QUINTA SEZIONE
CAUSA BARRET E SIRJEAN C. FRANCIA
( Richiesta no 13829/03)
SENTENZA
STRASBURGO
21 gennaio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Barret e Sirjean c. Francia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, quinta sezione, riunendosi in una camera composta da:
Peer Lorenzen, presidente, Renate Jaeger, Jean-Paul Costa, Karel Jungwiert, Rait Maruste, Marco Villiger, Isabelle Berro-Lefèvre, giudici,
e da Claudia Westerdiek, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 15 dicembre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 13829/03) diretta contro la Repubblica francese e in cui due cittadini di questo Stato, il Sig. J.-L. B. e la Sig.ra P. S. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 18 aprile 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da A. G., avvocato a Parigi. Il governo francese (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Belliard, direttrice delle cause giuridiche al ministero delle Cause estere.
3. I richiedenti adducevano, sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1, che il rifiuto di concorso della forza pubblica per fare eseguire una misura giudiziale che ordinava la liberazione delle loro terre illegalmente occupate aveva causato la perdita del loro sfruttamento, così come della speranza legittima di proseguire un sviluppo agricolo e viticolo di lunga durata e promettente. I richiedenti si lamentavano anche, sotto l’angolo dell’articolo 8 della Convenzione, di essere stati privati del godimento del loro domicilio in ragione questa occupazione.
4. Con una decisione del 3 luglio 2007, la Corte ha dichiarato la richiesta parzialmente ammissibile.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono nati rispettivamente in 1946 e nel 1947. Risiedono rispettivamente ad Ortiporio e Ghisonaccia.
6. Il richiedente è il figlio di J. B., deceduto in 1948, e di M. B., diventata la sposa di L. B., deceduto nel 1997. La richiedente è la figlia di J. e M. B.. I richiedenti sono gli eredi dei beni appartenenti a loro madre, deceduta il 20 settembre 2001 che comprendono una proprietà agricola e viticola oltre trentacinque ettari situati nel comune di Ventiseri, in Corsica.
7. Dal 1965 al 1972, la famiglia dei richiedenti procedette ai lavori di dissodamento e di coltivazione su questa proprietà. Nel 1990, questa ultima fu valutata a 259 163 euro (EUR) da un ingegnere agronomo, perito presso la corte di appello di Bastia.
8. Il 14 marzo 1990, la proprietà fu occupata illegalmente da un giovane agricoltore corso (G.M) col sostegno dei militanti nazionalisti del Sincatu corsu dell’agricultura. Un verbale di accertamento redatto il giorno stesso fa stato dell’apposizione, sul muro di cinta della proprietà, di un cartello che portava la menzione Sindicatu i travailli Corsi.
9. Peraltro, due volantini contenenti delle minacce fisiche, uno proveniente dall’ Unita Nationalista, l’altro dal Fronte Di Liberazione Naziunale Di Corsica (detta FLNC) furono indirizzati alla famiglia dei richiedenti. Il volantino del FLNC indicava in particolare ciò che segue:
“Da due secoli, la politica dello stato francese non ha smesso di spogliare il popolo corso sulla sua terra, poco a poco spogliandolo dei suoi beni ancestrali. L’arrivo dei coloni rimpatriati dell’Africa del nord ha fatto accentuare solamente questo processo. La lotta di liberazione nazionale che conduciamo ha saputo da sola porre l’alternativa a questo sistema… L’azione intentata dagli agricoltori corsi entra in questo dritto filo… essendo questo terreno un attrezzo di lavoro, è nostro dovere favorire a tutti l’insediamento di un agricoltore. Per ciò, vi incoraggiamo vivamente a trovare un terreno di intesa e questo per facilitare la restituzione al più presto. In mancanza di ciò, i nostri commando sarebbero portati ad intervenire più duramente e ne portereste da soli la responsabilità. ”
10. Con una lettera del 18 marzo 1990, la famiglia dei richiedenti allertò il prefetto dell’Alta – Corsica, così come il presidente della Repubblica. Il 30 marzo 1990, questo ultimo rispose che non gli era possibile intervenire, trattandosi di un “disaccordo che sembrava soprattutto di natura privata” e di competenza esclusiva dei tribunali in materia. Il prefetto rispose in quanto a lui il 2 aprile 1990, garantendo che la pratica veniva seguita con un’attenzione tutta particolare.
11. I richiedenti scrissero anche al Primo ministro, al ministro degli Interni ed al presidente dell’assemblea regionale della Corsica, senza ricevere alcuna risposta. Informato da una lettera dei richiedenti del 18 marzo 1990, il procuratore della Repubblica non diede nessuno seguito giudiziale a questi fatti.
12. Nella notte del 30 maggio 1990, il domicilio personale della famiglia, situato ad Abbazia, fu oggetto di un attentato con un’arma automatica e una granata. Ventisei impatti di proiettili furono censiti sul posto e questo, fino nel bagno.
13. Nella sua edizione del 31 maggio 1990, il quotidiano Corsica Mattina pubblicò un articolo che indicava in particolare:
“(…) questo attentato si inserisce in un contesto ben conosciuto Difatti, i coniugi B. sono proprietari di 35 ettari che da parecchi mesi sono oggetto di un’occupazione da parte di un agricoltore sostenuto dal Sindicatu corsu dell’agricultura L’attentato di ieri sera contribuirà ad avvicinare i punti di vista? “
14. Il domicilio della famiglia fu posto sotto la sorveglianza dei servizi di polizia per quasi quindici giorni.
15. Il 7 giugno 1990, i coniugi B. investirono il tribunale amministrativo in vista di fare dichiarare lo stato responsabile del danno causato dall’occupazione del loro terreno, sul fondamento dell’articolo 92 della legge del 7 gennaio 1983.
16. Con un giudizio del 1 marzo 1991, il tribunale amministrativo di Bastia dichiarò lo stato responsabile dei danni causati dall’occupazione degli appezzamenti di terreno per il periodo che andava dal 14 marzo al 1 giugno 1990 e lo condannò a pagare una somma di diecimila franchi di risarcimento. I coniugi B. interposero appello a questo giudizio.
17. Con una sentenza del 23 novembre 1992, la corte amministrativa di appello di Lione respinse i loro ricorsi.
18. Con un’ordinanza del 22 novembre 2000, il presidente della corte d’appello di Bastia, deliberando per direttissima , su richiesta dei coniugi B., ordinò lo sfratto di [G.M], che occupava senza dritto né titolo, e di ogni occupante della loro proprietà e questo, sotto penale di mille franchi al giorno di ritardo, passato il termine di un mese a contare dalla notifica della presente ordinanza. I richiedenti precisano che questa decisione fu resa in un clima locale teso, in ragione dell’occupazione dei locali della direzione dipartimentale dell’agricoltura da parte dei nazionalisti che si opponevano allo sfratto chiesto.
19. Il 13 luglio 2001, all’epoca di un primo tentativo di esecuzione della procedura provvisoria da un ufficiale giudiziario di giustizia, G.M. negò di lasciare i luoghi.
20. Con una lettera del 23 luglio 2001, l’ufficiale giudiziario di giustizia richiese espressamente alla prefettura dell’Alta – Corsica l’intervento delle forze di polizia per procedere allo sfratto dell’occupante senza titolo. La prefettura non rispose a questa domanda. Una notifica di “rifiuto constatato da difetto di risposta dell’amministrazione nel termine di due mesi” fu portata a cognizione del procuratore della Repubblica il 26 settembre 2001.
21. Con una lettera dell’ 11 gennaio 2002, il prefetto dell’Alta – Corsica, facendo espressamente riferimento alla procedura provvisoria del 22 novembre 2000, incaricò la polizia di “procedere ad un’inchiesta sull’eventualità di duisturbi all’ordine pubblico all’epoca del collocamento in opera del procedimento di sfratto.”
22. Un verbale di sintesi fu redatto da un inquirente di polizia il 31 gennaio 2002. Rilevando, da una parte che [G.M] era stato sostenuto all’epoca dal S.C.A, sindacato a forte connotazione politica che portava il suo sostegno a numerose occupazioni di terre e, dall’altra parte, la decisione della famiglia M. di rimanere nei luoghi e la possibilità di mobilitare dei parenti stretti e simpatizzanti, concludendo che un procedimento di sfratto rischiava di generare in un’agitazione all’ordine pubblico.
23. Questo verbale fu trasmesso al prefetto con una nota del capitano che comandava la compagnia Ghisonaccia nella quale era indicato in particolare:
“I. Rischi di disturbi all’ordine pubblico
– [G.M] ha dichiarato ai carabinieri che non lascerà i luoghi malgrado il procedimento di sfratto. Una resistenza fisica da parte sua è quasi certa. L’impiego della forza a suo carico sarà dunque verosimilmente necessario.
– All’epoca del collocamento in opera dello sfratto, la famiglia [M.] potrebbe beneficiare principalmente del sostegno di agricoltori del FIUMORBU, particolarmente di quelli che occupavano allo stesso modo, senza titolo, delle terre agricole.
Stima questo eventuale sostegno: da 10 a 30 persone che possono essere pericolose.
– Il collocamento in opera del procedimento di sfratto rischia di impiegare molto tempo (evacuazione delle 330 teste di bestiame)…). Più questo collocamento in opera durerà, più il sostegno di elementi esterni potrebbe essere importante.
– È da temere che lo sfruttamento agricolo è rioccupato illegalmente dopo la partenza delle forze dell’ordine.
II. Effettivi di polizia da prevedere
Per fare fronte ai rischi menzionati, conviene prevedere la presenza su zona (o in attesa nelle vicinanze seguendo la situazione constatata) dei seguenti effettivi,:
– 3 militari della squadra di VENTISERI
– 1 squadra leggera di intervento
– 1 plotone di carabinieri mobili. “
24. Con una lettera del 25 ottobre 2002, i richiedenti chiesero l’intervento e l’assistenza del Primo ministro.
25. Investirono il tribunale amministrativo di Bastia di un’istanza di indennizzo del danno subito a causa del rifiuto del concorso della forza pubblica per eseguire la procedura provvisoria del 22 novembre 2000.
26. Il 10 luglio 2003, il tribunale li respinse della loro istanza. I richiedenti interposero appello a questo giudizio.
27. Con una sentenza del 12 dicembre 2005, la corte amministrativa di appello di Marsiglia respinse la loro istanza di annullamento del giudizio del 10 luglio 2003 e la loro istanza di indennizzo. Giudicò in particolare che la loro istanza a titolo delle perdite di redditi a causa del rifiuto del prefetto di accordare loro il concorso della forza pubblica era inammissibile come essendo nuova in appello. Il 13 febbraio 2006, i richiedenti ricorsero in cassazione contro la sentenza.
28. Il 21 marzo 2007, il Consiglio di stato annullò la sentenza e rinviò la causa dinnanzi alla corte amministrativa di appello di Marsiglia.
29. Con una sentenza dell’ 8 ottobre 2007, la corte amministrativa di appello considerò che la responsabilità dello stato era impegnata sul fondamento dell’uguaglianza dinnanzi ai carichi pubblici a contare del 24 settembre 2001, tenuto conto dell’accusato ricevimento della richiesta di esecuzione dell’ufficiale giudiziario da parte prefetto il 24 luglio 2001 e della scadenza del termine regolamentare dei due mesi equivalgono ad un rifiuto di concorso della forza pubblica. Ordinò una perizia per valutare il danno subito dai richiedenti per il periodo posteriore al 24 settembre 2001.
30. Nella sua sentenza resa al merito il 16 aprile 2009, la corte amministrativa di appello di Marsiglia condannò lo stato a versare ai richiedenti una somma di 989 310 euro in risarcimento del danno corrispondente ad un sfruttamento personale della loro terra, così come una somma di 10 000 euro a titolo del danno morale subito.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNA PERTINENTI
31. La Corte rinvia su questi punti alla causa Matheus c. Francia (no 62740/00, §§ 36-40, 31 marzo 2005).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
32. I richiedenti adducono che il rifiuto di concorso della forza pubblica per fare eseguire una misura giudiziale che ordinava la liberazione delle loro terre illegalmente occupate ha causato la perdita del loro sfruttamento, così come della speranza legittima di proseguire uno sviluppo agricolo e viticolo di lunga durata e promettente. Invocano l’articolo 1 del Protocollo no 1 che si legge come segue:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Tesi delle parti
1. Il Governo
33. Il Governo considera innanzitutto che la richiesta non è ammissibile, togliendo la sentenza resa dalla corte amministrativa di appello di Marsiglia, investita di un ricorso in responsabilità dello stato, il 16 aprile 2009, il loro requisito di vittima ai richiedenti. Per il periodo anteriore al 24 settembre 2001 e non considerato dalla corte amministrativa di appello, i richiedenti non avrebbero esaurito le vie di ricorso interne mancanza di avere esercitato anche un’azione simile. Il Governo stima inoltre che non si potrebbe pretendere che i poteri pubblici avessero deciso deliberatamente di non accordare il concorso della forza pubblica ai richiedenti. Al contrario, il prefetto dell’Alta – Corsica incaricò la polizia di preparare un dispositivo di evacuazione degli occupanti e, in seguito, un rapporto mise in evidenza le grandi difficoltà ed i mezzi molto importanti da mettere in opera per procedere allo sfratto – in particolare in ragione degli aiuti esterni di cui gli occupanti avrebbero potuto beneficiare in vista di impedire l’evacuazione-, così come dei rischi di disturbo all’ordine pubblico e l’inefficacia di una misura imposta dalla forza.
34. È certo che, in queste condizioni, le necessità dell’ordine pubblico poteva giustificare che una soluzione negoziata venisse ricercata dalle autorità e che in attesa di un risultato, i richiedenti avrebbero potuto investire le giurisdizioni amministrative per richiedere un giusto indennizzo del loro danno. Il Governo nota che in un certo numero di casi i proprietari, negando di mettere in azione i ricorsi giuridici che si aprivano a loro o posticipando il loro collocamento in opera, non hanno contribuito all’ordinamento veloce di queste cause.
35. Peraltro, il Governo stima che se la giurisprudenza della Corte sulle decisioni di sfratto riconosce la necessità di un’esecuzione veloce delle decisioni e del collocamento in opera del concorso della forza pubblica quando viene chiesto ed accettato dal giudice, non vieta ai poteri pubblici di tenere conto delle necessità dell’ordine pubblico per prestare o meno il suo concorso, purché dimostrino che questo rinvio all’ esecuzione è durato solamente il tempo necessario a trovare una soluzione soddisfacente ai problemi di ordine pubblico (Lunari c. Italia, no 21463/93, 11 gennaio 2001). Le autorità francesi hanno potuto differire alcuni sfratti per motivi di ordine pubblico evidenti, non superando il loro margine di valutazione, dunque come nello specifico, dal momento che dei rischi di scontri armati non erano ad escludere.
2. I richiedenti
36. I richiedenti notano che il Governo non contesta l’occupazione illegale della loro proprietà. Trattandosi dell’argomento del Governo secondo cui le autorità prefettizie avrebbero incaricato la polizia di preparare un dispositivo di evacuazione degli occupanti, precisano al primo colpo che la decisione del prefetto è intervenuta su richiesta espressa dell’ufficiale giudiziario di giustizia commesso da loro. In quanto alla decisione prefettizia stessa, i richiedenti considerano che i termini della lettera indirizzata dalla direttrice di studio del prefetto alla polizia erano estranei al collocamento in posto di un dispositivo di evacuazione, ma facevano procedere al contrario alle investigazioni sull’eventualità di disturbi all’ordine pubblico, preparando così una decisione negativa che valeva come rifiuto di concorso della forza pubblica.
37. Trattandosi della sentenza Lunari c. Italia, precitata, i richiedenti stimano che il Governo si accontenta di riferirsi alla nozione di ordine pubblico in modo declaratorio, senza precisare in che cosa le misure di protezione del diritto di proprietà dei richiedenti avrebbero potuto recare danno all’ordine pubblico, e senza principio di prova relativa ai “rischi di scontri armati” alla vista diversamente di “situazioni più gravi.” I richiedenti aggiungono che a differenza della causa Lunari, non vi è stata nello specifico un rinvio all’ esecuzione, ma un rifiuto totale di esecuzione. In quanto al tempo “rigorosamente necessario” affinché le autorità trovino una soluzione al problema, i richiedenti rilevano che è indeterminato e può durare parecchi anni in Corsica, oltre il fatto che il Governo è nell’impossibilità di rispondere alla condizione di “soluzione soddisfacente”.
38. I richiedenti invocano l’utile della sentenza Matheus c. Francia, no 62740/00, 31 marzo 2005, concernente il rifiuto di concorso della forza pubblica in un clima particolare di animosità a riguardo di certi proprietari metropolitani. Stimano infine che l’impatto della carenza dello stato sul godimento dei loro beni ha fatto sopportare loro un carico sproporzionato ed eccessivo.
B. Valutazione della Corte
39. Trattandosi innanzitutto delle eccezioni di inammissibilità sollevate dal Governo che invoca la perdita addotta della qualità di vittima dei richiedenti ed il difetto di esaurimento parziale delle vie di ricorso interne, basandosi sul procedimento di responsabilità dello stato, la Corte ricorda al primo colpo che, con una decisione del 3 luglio 2007, ha dichiarato la presente richiesta ammissibile dopo avere già esaminato questa questione. Difatti, nella sua decisione, per allontanare l’eccezione di inammissibilità sollevata dal Governo, la Corte, dopo avere osservato che i richiedenti si lamentano del difetto del concorso della forza pubblica per garantire l’esecuzione dell’ordinanza del presidente della corte d’appello del 22 novembre 2000, ha rilevato che un’azione dinnanzi al giudice amministrativo per un collocamento in causa della responsabilità dello stato in ragione del rifiuto implicito opposto dal prefetto non era di natura tale da arrivare direttamente all’esecuzione di questa decisione,invocando i richiedenti l’attentato al loro diritto di proprietà e chiedendo la liberazione dei luoghi (vedere, mutatis mutandis, Matheus c. Francia, (dec.) no 62740/00, 18 maggio 2004); ha giudicato anche che sono le autorità ad essere tenute a prestare il loro concorso l’esecuzione della sentenza affinché i richiedenti recuperino il loro bene immobiliare e che, quindi, l’obbligo di agire pesava sulle autorità e non sui richiedenti. Ne segue che le eccezioni del Governo che sono identiche o si confondono con l’eccezione già respinta nella cornice della decisione di ammissibilità del 3 luglio 2007, non potrebbero essere considerate.
40. Peraltro come nella causa Matheus, precitata, la Corte considera che il rifiuto di concorso della forza pubblica non deriva dall’applicazione di una legge che dipende da una politica sociale ed economica nella tenuta, per esempio, dell’alloggio o dell’ accompagnamento sociale di inquilini in difficoltà, ma di una carenza delle autorità locali ed in particolare del prefetto, addirittura di un rifiuto deliberato da parte di queste, nelle circostanze locali particolari e durante un lungo periodo, di prestare man-forte ai richiedenti per fare liberare le loro terre. Il difetto di esecuzione dell’ordinanza del 22 novembre 2000 deve essere esaminato quindi alla luce della norma generale contenuta nella prima frase del primo paragrafo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che enuncia il diritto al rispetto della sua proprietà.
41. La Corte ricorda, a questo riguardo, che l’esercizio reale ed efficace del diritto che questa disposizione garantisce non potrebbe difatti dipendere unicamente dal dovere dello stato di astenersi da ogni ingerenza e può esigere delle misure positive di protezione, particolarmente là dove esiste un legame diretto tra le misure che un richiedente potrebbe aspettarsi legittimamente delle autorità ed il godimento effettivo da parte di questo ultimo dei suoi beni( Öneryıldız c. Turchia [GC], no 48939/99, § 134, CEDH 2004-XII, e Matheus precitata, § 68).
42. Peraltro, composto con la prima frase dell’articolo 1 del Protocollo no 1, la preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica, inerente all’insieme degli articoli della Convenzione, giustifica la sanzione di un Stato in ragione del rifiuto di questo di eseguire o di fare eseguire una decisione di giustizia (Katsaros c. Grecia, no 51473/99, § 43, 6 giugno 2002, e Georgiadis c. Grecia, no 41209/98, § 31, 28 marzo 2000).
43. La Corte prende nota delle osservazioni del Governo e rileva che dal 22 novembre 2000, data della misura giudiziale di sfratto, le autorità non hanno intrapreso niente per fare liberare le terre illegalmente occupate. Constata che il Governo non giustifica l’inoperosità delle autorità e si accontenta di fare riferimento, in modo generale e non sufficientemente circostanziato, alle necessità dell’ordine pubblico, così come al rischio di una nuova occupazione illegale della proprietà dei richiedenti dopo l’evacuazione con la forza, ciò che, per la Corte, è un motivo inaccettabile dal momento che le autorità interne erano precisamente presupposte per proteggere i richiedenti da tale rischio.
44. Sebbene cosciente delle difficoltà incontrate dalle autorità francesi per rinforzare lo stato di diritto in Corsica, la Corte stima che gli argomenti avanzati nello specifico non potrebbero costituire un motivo legittimo serio e sufficiente per giustificare la carenza delle autorità che avevano l’obbligo di proteggere gli interessi patrimoniali dei richiedenti. Così, la Corte constata, contrariamente a ciò che il Governo sembra sostenere facendo riferimento alla causa Lunari, precitata, che le autorità non hanno sospeso l’esecuzione della misura giudiziale, né cercato un’altra soluzione per ovviare alla situazione, ma che hanno negato semplicemente di eseguirla. Non hanno cercato durante questo lasso di tempo di trovare una soluzione amichevole- anche provvisoria -coi differenti interessati mentre, secondo il Governo, le necessità dell’ordine pubblico potevano giustificarla; e non hanno tentato neanche, dopo il rapporto della polizia trasmesso al prefetto nel mese di gennaio 2002, di rivalutare la situazione per prevedere un sfratto.
45. Secondo la Corte, apparteneva alle autorità, appena informate della situazione dei richiedenti, di prendere, in un termine ragionevole, tutte le misure necessarie affinché la decisione di giustizia venisse rispettata e che i richiedenti ritrovassero il pieno godimento dei loro beni. Stima che l’inoperosità delle autorità nello specifico ha avuto per conseguenza, in mancanza di qualsiasi giustificazione di interesse generale, di arrivare ad un tipo di espropriazione privata di cui l’occupante illegale si è ritrovato beneficiario (Matheus precitata, § 71,). Lasciando perdurare tale situazione, le autorità hanno incoraggiato non solo certi individui a degradare impunemente i beni dei richiedenti, ma hanno lasciato anche istaurare un clima di timore e di insicurezza non propizio al ritorno dei richiedenti sulle loro terre.
46. La Corte nota che questo tipo di situazione manifesta l’inefficacia del sistema di esecuzione e rinvia al rischio di deriva-ricordato nella Raccomandazione del Comitato dei Ministri in materia di esecuzione delle decisioni di giustizia-di arrivare ad una forma di “giustizia privata” che può avere delle conseguenze negative sulla fiducia e la credibilità del pubblico nel sistema giuridico (ibid.).
47. Alla vista di ciò che precede, la Corte stima che negando di prendere le misure necessarie per mettere fine all’occupazione illegale delle terre appartenenti ai richiedenti e questo, per parecchi anni, le autorità francesi hanno rotto l’equilibrio da predisporre tra le esigenze dell’interesse generale e la protezione dei loro interessi patrimoniali, e hanno portato attentato al loro diritto al rispetto i loro beni. C’è stata dunque violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
48. I richiedenti si lamentano di essere stati privati del godimento del loro domicilio in ragione dell’occupazione illegale della loro proprietà a partire dal 1990. Invocano l’articolo 8 che si legge come segue:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto di suo corrispondenza.
2. Non può esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. “
49. Tanto i richiedenti che il Governo invocano degli argomenti comuni ai motivi di appello derivati dagli articoli 8 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1.
50. Tenuto conto della constatazione di violazione alla quale è giunta (paragrafo 47 sopra) la Corte non stima necessario esaminare separatamente il motivo di appello derivato dall’articolo 8.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
51. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
1. Danno patrimoniale
52. I richiedenti che fanno particolarmente stato di perizie sollecitate su loro richiesta, richiedono 1 412 104 EUR a titolo del danno patrimoniale (299 648 EUR che corrispondono al valore dei terreni edificabili ed ai redditi che avrebbero potuto percepire dal loro collocamento dal 1995) 746 837 EUR che corrispondono al valore dei terreni agricoli, e 365 619 EUR corrispondenti al valore locativo delle terre orticole per un periodo di diciassette anni.
53. Il Governo contesta queste richieste che giudica eccessive e non connesse alle violazioni addotte della Convenzione. Considera in particolare che i richiedenti hanno subito effettivamente disturbo del godimento a causa dell’occupazione prolungata dei loro beni, ma che non sono autorizzati a chiedere un indennizzo che corrisponde al valore della proprietà fondiaria, nella misura in cui rimangono i proprietari del titolo dei beni non venduti.
54. La Corte rileva che l’unica base da considerare per la concessione di una soddisfazione equa risiede nello specifico nella constatazione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 in ragione del rifiuto di concorso della forza pubblica in esecuzione di una decisione di giustizia. Stima che se i richiedenti hanno insindacabilmente e necessariamente subito un danno patrimoniale in ragione del rifiuto di concorso della forza pubblica, le loro pretese sono tuttavia manifestamente, o ipotetiche, o eccessive, e le perizie sollecitate su loro richiesta, secondo i metodi di valutazione la cui pertinenza non è sufficientemente stabilita, non permettono inoltre di calcolare questo danno in modo preciso. In queste condizioni, non sarà fatto diritto a questo capo di richiesta. La Corte nota del resto, a titolo che aggiuntivo che se, come ha giudicato nella cornice dell’esame dell’ammissibilità della richiesta, un collocamento in causa della responsabilità dello stato sarebbe stato inefficace per arrivare all’esecuzione della decisione di giustizia ed alla liberazione dei luoghi (vedere anche R.P). c. Francia, (dec.), no 10271/02, 3 luglio 2007, tale azione dinnanzi alle giurisdizioni interne si è rivelata essere invece un ricorso adeguato per ottenere l’indennizzo del loro danno subito in ragione dell’occupazione stessa (paragrafo 30 sopra).
2. Danno morale
55. I richiedenti chiedono almeno 20 000 EUR ciascuno.
56. Il Governo non si pronuncia.
57. La Corte stima che i richiedenti hanno subito un danno morale certo, che la semplice constatazione di violazione non potrebbe compensare. Deliberando in equità come vuole l’articolo 41 della Convenzione, la Corte accorda a ciascuno di loro la somma di 8 000 EUR.
B. Oneri e spese
58. I richiedenti richiedono 36 896,24 EUR a titolo degli oneri e delle spese, corrispondenti alla parcella degli avvocati che li hanno rappresentati dinnanzi alle giurisdizioni interne e dinnanzi alla Corte, così come all’onere di ufficiale giudiziario e di perizia. Producono a sostegno delle loro pretese un certo numero di fatture.
59. Il Governo considera che soli gli oneri di giustizia realmente e necessariamente impegnati devono essere presi in conto.
60. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Inoltre, quando la Corte constata una violazione della Convenzione, accorda al richiedente il pagamento degli oneri e delle spese che ha esposto dinnanzi alle giurisdizioni nazionali solo nella misura in cui sono stati impegnati per prevenire o fare correggere con queste suddetta violazione: tale è stato bene, parzialmente, il caso nello specifico. Perciò, deliberando in equità, come lo vuole l’articolo 41 della Convenzione, la Corte giudica ragionevole assegnare congiuntamente agli interessati la somma di 5 000 EUR a titolo degli oneri e spese.
C. Interessi moratori
61. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
2. Stabilisce che non è necessario esaminare separatamente il motivo di appello derivato dall’articolo 8 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 8 000 EUR (ottomila euro) per danno morale a ciascuno dei richiedenti, così come 5 000 EUR (cinquemila euro) congiuntamente ai richiedenti a titolo di oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dai richiedenti;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 21 gennaio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Claudia Westerdiek Peer Lorenzen
Cancelliera Presidente