Conclusione Violazione dell’art. 6-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA BEK C. TURCHIA
( Richiesta no 23522/05)
SENTENZA
STRASBURGO
20 aprile 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Bek c. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 30 marzo 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 23522/05) diretta contro la Repubblica della Turchia e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. M. B. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 16 giugno 2005 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da M. B., avvocato ad Ankara. Il governo turco (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente.
3. Il 29 gennaio 2009, la presidentessa della seconda sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1982 e risiede ad Ankara.
5. Mentre effettuava il suo servizio militare nella marina, il richiedente si tagliò i tendini del polso della mano sinistra all’epoca di un tafferuglio. Perse così una certa capacità di movimento.
6. Secondo il rapporto medico del 3 novembre 2003 dell’accademia militare di medicina di Gülhane, il richiedente non era più atto al servizio militare. Fu dispensato quindi dal servire l’esercito.
7. In una data non precisata, il richiedente investì l’Alta Corte amministrativa militare di Ankara (“l’Alta Corte”) di un ricorso per danni ed interessi corredati di un’istanza di concessione di aiuto giudiziale in ragione della sua situazione finanziaria.
8. Nel frattempo, il 27 febbraio 2004, la fondazione dei soldati (Mehmetçik Vakfý) accordò, a titolo di aiuto pecuniario per l’invalidità di 4 grado, al richiedente una somma di 3 441 690 000 lire turche (TRL), somma che corrispondeva, all’epoca dei fatti, a circa 2 000 euro (EUR). Il richiedente ricevette anche al momento da parte della fondazione una pensione di 300 TRL (circa 180 EUR) al trimestre, somma che ammonta, a 500 TRL, circa 230 EUR.
9. Con una decisione del 13 ottobre 2004, l’Alta Corte decise che non c’era luogo di accordare l’aiuto giudiziale al motivo che le condizioni previste dalla legge non si trovavano riunite. Peraltro, ingiunse al richiedente di saldare gli oneri e le spese del procedimento entro trenta giorni.
10. Il 25 novembre 2004, il richiedente rinnovò la sua istanza di aiuto giudiziale fondata questa volta sull’attestato di indigenza del 17 novembre 2004 stabilito dal municipio del quartiere (muhtar) che indicava che il richiedente non aveva nessuno reddito e viveva in situazione di povertà.
11. Con una decisione del 1 dicembre 2004, l’Alta Corte amministrativa, deliberando sulla pratica, respinse questa istanza al motivo che non soddisfaceva le condizioni di concessione enumerate all’articolo 465 del codice di procedura civile. Sottolineò peraltro che in mancanza di versamento degli oneri di giustizia, ossia 1 125 000 000 TRL (circa 650 euro) entro trenta giorni, l’azione sarebbe stata considerata come non introdotta.
12. Il richiedente non avendo potuto pagare la somma, l’Alta Corte archiviò la causa con una decisione del 26 gennaio 2005.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
13. Il diritto e le pratica interna pertinenti in materia di aiuto giudiziale sono descritte nelle sentenze Bakan c. Turchia, (no 50939/99, § 36-41, 12 giugno 2007) e Tunç c. Turchia (no 20400/03, §§ 14-16, 21 febbraio 2008,).
14. Il salario minimo netto nel 2004 ammontava a 444 150 000 TRL, o circa 260 EUR al mese.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
15. Il richiedente adduce che il rigetto della sua istanza di aiuto giudiziale da parte dell’Alta Corte amministrativa militare di Ankara ha recato offesa al suo diritto di accesso ad un tribunale come previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione.
16. Sull’ammissibilità, la Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
17. Sul merito, il Governo afferma che non c’è un obbligo per il giudice di accordare l’aiuto giudiziale, pronunciandosi dopo esame degli elementi contenuti nella pratica. Secondo il Governo, il richiedente che aveva dei redditi sufficiente a pagare gli oneri di procedimento, doveva provare la sua mancanza di denaro.
18. Il richiedente contesta questi argomenti e reitera le sue affermazioni.
19. Per i principi generali in materia di oneri del procedimento nella cornice del diritto di accesso ad un tribunale, la Corte rinvia alla sua sentenza Bakan (precitata, §§ 66-68).
20. Nello specifico, la Corte rileva che il mancato pagamento degli oneri di procedimento ha condotto l’Alta Corte amministrativa militare a considerare l’istanza del richiedente come non introdotta. La restrizione è intervenuta così allo stadio iniziale del procedimento, dinnanzi alla giurisdizione di prima istanza.
21. La Corte nota che l’importo degli oneri di procedimento richiesto era di circa 650 EUR. È del parere che questo importo rappresentava una somma considerevole per il richiedente che disponeva solamente di 180 EUR al trimestre, o 60 EUR al mese. Anche se aveva ottenuto la somma di 2 000 EUR da parte della fondazione dei soldati, la Corte è convinta che la situazione economica globale del richiedente che non aveva nessun reddito a parte la pensione, non gli permetteva di pagare gli oneri di giustizia equivalenti a più di due salari minimi mensili in vigore all’epoca dei fatti.
22. Certo, la Corte riconosce che gli Stati hanno indubbiamente una preoccupazione legittima di assegnare dei denari pubblici a titolo dell’aiuto giudiziale solo ai richiedenti effettivamente poveri. Ora, nello specifico, contrariamente a ciò che sostiene il Governo, risulta dal documento del municipio del quartiere datato 17 novembre 2004 (paragrafo 10 sopra) che il richiedente aveva dimostrato la sua indigenza. In compenso, la giurisdizione nazionale riguardata in nessun modo ha motivato il suo rifiuto di accordare l’aiuto giudiziale al richiedente né ha tenuto conto del suo stato di salute. A questo riguardo, la Corte osserva che il sistema di aiuto giudiziale messo in posto dal legislatore turco non offre tutte le garanzie procedurali necessarie: se è vero che questo compito è affidato alle autorità giudiziali, più precisamente alla giurisdizione chiamata a deliberare sull’istanza principale, il diritto turco non offre la possibilità di contestare la valutazione portata dal tribunale sulla fondatezza della richiesta. Secondo i termini dell’articolo 469 del codice di procedimento civile, la decisione relativa all’aiuto giudiziale è definitiva e non può essere oggetto di nessun ricorso. Così, l’istanza di aiuto giudiziale è oggetto di un esame unico sul fondamento dei documenti scritti prodotti dalle parti all’istanza. Questi ultimi non sono sentiti, all’occorrenza, durante un’udienza, e non hanno l’occasione di presentare delle obiezioni (Ciðerhun Öner c. Turchia, no 33612/03, § 36, 20 maggio 2008).
23. Nell’occorrenza, la Corte constata che il rigetto della richiesta di aiuto giudiziale durante l’istanza ha privato totalmente il richiedente della possibilità di fare ascoltare la sua causa da un tribunale (vedere, Sabri Aslan ed altri c. Turchia, no 37952/04, § 31, 15 dicembre 2009).
24. Avuto riguardo all’insieme delle circostanze dello specifico, la Corte constata che il richiedente non ha beneficiato di un diritto di accesso concreto ed effettivo all’Alta Corte amministrativa militare di Ankara. Così, lo stato non ha soddisfatto i suoi obblighi di regolamentare il diritto di accesso ad un tribunale in un modo conforme alle esigenze dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e che ha oltrepassato così il margine di valutazione di cui dispone in materia (Tunç, precitata, § 31).
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE E DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
25. Il richiedente si lamenta anche della mancanza di vie di ricorso interne per fare valere il suo motivo di appello derivato dall’articolo 6 § 1 della Convenzione e di una violazione del suo diritto di proprietà in ragione dell’impossibilità di fare esaminare il merito del suo ricorso. Invoca su questi punti l’articolo 13 della Convenzione, composto col suo articolo 6 § 1, e l’articolo 1 del Protocollo no 1.
26. Il Governo contesta questa tesi.
27. La Corte rileva che questi motivi di appello sono legati a quello esaminato sopra e devono essere dichiarati dunque anche ammissibili.
28. Però, avuto riguardo alla constatazione relativa all’articolo 6 § 1 (paragrafo 24 sopra) la Corte stima che non c’è luogo di esaminare separatamente se c’è stato, nello specifico, violazione di queste disposizioni (vedere, Tunç, precitata § 35; Mehmet e Suna Yiğit c. Turchia, no 52658/99, § 43, 17 luglio 2007; Serin c. Turchia, no 18404/04, § 40, 18 novembre 2008).
III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
29. Il richiedente si lamenta infine della mancanza di indipendenza e di imparzialità dei giudici dell’Alta Corte amministrativa militare. Invoca a questo riguardo l’articolo 6 § 1 della Convenzione.
30. La Corte, riferendosi alla decisione Yavuz c. Turchia (no 29870/96, 25 maggio 2000,) stima che questo motivo di appello è manifestamente mal fondato e deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
31. A titolo dell’articolo 41 della Convenzione, il richiedente richiede 70 000 euro (EUR) per il danno patrimoniale e 20 000 EUR per ciò che riguarda il danno morale che avrebbe subito.
32. Il Governo contesta queste pretese.
33. Per ciò che riguarda il danno patrimoniale, quando la Corte conclude che un richiedente non ha beneficiato di un diritto di accesso ad un tribunale in ragione del rifiuto della concessione dell’aiuto giurisdizionale per incomprensione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, stima che in principio il mezzo più appropriato per risanare la violazione constatata sarebbe un nuovo processo o una riapertura del procedimento, su richiesta dell’interessato (Tunç, precitata § 38, Mehmet e Suna Yiğit, precitato, § 47; Ciğerhun Öner c. Turchia, precitata, § 47; Sabri Aslan ed altri c. Turchia, no 37952/04, § 36, 15 dicembre 2009).
34. Per ciò che riguarda il danno morale, la Corte, deliberando in equità, accorda al richiedente 3 000 EUR.
35. Il richiedente chiede anche 4 945 EUR per gli oneri e le spese incorsi dinnanzi alla Corte. A titolo di giustificativi, fornisce un conteggio del lavoro stabilito dal suo avvocato, la tabella di parcella del foro di Ankara ed un documento concernente gli oneri di traduzione.
36. Tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei criteri menzionati nella sua giurisprudenza, la Corte stima ragionevole la somma di 2 000 EUR e l’accorda al richiedente a titolo degli oneri e delle spese.
37. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello relativi al diritto di accesso ad un tribunale, al diritto al rispetto dei beni ed al diritto ad un ricorso effettivo ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare separatamente i motivi di appello derivati dall’articolo 13 della Convenzione e dall’articolo 1 del Protocollo no 1;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione le seguenti somme, da convertire in moneta nazionale del Governo convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento,
i, 3 000 EUR (tremila euro) per danno morale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
ii, 2 000 EUR (duemila euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 20 aprile 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa