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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE AVECONE c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 4280/03/2008
Stato: Italia
Data: 2008-07-22 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

SECONDA SEZIONE
CAUSA AVECONE C. ITALIA
( Richiesta no 4280/03)
SENTENZA
STRASBURGO
22 luglio 2008
DEFINITIVO
22/10/2008
Questa sentenza può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Avecone c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Antonella Mularoni, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 1 luglio 2008,
Rende la sentenza che ha adottata in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 4280/03) diretta contro la Repubblica italiana e in cui due cittadini di questo Stato, i Sigg. G. A. e P. A. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte l’ 8 luglio 1999 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. A seguito del decesso del secondo richiedente, le Sig.re M S. e L. A., rispettivamente la vedova e la figlia del de cujus, hanno espresso il desiderio di continuare nel procedimento dinnanzi alla Corte a nome del Sig. P. A.. Per ragioni di ordine pratico, la Corte continuerà a chiamare i Sigg. G. e P. A. “i richiedenti.”
3. I richiedenti sono rappresentati da C. M, avvocato a Benevento. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, i Sigg. I.M. Braguglia e R. Adamo, e dai suoi coagenti, i Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
4. Il 30 agosto 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1940 e nel 1943 e hanno risieduto a Napoli.
A. Il procedimento principale
6. Il 29 giugno 1989, i richiedenti citarono la società S. e L.P. dinnanzi al tribunale di Cassino, per ottenere risarcimento dei danni subiti all’epoca del deposito di certi materiali sulla loro proprietà (R.G. no 1218/89). I richiedenti chiesero in particolare 20 420 000 lire [10 546,05 euro (EUR)].
Delle tredici udienze fissate tra il 27 ottobre 1989 ed il 27 marzo 1996, tre furono rinviate d’ufficio ed una a causa di uno sciopero degli avvocati.
L’udienza delle arringhe ebbe luogo il 31 maggio 1996.
7. Con un giudizio dello stesso giorno il cui testo fu depositato alla cancelleria
l’11 giugno 1996, il tribunale respinse l’istanza dei richiedenti.
8. Il 21 luglio 1997, i richiedenti interposero appello dinnanzi alla corte di appello di Roma (R.G. no 2444/97). La prima udienza si tenne il 15 dicembre 1997. Delle tre udienze fissate tra il 23 febbraio 1998 ed il 19 maggio 1999, una fu rinviata su richiesta delle parti.
L’udienza delle arringhe ebbe luogo il 17 maggio 2000.
9. Con una sentenza del 24 maggio 2000 il cui testo fu depositato alla cancelleria il
13 settembre 2000, la corte respinse l’istanza dei richiedenti.
B. Il procedimento “Pinto”
10. Il 15 ottobre 2001, i richiedenti investirono la corte di appello di Perugia ai termini della legge no 89 del 24 marzo 2001, detta “legge Pinto”, per lamentarsi della durata eccessiva del procedimento descritto sopra. Chiesero alla corte di concludere alla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e di condannare lo stato italiano al risarcimento dei danni morali subiti. Chiesero in particolare un minimo di 24 000 000 lire [12 394,97 EUR] a titolo di danno morale.
11. Con una decisione dell’ 11 febbraio 2002 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 28 febbraio 2002, la corte di appello constatò il superamento di una durata ragionevole. Accordò globalmente 3 000 EUR in equità, o 1 500 EUR ad ogni richiedente, come risarcimento del danno morale e 2 450 EUR per oneri e spese.
Questa decisione fu notificata al ministero della giustizia il 10 luglio 2002 ed acquisì autorità di cosa giudicata il 24 ottobre 2002.
Con una lettera del 6 dicembre 2002, i richiedenti informarono la Corte del risultato del procedimento nazionale e la pregarono di riprendere l’esame della loro richiesta.
Con una lettera del 21 gennaio 2003, informarono anche la Corte che non erano ricorsi in cassazione.
12. La somma accordata in esecuzione della decisione Pinto fu pagata nell’ aprile 2003, nonn essendo in grado i richiedenti di indicare la data esatta del pagamento.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
13. Il diritto e la pratica interna pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006 -…).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
14. I richiedenti adducono che la durata del procedimento ha ignorato il principio del “termine ragionevole” come previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
15. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
16. Dopo avere esaminato i fatti della causa e gli argomenti delle parti, la Corte stima che la correzione si è rivelata insufficiente e che il pagamento della somma “Pinto” si è rivelato tardivo (vedere, tra altre, Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007 e Cocchiarella c. Italia, precitata). Pertanto, i richiedenti possono sempre definirsi “vittime” ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
17. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente male fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e non incontra nessun altro motivo di inammissibilità.
B. Sul merito
18. In quanto alla durata del procedimento, la Corte stima che il periodo da considerare si estende dal 29 giugno 1989, giorno dell’introduzione dell’istanza dei richiedenti dinnanzi al tribunale di Cassino, fino al 13 settembre 2000, data del deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello di Roma. È durata dunque più di undici anni e due mesi per due gradi di giurisdizione.
19. La Corte nota anche che la somma concessa dalla giurisdizione “Pinto” è stata versata solamente nell’aprile 2003, o più di tredici mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello: questo pagamento ha superato dunque largamente i sei mesi a contare dal momento in cui la decisione di indennizzo diventò esecutiva. Il fatto che il procedimento “Pinto” esaminato nel suo insieme, ed in particolare nella sua fase di esecuzione, non abbia fatto perdere ai richiedenti il loro requisito di “vittima” costituisce una circostanza aggravante in un contesto di violazione dell’articolo 6 § 1 per superamento del termine ragionevole. La Corte sarà dunque portata a ritornare su questa questione sotto l’angolo dall’articolo 41 (vedere Cocchiarella c. Italia, precitata, § 120).
20. Dopo avere esaminato i fatti alla luce delle informazione fornite dalle parti, e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, la durata del procedimento controverso è eccessiva e non soddisfa l’esigenza del “termine ragionevole.”
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
21 I richiedenti si lamentano anche della violazione degli articoli 14, 17 e 34 della Convenzione, al motivo che sarebbero stati vittime di una discriminazione fondata sulla ricchezza, tenuto conto degli oneri avanzati per intentare il procedimento “Pinto” così come del rischio di essere condannati a pagare gli oneri di procedimento in caso di rigetto del loro ricorso.
22. La Corte stima che c’è luogo di esaminare questi motivi di appello sotto l’angolo del diritto di accesso ad un tribunale allo sguardo dell’articolo 6 della Convenzione. Osserva che benché un individuo possa essere ammesso, secondo la legge italiana, a favore dell’assistenza giudiziale gratuita in materia civile, i richiedenti non hanno chiesto questo aiuto. Rileva, inoltre, che ha potuto investire le giurisdizioni competenti ai termini della legge “Pinto” e che la corte di appello ha fatto diritto alla sua istanza accordandogli una somma a titolo degli oneri di procedimento. Ora, non si potrebbe parlare di ostacoli all’accesso ad un tribunale quando una parte, rappresentata da un avvocato, investe liberamente la giurisdizione competente e presenta dinnanzi a lei i suoi argomenti. Pertanto, non potendo scoprire nessuna apparenza di violazione, la Corte dichiara questi motivi di appello inammissibili perché manifestamente male fondati secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione (Nicoletti c. Italia, (déc.), no 31332/96, 10 aprile 1997).

III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

23. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
24. I richiedenti richiedono 9 394,97 euro (EUR) ciascuno a titolo del danno morale che avrebbero subito.
25. Il Governo contesta queste pretese.
26. La Corte stima che avrebbe potuto accordare ad ogni richiedente, in mancanza di vie di ricorso interne e tenuto conto della posta della controversia, la somma di 8 000 EUR. Il fatto che la corte di appello di Perugia abbia concesso a ciascuno dei richiedenti quasi il 19% di questa somma arriva ad un risultato manifestamente irragionevole. Di conseguenza, avuto riguardo alle caratteristiche della via di ricorso “Pinto” ed al fatto che sia giunta però ad una constatazione di violazione, la Corte, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia (precitata, §§ 139-142 e 146) e deliberando in equità, assegna ad ogni richiedente 2 100 EUR, così come 700 EUR a titolo della frustrazione supplementare derivante dal ritardo nel versamento dei 1 500 EUR ciascuno, intervenuto solamente nell’aprile 2003, o più di tredici mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello.
B. Oneri e spese
27. Giustificativi in appoggio, la richiedenti domanda anche 4 490,72 EUR per oneri e spese sostenuti dinnanzi alle giurisdizioni interne ed a Strasburgo.
28. Il Governo contesta queste pretese.
29. Secondo la giurisprudenza della Corte, il sussidio di oneri e spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che stabiliscano la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (Can ed altri c. Turchia, no 29189/02, del 24 gennaio 2008, § 22). In quanto agli oneri e spese sostenuti dinnanzi alla corte di appello “Pinto”, stimando ragionevole la somma assegnata dall’istanza interna, la Corte respinge questa richiesta. In quanto agli oneri e spese sostenuti dinnanzi a lei, stima che nella cornice della preparazione della presente richiesta, certi oneri sono stati sostenuti. Quindi, deliberando in equità, la Corte giudica ragionevole concedere ad ogni richiedente 500 EUR a questo titolo.
C. Interessi moratori
30. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 6 della Convenzione ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare ad ogni richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 2 800 EUR (duemila otto cento euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
ii. 500 EUR (cinque cento euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta da ogni richiedente, per oneri e spese,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 22 luglio 2008, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa

Testo Tradotto

DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE AVECONE c. ITALIE
(Requête no 4280/03)
ARRÊT
STRASBOURG
22 juillet 2008
DÉFINITIF
22/10/2008
Cet arrêt peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Avecone c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Antonella Mularoni,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó, juges,
et de Sally Dollé, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 1er juillet 2008,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 4280/03) dirigée contre la République italienne et dont deux ressortissants de cet Etat, MM. G. A. et P. A.e (« les requérants »), ont saisi la Cour le 8 juillet 1999 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Suite au décès du deuxième requérant, Mmes M S. et L. A., respectivement la veuve et la fille du de cujus, ont manifesté le souhait de continuer dans la procédure devant la Cour au nom de M. P. A.. Pour des raisons d’ordre pratique, la Cour continuera à appeler MM. G. et P. A. « les requérants ».
3. Les requérants sont représentés par Me C. M, avocat à Bénévent. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté successivement par ses agents, MM. I.M. Braguglia et R. Adam, et ses coagents, MM. V. Esposito et F. Crisafulli, ainsi que par son coagent adjoint, M. N. Lettieri.
4. Le 30 août 2006, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, elle a en outre décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le fond de l’affaire.
EN FAIT
LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Les requérants sont nés respectivement en 1940 et 1943 et résidaient à Naples.
A. La procédure principale
6. Le 29 juin 1989, les requérants assignèrent les sociétés S. et L.P. devant le tribunal de Cassino, afin d’obtenir réparation des dommages subis lors du dépôt de certains matériaux dans leur propriété (R.G. no 1218/89). Les requérants demandèrent notamment 20 420 000 lires [10 546,05 euros (EUR)].
Des treize audiences fixées entre le 27 octobre 1989 et le 27 mars 1996, trois furent renvoyées d’office et une pour cause de grève des avocats.
L’audience de plaidoiries eut lieu le 31 mai 1996.
7. Par un jugement du même jour, dont le texte fut déposé au greffe le
11 juin 1996, le tribunal rejeta la demande des requérants.
8. Le 21 juillet 1997, les requérants interjetèrent appel devant la cour d’appel de Rome (R.G. no 2444/97). La première audience se tint le
15 décembre 1997. Des trois audiences fixées entre le 23 février 1998 et le 19 mai 1999, une fut renvoyée à la demande des parties.
L’audience de plaidoiries eut lieu le 17 mai 2000.
9. Par un arrêt du 24 mai 2000, dont le texte fut déposé au greffe le
13 septembre 2000, la cour rejeta la demande des requérants.
B. La procédure « Pinto »
10. Le 15 octobre 2001, les requérants saisirent la cour d’appel de Pérouse aux termes de la loi no 89 du 24 mars 2001, dite « loi Pinto », afin de se plaindre de la durée excessive de la procédure décrite ci-dessus. Ils demandèrent à la cour de conclure à la violation de l’article 6 § 1 de la Convention et de condamner l’Etat italien au dédommagement des préjudices moraux subis. Ils demandèrent notamment un minimum de 24 000 000 lires [12 394,97 EUR] à titre de dommage moral.
11. Par une décision du 11 février 2002, dont le texte fut déposé au greffe le 28 février 2002, la cour d’appel constata le dépassement d’une durée raisonnable. Elle accorda globalement 3 000 EUR en équité, soit 1 500 EUR à chaque requérant, comme réparation du dommage moral et 2 450 EUR pour frais et dépens.
Cette décision fut notifiée au ministère de la justice le 10 juillet 2002 et acquit l’autorité de la chose jugée le 24 octobre 2002.
Par une lettre du 6 décembre 2002, les requérants informèrent la Cour du résultat de la procédure nationale et la prièrent de reprendre l’examen de leur requête.
Par une lettre du 21 janvier 2003, ils informèrent aussi la Cour qu’ils ne s’étaient pas pourvus en cassation.
12. La somme accordée en exécution de la décision Pinto fut payée en avril 2003, les requérants n’étant pas à même d’indiquer la date exacte du paiement.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
13. Le droit et la pratique internes pertinents figurent dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-…).
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
14. Les requérants allèguent que la durée de la procédure a méconnu le principe du « délai raisonnable » tel que prévu par l’article 6 § 1 de la Convention, ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) dans un délai raisonnable, par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
15. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Sur la recevabilité
16. Après avoir examiné les faits de la cause et les arguments des parties, la Cour estime que le redressement s’est révélé insuffisant et que le paiement de la somme « Pinto » s’est avéré tardif (voir, entre autres, Delle Cave et Corrado c. Italie, no 14626/03, §§ 26-31, 5 juin 2007 et Cocchiarella c. Italie, précité). Partant, les requérants peuvent toujours se prétendre « victime » au sens de l’article 34 de la Convention.
17. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention et ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité.
B. Sur le fond
18. Quant à la durée de la procédure, la Cour estime que la période à considérer s’étend du 29 juin 1989, jour de l’introduction de la demande des requérants devant le tribunal de Cassino, jusqu’au 13 septembre 2000, date du dépôt au greffe de la décision de la cour d’appel de Rome. Elle a donc duré plus de onze ans et deux mois pour deux degrés de juridiction.
19. La Cour note également que la somme octroyée par la juridiction « Pinto » n’a été versée qu’en avril 2003, soit plus de treize mois après le dépôt au greffe de la décision de la cour d’appel : ce paiement a donc largement dépassé les six mois à compter du moment où la décision d’indemnisation devint exécutoire. Le fait que la procédure « Pinto » examinée dans son ensemble, et notamment dans sa phase d’exécution, n’a pas fait perdre aux requérants leur qualité de « victime » constitue une circonstance aggravante dans un contexte de violation de l’article 6 § 1 pour dépassement du délai raisonnable. La Cour sera donc amenée à revenir sur cette question sous l’angle de l’article 41 (voir Cocchiarella c. Italie, précité, § 120).
20. Après avoir examiné les faits à la lumière des informations fournies par les parties, et compte tenu de sa jurisprudence en la matière, la Cour estime qu’en l’espèce, la durée de la procédure litigieuse est excessive et ne répond pas à l’exigence du « délai raisonnable ».
Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
II. SUR LES AUTRES VIOLATIONS ALLÉGUÉES
21. Les requérants se plaignent également de la violation des articles 14, 17 et 34 de la Convention, au motif qu’ils auraient été victime d’une discrimination fondée sur la richesse, compte tenu des frais avancés pour intenter la procédure « Pinto » ainsi que du risque d’être condamné à payer les frais de procédure en cas de rejet de son recours.
22. La Cour estime qu’il y a lieu d’examiner ces griefs sous l’angle du droit d’accès à un tribunal au regard de l’article 6 de la Convention. Elle observe que bien qu’un individu puisse être admis, d’après la loi italienne, au bénéfice de l’assistance judiciaire gratuite en matière civile, les requérants n’ont pas demandé cette aide. Elle relève, en outre, qu’ils ont pu saisir les juridictions compétentes aux termes de la loi « Pinto » et que la cour d’appel a fait droit à leur demande, leur accordant une somme au titre des frais de procédure. Or, on ne saurait pas parler d’entraves à l’accès à un tribunal lorsqu’une partie, représentée par un avocat, saisit librement la juridiction compétente et présente devant elle ses arguments. Partant, aucune apparence de violation ne pouvant être décelée, la Cour déclare ces griefs irrecevables car manifestement mal fondés selon l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention (Nicoletti c. Italie (déc.), no 31332/96, 10 avril 1997).
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
23. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
24. Les requérants réclament 9 394,97 euros (EUR) chacun au titre du préjudice moral qu’ils auraient subi.
25. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
26. La Cour estime qu’elle aurait pu accorder à chaque requérant, en l’absence de voies de recours internes et compte tenu de l’enjeu du litige, la somme de 8 000 EUR. Le fait que la cour d’appel de Pérouse ait octroyé à chacun des requérants presque 19 % de cette somme aboutit à un résultat manifestement déraisonnable. Par conséquent, eu égard aux caractéristiques de la voie de recours « Pinto » et au fait qu’elle soit tout de même parvenue à un constat de violation, la Cour, compte tenu de la solution adoptée dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie (précité, §§ 139-142 et 146) et statuant en équité, alloue à chaque requérant 2 100 EUR, ainsi que 700 EUR au titre de la frustration supplémentaire découlant du retard dans le versement des 1 500 EUR chacun, intervenu seulement en avril 2003, soit plus de treize mois après le dépôt au greffe de la décision de la cour d’appel.
B. Frais et dépens
27. Justificatifs à l’appui, les requérants demande également 4 490,72 EUR pour les frais et dépens engagés devant les juridictions internes et à Strasbourg.
28. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
29. Selon la jurisprudence de la Cour, l’allocation des frais et dépens au titre de l’article 41 présuppose que se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux (Can et autres c. Turquie, no 29189/02, du 24 janvier 2008, § 22). Quant aux frais et dépens encourus devant la cour d’appel « Pinto », estimant raisonnable la somme allouée par l’instance interne, la Cour rejette cette demande. Quant aux frais et dépens encourus devant elle, elle estime que dans le cadre de la préparation de la présente requête, certains frais ont dû être encourus. Dès lors, statuant en équité, la Cour juge raisonnable d’octroyer à chaque requérant 500 EUR à ce titre.
C. Intérêts moratoires
30. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de l’article 6 de la Convention et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;
3. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser à chaque requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
i. 2 800 EUR (deux mille huit cents euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral ;
ii. 500 EUR (cinq cents euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par chaque requérant, pour frais et dépens ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 22 juillet 2008, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Sally Dollé Françoise Tulkens
Greffière Présidente

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