Conclusione Violazione di P1-1; Danno materiale – decisione riservata; Danno giuridico – decisione riservata
SECONDA SEZIONE
CAUSA AVELLAR CORDEIRO ZAGALLO C. PORTOGALLO
( Richiesta no 30844/05)
SENTENZA
STRASBURGO
13 gennaio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Avellar Cordeiro Zagallo c. Portogallo,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 9 dicembre 2008,
Rende la sentenza che ha, adottata in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 30844/05) diretta contro la Repubblica portoghese e in cui due cittadini di questo Stato, Sigg. F. G. di A. C. Z. e P. M. di A. C. Z. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte rispettivamente il 12 agosto 2005 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”). Con una lettera del 1 ottobre 2007, il consigliere dei richiedenti ha informato la Corte del fatto che il secondo richiedente era deceduto, l’ 11 aprile 2007. Il procedimento riguardante la presente richiesta è dunque proseguito a nome di suo fratello e unico erede, il primo richiedente. Per ragioni di ordine pratico, la presente sentenza continuerà a riferirsi ai “richiedenti”, sebbene occorra oggi attribuire questa qualità solo al primo richiedente.
2. I richiedenti sono rappresentati da J.A. F. di B., avvocato a Lisbona. Il governo portoghese (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig. J. Miguel, procuratore generale aggiunto.
3. I richiedenti adducevano essere stati privati della loro proprietà senza avere ricevuto indennizzo.
4. Il 10 luglio 2007, la presidentessa della seconda sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il primo richiedente è nato nel 1957 e ha risieduto ad Oeiras (Portogallo). Il secondo richiedente, nato NEL 1949 e deceduto nel 2007, risiedeva anche ad Oeiras.
A. L’espropriazione ed l’ ulteriore procedimento
6. I richiedenti erano -con loro madre, deceduta il 20 dicembre 1999-i soli eredi del loro padre, deceduto il 2 luglio 1992. Il padre dei richiedenti era proprietario di 1/5 di due terreni, di una superficie totale di 475 ettari circa che sono stati espropriati da un’ordinanza ministeriale no 579/75 del 24 settembre 1975, nella cornice della legislazione generale relativa alla riforma agraria in Portogallo. La legislazione in causa contemplava, tra l’altro, che i proprietari potessero, in certe condizioni, esercitare il loro diritto di “riserva” (direito de riserva) su una parte dei terreni per proseguirvi le loro attività agricole. Contemplava l’indennizzo degli interessati. L’importo, il termine e le condizioni di pagamento di tale indennizzo restavano a definire.
7. Il 15 giugno 1979 e il 12 aprile 1983, lo stato accordò a titolo di diritto di riserva la totalità dei due terreni ad uno degli altri quattro comproprietari, R.S, il fratello del padre dei richiedenti e zio di questi ultimi. Secondo i richiedenti, questi atti del 15 giugno 1979 e del 12 aprile 1983 non furono notificati al loro padre; sempre secondo i richiedenti, gli altri comproprietari si opposero alla concessione del diritto di riserva in questione.
8. Il 9 novembre 1981 e il 6 dicembre 1988, R.S. iscrisse a suo nome la totalità dei due terreni in causa al catasto fondiario.
9. A seguito delle lamentele degli altri comproprietari, i servizi del ministero dell’agricoltura redassero parecchie note di informazione all’intenzione del segretario di stato all’agricoltura.
10. La prima di queste note proveniva dalla direzione regionale dell’Alentejo del ministero dell’agricoltura. Datata 22 agosto 1989, questa nota sosteneva che doveva essere proposto al padre dei richiedenti l’esercizio del suo diritto di riserva su un altro terreno il cui proprietario era stato, fino alla data dell’espropriazione, R.S. Nessun seguito fu dato a questa nota.
11. In un’altra nota del 15 febbraio 1991, un giurista del ministero dell’agricoltura constatò che i due terreni non avrebbero dovuto essere oggetto di espropriazione, perché non assolvevano ai criteri stabiliti dalla legislazione pertinente. Raccomandò dunque l’annullamento degli atti di espropriazione.
12. In un’altra nota dello stesso giurista, datata 22 aprile 1991, fu constatato che avevano avuto luogo delle inesattezze riguardando la concessione del diritto di “riserva.” Questo giurista considerò che l’amministrazione non potesse ritornare indietro, essendo stati creati dei diritti nella sfera giuridica dell’interessato. Sottolineò che gli altri interessati avrebbero avuto la possibilità di mettere in opera i “mezzi di difesa adeguata”, ivi compreso dinnanzi alle giurisdizioni civili, per fare valere i loro diritti. Il 6 maggio 1991, il segretario di stato appose su questa nota la menzione “d’ accordo” ed ordinò ai servizi di preparare un’ordinanza di annullamento dell’espropriazione.
13. Con un’ordinanza ministeriale no 208/91, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 6 luglio 1991, il segretario di stato all’agricoltura annullò l’espropriazione ed ordinò la devoluzione dei terreni in causa ai comproprietari, designati per nome.
14. Il 18 luglio 1991, il padre dei richiedenti chiese al ministro dell’agricoltura la devoluzione effettiva dei terreni che non aveva avuto ancora luogo, essendo occupati i terreni da R.S. Secondo i richiedenti, l’amministrazione non diede seguito a questa istanza, adducendo di non potersi immischiare in un conflitto tra semplici individui.”
15. I richiedenti ricevettero un’indennità per la privazione temporanea del diritto di proprietà dei due terreni, tra gli anni 1975 e 1983, degli importi rispettivamente di 192,87 euro (EUR) e 196,67 EUR. Non ricevettero nessuna indennità per la privazione definitiva del diritto di proprietà né per l’estrazione di sughero che aveva avuto luogo sui terreni.
B. Il procedimento dinnanzi alle giurisdizioni civili
16. Il 16 giugno 1993, i richiedenti e loro madre, deceduta in seguito (vedere sopra il paragrafo 6), introdussero dinnanzi al tribunale di Arraiolos un’azione di rivendicazione della proprietà dei terreni in causa contro R.S. Lo stato fu citato anche a comparire in quanto convenuto a seguito di una domanda di intervento forzato formulata dai richiedenti.
17. Con un giudizio del 5 maggio 1998, il tribunale respinse la domanda. Considerò in particolare che la concessione del diritto di “riserva” aveva per effetto di trasmettere il diritto di proprietà sul bene in questione. In data dell’annullamento dell’espropriazione, i terreni appartenevano a R.S che dunque aveva già acquisito ad ogni modo il primo di questi terreni a seguito dell’intervento della prescrizione acquisitiva.
18. Su ricorso dei richiedenti, la corte di appello di Évora, con una sentenza del 1 maggio 1999, annullò il giudizio intrapreso, considerando che a seguito dell’annullamento dell’espropriazione i richiedenti erano diventati proprietari di 1/5 dei terreni in causa. I convenuti non avrebbero potuto basarsi sulla concessione erronea del diritto di “riserva.” La corte di appello ordinò di conseguenza l’annullamento di tutti i registri al catasto fondiario e la devoluzione della parte dei terreni in questione. Condannò infine R.S a versare ai richiedenti un indennizzo corrispondente a 1/5 dei frutti prodotti dai terreni in causa durante il periodo riguardato.
19. R.S. ricorse in cassazione dinnanzi alla Corte suprema. Con una sentenza del 17 febbraio 2000, l’alta giurisdizione accolse il ricorso e confermò la decisione del tribunale di Arraiolos, sottolineando in particolare che la dichiarazione di annullamento dell’espropriazione non potrebbe colpire le situazioni giuridiche già costituite in data della decisione. Per la Corte suprema, gli atti di concessione del diritto di riserva non “essendo stati attaccati in contenzioso nel foro adeguato”, si erano consolidati nell’ordine giuridico.
C. Il procedimento dinnanzi alle giurisdizioni amministrative
20. Il 23 ottobre 2002, i richiedenti introdussero dinnanzi al tribunale amministrativo di Lisbona un’azione di riconoscenza del diritto di proprietà contro il ministero dell’agricoltura e R.S. Fecero valere di non disporre di nessuno altro mezzo procedurale per ottenere la riconoscenza del loro diritto di proprietà su 1/5 dei terreni in questione e sottolinearono che era il ministero stesso, nella sentenza ministeriale no 208/91 che determinava la devoluzione dei terreni a tutti i comproprietari.
21. Con un giudizio del 15 luglio 2004, il tribunale amministrativo si dichiarò incompetente, stimando che nessuna questione di dritto pubblico era in causa, essendo la controversia di natura privata.
22. Con una sentenza del 24 febbraio 2005, la Corte suprema amministrativa confermò questo giudizio.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
23. La sentenza Almeida Garrett, Mascarenhas Falcão ed altri c. Portogallo, numeri 29813/96 e 30229/96, CEDH 2000-I, descrisse, nei suoi paragrafi 31 a 37, il diritto e le pratica interna pertinenti in materia di riforma agraria.
24. Trattandosi in particolare del diritto di “riserva”, la legislazione pertinente permetteva agli interessati di restare in possesso di una parte dei loro terreni. La legge-quadro no 77/77 del 29 settembre 1977, ricadendo sulle basi generali della riforma agraria, modificò le condizioni del diritto di riserva e stabilì che gli interessati godevano, in certe condizioni, del diritto di proprietà sui terreni che erano oggetto di suddetto diritto di riserva (articolo 38). Questi terreni non potevano corrispondere però a quelli resi oggetto dell’espropriazione (articolo 35). Infine, era possibile trattare in una sola pratica-e come uno solo titolare dell’indennizzo-i casi di comproprietà (articolo 32).
25. Una nuova legge-quadro concernente la riforma agraria-la legge no 109/88 del 26 settembre 1988-modificò ancora le condizioni del diritto di riserva, precisando che il beneficiario godeva del diritto di proprietà come esistente in data dell’espropriazione o dell’occupazione (articolo 14).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
26. I richiedenti si lamentano della privazione di proprietà della parte dei terreni in causa per la quale non hanno ricevuto nessuno indennizzo, anche se lo stato stesso ha riconosciuto l’illegalità dell’espropriazione e la concessione erronea del diritto di riserva ad uno solo dei comproprietari. Vedono una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
27. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
1. Sull’esaurimento delle vie di ricorso interne
28. Il Governo solleva da prima un’eccezione derivata dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne. Sottolinea che i richiedenti avrebbero dovuto attaccare gli atti statali che avevano accordato il diritto di riserva a R.S. dinnanzi ai tribunali amministrativi. Si trattava difatti di un ricorso efficace ed accessibile agli interessati. Come la Corte suprema ha detto lei stessa nella sua sentenza del 17 febbraio 2000, l’azione civile introdotta dai richiedenti non potrebbe costituire un ricorso adeguato a risanare la violazione addotta.
29. I richiedenti contestano questa tesi. Sottolineano in particolare che gli atti in causa, pronunciati sotto l’impero della legge no 77/77 (vedere sopra il paragrafo 24), non erano suscettibili di essere contestati da loro padre che non ha ricevuto del resto mai a questo riguardo nessuna notificazione formale dell’amministrazione.
30. La Corte ricorda che ai termini dell’articolo 35 § 1 della Convenzione non può essere investita che dopo l’esaurimento delle vie di ricorso interne. Ogni richiedente deve dare alle giurisdizioni interne l’occasione che questa disposizione ha per finalità di predisporre in principio agli Stati contraenti: evitare o risanare le violazioni addotte contro essi (vedere, per esempio, Cardot c. Francia, sentenza del 19 marzo 1991, serie A no 200, p. 19, § 36). Il richiedente deve fare inoltre verosimilmente un uso normale dei ricorsi interni efficaci e sufficienti. Quando una via di ricorso è stata utilizzata, l’uso di un’altra via il cui scopo è praticamente lo stesso non viene richiesto (Moreira Barbosa c. Portogallo, (déc.), no 65681/01, CEDH 2004-V (brani)).
31. L’articolo 35 § 1 della Convenzione prescrive tuttavia l’esaurimento solo di ricorsi al tempo stesso relativi alle violazioni incriminate, disponibili ed adeguati. Questi ricorsi devono esistere ad un grado sufficiente di certezza, non solo in teoria ma anche in pratica, altrimenti manca loro l’effettività e l’accessibilità volute; incombe sullo stato convenuto di dimostrare che queste esigenze si trovano riunite (vedere, tra molti altri, le sentenze Vernillo c. Francia del 20 febbraio 1991, serie A no 198, § 27, e Dalia c. Francia del 19 febbraio 1998, Raccolta delle sentenze e decisioni 1998-I, § 38.
32. Nello specifico, la Corte constata da prima che non è chiaro se il padre dei richiedenti beneficiava, alla luce della legislazione dell’epoca ed in un momento in cui l’espropriazione non era stata ancora annullata, della possibilità di attaccare gli atti di concessione del diritto di riserva in causa dinnanzi ai tribunali amministrativi. Rileva a questo riguardo che il Governo non è stato in grado di presentare un solo esempio giurisprudenziale concernente situazioni similari.
33. Sottolinea poi che i richiedenti hanno provato ad ottenere risarcimento del danno subito dinnanzi alle giurisdizioni civili. A questo riguardo, la Corte non potrebbe accettare l’argomento del Governo secondo il quale l’azione civile in causa non sarebbe un ricorso adeguato. Rileva che la questione sollevata dai richiedenti era controversa e che anche se la Corte suprema ha respinto alla fine l’istanza, la corte di appello, per esempio, ha deliberato a loro favore (vedere sopra il paragrafo 18). Infine, i richiedenti non hanno mancato di provare ancora ad ottenere risarcimento dinnanzi alle giurisdizioni amministrative.
34. In queste condizioni, la Corte conclude che il richiedente ha fatto un uso normale delle vie di ricorso disponibili in diritto portoghese per ottenere la correzione della violazione addotta.
35. La Corte dunque respinge l’eccezione del Governo.
2. Sulla qualità di vittima
36. Il Governo sostiene poi che i richiedenti non rivestono la qualità di vittime di una violazione della Convenzione. Rileva a questo riguardo che l’amministrazione ha proposto ai richiedenti la concessione di un diritto di riserva su altri terreni, il che avrebbe permesso loro di beneficiare del diritto di proprietà sui terreni in causa in seguito. Non avendo i richiedenti accettato questa proposta, non potrebbero venire adesso a lamentarsi del difetto di indennizzo.
37. I richiedenti sottolineano che la pretesa proposta menzionata dal Governo non ha prodotto mai degli effetti giuridici: l’informazione della direzione regionale dell’Alentejo del ministero dell’agricoltura del 22 agosto 1989 non è stata oggetto di nessuna decisione ministeriale (vedere sopra il paragrafo 10). I richiedenti considerano a questo riguardo che era a buono diritto che nessuno seguito fosse stato dato a questa proposta che sarebbe stata giuridicamente impossibile, alla vista delle disposizioni della legge no 109/88, applicabile al momento in cui era stata formulata.
38. La Corte ricorda che una decisione o una misura favorevole al richiedente basta in principio a togliergli la qualità di “vittima” solo se “le autorità nazionali hanno riconosciuto, esplicitamente o in sostanza, poi riparato, la violazione della Convenzione” (Chevrol c. Francia, no 49636/99, § 36, CEDH 2003-III). Nello specifico, è si è obbligati a constatare che le autorità nazionali non hanno mai riconosciuto e ancora meno riparato la violazione addotta. I richiedenti possono definirsi “vittime” di una violazione dunque, essendo non fondata l’eccezione sollevata a questo riguardo dal Governo.
39. La Corte constata infine che la richiesta non è manifestamente mal fondata al senso dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e che incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
40. I richiedenti si lamentano di non avere ricevuto nessuno indennizzo per la privazione di proprietà della parte dei terreni in causa, anche se lo stato ha riconosciuto l’illegalità dell’espropriazione e la concessione erronea del diritto di riserva ad uno solo dei comproprietari.
41. Il Governo rileva da prima che l’amministrazione non ha avuto nessuno comportamento illegale. Difatti, la legge applicabile all’epoca permetteva di concedere il diritto di riserva ad una sola persona nei casi di comproprietà. Quando è stato constatato che non era più possibile ritornare ai richiedenti i terreni in causa, l’amministrazione ha proposto loro la concessione del diritto di riserva su altri terreni similari. Avendo i richiedenti rifiutato però questa proposta, devono sopportare la responsabilità della loro scelta. Ad ogni modo, il Governo sottolinea che i richiedenti hanno ricevuto un indennizzo per la privazione temporanea del godimento del bene in causa, calcolato ai termini della legislazione pertinente in materia.
42. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza, l’articolo 1 del Protocollo no 1 che garantisce in sostanza il diritto di proprietà, contiene tre norme distinte (vedere, in particolare, James ed altri c. Regno Unito, sentenza del 21 febbraio 1986, serie A no 98, pp. 29-30, § 37): la prima che si esprime nella prima frase del primo capoverso e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della proprietà; la seconda, figurando nella seconda frase dello stesso capoverso, prevede la privazione di proprietà e la sottopone a certe condizioni; in quanto alla terza, registrata nel secondo capoverso, riconosce agli Stati contraenti il potere, tra altri, di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale. La seconda e la terza norma che hanno fatto riferimento ad esempi particolari di attentati al diritto di proprietà, si devono interpretare alla luce del principio consacrato dalla prima (Bruncrona c. Finlandia, no 41673/98, §§ 65-69, 16 novembre 2004, e Broniowski c. Polonia [GC], no 31443/96, § 134, CEDH 2004-V).
43. Nello specifico, non è contestato che l’ingerenza nei beni dei richiedenti dipende dalla seconda frase del primo capoverso, essendo stati privati i richiedenti della loro proprietà. Nessuno contesta neanche che l’espropriazione in causa ed l’ulteriore procedimento concernente questa ultima aveva una base legale. Infine, l’utilità pubblica dell’intervento dello stato sui terreni del padre dei richiedenti, così come la politica generale dello stato convenuto in materia di riforma agraria in Portogallo, non ha suscitato controversia (vedere, a questo riguardo, Almeida Garrett, Mascarenhas Falcão ed altri, precitata, § 53).
44. Resta da esaminare se la misura controversa rispetta il giusto equilibrio voluto e, in particolare, se non fa pesare sui richiedenti un carico sproporzionato. A questo riguardo, la Corte ha già detto che, senza il versamento di una somma ragionevolmente in rapporto col valore del bene, una privazione di proprietà costituisce normalmente un attentato eccessivo, ed una mancanza totale di indennizzo si potrebbe giustificare sul terreno dell’articolo 1 del Protocollo no 1 solo in circostanze eccezionali (Jahn ed altri c. Germania [GC], numeri 46720/99, 72203/01 e 72552/01, § 111, CEDH 2005-VI; I Santi Monasteri c. Grecia, sentenza del 9 dicembre 1994, serie A no 301-a, p. 35, § 71.
45. La Corte ricorda a questo riguardo che all’epoca dell’annullamento dell’espropriazione controversa, il segretario di stato all’agricoltura ordinò la devoluzione dei terreni ai differenti comproprietari, per nomi designati. Trattandosi dei richiedenti, tuttavia, questa devoluzione non ha potuto avere luogo, essendo i terreni registrati già a nome di uno dei comproprietari che li aveva ricevuti nella cornice dell’esercizio del suo diritto di riserva. Il Governo ha avanzato due ragioni principali che giustificherebbero la mancanza di un indennizzo a favore dei richiedenti per la perdita definitiva dei beni: i richiedenti avrebbero rifiutato i terreni proposti dall’amministrazione a titolo del diritto di riserva ed avrebbero ricevuto un indennizzo per la mancanza di godimento dei beni in causa durante il periodo di espropriazione.
46. Trattandosi del primo di questi motivi, la Corte non esclude che, in certe circostanze, un’offerta, da parte delle autorità competenti, di un bene similare a quello di cui l’interessato si è visto privato, possa costituire un giusto indennizzo. Ancora occorre che tale offerta rivesta un carattere serio e che provenga da un’autorità che abbia potere decisionale. Nel caso in cui tali condizioni siano riunite, la Corte potrebbe essere portata ad esaminare se il rifiuto di tale offerta da parte degli interessati sia irragionevole. Tuttavia, nello specifico, è lontano da essere stabilito che queste condizioni si sono verificate. Così, il solo documento ufficiale in cui è menzionato che i richiedenti potrebbero ricevere dei terreni similari a quelli che sono stati oggetto di espropriazione è l’informazione della direzione regionale dell’Alentejo del ministero dell’agricoltura del 22 agosto 1989. Tuttavia, nessun seguito è stato dato a questa nota (vedere sopra il paragrafo 10). Non appartiene alla Corte di speculare sulla questione di sapere se la proposta del 22 agosto 1989 in causa rispettava o meno il diritto interno applicabile all’epoca. Gli basta constatare che tale proposta non riuniva le condizioni che permettono di considerarla ragionevolmente come costituente un giusto indennizzo in rapporto col valore dei beni che sono stati oggetto dell’espropriazione.
47. Trattandosi dell’indennizzo versato ai richiedenti per la privazione temporanea del diritto di proprietà, la Corte constata che la somma in causa è stata versata ai richiedenti in applicazione della legislazione applicabile in materia di riforma agraria alle persone che hanno ricevuto in ritorno la totalità o una parte dei terreni in causa, mediante l’esercizio del diritto di riserva (vedere a questo riguardo Almeida Garrett Mascarenhas Falcão ed altri, precitata, § 35). Non è il caso dei richiedenti che non ricevettero i loro terreni in ritorno, ragione per la quale la somma in questione è stata solamente rispettivamente di 192,87 euro (EUR) e 196,67 EUR per ciascuno dei due terreni (vedere sopra il paragrafo 15). Neanche queste somme potrebbero essere ragionevolmente in rapporto col valore dei beni.
48. Il Governo non ha avanzato nessuna altra circostanza eccezionale che possa giustificare la mancanza totale di tale indennizzo. La Corte non ne ha neanche scoperte.
49. Questi elementi bastano alla Corte per concludere che il giusto equilibrio da predisporre tra la protezione della proprietà e le esigenze dell’interesse generale è stato rotto e che i richiedenti hanno sopportato un carico speciale ed esorbitante. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
50. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
51. I richiedenti richiedono, riferendosi ad una perizia dei terreni controversi che sottopongono alla Corte, 740 000 EUR a titolo di danno materiale che avrebbero subito. Chiedono peraltro la somma di 50 000 EUR per il danno morale.
52. Il Governo considera queste somme eccessive.
53. Nelle circostanze della causa, la Corte stima che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non sia matura per quanto il danno morale e materiale sono riguardati, così che conviene riservarla tenendo conto dell’eventualità di un accordo tra lo stato convenuto ed i richiedenti.
B. Oneri e spese
54. I richiedenti chiedono anche 10 000 EUR per oneri e spese.
55. Il Governo si rimette alla saggezza della Corte.
56. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si trovano stabiliti la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevoli del loro tasso. Non avendo fornito i richiedenti a questo riguardo nessuno giustificativo, la Corte respinge la domanda.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Respinge la domanda di soddisfazione equa che per ciò che concerne degli oneri e spese;
4. Stabilisce che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non si trova in stato, per quanto il danno morale e materiale sono riguardati; perciò,
a) la riserva;
b) invita il Governo ed i richiedenti ad indirizzarle per iscritto, entro sei mesi a contare dalla data di notificazione della presente sentenza, le loro osservazioni su questa questione, ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva l’ulteriore procedimento e delega alla presidentessa della camera la cura di fissarlo all’occorrenza.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 13 gennaio 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens Cancelliera Presidentessa