Conclusioni: Parzialmente inammissibile Violazione dell’articolo 5 – Diritto alla libert? ed alla sicurezza, Articolo 5-1 – Arresto o detenzione regolare Articolo 5-1-ha – Dopo condanna, Danno giuridico – constatazione di violazione che basta, Articolo 41 – Danno morale Soddisfazione equa,
QUARTA SEZIONE
CAUSA BARATTA C. ITALIA
(Richiesta no 28263/09)
SENTENZA
STRASBURGO
13 ottobre 2015
Questa sentenza diventer? definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 ? 2 della Convenzione. Pu? subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Burrific? c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, quarta sezione, riunendosi in una camera composta di:
P?ivi Hirvel?, presidentessa,
Guido Raimondi,
George Nicolaou,
Ledi Bianku,
Nona Tsotsoria,
Krzysztof Wojtyczek,
Faris Vehabovi, ?giudici,
e di Francesca Elens-Passos, greffi?re di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 30 giugno 2015 e 8 settembre 2015,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 28263/09) diretta contro la Repubblica italiana e di cui un cittadino di questo Stato, il Sig. Mario Baratta (“il richiedente”), ha investito la Corte il 25 maggio 2009 in virt? dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libert? fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente che ? stato ammesso a favore dell’assistenza giudiziale, ? stato rappresentato da Me G. Belcastro, avvocato a Roma. Il governo italiano (“il Governo”) ? stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora.
3. Il richiedente adduce un’incomprensione dei suoi diritti di partecipare al suo processo cos? come ad un doppio di grado di giurisdizione in materia penale. Considera anche che non disponeva del nessuno ricorso effettivo per fare valere il suo motivo di appello tirato dell’articolo 6 della Convenzione e che la sua detenzione in esecuzione della sua condanna ? stata arbitraria.
4. Il 3 aprile 2014, la richiesta ? stata comunicata al Governo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DI LO SPECIFICO
5. Il richiedente ? nato nel 1951 e ha risieduto a Cosenza.
A. Le accuse contro il richiedente ed il procedimento di estradizione
6. Con un’ordinanza del 7 gennaio 1994, il giudice delle investigazioni preliminari di Catanzaro ordin? il collocamento in detenzione provvisoria di numerose persone tra che il richiedente. Questo ultimo era accusato, entra altri, di omicidio e di fare parte di un’associazione di malviventi di tipo mafioso.
7. Le autorit? non poterono fermare il richiedente che a questa epoca si trovava in Brasile.
8. Il 3 maggio 1995, le autorit? italiane chiesero ai loro omologhi brasiliani di porre il richiedente sotto carcerazione extraditionnel.
9. Il 25 marzo 1997, il ministro brasiliano della Giustizia ordin? l’arresto del richiedente che ebbe luogo il 6 maggio 1997. Nella misura in cui al momento del suo arresto, aveva esibito un passaporto su che figurava dei visti falsificati, il richiedente fu accusato di falso e fu condannato in Brasile per questa violazione.
10. Il 30 maggio 1997, le autorit? italiane fecero una domanda formale di estradizione. Questa fu accolto partire ne solamente con le autorit? brasiliane, perch? il principio di specialit? imponeva di escludere la possibilit? di inseguire il richiedente in Italia per certi di capi di accusa al suo carico. Tenuto conto dell’opposizione del richiedente alla sua estradizione, il procedimento ci relativa si stese su parecchi mesi. Nell’ottobre 1999, il richiedente evase della prigione brasiliana dove era detenuto. Fu arrestato di nuovo nel gennaio 2001, e fu estradato verso l’Italia il 11 aprile 2001.
B. Il procedimento penale contro il richiedente
11. Nel frattempo, nella cornice del procedimento penale iniziato contro lui in Italia, il richiedente era stato dichiarato in fuga (latitante). Fu rinviato in giudizio dinnanzi alla corte di basi di Cosenza che decise di giudicarlo in contumacia.
12. All’udienza del 7 maggio 1997, l’avvocato del richiedente dichiar? avere appreso che il suo cliente era detenuto sotto carcerazione su estradizione in Brasile e chiese di revocare la decisione di giudicarlo in contumacia. Con un’ordinanza dello stesso giorno, la corte di basi respinse questa domanda, stimando che l’informazione concernente l’arresto del richiedente in Brasile non era supportata sufficientemente dagli elementi certi. In particolare, l’avvocato dell’interessato non aveva prodotto nessuno documento ed aveva avuto s? presumibilmente avuto cognizione della carcerazione del suo cliente grazie ad una sorgente giornalistica.
13. Al seguente udienza, tenuta il 8 maggio 1997, l’avvocato del richiedente reiter? la sua domanda. Indic? essere stato informato oralmente dell’arresto del suo cliente con un ufficiale dei carabinieri di Cosenza. La corte di basi respinse questa domanda, stimando che non era tenuta a verificare l’informazione in questione.
14. Il richiedente adduce che a questa epoca la procura generale di Catanzaro era stata informata formalmente del suo arresto.
15. Con una sentenza del 9 giugno 1997 di cui il testo fu depositato alla cancelleria il 15 gennaio 1998, la corte di basi di Cosenza condann? il richiedente in perpetuo.
16. Il richiedente essendo stato dichiarato in fuga, questa sentenza fu notificata al suo avvocato.
17. L’avvocato del richiedente interpose appello, reiterando i suoi motivi di appello che cadono sulla violazione del diritto del suo cliente di partecipare al processo.
18. Con un fax del 13 maggio 1998, la corte di basi di appello di Catanzaro chiese ai carabinieri di Spezzano della Sila, comune di nascita del richiedente, di precisare il luogo dove questo ultimo si trovava. L’indomani, i carabinieri indicarono che il richiedente era “detenuto sotto carcerazione su estradizione nella prigione della polizia federale brasiliana di Rio de Janeiro.”
19. All’udienza del 25 settembre 1998, l’avvocato del richiedente produsse il dispositivo di una decisione del tribunale federale di Brasilia di cui risultava che il suo cliente era stato posto sotto carcerazione su estradizione. Chiese di conseguenza la revoca della dichiarazione di fuga.
20. Con un’ordinanza del 29 settembre 1998, la corte di basi di appello respinse questa domanda e decise di giudicare in contumacia il richiedente. Stim? che il documento produce dalla difesa era senza importanza. Difatti, dato che il richiedente opponeva alla domanda di estradizione, la sua mancanza era dovuta alla sua volont?, e non ad un impedimento legittimo.
21. Con una sentenza del 13 marzo 1999 di cui il testo fu depositato alla cancelleria il 4 giugno 1999, la corte di basi di appello di Catanzaro conferm? la condanna del richiedente in perpetuo.
22. L’avvocato del richiedente si ricorse in cassazione. Chiese di revocare la dichiarazione di fuga e la decisione di giudicare in contumacia il suo cliente.
23. Con una sentenza del 3 luglio 2000 di cui il testo fu depositato alla cancelleria il 12 settembre 2000, la Corte di cassazione respinse il richiedente del suo ricorso. Osserv? che l’avvocato del richiedente sosteneva che il giudice doveva sospendere i dibattimenti quando era probabile che la mancanza dell’imputato era avuta il dovere ad un’impossibilit? di comparire con la forza per caso maggiore. Per?, non era possibile paragonare con la forza la fuga (latitanza) volontario dell’imputato ad un caso maggiore.”
C. Il procedimento di esecuzione
24. Quando, il 11 aprile 2001, fu estradato del Brasile verso l’Italia, paragrafo 10 sopra, il richiedente fu incarcerato in esecuzione della sua condanna all’ergastolo.
25. Il 9 novembre 2007, introdusse un incidente di esecuzione fondata sull’articolo 670 ? 1 del codice di procedimento penale, il “CPP”-paragrafo 49 qui di seguito. Addusse che la dichiarazione di fuga ed il procedimento doveva essere considerata in contumacia come nulla e non esistenti. Anche se una giurisprudenza minoritaria, smentita nel 2003 dalle sezioni riunite della Corte di cassazione, considerava che la detenzione sotto carcerazione su estradizione non era un impedimento legittimo che giustifica una mancanza ai dibattimenti quando l’interessato opponeva all’estradizione, il richiedente stim? che il suo collocamento sotto carcerazione su estradizione era comunque incompatibile con una dichiarazione di fuga. Quindi, le sentenze di condanna non sarebbero dovute essere notificati al suo avvocato, ma al richiedente s? sul suo luogo di detenzione in Brasile. L’interessato chiese di conseguenza che la sua condanna sia dichiarata no-esecutiva ed una nuova notificazione della sentenza di prima istanza, ne che gli d? la possibilit? di interporre appello e di partecipare al suo processo.
26. In un esposto depositato all’udienza del 18 marzo 2008, il richiedente precis? che era vero che il suo avvocato aveva interposto appello e si era ricorso in cassazione, estenuante cos? le vie di ricorso contro la sua condanna. Questa circostanza, secondo una sentenza delle sezioni riunite della Corte di cassazione, no 6026 del 31 gennaio 2008, Rv 238472, Huzuneanu), impediva di accogliere un’eventuale domanda in rialzamento di decadenza in virt? dell’articolo 175 del CPP, paragrafi 50 e 53-54 qui di seguito. Per?, del parere del richiedente, questo non aveva nessuna importanza nella cornice dell’esame del suo incidente di esecuzione. Sottolineava a questo riguardo che quando aveva nominato il suo difensore nella cornice del procedimento penale, il richiedente non gli aveva conferito mandato di attaccare in contumacia le decisioni pronunziate. Ora, l’articolo 571 ? 3 del CPP, come in vigore all’epoca dei fatti, contemplava che nella mancanza di un tale mandato, il difensore non aveva il diritto di interporre appello o di ricorrersi in cassazione. Seguiva, secondo il richiedente, che le autorit? dovevano dargli il diritto di attaccare la sua condanna all’ergastolo.
27. Con un’ordinanza del 18 marzo 2008 di cui il testo fu depositato alla cancelleria il 18 aprile 2008, la corte di basi di appello di Reggio Calabria respinse l’incidente di esecuzione del richiedente.
28. Osserv? in primo luogo che il compito affidato al giudice dell’esecuzione era quella di controllare l’esistenza di un titolo esecutivo e la legittimit? della sua emissione. Secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, prima sezione, sentenza no 3517 del 15 giugno 1998, le nullit?, essendo verificata si prima della condanna definitiva, erano senza importanza, l’analisi del giudice dell’esecuzione dinnanzi a cadere solamente sulla regolarit? formale e sostanziale del titolo esecutivo. Quando menzionava il “rispetto delle garanzie contemplate per il caso dove il condannato [era] introvabile”, l’articolo 670 del CPP si riferiva alle irregolarit? avendo avuto luogo dopo, e no prima di, la condanna definitiva. Ogni errore di fatto in iudicando o in procedendo dovevano essere oggetto di un ricorso ad hoc nella cornice del procedimento penale sulla fondatezza delle accuse, e sfuggiva alla competenza del giudice dell’esecuzione.
29. Nello specifico, l’avvocato del richiedente aveva eccepito in contumacia dell’invalidit? della dichiarazione di fuga e della sentenza per mezzo di un appello e di un ricorso in cassazione. La corte di basi di appello e la Corte di cassazione si era dedicata su questa eccezione e l’aveva respinta. Seguiva che ogni questione concernente la decisione di giudicare in contumacia il richiedente era passata oramai in forza di cosa giudicata.
30. Queste considerazioni rendevano superflue l’esame degli argomenti esposti dal richiedente nel suo esposto del 18 marzo 2008, paragrafo 26 sopra.
31. Il richiedente si ricorse in cassazione.
32. Con una sentenza del 26 novembre 2008 di cui il testo fu depositato alla cancelleria il 3 febbraio 2009, la Corte di cassazione, stimando che la corte di basi di appello aveva motivato in modo logica e corretta tutti i punti controversi, respinse il richiedente del suo ricorso.
D. la chiede in rialzamento di decadenza del richiedente
33. Con una sentenza no 317 del 30 novembre 2009, la Corte costituzionale dichiar? 175 ? 2 l’articolo del CPP incostituzionale nella misura in cui non permetteva all’imputato che non aveva avuto cognizione del processo di attaccare in contumacia un giudizio quando un appello era stato interposto gi? dal difensore dell’interessato.
34. Basandosi sui principi enunciati in questa sentenza, il richiedente introdusse allora una domanda in rialzamento di decadenza conformemente all’articolo 175 ? 2 del CPP.
35. Con un’ordinanza del 9 marzo 2010, la corte di basi di appello di Catanzaro respinse la domanda del richiedente. Osserv? che la condanna del richiedente era passata oramai in forza di cosa giudicata, dato che, il 3 luglio 2000, la Corte di cassazione aveva respinto l’imputato del suo ricorso, paragrafo 23 sopra. Quindi, non poteva avvalersi della sentenza no 317 del 2009 della Corte costituzionale.
36. Il richiedente si ricorse in cassazione.
37. Con una sentenza del 17 gennaio 2011 di cui il testo fu depositato alla cancelleria il 21 gennaio 2011, la Corte di cassazione annull? senza rinvio l’ordinanza del 9 marzo 2010 e riapr? il termine per interporre appello contro la condanna pronunciata il 9 giugno 1997 dalla corte di basi di Cosenza, paragrafo 15 sopra. La Corte di cassazione mise fine agli effetti della condanna definitiva del richiedente, revoc? l’ordine di esecuzione di questa condanna ed ordin? immediatamente la liberazione del richiedente, cos? nessuno altro titolo non giustificava la sua privazione di libert?, si non detenuto per altro titolo esecutivo od in forza di misura cautelare. Ordin? infine la trasmissione della pratica alla corte di basi di Cosenza.
38. La Corte di cassazione osserv? che il richiedente era stato a torto dichiarato contumax, mentre era detenuto in Brasile. Si trovava peraltro nella situazione che era stata oggetto della sentenza della Corte costituzionale no 317 del 2009. Le decisioni della Corte costituzionale che dichiara l’incostituzionalit? di una legge avevano effetto erga omnes e si applicavano anche alle situazioni essendo verificata si nel passato, perch? il giudice non poteva applicare la pi? legge non conforme alla Costituzione. La situazione di cui il richiedente si lamentava “non era chiusa” (esaurita), perch? l’articolo 175 del CPP mirava precisamente ad invalidare il giudizio definitivo per permettere all’imputato che non aveva rinunciato a comparire di esercitare il suo diritto di interporre appello.
39. Il 20 gennaio 2011, il richiedente fu posto in detenzione provvisoria. Il 29 aprile 2011, il tribunale di Catanzaro, agendo in quanto giudice carico di riesaminare le misure di precauzione, revoc? la detenzione provvisoria del richiedente per scadenza dei termini maxima di questa.
40. Nel frattempo, il richiedente aveva interposto appello contro la condanna pronunciata il 9 giugno 1997 dalla corte di basi di Cosenza, paragrafo 15 sopra.
41. Con una sentenza del 14 giugno 2012 di cui il testo fu depositato alla cancelleria il 20 luglio 2012, la corte di basi di appello di Catanzaro annull? la condanna controversa.
42. Osserv? che all’epoca dei dibattimenti di prima istanza, il richiedente era detenuto sotto carcerazione su estradizione in Brasile, e che l’avvocato dell’interessato aveva informato la corte di basi di Cosenza di questa circostanza. Ora, come in vigore all’epoca dei fatti, il CPP contemplava che quando l’imputato provava che era impedito legittimamente di partecipare ai dibattimenti, l’ordinanza di contumax del dichiarante doveva essere revocato ed il processo doveva essere rinviato. Il mancata osservanza di queste disposizioni era costitutivo di una nullit? assoluta del processo. Peraltro, con una sentenza no 21035 del 13 maggio 2003, la Corte di cassazione, riunendosi in sezioni riunite, aveva precisato che la detenzione all’estera si analizzava in un impedimento legittimo, e questo stesso quando l’imputato, facendo uso di una facolt? di cui era titolare, opponeva all’estradizione.
43. Peraltro, la corte di basi di Cosenza sapeva che il richiedente si era sottrarsi all’esecuzione di un’ordinanza di collocamento in detenzione provvisoria, perch? l’aveva dichiarato “in fuga” (latitante). Quindi, faccia alle affermazioni dell’avvocato del richiedente secondo che il suo cliente era detenuto in Brasile, paragrafi 12 e 13 sopra, la corte di basi avrebbe dovuto effettuare le verifiche necessarie ed avrebbe dovuto revocare, all’occorrenza, la dichiarazione di fuga. Le verifiche in questione erano peraltro relativamente semplici, dato che la polizia italiana e la procura generale vicino alla corte di appello di Catanzaro erano state informate dell’arresto del richiedente in Brasile, paragrafo 14 sopra.
44. La procura si ricorse in cassazione.
45. Con una sentenza del 13 giugno 2013, la Corte di cassazione respinse la procura del suo ricorso.
46. In seguito a queste decisioni, il processo di prima istanza contro il richiedente fu riaperto e l’interessato ebbe la facolt? di partecipare. Con una sentenza del 16 dicembre 2014, la corte di basi di Cosenza pronunci? un non luogo a procedere al motivo che i reati erano prescritti.
47. Il 1 aprile 2015, la procura interpose appello contro questa sentenza. Addusse in particolare che il richiedente non avrebbe dovuto beneficiare di circostanze attenuanti prove generale, circonstanze attenuanti generiche, ci? che aveva influito sul calcolo del termine di prescrizione. Alla data delle ultime informazione, 5 maggio 2015, il procedimento di appello era ancora pendente dinnanzi alla corte di basi di appello di Catanzaro.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNE PERTINENTI
A. La dichiarazione di fuga ed i ricorsi contro una condanna definitiva in contumacia
48. Ai termini dell’articolo 296 ? 1 del CPP, ? considerato come essendo “in fuga” (latitante chiunque si sottrarsi volontariamente alla detenzione provvisoria) alla detenzione domiciliare, all’interdizione di esportare, all’obbligo di casa o ad un ordine che contempla la detenzione.”
49. La validit? di un giudizio di condanna pu? essere contestata sollevando un incidente di esecuzione, come previsto all’articolo 670 ? 1 del CPP che dispone, nelle sue parti pertinenti,:
“Quando il giudice dell’esecuzione stabilisce che l’atto non ? valido o che non ? diventato esecutivo, [dopo avere] valutato anche sul fondo [nel merito] il rispetto delle garanzie contemplate per il caso dove il condannato ? introvabile, (…) sospende l’esecuzione ed ordini se necessario la liberazione dell’interessato ed il rinnovo della notificazione che era stata irregolare. In questo caso, il termine di appello ricomincia a decorrere. “
50. L’articolo 175 ?? 2 e 3 CPP contemplano la possibilit? di introdurre una domanda in rialzamento di decadenza. Nella sua formula in vigore all’epoca dell’estradizione del richiedente, le parti pertinenti di questa disposizione si leggevano come segue:
“In caso di condanna in contumacia, l’imputato pu? chiedere la riapertura del termine per attaccare il giudizio quando pu? stabilire che non ha avuto una cognizione effettiva [effettiva conoscenza] [del giudizio] (…) [e] purch? nessuno appello sia stato interposto gi? dal suo difensore e che non ci sia stata mancanza da parte sua o, se il giudizio pronunziato ? stato notificato in contumacia al suo avvocato, purch? non abbia negato volontariamente di prendere cognizione degli atti del procedimento.
La domanda di riapertura del termine deve essere introdotta, sotto pena di inammissibilit?, nei dieci giorni che seguono la data alla quale l’imputato ha avuto cognizione [del giudizio]. “
51. La giurisprudenza interna che fa applicazione di questa disposizione ? descritta in Sejdovic c. Italia [GC], no 56581/00, ?? 23-24, CEDH 2006-II.
52. Il 22 aprile 2005, il Parlamento ha approvato la legge no 60 del 2005 che ha convertito in legge la decreto-legge no 17 del 21 febbraio 2005.
53. La legge no 60 del 2005 ha modificato l’articolo 175 CPP. Il nuovo paragrafo 2 di questa disposizione ? redatto cos?:
“In caso di condanna il termine per attaccare il giudizio ? riaperto in contumacia, alla domanda dell’imputato, salvo si questo ultimo ha avuto una cognizione effettiva del procedimento [sollecitata al suo carico] o del giudizio [provvedimento] e ha rinunciato volontariamente a comparire o ad attaccare il giudizio. Le autorit? giudiziali compiono ogni verifica necessaria a queste fini. “
54. La legge no 60 del 2005 ha introdotto inoltre all’articolo 175 CPP un paragrafo 2 bis, cos? redatti,:
“La domanda indicata al paragrafo 2 ? introdotta, sotto pena di inammissibilit?, nei trenta giorni che seguono la data alla quale l’imputato ha avuto una cognizione effettiva del giudizio. In caso di estradizione dall’estero, il termine per fare la domanda cominci a decorrere a partire da dal momento in cui l’imputato si ? concesso [alle autorit? italiane] (…). “
B. Il risarcimento per detenzione “ingiusta”
55. L’articolo 314 del CPP contempla un diritto a risarcimento per la detenzione provvisoria detta “ingiusto”, in due casi distinti,: quando, al termine del procedimento penale sul fondo, l’imputato ? prosciolto, articolo 314 ? 1, o quando ? stabilito che l’indiziato ? stato posto o mantenuto in detenzione provvisoria al disprezzo degli articoli 273 e 280 del CPP, articolo 314 ? 2; vedere, per la giurisprudenza interna che fa applicazione di questo, N.C. c. Italia [GC], no 24952/94, ?? 30-31, CEDH 2002-X.
L’articolo 314 ? 1 si leggono come segue:
“Chiunque ? scarcerato da un giudizio definitivo al motivo che i fatti rimproverati non si sono prodursi, che non ha commesso i fatti, che i fatti non sono costitutivi di una violazione o non sono eretti in reato con la legge ha diritto ad un risarcimento per la detenzione provvisoria subita, a patto di non avere provocato [la sua detenzione] contribuito o a provocarla intenzionalmente o con mancanza pesante. “
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DLL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE E DELL’ARTICOLO 2 DEL PROTOCOLLO NO 7 ALLA CONVENZIONE
56. Il richiedente si lamenta di essere stato giudicato in contumacia, mentre era detenuto sotto carcerazione su estradizione in Brasile. Di pi?, adduce che avrebbe dovuto ricevere la notificazione della sentenza di condanna di prima istanza sul suo luogo di detenzione in Brasile. L’omissione di effettuare questa notificazione avrebbe provocato una violazione del suo diritto ad un doppio grado di giurisdizione in materia penale.
Il richiedente invoca gli articoli 6 della Convenzione e 2 del Protocollo no 7 alla Convenzione.
Nelle sue parti pertinenti, l’articolo 6 ? formulato cos?:
“1. Ogni persona ha diritto a ci? che la sua causa sia equamente sentita, con un tribunale, chi decider? della fondatezza di ogni accusa in materia penale diretta contro lei. (…).
(…).
3. Tutto imputato ha in particolare diritto a:
ha, essere informato, nel pi? corto termine, in una lingua che comprende e di un modo dettagliato, della natura e della causa dell’accusa portata contro lui,;
b, disporre del tempo e delle facilit? necessarie alla preparazione della sua difesa,;
c, difendersi s? o avere l’assistenza di un difensore della sua scelta e, se non ha i mezzi di rimunerare un difensore, potere essere assistito gratuitamente da un difensore d’ufficio, quando gli interessi della giustizia l’esigono;
(…). “
L’articolo 2 ? 1 del Protocollo no 7 si legge come segue:
“1. Ogni persona dichiarata colpevole di una violazione penale con un tribunale ha il diritto di fare esaminare con una giurisdizione superiore la dichiarazione di colpevolezza o la condanna. L’esercizio di questo diritto, ivi compreso i motivi per che pu? essere esercitato, sono regolati dalla legge. “
57. Il Governo oppone alle tesi del richiedente.
A. Questione preliminare
58. Il Governo eccepisce innanzitutto dell’inammissibilit? delle osservazioni del richiedente, al motivo che la corrispondenza che include li sarebbe stati non ricevuto dalla cancelleria della Corte che il 26 novembre 2014, e dunque dopo la scadenza del termine fissato a questo effetto, 20 novembre 2014.
59. La Corte rileva che risulta della pratica che il 19 novembre 2014, il richiedente ha fatto giungere alla cancelleria le sue osservazioni con fax. In queste condizioni, l’eccezione sollevata dal Governo non saprebbe essere considerata.
B. L’eccezione derivata della tardivit? della richiesta
1. L’eccezione del Governo
60. Il Governo eccepisce del superamento del termine di sei mesi contemplati 35 ? 1 all’articolo della Convenzione. Osserva che questo termine comincia a decorrere a partire dalla data di decisione interna definitiva; per?, nella cornice dell’esame dell’esaurimento delle vie di ricorso interni, la Corte non dovrebbe prendere in considerazione che i ricorsi ordinari, i rimedi straordinari et/ou per l’introduzione dai quali nessuno termine costrittivo ? fissato non entrando in fila dei conti (vedere, in particolare, Williams c. Regno Unito, d?c.), no 32567/06, 17 febbraio 2009.
61. Nello specifico, la decisione interna definitiva sarebbe la sentenza della Corte di cassazione del 3 luglio 2000, paragrafo 23 sopra. L’incidente di esecuzione introduce col richiedente, paragrafo 25 sopra, sarebbe un ricorso straordinario contro le decisioni definitive che possono essere tentato ogni momento. Di pi?, era inefficace e non presentava nessuna fortuna di successo nelle circostanze particolari dello specifico, perch? mira ad ovviare ogni irregolarit? essendo verificata si nella fase dell’esecuzione, e non durante il processo.
62. Il Governo nota che, l’incidente di esecuzione non essendo sottoposto a nessuno termine costrittivo, il richiedente ha aspettato pi? di sette anni dopo la sua condanna definitiva per tentarlo. Questo lungo termine dimostrerebbe una mancanza di zelo da parte del richiedente.
63. L’incidente di esecuzione che non pu? essere preso sopra in conto per le ragioni indicate, il punto di partenza del termine di sei mesi dovrebbe essere fissato al 12 settembre 2000, data di deposito alla cancelleria della sentenza della Corte di cassazione del 3 luglio 2000, paragrafo 23 sopra, o, al pi? tardi, all’epoca dell’estradizione del richiedente verso l’Italia, sopraggiunta il 11 aprile 2001, paragrafo 10 sopra. Pertanto, la richiesta, introdotta nel 2009, sarebbe manifestamente tardiva.
2. La replica del richiedente
64. Il richiedente oppone alla tesi del Governo ed affermi essere prevalso si del solo ricorso-l’incidente di esecuzione fondata sull’articolo 670 del CPP-che poteva impedire l’esecuzione della sua condanna e permettere la riapertura del suo processo. In queste circostanze, la “decisione interna definitiva” concernente la causa del richiedente sarebbe la sentenza del 26 novembre 2008 di cui il testo ? stato depositato alla cancelleria il 3 febbraio 2009 con che la Corte di cassazione ha confermato il rigetto dell’incidente di esecuzione, paragrafo 32 sopra.
65. Il richiedente sostiene, in compenso che nel suo caso una domanda in rialzamento di decadenza non era un ricorso effettivo. Difatti, una tale domanda sarebbe stata destinata ad essere dichiarata inammissibile perch? un appello era stato interposto dal suo avvocato contro la sua condanna in prima istanza. Questo ostacolo procedurale non ? stato eliminato che con la sentenza della Corte costituzionale no 317 del 30 novembre 2009, paragrafo 33 sopra, non ancora pronunziato al momento dell’introduzione della sua richiesta, 25 maggio 2009.
3. La valutazione della Corte
66. La Corte stima che nelle circostanze particolari della presente causa, non ? necessario dedicarsi sulla questione di sapere se c’? stato, nello specifico, superamento del termine di sei mesi contemplati 35 ? 1 all’articolo della Convenzione, questa parte della richiesta che ? comunque inammissibile per i motivi esposti qui sotto.
C. L’eccezione derivata della perdita della qualit? di vittima
1. L’eccezione del Governo
67. Il Governo considera che ad ogni modo, il richiedente ha perso la sua qualit? di “vittima” al senso dell’articolo 34 della Convenzione. A questo riguardo, nota che il 17 gennaio 2011, la Corte di cassazione ha accolto la domanda in rialzamento di decadenza del richiedente, paragrafo 37 qui sopra, e che il 14 giugno 2012, la corte di basi di Catanzaro ha annullato in contumacia la sua condanna, paragrafo 41 sopra. Ora, l’interessato sta essendo giudicato di nuovo, nella sua presenza, per il fatti oggetto della presente causa, paragrafo 46 sopra. Le giurisdizioni interne hanno riconosciuto cos? la violazione del diritto dell’interessato a partecipare al processo. Di pi?, la Corte di cassazione ha messo fine agli effetti della condanna ed ordinato la liberazione immediata del richiedente, paragrafo 37 sopra. Il processo ? ritornato alla fase da prima istanza, ed il 16 dicembre 2014, il richiedente ha beneficiato di un non luogo a procedere a causa di prescrizione, paragrafo 46 sopra.
68. Il Governo sottolinea che conformemente all’annullamento, il 17 gennaio 2011, della condanna del richiedente, l’ordine di esecuzione della pena di cui faceva l’oggetto ? stato revocato il 20 gennaio 2011. Allo stesso tempo, l’interessato si ? visto notificare la vecchia ordinanza di collocamento in detenzione provvisoria del 7 ottobre 1994. Il 29 aprile 2011, questa misura ? stata revocata dal tribunale di Catanzaro in ragione della scadenza dei termini maxima della sua durata, paragrafo 39 sopra.
69. Il Governo sottolinea anche che il richiedente ha aspettato pi? di sette anni, dal 3 luglio 2000 al 9 novembre 2007-paragrafi 23 e 25 sopra, per presentare il suo primo ricorso contro la sua condanna definitivi e quasi nuovi anni, fino al 25 maggio 2009, per introdurre la sua richiesta dinnanzi alla Corte. Quindi, il lasso di tempo scorso prima dell’annullamento della sua condanna non saprebbe essere messo al carico delle autorit? e l’interessato pu? essere considerato come avendo contribuito al mantenimento degli effetti sfavorevoli di cui si lamenta dinnanzi alla Corte. Peraltro, quando, basandosi sulla sentenza della Corte costituzionale no 317 del 30 novembre 2009, ha introdotto alla fine una domanda in rialzamento di decadenza, paragrafo 34 sopra, il richiedente ha potuto ottenere una decisione favorevole in un termine relativamente breve, 17 gennaio 2011-paragrafo 37 sopra.
2. La replica del richiedente
70. Il richiedente oppone alla tesi del Governo ed osservi che le autorit? interne hanno riconosciuto la presenza di errores in procedendo nella sentenza della corte di basi di Cosenza del 9 giugno 1997, paragrafo 15 qui sopra che hanno portato attentato agli i diritti della difesa. Per?, la violazione della Convenzione commessa al suo carico non sarebbe stata riparata in modo adeguata, ed il richiedente subirebbe ancora le conseguenze di questa. L’interessato ricorda a questo riguardo che la Corte di cassazione non ha accettato la sua domanda in rialzamento di decadenza che il 17 gennaio 2011, paragrafo 37 sopra. Malgrado questa sentenza dell’Alta giurisdizione italiana, il richiedente non ? stato liberato immediatamente; il 20 gennaio 2011, ? stato posto al contrario, in detenzione provvisoria, paragrafo 39 sopra.
71. Pi? di quindici anni dopo la sua condanna in prima istanza, il richiedente che ? stato incarcerato molto tempo in esecuzione di una decisione presa alla conclusione di un processo iniquo, trovati ancora imputato in un procedimento penale appendi. La sua futuro casa dunque incerto, e le decisioni favorevoli recentemente pronunciate nel suo favore non saprebbero analizzarsi in una correzione completa e sufficiente.
3. La valutazione della Corte
72. La Corte ricorda che una decisione o una misura favorevole al richiedente non basta in principio a togliere egli la qualit? di “vittima” che se le autorit? nazionali hanno riconosciuto, esplicitamente o in sostanza, riparato la violazione della Convenzione poi (vedere, per esempio, Eckle c. Germania, 15 luglio 1982, ? 69, serie Ha no 51; Amuur c. Francia, 25 giugno 1996, ? 36, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-III; Dalban c. Romania [GC], no 28114/95, ? 44, CEDH 1999-VI; Jensen c. Danimarca, d?c.), no 48470/99, CEDH 2001-X; Torreggiani ed altri c. Italia, nostri 57875/09, 46882/09, 55400/09, 57875/09, 61535/09, 35315/10 e 37818/10, ? 38, 8 gennaio 2013; e Cusan e Fazzo c. Italia, no 77/07, ? 31, 7 gennaio 2014.
73. Nello specifico, il 17 gennaio 2011 il richiedente ha ottenuto la riapertura del termine per interporre appello contro la sua condanna e la cessazione degli effetti di questa ultima, paragrafo 37 sopra. Facendo applicazione, entra sopra altri, dei principi esposti dalla Corte costituzionale nella sua sentenza no 317 del 30 novembre 2009, paragrafo 33, la Corte di cassazione ha riconosciuto anche che l’interessato era stato a torto dichiarato contumax, e che la circostanza che un appello era stato interposto dal suo avvocato non poteva privarlo di nuovo del suo diritto processo, paragrafo 38 qui sopra.
74. In seguito a questa decisione di giustizia, il richiedente ha avuto la possibilit? di interporre appello contro la sua condanna, paragrafo 40 sopra. Il 14 giugno 2002, la corte di basi di appello di Catanzaro ha accolto le sue lamentele, annullando la condanna controversa ed affermando che visto l’impedimento dell’imputato di partecipare ai dibattimenti, il processo sarebbe dovuto essere rinviato, paragrafi 41 e 42 sopra. La sentenza della corte di basi di appello di Catanzaro essendo diventata definitiva, un nuovo processo di prima istanza al quale il richiedente ha avuto la libert? di partecipare, si ? tenuto dinnanzi alla corte di basi di Cosenza che il 16 dicembre 2014 ha pronunciato un non luogo a procedere a causa di prescrizione, paragrafo 46 sopra. Alla data delle ultime informazione, 5 maggio 2015, il procedimento era pendente in appello, paragrafo 47 sopra. Niente prova solamente questo nuovo procedimento penale sia stato iniquo o diversamente contrario all’articolo 6. Ogni lamentela sarebbe ad ogni modo, a questo riguardo nello stato reale prematuro.
75. Agli occhi della Corte, con le decisioni di giustizia riassunta sopra, le autorit? italiane hanno riconosciuto in sostanza che la condanna in contumacia del richiedente aveva violato i diritti dell’interessato ad un processo equo ed ad un doppio grado di giurisdizione in materia penale.
76. In quanto alla questione di sapere se c’? stato risarcimento di queste violazioni, la Corte rileva che grazie alla riapertura del termine di appello, l’interessato ha potuto esercitare il diritto garantito dall’articolo 2 del Protocollo no 7 alla Convenzione. Inoltre, ha ottenuto un nuovo processo di prima istanza nella sua presenza, al corso del quale ha avuto la possibilit? di presentare tutti gli argomenti factuels e giuridici che ha stimato utile per la sua difesa.
77. La Corte ricorda che se un procedimento che si svolge nella mancanza dell’imputato non ? in si incompatibile con l’articolo 6 della Convenzione, rimane tuttavia che un diniego di giustizia ? costituito quando un individuo condannato in absentia non pu? ottenere ulteriormente che una giurisdizione deliberi di nuovo, dopo l’avere inteso, sulla fondatezza dell’accusa fa ne come in diritto, mentre non ? stabilito che ha rinunciato al suo diritto di comparire e di difendersi, Colozza c. Italia, 12 febbraio 1985, ? 29, serie Ha no 89; Einhorn c. Francia, d?c.), no 71555/01, ? 33, CEDH 2001 XI; Krombach c. Francia, no 29731/96, ? 85, CEDH 2001-II, e Somogyi c. Italia, no 67972/01, ? 66, CEDH 2004-IV, o che ha avuto l’intenzione di sottrarsisi alla giustizia, Medenica c. Svizzera, no 20491/92, ? 55, CEDH 2001-VI, e Sejdovic, precitata, ? 82.
78. Nello specifico, il nuovo processo di cui il richiedente ha beneficiato ha ovviato al diniego di giustizia costituita in contumacia dalla sua condanna. A questo riguardo, la Corte ricorda avere detto, in una causa simile che quando un individuo ? stato condannato alla conclusione di un procedimento inficiato di trasgressioni alle esigenze dell’articolo 6 della Convenzione, un nuovo processo o una riapertura del procedimento alla domanda dell’interessato rappresento in principio un mezzo adeguato di risanare la violazione constatata (Sejdovic, precitata, ? 126. Ha affermato inoltre, gi? che la riapertura del termine di appello contro la condanna in contumacia, con la facolt?, per l’imputato, di essere presente all’udienza di seconda istanza e di chiedere la produzione delle notizie prove, si analizzava nella possibilit? di una nuova decisione sulla fondatezza dell’accusa fa ne come in diritto ed era conforme alla giurisprudenza della Corte, Jones c. Regno Unito, d?c.), no 30900/02, 9 settembre 2003, e Sejdovic, precitata, ? 85. Questa conclusione si imporsi a maggior ragione quando, siccome nello specifico, il condannato si vede in contumacia offrire la possibilit? di partecipare non al processo di appello, ma ad un nuovo processo di prima istanza.
79. Alla luce di ci? che precede, la Corte stima che il richiedente non saprebbe pi? definirsi “vittima”, al senso dell’articolo 34 della Convenzione, dei fatti che denuncia sotto l’angolo degli articoli 6 della Convenzione e 2 del Protocollo no 7. C’? luogo dunque di accogliere l’eccezione del Governo derivato della perdita della qualit? di vittima.
80. Segue che questi motivi di appello sono incompatibili ratione personae con le disposizioni della Convenzione al senso dell’articolo 35 ? 3 hanno, e devono essere respinti in applicazione dell’articolo 35 ? 4.
II. Su La Violazione Addotta Di L’articolo 13 Di La Convenzione
81. Il richiedente considera che non disponeva, in dritto italiano, del nessuno ricorso effettivo per fare valere il suo motivo di appello tirato dell’articolo 6 della Convenzione.
Invoca l’articolo 13 della Convenzione, cos? formulata,:
“Tutto nessuno di cui i diritti e libert? riconobbero nel Convenzione ? stata violata, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, allora stesso che la violazione sarebbe stata commessa dalle persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
82. Il Governo oppone alla tesi del richiedente.
A. Argomenti delle parti
1. Il Governo
83. Il Governo osserva che nella cornice del procedimento penale al suo carico, il richiedente ha utilizzato, tramite il suo rappresentante, i ricorsi ordinari-appello e ricorso in cassazione-per rivendicare il suo diritto ad un processo equo. Il richiedente si ? avvalso poi di un incidente di esecuzione; per?, come estratto con le giurisdizioni interne, questo ricorso era inadatto per denunciare una violazione del diritto a partecipare ai dibattimenti. L’incidente di esecuzione potendo riguardare difatti, solamente le irregolarit? commesse nella cornice dell’esecuzione della sentenza.
84. Il Governo ammette che all’epoca della sua condanna il richiedente non poteva introdurre in contumacia, una domanda in rialzamento di decadenza. Difatti, secondo la formula dell’articolo 175 del CPP in vigore a questa epoca, paragrafo 50 sopra, la circostanza che il rappresentante dell’imputato assente aveva interposto appello et/ou si era ricorsa in cassazione opponeva all’ammissibilit? di una tale domanda. Questo ostacolo ? stato eliminato poi dalla legge no 60 del 2005 che ha modificato suddetto articolo 175, paragrafo 53 sopra. Per?, in dispetto della cancellazione delle parole “purch? nessuno appello sia stato interposto gi? dal suo difensore”, la giurisprudenza interna era restata contrastata a questo motivo, e con una sentenza no 6026 del 31 gennaio 2008, le sezioni riunite della Corte di cassazione avevano affermato che l’estratto della decadenza non poteva essere concesso se l’avvocato dell’imputato aveva interposto appello, paragrafo 26 sopra. Del parere del Governo, del 2005 al gennaio 2008, un ricorso era “potenzialmente accessibile”, possibly available, al richiedente. La Corte costituzionale ? intervenuta infine per regolare la questione: nella sua sentenza no 317 del 2009, ha dichiarato 175 ? 2 l’articolo del CPP incostituzionale nella misura in cui non permetteva all’imputato che non aveva avuto cognizione del processo di attaccare in contumacia un giudizio quando un appello era stato interposto gi? dal difensore dell’interessato, paragrafo 33 sopra.
85. Secondo il Governo, a partire da questo momento, il richiedente aveva a sua disposizione un ricorso efficace, siccome provalo il fatto che la sua domanda in rialzamento di decadenza ? stata accolta alla fine. In quanto alla mancanza di un tale rimedio per il passato, ogni motivo di appello sarebbe a questo riguardo tardivo per le ragioni indicate sopra ai paragrafi 60-63.
2. Il richiedente
86. Il richiedente sottolinea che nella cornice dell’incidente di esecuzione, le giurisdizioni nazionali non hanno dato nessuna risposta soddisfacente alle sue lamentele. In quanto al ricorso previsto dall’articolo 175 ? 2 del CPP, non era n? accessibile n? effettivo all’epoca del suo primo processo. Fino a 2011, i tribunali italiani avrebbero interpretato la legge nazionale in modo incompatibile col diritto ad un processo equo, negando cos? il diritto del richiedente di partecipare all’udienza e di ottenere un nuovo processo nella sua presenza.
B. Valutazione della Corte
87. La Corte non stima necessaria di dedicarsi sulle questioni di sapere se ci sia stato superamento del termine di sei mesi contemplati 35 ? 1 all’articolo della Convenzione o se l’articolo 13 trova ad applicarsi nello specifico, questo motivo di appello che ? comunque inammissibile per il seguente ragioni.
88. Ricorda che l’articolo 13 garantisce l’esistenza in dritta interno di un ricorso che permette di avvalersi dei diritti e libert? della Convenzione come sono consacrati. Questa disposizione ha per conseguenza di esigere un ricorso interno che abilita ad esaminare il contenuto di un “motivo di appello difendibile” fondato sulla Convenzione dunque ed ad offrire ne la correzione appropriata, Di Souza Ribeiro c. Francia [GC], no 22689/07, ? 78, 13 dicembre 2012.
89. La Corte ricorda che la portata dell’obbligo che l’articolo 13 della Convenzione fa pesare sugli Stati contraenti varia in funzione della natura del motivo di appello del richiedente. Gli Stati godono di un certo margine di valutazione in quanto al modo di conformarsi agli obblighi che impongono loro questa disposizione, Rotaru c, difatti. Romania [GC], no 28341/95, ? 67, CEDH 2000-V, e Jabari c. Turchia, no 40035/98, ? 48, CEDH 2000 VIII. Tuttavia, il ricorso esatto da questo articolo deve essere “effettivo” in pratica come in diritto, Wille c. Liechtenstein [GC], no 28396/95, ? 75, CEDH 1999-VII, e Kuda ?c. Polonia [GC], no 30210/96, ? 157, CEDH 2000-XI.
90. La Corte sottolinea che l’effettivit? di un ricorso al senso dell’articolo 13 della Convenzione non dipende dalla certezza di una conclusione favorevole per il richiedente, Di Souza Ribeiro, precitata, ? 79, e Ceni c. Italia (fondo), no 25376/06, ? 97, 4 febbraio 2014.
91. Nello specifico, la Corte nota che all’udienza del 7 maggio 1997 dinnanzi alla corte di basi di Cosenza, l’avvocato del richiedente ha potuto chiedere la revoca della decisione di giudicare in contumacia il suo cliente, al motivo che questo era detenuto sotto carcerazione extraditionnel in Brasile. Ha reiterato questa domanda al seguente udienza, tenuta il 8 maggio 1997, paragrafi 12 e 13 sopra. Inoltre, suddetto avvocato ha potuto sviluppare i suoi argomenti tirati di una violazione del diritto di partecipare all’udienza nei suoi mezzi di appello e di ricorso in cassazione, paragrafi 17 e 22 sopra. In caso di accettazione di questi argomenti, le giurisdizioni interne avevano la facolt? di revocare la dichiarazione di fuga et/ou di annullare in contumacia la condanna.
92. Il richiedente aveva a sua disposizione dei ricorsi effettivi per fare valere al livello dunque interno il suo motivo di appello tirato di un’incomprensione dell’articolo 6 della Convenzione. La circostanza che nello specifico le sue domande sono state respinte perch? ? stato stimato che l’opposizione alla domanda di estradizione non permetteva di rinviare i dibattimenti, non saprebbe privare i ricorsi in questione del loro carattere “effettivo” al senso dell’articolo 13 della Convenzione.
93. Di pi?, dopo la sentenza della Corte costituzionale no 317 del 2009, paragrafo 33 sopra, il richiedente ha potuto introdurre una domanda in rialzamento di decadenza ai termini dell’articolo 175 ? 2 del CPP, ci? che ha condotto alla riapertura del termine per interporre appello ed alla tenuta di un nuovo processo nella sua presenza (vedere, in particolare, i paragrafi 73-79 qui sopra.
94. In queste circostanze, nessuna apparenza di violazione dell’articolo 13 della Convenzione non saprebbe essere scoperta nello specifico.
95. Segue che questo motivo di appello ? manifestamente male fondato e deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 ?? 3 ha, e 4 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 5 DELLA CONVENZIONE
96. All’epoca della comunicazione della richiesta, una questione sul punto di sapere se il rifiuto di riaprire il procedimento penale contro il richiedente poteva analizzarsi in un “flagrante diniego di giustizia”, suscettibile di rendere la detenzione in esecuzione della condanna in absentia non giustificata sotto l’angolo dell’articolo 5 della Convenzione, ? stata posta al Governo.
Nelle sue parti pertinenti, questa disposizione si legge come segue:
“1. Ogni persona ha diritto alla libert? ed alla sicurezza. Nessuno pu? essere privato della sua libert?, salvo nei seguenti casi e secondo le vie legali:
a) se ? detenuto regolarmente dopo condanna con un tribunale competente;
(…). “
97. Il Governo nega l’esistenza di una violazione dell’articolo 5 della Convenzione.
A. Sull’ammissibilit?
1. Questione preliminare
98. Il Governo osserva innanzitutto che il richiedente non ha denunciato la violazione dell’articolo 5 della Convenzione e considera che ogni questione in quanto al rispetto di questa disposizione si trova all’infuori dell’oggetto della presente richiesta. Invita la Corte a non attivo ottimo petita. Il fatto di estendere l’oggetto della richiesta ai motivi di appello non sollevato esplicitamente dal richiedente non avrebbe nessuna base legale e rischierebbe di violare i principi secondo che le parti devono disporre liberamente delle loro lamentele ed il procedimento dinnanzi alla Corte deve essere equo.
99. La Corte ricorda che gli tocca di studiare allo sguardo dell’insieme della Convenzione la situazione incriminata da un richiedente. Nel compimento di questo compito, gli ? in particolare lecito di dare ai fatti della causa una qualifica giuridica differente di quella che assegnata da loro all’interessato, Guzzardi c. Italia, 6 novembre 1980, ? 63, serie Ha no 39, o, all’occorrenza, di prevederli sotto un altro angolo; di pi?, gli occorre prendere non solo in conto la richiesta primitiva, ma anche gli scritti complementari destinati a completare eliminandola delle lacune od oscurit? iniziali, Foti ed altri c. Italia, 10 dicembre 1982, ? 44, serie Ha no 56. Ora, gli elementi forniti alla Corte mostrano nettamente, se li si prevede in una prospettiva globale, che un problema si porsi nello specifico sul terreno dell’articolo 5. Inoltre, nella sua replica alle osservazioni del Governo, il rappresentante del richiedente ha affermato che i suoi motivi di appello tirati delle altre clausole della Convenzione presupponevano l’esistenza di un diniego flagrante di giustizia suscettibile di rendere illegale la sua carcerazione e ha sostenuto l’esistenza di una violazione dell’articolo 5 della Convenzione (vedere, ha contrario, Bellomonte c. Italia, d?c.), no 28298/10, ? 92, 1 aprile 2014. Ha segnato cos? il suo accordo col passo seguito dalla Corte e ha completato la richiesta al nome del richiedente (vedere, mutatis mutandis, Foti ed altri, precitata, ? 44.
100. La Corte ? competente ad esaminare anche i fatti dello specifico sotto l’angolo dell’articolo 5 ? 1 della Convenzione dunque.
2. L’eccezione del Governo derivato della no-esaurimento delle vie di ricorso interni
101. Il Governo sottolinea che la carcerazione del richiedente fino alla sua liberazione ordinata con la Corte di cassazione il 17 gennaio 2011, paragrafo 37 sopra, ? stata presa in conto per il calcolo dei termini maxima della detenzione provvisoria dell’interessato. Inoltre, si alla conclusione del nuovo processo il richiedente ? condannato, questo stesso periodo di detenzione sar? dedotto della pena a scontare. In caso di proscioglimento, sar? dedotta di tutta altra condanna pronunciata al suo carico; ad ogni modo, il richiedente avr? la facolt? di chiedere un risarcimento per detenzione “ingiusta” ai termini dell’articolo 314 del CPP, paragrafo 55 sopra. Il Governo ne deduce che ogni lamentela concernente la detenzione del richiedente ? comunque prematura.
102. Nella misura in cui le affermazioni del Governo potrebbero essere interpretate come un’eccezione derivata della no-esaurimento delle vie di ricorso interni, la Corte ricorda che la finalit? della regola prevista dall’articolo 35 ? 1 della Convenzione ? di predisporre agli Stati contraenti l’occasione di prevenire o di risanare le violazioni addotte contro essi prima che la Corte ne non sia investito (vedere, tra altri, Mifsud c. Francia, d?c.) [GC], no 57220/00, ? 15, CEDH 2002-VIII.
103. I principi generali relativi a questa regola si trovano esposizioni nel sentenza Vukovi ?ed altri c. Serbia ([GC], nostri 17153/11 ed altri, ?? 69 77, 25 marzo 2014. La Corte ricorda che l’articolo 35 ? 1 della Convenzione prescrivono solamente al tempo stesso l’esaurimento dei ricorsi relativi alle violazioni incriminate, disponibili ed adeguati. Un ricorso ? effettivo quando ? tanto disponibile in teoria che in pratica all’epoca dei fatti, questo essere-a-argomento quando ? accessibile, suscettibile di offrire al richiedente la correzione dei suoi motivi di appello e presente delle prospettive ragionevoli di successi, Akdivar ed altri c. Turchia, 16 settembre 1996, ? 68, Raccolta 1996 IV; Demopoulos ed altri c. Turchia, d?c.) [GC], nostri 46113/99, 3843/02, 13751/02, 13466/03, 10200/04, 14163/04, 19993/04 e 21819/04, ? 70, CEDH 2010; Saba c. Italia, no 36629/10, ? 43, 1 luglio 2014; e Giuttari c. Italia, d?c.), no 42733/07, ? 35, 2 dicembre 2014.
104. Nello specifico, il Governo adduce, in sostanza, che le ripercussioni della detenzione subita dal richiedente potuti stato valutate che alla fine del suo nuovo processo. In particolare, in caso di sospensione, l’interessato potr? chiedere un risarcimento per detenzione ingiusta ai termini dell’articolo 314 del CPP.
105. La Corte osserva che il primo paragrafo di questa disposizione contempla un diritto a risarcimento in favore di ogni persona “rilasciata con un giudizio definitivo al motivo che i fatti rimproverati non si sono prodursi che [elle] non ha commesso i fatti, che i fatti non sono costitutivi di una violazione o non sono eretti in reato con la legge.” La ragione di essere di un tale diritto ? il proscioglimento dell’imputato sul fondo dunque e non la natura arbitraria della detenzione a causa della negazione dei diritti fondamentali della difesa durante il processo. Di pi?, non si tratta di un ricorso che mira a fare constatare la contrariet? di una privazione di libert? alle condizioni stabilite all’articolo 5 ? 1 della Convenzione e, all’occorrenza, ad ottenere la liberazione dell’interessato. Il risarcimento per detenzione ingiusta ? piuttosto una forma di risarcimento degli errori giudiziali difatti. Il ricorso indicato dal Governo non ? relativo alla violazione incriminata dunque.
106. Infine, la Corte stima che sarebbe eccessivo di chiedere al richiedente che ? stato detenuto in contumacia in esecuzione di una condanna fino al gennaio 2011, e dunque durante circa nove anni e nove mesi, di aspettare la conclusione del nuovo processo al suo carico e di un eventuale ricorso per detenzione ingiusta prima di potere denunciare dinnanzi alla Corte il carattere arbitrario della privazione di libert? alla quale ? stato sottoposto.
107. In queste circostanze, il motivo di appello derivato dell’articolo 5 della Convenzione non saprebbe essere dichiarato inammissibile come essendo prematuro. L’eccezione del Governo deve essere respinta dunque.
3. Altri motivi di inammissibilit?
108. La Corte nota che il richiedente ? stato incarcerato in contumacia in esecuzione della sua condanna all’ergastolo a partire dal 11 aprile 2001, paragrafo 24 sopra. Era ancora in detenzione allo stesso titolo al momento dell’introduzione della sua richiesta, 25 maggio 2009. Quindi, il motivo di appello tratto dall’articolo 5 ? 1 della Convenzione non saprebbe essere considerato tardivo.
109. La Corte constata che questo motivo di appello non ? manifestamente male fondato al senso dell’articolo 35 ? 3 ha, della Convenzione e che non cozza peraltro contro nessuno altro motivo di inammissibilit?. La Corte lo dichiara ammissibile dunque.
B. Sul fondo
1. Argomenti delle parti
a) Il Governo
110. Il Governo stima che la presente causa si differenzia del causa Stoichkov c. Bulgaria (no 9808/02, 24 marzo 2005,). Osserva che dopo la sua estradizione, il richiedente ? stato detenuto regolarmente dopo condanna con un tribunale competente. Le affermazioni del suo avvocato, concernente l’irregolarit? del procedimento in contumacia, sono state allontanate sulla base della giurisprudenza seguita all’epoca. Nella cornice del procedimento penale sulla fondatezza delle accuse, l’avvocato del richiedente non ha sollevato in contumacia la questione dell’irregolarit? della notificazione della sentenza di condanna. Questo elemento ? stato menzionato solamente all’epoca dell’incidente di esecuzione che era per? un ricorso inadatto. Degli errori in procedendo sono stati riconosciuti solamente ulteriormente, quando la giurisprudenza italiana si ? evoluta, allineandosi su quella della Corte. Il Governo ne deduce che la condanna del richiedente non ? stata pronunciata alla conclusione di un processo manifestamente contrario alle disposizioni dell’articolo 6, e che, fino a 2009, era legale e giustificata.
111. Peraltro, in dispetto dei cambiamenti introdotti dalla legge no 60 del 2005, prima del 2009 il richiedente non ha chiesto mai l’estratto della decadenza, paragrafi 53-54 sopra. In seguito, una domanda in questo senso ? stata accolta. Quindi, nello specifico non ci sarebbe stato “rifiuto di riaprire il procedimento penale”, ci? che permetterebbe di distinguere la presente causa del causa Stoichkov.
b) Il richiedente,
112. Il richiedente sostiene che i suoi motivi di appello tirati degli articoli 6 e 13 della Convenzione cos? come dell’articolo 2 del Protocollo no 7 presupponevano l’esistenza di un diniego flagrante di giustizia capace di rendere illegale la sua condanna, e di conseguenza la sua carcerazione in esecuzione di questa.
113. Secondo il richiedente, il Governo avrebbe in sostanza ammisi che questa carcerazione era illegittima. L’interessato adduce che un “diniego flagrante di giustizia” ? costituito quando un imputato non avendo rinunciato al suo diritto a comparire ? in contumacia privato della sua libert? a causa di una condanna pronunziata.
2. Valutazione della Corte
114. La Corte ricorda che ha stimato che l’obbligo di garantire all’imputato il diritto di essere presente nella sala di udienza-o durante il primo procedimento al suo carico, o durante un nuovo processo -? uno degli elementi essenziali dell’articolo 6 (Stoichkov, precitata, ? 56. Quindi, il rifiuto di riaprire un procedimento che si ? svolto in contumacia nella mancanza di ogni indicazione che l’imputato aveva rinunciato al suo diritto di comparire ? stato considerato come un “diniego flagrante di giustizia”, ci? che corrisponde alla nozione di procedimento “manifestamente contrario alle disposizioni dell’articolo 6 o ai principi che sono consacrati” (Stoichkov precitata) ?? 54-58; Sejdovic, precitata, ? 84; ed Othman, Abu Qatada, c. Regno Unito, no 8139/09, ? 259, CEDH 2012; vedere anche Drozd e Janousek c. Francia e Spagna, 26 giugno 1992, ? 110, serie Ha no 240, ed Ilacu ?ed altri c. Moldavia e Russia [GC], no 48787/99, ? 461, CEDH 2004-VII. Nel causa Stoichkov (precitata, ?? 51-59, queste considerazioni hanno portato la Corte a stimare che la detenzione di una persona giudicata in contumacia senza possibilit? di riapertura del procedimento, e dunque in modo manifestamente e gravemente contrario all’articolo 6, non si giustificava sotto l’angolo dell’articolo 5 ? 1 ha, della Convenzione (vedere anche Al Nashiri c). Polonia, no 28761/11, ? 562, 24 luglio 2014, e Willcox e Hurford c. Regno Unito, d?c.), i nostri 43759/10 e 43771/12, ? 95, CEDH 2013, dove la Corte ha reiterato che una privazione di libert? non pu? passare per giustificata dal momento che deriva di una condanna pronunciata alla conclusione di un processo inficiato di un “diniego di giustizia flagrante”, ci? che ? in particolare il caso quando c’? stata condanna in absentia senza possibilit? di riesame in fondo all’accusa.
115. La Corte osserva che il 11 aprile 2001, il richiedente ? stato incarcerato in esecuzione della sua “condanna con un tribunale competente.” La sua privazione di libert? cadeva nel campo di applicazione dell’articolo 5 ? 1 dunque ha, della Convenzione ed era conforme allo scopo di questa disposizione. Siccome indicato col Governo, la condanna in contumacia dell’interessato era legale in dritto italiano e niente permette di pensare che era arbitraria o priva di base dei fatti.
116. Per?, il procedimento penale contro il richiedente, cominciata nel 1994 e finita dalla sentenza della Corte di cassazione del 3 luglio 2000, ha avuto luogo in contumacia, mentre l’interessato era detenuto sotto carcerazione su estradizione in Brasile e non aveva rinunciato manifestamente al suo diritto a comparire. La circostanza che, esercitando una facolt? riconosciuta dalla legge, il richiedente abbia opposto alla sua estradizione, paragrafi 10 e 20 sopra, non saprebbe essere interpretata come un tentativo di sottrarsi della giustizia o come una rinuncia tacita a partecipare al processo. A questo riguardo, la Corte osserva che l’avvocato del richiedente ha chiesto a pi? riprese di revocare la dichiarazione di fuga e la decisione di procedere in absentia, facendo valere un impedimento legittimo. Tuttavia, queste domande sono state respinte dalle giurisdizioni di primo e seconda istanza e con la Corte di cassazione, paragrafi 12-23 sopra. Ne ? stato parimenti per ci? che ? dell’incidente di esecuzione introduce col richiedente nel novembre 2007, paragrafi 25-32 sopra.
117. Alla luce della sua giurisprudenza in materia, paragrafo 114 qui sopra, la Corte stima che un tale procedimento, abbinato di rifiuti reiterati di riaprirla et/ou di tenere conto dell’impedimento obiettivo rappresentato dalla detenzione sotto carcerazione extraditionnel all’estero, era “manifestamente contrario alle disposizioni dell’articolo 6 o ai principi che sono consacrati.” Questa constatazione conduce inevitabilmente alla conclusione che la privazione di libert? del richiedente in esecuzione della decisione presa nella cornice di questo procedimento era arbitraria e dunque anche contrario all’articolo 5 ? 1 ha, della Convenzione (vedere, mutatis mutandis, Stoichkov, precitata, ? 53. Importa poco che, siccome affermalo il Governo, paragrafo 110 sopra, il diniego flagrante di giustizia di cui il richiedente ? stato vittima sia stato fondato sulla giurisprudenza seguita all’epoca dalle giurisdizioni italiane.
118. ? vero che in seguito, la Corte di cassazione ha accettato di riaprire il termine per interporre appello, paragrafo 37 sopra, e che il richiedente ha potuto ottenere un nuovo processo nella sua presenza. Per?, la Corte considera che questa riconoscenza tardiva della violazione dei diritti dell’imputato non saprebbe fornire una giustificazione ha posteriori per una privazione di libert? essendo stesa si su circa nove anni e nove mesi.
119. Segue che nello specifico ? ci stato violazione dell’articolo 5 ? 1 della Convenzione.
IV. Su L’applicazione Di L’articolo 41 Di La Convenzione
120. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’? stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’? luogo, una soddisfazione equa. “
A. Dommage
121. Il richiedente richiede 150 000 euros (EUR, a titolo del danno che avrebbe subito,). Osserva che la riapertura del suo processo e la possibilit? di introdurre una domanda in risarcimento per detenzione “ingiusta” non ? suscettibile di offrirgli un restitutio in integrum. Nota a questo riguardo che le violazioni denunciate si sono stese su una durata di 14 anni e che ? vecchio di pi? di 60 anni. Durante la sua detenzione, ? stato di facto impossibile, per il richiedente, di guardarsi dai contatti con la sua famiglia. La sposa del richiedente ha chiesto il divorzio ed i suoi legami coi suoi tre bambini hanno disteso inevitabilmente. Di pi?, l’interessato non ha potuto aiutare e ha potuto rinforzare suo fratello, raggiunto di un cancro. Tenuto conto dell’et? del richiedente e della sua lunga detenzione, le sue possibilit? di reinserimento sociale sono molto ridotte.
122. Il Governo nota che il danno addotto dal richiedente ? legato direttamente alla durata della sua privazione di libert?. Per?, questo tipo di danno ha il dovere di essere valutato prima dalle giurisdizioni interne nella cornice del ricorso previsto dall’articolo 314 del CPP. Il richiedente ha ottenuto peraltro gi? un nuovo processo nella sua presenza e-in modo paradossale -la lunghezza delle sue vicissitudini giudiziali ha condotto sopra ad una soluzione favorevole per l’interessato, a sapere il pronunziato di un non luogo a procedere a causa di prescrizione, paragrafo 46. Inoltre, il richiedente non avrebbe supportato la sua domanda di soddisfazione equa e non avrebbe dimostrato l’esistenza di un legame di causalit? tra le violazioni denunciate ed il danno che afferma avere subito.
123. Nelle circostanze particolari dello specifico, la Corte stima che tutto danno giuridico subito dal richiedente si trova riparato sufficientemente dalla constatazione di violazione dell’articolo 5 ? 1 della Convenzione.
B. Oneri e spese
124. Il richiedente osserva che gli oneri del procedimento nazionale sono stati presi incaricati con lo stato italiano. In quanto al procedimento dinnanzi alla Corte, tenuto conto della situazione finanziaria precaria del richiedente, il suo rappresentante non gli ha fatturato i suoi servizi. Suddetto rappresentante che ha ricevuto 850 EUR a titolo dell’assistenza giudiziale dinnanzi alla Corte, si rimette alla saggezza di questa ultima in quanto alla questione di sapere se c’? luogo di rimunerare ulteriormente il suo lavoro.
125. Il Governo non ha presentato di osservazioni su questo punto.
126. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non pu? ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese che nella misura in cui si trovano stabilisco la loro realt?, la loro necessit? ed il carattere ragionevoli del loro tasso. Nello specifico, tenuto conto dei documenti di cui dispone e della sua giurisprudenza, la Corte stima ragionevole di accordare al richiedente l’intimo di 5 000 EUR per il procedimento dinnanzi a lei, meno l’importo versato dal Consiglio dell’Europa a titolo dell’assistenza giudiziale, a sapere 850 EUR.
C. Interessi moratori
127. La Corte giudica appropriata di ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilit? di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti di percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMIT?,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello tratto dall’articolo 5 ? 1 della Convenzione ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’? stata violazione dell’articolo 5 ? 1 della Convenzione;
3. Stabilisce che la constatazione di una violazione fornisce in si una soddisfazione equa sufficiente per il danno giuridico subito dal richiedente;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare del giorno dove la sentenza sar? diventata definitiva conformemente all’articolo 44 ? 2 della Convenzione, 5 000 EUR, cinquem