Conclusione Violazione dell’art. 6-1 ; Violazione di P1-1 ; Danno patrimoniale e pregiudizio morale – riparazione
TERZA SEZIONE
CAUSA AURELIA POPA C. ROMANIA
( Richiesta no 1690/05)
SENTENZA
STRASBURGO
26 gennaio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Aurelia Popa c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Luccichi López Guerra, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 5 gennaio 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 1690/05) diretta contro la Romania e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra A. P. (“la richiedente”), ha investito la Corte il 17 dicembre 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Horatiu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 3 settembre 2008, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dal l’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. La richiedente è nato nel 1959 e risiede a Fagaras.
5. Con un contratto di vendita concluso il 21 marzo 2003, l’autorità per la privatizzazione delle partecipazioni dello stato nelle società commerciali (APAPS, anticamente FPS) vendette alla società F., con sede negli Stati Uniti, delle azioni della società N. a capitale maggioritario di stato in cui la richiedente era impiegato, il che rappresentava circa il 79% del capitale sociale di suddetta società. In una data non precisata nel 2003, con l’accordo dell’APAPS, la società F. cedette la sua posizione di acquirente nel contratto precitato alla società S.T, con sede negli Stati Uniti. La modifica precitata nel capitale sociale della società N. fu segnata nel registro del commercio nel gennaio 2004.
6. In seguito ad un programma di ristrutturazione approvato dall’APAPS nel giugno 2003, cinque cento impiegati della società N. tra cui la richiedente, furono licenziati.
7. Il 9 febbraio 2004, la richiedente investì il tribunale dipartimentale di Brasov di un’azione contro la società N., azione con la quale l’interessata richiedeva un’indennità di licenziamento di un importo equivalente a dodici mesi di stipendio, conformemente al contratto collettivo di lavoro. La società N. sostenne in difesa che un’eccezione era contemplata per il caso in cui una società a capitale maggioritario di stato era stata oggetto di un contratto di vendita concluso dall’APAPS in vista della loro privatizzazione.
8. Con un giudizio del 31 marzo 2004, il tribunale fece diritto all’azione della richiedente e condannò la società N. al pagamento, a titolo di indennità di licenziamento, di un importo totale di 73 969 200 lei rumeni (ROL), attualizzato al giorno del pagamento effettivo secondo il tasso di interessi della Banca nazionale della Romania. Il tribunale considerò che il contratto di vendita del 21 marzo 2003 era stato concluso sotto una condizione sospensiva e che la convenuta non aveva provato in nessun modo che questa condizione era stata realizzata affinché il contratto entrasse in vigore con come conseguenza del trasferimento del diritto di proprietà sulle azioni detenute dall’APAPS e l’inapplicabilità dell’obbligo di pagamento dell’indennità di licenziamento. Il tribunale constatò anche che la società convenuta rimaneva riguardata dal procedimento di sorveglianza finanziaria previsto dalla legge no 137/2002 relativo alle misure di accelerazione del processo di privatizzazione. Messa in bella copia il 28 aprile 2004, questo giudizio diventò definitivo in mancanza di ricorso formato dalle parti alla controversia.
9. Il 14 giugno 2004, la richiedente investì un ufficiale giudiziario di giustizia dell’esecuzione costretta del giudizio del 31 marzo 2004. Su richiesta dell’ufficiale giudiziario di giustizia, il 17 giugno 2004 il tribunale competente autorizzò che la formula esecutiva venisse attaccata sul giudizio precitato ed il 22 giugno 2004 la banca C. procedette ad una sequestro-attribuzione su una parte della somma dovuta dalla società N. all’interessata, potendo intervenire il pagamento di questa somma solamente dopo un termine di quindici giorni( articolo 458 codice di procedura civile).
10. Nel frattempo, con un giudizio dell’ 11 giugno 2004, il tribunale dipartimentale di Brasov fece diritto alla domanda della società N. ed aprì il procedimento previsto dalla legge no 64/1995 sulla correzione e la liquidazione giudiziale a suo riguardo (“la legge no 64/1995”) e ne informò poi l’ufficiale giudiziario di giustizia. Appellandosi all’articolo 35 della suddetta legge, l’amministratore designato dal tribunale chiese il 23 settembre 2004 all’ufficiale giudiziario di giustizia ed alla banca C. di sospendere ogni procedimento concernente i beni della società N. tra cui il sequestro-attribuzione in questione. La richiedente iscrisse il suo credito derivante dal giudizio definitivo del 31 marzo 2004 nel quadro dei crediti nella cornice del procedimento regolato dalla legge no 64/1995.
11. Ad oggi, il procedimento di liquidazione giudiziale della società N. è sempre pendente, avendo potuto ricuperare la richiedente fino ad oggi un importo di 40 487 600 ROL del credito dovuto dalla società precitata.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
Disposizioni legali ed altre decisioni delle autorità concernenti la società N.
12. Il 3 febbraio 2004, il Monitor ufficiale pubblicò un progetto di divisione della società N. in sette società commerciali tra cui la società N. che mantenne sia il nome iniziale che “i crediti ed i debiti della vecchia società N..” Il progetto menzionava il contratto di vendita del 21 marzo 2003, al seguito del quale la società S.T. aveva acquisito la partecipazione di circa il 79% dall’APAPS nel capitale della società.
13. In una lettera del 28 giugno 2004 indirizzata al Governo dal presidente dell’AVAS, nuova denominazione dell’APAPS dopo il 2004, a proposito dello stato di avanzamento della privatizzazione della società N., è menzionato che il contratto di privatizzazione del 21 marzo 2003 era stato concluso sotto condizione sospensiva da parte della società F., e poi dalla società S.T, che prevedeva parecchi obblighi a carico dell’acquirente (aumento del capitale sociale) investimento per la protezione dell’ambiente, conversione dei crediti delle società di stato che fornivano dei servizi pubblici in azioni della società N. ecc.. Dopo il pagamento del prezzo di acquisizione, la società S.T. aveva concluso il 29 ottobre 2003 un accordo con l’APAPS affinché la condizione sospensiva in questione venisse successivamente trasformata in condizione risolutoria con una scadenza prolungata fino al 31 maggio 2004. Il presidente dell’AVAS informava il Governo che all’epoca, il procedimento di conversione dei crediti precitati in azioni della società N., in vista della loro vendita convenuta tra le parti, era pendente.
14. In un comunicato stampa del 31 ottobre 2005 relativo alla situazione delle società del gruppo N., l’AVAS (il vecchio APAPS) precisò che dopo il trasferimento il 14 ottobre 2003 verso la società S.T. del diritto di proprietà delle azioni detenute dall’APAPS in seguito al pagamento del prezzo di queste azioni, sono sopraggiunti dei problemi tra le parti al motivo che la società S.T. non aveva rispettato parecchi dei suoi obblighi contrattuali tra cui in particolare l’aumento del capitale sociale e gli investimenti per l’ambiente. Quindi, l’AVAS aveva avvisato l’acquirente della cessione di diritto del contratto di privatizzazione e della sua re iscrizione il 15 febbraio 2005, in virtù della legge no 137/2000, in quanto azionista delle società nate dalla divisione della società N.
15. Parecchie decisioni emesse dalle autorità durante il periodo pertinente menzionano la società N. in quanto società facente parte del patrimonio dell’APAPS. Così, in una decisione del Governo no 1249 del 24 ottobre 2003, pubblicato nel Monitor ufficiale del 5 novembre 2003, la società N. figurava sull’elenco delle società commerciali che si trovavano nel patrimonio dell’APAPS che beneficiavano delle disposizioni dell’ordinanza del Governo no 8/2003 per stimolare il processo di riorganizzazione e di privatizzazione delle società a capitale maggioritario di stato. Tra l’altro, i crediti delle società di stato beneficiarie di servizi pubblici sulle società debitrici tra cui la società N., dovevano essere convertite in azioni. In una decisione no 1945 del 10 novembre 2004, la società N. veniva ricollocata sull’elenco suddetto, dopo essere stata tolta probabilmente in una data anteriore non precisata. Con un ordine no 4450 del 23 febbraio 2005, l’AVAS istituì i procedimenti di “amministrazione speciale” e di sorveglianza finanziaria, previsti dalla legge no 137/2002, per “accelerare il processo di privatizzazione della società N.” Questo ordine fu abrogato il 9 marzo 2005,costatando l’AVAS che la società era oggetto di un procedimento di correzione e di liquidazione giudiziale.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE E DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
16. La richiedente adduce che l’inadempimento da parte delle autorità del giudizio definitivo del 31 marzo 2004 ha portato attentato al suo diritto di accesso ad un tribunale così come al suo diritto al rispetto dei suoi beni. Invoca in sostanza gli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1, così formulati nelle loro parti pertinenti nello specifico,
Articolo 6 § 1
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
Articolo 1 del Protocollo no 1
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
17. Il Governo combatte questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
18. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
19. La richiedente reitera i suoi argomenti, stimando in sostanza che le autorità sono responsabili per il difetto di esecuzione del giudizio definitivo che condanna la società N. alle indennità di licenziamento.
20. Appellandosi a delle informazioni fornite dall’AVAS e ad un brano del registro del commercio (paragrafo 5 sopra) il Governo fa valere che al momento della pronunzia del giudizio definitivo in causa, l’azionista maggioritario della società N. era la società di diritto privato S.T, così che la presente causa riguarda l’esecuzione di un giudizio contro un debitore privato, non dipendendo la società debitrice dalla responsabilità dello stato. Considerando che, per questo fatto, la presente causa sarebbe differente dalla causa Moldoveanu (no 13386/02, 29 luglio 2008,) il Governo sostiene che le autorità hanno assolto i loro obblighi positivi mettendo a disposizione del richiedente un sistema giudiziale effettivo, ufficiale giudiziario di giustizia e poi procedimento di liquidazione giudiziale, per l’esecuzione del giudizio in causa. Aggiunge che l’interessata ha ottenuto similmente già, a questo giorno, il pagamento di una parte del suo credito.
21. La Corte considera che conviene da prima esaminare il principale argomento del Governo che sostiene che si tratta nello specifico dell’esecuzione di un giudizio reso contro un individuo. Osserva che, se parecchi elementi potrebbero essere considerati in questo senso tra cui in particolare il brano del registro del commercio che, nel 2004, faceva figurare la società S.T. come azionista maggioritaria della società N. dopo la vendita d parte dell’APAPS del pacco maggioritario di azioni di questa società, conviene tuttavia guardare al di là delle apparenze per decidere la questione del regime giuridico della società N. durante il periodo pertinente.
22. La Corte osserva in particolare che, nel procedimento finito dal giudizio definitivo del 31 marzo 2004, pure prendendo in conto il contratto di vendita del 21 marzo 2003, il tribunale ha concluso alla mancanza di prove in quanto alla realizzazione della condizione sospensiva contenuta in questo contratto e, di conseguenza, in quanto al trasferimento effettivo del diritto di proprietà sul pacco maggioritario di azioni tra l’ APAPS, rappresentante le autorità, e la società S.T.. La conclusione che figura in questo giudizio è sostenuta del resto da parecchi elementi tra cui in particolare la lettera del 28 giugno 2004 indirizzata al Governo dal presidente dell’AVAS a proposito dello stato di avanzamento della privatizzazione della società N. (paragrafo 13 sopra). In più, la Corte rileva che, anche dopo il contratto di vendita del 21 marzo 2003 su cui si appella il Governo, parecchie decisioni delle autorità, adottate sia prima che dopo il giudizio definitivo in causa, fanno apparire che la società N. figurava ancora nel patrimonio dell’APAPS, anche prima della risoluzione del contratto di vendita precitata nel febbraio 2005 (paragrafi 14 e 15 sopra).
23. Non appartiene alla Corte decidere la questione dei rapporti tra le autorità e la società S.T. nel processo di privatizzazione della società N., ma solamente esaminare, alla luce degli elementi di cui dispone – in particolare del giudizio definitivo del 31 marzo 2004-ed ai fini di questa causa, se l’esecuzione di suddetto giudizio riguardava essenzialmente dei rapporti tra individui o, al contrario, dipendeva dalla responsabilità diretta delle autorità, ai sensi della giurisprudenza della Corte. Ora, avuto riguardo a ciò che precede, la Corte non potrebbe accettare l’argomento del Governo ed allontanare la conclusione alla quale sono arrivate le autorità, ivi compreso nel giudizio la cui inadempienza è oggetto della presente richiesta. Pure notando che la società N. era all’epoca dei fatti una persona fisica distinta e che era oggetto di un procedimento di privatizzazione pendente, la Corte stima che il Governo non ha dimostrato che questa godeva di un’indipendenza istituzionale ed operativa sufficiente nei confronti delle autorità affinché lo stato possa essere esonerato dalla sua responsabilità allo sguardo della Convenzione per le sue azioni ed omissioni (vedere, mutatis mutandis, Moldoveanu, precitata, § 34; Cooperativa Agricola Slobozia-Hanesei c. Moldova, no 39745/02, § 19, 3 aprile 2007, Grigoryev e Kakaurova c. Russia, no 13820/04, § 35, 12 aprile 2007, e Vostokmash Avanta c. Ucraina, no 8878/03, § 23, 20 settembre 2007; a contrario, Samoylenko e Polonska c. Ucraina, no 6566/05, § 25, 18 dicembre 2008 nella quale la società debitrice era stata privatizzata già al momento della pronunzia del giudizio da eseguire). Inoltre, come nella causa Moldoveanu precitata, la Corte stima che la conclusione precitata rimane anche valida per ciò che riguarda il periodo posteriore alla pronunzia del giudizio definitivo in causa durante il quale un procedimento di correzione e liquidazione giudiziale contro la società N. è stato impegnato, procedimento che è sempre pendente a questo giorno.
24. La Corte ricorda di avere giudicato già che supponendo che lo svolgimento di un procedimento di fallimento pendente possa giustificare un certo ritardo nel pagamento di un credito, tale procedimento condotto contro una società che dipende dalla responsabilità dello stato non potrebbe, secondo la Convenzione, giustificare il difetto di pagamento da parte delle autorità di un credito che deriva da una sentenza definitiva. A questo titolo, conviene reiterare che le autorità non possono addurre come pretesto la mancanza di risorse per non onorare un debito fondato su una decisione di giustizia (Moldoveanu, precitata, § 35; Grigoryev e Kakaurova, precitata, §§ 16 e 37, Shlepkin c. Russia, no 3046/03, § 25, 1 febbraio 2007 e, mutatis mutandis, Kletsova c. Russia, no 24842/04, § 30, 12 aprile 2007 e Bourdov c. Russia, no 59498/00, § 35, CEDH 2002-III). Ora come nella causa Moldoveanu precitata, la Corte osserva che la richiedente si trova da più di cinque anni nell’impossibilità di ottenere l’esecuzione del giudizio definitivo del 31 marzo 2004 ed il pagamento integrale dell’importo concesso da questo giudizio a titolo di indennità di licenziamento ora, e che l’argomento Governo non potrebbe costituire a questo riguardo una giustificazione valida.
25. Questi elementi bastano alla Corte per concludere che l’inadempimento del giudizio definitivo in questione ha privato di ogni effetto utile il diritto di accesso ad un tribunale della richiedente e ha portato attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
26. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
27. La richiedente richiede 1 500 euro (EUR) a titolo del danno patrimoniale e per oneri e spese, questa somma rappresentando per l’essenziale la parte insoluta del suo credito derivante dal giudizio definitivo del 31 marzo 2004, attualizzato per il periodo del 2005 a 2009. Chiede anche 3 000 EUR a titolo del danno morale subito.
28. Il Governo reitera i suoi argomenti, stimando che non ha l’onere di eseguire degli obblighi pronunciati contro individui, e considera che c’è luogo di respingere la richiesta della richiedente a titolo del danno patrimoniale. Trattandosi del danno morale addotto, stima che un’eventuale sentenza di condanna potrebbe rappresentare un risarcimento soddisfacente a questo titolo. A titolo accessorio, rinvia agli importi concessi in altre cause di inadempimento di una decisione definitiva.
29. La Corte ricorda che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo morale allo sguardo della Convenzione di mettere un termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo da ristabilire tanto quanto fare si può la situazione anteriore a questa violazione (Metaxas c. Grecia, no 8415/02, § 35, 27 maggio 2004, ed Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI). Reitera di avere constatato una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo no 1 in ragione dell’impossibilità per la richiedente di ottenere l’esecuzione del giudizio definitivo del 31 marzo 2004 ed il pagamento dell’indennizzo di licenziamento. Pertanto, conviene allontanare gli argomenti del Governo e concludere che la richiedente ha subito al tempo stesso un danno patrimoniale a causa della sua privazione, per parecchi anni, di almeno una parte dell’importo assegnato dal giudizio precitato ed un danno morale a causa della frustrazione provocata da questo difetto di pagamento.
30. Avuto riguardo all’insieme degli elementi che si trovano in suo possesso e deliberando in equità, come vuole l’articolo 41 della Convenzione, la Corte assegna al richiedente la somma di 4 500 EUR ogni danno compreso.
B. Oneri e spese
31. Senza fornire alcun giustificativo nei termini assegnati, la richiedente chiede una somma non determinata, che include nella sua richiesta per danno patrimoniale del resto (paragrafo 27 sopra) per gli oneri e le spese impegnati nel procedimento interno di esecuzione e dinnanzi alla Corte.
32. Il Governo stima che conviene respingere tale richiesta priva di giustificativi, conformemente alla pratica della Corte.
33. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei criteri suddetti, la Corte respinge la richiesta della richiedente a questo titolo.
C. Interessi moratori
34. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare alla richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 4 500 EUR (quattromila cinque centesimi euro) da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento, ogni danno compreso, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 26 gennaio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente