenti indennità legate alla rottura dei loro contratti che non erano stati compresi nel piano di correzione. Ottennero la condanna del loro vecchio datore di lavoro. Quando i giudizi resi diventarono definitivi, i richiedenti si fecero rilasciare anche dei titoli esecutivi per questi crediti.
13. Sulla base di questi titoli, i richiedenti sollecitarono presso il giudice incaricato dell’esecuzione, nel corso dell’ anno 2001, l’apertura di procedimenti civili di esecuzione forzata. Su loro richiesta, il giudice sollecitò parecchie misure conservatorie su dei beni della società.
14. Conformemente all’articolo 157 del codice di procedimento fiscale, il giudice informò l’agenzia dei crediti pubblici (Агенция за държавни вземани) dell’apertura dei procedimenti di esecuzione. Con una lettera indirizzata al giudice d’esecuzione in data del 24 settembre 2001, l’agenzia dei crediti pubblici informò questo che l’impresa P. aveva più di 52 milioni di lev (BGN) di debiti di origine pubblica. L’agenzia indicò peraltro che non c’era procedimento pubblico di esecuzione in corso per il recupero di questi debiti e che i sequestri non erano stati sollecitati su dei beni immobili ma che un sequestro conservatorio di conti bancari dell’impresa era stato imposto.
15. La direzione della società introdusse allora dei ricorsi giudiziali contro gli atti sollecitati dal giudice d’esecuzione nella cornice dei procedimenti di esecuzione impegnati dai richiedenti e chiese, in virtù dell’articolo 157 capoverso 5 del codice di procedimento fiscale, la sospensione di questi procedimenti nella misura in cui i debiti di origine pubblica superavano il 50% dell’importo globale dei suoi debiti. Il tribunale del distretto di Pleven la cui decisione fu confermata dal tribunale regionale in seguito, ordinò la sospensione dei procedimenti individuali di esecuzione ed annullò le misure conservatorie imposte a profitto dei vecchi salariati. I richiedenti furono informati della sospensione dei loro procedimenti individuali e del proseguimento di un procedimento pubblico d’esecuzione da parte dell’agenzia dei crediti pubblici durante i mesi di gennaio e febbraio 2002.
16. In seguito, certi richiedenti si rivolsero al ministero delle Finanze ed al procuratore generale per lamentarsi della sospensione dei procedimenti, considerando che questa risultava da una manovra fraudolenta della società allo scopo di non onorare i suoi debiti. Denunciavano in particolare il fatto che l’agenzia dei crediti pubblici non aveva sollecitato nessuna misura di esecuzione e che erano così nell’impossibilità di ricuperare i loro crediti.
17. Con un’ordinanza del 9 settembre 2002, la procura generale considerò che non c’era luogo per dei perseguimenti penali.
18. L’agenzia dei crediti pubblici rispose ai richiedenti, con lettera dell’ 8 gennaio 2002, che la sospensione del procedimento era conforme alla legge e che le misure conservatorie erano state imposte su dei beni della società. Non risulta dai documenti presentati dinnanzi alla Corte se tali misure fossero state sollecitate effettivamente in questa data. Il 7 febbraio 2002, l’agenzia regionale dei crediti pubblici impose un sequestro conservatorio (възбрана) su una ventina di beni immobiliari della società. Il 2 gennaio 2003, l’agenzia impose un sequestro conservatorio (запор) su 14 034 beni mobiliari, macchine, veicoli ed altro, appartenenti alla società.
19. Con una lettera indirizzata al giudice d’esecuzione il 16 giugno 2003, la società P. informava questo dei sequestri conservatori imposti dall’agenzia dei crediti pubblici e della sua intenzione di contestare ogni misura di esecuzione che questo avrebbe assunto a profitto di creditori privati.
C. Ulteriori sviluppi dell’esecuzione dei crediti dei richiedenti
20. Parecchie domande di misure conservatorie o di esecuzione che i richiedenti sollecitarono in seguito presso il giudice incaricato dell’esecuzione furono respinte in ragione dei sequestri imposti dall’agenzia dei crediti pubblici. Tuttavia, certi richiedenti giunsero a proseguire delle misure di esecuzione ed a ricevere dei pagamenti. Così il Sig. M. (richiesta no 17344/02) ricevette 9 323 BGN nel marzo 2004, la Sig.ra G. (richiesta no 17725/02) un pagamento di 14 846 BGN nel settembre 2003, la Sig.ra T. (richiesta no 21071/02) un pagamento di 953 BGN nel giugno 2001.
21. Gli importi accordati ad ogni richiedente, deduzione fatta dei pagamenti parziali ricevuti, sono stati indicati sotto nel quadro al paragrafo 123.
D. Il ricorso per concorrenza sleale
22. Nel giugno 2004, quattro società concorrenti di P. investirono la Commissione di protezione della concorrenza di un ricorso per concorrenza sleale. Con una decisione del 10 febbraio 2005, la Commissione di protezione della concorrenza constatò che per cinque anni, dall’adozione del piano di correzione nel luglio 1999, lo stato nella persona dell’agenzia dei crediti pubblici non aveva intrapreso nessuna misura per fare eseguire i suoi crediti e non aveva dato prova del normale zelo che ci si potrebbe aspettare da un creditore desideroso di ricuperare i suoi crediti. La commissione considerò che questa situazione costituiva un aiuto indiretto dello stato a profitto della società P. e dunque un caso di concorrenza sleale.
23. In seguito ai ricorsi esercitati dalla società P. e dalle autorità pubbliche riguardate, la Corte amministrativa suprema confermò questa decisione con una sentenza del 12 ottobre 2006.
E. La riapertura del procedimento di liquidazione giudiziale
24. Durante il 2005, una banca creditore di P. chiese la ripresa del procedimento collettivo in applicazione dell’articolo 709 della legge sul commercio, al motivo che la società non rispettava le modalità del piano di correzione. Con un giudizio del 19 luglio 2005, il tribunale regionale di Pleven fece diritto a questa domanda. Tuttavia, il giudizio fu annullato dalla Corte suprema di cassazione il 27 dicembre 2005 al motivo che il creditore in questione deteneva meno del 15% dei debiti della società e non soddisfaceva quindi alle condizioni legali per chiedere la riapertura del procedimento.
25. Lo stesso creditore introdusse in seguito una nuova istanza, congiuntamente ad un’altra banca. Il tribunale regionale fece diritto e, con un giudizio del 19 maggio 2006, ordinò la ripresa del procedimento, dichiarò la società in liquidazione, ordinò il sequestro di tutti i suoi beni e la realizzazione dell’attivo.
26. A seguito di questo giudizio, i richiedenti dichiararono i loro crediti nei termini assegnati. I liquidatori giudiziali stabilirono poi un elenco dei crediti ammessi che furono approvati, dopo esame delle obiezioni sollevate, da un’ordinanza del tribunale regionale dell’ 8 gennaio 2007.
27. L’impresa fu messa in vendita e ceduta per un importo di 44,4 milioni di lev (circa 22,2 milioni di euro) il 18 giugno 2007. L’ 8 agosto 2007, i liquidatori giudiziali stabilirono un conto parziale di ripartizione (частична сметка) del prodotto della vendita. Parecchi creditori tra cui certi richiedenti, contestarono il conto di ripartizione dinnanzi al tribunale regionale di Pleven al motivo che una parte dei loro crediti non era stata inclusa. Secondo il rapporto di perizia effettuato su richiesta del tribunale, tutti i crediti compresi nel piano di correzione e nell’elenco dei crediti ammessi era stato incluso nel conto di ripartizione. Il perito indicò che non poteva fornire una spiegazione alla questione di sapere perché certi titoli esecutivi prodotti dai creditori non figuravano su questi elenchi.
28. Con un’ordinanza del 21 settembre 2007, il tribunale approvò il conto di ripartizione dopo avervi portato certe modifiche. I richiedenti riguardati interposero appello. Il 21 gennaio 2008, la corte di appello di Veliko Tarnovo respinse i ricorsi e confermò l’ordinanza.
29. Gli importi inclusi nel conto di ripartizione approvato dal tribunale dovevano essere versati agli interessati l’ 8 aprile 2008.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
A. Il codice di procedura civile
30. Gli articoli 323 a 359 del codice di procedura civile del 1952, abrogato oramai dall’entrata in vigore di un nuovo codice il 1 marzo 2008, come applicabile al momento dei fatti pertinenti, regolava i procedimenti civili di esecuzione.
31. Secondo questi testi, il giudice incaricato territorialmente competente dell’esecuzione (съдия-изпълнител) apre un procedimento su richiesta di un creditore munito di un titolo esecutivo e mette in opera le misure di esecuzione sollecitate.
32. In virtù degli articoli 332 a 335, le parti ad un procedimento di esecuzione possono investire il tribunale di un ricorso contro gli atti del giudice d’esecuzione o contro il suo rifiuto di realizzare le misure chieste. Il tribunale può o confermare, o annullare gli atti o il rifiuto attaccati. Il ricorso non ha effetto sospensivo salvo nel caso in cui il tribunale decida diversamente (articolo 335). Dalla modifica, nel novembre 2002, dell’articolo 333, una copia della pratica viene mandata al tribunale incaricato dell’esame del ricorso; prima di questa modifica, il trasferimento dell’originale della pratica sospendeva di facto il proseguimento dell’esecuzione.
33. Secondo l’articolo 355 del codice, quando il prodotto delle vendite realizzate è insufficiente per regolare tutti i creditori che hanno investito il tribunale, il giudice incaricato dell’esecuzione regola da prima i crediti che beneficiano di un privilegio, ripartisce poi il resto tra gli altri creditori. Secondo l’articolo 136 della legge sui contratti e gli obblighi (Закон за задълженията и договорите) i crediti che beneficiano di tale privilegio sono, nell’ordine: i crediti fiscali che hanno per origine un’imposta sul bene oggetto dell’esecuzione; i crediti che beneficiano di una sicurezza reale sul bene in questione; i crediti che risultano da contratti di lavoro ed i crediti di alimenti; i crediti pubblici. Altre leggi possono contemplare anche un diritto di preferenza per certi crediti. L’ordine dei crediti così stabilito non si applica nella cornice di un procedimento di liquidazione giudiziale.
B. Il codice di procedura fiscale
34. Il codice di procedura fiscale (Данъчен процесуален кодекс) in vigore dal 1 gennaio 2000 ed abrogato il 1 gennaio 2006, regolava, tra l’altro, le vie di recupero dei crediti di origine pubblica da parte dell’agenzia dei crediti pubblici (Агенция за държавни вземания). I crediti pubblici sono definiti come i crediti degli organismi dello stato e delle collettività pubbliche aventi per origine le imposte, le tasse, le multe e i contributi sociali obbligatori.
35. In virtù dell’articolo 157 del codice, in caso di concorso tra un procedimento civile di esecuzione ed un procedimento pubblico di esecuzione, nessuna misura civile di esecuzione forzata può essere sollecitata contro un bene che è oggetto di misure di esecuzione per i crediti pubblici (articolo 157 capoverso 1).
36. Peraltro, quando un giudice d’esecuzione intraprende delle misure di esecuzione forzata sui beni di un debitore, è tenuto ad informare l’agenzia dei crediti pubblici. Entro 14 giorni, l’agenzia deve stabilire un attestato che indichi quale sia l’importo dei crediti pubblici a riguardo di questo debitore e se delle misure conservatorie sono state imposte dall’agenzia. Per tutti i crediti così dichiarati prima della ripartizione del prodotto dell’esecuzione forzata, lo stato è considerato come avente gli stessi diritti dei creditori che hanno investito il tribunale (articolo 157 capoversi da 2 a 4).
37. In virtù del capoverso 5 dell’articolo 157, quando l’importo totale dei crediti pubblici dichiarati rappresenta più del 50% dell’importo totale dei crediti rivendicati, ogni procedimento civile di esecuzione viene sospeso e l’agenzia dei crediti pubblici impegna un procedimento di esecuzione in applicazione delle disposizioni del codice di procedura fiscale. In virtù dell’articolo 158, se restano dei fondi dopo l’ordinamento dei crediti e degli oneri d’esecuzione, questi vengono trasmessi al giudice nella cornice del procedimento civile d’esecuzione. L’articolo 157 capoverso 5 è stato abrogato il 30 aprile 2002.
38. In seguito ad una richiesta che mirava a fare dichiarare parecchie disposizioni del codice di procedura fiscale contrarie alla Costituzione, la Corte costituzionale ha reso la decisione no 2 del 30 marzo 2000. Per ciò che riguarda l’articolo 157 del codice, la corte ha considerato che creando la possibilità per l’agenzia dei crediti pubblici di intervenire in ogni procedimento civile di esecuzione forzata, questa disposizione instaurava un privilegio procedurale certo a profitto dello stato ma che questo era giustificato dall’interesse generale di garantire il recupero dei crediti di origine pubblica ed il buon funzionamento dello stato, e non andava contro l’obbligo di questo ultimo di proteggere la proprietà privata.
39. A contare dal 1 gennaio 2006, un nuovo codice di procedura fiscale e di previdenza sociale (Данъчно-осигурителен процесуален кодекс) è entrato in vigore, riprendendo essenzialmente le disposizioni del codice di procedura fiscale (articoli 191 e seguenti concernenti il concorso di procedimenti di esecuzione).
C. La legge sul commercio (Търговски закон)
40. Gli articoli 607 e seguenti di questa legge regolano il procedimento di correzione e di liquidazione giudiziale.
41. In virtù dell’articolo 638, l’apertura di un procedimento collettivo provoca la sospensione dei procedimenti di esecuzione individuale.
42. I crediti che risultano da contratti di lavoro sono iscritti d’ufficio sull’elenco dei crediti (articolo 687).
43. Gli articoli 696 e seguenti contemplano la possibilità di adottare un piano di correzione, accettato dal debitore e dai creditori, che possa contemplare in particolare uno scaglionamento o una cancellazione dei debiti. L’approvazione del piano da parte del tribunale mette fine al procedimento di correzione giudiziale. Sulla base del piano approvato dal tribunale, i creditori possono ottenere un titolo esecutivo che permette l’esecuzione forzata (articolo 708).
44. Peraltro, se il debitore non rispetta le modalità del piano di correzione, i creditore detentori come minimo del 15% dei crediti possono chiedere la ripresa del procedimento collettivo, senza possibilità di correzione. In questo caso, il tribunale dichiara il debitore in liquidazione, impone un sequestro conservatorio sull’insieme dei suoi beni ed ordina la realizzazione dell’attivo (articoli dal 709 al 711). Lo stato creditore ha la stessa possibilità anche se detiene meno del 15% dei crediti (articolo 153 capoverso 3 del codice di procedura fiscale, articolo 189 capoverso 5 del nuovo codice di procedura fiscale e di sicurezza sociale).
45. L’articolo 722 della legge sul commercio stabilisce l’ordine dei crediti nella cornice del procedimento di correzione e di liquidazione giudiziale come segue:
1) crediti che beneficiano di sicurezze reali sul bene che è oggetto dell’esecuzione,;
2) crediti che hanno dato adito all’ esercizio di un diritto di ritenzione sul bene in questione;
3) onere del procedimento di correzione e di liquidazione giudiziale che comprende in particolare i crediti risultanti dai contratti di lavoro in caso di proseguimento dell’attività;
4) crediti risultanti dai contratti di lavoro che sono nati prima dell’apertura del procedimento collettivo;
5) crediti di alimenti;
6) crediti pubblici nati prima dell’apertura del procedimento collettivo;
7) crediti nati dopo l’apertura del procedimento collettivo e legati al proseguimento dell’attività;
8) gli altri crediti chirografari anteriori all’apertura del procedimento;
9) gli interessi legali o convenzionali dovuti su dei crediti chirografari, toccati dopo il giudizio di apertura del procedimento.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
46. Invocando il diritto ad un processo equo e l’esigenza di termine ragionevole garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, i richiedenti si lamentano dell’impossibilità prolungata di ottenere l’esecuzione dei giudizi resi a loro favore contro il loro vecchio datore di lavoro. La Corte stima che conviene esaminare questo motivo di appello allo sguardo del diritto ad un tribunale garantito dall’articolo 6 § 1 le cui parti pertinenti dispongono:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita, pubblicamente ed in un termine ragionevole, da un tribunale, che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Argomenti delle parti
1. I richiedenti
47. I richiedenti considerano che la sospensione dei procedimenti di esecuzione che avevano impegnato ed i privilegi accordati ai crediti pubblici hanno avuto per effetto, nel loro caso particolare, di privarli della possibilità di eseguire i giudizi definitivi resi a loro favore per un lungo periodo e dunque di rendere inutili ed illusori i procedimenti interni che erano arrivati a questi giudizi.
48. Per ciò che riguarda, da una parte, l’esecuzione dei giudizi individuali resi dopo il piano di correzione, i richiedenti espongono che i procedimenti di esecuzione impegnati sono stati da prima sospesi in applicazione dell’articolo 157 capoverso 5 del codice di procedura fiscale e che anche dopo l’abrogazione di questa disposizione, essendo stato aperto un procedimento pubblico di esecuzione e avendo imposto l’agenzia dei crediti pubblici un sequestro conservatorio sulla maggior parte dei beni della società debitrice, la possibilità di procedere a misure di esecuzione costretta dei loro crediti era completamente teorica.
49. I richiedenti mettono in evidenza che la regolamentazione esistente permette allo stato di intervenire in ogni procedimento di esecuzione quando esistono degli importanti debiti di origine pubblica. In simile caso, i creditori privati sono posti in una situazione di incertezza concernente la possibilità stessa o i termini di ottenimento di un pagamento.
50. Stimano che nel loro caso particolare la regolamentazione in causa è stata applicata in modo abusivo per favorire l’impresa P.. Espongono difatti che i crediti pubblici in questione esistevano già dagli anni 1998-1999, molto prima dell’apertura dei loro procedimenti di esecuzione, e che le autorità competenti non avrebbero malgrado ciò intrapreso nessuna misura in vista del loro recupero prima del 2002.
51. Anche dopo l’apertura del procedimento pubblico di esecuzione, l’agenzia dei crediti pubblici sarebbe restata passiva ed lei misure conservatorie imposte non sarebbero state seguite dall’esecuzione. Quindi, al posto di garantire il recupero dei crediti pubblici, queste misure hanno avuto per effetto di proteggere la società dei creditori privati impedendole di proseguire l’esecuzione.
52. Per ciò che riguarda la possibilità, invocata dal Governo, di procedere ad un’esecuzione su dei beni della società che non erano stati oggetto di misure conservatorie da parte dell’agenzia pubblica, i richiedenti considerano che non esisteva in pratica, tenuto conto del fatto che l’agenzia dei crediti pubblici aveva imposto un sequestro conservatorio sulla maggior parte dei beni della società debitrice e che ne imponeva una ogni volta che un creditore privato impegnava delle misure di esecuzione contro un nuovo bene.
53. Trattandosi, d’altra parte, dei crediti anteriori al piano di correzione, i richiedenti avanzano che benché si siano visti rilasciare dei titoli esecutivi sulla base del giudizio dell’ 8 luglio 1999, l’esecuzione è stata bloccata in ragione dei ricorsi introdotti dalla società P.. Difatti, anche se il codice di procedura civile contemplava che tali ricorsi non avessero effetto sospensivo, i procedimenti di esecuzione erano di facto bloccati in ragione del trasferimento delle pratiche alle giurisdizioni investite dei ricorsi. Dopo il rigetto dei ricorsi, si è potuto riprendere l’esecuzione, i richiedenti si sono trovati nell’impossibilità di procedere all’esecuzione in ragione dei sequestri imposti dall’agenzia dei crediti pubblici come per l’altro gruppo di crediti, sopra menzionato.
2. Il Governo
54. Il Governo ricorda che il diritto ad un tribunale garantito dall’articolo 6 non è assoluto e può essere oggetto di restrizioni. Nello specifico, è vero che il codice di procedura fiscale contemplava che lo stato potesse unirsi in quanto creditore ad ogni procedimento di esecuzione individuale, che le misure di esecuzione non potessero essere prese su dei beni che erano oggetto di un sequestro da parte dell’agenzia dei crediti pubblici e che i procedimenti individuali di esecuzione potessero essere interrotti a profitto di un procedimento pubblico sotto l’effetto dell’articolo 157 capoverso 5 del codice di procedimento fiscale; tuttavia, il Governo considera che queste misure costituiscano delle restrizioni al diritto di ottenere l’esecuzione di un giudizio che era previsto dalla legge e legittimo allo scopo di garantire il recupero dei crediti pubblici.
55. Considera inoltre che i richiedenti avevano la possibilità di intraprendere delle misure di esecuzione sui beni della società su cui l’agenzia pubblica non aveva imposto misure conservatorie.
B. Valutazione della Corte
1. Principi generali
56. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza, l’esecuzione di un giudizio o di una sentenza, di qualunque giurisdizione questo sia, deve essere considerato come facenteparte integrante del “processo” ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione (Hornsby c. Grecia, 19 marzo 1997, § 40, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-II; Immobiliare Saffi c. Italia [GC], no 22774/93, § 63, CEDH 1999-V).
57. Il diritto all’esecuzione di una decisione di giustizia è così uno degli aspetti del diritto di accesso ad un tribunale. Certo, questo diritto non è assoluto: richiama anche per sua natura una regolamentazione in materia da parte dello stato che gode di un certo margine di valutazione. Così, la Corte ha considerato che il diritto ad un tribunale non impone agli Stati contraenti di fare eseguire ogni giudizio di carattere civile qualunque sia e qualunque siano le circostanze (Sanglier c. Francia, no 50342/99, § 39, 27 maggio 2003).
58. Gli Stati hanno tuttavia l’obbligo positivo di mettere in posto un sistema che sia effettivo in pratica come in diritto e garantisca in particolare l’esecuzione delle decisioni giudiziali definitive tra persone private (Fouklev c. Ucraina, no 71186/01, § 84, 7 giugno 2005; Ruianu c. Romania, no 34647/97, § 66, 17 giugno 2003). La responsabilità dello stato concernente l’esecuzione di un giudizio da parte di una persona di diritto privato può trovarsi impegnata quindi se le autorità pubbliche implicate nei procedimenti di esecuzione mancano dello zelo richiesto o anche impediscono l’esecuzione (Fouklev, precitata, § 67).
59. La Corte ha ammesso anche che un intervento dello stato in un procedimento di esecuzione di un giudizio potrebbe rivelarsi giustificato in certe circostanze particolari, in particolare nella cornice del margine di valutazione di cui questo gode in materia di regolamentazione dell’uso dei beni. Tuttavia, simile intervento non può avere come conseguenza di impedire, invalidare o ritardare in modo eccessivo l’esecuzione né, ancora meno, di rimettere in questione il merito delle decisioni rese (Immobiliare Saffi, precitata, § 74).
60. In ogni caso, la Corte deve convincersi che le limitazioni messe in opera non restringono l’accesso offerto all’individuo in un modo o ad un punto tale che il diritto venga raggiunto nella sua stessa sostanza. Simile limitazione si concilia con l’articolo 6 § 1 solo se tende ad uno scopo legittimo e se esiste un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto (Matheus c. Francia, no 62740/00, § 56, 31 marzo 2005; Sabin Popescu c. Romania, no 48102/99, 2 marzo 2004, § 66).
2. Applicazione al caso specifico
61. La Corte nota al primo colpo che nel presente caso il debitore era una società commerciale di diritto privato e che le autorità pubbliche non erano direttamente tenute all’esecuzione dei giudizi in causa. Ricercherà quindi se le azioni o le inoperosità delle autorità pubbliche hanno avuto per effetto di impedire o di ritardare l’esecuzione di suddetti giudizi al punto di portare una violazione dell’articolo 6 § 1.
62. La Corte considera che c’è luogo di distinguere nello specifico l’esecuzione dei giudizi posteriori al piano di correzione pronunciato alla conclusione dei procedimenti individuali impegnati dai richiedenti (paragrafo 12 sopra) e quella dei titoli esecutivi rilasciati in virtù del giudizio dell’ 8 luglio 1999 nella cornice del procedimento di correzione giudiziale (paragrafo 8 sopra).
63. Trattandosi del primo gruppo di giudizi, la Corte rileva che i procedimenti di esecuzione impegnati dai richiedenti sono stati sospesi nel gennaio 2002 in applicazione dell’articolo 157 capoverso 5 del codice di procedura fiscale a profitto di un procedimento pubblico di esecuzione. Gli interessati non potevano più intraprendere perciò, alcun passo in vista dell’esecuzione costretta dei loro giudizi e potevano essere tributari dell’azione dell’agenzia dei crediti pubblici per ottenere un ordinamento dei loro propri crediti (vedere sopra 36 e 38 paragrafi).
64. È vero che dopo l’abrogazione della disposizione in questione nell’aprile 2002, i richiedenti avevano in teoria la possibilità di ricominciare il procedimento di esecuzione. Tuttavia, l’agenzia dei crediti pubblici aveva imposto dei sequestri conservatori sulla maggior parte dei beni immobiliari e di numerosi beni mobiliari della società che rendevano impossibile l’esecuzione su questi beni. Tenuto conto dell’ampiezza dei sequestri così imposti, ed anche se certi richiedenti sono giunti tuttavia ad ottenere un ordinamento, la Corte riconosce che era molto difficile in pratica per gli interessati trovare dei beni su cui esercitare l’esecuzione. Rileva che questa situazione è perdurata fino alla riapertura del procedimento di liquidazione giudiziale nel maggio 2006.
65. La Corte può ammettere che, nella cornice del margine di valutazione degli Stati, le autorità fiscali possano vedersi accordare certi privilegi allo scopo di garantire il recupero dei crediti pubblici. Tuttavia, è obbligata a constatare che nel caso specifico, anche se l’intervento delle autorità perseguiva all’origine tale obiettivo, è difficile considerare che gli atti delle autorità siano restati proporzionati a questo scopo. La Corte rileva difatti che, malgrado i sequestri conservatori imposti, nessuna misura di esecuzione contro la società P. è stata impegnata dall’agenzia dei crediti pubblici. La Commissione di protezione della concorrenza ha constatato nella sua decisione del 10 febbraio 2005 del resto che astenendosi dal prendere delle misure di esecuzione per cinque anni circa, l’agenzia dei crediti pubblici non aveva dato prova dello zelo che normalmente ci si aspetta da un creditore e ha stimato che questa situazione fosse costitutiva di una sovvenzione indiretta dello stato alla società P..
66. Alla vista di queste osservazioni, la Corte considera che l’intervento dell’agenzia dei crediti dello stato nel corso dei procedimenti impegnati dai richiedenti e la sua susseguente passività, mentre i procedimenti degli interessati rimanevano bloccati, ha reso quasi impossibile l’esecuzione dei giudizi dei richiedenti durante più di quattro anni, senza che questa situazione apparisse giustificata da una qualsiasi considerazione legittima.
67. Trattandosi del secondo gruppo di titoli esecutivi, quelli rilasciati sulla base del giudizio dell’ 8 luglio 1999, la Corte rileva che i procedimenti di esecuzione impegnati dai richiedenti sono stati, in un primo tempo, sospesi in ragione dei ricorsi introdotti dalla società P.. Se le autorità non possono essere ritenute per responsabili dell’utilizzazione, da parte della società debitrice, delle vie di diritto esistenti, la Corte nota che l’esame di questi ricorsi ha necessitato da due a tre anni, termine che sembra a prima vista eccessivo. Difatti, questi ricorsi riguardavano la semplice decisione di rilasciare dei titoli esecutivi ai richiedenti sulla base del giudizio che aveva approvato il piano di correzione e non sembravano presentare una complessità particolare. Peraltro, tale durata non potrebbe essere già considerata come ragionevole tenuto conto della natura salariale dei crediti dei richiedenti e dei ritardi imputati nell’esecuzione.
68. La Corte rileva che poi, quando il perseguimento dei procedimenti di esecuzione è diventato possibile, i richiedenti si sono ritrovati di fronte alle difficoltà descritte sopra per ciò che riguarda il primo gruppo di giudizi (paragrafi 63-66).
69. Alla vista di ciò che precede, la Corte considera che i richiedenti hanno subito una restrizione ingiustificata e sproporzionata del loro diritto di vedere eseguire i giudizi resi a loro favore che ha recato offesa alla sostanza stessa del loro diritto ad un tribunale. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 E DELL’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE
70. I richiedenti considerano che gli ostacoli incontrati ed i ritardi accusati nell’esecuzione dei loro crediti sono anche costitutivi di un attentato al loro diritto al rispetto dei beni, che va contro l’articolo 1 del Protocollo no 1, solo e combinato con l’articolo 13 della Convenzione. Queste disposizioni si leggono come segue:
Articolo 1 del Protocollo no 1
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
Articolo 13
“Ogni persona i cui i diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa da persone agendo nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
A. Argomenti delle parti
1. I richiedenti
71. Secondo i richiedenti, gli importi che sono stati assegnati loro dalle giurisdizioni interne costituiscono dei crediti certi ed esigibili e dunque dei “beni” protetti dall’articolo 1 del Protocollo no 1. Sostengono che l’applicazione dei privilegi a profitto dei crediti pubblici ed il difetto di zelo delle autorità hanno impedito l’esecuzione di questi crediti e che sono rimasti nell’incertezza di potere un giorno ottenerne il pagamento.
72. I richiedenti considerano che anche se hanno ricevuto alla fine certi pagamenti, i loro crediti sono stati solamente parzialmente soddisfatti. Espongono in particolare che non hanno percepito gli interessi moratori il cui importo, tenuto conto del tempo che era trascorso dal momento della pronuncia dei giudizi, aveva raddoppiato il valore dei crediti al principale. Inoltre, per alcuni di loro, e senza spiegazione comprensibile, solamente una parte dei crediti sono stati riconosciuti-sia quelli risultanti dal piano di correzione, sia quelle conclusioni dei giudizi individuali.
73. Concernente la giustificazione di questa situazione, i richiedenti stimano che, anche ammesso che lo stato disponga di un certo margine di valutazione per prendere delle misure per garantire il recupero dell’imposta, si sono visti imporre un carico che non potrebbe essere considerato come proporzionata ad un obiettivo legittimo.
74. I richiedenti ricordano a questo riguardo che i crediti pubblici a profitto dalle quali i loro procedimenti di esecuzione sono stati sospesi esistevano già dal 1998-1999 e che lo stato non aveva preso nessuna misura per il loro recupero prima che i vecchi salariati impegnassero dei procedimenti di esecuzione nel 2001. In seguito, l’agenzia dei crediti pubblici è restata passiva e non ha né proceduto alle esecuzioni forzate né chiesto la ripresa del procedimento di correzione e di liquidazione giudiziale benché ne avesse la possibilità.
75. Difatti, malgrado la sua ostinazione a non eseguire i suoi crediti, l’agenzia avrebbe continuato ad imporre dei sequestri conservatori ogni volta che i creditori privati trovavano dei beni della società “P.” che potevano essere oggetto di una misura di esecuzione. I richiedenti concludono che le misure conservatorie imposte dall’agenzia avevano in realtà per obiettivo di impedire agli altri creditori di ricuperare i loro crediti.
76. Inoltre, più il tempo passava, più le probabilità di ottenere un’esecuzione contro l’impresa che conosceva delle difficoltà ed aveva mantenuto solamente parzialmente la sua attività, si assottigliavano. I richiedenti hanno ricevuto in fin dei conti solo un pagamento parziale.
77. I richiedenti considerano che si sono visti imporre così un carico individuale eccessivo ai sensi della giurisprudenza della Corte. Mettono in evidenza che non erano dei creditori commerciali avendo preso un rischio calcolato, ma che i loro crediti avevano per origine degli stipendi, delle indennità di congedo pagati o di altre indennità che risultavano dai loro contratti di lavoro e costituivano per molti la principale sorgente di redditi per provvedere ai loro bisogni.
78. Sottolineano anche che non disponevano di vie di ricorso per sbloccare la situazione od ottenere un compenso. Indicano a questo riguardo che una legge è stata adottata nel 2004, creando un fondo di garanzia per gli stipendi dovuti dalle imprese in liquidazione ma che le sue disposizioni non si applicavano alle situazioni già in corso.
2. Il Governo
79. Il Governo combatte la tesi dei richiedenti e considera che la regolamentazione applicabile e gli atti intrapresi dalle autorità pubbliche non costituiscono un attentato sproporzionato al loro diritto al rispetto dei beni. Sottolinea che l’ingerenza delle autorità era limitata nella misura in cui l’esecuzione da parte dei creditori privati era esclusa solamente sui soli beni della società che erano stati oggetto di una misura conservatoria da parte dell’agenzia dei crediti pubblici e che lo stato poteva unirsi ai procedimenti di esecuzione privata solo se avesse dichiarato i suoi crediti al giudice incaricato dell’esecuzione. I richiedenti dunque avevano la possibilità di ottenere l’esecuzione costretta dei loro crediti su altri beni della società, non riguardati dalle misure di esecuzione prese dalle autorità pubbliche.
80. Il Governo considera che ad ogni modo, il dovere dello stato di proteggere la proprietà privata non potrebbe prevalere a fronte di altri suoi doveri, come quello di garantire il recupero dei crediti pubblici ed il funzionamento dello stato. Sottolinea inoltre l’importanza strategica dell’impresa P. nell’economia nazionale.
B. Valutazione della Corte
1. Sull’applicabilità dell’articolo 1 del Protocollo no 1
81. Non è contestato tra le parti che i giudizi resi a favore dei richiedenti e che condannavano la società P. a versare loro differenti somme a titolo di stipendi o indennità, così come il giudizio dell’ 8 luglio 1999 che adottava un piano di correzione di suddetta società, erano definitivi ed esecutivi ed avevano fatto nascere a profitto dei richiedenti dei crediti certi ed esigibili costitutivi di “beni” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere, tra altre, Bourdov c. Russia, no 59498/00, § 51, CEDH 2002-III). Come le parti, la Corte stima che l’articolo 1 del Protocollo no 1 si trova quindi ad applicare.
2. Sulla regola applicabile
82. La Corte ricorda che l’articolo 1 del Protocollo no 1 contiene tre norme distinte: la prima che si esprime nella prima frase del primo capoverso e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della proprietà; la seconda, che figura nella seconda frase dello stesso capoverso, prevede la privazione di proprietà; in quanto alla terza, contenuta nel secondo capoverso, riconosce agli Stati il potere di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi. Non si tratta per tanto di regole prive di rapporto tra esse. La seconda e la terza hanno fatto riferimento agli esempi particolari di attentati al diritto di proprietà; quindi, si devono interpretare alla luce del principio consacrato dalla prima (vedere, tra altre, Broniowski c. Polonia [GC], no 31443/96, § 134, CEDH 2004-V; Gasus Dosier – und Fördertechnik GmbH c. Paesi Bassi, 23 febbraio 1995, § 55, serie A no 306-B).
83. Nello specifico, i richiedenti si lamentano degli ostacoli incontrati e dei ritardi intervenuti nell’esecuzione dei crediti di cui erano titolari e dell’esecuzione solamente parziale che hanno potuto ottenere alla fine nella cornice della liquidazione dell’impresa.
84. Gli atti e le omissioni denunciate risultano quindi, in parte, dell’esercizio da parte dell’amministrazione di prerogative che le sono state conferite nella cornice del recupero di crediti fiscali ed assimilati e, in parte, dall’applicazione delle regole relative ai procedimenti di esecuzione forzata ed alla correzione ed alla liquidazione giudiziale delle imprese. La Corte considera che in queste circostanze il motivo di appello deve essere esaminato sul terreno del diritto degli Stati, in virtù del secondo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1, di regolamentare l’uso dei beni nell’interesse generale o di garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe.
3. Sulla natura della violazione addotta
85. La Corte ricorda che l’articolo 1 del Protocollo no 1 tende essenzialmente a premunire l’individuo contro ogni ingerenza ingiustificata dello stato nell’esercizio del diritto al rispetto dei suoi beni. Combinato con l’obbligo generale imposto dall’articolo 1 della Convenzione agli Stati contraenti di garantire ad ogni persona che dipende dalla loro giurisdizione i diritti e libertà che vi sono consacrati, questa disposizione può implicare anche degli obblighi positivi di prendere le misure necessarie per proteggere il diritto di proprietà, e questo anche nei casi che riguardano una controversia tra persone di diritto privato (Sovtransavto Holding c. Ucraina, no 48553/99, § 96, CEDH 2002-VII; Fouklev, precitata, § 90).
86. La frontiera tra gli obblighi positivi e negativi dello stato a titolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non suscita tuttavia una definizione precisa. Nelle circostanze particolari della causa, la Corte stima inutile determinare precisamente se bisogna considerare la condotta delle autorità pubbliche sotto l’angolo degli obblighi positivi dello stato o sul terreno dell’obbligo negativo di questo di astenersi dall’operare delle ingerenze ingiustificate nel diritto al rispetto dei beni, o come una combinazione dei due. I criteri applicabili sono comparabili difatti: in ogni caso, l’atto o l’astensione dall’ agire dello stato deve rispondere al principio di legalità, inseguire un scopo legittimo e predisporre un giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale e la salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (vedere, mutatis mutandis, Broniowski, precitata, §§ 144-146). La Corte esaminerà quindi la situazione dei richiedenti alla luce di questi principi.
4. Sul rispetto dei principi emanati dalla giurisprudenza della Corte
87. La Corte rileva che i richiedenti non sostengono che il comportamento delle autorità pubbliche nello specifico non “fosse previsto dalla legge” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Ammette anche che la regolamentazione pertinente e la sua applicazione nello specifico prevedevano in particolare degli scopi legittimi nell’interesse generale, ossia facilitare il recupero dei crediti pubblici e garantire una gestione equa dell’esecuzione dei crediti, nel caso delle imprese in difficoltà. La principale questione che si pone nello specifico è quindi quella del rispetto del “giusto equilibrio.”
88. La Corte ricorda che affinché questa esigenza sia rispettata ci deve essere un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo legittimo perseguito dall’ingerenza. Controllando il rispetto di questa esigenza, la Corte riconosce però allo stato un certo margine di valutazione tanto per scegliere le modalità di collocamento in opera tanto per giudicare se le loro conseguenze si trovano legittimate, nell’interesse generale, dalla preoccupazione di raggiungere l’obiettivo previsto (Gasus Dosier – und Fördertechnik GmbH, precitata, §§ 60 e 62; Stere ed altri c. Romania, no 25632/02, §§ 51-52, 23 febbraio 2006; Immobiliare Saffi, precitata, § 49).
89. Nel presente genere, concernente innanzitutto l’intervento, nel gennaio 2002, dell’agenzia dei crediti pubblici nei procedimenti individuali di esecuzione impegnati dai richiedenti, la Corte ricorda che in seguito a questo intervento i procedimenti di esecuzione sono stati sospesi, le misure conservatorie imposte sono diventate nulle e gli interessati non potevano più sollecitare altre misure di esecuzione su dei beni che erano oggetto di sequestri conservatori da parte dell’agenzia pubblica (paragrafi 15, 36 e 38 sopra).
90. La Corte considera che la concessione di simili privilegi all’amministrazione fiscale in vista del recupero dei crediti pubblici non potrebbe essere di per sé considerati come se rompessero “il giusto equilibrio” tra l’interesse pubblico ed i diritti individuali, avuto in particolare riguardo al largo margine di valutazione lasciato agli Stati in simile materia (Gasus Dosier – und Fördertechnik GmbH, precitata, § 60).
91. Tuttavia, tenuto conto del rischio che comprendono tali privilegi di imporre agli altri creditori un carico eccessivo in quanto alla possibilità di fare eseguire i loro crediti, la Corte stima che dovrebbero essere vincolati da certe garanzie di procedura per badare affinché il loro collocamento in opera e le loro incidenze per gli altri creditori non siano né arbitrari né imprevedibili (vedere, mutatis mutandis, Immobiliare Saffi, precitata, § 54; F.L. c. Italia, no 25639/94, § 30, 20 dicembre 2001).
92. Nel presente caso, la Corte ha constatato sopra che, a causa dei sequestri imposti su numerosi beni della società e della mancanza di misure di esecuzione da parte dell’agenzia dei crediti pubblici, l’esecuzione dei giudizi dei richiedenti è stata impedita per un periodo di quasi quattro anni (paragrafi 64-66 della presente sentenza). In quanto al secondo gruppo di crediti, quelli derivanti dal piano di correzione, la loro esecuzione è stata da prima ritardata dai termini eccessivi di esame dei ricorsi introdotti dalla società prima di essere bloccata come quella degli altri giudizi (paragrafi 67-68 sopra). Durante questo periodo, i richiedenti sono stati mantenuti così nell’incertezza di sapere se avessero potuto un giorno ricevere pagamento in esecuzione dei giudizi resi a loro favore.
93. La Corte rileva anche che i richiedenti non hanno potuto ricevere un’esecuzione completa dei loro crediti in ragione dell’applicazione delle regole di precedenza dei crediti nella cornice della liquidazione giudiziale che accorda un posto privilegiato ai crediti salariali ma non agli interessi moratori dovuti su tali crediti (paragrafo 45 sopra).
94. Certo, lo stato non potrebbe in principio essere ritenuto come responsabile per un difetto di pagamento dovuto all’insolvenza di un creditore privato (Sanglier, precitata, § 39). La Corte ha ammesso anche che in certi casi, quando il debitore non dispone di fondi sufficienti, l’esercizio da parte dello stato delle sue prerogative in materia fiscale può implicare che gli altri creditori si vedano ridurre la possibilità di ottenere un pagamento integrale dei loro crediti (Gasus Dosier – und Fördertechnik GmbH, precitata, § 69).
95. La Corte ricorda pertanto nella cornice del motivo di appello derivato dall’articolo 6 della Convenzione, che ha considerato che nello specifico gli ostacoli imposti ai procedimenti di esecuzione dei richiedenti ed i ritardi generati per questo fatto non fossero giustificati dal recupero dei crediti pubblici nella misura in cui l’agenzia dei crediti pubblici non aveva proceduto a nessuna misura di esecuzione durante questo periodo (paragrafi 65 e 66 sopra).
96. Non appare peraltro che i richiedenti abbiano avuto un’altra possibilità di ottenere l’esecuzione costretta dei loro crediti, di chiedere la ripresa del procedimento di liquidazione o di rimediare alla mancanza di zelo dell’agenzia pubblica. La possibilità di chiedere la ripresa del procedimento di liquidazione giudiziale in caso di difetto di esecuzione del piano di correzione era difatti solamente aperta ai creditori che detenevano più del 15% dei crediti, il che non era il caso dei richiedenti. Peraltro, il fondo nazionale di garanzia degli stipendi creato in seguito non ha potuto trovare applicazione nel loro caso.
97. In queste circostanze, la Corte considera che i ritardi intervenuti nell’esecuzione e l’impossibilità per i richiedenti di ottenere principalmente il pagamento della totalità dei loro crediti non erano dovuti all’insolvenza della società debitrice, ma erano la conseguenza dell’intervento delle autorità pubbliche nei procedimenti di esecuzione impegnati dagli interessati, dalla susseguente passività di queste e della durata eccessiva di certi procedimenti (vedere, a contrario, F.L. c. Italia, precitata, § 34).
98. Ora, la Corte rileva che i crediti dei richiedenti consistevano negli stipendi e nelle indennità derivanti dai loro contratti di lavoro e rivestivano quindi un’importanza particolare per gli interessati. Inoltre, non si potrebbe considerare i richiedenti come i creditori commerciali che hanno preso un rischio cosciente contraendo con la società e che devono sopportare di conseguenza le conseguenze dell’esistenza di debiti fiscali nel patrimonio di questa 8Gasus Dosier – und Fördertechnik GmbH, precitata, § 70).
99. Alla vista di queste osservazioni, la Corte stima che il giusto equilibrio che deve essere predisposto tra la salvaguardia del diritto degli individui al rispetto dei loro beni e le esigenze dell’interesse generale non è stato preservato nel caso specifico. Conclude di conseguenza alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
5. Sul motivo di appello derivato dall’articolo 13
100. La Corte stima che le conclusioni a cui è giunta a proposito della violazione addotta dell’articolo 1 del Protocollo no 1 preso isolatamente la dispensano dall’obbligo di pronunciarsi ulteriormente sul terreno dell’articolo 13 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
101. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
1. Danno materiale
102. A titolo di danno materiale, i richiedenti richiedono il pagamento dei loro crediti come riconosciuti dai titoli esecutivi rilasciati, aumentati degli interessi moratori dovuti fino al 20 gennaio 2008 e deduzione fatta delle somme già versate o che dovevano essere versate nell’aprile 2008 nella cornice della liquidazione della società P..
103. Sottolineano che, per la maggior parte di essi, solo i crediti al principale sono stati pagati, all’esclusione degli interessi moratori su questi importi. Ora, tenuto conto del termine trascorso e dell’inflazione, l’importo di questi interessi era elevato. I richiedenti producono un’opinione di un perito secondo la quale tra il 2000 e il 2007 il tasso di inflazione era dell’ordine del 70%, lo stipendio medio è aumentato dell’ 86% ed i prezzi dell’immobiliare locale erano triplicati. Ritengono le autorità come responsabile di questa situazione nella misura in cui l’impresa disponeva inizialmente di beni sufficienti per coprire i suoi debiti e in cui il tempo trascorso a causa dell’intervento delle autorità ha contribuito a sminuire il patrimonio di questa.
104. Il Governo non ha presentato alcun commento.
105. La Corte rileva al primo colpo che i richiedenti hanno ottenuto degli ordinamenti parziali dei loro crediti, o in seguito a misure di esecuzione individuale, o nella cornice della liquidazione dell’impresa. Nota tuttavia che anche se la maggior parte di essi hanno ricevuto un importo corrispondente ai loro crediti al principale, non hanno potuto ottenere l’ordinamento totale dei loro crediti, includendo che gli interessi moratori, dovuti in ragione del ritardo del pagamento.
106. È certo difficile per la Corte speculare sulle capacità dell’impresa debitrice di onorare i suoi debiti e sulla probabilità per i richiedenti di ottenere un pagamento della totalità dei loro crediti se le azioni e l’ inoperosità delle autorità al motivo dalle quali ha constatato sopra una violazione dell’articolo 6 § 1 e dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non avessero avuto luogo, e dunque di stimare l’importo esatto del danno subito dagli interessati.
107. Tuttavia, nelle circostanze dello specifico, la Corte stima ragionevole la posizione dei richiedenti che considerano che questo danno corrisponde alla differenza tra gli importi effettivamente versati e la totalità dei loro crediti, includendo gli interessi moratori, dovuti conformemente al diritto interno. Rileva del resto che il Governo non ha contestato l’approccio utilizzato né gli importi rivendicati dai rispettivi richiedenti.
108. Perciò, la Corte accorda agli interessati l’interezza degli importi richiesti a titolo di danno materiale.
109. Il quadro al paragrafo 123 sotto riproduce le richieste dei richiedenti a questo titolo e gli importi accordati dalla Corte. I dettagli delle richieste dei richiedenti, ossia eventualmente l’importo dei loro crediti dopo deduzione dei pagamenti individuali intervenuti, gli interessi dovuti su questi importi, così come gli importi riconosciuti nella cornice della liquidazione dell’impresa e che dovevano essere versati nell’aprile 2008, figurano nel quadro qui accluso della presente sentenza.
2. Danno morale
110. I richiedenti chiedono anche risarcimento del danno morale che hanno subito in ragione della situazione prolungata di incertezza nella quale sono stati posti a causa del difetto di pagamento dei loro crediti salariali, delle difficoltà di provvedere ai bisogni delle loro famiglie e dei sentimenti di angoscia e di umiliazione provata. Sottolineano anche che il difetto di pagamento da parte dell’impresa delle quote a titolo della previdenza contro le malattie e di pensione ha causato loro anche un danno per cui pretendono un risarcimento morale in ragione delle difficoltà di computazione dell’aspetto materiale. In conclusione, i richiedenti chiedono un risarcimento per danno morale a concorrenza di 5 000 EUR ciascuno.
111. Il Governo non ha sottomesso osservazioni.
112. La Corte stima che i richiedenti hanno subito un danno morale a causa della frustrazione provocata dall’impossibilità di vedere eseguire i giudizi resi a loro favore e che questo danno non è compensato sufficientemente da una constatazione di violazione. Concernente la valutazione di questo danno, la Corte prende in considerazione la natura delle violazioni constatate, la posta per i richiedenti e la sua giurisprudenza in cause similari. Considera in compenso che il numero dei richiedenti non deve essere preso in conto per provocare una riduzione dell’importo da assegnare nella misura in cui nello specifico gli interessati non erano, salvo nella cornice del procedimento di correzione e liquidazione giudiziale, parti ad un procedimento comune, ma avevano condotto dei procedimenti giudiziali e di esecuzione distinta (vedere, a contrario e mutatis mutandis, Arvanitaki-Roboti ed altri c. Grecia [GC], no 27278/03, § 29, 15 febbraio 2008). Basandosi sulle considerazioni precedenti e deliberando in equità, la Corte assegna 2 300 EUR a ciascuno dei richiedenti a titolo di danno morale.
B. Oneri e spese
113. I richiedenti sollecitano il rimborso degli oneri e spese sostenuti per la difesa dei loro diritti.
114. Richiedono innanzitutto la parcella del loro avvocato, T., sostenuta nella cornice dei procedimenti interni. Producono le convenzioni di parcella accettate da ciascuno dei richiedenti, per un importo totale di 18 200 BGN (circa 9 300 EUR) così come un conteggio del lavoro effettuato. Chiedono che gli importi accordati vengano versati direttamente al loro avvocato.
115. Per il procedimento dinnanzi alla Corte, i richiedenti chiedono 14 000 EUR a titolo di parcella, per i loro due avvocati e producono un conteggio del lavoro effettuato, a concorrenza di 146 ore per la Sig.ra M.-V. e 186 ore per T.. Chiedono che gli importi accordati vengano versati direttamente ai loro avvocati.
116. I richiedenti sollecitano anche, giustificativi all’appoggio, il rimborso degli oneri postali e di traduzione, così come della parcella del perito esposto per la preparazione della loro domanda di soddisfazione equa per un importo totale di 1 750 BGN, o 42 BGN con richiedente, circa 21 EUR.
117. Certi richiesti chiedono infine il rimborso di oneri addizionali di corrispondenza, di traduzione o delle tasse per le autenticazioni notarili. Producono dei giustificativi per una parte degli oneri così reclamati.
118. Il Governo non ha sottomesso commenti.
119. La Corte ricorda che secondo la giurisprudenza un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui vengano stabiliti la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso.
120. Nello specifico, concernente innanzitutto la parcella di avvocato che i richiedenti hanno sostenuto nella cornice dei procedimenti interni, la Corte stima che una parte degli oneri così reclamati deve essere considerata come sopraggiunta normalmente nella cornice di un procedimento di esecuzione e non sono stati generati dagli ostacoli e dai ritardi imputabili allo stato per cui ha constatato sopra una violazione. Alla vista degli elementi in suo possesso, la Corte stima ragionevole assegnare un importo globale di 3 000 EUR a questo titolo, da versare sul conto designato dall’avvocato dei richiedenti nei procedimenti interni.
121. Per ciò che riguarda la parcella di avvocato sostenuta nella cornice del presente procedimento, avuto riguardo alla complessità della causa ed agli elementi in suo possesso, la Corte stima ragionevole un importo globale di 8 000 EUR. Conviene dedurre da questa somma 1 700 EUR che sono stati versati dal Consiglio dell’Europa a titolo dell’assistenza giudiziale. La Corte accorda quindi 6 300 EUR a questo titolo, da versare sul conto designato dai due avvocati dei richiedenti.
122. Trattandosi degli oneri il cui rimborso viene reclamato, la Corte considera ragionevoli e giustificati gli oneri rivendicati per l’insieme dei richiedenti a concorrenza di 21 EUR per persona ed accorda loro questo importo. Per ciò che riguarda gli oneri addizionali richiesti da certi richiedenti, la Corte accorda il loro rimborso nella misura in cui gli interessati hanno fornito dei giustificativi. Gli importi richiestisono riprodotti sotto nel quadro al paragrafo 123.
C. Quadro riassuntivo delle richieste e degli importi accordati ai richiedenti a titolo di danno materiale e di certi oneri
123. Le richieste dei richiedenti a titolo di danno materiale e degli oneri impegnati nel presente procedimento, così come gli importi accordati dalla Corte sono indicati nel quadro qui sotto1
.
Richiesta Nomi dei richiedenti Somme chieste per danno materiale (BGN) Somme chieste per danno materiale (EUR) Importi accordati dalla Corte per danno materiale (EUR) Oneri CEDH chiesti e giustificati
, 21 EUR + onere addiz.) (EUR) Oneri CEDH accordati (EUR)
16354/02 B. B. 14 306 7 296 7 296 21 21
16485/02 D. D. 22 727 11 591 11 591 21 21
N. D. 19 374 9 881 9 881 21 21
16878/02 L. K. 16 088 8 205 8 205 50 50
16885/02 Z. N. 11 740 5 987 5 987 28 28
16886/02 T. S. 13 871 7 074 7 074 21 21
16889/02 S. P. 13 654 6 964 6 964 21 21
17333/02 O. P. 20 632 10 522 10 522 21 21
17340/02 P. P. 24 447 12 468 12 468 21 21
17344/02 S. SIG. 21 973 11 206 11 206 21 21
17613/02 IL SIG. I. 17 825 9 091 9 091 21 21
17725/02 P. G. 10 648 5 430 5 430 21 21
17726/02 I. Y. 10 790 5 503 5 503 21 21
18410/02 T. SIG. 4 324 2 205 2 205 21 21
18413/02 E. P. 4 509 2 300 2 300 21 21
18414/02 IL SIG. N. 1 429 729 729 21 21
18416/02 V. N. 15 567 7 939 7 939 21 21
21023/02 S. T. 14 907 7 603 7 603 21 21
21024/02 S. T. 6 338 3 232 3 232 23 23
21027/02 I. I. 6 965 3 552 3 552 21 21
21029/02 L. P. 19 603 9 998 9 998 21 21
21030/02 R. H. 10 871 5 544 5 544 21 21
21033/02 A. J. 7 236 3 690 3 690 21 21
21038/02 V. I. 32 571 16 611 16 611 21 21
21052/02 S. K. 19 655 10 024 10 024 21 21
21071/02 IL SIG. T. 12 762 6 509 6 509 50 50
21284/02 T. A. 14 873 7 585 7 585 21 21
21378/02 L. S. 4 437 2 263 2 263 21 21
21800/02 O. V. 5 863 2 990 2 990 21 21
22430/02 B. A. 6 923 3 531 3 531 21 21
22433/02 T. R. 19 541 9 966 9 966 21 21
26478/02 N. K. 17 229 8 787 8 787 21 21
26498/02 N. S. 20 753 10 584 10 584 21 21
31049/02 K. A. 15 617 7 965 7 965 21 21
31333/02 V. H. 7 975 4 067 4 067 21 21
31518/02 B. B. 9 132 4 657 4 657 21 21
37816/02 A. D. 4 358 2 223 2 223 30 30
42567/02 K. SIG. 36 862 18 800 18 800 21 21
43529/02 N. A. 2 999 1 529 1 529 21 21
758/03 IL SIG. P. 15 261 7 783 7 783 21 21
3461/03 V. N. 5 989 3 054 3 054 21 21
11219/03 R. P. 872 445 445 21 21
D. Interessi moratori
124. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare separatamente il motivo di appello derivato dall’articolo 13 della Convenzione;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare ai richiedenti, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme, da convertire in lev bulga

Testo Tradotto

CINQUIÈME SECTION
AFFAIRE BELEV ET AUTRES c. BULGARIE
(Requêtes nos 16354/02, 16485/02, 16878/02, 16885/02, 16886/02, 16889/02, 17333/02, 17340/02, 17344/02, 17613/02, 17725/02, 17726/02, 18410/02, 18413/02, 18414/02, 18416/02, 21023/02, 21024/02, 21027/02, 21029/02, 21030/02, 21033/02, 21038/02, 21052/02, 21071/02, 21284/02, 21378/02, 21800/02, 22430/02, 22433/02, 26478/02, 26498/02, 31049/02, 31333/02, 31518/02, 37816/02, 42567/02, 43529/02, 758/03, 3461/03 et 11219/03)
ARRÊT
STRASBOURG
2 avril 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Belev et autres c. Bulgarie,
La Cour européenne des droits de l’homme (cinquième section), siégeant en une chambre composée de :
Rait Maruste, président,
Karel Jungwiert,
Renate Jaeger,
Mark Villiger,
Isabelle Berro-Lefèvre,
Mirjana Lazarova Trajkovska,
Zdravka Kalaydjieva, juges,
et de Claudia Westerdiek, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 10 mars 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouvent 41 requêtes dirigées contre la République de Bulgarie en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention ») par 42 ressortissants de cet Etat (« les requérants »), dont les détails, y compris les dates d’introduction des requêtes, figurent en annexe du présent arrêt.
2. Les requérants, qui ont été admis au bénéfice de l’assistance judiciaire, sont représentés par Mme S. M-V., juriste à Sofia, et I.T., avocat à Pleven. Le gouvernement bulgare (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, Mme M. Kotseva, du ministère de la Justice.
3. Les requérants se plaignaient des difficultés d’obtenir l’exécution de jugements définitifs rendus en leur faveur à l’encontre de leur ancien employeur.
4. Par une décision du 11 décembre 2007, la Cour a décidé de joindre les requêtes et les a déclarées recevables.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Les requérants sont tous d’anciens salariés de la raffinerie P., située à Pleven. Ancienne entreprise publique, la société fit l’objet d’une privatisation partielle au cours des années 90. Suite aux transformations ultérieures, elle fut nommée Nova P..
A. La procédure de redressement et de liquidation judiciaire de la société P.
6. Suite aux difficultés que connaissait l’entreprise, une procédure de redressement et de liquidation judiciaire (производство по несъстоятелност) fut ouverte par un jugement du tribunal régional (окръжен съд) de Pleven en date du 29 juillet 1998. Les créances des salariés furent d’office inscrites sur la liste des créances déclarées, en application de l’article 687 de la loi sur le commerce.
7. Par un jugement du 8 juillet 1999, le tribunal régional approuva le plan de redressement proposé par l’entreprise débitrice, prévoyant la poursuite de l’activité et un échelonnement des paiements, et mit un terme à la procédure de redressement et de liquidation judiciaire. Les créances admises des anciens salariés furent incluses dans le plan de redressement. Celui-ci entra en vigueur suite à la confirmation du jugement par la Cour suprême de cassation, le 20 avril 2000.
8. La société P. n’ayant pas effectué les paiements prévus dans le plan de redressement, plusieurs requérants sollicitèrent, comme le prévoyait l’article 708 de la loi sur le commerce, la délivrance de titres exécutoires pour leurs créances sur la base du jugement du 8 juillet 1999, afin de pouvoir obtenir l’exécution forcée selon les voies de droit commun. Le tribunal régional fit droit à leurs demandes.
9. Sur la base de ces titres exécutoires, délivrés dans les derniers mois de l’année 2000, les requérants engagèrent des procédures d’exécution forcée auprès du juge chargé de l’exécution du tribunal de district (районен съд) de Pleven.
10. Toutefois, la société P. introduisit des recours contre les décisions du tribunal régional de délivrer des titres exécutoires aux requérants. Les dossiers d’exécution furent envoyés au tribunal pour l’examen des recours ainsi introduits. Le tribunal régional rejeta les recours et confirma que les titres exécutoires avaient été validement délivrés. La société introduisit des recours en appel puis, suite au rejet de ceux-ci, des demandes de réouverture devant la Cour de cassation.
11. Ces procédures prirent fin à différentes dates en 2003 et 2004 pour les requérants respectifs. Les dossiers furent ensuite retournés au service de l’exécution pour la poursuite des procédures d’exécution, pas avant 2005 pour certains. Malgré l’absence, en principe, d’effet suspensif des recours dirigés contre des titres exécutoires (article 244 du code de procédure civile), les procédures d’exécution engagées par les requérants restèrent de fait bloquées au motif que les dossiers avaient été transférés aux différentes juridictions compétentes.
B. Les procédures judiciaires consécutives à la rupture des contrats de travail des requérants
12. Les contrats de travail des requérants furent rompus par licenciement ou à l’amiable à différentes dates au cours de l’année 1999. Les intéressés engagèrent devant le tribunal de district de Pleven des actions visant à obtenir le paiement de salaires et de différentes indemnités liées à la rupture de leurs contrats qui n’avaient pas été compris dans le plan de redressement. Ils obtinrent la condamnation de leur ancien employeur. Lorsque les jugements rendus devinrent définitifs, les requérants se firent délivrer des titres exécutoires pour ces créances également.
13. Sur la base de ces titres, les requérants sollicitèrent auprès du juge chargé de l’exécution, dans le courant de l’année 2001, l’ouverture de procédures civiles d’exécution forcée. A leur demande, le juge diligenta plusieurs mesures conservatoires sur des biens de la société.
14. Conformément à l’article 157 du code de procédure fiscale, le juge informa l’Agence des créances publiques (Агенция за държавни вземания) de l’ouverture des procédures d’exécution. Par une lettre adressée au juge de l’exécution en date du 24 septembre 2001, l’Agence des créances publiques informa celui-ci que l’entreprise P. avait plus de 52 millions de levs (BGN) de dettes d’origine publique. L’agence indiqua par ailleurs qu’il n’y avait pas de procédure publique d’exécution en cours pour le recouvrement de ces dettes et que des saisies n’avaient pas été diligentées sur des biens immeubles mais qu’une saisie conservatoire de comptes bancaires de l’entreprise avait été imposée.
15. La direction de la société introduisit alors des recours judiciaires contre les actes diligentés par le juge de l’exécution dans le cadre des procédures d’exécution engagées par les requérants et demanda, en vertu de l’article 157 alinéa 5 du code de procédure fiscale, la suspension de ces procédures dans la mesure où les dettes d’origine publique dépassaient 50 % du montant global de ses dettes. Le tribunal de district de Pleven, dont la décision fut par la suite confirmée par le tribunal régional, ordonna la suspension des procédures individuelles d’exécution et annula les mesures conservatoires imposées au profit des anciens salariés. Les requérants furent informés de la suspension de leurs procédures individuelles et de la poursuite d’une procédure publique d’exécution par l’Agence des créances publiques au cours des mois de janvier et février 2002.
16. Par la suite, certains requérants s’adressèrent au ministère des Finances et au procureur général pour se plaindre de la suspension des procédures, considérant que celle-ci résultait d’une manœuvre frauduleuse de la société dans le but de ne pas honorer ses dettes. Ils dénonçaient en particulier le fait que l’Agence des créances publiques n’avait diligenté aucune mesure d’exécution et qu’ils étaient ainsi dans l’impossibilité de recouvrer leurs créances.
17. Par une ordonnance du 9 septembre 2002, le parquet général considéra qu’il n’y avait pas lieu à des poursuites pénales.
18. L’Agence des créances publiques répondit aux requérants, par courrier du 8 janvier 2002, que la suspension de la procédure était conforme à la loi et que des mesures conservatoires avaient été imposées sur des biens de la société. Il ne ressort pas des pièces présentées devant la Cour si de telles mesures avaient effectivement été diligentées à cette date. Le 7 février 2002, l’Agence régionale des créances publiques imposa une saisie conservatoire (възбрана) sur une vingtaine de biens immobiliers de la société. Le 2 janvier 2003, l’agence imposa une saisie conservatoire (запор) sur 14 034 biens mobiliers, machines, véhicules et autres, appartenant à la société.
19. Par une lettre adressée au juge de l’exécution le 16 juin 2003, la société P. informait celui-ci des saisies conservatoires imposées par l’Agence des créances publiques et de son intention de contester toute mesure d’exécution que celui-ci engagerait au profit de créanciers privés.
C. Développements ultérieurs de l’exécution des créances des requérants
20. Plusieurs demandes de mesures conservatoires ou d’exécution que les requérants sollicitèrent par la suite auprès du juge chargé de l’exécution furent rejetées en raison des saisies imposées par l’Agence des créances publiques. Toutefois, certains requérants parvinrent à poursuivre des mesures d’exécution et à recevoir des paiements. Ainsi M. M. (requête no 17344/02) reçut 9 323 BGN en mars 2004, Mme G. (requête no 17725/02), un paiement de 14 846 BGN en septembre 2003, Mme T. (requête no 21071/02), un paiement de 953 BGN en juin 2001.
21. Les montants accordés à chaque requérant, déduction faite des paiements partiels reçus, ont été indiqués dans le tableau au paragraphe 123 ci-dessous.
D. Le recours en concurrence déloyale
22. En juin 2004, quatre sociétés concurrentes de P. saisirent la Commission de protection de la concurrence d’un recours en concurrence déloyale. Par une décision du 10 février 2005, la Commission de protection de la concurrence constata que durant cinq ans, depuis l’adoption du plan de redressement en juillet 1999, l’Etat en la personne de l’Agence des créances publiques n’avait entrepris aucune mesure pour faire exécuter ses créances et n’avait pas fait preuve de la diligence normale qu’on pourrait attendre d’un créancier désireux de recouvrer ses créances. La commission considéra que cette situation constituait une aide indirecte de l’Etat au profit de la société P. et donc un cas de concurrence déloyale.
23. A la suite des recours exercés par la société P. et les autorités publiques concernées, la Cour administrative suprême confirma cette décision par un arrêt du 12 octobre 2006.
E. La réouverture de la procédure de liquidation judiciaire
24. Au cours de 2005, une banque créancière de P. demanda la reprise de la procédure collective en application de l’article 709 de la loi sur le commerce, au motif que la société ne respectait pas les modalités du plan de redressement. Par un jugement du 19 juillet 2005, le tribunal régional de Pleven fit droit à cette demande. Toutefois, le jugement fut annulé par la Cour suprême de cassation le 27 décembre 2005 au motif que le créancier en question détenait moins de 15 % des dettes de la société et ne satisfaisait dès lors pas aux conditions légales pour demander la réouverture de la procédure.
25. Le même créancier introduisit par la suite une nouvelle demande, conjointement avec une autre banque. Le tribunal régional y fit droit et, par un jugement du 19 mai 2006, ordonna la reprise de la procédure, déclara la société en liquidation, ordonna la saisie de tous ses biens et la réalisation de l’actif.
26. Suite à ce jugement, les requérants déclarèrent leurs créances dans les délais impartis. Les liquidateurs judiciaires établirent ensuite une liste des créances admises qui fut approuvée, après examen des objections soulevées, par une ordonnance du tribunal régional du 8 janvier 2007.
27. L’entreprise fut mise en vente et cédée pour un montant de 44,4 millions de levs, environ 22,2 millions d’euros, le 18 juin 2007. Le 8 août 2007, les liquidateurs judiciaires établirent un compte partiel de répartition (частична сметка) du produit de la vente. Plusieurs créanciers, dont certains requérants, contestèrent le compte de répartition devant le tribunal régional de Pleven au motif qu’une partie de leurs créances n’avaient pas été incluses. Selon le rapport d’expertise effectué à la demande du tribunal, toutes les créances comprises dans le plan de redressement et dans la liste des créances admises avaient été incluses dans le compte de répartition. L’expert indiqua qu’il ne pouvait pas fournir une explication à la question de savoir pourquoi certains titres exécutoires produits par des créanciers ne figuraient pas sur ces listes.
28. Par une ordonnance du 21 septembre 2007, le tribunal approuva le compte de répartition après y avoir apporté certaines modifications. Les requérants concernés interjetèrent appel. Le 21 janvier 2008, la cour d’appel de Veliko Tarnovo rejeta les recours et confirma l’ordonnance.
29. Les montants inclus dans le compte de répartition approuvé par le tribunal devaient être versés aux intéressés le 8 avril 2008.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
A. Le code de procédure civile
30. Les articles 323 à 359 du code de procédure civile de 1952 (désormais abrogé depuis l’entrée en vigueur d’un nouveau code le 1er mars 2008), tel qu’applicable au moment des faits pertinents, régissaient les procédures civiles d’exécution.
31. Selon ces textes, le juge chargé de l’exécution (съдия-изпълнител) territorialement compétent ouvre une procédure à la demande d’un créancier muni d’un titre exécutoire et met en œuvre les mesures d’exécution sollicitées.
32. En vertu des articles 332 à 335, les parties à une procédure d’exécution peuvent saisir le tribunal d’un recours contre les actes du juge de l’exécution ou contre son refus de réaliser les mesures demandées. Le tribunal peut soit confirmer, soit annuler les actes ou refus attaqués. Le recours n’a pas d’effet suspensif sauf si le tribunal en décide autrement (article 335). Depuis la modification, en novembre 2002, de l’article 333, une copie du dossier est envoyée au tribunal chargé de l’examen du recours ; avant cette modification, le transfert de l’original du dossier suspendait de facto la poursuite de l’exécution.
33. Selon l’article 355 du code, lorsque le produit des ventes réalisées est insuffisant pour régler tous les créanciers saisissants, le juge chargé de l’exécution règle d’abord les créances bénéficiant d’un privilège, puis répartit le reste entre les autres créances. Selon l’article 136 de la loi sur les contrats et les obligations (Закон за задълженията и договорите), les créances bénéficiant d’un tel privilège sont, dans l’ordre : les créances fiscales ayant pour origine un impôt sur le bien objet de l’exécution ; les créances bénéficiant d’une sûreté réelle sur le bien en question ; les créances résultant de contrats de travail et les créances d’aliments ; les créances publiques. D’autres lois peuvent également prévoir un droit de préférence pour certaines créances. L’ordre des créances ainsi établi ne s’applique pas dans le cadre d’une procédure de liquidation judiciaire.
B. Le code de procédure fiscale
34. Le code de procédure fiscale (Данъчен процесуален кодекс), en vigueur depuis le 1er janvier 2000 et abrogé le 1er janvier 2006, régissait, entre autres, les voies de recouvrement des créances d’origine publique par l’Agence des créances publiques (Агенция за държавни вземания). Les créances publiques y sont définies comme les créances des organismes de l’Etat et des collectivités publiques ayant pour origine les impôts, taxes, amendes et contributions sociales obligatoires.
35. En vertu de l’article 157 du code, en cas de concours entre une procédure civile d’exécution et une procédure publique d’exécution, aucune mesure civile d’exécution forcée ne peut être diligentée contre un bien faisant l’objet de mesures d’exécution pour des créances publiques (article 157 alinéa 1).
36. Par ailleurs, lorsqu’un juge de l’exécution entreprend des mesures d’exécution forcée sur les biens d’un débiteur, il est tenu d’en informer l’Agence des créances publiques. Dans un délai de 14 jours, l’agence doit établir une attestation indiquant quel est le montant des créances publiques à l’égard de ce débiteur et si des mesures conservatoires ont été imposées par l’agence. Pour toutes les créances ainsi déclarées avant la répartition du produit de l’exécution forcée, l’Etat est considéré comme ayant les mêmes droits que les créanciers saisissants (article 157 alinéas 2 à 4).
37. En vertu de l’alinéa 5 de l’article 157, lorsque le montant total des créances publiques déclarées représente plus de 50 % du montant total des créances revendiquées, toute procédure civile d’exécution est suspendue et l’Agence des créances publiques engage une procédure d’exécution en application des dispositions du code de procédure fiscale. En vertu de l’article 158, s’il reste des fonds après le règlement des créances et des frais de l’exécution, ceux-ci sont transmis au juge dans le cadre de la procédure civile d’exécution. L’article 157 alinéa 5 a été abrogé le 30 avril 2002.
38. A la suite d’une requête visant à faire déclarer plusieurs dispositions du code de procédure fiscale contraires à la Constitution, la Cour constitutionnelle a rendu la décision no 2 du 30 mars 2000. En ce qui concerne l’article 157 du code, la cour a considéré qu’en créant la possibilité pour l’Agence des créances publiques d’intervenir dans toute procédure civile d’exécution forcée, cette disposition instaurait certes un privilège procédural au profit de l’Etat mais que celui-ci était justifié par l’intérêt général d’assurer le recouvrement des créances d’origine publique et le bon fonctionnement de l’Etat, et n’allait pas à l’encontre de l’obligation de ce dernier de protéger la propriété privée.
39. A compter du 1er janvier 2006, un nouveau code de procédure fiscale et de sécurité sociale (Данъчно-осигурителен процесуален кодекс) est entré en vigueur, reprenant pour l’essentiel les dispositions du code de procédure fiscale (articles 191 et suivants concernant le concours de procédures d’exécution).
C. La loi sur le commerce (Търговски закон)
40. Les articles 607 et suivants de cette loi régissent la procédure de redressement et de liquidation judiciaire.
41. En vertu de l’article 638, l’ouverture d’une procédure collective entraîne la suspension des procédures d’exécution individuelles.
42. Les créances résultant de contrats de travail sont inscrites d’office sur la liste des créances (article 687).
43. Les articles 696 et suivants prévoient la possibilité d’adopter un plan de redressement, accepté par le débiteur et les créanciers, pouvant notamment prévoir un échelonnement ou un effacement des dettes. L’approbation du plan par le tribunal met fin à la procédure de redressement judiciaire. Sur la base du plan approuvé par le tribunal, les créanciers peuvent obtenir un titre exécutoire permettant l’exécution forcée (article 708).
44. Par ailleurs, si le débiteur ne respecte pas les modalités du plan de redressement, les créanciers détenteurs d’au minimum 15 % des créances peuvent demander la reprise de la procédure collective, sans possibilité de redressement. Dans ce cas, le tribunal déclare le débiteur en liquidation, impose une saisie conservatoire sur l’ensemble de ses biens et ordonne la réalisation de l’actif (articles 709 à 711). L’Etat créancier a la même possibilité même s’il détient moins de 15% des créances (article 153 alinéa 3 du code de procédure fiscale, article 189 alinéa 5 du nouveau code de procédure fiscale et de sécurité sociale).
45. L’article 722 de la loi sur le commerce établit l’ordre des créances dans le cadre de la procédure de redressement et de liquidation judiciaire comme suit :
1) créances bénéficiant de sûretés réelles sur le bien faisant l’objet de l’exécution ;
2) créances ayant donné lieu à l’exercice d’un droit de rétention sur le bien en question ;
3) frais de la procédure de redressement et de liquidation judiciaire, qui comprennent notamment les créances résultant des contrats de travail en cas de poursuite de l’activité ;
4) créances résultant des contrats de travail ayant pris naissance avant l’ouverture de la procédure collective ;
5) créances d’aliments ;
6) créances publiques ayant pris naissance avant l’ouverture de la procédure collective ;
7) créances ayant pris naissance après l’ouverture de la procédure collective et liées à la poursuite de l’activité ;
8) les autres créances chirographaires antérieures à l’ouverture de la procédure ;
9) les intérêts légaux ou conventionnels dus sur des créances chirographaires, échus postérieurement au jugement d’ouverture de la procédure.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
46. Invoquant le droit à un procès équitable et l’exigence de délai raisonnable garantis par l’article 6 § 1 de la Convention, les requérants se plaignent de l’impossibilité prolongée d’obtenir l’exécution des jugements rendus en leur faveur à l’encontre de leur ancien employeur. La Cour estime qu’il convient d’examiner ce grief au regard du droit à un tribunal garanti par l’article 6 § 1, dont les parties pertinentes disposent :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement, publiquement et dans un délai raisonnable, par un tribunal (…) qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
A. Arguments des parties
1. Les requérants
47. Les requérants considèrent que la suspension des procédures d’exécution qu’ils avaient engagées et les privilèges accordés aux créances publiques ont eu pour effet, dans leur cas particulier, de les priver de la possibilité d’exécuter les jugements définitifs rendus en leur faveur pendant une longue période et donc de rendre inutiles et illusoires les procédures internes qui avaient abouti à ces jugements.
48. En ce qui concerne, d’une part, l’exécution des jugements individuels rendus postérieurement au plan de redressement, les requérants exposent que les procédures d’exécution engagées ont d’abord été suspendues en application de l’article 157 alinéa 5 du code de procédure fiscale et que même après l’abrogation de cette disposition, une procédure publique d’exécution ayant été ouverte et l’Agence des créances publiques ayant imposé une saisie conservatoire sur la plupart des biens de la société débitrice, la possibilité de procéder à des mesures d’exécution forcées de leurs créances était tout à fait théorique.
49. Les requérants mettent en avant que la réglementation existante permet à l’Etat d’intervenir dans toute procédure d’exécution lorsqu’il existe d’importantes dettes d’origine publique. Dans pareil cas, les créanciers privés sont placés dans une situation d’incertitude concernant la possibilité même ou les délais d’obtention d’un paiement.
50. Ils estiment que dans leur cas particulier la réglementation en cause a été appliquée de manière abusive afin de favoriser l’entreprise P.. Ils exposent en effet que les créances publiques en question existaient déjà depuis les années 1998-1999, bien avant l’ouverture de leurs procédures d’exécution, et que les autorités compétentes n’auraient malgré cela entrepris aucune mesure en vue de leur recouvrement avant 2002.
51. Même après l’ouverture de la procédure publique d’exécution, l’Agence des créances publiques serait restée passive et les mesures conservatoires imposées n’auraient pas été suivies d’exécution. Dès lors, au lieu d’assurer le recouvrement des créances publiques, ces mesures ont eu pour effet de protéger la société des créanciers privés en les empêchant de poursuivre l’exécution.
52. En ce qui concerne la possibilité, invoquée par le Gouvernement, de procéder à une exécution sur des biens de la société qui n’avaient pas fait l’objet de mesures conservatoires de la part de l’agence publique, les requérants considèrent qu’elle n’existait pas en pratique, compte tenu du fait que l’Agence des créances publiques avait imposé une saisie conservatoire sur la plupart des biens de la société débitrice et qu’elle en imposait une à chaque fois qu’un créancier privé engageait des mesures d’exécution à l’encontre d’un nouveau bien.
53. S’agissant, d’autre part, des créances antérieures au plan de redressement, les requérants avancent que bien qu’ils se sont vu délivrer des titres exécutoires sur la base du jugement du 8 juillet 1999, l’exécution a été bloquée en raison des recours introduits par la société P.. En effet, même si le code de procédure civile prévoyait que de tels recours n’avaient pas d’effet suspensif, les procédures d’exécution étaient de facto bloquées en raison du transfert des dossiers aux juridictions saisies des recours. Après le rejet des recours, lorsque l’exécution a pu reprendre, les requérants se sont trouvés dans l’impossibilité d’exécuter en raison des saisies imposées par l’Agence des créances publiques, comme pour l’autre groupe de créances, mentionnées ci-dessus.
2. Le Gouvernement
54. Le Gouvernement rappelle que le droit à un tribunal garanti par l’article 6 n’est pas absolu et peut faire l’objet de restrictions. En l’espèce, il est vrai que le code de procédure fiscale prévoyait que l’Etat pouvait se joindre en tant que créancier à toute procédure d’exécution individuelle, que des mesures d’exécution ne pouvaient être prises sur des biens faisant l’objet d’une saisie par l’Agence des créances publiques et que les procédures individuelles d’exécution pouvaient être interrompues au profit d’une procédure publique sous l’effet de l’article 157 alinéa 5 du code de procédure fiscale ; toutefois, le Gouvernement considère que ces mesures constituent des restrictions au droit d’obtenir l’exécution d’un jugement qui étaient prévues par la loi et légitimes dans le but d’assurer le recouvrement des créances publiques.
55. Il considère en outre que les requérants avaient la possibilité d’entreprendre des mesures d’exécution sur les biens de la société sur lesquels l’agence publique n’avait pas imposé de mesures conservatoires.
B. Appréciation de la Cour
1. Principes généraux
56. La Cour rappelle que, selon sa jurisprudence, l’exécution d’un jugement ou arrêt, de quelque juridiction que ce soit, doit être considérée comme faisant partie intégrante du « procès » au sens de l’article 6 de la Convention (Hornsby c. Grèce, 19 mars 1997, § 40, Recueil des arrêts et décisions 1997-II ; Immobiliare Saffi c. Italie [GC], no 22774/93, § 63, CEDH 1999-V).
57. Le droit à l’exécution d’une décision de justice est ainsi l’un des aspects du droit d’accès à un tribunal. Certes, ce droit n’est pas absolu : il appelle par sa nature même une réglementation par l’Etat qui jouit en la matière d’une certaine marge d’appréciation. Ainsi, la Cour a considéré que le droit à un tribunal n’impose pas aux Etats contractants de faire exécuter chaque jugement de caractère civil quel qu’il soit et quelles que soient les circonstances (Sanglier c. France, no 50342/99, § 39, 27 mai 2003).
58. Les Etats ont toutefois l’obligation positive de mettre en place un système qui soit effectif en pratique comme en droit et assure l’exécution des décisions judiciaires définitives notamment entre personnes privées (Fouklev c. Ukraine, no 71186/01, § 84, 7 juin 2005 ; Ruianu c. Roumanie, no 34647/97, § 66, 17 juin 2003). La responsabilité de l’Etat concernant l’exécution d’un jugement par une personne de droit privé peut dès lors se trouver engagée si les autorités publiques impliquées dans les procédures d’exécution manquent de la diligence requise ou encore empêchent l’exécution (Fouklev, précité, § 67).
59. La Cour a également admis qu’une intervention de l’Etat dans une procédure d’exécution d’un jugement pourrait s’avérer justifiée dans certaines circonstances particulières, notamment dans le cadre de la marge d’appréciation dont celui-ci jouit en matière de réglementation de l’usage des biens. Néanmoins, pareille intervention ne peut avoir comme conséquence d’empêcher, invalider ou retarder de manière excessive l’exécution ni, encore moins, de remettre en question le fond des décisions rendues (Immobiliare Saffi, précité, § 74).
60. Dans tous les cas, la Cour doit se convaincre que les limitations mises en œuvre ne restreignent pas l’accès offert à l’individu d’une manière ou à un point tels que le droit s’en trouve atteint dans sa substance même. Pareille limitation ne se concilie avec l’article 6 § 1 que si elle tend à un but légitime et s’il existe un rapport raisonnable de proportionnalité entre les moyens employés et le but visé (Matheus c. France, no 62740/00, § 56, 31 mars 2005 ; Sabin Popescu c. Roumanie, no 48102/99, 2 mars 2004, § 66).
2. Application au cas de l’espèce
61. La Cour note d’emblée que dans la présente espèce le débiteur était une société commerciale de droit privé et que les autorités publiques n’étaient pas directement tenues à l’exécution des jugements en cause. Elle recherchera dès lors si les actions ou inactions des autorités publiques ont eu pour effet d’empêcher ou de retarder l’exécution desdits jugements au point d’emporter une violation de l’article 6 § 1.
62. La Cour considère qu’il y a lieu de distinguer en l’espèce l’exécution des jugements postérieurs au plan de redressement prononcés à l’issue des procédures individuelles engagées par les requérants (paragraphe 12 ci-dessus) et celle des titres exécutoires délivrés en vertu du jugement du 8 juillet 1999 dans le cadre de la procédure de redressement judiciaire (paragraphe 8 ci-dessus).
63. S’agissant du premier groupe de jugements, la Cour relève que les procédures d’exécution engagées par les requérants ont été suspendues en janvier 2002 en application de l’article 157 alinéa 5 du code de procédure fiscale au profit d’une procédure publique d’exécution. En conséquence, les intéressés ne pouvaient plus entreprendre de démarche en vue de l’exécution forcée de leurs jugements et étaient tributaires de l’action de l’Agence des créances publiques pour obtenir un règlement de leurs propres créances (voir paragraphes 36 et 38 ci-dessus).
64. Il est vrai qu’après l’abrogation de la disposition en question en avril 2002, les requérants avaient en théorie la possibilité de recommencer la procédure d’exécution. Toutefois, l’Agence des créances publiques avait imposé des saisies conservatoires sur la plupart des biens immobiliers et de nombreux biens mobiliers de la société qui rendaient impossible l’exécution sur ces biens. Compte tenu de l’ampleur des saisies ainsi imposées, et même si certains requérants sont néanmoins parvenus à obtenir un règlement, la Cour reconnaît qu’il était très difficile en pratique pour les intéressés de trouver des biens sur lesquels exécuter. Elle relève que cette situation a perduré jusqu’à la réouverture de la procédure de liquidation judiciaire en mai 2006.
65. La Cour peut admettre que, dans le cadre de la marge d’appréciation des Etats, les autorités fiscales puissent se voir accorder certains privilèges dans le but d’assurer le recouvrement des créances publiques. Toutefois, force est de constater que dans le cas de l’espèce, même si l’intervention des autorités poursuivait à l’origine un tel objectif, il est difficile de considérer que les agissement des autorités sont restés proportionnés à ce but. La Cour relève en effet que, malgré les saisies conservatoires imposées, aucune mesure d’exécution à l’encontre de la société P. n’a été engagée par l’Agence des créances publiques. La Commission de protection de la concurrence a d’ailleurs constaté dans sa décision du 10 février 2005 qu’en s’abstenant de prendre des mesures d’exécution pendant cinq ans environ, l’Agence des créances publiques n’avait pas fait preuve de la diligence normalement attendue d’un créancier et a estimé que cette situation était constitutive d’une subvention indirecte de l’Etat à la société P..
66. Au vu de ces observations, la Cour considère que l’intervention de l’Agence des créances de l’Etat dans le cours des procédures engagées par les requérants et sa passivité subséquente, alors que les procédures des intéressés demeuraient bloquées, a rendu quasiment impossible l’exécution des jugements des requérants pendant plus de quatre ans, sans que cette situation apparaisse justifiée par une quelconque considération légitime.
67. S’agissant du deuxième groupe de titres exécutoires, ceux délivrés sur la base du jugement du 8 juillet 1999, la Cour relève que les procédures d’exécution engagées par les requérants ont, dans un premier temps, été suspendues en raison des recours introduits par la société P.. Si les autorités ne peuvent être tenues pour responsables de l’utilisation, par la société débitrice, des voies de droit existantes, la Cour note que l’examen de ces recours a nécessité de deux à trois ans, délai qui paraît de prime abord excessif. En effet, ces recours portaient sur la simple décision de délivrer des titres exécutoires aux requérants sur la base du jugement qui avait approuvé le plan de redressement et ne semblaient pas présenter une complexité particulière. Par ailleurs, une telle durée ne saurait être considérée comme raisonnable compte tenu de la nature salariale des créances des requérants et des retards déjà accusés dans l’exécution.
68. La Cour relève qu’ensuite, lorsque la poursuite des procédures d’exécution est devenue possible, les requérants se sont retrouvés face aux difficultés décrites ci-dessus en ce qui concerne le premier groupe de jugements (paragraphes 63-66).
69. Au vu de ce qui précède, la Cour considère que les requérants ont subi une restriction injustifiée et disproportionnée de leur droit de voir exécuter les jugements rendus en leurs faveur, qui a porté atteinte à la substance même de leur droit à un tribunal. Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1 ET DE L’ARTICLE 13 DE LA CONVENTION
70. Les requérants considèrent que les obstacles rencontrés et les retards accusés dans l’exécution de leurs créances sont également constitutifs d’une atteinte à leur droit au respect des biens, en méconnaissance de l’article 1 du Protocole no 1, seul et combiné avec l’article 13 de la Convention. Ces dispositions se lisent comme suit :
Article 1 du Protocole no 1
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
Article 13
« Toute personne dont les droits et libertés reconnus dans la (…) Convention ont été violés, a droit à l’octroi d’un recours effectif devant une instance nationale, alors même que la violation aurait été commise par des personnes agissant dans l’exercice de leurs fonctions officielles. »
A. Arguments des parties
1. Les requérants
71. Selon les requérants, les montants qui leur ont été alloués par les juridictions internes constituent des créances certaines et exigibles et donc des « biens » protégés par l’article 1 du Protocole no 1. Ils soutiennent que l’application des privilèges au profit des créances publiques et le défaut de diligence des autorités ont empêché l’exécution de ces créances et qu’ils sont demeurés dans l’incertitude de pouvoir un jour en obtenir le paiement.
72. Les requérants considèrent que même s’ils ont finalement reçu certains paiements, leurs créances n’ont été que partiellement satisfaites. Ils exposent en particulier qu’ils n’ont pas perçu les intérêts moratoires dont le montant, compte tenu du temps qui s’était écoulé depuis le prononcé des jugements, avait doublé la valeur des créances au principal. En outre, pour certains d’entre eux, et sans explication compréhensible, une partie seulement des créances a été reconnue – soit celles résultant du plan de redressement, soit celles issues des jugements individuels.
73. Concernant la justification de cette situation, les requérants estiment que, même en admettant que l’Etat dispose d’une certaine marge d’appréciation pour prendre des mesures afin d’assurer le recouvrement de l’impôt, ils se sont vu imposer une charge qui ne saurait être considérée comme proportionnée à un objectif légitime.
74. Les requérants rappellent à cet égard que les créances publiques au profit desquelles leurs procédures d’exécution ont été suspendues existaient déjà depuis 1998-1999 et que l’Etat n’avait pris aucune mesure pour leur recouvrement avant que les anciens salariés n’engagent des procédures d’exécution en 2001. Par la suite, l’Agence des créances publiques est restée passive et n’a pas procédé à des exécutions forcées ni demandé la reprise de la procédure de redressement et de liquidation judiciaire comme elle en avait la possibilité.
75. En effet, malgré son obstination à ne pas exécuter ses créances, l’agence aurait continué à imposer des saisies conservatoires à chaque fois que des créanciers privés trouvaient des biens de la société « P. » pouvant faire l’objet d’une mesure d’exécution. Les requérants en concluent que les mesures conservatoires imposées par l’agence avaient en réalité pour objectif d’empêcher les autres créanciers de recouvrer leurs créances.
76. En outre, plus le temps passait, plus les chances d’obtenir une exécution à l’encontre de l’entreprise, qui connaissait des difficultés et n’avait que partiellement maintenu son activité, s’amenuisaient. Les requérants n’ont en fin de compte reçu qu’un paiement partiel.
77. Les requérants considèrent qu’ils se sont ainsi vu imposer une charge individuelle excessive au sens de la jurisprudence de la Cour. Ils mettent en avant qu’ils n’étaient pas des créanciers commerciaux ayant pris un risque calculé, mais que leurs créances avaient pour origine des salaires, des indemnités de congés payés ou d’autres indemnités résultant de leur contrats de travail et constituaient pour beaucoup la principale source de revenus pour subvenir à leurs besoins.
78. Ils soulignent également qu’ils ne disposaient pas de voies de recours pour débloquer la situation ou obtenir une compensation. Ils indiquent à cet égard qu’une loi a été adoptée en 2004, créant un fonds de garantie pour les salaires dus par les entreprises en liquidation mais que ses dispositions ne s’appliquent pas aux situations déjà en cours.
2. Le Gouvernement
79. Le Gouvernement combat la thèse des requérants et considère que la réglementation applicable et les actes entrepris par les autorités publiques ne constituent pas une atteinte disproportionnée à leur droit au respect des biens. Il souligne que l’ingérence des autorités était limitée dans la mesure où l’exécution par des créanciers privés n’était exclue que sur les seuls biens de la société qui avaient fait l’objet d’une mesure conservatoire de la part de l’Agence des créances publiques et que l’Etat ne pouvait se joindre aux procédures d’exécution privée que s’il avait déclaré ses créances au juge chargé de l’exécution. Les requérants avaient donc la possibilité d’obtenir l’exécution forcée de leurs créances sur d’autres biens de la société, non concernés par les mesures d’exécution prises par les autorités publiques.
80. Le Gouvernement considère qu’en tout état de cause, le devoir de l’Etat de protéger la propriété privée ne saurait primer face à ses autres devoirs, tel celui d’assurer le recouvrement des créances publiques et le fonctionnement de l’Etat. Il souligne en outre l’importance stratégique de l’entreprise P. dans l’économie nationale.
B. Appréciation de la Cour
1. Sur l’applicabilité de l’article 1 du Protocole no 1
81. Il n’est pas contesté entre les parties que les jugements rendus en faveur des requérants et condamnant la société P. à leur verser différentes sommes au titre de salaires ou indemnités, ainsi que le jugement du 8 juillet 1999 adoptant un plan de redressement de ladite société, étaient définitifs et exécutoires et avaient fait naître au profit des requérants des créances certaines et exigibles constitutives de « biens » au sens de l’article 1 du Protocole no 1 (voir, parmi d’autres, Bourdov c. Russie, no 59498/00, § 51, CEDH 2002-III). A l’instar des parties, la Cour estime que l’article 1 du Protocole no 1 trouve dès lors à s’appliquer.
2. Sur la règle applicable
82. La Cour rappelle que l’article 1 du Protocole no 1 contient trois normes distinctes : la première, qui s’exprime dans la première phrase du premier alinéa et revêt un caractère général, énonce le principe du respect de la propriété ; la deuxième, figurant dans la seconde phrase du même alinéa, vise la privation de propriété ; quant à la troisième, contenue dans le second alinéa, elle reconnaît aux Etats le pouvoir de réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions. Il ne s’agit pas pour autant de règles dépourvues de rapport entre elles. La deuxième et la troisième ont trait à des exemples particuliers d’atteintes au droit de propriété ; dès lors, elles doivent s’interpréter à la lumière du principe consacré par la première (voir, parmi d’autres, Broniowski c. Pologne [GC], no 31443/96, § 134, CEDH 2004-V ; Gasus Dosier- und Fördertechnik GmbH c. Pays-Bas, 23 février 1995, § 55, série A no 306-B).
83. En l’espèce, les requérants se plaignent des obstacles rencontrés et des retards intervenus dans l’exécution des créances dont ils étaient titulaires et de l’exécution seulement partielle qu’ils ont finalement pu obtenir dans le cadre de la liquidation de l’entreprise.
84. Les actes et omissions dénoncés résultent dès lors, pour partie, de l’exercice par l’administration de prérogatives qui lui ont été conférées dans le cadre du recouvrement de créances fiscales et assimilées et, pour partie, de l’application des règles relatives aux procédures d’exécution forcée et au redressement et à la liquidation judiciaires des entreprises. La Cour considère que dans ces circonstances le grief doit être examiné sur le terrain du droit des Etats, en vertu du second alinéa de l’article 1 du Protocole no 1, de réglementer l’usage des biens dans l’intérêt général ou d’assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes.
3. Sur la nature de la violation alléguée
85. La Cour rappelle que l’article 1 du Protocole no 1 tend pour l’essentiel à prémunir l’individu contre toute ingérence injustifiée de l’Etat dans l’exercice du droit au respect de ses biens. Combinée avec l’obligation générale imposée par l’article 1 de la Convention aux Etats contractants de garantir à toute personne relevant de leur juridiction les droits et libertés qui y sont consacrés, cette disposition peut également impliquer des obligations positives de prendre les mesures nécessaires pour protéger le droit de propriété, et ce même dans les cas concernant un litige entre personnes de droit privé (Sovtransavto Holding c. Ukraine, no 48553/99, § 96, CEDH 2002-VII ; Fouklev, précité, § 90).
86. La frontière entre les obligations positives et négatives de l’Etat au titre de l’article 1 du Protocole no 1 ne se prête toutefois pas à une définition précise. Dans les circonstances particulières de l’affaire, la Cour estime inutile de déterminer précisément s’il faut envisager la conduite des autorités publiques sous l’angle des obligations positives de l’Etat ou sur le terrain de l’obligation négative de celui-ci de s’abstenir d’opérer des ingérences injustifiées dans le droit au respect des biens, ou comme une combinaison des deux. Les critères applicables sont en effet comparables : dans tous les cas, l’acte ou l’abstention d’agir de l’Etat doit répondre au principe de légalité, poursuivre un but légitime et ménager un juste équilibre entre les exigences de l’intérêt général et la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu (voir, mutatis mutandis, Broniowski, précité, §§ 144-146). La Cour examinera dès lors la situation des requérants à la lumière de ces principes.
4. Sur le respect des principes dégagés par la jurisprudence de la Cour
87. La Cour relève que les requérants ne soutiennent pas que le comportement des autorités publiques en l’espèce n’était pas « prévu par la loi » au sens de l’article 1 du Protocole no 1. Elle admet également que la réglementation pertinente et son application en l’espèce visaient des buts légitimes dans l’intérêt général, à savoir faciliter le recouvrement des créances publiques et assurer une gestion équitable de l’exécution des créances, notamment dans le cas des entreprises en difficulté. La principale question qui se pose en l’espèce est dès lors celle du respect du « juste équilibre ».
88. La Cour rappelle que pour que cette exigence soit respectée il doit y avoir un rapport raisonnable de proportionnalité entre les moyens employés et le but légitime poursuivi par l’ingérence. En contrôlant le respect de cette exigence, la Cour reconnaît cependant à l’Etat une certaine marge d’appréciation tant pour choisir les modalités de mise en œuvre que pour juger si leurs conséquences se trouvent légitimées, dans l’intérêt général, par le souci d’atteindre l’objectif visé (Gasus Dosier- und Fördertechnik GmbH, précité, §§ 60 et 62 ; Stere et autres c. Roumanie, no 25632/02, §§ 51-52, 23 février 2006 ; Immobiliare Saffi, précité, § 49).
89. Dans la présente espèce, concernant tout d’abord l’intervention, en janvier 2002, de l’Agence des créances publiques dans les procédures individuelles d’exécution engagées par les requérants, la Cour rappelle qu’à la suite de cette intervention les procédures d’exécution ont été suspendues, les mesures conservatoires imposées sont devenues caduques et les intéressés ne pouvaient plus diligenter d’autres mesures d’exécution sur des biens faisant l’objet de saisies conservatoires de la part de l’agence publique (paragraphes 15, 36 et 38 ci-dessus).
90. La Cour considère que l’octroi de privilèges semblables à l’administration fiscale en vue du recouvrement des créances publiques ne saurait être en soi considéré comme rompant le « juste équilibre » entre l’intérêt public et les droits individuels, notamment eu égard à la large marge d’appréciation laissée aux Etats en pareille matière (Gasus Dosier- und Fördertechnik GmbH, précité, § 60).
91. Toutefois, compte tenu du risque que comportent de tels privilèges d’imposer aux autres créanciers une charge excessive quant à la possibilité de faire exécuter leurs créances, la Cour estime qu’ils devraient être entourés de certaines garanties de procédure pour veiller à ce que leur mise en œuvre et leurs incidences pour les autres créanciers ne soient ni arbitraires ni imprévisibles (voir, mutatis mutandis, Immobiliare Saffi, précité, § 54 ; F.L. c. Italie, no 25639/94, § 30, 20 décembre 2001).
92. Dans la présente espèce, la Cour a constaté ci-dessus que, du fait des saisies imposées sur de nombreux biens de la société et de l’absence de mesures d’exécution par l’Agence des créances publiques, l’exécution des jugements des requérants a été empêchée pendant une période de près de quatre ans (paragraphes 64-66 du présent arrêt). Quant au deuxième groupe de créances, celles découlant du plan de redressement, leur exécution a d’abord été retardée par les délais excessifs d’examen des recours introduits par la société avant d’être bloquée comme celle des autres jugements (paragraphes 67-68 ci-dessus). Pendant cette période, les requérants ont ainsi été maintenus dans l’incertitude de savoir s’ils pourraient un jour recevoir paiement en exécution des jugements rendus en leur faveur.
93. La Cour relève également que les requérants n’ont pu recevoir une exécution complète de leurs créances en raison de l’application des règles de priorité des créances dans le cadre de la liquidation judiciaire, qui accorde un rang privilégié aux créances salariales mais non aux intérêts moratoires dus sur de telles créances (paragraphe 45 ci-dessus).
94. Certes, l’Etat ne saurait en principe être tenu responsable d’un défaut de paiement dû à l’insolvabilité d’un créancier privé (Sanglier, précité, § 39). La Cour a également admis que dans certains cas, lorsque le débiteur ne dispose pas de fonds suffisants, l’exercice par l’Etat de ses prérogatives en matière fiscale peut impliquer que les autres créanciers voient réduire la possibilité d’obtenir un paiement intégral de leurs créances (Gasus Dosier- und Fördertechnik GmbH, précité, § 69).
95. La Cour rappelle cependant que, dans le cadre du grief tiré de l’article 6 de la Convention, elle a considéré qu’en l’espèce les obstacles imposés aux procédures d’exécution des requérants et les retards engendrés de ce fait n’étaient pas justifiés par le recouvrement des créances publiques dans la mesure où l’Agence des créances publiques n’avait procédé à aucune mesure d’exécution pendant cette période (paragraphes 65 et 66 ci-dessus).
96. Il n’apparaît pas par ailleurs que les requérants aient eu une autre possibilité d’obtenir l’exécution forcée de leur créances, de demander la reprise de la procédure de liquidation ou de parer à l’absence de diligence de l’agence publique. La possibilité de demander la reprise de la procédure de liquidation judiciaire en cas de défaut d’exécution du plan de redressement était en effet ouverte seulement à des créanciers détenant plus de 15 % des créances, ce qui n’était pas le cas des requérants. Par ailleurs, le fonds national de garantie des salaires créé par la suite n’a pas pu trouver application dans leur cas.
97. Dans ces circonstances, la Cour considère que les retards intervenus dans l’exécution et l’impossibilité pour les requérants d’obtenir le paiement de la totalité de leurs créances n’étaient pas principalement dus à l’insolvabilité de la société débitrice, mais étaient la conséquence de l’intervention des autorités publiques dans les procédures d’exécution engagées par les intéressés, de la passivité subséquente de celles-ci et de la durée excessive de certaines procédures (voir, a contrario, F.L. c. Italie, précité, § 34).
98. Or, la Cour relève que les créances des requérants consistaient en des salaires et indemnités découlant de leurs contrats de travail et revêtaient dès lors une importance particulière pour les intéressés. En outre, on ne saurait considérer les requérants comme des créanciers commerciaux ayant pris un risque conscient en contractant avec la société et devant par conséquent supporter les conséquences de l’existence de dettes fiscales dans le patrimoine de celle-ci (Gasus Dosier- und Fördertechnik GmbH, précité, § 70).
99. Au vu de ces observations, la Cour estime que le juste équilibre qui doit être ménagé entre la sauvegarde du droit des individus au respect de leurs biens et les exigences de l’intérêt général n’a pas été préservé dans le cas de l’espèce. Elle conclut par conséquent à la violation de l’article 1 du Protocole no 1.
5. Sur le grief tiré de l’article 13
100. La Cour estime que les conclusions auxquelles elle est parvenue au sujet de la violation alléguée de l’article 1 du Protocole no 1 pris isolément la dispensent de l’obligation de se placer de surcroît sur le terrain de l’article 13 de la Convention.
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
101. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
1. Préjudice matériel
102. Au titre de préjudice matériel, les requérants réclament le paiement de leurs créances telles qu’elles ont été reconnues par les titres exécutoires délivrés, augmentées des intérêts moratoires dus jusqu’au 20 janvier 2008 et déduction faite des sommes déjà versées ou qui devaient être versées en avril 2008 dans le cadre de la liquidation de la société P..
103. Ils soulignent que, pour la plupart d’entre eux, seules les créances au principal ont été payées, à l’exclusion des intérêts moratoires sur ces montants. Or, compte tenu du délai écoulé et de l’inflation, le montant de ces intérêts était élevé. Les requérants produisent une opinion d’expert selon laquelle entre 2000 et 2007 le taux d’inflation était de l’ordre de 70 %, le salaire moyen a augmenté de 86 % et les prix de l’immobilier local ont triplé. Ils tiennent les autorités pour responsables de cette situation dans la mesure où l’entreprise disposait initialement de biens suffisants pour couvrir ses dettes et où le temps écoulé du fait de l’intervention des autorités a contribué à diminuer le patrimoine de celle-ci.
104. Le Gouvernement n’a pas présenté de commentaires.
105. La Cour relève d’emblée que les requérants ont obtenu des règlements partiels de leurs créances, soit à la suite de mesures d’exécution individuelles, soit dans le cadre de la liquidation de l’entreprise. Elle note toutefois que même si la plupart d’entre eux ont reçu un montant correspondant à leurs créances au principal, ils n’ont pas pu obtenir le règlement total de leurs créances, incluant les intérêts moratoires dus en raison du retard de paiement.
106. Il est certes difficile pour la Cour de spéculer sur les capacités de l’entreprise débitrice d’honorer ses dettes et sur la probabilité pour les requérants d’obtenir un paiement de la totalité de leurs créances si les actions et inactions des autorités au sujet desquelles elle a ci-dessus constaté une violation de l’article 6 § 1 et de l’article 1 du Protocole no 1 n’avaient pas eu lieu, et donc d’estimer le montant exact du préjudice subi par les intéressés.
107. Toutefois, dans les circonstances de l’espèce, la Cour estime raisonnable la position des requérants qui considèrent que ce préjudice correspond à la différence entre les montants effectivement versés et la totalité de leurs créances, incluant les intérêts moratoires dus conformément au droit interne. Elle relève au demeurant que le Gouvernement n’a contesté ni l’approche utilisée ni les montants revendiqués par les requérants respectifs.
108. En conséquence, la Cour accorde aux intéressés l’intégralité des montants réclamés au titre de préjudice matériel.
109. Le tableau au paragraphe 123 ci-dessous reproduit les demandes des requérants à ce titre et les montants accordés par la Cour. Les détails des demandes des requérants, à savoir le montant de leurs créances après déduction des paiements individuels éventuellement intervenus, les intérêts dus sur ces montants, ainsi que les montants reconnus dans le cadre de la liquidation de l’entreprise et devant être versés en avril 2008, figurent dans le tableau en annexe du présent arrêt.
2. Préjudice moral
110. Les requérants demandent également réparation du préjudice moral qu’ils ont subi en raison de la situation prolongée d’incertitude dans laquelle ils ont été placés du fait du défaut de paiement de leurs créances salariales, des difficultés de subvenir aux besoins de leurs familles et des sentiments d’angoisse et d’humiliation éprouvés. Ils soulignent également que le défaut de paiement par l’entreprise des cotisations au titre de l’assurance maladie et retraite leur a également causé un préjudice, pour lequel ils prétendent un dédommagement moral en raison des difficultés de chiffrage de l’aspect matériel. En conclusion, les requérants demandent un dédommagement pour préjudice moral à hauteur de 5 000 EUR chacun.
111. Le Gouvernement n’a pas soumis d’observations.
112. La Cour estime que les requérants ont subi un préjudice moral du fait de la frustration provoquée par l’impossibilité de voir exécuter les jugements rendus en leur faveur et que ce préjudice n’est pas suffisamment compensé par un constat de violation. Concernant l’évaluation de ce préjudice, la Cour prend en considération la nature des violations constatées, l’enjeu pour les requérants et sa jurisprudence dans des affaires similaires. Elle considère en revanche que le nombre des requérants ne doit pas être pris en compte et entraîner une réduction du montant à allouer dans la mesure où en l’espèce les intéressés n’étaient pas, sauf dans le cadre de la procédure de redressement et liquidation judiciaire, parties à une procédure commune, mais avaient mené des procédures judiciaires et d’exécution distinctes (voir, a contrario et mutatis mutandis, Arvanitaki-Roboti et autres c. Grèce [GC], no 27278/03, § 29, 15 février 2008). Se fondant sur les considérations précédentes et statuant en équité, la Cour alloue 2 300 EUR à chacun des requérants au titre de préjudice moral.
B. Frais et dépens
113. Les requérants sollicitent le remboursement des frais et dépens engagés pour la défense de leurs droits.
114. Ils réclament tout d’abord les honoraires de leur avocat, Me T., encourus dans le cadre des procédures internes. Ils produisent les conventions d’honoraires acceptées par chacun des requérants, pour un montant total de 18 200 BGN (environ 9 300 EUR) ainsi qu’un décompte du travail effectué. Ils demandent que les montants accordés soient versés directement à leur avocat.
115. Pour la procédure devant la Cour, les requérants demandent 14 000 EUR au titre d’honoraires, pour leurs deux avocats et produisent un décompte du travail effectué, à hauteur de 146 heures pour Mme M.-V. et 186 heures pour Me T.. Ils demandent que les montants accordés soient versés directement à leurs avocats.
116. Les requérants sollicitent également, justificatifs à l’appui, le remboursement des frais postaux et de traduction, ainsi que des honoraires d’expert exposés pour la préparation de leur demande de satisfaction équitable pour un montant total de 1 750 BGN, soit 42 BGN par requérant (environ 21 EUR).
117. Certains requérants demandent enfin le remboursement de frais additionnels de courrier, de traduction ou des taxes pour des certifications notariales. Ils produisent des justificatifs pour une partie des frais ainsi réclamés.
118. Le Gouvernement n’a pas soumis de commentaires.
119. La Cour rappelle que selon la jurisprudence un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux.
120. En l’espèce, concernant tout d’abord les honoraires d’avocat pour lesquels les requérants se sont engagés dans le cadre des procédures internes, la Cour estime qu’une partie des frais ainsi réclamés doivent être considérés comme normalement encourus dans le cadre d’une procédure d’exécution et n’ont pas été engendrés par les obstacles et retards imputables à l’Etat pour lesquels elle a ci-dessus constaté une violation. Au vu des éléments en sa possession, la Cour estime raisonnable d’allouer un montant global de 3 000 EUR à ce titre, à verser sur le compte désigné par l’avocat des requérants dans les procédures internes.
121. Pour ce qui est des honoraires d’avocat encourus dans le cadre de la présente procédure, eu égard à la complexité de l’affaire et aux éléments en sa possession, la Cour estime raisonnable un montant global de 8 000 EUR. Il convient de déduire de cette somme 1 700 EUR qui ont été versés par le Conseil de l’Europe au titre de l’assistance judiciaire. La Cour accorde dès lors 6 300 EUR à ce titre, à verser sur le compte désigné par les deux avocats des requérants.
122. S’agissant des frais dont le remboursement est demandé, la Cour considère raisonnables et justifiés les frais revendiqués pour l’ensemble des requérants à hauteur de 21 EUR par personne et leur accorde ce montant. Pour ce qui est des frais additionnels réclamés par certains requérants, la Cour accorde leur remboursement dans la mesure où les intéressés ont fourni des justificatifs. Les montants exacts sont reproduits dans le tableau au paragraphe 123 ci-dessous.
C. Tableau récapitulatif des demandes et des montants accordés aux requérants au titre de dommage matériel et de certains frais
123. Les demandes des requérants au titre de préjudice matériel et des frais engagés dans la présente procédure, ainsi que les montants accordés par la Cour sont indiqués dans le tableau ci-dessous1.
Requête Noms des requérants Sommes demandées pour préjudice matériel (BGN) Sommes demandées pour préjudice matériel (EUR) Montants accordés par la Cour pour préjudice matériel (EUR) Frais CEDH demandés et justifiés
(21 EUR + frais addit.) (EUR) Frais CEDH accordés (EUR)
16354/02 B. B. 14 306 7 296 7 296 21 21
16485/02 D. D. 22 727 11 591 11 591 21 21

N. D. 19 374 9 881 9 881 21 21
16878/02 L. K. 16 088 8 205 8 205 50 50
16885/02 Z. N. 11 740 5 987 5 987 28 28
16886/02 T. S. 13 871 7 074 7 074 21 21
16889/02 S. P. 13 654 6 964 6 964 21 21
17333/02 O. P. 20 632 10 522 10 522 21 21
17340/02 P. P. 24 447 12 468 12 468 21 21
17344/02 S. M. 21 973 11 206 11 206 21 21
17613/02 M. I. 17 825 9 091 9 091 21 21
17725/02 P. G. 10 648 5 430 5 430 21 21
17726/02 I. Y. 10 790 5 503 5 503 21 21
18410/02 T. M. 4 324 2 205 2 205 21 21
18413/02 E. P. 4 509 2 300 2 300 21 21
18414/02 M. N. 1 429 729 729 21 21
18416/02 V. N. 15 567 7 939 7 939 21 21
21023/02 S. T. 14 907 7 603 7 603 21 21
21024/02 S. T. 6 338 3 232 3 232 23 23
21027/02 I. I. 6 965 3 552 3 552 21 21
21029/02 L. P. 19 603 9 998 9 998 21 21
21030/02 R. H. 10 871 5 544 5 544 21 21
21033/02 A. J. 7 236 3 690 3 690 21 21
21038/02 V. I. 32 571 16 611 16 611 21 21
21052/02 S. K. 19 655 10 024 10 024 21 21
21071/02 M. T. 12 762 6 509 6 509 50 50
21284/02 T. A. 14 873 7 585 7 585 21 21
21378/02 L. S. 4 437 2 263 2 263 21 21
21800/02 O. V. 5 863 2 990 2 990 21 21
22430/02 B. A. 6 923 3 531 3 531 21 21
22433/02 T. R. 19 541 9 966 9 966 21 21
26478/02 N. K. 17 229 8 787 8 787 21 21
26498/02 N. S. 20 753 10 584 10 58

A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza

Il Diritto dell'Espropriazione è una materia molto complessa e poco conosciuta, che "ingloba" parti importanti di molteplici rami del diritto. Per tutelarsi è quindi essenziale farsi assistere da un Professionista (con il quale si consiglia di concordare in anticipo i costi da sostenere, come ormai consentito dalle leggi in vigore).

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