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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE BAGARELLA c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 15625/042008
Stato: Italia
Data: 2008-01-15 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

SECONDA SEZIONE
CAUSA BAGARELLA C. ITALIA
( Richiesta no 15625/04)
SENTENZA
STRASBURGO
15 gennaio 2008
DEFINITIVO
07/07/2008
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Bagarella c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, András Baka, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Antonella Mularoni, Danutë Jočienė, Dragoljub Popović, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio l’ 11 dicembre 2007,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 15625/04) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. L. B. B. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 15 aprile 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da F. G., avvocato a L’Aquila. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. I. M. Braguglia, e dal suo co-agente, il Sig. F. Crisafulli.
3. Il richiedente adduceva che le sue condizioni di detenzione si analizzavano in trattamenti disumani e degradanti e nelle violazioni dei suoi diritti al rispetto della sua vita familiare e della sua corrispondenza.
4. Il 30 settembre 2005, il presidente della terza sezione della Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi delle disposizioni dell’articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1942 ed è detenuto al penitenziario di L’Aquila.
A. I perseguimenti penali
6. Il richiedente, imputato di strage, di parecchi omicidi e di associazione con malviventi di tipo mafioso, fu arrestato il 24 giugno 1995. Fu condannato poi all’ergastolo.
7. Così come risulta dalle ultime ordinanze ministeriali che applicano il regime speciale di detenzione, il richiedente è stato successivamente perseguito per altri fatti criminali legati alla sua appartenenza ad un’organizzazione di tipo mafioso.
B. L’applicazione del regime speciale di detenzione previsto dall’articolo 41bis della legge sull’amministrazione penitenziaria
8. Il 10 luglio 1995, tenuto conto della pericolosità del richiedente, il ministro della Giustizia prese un’ordinanza che gli imponeva, per un periodo di un anno, il regime di detenzione speciale previsto dall’articolo 41bis, capoverso 2, della legge no 354 del 26 luglio 1975, detta “legge sull’amministrazione penitenziaria. Come modificata dalla legge no 356 del 7 agosto 1992, questa disposizione permette la sospensione totale o parziale dell’applicazione del regime normale di detenzione quando delle ragioni di ordine e di sicurezza pubblici l’esigono. L’ordinanza ministeriale imponeva le seguente restrizioni:
– limitazione delle visite da parte dei membri della famiglia, al massimo una al mese di una durata di un’ora,;
– interdizione di incontrare dei terzi;
– interdizione di utilizzare il telefono;
– interdizione di ricevere o di mandare verso l’esterno delle somme di denaro al di là di un determinato importo;
– interdizione di ricevere più di due pacchi al mese ma possibilità di riceverne due all’ anno contenenti della biancheria;
– interdizione di eleggere dei rappresentanti di detenuti e di essere eletto come rappresentante;
– limitazione della passeggiata a due al giorno;
– interdizione di organizzare delle attività culturali, ricreative e sportive;
-interdizione di esercitare delle attività artigianali;
-interdizione di acquistare degli alimenti destinati alla cottura.
Inoltre, tutta la corrispondenza in entrata ed in uscita doveva essere sottoposta al controllo su autorizzazione preliminare delle autorità giudiziali competenti.
9. L’applicazione del regime speciale è stata prorogata in seguito a più riprese per periodi di sei mesi fino al dicembre 2002, poi di un anno almeno fino alla fine del 2005. Le restrizioni furono tuttavia ammorbidite, una prima volta, il 21 dicembre 2000, da una parte con l’autorizzazione di una conversazione telefonica di un’ora al mese coi membri della famiglia in mancanza di visita di questi, e, dall’altra parte, con la possibilità di acquistare degli alimenti destinati alla cottura. Nel dicembre 2002, il periodo di tempo da passare fuori dall’unità, in gruppi di cinque persone al massimo, fu portato alle quattro ore al giorno di cui due ore all’aria aperta. Le interdizioni di organizzare delle attività culturali, ricreative e sportive e di esercitare delle attività artigianali furono annullate.
10. Nell’ottobre 1998, il richiedente fu posto in un “settore riservato” (area riservata) della prigione di Spoleto, dove rimase in isolamento in ragione della sua pericolosità e della gravità delle violazioni che aveva commesso. Il 29 ottobre 2004, il richiedente fu trasferito al penitenziario di L’Aquila.
C. Il controllo della corrispondenza
11. Dal 1995, la corrispondenza del richiedente è sottoposta al controllo delle autorità penitenziarie. Con due decisioni del 23 giugno 2001 e del 23 giugno 2004, il giudice di applicazione delle pene dell’Aquila decise di mettere sotto controllo tutta la corrispondenza del richiedente, eccetto quella indirizzata “al Consiglio dell’Europa ed alla Corte europea dei Diritti dell’uomo.” La prima di queste decisioni aveva una validità fino al 31 dicembre 2001, la seconda fino al 23 settembre 2004. Si basavano sull’articolo 18 della legge sull’amministrazione penitenziaria. Nelle sue osservazioni giunte alla cancelleria il 5 gennaio 2006, il Governo segnala che una decisione concernente il controllo della corrispondenza del richiedente è stata adottata dal giudice di applicazione delle pene il 3 dicembre 2003.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
12. Nella sua sentenza Ospina Vargas, la Corte ha riassunto il diritto e la pratica interna pertinenti in quanto al regime di detenzione speciale applicata nello specifico ed in quanto al controllo della corrispondenza (Ospina Vargas c. Italia, no 40750/98, §§ 23-33, 14 ottobre 2004). Ha fatto anche stato delle modifiche introdotte dalla legge no 279 del 23 dicembre 2002 e dalla legge no 95 del 8 aprile 2004 (ibidem).
13. Con la circolare no 3470/5920 del 20 febbraio 1998, sulla base del principio dell’individualizzazione del trattamento penitenziario previsto agli articoli 13 e 14 della legge sull’amministrazione penitenziaria e dal suo ordinamento di esecuzione, e tenuto conto della legislazione in materia, in particolare delle sentenze della Corte costituzionale riguardanti le condizioni di legittimità dell’articolo 41bis, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero di Giustizia contempla delle sezioni differenziate che raggruppano certe categorie di detenuti per facilitare le operazioni di controllo. Questa circolare stabilisce le regole pratiche da rispettare per garantire la sicurezza e l’ ordine pubblico pure rispettando i diritti fondamentali dei detenuti. Contempla le attività a cui i detenuti possono partecipare e le caratteristiche delle sezioni.
IN DIRITTO
I. SULL ‘ “OSSERVAZIONE PROCEDURALE” DEL GOVERNO
14. A titolo preliminare, il Governo contesta la decisione del presidente della terza sezione della Corte di esaminare l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo. Secondo lui, il presente caso solleverebbe degli aspetti nuovi e non potrebbe passare per un “caso ripetitivo.”
15. La Corte ricorda che la possibilità di esaminare l’ammissibilità ed il merito di una richiesta allo stesso tempo è prevista chiaramente dagli articoli 29 § 3 della Convenzione e 54A dell’ordinamento. La Corte non vede, nello specifico, nessuna ragione di ritornare sulla decisione di esaminare congiuntamente l’ammissibilità ed il merito (vedere, mutatis mutandis, Marcello Viola c. Italia, no 45106/04, § 33, 5 ottobre 2006<9.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 3 DELLA CONVENZIONE
16. Il richiedente adduce che le sue condizioni di detenzione si analizzano in trattamenti disumani e degradanti.
Invoca l’articolo 3 della Convenzione, così formulato:
“Nessuno può essere sottomesso alla tortura né alle pene o trattamenti disumani o degradanti. “
17. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Argomenti delle parti
1. Il Governo
18. Il Governo osserva innanzitutto che il richiedente è stato assegnato al penitenziario di L’Aquila il 18 settembre 1998 e che dal 23 gennaio 1999 sconta la sua pena, nel settore riservato, con altri detenuti. Il suo isolamento è durato dunque quattro mesi circa ed è finito il 23 gennaio 1999. Essendo stata introdotta la richiesta solo nel 2004, le affermazioni riguardante l’isolamento dell’interessato sono tardive.
19. Il Governo eccepisce inoltre del non-esaurimento delle vie di ricorso interne, dato che il richiedente aveva a sua disposizione dei mezzi per contestare la sua destinazione al settore riservato. Difatti, come ogni atto amministrativo, questo può essere attaccato tramite un ricorso all’autorità che ha adottato la misura, il direttore della prigione, con un ricorso gerarchico, con un ricorso al tribunale amministrativo regionale (“il TAR”) competente o con un reclamo al giudice di applicazione delle pene. Infine, con una sentenza no 26 del 1999, la Corte costituzionale ha precisato che ogni decisione dell’amministrazione penitenziaria che reca offesa ai diritti individuali dei detenuti può essere contestata dinnanzi al tribunale di applicazione delle pene.
20. In quanto al merito del motivo di appello, il Governo nota che ogni struttura penitenziaria è divisa in edifici, padiglioni, settori, piani ecc.. Le condizioni di detenzione in ciascuna di queste parti possono variare leggermente, in funzione della struttura del luogo e delle consegne della sorveglianza, adattate normalmente alla categoria di detenuti che vi sono posti. Una sorveglianza aumentata è necessaria per le persone condannate in quanto membri di associazioni di malviventi particolarmente potenti e pericolose. L’ordinamento del penitenziario determina le modalità del trattamento in funzione delle esigenze poste dai differenti gruppi di detenuti. Le autorità amministrative sono competenti per la destinazione dei detenuti alle diverse strutture ed alle differenti sezioni di queste.
21. Il settore riservato è una sezione destinata ad accogliere i detenuti che potrebbero abbandonarsi ad aggressioni o che potrebbero diventarne le vittime. Questa esigenza è stata all’origine dell’isolamento temporaneo del richiedente. Con una limitazione del numero dei detenuti coinvolti, il settore riservato permette una sorveglianza più ravvicinata. All’infuori di questo, il settore riservato non si differenzia dagli altri settori della prigione. I detenuti riguardati possono prendere difatti parte alle attività ricreative o di rieducazione. La destinazione ha luogo senza formalità ed è indipendente dall’imposizione del regime previsto dall’articolo 41bis della legge sull’amministrazione penitenziaria. Non ha una durata predeterminata, ma la persistenza delle ragioni che la giustificano è verificata o ogni sei mesi o “frequentemente.” Infine, non avrebbe un’incidenza diretta sui diritti di “carattere civile” dei detenuti. Questi ultimi non hanno il diritto di scegliere il luogo e le modalità della loro detenzione difatti o di decidere in quale compagnia desiderano scontare la loro pena.
22. Alla luce di ciò che precede, il Governo conclude che la destinazione di un detenuto al settore riservato ha una base legale conforme alle esigenze della Convenzione, cioè accessibile, chiara e prevedibile. Limitata alla separazione dei detenuti più pericolosi dagli altri, si basa sull’esigenza di garantire l’ordine e la sicurezza in seno al penitenziario e non provocare una situazione di isolamento. I “circa quattro mesi di isolamento”, dal 18 settembre 1998 al 23 gennaio 1999, subiti dal richiedente al penitenziario di L’Aquila erano motivati da esigenze di ordine pratico: occorreva prima identificare le categorie dei detenuti con cui l’interessato poteva avere dei contatti senza danno per la sua propria sicurezza e quella degli altri.
23. Per ciò che riguarda la sottomissione del richiedente al regime speciale previsto dall’articolo 41bis della legge sull’amministrazione penitenziaria, il Governo osserva che questo regime si giustificava per la natura dei crimini commessi dall’interessato e per i suoi legami persistenti con potenti e pericolose organizzazioni criminali. Le restrizioni imposte al richiedente erano unicamente quelle rigorosamente necessarie per impedirgli di intrattenere dei contatti col suo ambiente criminale di origine o di esercitare un’attività di “proselitismo” in seno alla prigione. La Corte ha stimato costantemente che queste restrizioni non raggiungevano la soglia minima di gravità tale da ricadere sotto l’influenza dell’articolo 3 della Convenzione.
2. Il richiedente
24. Il richiedente si lamenta delle restrizioni previste dall’articolo 41 bis della legge sull’amministrazione penitenziaria e di essere stato posto in un settore riservato della prigione in una situazione di isolamento. Sostiene che queste condizioni di detenzione sono insopportabili.
25. Il richiedente contesta l’affermazione del Governo secondo cui il suo isolamento sarebbe durato solamente quattro mesi. Osserva che ha subito e continua a subire delle restrizioni dalla data del suo arresto, sopraggiunto il 24 giugno 1995.
26. Il richiedente afferma anche che né lui né il suo consigliere hanno potuto ottenere una copia della circolare che prevedeva il collocamento in posto del settore riservato. Non ha ricevuto mai comunicazione della decisione di collocamento. Ne deduce che non c’è base legale per il suo collocamento nel settore riservato. Se l’imposta del regime speciale di detenzione si basa su una base legale chiara, ossia l’articolo 41 bis della legge sull’amministrazione penitenziaria, ne va diversamente per la destinazione al settore riservato. Riferendosi al “margine di autonomia” delle autorità, il Governo cerca in realtà di giustificare delle condizioni disumane che hanno privato il richiedente dei diritti riconosciuti agli altri detenuti.
B. Valutazione della Corte
27. La Corte non stima necessario dedicarsi sulle eccezioni del Governo, derivate dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne e dalla tardività di una parte delle affermazioni del richiedente. Difatti, supponendo anche che il richiedente abbia soddisfatto gli obblighi che gli incombono ai termini dell’articolo 35 § 1 della Convenzione, questo motivo di appello è comunque inammissibile, per le seguenti ragioni.
28. L’articolo 3 della Convenzione consacra uno dei valori fondamentali delle società democratiche. Anche nelle circostanze più difficili, come la lotta contro il terrorismo ed il crimine organizzato, la Convenzione proibisce in termini assoluti la tortura e le pene o trattamenti disumani o degradanti. L’articolo 3 non contempla restrizioni, nella qual cosa contrasta con la maggioranza delle clausole normative della Convenzione e dei Protocolli no 1 e 4 e, conformemente all’articolo 15 § 2, non è passibile di nessuna deroga, anche in caso di pericolo pubblico che minaccia la vita della nazione (Labita c. Italia [GC], no 26772/95, § 119, CEDH 2000-IV; Selmouni c. Francia [GC], no 25803/94, § 95, CEDH 1999-V; Assenov ed altri c. Bulgaria, sentenza del 28 ottobre 1998, Raccolta delle sentenze e decisioni 1998-VIII, p. 3288, § 93). Il divieto della tortura o delle pene o trattamenti disumani o degradanti è assoluto, qualunque siano le attività illegali della vittima (Chahal c. Regno Unito, sentenza del 15 novembre 1996, Raccolta 1996-V, p. 1855, § 79). La natura delle violazioni rimproverate al richiedente è dunque priva di pertinenza per l’esame sotto l’angolo dell’articolo 3.
29. Un maltrattamento deve raggiungere un minimo di gravità per ricadere sotto l’influenza dell’articolo 3 della Convenzione. La valutazione di questo minimo è relativa per essenza; dipende dall’insieme dei dati della causa, ed in particolare dalla durata del trattamento, dei suoi effetti fisici e mentali così come, talvolta, dal sesso, dall’età e dallo stato di salute della vittima (vedere, tra altre, Price c. Regno Unito, no 33394/96, § 24, CEDH 2001-VII; Mouisel c. Francia, no 67263/01, § 37, CEDH 2002-IX; Jalloh c. Germania [GC], no 54810/00, § 67, 11 luglio 2006).
30. In altre richieste dirette contro l’Italia, la Corte si è posta la questione di sapere se l’applicazione prolungata dell’articolo 41bis costituiva una violazione dell’articolo 3. Ha, a più riprese, stimato che il regime speciale previsto dall’articolo 41bis precitato che comprende un semplice isolamento sociale relativo, non costituisce, di per sé, un trattamento disumano o degradante (Attanasio c. Italia,( déc.), no 15619/04, § 48, 13 novembre 2007, ed Indelicato c. Italia, (déc.), no 31143/96, 6 luglio 2000). Niente permette di scostarsi da queste conclusioni nel presente caso.
31. In più, nelle cause Gallico (no 53723/00, §§ 20-23, 28 giugno 2005) e Campisi (no 24358/02, §§ 37-41, 11 luglio 2006) avuto riguardo agli argomenti invocati per giustificare il mantenimento delle limitazioni imposte ai richiedenti, ha stimato che l’applicazione del regime speciale per periodi rispettivamente di dodici e cinque anni non aveva provocato delle sofferenze o umiliazioni che andavano al di là di quelle comportate inevitabilmente da una data forma di trattamento -nello specifico prolungato-o di pena legittima. Agli occhi della Corte, la stessa conclusione si impone nel presente caso, dove la sottomissione del richiedente al regime incriminato è cominciata il 10 luglio 1995 (vedere anche, mutatis mutandis, Schiavone c. Italia, (déc.), no 65039/01, 13 novembre 2007).
32. La Corte nota inoltre che la decisione di porre il richiedente in un settore riservato era ampiamente e razionalmente giustificata. Le considerazioni concernenti il regime di detenzione speciale si applicano al collocamento in un settore riservato della prigione nella misura in cui questo ultimo non comprende nessuna restrizione supplementare in confronto col regime 41bis salvo l’interdizione di entrare in contatto coi detenuti degli altri settori della prigione (Attanasio, decisione precitata, § 55).
33. Per ciò che riguarda l’isolamento denunciato dal richiedente, la Corte ricorda che l’isolamento sensoriale completo combinato ad un isolamento sociale totale può distruggere la personalità e costituisce una forma di trattamento disumano che non potrebbe giustificarsi con le esigenze della sicurezza o con ogni altra ragione. In compenso, l’interdizione di contatti con altri detenuti per ragioni di sicurezza, di disciplina e di protezione non costituisce di per sé una forma di pena o trattamento disumano (Öcalan c. Turchia [GC], no 46221/99, § 191, CEDH 2005-IV, e Ramirez Sanchez c. Francia [GC], no 59450/00, § 123, 4 luglio 2006).
34. Nello specifico, il Governo afferma che il richiedente è stato posto nel settore riservato il 18 settembre 1998 e che, dal 23 gennaio 1999, sconta la sua pena con altri detenuti (paragrafi 18 e 22 sopra). Il richiedente non ha contestato questa affermazione e non ha prodotto degli elementi per smentirla. Quindi, la Corte considera che l’isolamento subito dall’interessato è durato solamente quattro mesi e cinque giorni. Durante questo periodo, l’interessato ha continuato a ricevere le visite dei membri della sua famiglia e del suo avvocato (vedere, mutatis mutandis, Ramirez Sanchez precitata, § 131). Tenuto conto della durata del trattamento denunciato, così come dell’atteggiamento delle autorità italiane che hanno preso la cura di porre altri detenuti nel settore riservato della prigione, la Corte stima che l’isolamento, parziale e relativo al quale il richiedente ha dovuto fare fronte non ha raggiunto il livello di gravità necessaria per ricadere sotto l’influenza dell’articolo 3 della Convenzione (vedere, mutatis mutandis, Schiavone, decisione precitata, dove la Corte ha stimato non contrario a questa disposizione un isolamento di facto che è durato quasi otto mesi).
35. Alla luce delle considerazioni che precedono, la Corte non potrebbe scoprire nessuna apparenza di violazione dell’articolo 3 della Convenzione.
36. Ne segue che questo motivo di appello è manifestamente mal fondato e deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE IN RAGIONE DELLE RESTRIZIONI ALLE VISITE DEI MEMBRI DELLA FAMIGLIA DEL RICHIEDENTE
37. Il richiedente considera che le restrizioni imposte alle visite dei membri della sua famiglia hanno recato offesa al suo diritto al rispetto della sua vita familiare.
Questo motivo di appello si presta ad essere analizzato sotto l’angolo dell’articolo 8 della Convenzione, così formulato:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto di suo corrispondenza.
2. Non può esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. “
38. Il Governo contesta questa tesi. Riferendosi alle osservazioni che ha sviluppato sotto l’angolo dell’articolo 3 della Convenzione, adduce che né l’applicazione del regime contemplato all’articolo 41bis della legge sull’amministrazione penitenziaria né la destinazione al settore riservato abbia privato il richiedente di contatti con la sua famiglia o con i suoi prossimi. Ogni ingerenza nella vita privata e familiare del richiedente era giustificata dalle esigenze di sicurezza e prevenzione derivanti dalla “portata criminale” dell’interessato.
39. La Corte ricorda che ha già dovuto deliberare sul fatto di sapere se le restrizioni previste dall’applicazione dell’articolo 41bis in materia di vita privata e familiare di certi detenuti costituiscono un’ingerenza giustificata dal paragrafo 2 dell’articolo 8 (Messina c. Italia (no 2), no 25498/94, §§ 59-74, CEDH 2000-X, ed Indelicato, decisione precitata).
40. Queste restrizioni tendono a tagliare i legami esistenti tra la persone riguardata ed il suo ambiente criminale di origine, per minimizzare il rischio di vedere utilizzare i contatti personali di questi detenuti con le strutture delle organizzazioni criminali di questo ambiente.
41. Prima dell’introduzione del regime speciale, un buon numero di detenuti pericolosi riusciva a tenere la loro posizione in seno all’organizzazione criminale alla quale appartenevano, a scambiare delle informazione con gli altri detenuti e con l’esterno così come ad organizzare e fare eseguire delle violazioni penali. In questo contesto, la Corte stima che, tenuto conto della natura specifica del fenomeno della criminalità organizzata, in particolare di tipo mafioso, e del fatto che le visite familiari sono state spesso un mezzo certo di trasmissione di ordini e di istruzioni verso l’esterno, le restrizioni, certamente importanti, alle visite ed i controlli che ne accompagnano lo svolgimento non potrebbero passare per sproporzionate rispetto agli scopi legittimi perseguiti (Salvatore c. Italia, (déc.), no 37827/97, 9 gennaio 2001.
42. La Corte ha dovuto anche dedicarsi alla questione di sapere se l’applicazione prolungata di questo regime ad un detenuto infrange il diritto garantito dall’articolo 8 della Convenzione. Nella causa Gallico precitata, ha stimato utile precisare che non vedeva alcuna incomprensione di questa disposizione in ragione del semplice scorrimento del tempo. Nel caso di specifico, la Corte osserva che il richiedente è sottoposto al regime speciale dal luglio 1995 e che ad ogni rinnovo, il ministro della Giustizia ha preso in conto delle informazione attestanti che il richiedente rimaneva una persona pericolosa. La Corte si riferisce anche alla decisione di inammissibilità parziale nella causa Bastone c. Italia (no 59638/00, 10 gennaio 2005) nella quale la Corte ha esaminato e respinto questo tipo di motivo di appello sul terreno degli articoli 3 e 8 della Convenzione.
43. Infine, nota che, nello specifico, le considerazioni che precedono si applicano anche ai detenuti destinati ad un settore riservato della prigione nella misura in cui non viene dimostrato che tale destinazione provochi delle limitazioni differenti da quelle imposte ai detenuti sotto il regime 41bis della legge sull’amministrazione penitenziaria (Attanasio, decisione precitata, § 64).
44. In conclusione, la Corte stima che le restrizioni al diritto del richiedente al rispetto della sua vita familiare non sono andate al di là di ciò che, ai termini dell’articolo 8 § 2, è necessario, in una società democratica, alla sicurezza pubblica, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali (Attanasio, decisione precitata, § 65).
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE IN RAGIONE DEL CONTROLLO DELLA CORRISPONDENZA DEL RICHIEDENTE
45. Il richiedente si lamenta del controllo della sua corrispondenza. Invoca l’articolo 8 della Convenzione.
46. Il Governo contesta questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
47. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che questo motivo di appello non incontra nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
A. Sul merito
48. Il Governo osserva innanzitutto che, stata introdotta la richiesta essendo il 15 aprile 2004, ogni misura adottata prima del 15 ottobre 2003 sfugge alla competenza della Corte. Per ciò che riguarda le decisioni successive, il giudice di applicazione delle pene ha ordinato il controllo della corrispondenza del richiedente conformemente all’articolo 18 della legge sull’amministrazione penitenziaria. Ora, la Corte ha stimato che questa disposizione non costituiva una base legale sufficiente ai sensi della Convenzione.
49. Il Governo chiede alla Corte di riconsiderare la sua giurisprudenza e di avere riguardo “ai caratteri delle decisioni che impongono concretamente il controllo della corrispondenza in ogni determinato caso.” Nel presente caso, le decisioni del giudice di applicazione delle pene avevano “tutte le caratteristiche richieste dalla giurisprudenza europea.”
50. La Corte nota al primo colpo che una decisione che ordina il controllo della corrispondenza del richiedente è stata adottata il 23 giugno 2004. In più, il Governo segnala che un’altra decisione è stata presa il 3 dicembre 2003. Quindi, la richiesta, introdotta il 15 aprile 2004, non potrebbe essere considerata tardiva in quanto a questo motivo di appello.
51. Evidentemente, c’è stata “ingerenza di un’autorità pubblica” nell’esercizio del diritto del richiedente al rispetto della sua corrispondenza garantito dall’articolo 8 § 1. Simile ingerenza ignora questa disposizione salvo se, “prevista dalla legge”, insegue uno o degli scopi legittimi allo sguardo del paragrafo 2 e, in più, è “necessaria, in una società democratica” per raggiungerli (vedere, tra molte altre, Calogero Diana c. Italia, sentenza del 15 novembre 1996, Raccolta 1996-V, p. 1775, § 28; Domenichini c. Italia, sentenza del 15 novembre 1996, Raccolta 1996-V, p. 1799, § 28; Labita precitato, § 179).
52. La Corte rileva che il controllo della corrispondenza del richiedente è stato ordinato dal giudice di applicazione delle pene, ai sensi dell’articolo 18 della legge sull’amministrazione penitenziaria (paragrafo 11 sopra). Ora, la Corte ha constatato già a più riprese che il controllo della corrispondenza fondato su questa disposizione ignora l’articolo 8 della Convenzione perché non “è previsto dalla legge” nella misura in cui questa non regolamenta né la durata delle misure di controllo della corrispondenza dei detenuti, né i motivi che possono giustificarle, e non indica con abbastanza chiarezza la superficie e le modalità di esercizio del potere di valutazione delle autorità competenti nella tenuta considerata (vedere, tra altre, Labita precitata, §§ 175-185). Non vede ragione di scostarsi nello specifico da una giurisprudenza che mira a permettere ad ogni detenuto di godere del grado minimo di protezione voluto dalla preminenza del diritto in una società democratica (Calogero Diana precitata, p. 1776, § 33, e Campisi c. Italia, no 24358/02, § 50, 11 luglio 2006).
53. Alla luce di ciò che precede, la Corte constata che il controllo della corrispondenza del richiedente non “era previsto dalla legge” ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione. Questa conclusione rende superfluo verificare nello specifico il rispetto delle altre esigenze della stessa disposizione.
54. La Corte prende atto, del resto, dell’entrata in vigore della legge no 95/2004 che ha modificato la legge sull’amministrazione penitenziaria. Sottolinea quindi che la legge in questione che si è potuta applicare unicamente alla decisione presa il 23 giugno 2004, non permette di risanare la violazione che ha avuto luogo anteriormente la sua entrata in vigore, ed in particolare quella realizzata dalla decisione del 3 dicembre 2003 (Argenti c. Italia, no 56317/00, § 38, 10 novembre 2005).
55. C’è stata dunque violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
56. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
57. Il richiedente richiede 136 150 euro (EUR) a titolo del danno che avrebbe subito. Osserva e di essere stato detenuto “ingiustamente” per 3 890 giorni e stima di avere diritto alla somma di 35 EUR al giorno.
58. Il Governo stima che la somma sollecitata dal richiedente è manifestamente esorbitante e prega la Corte di dire che la constatazione di violazione costituisce una soddisfazione equa sufficiente.
59. La Corte non vede legame di causalità tra la violazione constatata ed un eventuale danno materiale e respinge questa richiesta. Ricorda di avere concluso peraltro che le condizioni della detenzione del richiedente non erano contrarie all’articolo 3 della Convenzione. La Corte stima che nelle circostanze dello specifico, la constatazione di violazione dell’articolo 8 in ragione del controllo della sua corrispondenza basta di per sé a compensare il danno morale subito dal richiedente.
B. Oneri e spese
60. L’avvocato del richiedente ha trasmesso anche una nota di parcella che ammontava a 11 540 EUR e che copriva oneri e spese incorsi dinnanzi alla Corte.
61. Il Governo osserva che il richiedente non ha chiesto esplicitamente un rimborso degli oneri, essendosi limitato ad unire una nota di parcella. Ad ogni modo, la somma richiesta è eccessiva.
62. La Corte stima che la nota delle orare che il rappresentante del richiedente ha fatto pervenire alla cancelleria può analizzarsi in una richiesta di rimborso degli oneri. Però, secondo la sua giurisprudenza consolidata, il sussidio degli oneri e delle spese sostenuti dal richiedente può intervenire solamente nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (Belziuk c. Polonia, sentenza del 25 marzo 1998, Raccolta 1998-II, p. 573, § 49). Ora, la Corte giudica eccessivo l’importo sollecitato per oneri e spese afferenti al procedimento dinnanzi a lei e decide di concedere 4 000 EUR sotto questo capo.
C. Interessi moratori
63. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dal controllo della corrispondenza del richiedente ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione in ragione del controllo della corrispondenza del richiedente;
3. Stabilisce che questa constatazione di violazione fornisce di per sé una soddisfazione equa sufficiente per il danno morale subito dal richiedente;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 4 000 EUR (quattromila euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 15 gennaio 2008 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa

Testo Tradotto

DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE BAGARELLA c. ITALIE
(Requête no 15625/04)
ARRÊT
STRASBOURG
15 janvier 2008
DÉFINITIF
07/07/2008
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Bagarella c. Italie,
La Cour européenne des Droits de l’Homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
András Baka,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Antonella Mularoni,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović, juges,
et de Sally Dollé, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 11 décembre 2007,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 15625/04) dirigée contre la République italienne et dont un ressortissant de cet Etat, M. L. B. B. (« le requérant »), a saisi la Cour le 15 avril 2004 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des Droits de l’Homme et des Libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant est représenté par Me F. G., avocate à L’Aquila. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. I. M. Braguglia, et par son co-agent, M. F. Crisafulli.
3. Le requérant alléguait que ses conditions de détention s’analysaient en des traitements inhumains et dégradants et en des violations de ses droits au respect de sa vie familiale et de sa correspondance.
4. Le 30 septembre 2005, le président de la troisième section de la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Se prévalant des dispositions de l’article 29 § 3, il a décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le bien-fondé de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Le requérant est né en 1942 et est détenu au pénitencier de L’Aquila.
A. Les poursuites pénales
6. Le requérant, accusé de tuerie, de plusieurs meurtres et d’association des malfaiteurs de type mafieux, fut arrêté le 24 juin 1995. Il fut ensuite condamné à perpétuité.
7. Ainsi qu’il ressort des derniers arrêtés ministériels appliquant le régime spécial de détention, le requérant a été successivement poursuivi pour d’autres faits criminels liés à son appartenance à une organisation de type mafieux.
B. L’application du régime spécial de détention prévu par l’article 41bis de la loi sur l’administration pénitentiaire
8. Le 10 juillet 1995, compte tenu de la dangerosité du requérant, le ministre de la Justice prit un arrêté lui imposant, pour une période d’une année, le régime de détention spécial prévu par l’article 41bis, alinéa 2, de la loi no 354 du 26 juillet 1975 (dite « loi sur l’administration pénitentiaire). Telle que modifiée par la loi no 356 du 7 août 1992, cette disposition permet la suspension totale ou partielle de l’application du régime normal de détention lorsque des raisons d’ordre et de sécurité publics l’exigent. L’arrêté ministériel imposait les restrictions suivantes :
– limitation des visites avec les membres de la famille (au maximum une par mois d’une durée d’une heure) ;
– interdiction de rencontrer des tiers ;
– interdiction d’utiliser le téléphone ;
– interdiction de recevoir ou d’envoyer vers l’extérieur des sommes d’argent au-delà d’un montant déterminé ;
– interdiction de recevoir plus de deux colis par mois mais possibilité d’en recevoir deux par an contenant du linge ;
– interdiction d’élire des représentants de détenus et d’être élu comme représentant ;
– limitation de la promenade à deux heures par jour ;
– interdiction d’organiser des activités culturelles, récréatives et sportives ;
– interdiction d’exercer des activités artisanales ;
– interdiction d’acheter des aliments destinés à la cuisson.
En outre, toute la correspondance en entrée et en sortie devait être soumise à contrôle sur autorisation préalable des autorités judiciaires compétentes.
9. L’application du régime spécial a par la suite été prorogée à plusieurs reprises pour des périodes de six mois jusqu’en décembre 2002, puis d’un an jusqu’à fin 2005 au moins. Les restrictions furent toutefois assouplies, une première fois, le 21 décembre 2000, d’une part avec l’autorisation d’un entretien téléphonique d’une heure par mois avec les membres de la famille à défaut de visite de ceux-ci, et, d’autre part, par la possibilité d’acheter des aliments destinés à la cuisson. En décembre 2002, la période de temps à passer hors de la cellule, en groupe de cinq personnes au maximum, fut porté à quatre heures par jour dont deux heures à l’air libre. Les interdictions d’organiser des activités culturelles, récréatives et sportives et d’exercer des activités artisanales furent supprimées.
10. En octobre 1998, le requérant fut placé dans un « secteur réservé » (area riservata) de la prison de Spoleto, où il demeura en isolement en raison de sa dangerosité et de la gravité des infractions qu’il avait commises. Le 29 octobre 2004, le requérant fut transféré au pénitencier de L’Aquila.
C. Le contrôle de la correspondance
11. Depuis 1995, la correspondance du requérant est soumise au contrôle des autorités pénitentiaires. Par deux décisions des 23 juin 2001 et 23 juin 2004, le juge d’application des peines de l’Aquila décida de mettre sous contrôle toute la correspondance du requérant, à l’exception de celle adressée « au Conseil de l’Europe et à la Cour européenne des Droits de l’Homme ». La première de ces décisions avait une validité jusqu’au 31 décembre 2001, la deuxième jusqu’au 23 septembre 2004. Elles se fondaient sur l’article 18 de la loi sur l’administration pénitentiaire. Dans ses observations parvenues au greffe le 5 janvier 2006, le Gouvernement signale qu’une décision concernant le contrôle de la correspondance du requérant a été adoptée par le juge d’application des peines le 3 décembre 2003.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
12. Dans son arrêt Ospina Vargas, la Cour a résumé le droit et la pratique internes pertinents quant au régime de détention spécial appliqué en l’espèce et quant au contrôle de la correspondance (Ospina Vargas c. Italie, no 40750/98, §§ 23-33, 14 octobre 2004). Elle a aussi fait état des modifications introduites par la loi no 279 du 23 décembre 2002 et par la loi no 95 du 8 avril 2004 (ibidem).
13. Par la circulaire no 3470/5920 du 20 février 1998, sur la base du principe de l’individualisation du traitement pénitentiaire prévu aux articles 13 et 14 de la loi sur l’administration pénitentiaire et par son règlement d’exécution, et compte tenu de la législation en la matière, notamment des arrêts de la Cour constitutionnelle portant sur les conditions de légitimité de l’article 41bis, le Département de l’administration pénitentiaire du Ministère de la Justice prévoit des sections différenciées regroupant certaines catégories de détenus afin de faciliter les opérations de contrôle. Cette circulaire établit les règles pratiques à respecter afin de garantir la sécurité et l’ordre publics tout en respectant les droits fondamentaux des détenus. Elle prévoit les activités auxquelles les détenus peuvent participer et les caractéristiques des sections.
EN DROIT
I. SUR L’« OBSERVATION PROCÉDURALE » DU GOUVERNEMENT
14. A titre préliminaire, le Gouvernement conteste la décision du président de la troisième section de la Cour d’examiner en même temps la recevabilité et le fond de l’affaire. Selon lui, la présente espèce soulèverait des aspects nouveaux et ne saurait passer pour un « cas répétitif ».
15. La Cour rappelle que la possibilité d’examiner en même temps la recevabilité et le fond d’une requête est clairement prévue par les articles 29 § 3 de la Convention et 54A du règlement. La Cour ne voit, en l’espèce, aucune raison de revenir sur la décision d’examiner conjointement la recevabilité et le fond (voir, mutatis mutandis, Marcello Viola c. Italie, no 45106/04, § 33, 5 octobre 2006).
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 3 DE LA CONVENTION
16. Le requérant allègue que ses conditions de détention s’analysent en des traitements inhumains et dégradants.
Il invoque l’article 3 de la Convention, ainsi libellé :
« Nul ne peut être soumis à la torture ni à des peines ou traitements inhumains ou dégradants. »
17. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Arguments des parties
1. Le Gouvernement
18. Le Gouvernement observe tout d’abord que le requérant a été assigné au pénitencier de L’Aquila le 18 septembre 1998 et que depuis le 23 janvier 1999 il purge sa peine, dans le secteur réservé, avec d’autres détenus. Son isolement a donc duré quatre mois environ et a pris fin le 23 janvier 1999. La requête n’ayant été introduite qu’en 2004, les allégations portant sur l’isolement de l’intéressé sont tardives.
19. Le Gouvernement excipe en outre du non-épuisement des voies de recours internes, étant donné que le requérant avait à sa disposition de moyens pour contester son affectation au secteur réservé. En effet, comme tout acte administratif, celle-ci peut être attaquée par les biais d’un recours à l’autorité qui a adopté la mesure (le directeur de la prison), par un recours hiérarchique, par un recours au tribunal administratif régional (« le TAR ») compétent ou par une réclamation au juge d’application des peines. Enfin, par un arrêt no 26 de 1999, la Cour constitutionnelle a précisé que toute décision de l’administration pénitentiaire portant atteinte aux droits individuels des détenus peut être contestée devant le tribunal d’application des peines.
20. Quant au fond du grief, le Gouvernement note que tout établissement pénitencier est partagé en bâtiments, pavillons, secteurs, étages etc. Les conditions de détention dans chacune de ces parties peuvent varier légèrement, en fonction de la structure du lieu et des consignes de surveillance, normalement adaptées à la catégorie de détenus qui y sont placés. Une surveillance accrue est nécessaire pour les personnes condamnées en tant que membres d’associations de malfaiteurs particulièrement puissantes et dangereuses. Le règlement du pénitencier détermine les modalités du traitement en fonction des exigences posées par les différents groupes de détenus. Les autorités administratives sont compétentes pour l’affectation des détenus aux divers établissements et aux différentes sections de ceux-ci.
21. Le secteur réservé est une section destinée à accueillir les détenus qui pourraient se livrer à des agressions ou qui pourraient en devenir les victimes. Cette exigence a été à l’origine de l’isolement temporaire du requérant. Par une limitation du nombre des détenus qui y sont affectés, le secteur réservé permet une surveillance plus rapprochée. En dehors de cela, le secteur réservé ne se différencie pas des autres secteurs de la prison. Les détenus qui y sont affectés peuvent en effet prendre part aux activités récréatives ou de rééducation. L’affectation a lieu sans formalités et est indépendante de l’imposition du régime prévu par l’article 41bis de la loi sur l’administration pénitentiaire. Elle n’a pas une durée prédéterminée, mais la persistance des raisons la justifiant est vérifiée soit tous les six mois soit « fréquemment ». Enfin, elle n’aurait pas une incidence directe sur les droits de « caractère civil » des détenus. Ces derniers n’ont en effet pas le droit de choisir le lieu et les modalités de leur détention ou de décider en compagnie de qui ils souhaitent purger leur peine.
22. A la lumière de ce qui précède, le Gouvernement conclut que l’affectation d’un détenu au secteur réservé a une base légale conforme aux exigences de la Convention, c’est-à-dire accessible, claire et prévisible. Limitée à la séparation des détenus les plus dangereux des autres, elle se fonde sur l’exigence de garantir l’ordre et la sécurité au sein du pénitencier et n’entraîne pas une situation d’isolement. Les « quelques quatre mois d’isolement » (du 18 septembre 1998 au 23 janvier 1999) subis par le requérant au pénitencier de L’Aquila étaient motivés par des exigences d’ordre pratique : il fallait d’abord identifier les catégories de détenus avec lesquels l’intéressé pouvait avoir des contacts sans préjudice pour sa propre sécurité et celle des autres.
23. Pour ce qui est de la soumission du requérant au régime spécial prévu par l’article 41bis de la loi sur l’administration pénitentiaire, le Gouvernement observe que ce régime se justifiait par la nature des crimes commis par l’intéressé et par ses liens persistants avec de puissantes et dangereuses organisations criminelles. Les restrictions imposées au requérant étaient uniquement celles strictement nécessaires pour l’empêcher d’entretenir des contacts avec son milieu criminel d’origine ou d’exercer une activité de « prosélytisme » au sein de la prison. La Cour a constamment estimé que ces restrictions n’atteignaient pas le seuil minimum de gravité pour tomber sous le coup de l’article 3 de la Convention.
2. Le requérant
24. Le requérant se plaint des restrictions prévues par l’article 41 bis de la loi sur l’administration pénitentiaire et d’avoir été placé dans un secteur réservé de la prison dans une situation d’isolement. Il soutient que ces conditions de détention sont insupportables.
25. Le requérant conteste l’affirmation du Gouvernement selon laquelle son isolement n’aurait duré que quatre mois. Il observe qu’il a subi et continue à subir des restrictions depuis la date de son arrestation, survenue le 24 juin 1995.
26. Le requérant affirme également que ni lui ni son conseil n’ont pu obtenir une copie de la circulaire prévoyant la mise en place du secteur réservé. Il n’a jamais reçu communication de la décision de placement. Il en déduit qu’il n’y a pas de base légale pour son placement dans le secteur réservé. Si l’imposition du régime spécial de détention se fonde sur une base légale claire, à savoir l’article 41 bis de la loi sur l’administration pénitentiaire, il en va autrement pour l’affectation au secteur réservé. En se référant à la « marge d’autonomie » des autorités, le Gouvernement essaye en réalité de justifier des conditions inhumaines, qui ont privé le requérant des droits reconnus aux autres détenus.
B. Appréciation de la Cour
27. La Cour n’estime pas nécessaire de se pencher sur les exceptions du Gouvernement, tirées du non-épuisement des voies de recours internes et de la tardiveté d’une partie des allégations du requérant. En effet, à supposer même que le requérant ait satisfait aux obligations qui lui incombent aux termes de l’article 35 § 1 de la Convention, ce grief est de toute manière irrecevable, pour les raisons suivantes.
28. L’article 3 de la Convention consacre l’une des valeurs fondamentales des sociétés démocratiques. Même dans les circonstances les plus difficiles, telles que la lutte contre le terrorisme et le crime organisé, la Convention prohibe en termes absolus la torture et les peines ou traitements inhumains ou dégradants. L’article 3 ne prévoit pas de restrictions, en quoi il contraste avec la majorité des clauses normatives de la Convention et des Protocoles no 1 et 4 et, conformément à l’article 15 § 2, il ne souffre nulle dérogation, même en cas de danger public menaçant la vie de la nation (Labita c. Italie [GC], no 26772/95, § 119, CEDH 2000-IV ; Selmouni c. France [GC], no 25803/94, § 95, CEDH 1999-V ; Assenov et autres c. Bulgarie, arrêt du 28 octobre 1998, Recueil des arrêts et décisions 1998-VIII, p. 3288, § 93). La prohibition de la torture ou des peines ou traitements inhumains ou dégradants est absolue, quels que soient les agissements de la victime (Chahal c. Royaume-Uni, arrêt du 15 novembre 1996, Recueil 1996-V, p. 1855, § 79). La nature des infractions reprochées au requérant est donc dépourvue de pertinence pour l’examen sous l’angle de l’article 3.
29. Un mauvais traitement doit atteindre un minimum de gravité pour tomber sous le coup de l’article 3 de la Convention. L’appréciation de ce minimum est relative par essence ; elle dépend de l’ensemble des données de la cause, et notamment de la durée du traitement, de ses effets physiques et mentaux ainsi que, parfois, du sexe, de l’âge et de l’état de santé de la victime (voir, entre autres, Price c. Royaume-Uni, no 33394/96, § 24, CEDH 2001-VII ; Mouisel c. France, no 67263/01, § 37, CEDH 2002-IX ; Jalloh c. Allemagne [GC], no 54810/00, § 67, 11 juillet 2006).
30. Dans d’autres requêtes dirigées contre l’Italie, la Cour s’est posée la question de savoir si l’application prolongée de l’article 41bis constituait une violation de l’article 3. Elle a, à plusieurs reprises, estimé que le régime spécial prévu à l’article 41bis précité, qui comporte un simple isolement social relatif, ne constitue pas, en soi, un traitement inhumain ou dégradant (Attanasio c. Italie (déc.), no 15619/04, § 48, 13 novembre 2007, et Indelicato c. Italie (déc.), no 31143/96, 6 juillet 2000). Rien ne permet de s’écarter de ces conclusions en la présente espèce.
31. De plus, dans les affaires Gallico (no 53723/00, §§ 20-23, 28 juin 2005) et Campisi (no 24358/02, §§ 37-41, 11 juillet 2006), eu égard aux arguments invoqués pour justifier le maintien des limitations imposées aux requérants, elle a estimé que l’application du régime spécial pour des durées de douze et cinq ans respectivement n’avait pas entraîné des souffrances ou humiliations allant au-delà de celles que comporte inévitablement une forme donnée de traitement – en l’espèce prolongé – ou de peine légitime. Aux yeux de la Cour, la même conclusion s’impose en la présente espèce, où la soumission du requérant au régime incriminé a débuté le 10 juillet 1995 (voir aussi, mutatis mutandis, Schiavone c. Italie (déc.), no 65039/01, 13 novembre 2007).
32. La Cour note en outre que la décision de placer le requérant dans un secteur réservé était amplement et rationnellement justifiée. Les considérations concernant le régime de détention spécial s’appliquent au placement dans un secteur réservé de la prison dans la mesure où ce dernier ne comporte aucune restriction supplémentaire en comparaison avec le régime 41bis sauf l’interdiction d’entrer en contact avec les détenus des autres secteurs de la prison (Attanasio, décision précitée, § 55).
33. Pour ce qui est de l’isolement dénoncé par le requérant, la Cour rappelle que l’isolement sensoriel complet combiné à un isolement social total peut détruire la personnalité et constitue une forme de traitement inhumain qui ne saurait se justifier par les exigences de la sécurité ou toute autre raison. En revanche, l’interdiction de contacts avec d’autres détenus pour des raisons de sécurité, de discipline et de protection ne constitue pas en elle-même une forme de peine ou traitement inhumains (Öcalan c. Turquie [GC], no 46221/99, § 191, CEDH 2005-IV, et Ramirez Sanchez c. France [GC], no 59450/00, § 123, 4 juillet 2006).
34. En l’espèce, le Gouvernement affirme que le requérant a été placé dans le secteur réservé le 18 septembre 1998 et que, depuis le 23 janvier 1999, il purge sa peine avec d’autres détenus (paragraphes 18 et 22 ci-dessus). Le requérant n’a pas contesté cette affirmation et n’a pas produit des éléments pour la démentir. Dès lors, la Cour considère que l’isolement subi par l’intéressé n’a duré que quatre mois et cinq jours. Durant cette période, l’intéressé a continué à recevoir les visites des membres de sa famille et de son avocat (voir, mutatis mutandis, Ramirez Sanchez précité, § 131). Compte tenu de la durée du traitement dénoncé, ainsi que de l’attitude des autorités italiennes, qui ont pris le soin de placer d’autres détenus dans le secteur réservé de la prison, la Cour estime que l’isolement, partiel et relatif, auquel le requérant a dû faire face n’a pas atteint le niveau de gravité nécessaire pour tomber sous le coup de l’article 3 de la Convention (voir, mutatis mutandis, Schiavone, décision précitée, où la Cour a estimé non contraire à cette disposition un isolement de facto ayant duré presque huit mois).
35. A la lumière des considérations qui précèdent, la Cour ne saurait déceler aucune apparence de violation de l’article 3 de la Convention.
36. Il s’ensuit que ce grief est manifestement mal fondé et doit être rejeté en application de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
III. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 8 DE LA CONVENTION EN RAISON DES RESTRICTIONS AUX VISITES DES MEMBRES DE LA FAMILLE DU REQUÉRANT
37. Le requérant considère que les restrictions imposées aux visites des membres de sa famille ont porté atteinte à son droit au respect de sa vie familiale.
Ce grief se prête à être analysé sous l’angle de l’article 8 de la Convention, ainsi libellé :
« 1. Toute personne a droit au respect de sa vie privée et familiale, de son domicile et de sa correspondance.
2. Il ne peut y avoir ingérence d’une autorité publique dans l’exercice de ce droit que pour autant que cette ingérence est prévue par la loi et qu’elle constitue une mesure qui, dans une société démocratique, est nécessaire à la sécurité nationale, à la sûreté publique, au bien-être économique du pays, à la défense de l’ordre et à la prévention des infractions pénales, à la protection de la santé ou de la morale, ou à la protection des droits et libertés d’autrui. »
38. Le Gouvernement conteste cette thèse. Se référant aux observations qu’il a développées sous l’angle de l’article 3 de la Convention, il allègue que ni l’application du régime prévu à l’article 41bis de la loi sur l’administration pénitentiaire ni l’affectation au secteur réservé n’ont privé le requérant de contacts avec sa famille ou ses proches. Toute ingérence dans la vie privée et familiale du requérant était justifiée par des exigences de sécurité et prévention découlant de l’« envergure criminelle » de l’intéressé.
39. La Cour rappelle qu’elle a déjà eu à statuer sur le fait de savoir si les restrictions prévues par l’application de l’article 41bis en matière de vie privée et familiale de certains détenus constituent une ingérence justifiée par le paragraphe 2 de l’article 8 (Messina c. Italie (no 2), no 25498/94, §§ 59-74, CEDH 2000-X, et Indelicato, décision précitée).
40. Ces restrictions tendent à couper les liens existant entre la personne concernée et son milieu criminel d’origine, afin de minimiser le risque de voir utiliser les contacts personnels de ces détenus avec les structures des organisations criminelles de ce milieu.
41. Avant l’introduction du régime spécial, bon nombre de détenus dangereux réussissaient à garder leur position au sein de l’organisation criminelle à laquelle ils appartenaient, à échanger des informations avec les autres détenus et avec l’extérieur ainsi qu’à organiser et faire exécuter des infractions pénales. Dans ce contexte, la Cour estime que, compte tenu de la nature spécifique du phénomène de la criminalité organisée, notamment de type mafieux, et du fait que bien souvent les visites familiales ont été le moyen de transmission d’ordres et d’instructions vers l’extérieur, les restrictions, certes importantes, aux visites et les contrôles qui en accompagnent le déroulement ne sauraient passer pour disproportionnées par rapport aux buts légitimes poursuivis (Salvatore c. Italie (déc.), no 37827/97, 9 janvier 2001).
42. La Cour a également eu à se pencher sur la question de savoir si l’application prolongée de ce régime à un détenu enfreint le droit garanti par l’article 8 de la Convention. Dans l’affaire Gallico précitée, elle a estimé utile de préciser qu’elle ne voyait pas de méconnaissance de cette disposition en raison du simple écoulement du temps. Dans le cas d’espèce, la Cour observe que le requérant est soumis au régime spécial depuis juillet 1995 et qu’à chaque renouvellement, le ministre de la Justice a pris en compte des informations attestant que le requérant demeurait une personne dangereuse. La Cour se réfère aussi à la décision d’irrecevabilité partielle dans l’affaire Bastone c. Italie (no 59638/00, 10 janvier 2005), dans laquelle la Cour a examiné et rejeté ce type de grief sur le terrain des articles 3 et 8 de la Convention.
43. Enfin, elle note que, en l’espèce, les considérations qui précèdent s’appliquent aussi aux détenus affectés à un secteur réservé de la prison dans la mesure où il n’est pas démontré qu’une telle affectation entraine des limitations différentes de celles imposées aux détenus sous le régime 41bis de la loi sur l’administration pénitentiaire (Attanasio, décision précitée, § 64).
44. En conclusion, la Cour estime que les restrictions au droit du requérant au respect de sa vie familiale ne sont pas allées au-delà de ce qui, aux termes de l’article 8 § 2, est nécessaire, dans une société démocratique, à la sûreté publique, à la défense de l’ordre et à la prévention des infractions pénales (Attanasio, décision précitée, § 65).
IV. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 8 DE LA CONVENTION EN RAISON DU CONTRÔLE DE LA CORRESPONDANCE DU REQUÉRANT
45. Le requérant se plaint du contrôle de sa correspondance. Il invoque l’article 8 de la Convention.
46. Le Gouvernement conteste cette thèse.
A. Sur la recevabilité
47. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. La Cour relève par ailleurs que ce grief ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
A. Sur le fond
48. Le Gouvernement observe tout d’abord que, la requête ayant été introduite le 15 avril 2004, toute mesure adoptée avant le 15 octobre 2003 échappe à la compétence de la Cour. Pour ce qui est des décisions successives, le juge d’application des peines a ordonné le contrôle de la correspondance du requérant conformément à l’article 18 de la loi sur l’administration pénitentiaire. Or, la Cour a estimé que cette disposition ne constituait pas une base légale suffisante aux sens de la Convention.
49. Le Gouvernement demande à la Cour de reconsidérer sa jurisprudence et d’avoir égard « aux caractères des décisions qui concrètement imposent le contrôle de la correspondance dans chaque cas donné ». En l’occurrence, les décisions du juge d’application des peines avaient « toutes les caractéristiques requises par la jurisprudence européenne ».
50. La Cour note d’emblée qu’une décision ordonnant le contrôle de la correspondance du requérant a été adoptée le 23 juin 2004. De plus, le Gouvernement signale qu’une autre décision a été prise le 3 décembre 2003. Dès lors, la requête, introduite le 15 avril 2004, ne saurait être considérée tardive quant à ce grief.
51. De toute évidence, il y a eu « ingérence d’une autorité publique » dans l’exercice du droit du requérant au respect de sa correspondance garanti par l’article 8 § 1. Pareille ingérence méconnaît cette disposition sauf si, « prévue par la loi », elle poursuit un ou des buts légitimes au regard du paragraphe 2 et, de plus, est « nécessaire, dans une société démocratique » pour les atteindre (voir, parmi beaucoup d’autres, Calogero Diana c. Italie, arrêt du 15 novembre 1996, Recueil 1996-V, p. 1775, § 28 ; Domenichini c. Italie, arrêt du 15 novembre 1996, Recueil 1996-V, p. 1799, § 28 ; Labita précité, § 179).
52. La Cour relève que le contrôle de la correspondance du requérant a été ordonné par le juge d’application des peines, au sens de l’article 18 de la loi sur l’administration pénitentiaire (paragraphe 11 ci-dessus). Or, la Cour a déjà constaté à maintes reprises que le contrôle de la correspondance fondé sur cette disposition méconnaît l’article 8 de la Convention car il n’est pas « prévu par la loi » dans la mesure où celle-ci ne réglemente ni la durée des mesures de contrôle de la correspondance des détenus, ni les motifs pouvant les justifier, et n’indique pas avec assez de clarté l’étendue et les modalités d’exercice du pouvoir d’appréciation des autorités compétentes dans le domaine considéré (voir, entre autres, Labita précité, §§ 175-185). Elle ne voit pas de raison de s’écarter en l’espèce d’une jurisprudence qui vise à permettre à chaque détenu de jouir du degré minimal de protection voulu par la prééminence du droit dans une société démocratique (Calogero Diana précité, p. 1776, § 33, et Campisi c. Italie, no 24358/02, § 50, 11 juillet 2006).
53. A la lumière de ce qui précède, la Cour constate que le contrôle de la correspondance du requérant n’était pas « prévu par la loi » au sens de l’article 8 de la Convention. Cette conclusion rend superflu de vérifier en l’espèce le respect des autres exigences de la même disposition.
54. La Cour prend acte, au demeurant, de l’entrée en vigueur de la loi no 95/2004, qui a modifié la loi sur l’administration pénitentiaire. Elle souligne cependant que la loi en question, qui a pu s’appliquer uniquement à la décision prise le 23 juin 2004, ne permet pas de redresser la violation ayant eu lieu antérieurement à son entrée en vigueur, et notamment celle réalisée par la décision du 3 décembre 2003 (Argenti c. Italie, no 56317/00, § 38, 10 novembre 2005).
55. Il y a donc eu violation de l’article 8 de la Convention.
V. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
56. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
57. Le requérant réclame 136 150 euros (EUR) au titre du préjudice qu’il aurait subi. Il observe avoir été « injustement » détenu pendant 3 890 jours et estime avoir droit à la somme de 35 EUR par jour.
58. Le Gouvernement estime que la somme sollicitée par le requérant est manifestement exorbitante et prie la Cour de dire que le constat de violation constitue une satisfaction équitable suffisante.
59. La Cour n’aperçoit pas de lien de causalité entre la violation constatée et un éventuel dommage matériel et rejette cette demande. Elle rappelle par ailleurs avoir conclu que les conditions de la détention du requérant n’étaient pas contraires à l’article 3 de la Convention. La Cour estime que dans les circonstances de l’espèce, le constat de violation de l’article 8 en raison du contrôle de sa correspondance suffit par lui-même à compenser le préjudice moral subi par le requérant.
B. Frais et dépens
60. L’avocat du requérant a également transmis une note d’honoraires s’élevant à 11 540 EUR et couvrant les frais et dépens encourus devant la Cour.
61. Le Gouvernement observe que le requérant n’a pas explicitement demandé un remboursement des frais, s’étant borné à joindre une note d’honoraires. En tout état de cause, la somme réclamée est excessive.
62. La Cour estime que la note d’horaires que le représentant du requérant a fait parvenir au greffe peut s’analyser en une demande de remboursement des frais. Cependant, selon sa jurisprudence constante, l’allocation des frais et dépens exposés par le requérant ne peut intervenir que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux (Belziuk c. Pologne, arrêt du 25 mars 1998, Recueil 1998-II, p. 573, § 49). Or, la Cour juge excessif le montant sollicité pour les frais et dépens afférents à la procédure devant elle et décide d’octroyer 4 000 EUR de ce chef.
C. Intérêts moratoires
63. La Cour juge approprié de baser le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré du contrôle de la correspondance du requérant et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 8 de la Convention en raison du contrôle de la correspondance du requérant ;
3. Dit que ce constat de violation fournit en lui-même une satisfaction équitable suffisante pour le dommage moral subi par le requérant ;
4. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, 4 000 EUR (quatre mille euros) pour frais et dépens, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ce montant sera à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 15 janvier 2008 en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Sally Dollé Françoise Tulkens
Greffière Présidente

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