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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE AURELIA POPA c. ROUMANIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 06, P1-1
Numero: 1690/05/2010
Stato: Romania
Data: 2010-01-26 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

Conclusione Violazione dell’art. 6-1 ; Violazione di P1-1 ; Danno patrimoniale e pregiudizio morale – riparazione

TERZA SEZIONE
CAUSA AURELIA POPA C. ROMANIA
( Richiesta no 1690/05)
SENTENZA
STRASBURGO
26 gennaio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Aurelia Popa c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Luccichi López Guerra, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 5 gennaio 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 1690/05) diretta contro la Romania e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra A. P. (“la richiedente”), ha investito la Corte il 17 dicembre 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Horatiu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 3 settembre 2008, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dal l’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. La richiedente è nato nel 1959 e risiede a Fagaras.
5. Con un contratto di vendita concluso il 21 marzo 2003, l’autorità per la privatizzazione delle partecipazioni dello stato nelle società commerciali (APAPS, anticamente FPS) vendette alla società F., con sede negli Stati Uniti, delle azioni della società N. a capitale maggioritario di stato in cui la richiedente era impiegato, il che rappresentava circa il 79% del capitale sociale di suddetta società. In una data non precisata nel 2003, con l’accordo dell’APAPS, la società F. cedette la sua posizione di acquirente nel contratto precitato alla società S.T, con sede negli Stati Uniti. La modifica precitata nel capitale sociale della società N. fu segnata nel registro del commercio nel gennaio 2004.
6. In seguito ad un programma di ristrutturazione approvato dall’APAPS nel giugno 2003, cinque cento impiegati della società N. tra cui la richiedente, furono licenziati.
7. Il 9 febbraio 2004, la richiedente investì il tribunale dipartimentale di Brasov di un’azione contro la società N., azione con la quale l’interessata richiedeva un’indennità di licenziamento di un importo equivalente a dodici mesi di stipendio, conformemente al contratto collettivo di lavoro. La società N. sostenne in difesa che un’eccezione era contemplata per il caso in cui una società a capitale maggioritario di stato era stata oggetto di un contratto di vendita concluso dall’APAPS in vista della loro privatizzazione.
8. Con un giudizio del 31 marzo 2004, il tribunale fece diritto all’azione della richiedente e condannò la società N. al pagamento, a titolo di indennità di licenziamento, di un importo totale di 73 969 200 lei rumeni (ROL), attualizzato al giorno del pagamento effettivo secondo il tasso di interessi della Banca nazionale della Romania. Il tribunale considerò che il contratto di vendita del 21 marzo 2003 era stato concluso sotto una condizione sospensiva e che la convenuta non aveva provato in nessun modo che questa condizione era stata realizzata affinché il contratto entrasse in vigore con come conseguenza del trasferimento del diritto di proprietà sulle azioni detenute dall’APAPS e l’inapplicabilità dell’obbligo di pagamento dell’indennità di licenziamento. Il tribunale constatò anche che la società convenuta rimaneva riguardata dal procedimento di sorveglianza finanziaria previsto dalla legge no 137/2002 relativo alle misure di accelerazione del processo di privatizzazione. Messa in bella copia il 28 aprile 2004, questo giudizio diventò definitivo in mancanza di ricorso formato dalle parti alla controversia.
9. Il 14 giugno 2004, la richiedente investì un ufficiale giudiziario di giustizia dell’esecuzione costretta del giudizio del 31 marzo 2004. Su richiesta dell’ufficiale giudiziario di giustizia, il 17 giugno 2004 il tribunale competente autorizzò che la formula esecutiva venisse attaccata sul giudizio precitato ed il 22 giugno 2004 la banca C. procedette ad una sequestro-attribuzione su una parte della somma dovuta dalla società N. all’interessata, potendo intervenire il pagamento di questa somma solamente dopo un termine di quindici giorni( articolo 458 codice di procedura civile).
10. Nel frattempo, con un giudizio dell’ 11 giugno 2004, il tribunale dipartimentale di Brasov fece diritto alla domanda della società N. ed aprì il procedimento previsto dalla legge no 64/1995 sulla correzione e la liquidazione giudiziale a suo riguardo (“la legge no 64/1995”) e ne informò poi l’ufficiale giudiziario di giustizia. Appellandosi all’articolo 35 della suddetta legge, l’amministratore designato dal tribunale chiese il 23 settembre 2004 all’ufficiale giudiziario di giustizia ed alla banca C. di sospendere ogni procedimento concernente i beni della società N. tra cui il sequestro-attribuzione in questione. La richiedente iscrisse il suo credito derivante dal giudizio definitivo del 31 marzo 2004 nel quadro dei crediti nella cornice del procedimento regolato dalla legge no 64/1995.
11. Ad oggi, il procedimento di liquidazione giudiziale della società N. è sempre pendente, avendo potuto ricuperare la richiedente fino ad oggi un importo di 40 487 600 ROL del credito dovuto dalla società precitata.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
Disposizioni legali ed altre decisioni delle autorità concernenti la società N.
12. Il 3 febbraio 2004, il Monitor ufficiale pubblicò un progetto di divisione della società N. in sette società commerciali tra cui la società N. che mantenne sia il nome iniziale che “i crediti ed i debiti della vecchia società N..” Il progetto menzionava il contratto di vendita del 21 marzo 2003, al seguito del quale la società S.T. aveva acquisito la partecipazione di circa il 79% dall’APAPS nel capitale della società.
13. In una lettera del 28 giugno 2004 indirizzata al Governo dal presidente dell’AVAS, nuova denominazione dell’APAPS dopo il 2004, a proposito dello stato di avanzamento della privatizzazione della società N., è menzionato che il contratto di privatizzazione del 21 marzo 2003 era stato concluso sotto condizione sospensiva da parte della società F., e poi dalla società S.T, che prevedeva parecchi obblighi a carico dell’acquirente (aumento del capitale sociale) investimento per la protezione dell’ambiente, conversione dei crediti delle società di stato che fornivano dei servizi pubblici in azioni della società N. ecc.. Dopo il pagamento del prezzo di acquisizione, la società S.T. aveva concluso il 29 ottobre 2003 un accordo con l’APAPS affinché la condizione sospensiva in questione venisse successivamente trasformata in condizione risolutoria con una scadenza prolungata fino al 31 maggio 2004. Il presidente dell’AVAS informava il Governo che all’epoca, il procedimento di conversione dei crediti precitati in azioni della società N., in vista della loro vendita convenuta tra le parti, era pendente.
14. In un comunicato stampa del 31 ottobre 2005 relativo alla situazione delle società del gruppo N., l’AVAS (il vecchio APAPS) precisò che dopo il trasferimento il 14 ottobre 2003 verso la società S.T. del diritto di proprietà delle azioni detenute dall’APAPS in seguito al pagamento del prezzo di queste azioni, sono sopraggiunti dei problemi tra le parti al motivo che la società S.T. non aveva rispettato parecchi dei suoi obblighi contrattuali tra cui in particolare l’aumento del capitale sociale e gli investimenti per l’ambiente. Quindi, l’AVAS aveva avvisato l’acquirente della cessione di diritto del contratto di privatizzazione e della sua re iscrizione il 15 febbraio 2005, in virtù della legge no 137/2000, in quanto azionista delle società nate dalla divisione della società N.
15. Parecchie decisioni emesse dalle autorità durante il periodo pertinente menzionano la società N. in quanto società facente parte del patrimonio dell’APAPS. Così, in una decisione del Governo no 1249 del 24 ottobre 2003, pubblicato nel Monitor ufficiale del 5 novembre 2003, la società N. figurava sull’elenco delle società commerciali che si trovavano nel patrimonio dell’APAPS che beneficiavano delle disposizioni dell’ordinanza del Governo no 8/2003 per stimolare il processo di riorganizzazione e di privatizzazione delle società a capitale maggioritario di stato. Tra l’altro, i crediti delle società di stato beneficiarie di servizi pubblici sulle società debitrici tra cui la società N., dovevano essere convertite in azioni. In una decisione no 1945 del 10 novembre 2004, la società N. veniva ricollocata sull’elenco suddetto, dopo essere stata tolta probabilmente in una data anteriore non precisata. Con un ordine no 4450 del 23 febbraio 2005, l’AVAS istituì i procedimenti di “amministrazione speciale” e di sorveglianza finanziaria, previsti dalla legge no 137/2002, per “accelerare il processo di privatizzazione della società N.” Questo ordine fu abrogato il 9 marzo 2005,costatando l’AVAS che la società era oggetto di un procedimento di correzione e di liquidazione giudiziale.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE E DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
16. La richiedente adduce che l’inadempimento da parte delle autorità del giudizio definitivo del 31 marzo 2004 ha portato attentato al suo diritto di accesso ad un tribunale così come al suo diritto al rispetto dei suoi beni. Invoca in sostanza gli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1, così formulati nelle loro parti pertinenti nello specifico,
Articolo 6 § 1
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
Articolo 1 del Protocollo no 1
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
17. Il Governo combatte questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
18. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
19. La richiedente reitera i suoi argomenti, stimando in sostanza che le autorità sono responsabili per il difetto di esecuzione del giudizio definitivo che condanna la società N. alle indennità di licenziamento.
20. Appellandosi a delle informazioni fornite dall’AVAS e ad un brano del registro del commercio (paragrafo 5 sopra) il Governo fa valere che al momento della pronunzia del giudizio definitivo in causa, l’azionista maggioritario della società N. era la società di diritto privato S.T, così che la presente causa riguarda l’esecuzione di un giudizio contro un debitore privato, non dipendendo la società debitrice dalla responsabilità dello stato. Considerando che, per questo fatto, la presente causa sarebbe differente dalla causa Moldoveanu (no 13386/02, 29 luglio 2008,) il Governo sostiene che le autorità hanno assolto i loro obblighi positivi mettendo a disposizione del richiedente un sistema giudiziale effettivo, ufficiale giudiziario di giustizia e poi procedimento di liquidazione giudiziale, per l’esecuzione del giudizio in causa. Aggiunge che l’interessata ha ottenuto similmente già, a questo giorno, il pagamento di una parte del suo credito.
21. La Corte considera che conviene da prima esaminare il principale argomento del Governo che sostiene che si tratta nello specifico dell’esecuzione di un giudizio reso contro un individuo. Osserva che, se parecchi elementi potrebbero essere considerati in questo senso tra cui in particolare il brano del registro del commercio che, nel 2004, faceva figurare la società S.T. come azionista maggioritaria della società N. dopo la vendita d parte dell’APAPS del pacco maggioritario di azioni di questa società, conviene tuttavia guardare al di là delle apparenze per decidere la questione del regime giuridico della società N. durante il periodo pertinente.
22. La Corte osserva in particolare che, nel procedimento finito dal giudizio definitivo del 31 marzo 2004, pure prendendo in conto il contratto di vendita del 21 marzo 2003, il tribunale ha concluso alla mancanza di prove in quanto alla realizzazione della condizione sospensiva contenuta in questo contratto e, di conseguenza, in quanto al trasferimento effettivo del diritto di proprietà sul pacco maggioritario di azioni tra l’ APAPS, rappresentante le autorità, e la società S.T.. La conclusione che figura in questo giudizio è sostenuta del resto da parecchi elementi tra cui in particolare la lettera del 28 giugno 2004 indirizzata al Governo dal presidente dell’AVAS a proposito dello stato di avanzamento della privatizzazione della società N. (paragrafo 13 sopra). In più, la Corte rileva che, anche dopo il contratto di vendita del 21 marzo 2003 su cui si appella il Governo, parecchie decisioni delle autorità, adottate sia prima che dopo il giudizio definitivo in causa, fanno apparire che la società N. figurava ancora nel patrimonio dell’APAPS, anche prima della risoluzione del contratto di vendita precitata nel febbraio 2005 (paragrafi 14 e 15 sopra).
23. Non appartiene alla Corte decidere la questione dei rapporti tra le autorità e la società S.T. nel processo di privatizzazione della società N., ma solamente esaminare, alla luce degli elementi di cui dispone – in particolare del giudizio definitivo del 31 marzo 2004-ed ai fini di questa causa, se l’esecuzione di suddetto giudizio riguardava essenzialmente dei rapporti tra individui o, al contrario, dipendeva dalla responsabilità diretta delle autorità, ai sensi della giurisprudenza della Corte. Ora, avuto riguardo a ciò che precede, la Corte non potrebbe accettare l’argomento del Governo ed allontanare la conclusione alla quale sono arrivate le autorità, ivi compreso nel giudizio la cui inadempienza è oggetto della presente richiesta. Pure notando che la società N. era all’epoca dei fatti una persona fisica distinta e che era oggetto di un procedimento di privatizzazione pendente, la Corte stima che il Governo non ha dimostrato che questa godeva di un’indipendenza istituzionale ed operativa sufficiente nei confronti delle autorità affinché lo stato possa essere esonerato dalla sua responsabilità allo sguardo della Convenzione per le sue azioni ed omissioni (vedere, mutatis mutandis, Moldoveanu, precitata, § 34; Cooperativa Agricola Slobozia-Hanesei c. Moldova, no 39745/02, § 19, 3 aprile 2007, Grigoryev e Kakaurova c. Russia, no 13820/04, § 35, 12 aprile 2007, e Vostokmash Avanta c. Ucraina, no 8878/03, § 23, 20 settembre 2007; a contrario, Samoylenko e Polonska c. Ucraina, no 6566/05, § 25, 18 dicembre 2008 nella quale la società debitrice era stata privatizzata già al momento della pronunzia del giudizio da eseguire). Inoltre, come nella causa Moldoveanu precitata, la Corte stima che la conclusione precitata rimane anche valida per ciò che riguarda il periodo posteriore alla pronunzia del giudizio definitivo in causa durante il quale un procedimento di correzione e liquidazione giudiziale contro la società N. è stato impegnato, procedimento che è sempre pendente a questo giorno.
24. La Corte ricorda di avere giudicato già che supponendo che lo svolgimento di un procedimento di fallimento pendente possa giustificare un certo ritardo nel pagamento di un credito, tale procedimento condotto contro una società che dipende dalla responsabilità dello stato non potrebbe, secondo la Convenzione, giustificare il difetto di pagamento da parte delle autorità di un credito che deriva da una sentenza definitiva. A questo titolo, conviene reiterare che le autorità non possono addurre come pretesto la mancanza di risorse per non onorare un debito fondato su una decisione di giustizia (Moldoveanu, precitata, § 35; Grigoryev e Kakaurova, precitata, §§ 16 e 37, Shlepkin c. Russia, no 3046/03, § 25, 1 febbraio 2007 e, mutatis mutandis, Kletsova c. Russia, no 24842/04, § 30, 12 aprile 2007 e Bourdov c. Russia, no 59498/00, § 35, CEDH 2002-III). Ora come nella causa Moldoveanu precitata, la Corte osserva che la richiedente si trova da più di cinque anni nell’impossibilità di ottenere l’esecuzione del giudizio definitivo del 31 marzo 2004 ed il pagamento integrale dell’importo concesso da questo giudizio a titolo di indennità di licenziamento ora, e che l’argomento Governo non potrebbe costituire a questo riguardo una giustificazione valida.
25. Questi elementi bastano alla Corte per concludere che l’inadempimento del giudizio definitivo in questione ha privato di ogni effetto utile il diritto di accesso ad un tribunale della richiedente e ha portato attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
26. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
27. La richiedente richiede 1 500 euro (EUR) a titolo del danno patrimoniale e per oneri e spese, questa somma rappresentando per l’essenziale la parte insoluta del suo credito derivante dal giudizio definitivo del 31 marzo 2004, attualizzato per il periodo del 2005 a 2009. Chiede anche 3 000 EUR a titolo del danno morale subito.
28. Il Governo reitera i suoi argomenti, stimando che non ha l’onere di eseguire degli obblighi pronunciati contro individui, e considera che c’è luogo di respingere la richiesta della richiedente a titolo del danno patrimoniale. Trattandosi del danno morale addotto, stima che un’eventuale sentenza di condanna potrebbe rappresentare un risarcimento soddisfacente a questo titolo. A titolo accessorio, rinvia agli importi concessi in altre cause di inadempimento di una decisione definitiva.
29. La Corte ricorda che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo morale allo sguardo della Convenzione di mettere un termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo da ristabilire tanto quanto fare si può la situazione anteriore a questa violazione (Metaxas c. Grecia, no 8415/02, § 35, 27 maggio 2004, ed Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI). Reitera di avere constatato una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo no 1 in ragione dell’impossibilità per la richiedente di ottenere l’esecuzione del giudizio definitivo del 31 marzo 2004 ed il pagamento dell’indennizzo di licenziamento. Pertanto, conviene allontanare gli argomenti del Governo e concludere che la richiedente ha subito al tempo stesso un danno patrimoniale a causa della sua privazione, per parecchi anni, di almeno una parte dell’importo assegnato dal giudizio precitato ed un danno morale a causa della frustrazione provocata da questo difetto di pagamento.
30. Avuto riguardo all’insieme degli elementi che si trovano in suo possesso e deliberando in equità, come vuole l’articolo 41 della Convenzione, la Corte assegna al richiedente la somma di 4 500 EUR ogni danno compreso.
B. Oneri e spese
31. Senza fornire alcun giustificativo nei termini assegnati, la richiedente chiede una somma non determinata, che include nella sua richiesta per danno patrimoniale del resto (paragrafo 27 sopra) per gli oneri e le spese impegnati nel procedimento interno di esecuzione e dinnanzi alla Corte.
32. Il Governo stima che conviene respingere tale richiesta priva di giustificativi, conformemente alla pratica della Corte.
33. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei criteri suddetti, la Corte respinge la richiesta della richiedente a questo titolo.
C. Interessi moratori
34. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare alla richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 4 500 EUR (quattromila cinque centesimi euro) da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento, ogni danno compreso, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 26 gennaio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

Conclusion Violation de l’art. 6-1 ; Violation de P1-1 ; Dommage matériel et préjudice moral – réparation

TROISIÈME SECTION
AFFAIRE AURELIA POPA c. ROUMANIE
(Requête no 1690/05)
ARRÊT
STRASBOURG
26 janvier 2010
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Aurelia Popa c. Roumanie,
La Cour européenne des droits de l’homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
Josep Casadevall, président,
Elisabet Fura,
Corneliu Bîrsan,
Boštjan M. Zupančič,
Alvina Gyulumyan,
Egbert Myjer,
Luis López Guerra, juges,
et de Santiago Quesada, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 5 janvier 2010,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 1690/05) dirigée contre la Roumanie et dont une ressortissante de cet Etat, Mme A. P. (« la requérante »), a saisi la Cour le 17 décembre 2004 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le gouvernement roumain (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. Răzvan-Horatiu Radu, du ministère des Affaires étrangères.
3. Le 3 septembre 2008, le président de la troisième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. La requérante est née en 1959 et réside à Fagaras.
5. Par un contrat de vente conclu le 21 mars 2003, l’Autorité pour la privatisation des participations de l’Etat dans des sociétés commerciales (APAPS, anciennement FPS) vendit à la société F., basée aux Etats-Unis, des actions de la société N. à capital majoritaire d’Etat, dont la requérante était employée, ce qui représentait environ 79 % du capital social de ladite société. A une date non précisée en 2003, avec l’accord de l’APAPS, la société F. céda sa position d’acquéreur dans le contrat précité à la société S.T., basée aux Etats-Unis. La modification précitée dans le capital social de la société N. fut marquée dans le registre du commerce en janvier 2004.
6. A la suite d’un programme de restructuration approuvé par l’APAPS en juin 2003, cinq cents employés de la société N., dont la requérante, furent licenciés.
7. Le 9 février 2004, la requérante saisit le tribunal départemental de Brasov d’une action contre la société N., action par laquelle l’intéressée réclamait une indemnité de licenciement d’un montant équivalant à douze mois de salaire, conformément au contrat collectif de travail. La société N. soutint en défense qu’une exception était prévue pour le cas où une société à capital majoritaire d’Etat avait fait l’objet d’un contrat de vente conclu par l’APAPS en vue de leur privatisation.
8. Par un jugement du 31 mars 2004, le tribunal fit droit à l’action de la requérante et condamna la société N. au paiement, à titre d’indemnité de licenciement, d’un montant total de 73 969 200 lei roumains (ROL), actualisé au jour du paiement effectif selon le taux d’intérêts de la Banque nationale de Roumanie. Le tribunal retint que le contrat de vente du 21 mars 2003 avait été conclu sous une condition suspensive et que la défenderesse n’avait aucunement prouvé que cette condition ait été réalisée pour que le contrat entre en vigueur avec comme conséquence le transfert du droit de propriété sur les actions détenues par l’APAPS et l’inapplicabilité de l’obligation de paiement de l’indemnité de licenciement. Le tribunal constata aussi que la société défenderesse demeurait concernée par la procédure de surveillance financière prévue par la loi no 137/2002 relative aux mesures d’accélération du mouvement de privatisation. Mis au net le 28 avril 2004, ce jugement devint définitif faute de recours formé par les parties au litige.
9. Le 14 juin 2004, la requérante saisit un huissier de justice de l’exécution forcée du jugement du 31 mars 2004. Sur demande de l’huissier de justice, le 17 juin 2004 le tribunal compétent autorisa que la formule exécutoire soit apposée sur le jugement précité et le 22 juin 2004 la banque C. procéda à une saisie-attribution sur une partie de la somme due par la société N. à l’intéressée, le paiement de cette somme ne pouvant intervenir qu’après un délai de quinze jours (article 458 code de procédure civile).
10. Entre temps, par un jugement du 11 juin 2004, le tribunal départemental de Brasov fit droit à la demande de la société N. et ouvrit à son égard la procédure prévue par la loi no 64/1995 sur le redressement et la liquidation judiciaire (« la loi no 64/1995 ») et en informa ensuite l’huissier de justice. S’appuyant sur l’article 35 de la loi susmentionnée, l’administrateur désigné par le tribunal demanda le 23 septembre 2004 à l’huissier de justice et à la banque C. de suspendre toute procédure concernant les biens de la société N., dont la saisie-attribution en question. La requérante inscrivit sa créance découlant du jugement définitif du 31 mars 2004 dans le tableau des créances dans le cadre de la procédure régie par la loi no 64/1995.
11. A ce jour, la procédure de liquidation judiciaire de la société N. est toujours pendante, la requérante ayant pu récupérer jusqu’ici un montant de 40 487 600 ROL de la créance due par la société précitée.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
Dispositions légales et autres décisions des autorités concernant la société N.
12. Le 3 février 2004, le Moniteur officiel publia un projet de division de la société N. en sept sociétés commerciales, dont la société N. qui garda tant le nom initial que « les créances et les dettes de l’ancienne société N. ». Le projet mentionnait le contrat de vente du 21 mars 2003, à la suite duquel la société S.T. avait acquis la participation d’environ 79% de l’APAPS dans le capital de la société.
13. Dans une lettre du 28 juin 2004 adressée au Gouvernement par le président de l’AVAS (nouvelle appellation de l’APAPS après 2004) au sujet de l’état d’avancement de la privatisation de la société N., il est mentionné que le contrat de privatisation du 21 mars 2003 avait été conclu sous condition suspensive avec la société F. (et ensuite la société S.T.), prévoyant plusieurs obligations à la charge de l’acquéreur (augmentation du capital social, investissement pour la protection de l’environnement, conversion des créances des sociétés d’Etat fournissant des services publics en actions de la société N. etc.). Après le paiement du prix d’acquisition, la société S.T. avait conclu le 29 octobre 2003 un accord avec l’APAPS pour que la condition suspensive en question soit transformée en condition résolutoire avec une échéance prolongée successivement jusqu’au 31 mai 2004. Le président de l’AVAS informait le Gouvernement qu’à l’époque, la procédure de conversion des créances précitées en actions de la société N., en vue de leur vente convenue entre les parties, était pendante.
14. Dans un communiqué de presse du 31 octobre 2005 relatif à la situation des sociétés du groupe N., l’AVAS (l’ancienne APAPS) précisa qu’après le transfert le 14 octobre 2003 vers la société S.T. du droit de propriété des actions détenues par l’APAPS à la suite du paiement du prix de ces actions, des problèmes sont survenus entre les parties au motif que la société S.T. n’avait pas respecté plusieurs de ses obligations contractuelles, dont notamment l’augmentation du capital social et les investissements pour l’environnement. Dès lors, le 15 février 2005, l’AVAS avait avisé l’acquéreur de la cession de droit du contrat de privatisation et de sa réinscription, en vertu de la loi no 137/2000, en tant qu’actionnaire des sociétés issues de la division de la société N.
15. Plusieurs décisions émises par les autorités au cours de la période pertinente mentionnent la société N. en tant que société faisant partie du patrimoine de l’APAPS. Ainsi, dans une décision du Gouvernement no 1249 du 24 octobre 2003, publiée dans le Moniteur officiel du 5 novembre 2003, la société N. figurait sur la liste des sociétés commerciales se trouvant dans le patrimoine de l’APAPS qui bénéficiaient des dispositions de l’ordonnance du Gouvernement no 8/2003 pour stimuler le processus de réorganisation et de privatisation des sociétés à capital majoritaire d’Etat. Entre autres, les créances des sociétés d’Etat prestataires de services publics sur les sociétés débitrices, dont la société N., devaient être converties en actions. Dans une décision no 1945 du 10 novembre 2004, la société N. était replacée sur la liste susmentionnée, après en avoir été probablement retirée à une date antérieure non précisée. Par un ordre no 4450 du 23 février 2005, l’AVAS institua les procédures d’ « administration spéciale » et de surveillance financière, prévues par la loi no 137/2002, pour « accélérer le processus de privatisation de la société N. » Cet ordre fut abrogé le 9 mars 2005, l’AVAS constatant que la société faisait l’objet d’une procédure de redressement et de liquidation judiciaire.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION ET DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
16. La requérante allègue que la non-exécution par les autorités du jugement définitif du 31 mars 2004 a porté atteinte à son droit d’accès à un tribunal ainsi qu’à son droit au respect de ses biens. Elle invoque en substance les articles 6 § 1 de la Convention et 1 du Protocole no 1, ainsi libellés dans leurs parties pertinentes en l’espèce :
Article 6 § 1
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) par un tribunal (…) qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
Article 1 du Protocole no 1
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
17. Le Gouvernement combat cette thèse.
A. Sur la recevabilité
18. La Cour constate que la requête n’est pas manifestement mal fondée au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. La Cour relève par ailleurs qu’elle ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de la déclarer recevable.
B. Sur le fond
19. La requérante réitère ses arguments, estimant en substance que les autorités sont responsables pour le défaut d’exécution du jugement définitif condamnant la société N. à des indemnités de licenciement.
20. S’appuyant sur des renseignements fournis par l’AVAS et sur un extrait du registre du commerce (paragraphe 5 ci-dessus), le Gouvernement fait valoir qu’au moment du prononcé du jugement définitif en cause, l’actionnaire majoritaire de la société N. était la société de droit privé S.T., de sorte que la présente affaire concerne l’exécution d’un jugement contre un débiteur privé, la société débitrice ne relevant pas de la responsabilité de l’Etat. Considérant que, de ce fait, la présente affaire serait différente de l’affaire Moldoveanu (no 13386/02, 29 juillet 2008), le Gouvernement soutient que les autorités ont rempli leurs obligations positives en mettant à la disposition de la requérante un système judiciaire effectif (huissier de justice et ensuite procédure de liquidation judiciaire) pour l’exécution du jugement en cause. Il ajoute que l’intéressée a quand même déjà obtenu, à ce jour, le paiement d’une partie de sa créance.
21. La Cour considère qu’il convient d’abord d’examiner le principal argument du Gouvernement, qui soutient qu’il s’agit en l’espèce de l’exécution d’un jugement rendu contre un particulier. Elle observe que, si plusieurs éléments pourraient être retenus en ce sens, dont notamment l’extrait du registre du commerce qui, en 2004, faisait figurer la société S.T. comme actionnaire majoritaire de la société N. après la vente par l’APAPS du paquet majoritaire d’actions de cette société, il convient néanmoins de regarder au-delà des apparences pour trancher la question du régime juridique de la société N. pendant la période pertinente.
22. La Cour observe notamment que, dans la procédure achevée par le jugement définitif du 31 mars 2004, tout en prenant en compte le contrat de vente du 21 mars 2003, le tribunal a conclu à l’absence de preuve quant à la réalisation de la condition suspensive contenue dans ce contrat et, par conséquent, quant au transfert effectif du droit de propriété sur le paquet majoritaire d’actions entre l’APAPS, représentant les autorités, et la société S.T.. La conclusion figurant dans ce jugement est d’ailleurs appuyée par plusieurs éléments, dont notamment la lettre du 28 juin 2004 adressée au Gouvernement par le président de l’AVAS au sujet de l’état d’avancement de la privatisation de la société N. (paragraphe 13 ci-dessus). De surcroît, la Cour relève que, même après le contrat de vente du 21 mars 2003 sur lequel s’appuie le Gouvernement, plusieurs décisions des autorités, adoptées avant comme après le jugement définitif en cause, font apparaître que la société N. figurait comme se trouvant encore dans patrimoine de l’APAPS, même avant la résiliation du contrat de vente précité en février 2005 (paragraphes 14 et 15 ci-dessus).
23. Il n’appartient pas à la Cour de trancher la question des rapports entre les autorités et la société S.T. dans le processus de privatisation de la société N., mais seulement d’examiner, à la lumière des éléments dont elle dispose – notamment du jugement définitif du 31 mars 2004 – et aux fins de cette affaire, si l’exécution dudit jugement concernait essentiellement des rapports entre des particuliers ou, au contraire, relevait de la responsabilité directe des autorités, au sens de la jurisprudence de la Cour. Or, eu égard à ce qui précède, la Cour ne saurait accepter l’argument du Gouvernement et écarter la conclusion à laquelle ont abouti les autorités, y compris dans le jugement dont l’inexécution fait l’objet de la présente requête. Tout en notant que la société N. était à l’époque des faits une personne morale distincte et qu’elle faisait l’objet d’une procédure de privatisation pendante, la Cour estime que le Gouvernement n’a pas démontré que celle-ci jouissait d’une indépendance institutionnelle et opérationnelle suffisante vis-à-vis des autorités pour que l’Etat puisse être exonéré de sa responsabilité au regard de la Convention pour ses actions et omissions (voir, mutatis mutandis, Moldoveanu, précité, § 34 ; Cooperativa Agricola Slobozia-Hanesei c. Moldova, no 39745/02, § 19, 3 avril 2007, Grigoryev et Kakaurova c. Russie, no 13820/04, § 35, 12 avril 2007, et Vostokmash Avanta c. Ukraine, no 8878/03, § 23, 20 septembre 2007 ; a contrario, Samoylenko et Polonska c. Ukraine, no 6566/05, § 25, 18 décembre 2008, dans laquelle la société débitrice avait été déjà privatisée au moment du prononcé du jugement à exécuter). En outre, tout comme dans l’affaire Moldoveanu précitée, la Cour estime que la conclusion précitée demeure valable aussi pour ce qui est de la période postérieure au prononcé du jugement définitif en cause, au cours de laquelle une procédure de redressement et liquidation judiciaire contre la société N. a été engagée, procédure qui est toujours pendante à ce jour.
24. La Cour rappelle avoir déjà jugé qu’à supposer que le déroulement d’une procédure de faillite pendante puisse justifier un certain retard dans le paiement d’une créance, une telle procédure menée contre une société relevant de la responsabilité de l’Etat ne saurait, selon la Convention, justifier le défaut de paiement par les autorités d’une créance découlant d’un arrêt définitif. A ce titre, il convient de réitérer que les autorités ne peuvent prétexter du manque de ressources pour ne pas honorer une dette fondée sur une décision de justice (Moldoveanu, précité, § 35 ; Grigoryev et Kakaurova, précité, §§ 16 et 37, Shlepkin c. Russie, no 3046/03, § 25, 1er février 2007 et, mutatis mutandis, Kletsova c. Russie, no 24842/04, § 30, 12 avril 2007 et Bourdov c. Russie, no 59498/00, § 35, CEDH 2002-III). Or, comme dans l’affaire Moldoveanu précitée, la Cour observe que la requérante se trouve à présent depuis plus de cinq ans dans l’impossibilité d’obtenir l’exécution du jugement définitif du 31 mars 2004 et le paiement intégral du montant octroyé par ce jugement à titre d’indemnité de licenciement, et que les arguments Gouvernement ne sauraient constituer une justification valable à cet égard.
25. Ces éléments suffisent à la Cour pour conclure que la non-exécution du jugement définitif en question a privé de tout effet utile le droit d’accès à un tribunal de la requérante et a porté atteinte à son droit au respect de ses biens. Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention et de l’article 1 du Protocole no 1.
II. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
26. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
27. La requérante réclame 1 500 euros (EUR) au titre du préjudice matériel et pour frais et dépens, cette somme représentant pour l’essentiel la partie impayée de sa créance découlant du jugement définitif du 31 mars 2004, actualisée pour la période de 2005 à 2009. Elle demande aussi 3 000 EUR au titre du préjudice moral subi.
28. Le Gouvernement réitère ses arguments, estimant qu’il n’a pas la charge d’exécuter des obligations prononcées à l’encontre de particuliers, et considère qu’il y a lieu de rejeter la demande de la requérante au titre du préjudice matériel. S’agissant du dommage moral allégué, il estime qu’un éventuel arrêt de condamnation pourrait représenter une réparation satisfaisante à ce titre. A titre subsidiaire, il renvoie aux montants octroyés dans d’autres affaires de non-exécution d’une décision définitive.
29. La Cour rappelle qu’un arrêt constatant une violation entraîne pour l’Etat défendeur l’obligation juridique au regard de la Convention de mettre un terme à la violation et d’en effacer les conséquences de manière à rétablir autant que faire se peut la situation antérieure à cette violation (Metaxas c. Grèce, no 8415/02, § 35, 27 mai 2004, et Iatridis c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI). Elle réitère avoir constaté une violation de l’article 6 § 1 de la Convention et de l’article 1 du Protocole no 1 en raison de l’impossibilité pour la requérante d’obtenir l’exécution du jugement définitif du 31 mars 2004 et le paiement de l’indemnisation de licenciement. Partant, il convient d’écarter les arguments du Gouvernement et de conclure que la requérante a subi à la fois un préjudice matériel du fait de sa privation, pendant plusieurs années, d’une partie au moins du montant alloué par le jugement précité et un préjudice moral du fait de la frustration provoquée par ce défaut de paiement.
30. Eu égard à l’ensemble des éléments se trouvant en sa possession et statuant en équité, comme le veut l’article 41 de la Convention, la Cour alloue à la requérante la somme de 4 500 EUR tous préjudices confondus.
B. Frais et dépens
31. Sans fournir de justificatif dans les délais impartis, la requérante demande une somme non déterminée, qu’elle inclut d’ailleurs dans sa demande pour préjudice matériel (paragraphe 27 ci-dessus), pour les frais et dépens engagés dans la procédure interne d’exécution et devant la Cour.
32. Le Gouvernement estime qu’il convient de rejeter une telle demande dépourvue de justificatifs, conformément à la pratique de la Cour.
33. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce et compte tenu des éléments en sa possession et des critères susmentionnés, la Cour rejette la demande de la requérante à ce titre.
C. Intérêts moratoires
34. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention et de l’article 1 du Protocole no 1 ;
3. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser à la requérante, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, 4 500 EUR (quatre mille cinq cents euros), à convertir dans la monnaie de l’Etat défendeur au taux applicable à la date du règlement, tous préjudices confondus, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ce montant sera à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 26 janvier 2010, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Greffier Président

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