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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE ATHANASIU MARSHALL c. ROUMANIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 21305/05/2009
Stato: Romania
Data: 2009-06-23 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

TERZA SEZIONE
CAUSA ATHANASIU MARSHALL C. ROMANIA
( Richiesta no 21305/05)
SENTENZA
STRASBURGO
23 giugno 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Athanasiu Marshall c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura-Sandström, Corneliu Bîrsan, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Ineta Ziemele, Ann Power, giudici,
e da Stanley Naismith, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 2 giugno 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 21305/05) diretta contro la Romania da un cittadino degli Stati Uniti, il Sig. D. A. M (“il richiedente”) che ha investito la Corte il 4 aprile 2005 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da A. M, avvocato a Bucarest. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Hora₫iu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. L’ 11 ottobre 2007, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1925 e ha risieduto a Mampton Bays, Stati Uniti.
5. La madre del richiedente, così come suo nonno erano proprietari rispettivamente di due appartamenti (“appartamento no 1” e “appartamento no 3”) e di un appartamento (“appartamento no 2”), ubicati al 121, ora 123, via Ştirbei Vodã. In una data non precisata, lo stato prese possesso di questi appartamenti in virtù del decreto di statalizzazione no 92/1950.
6. Il 23 dicembre 1996, l’11 marzo 1997 e l’ 8 ottobre 1998, lo stato vendette l’appartamento no 2 a S.G. e S.F, l’appartamento no 3 a M.V. e l’appartamento no 1 a H.I. e H.M. chi li occupavano in quanto inquilini.
7. In qualità di eredi di loro madre e di loro nonno, il richiedente e R.A.M, la sorella del richiedente, investirono il tribunale di prima istanza di Bucarest di tre azioni distinte per annullamento dei contratti di vendita per ciascuno degli appartamenti, dirette contro l’impresa di stato R. che gestiva dei beni appartenenti allo stato, S.G. e S.F, M.V, H.I. e H.M, facendo valere che la statalizzazione era stata illegale. Con sentenze definitive del 4 ottobre e del 29 maggio 2004 e del 28 marzo 2006, la Corte di appello di Bucarest respinse le azioni considerando che S.G. e S.F, M.V, H.I. e H.M, erano stati in buona fede all’epoca della conclusione di questi contratti. La corte constatò, nei considerando delle sue sentenze, che la statalizzazione era stata illegale, che lo stato non aveva avuto mai titolo di proprietà sull’immobile e che il richiedente e R.A.M. avevano mantenuto il loro requisito di proprietari degli appartamenti.
8. Il 4 luglio 2001, il richiedente e R.A.M. rivolsero al municipio di Bucarest una notificazione per vedersi restituire gli appartamenti controversi in virtù della legge no 10/2001. Con una lettera del 30 novembre 2007, il municipio di Bucarest chiese al richiedente ed a R.A.M. parecchi documenti necessari al trattamento di questa notificazione. Malgrado il fatto che il richiedente avesse versato i documenti sollecitati dalle autorità, finora queste non hanno dato seguito a questa notificazione.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
9. Le disposizioni legali, ivi compreso quelle della legge no 10/2001 sul regime giuridico dei beni immobili presi abusivamente dallo stato tra il 6 marzo 1945 ed il 22 dicembre 1989, e delle sue modifiche susseguenti, e la giurisprudenza interna pertinente sono descritte nelle sentenze Brumărescu c. Romania ([GC], no 28342/95, CEDH 1999-VII, pp. 250-256, §§ 31-33), Străin ed altri c. Romania (no 57001/00, CEDH 2005-VII, §§ 19-26), Păduraru c. Romania,( no 63252/00, §§ 38-53, 1 dicembre 2005) e Tudor c. Romania (no 29035/05, §§ 15–20, 11 dicembre 2007,).
10. Risulta dalle osservazioni del Governo rumeno fornite alla Corte l’ 8 luglio 2008 in due altre cause pendenti al ruolo della Corte (numeri 26694/06 e 47091/06) concernenti i beni immobiliari usciti dal patrimonio dei vecchi proprietari coi decreti di statalizzazione, che le misure che prevedevano l’accelerazione del procedimento di concessione dei risarcimenti attraverso i fondi di investimento “Proprietatea” sono state prese recentemente dalle autorità nazionali in particolare in virtù dell’ordinanza di emergenza del Governo no 81/2007. Il Governo rinvia in particolare ad una lettera delle autorità che dirigono suddetti fondi, sottolineando che questo fondo funziona oramai sotto forma di una società di investimenti di tipo chiuso e sarà registrata presso la Commissione nazionale dei valori mobiliari in quanto organismo di collocamento collettivo, dopo valutazione degli attivi che si trovano nel patrimonio dei fondi. Il Governo fa valere che le persone che detengono delle azioni dei fondi hanno oramai due opzioni, ossia mantenere il collocamento delle azioni presso il fondo e beneficiare di un reddito sotto forma di dividendi, o chiedere la loro conversione in valuta, importi che oramai possono essere percepiti. Il Governo precisa che al 1 febbraio 2008, 2440 domande che esprimevano tali opzioni sono state registrate di cui 855 sono state decise, ammontando l’importo globale delle indennità versate da questo fondo a 72 000 000 nuovi lei rumeni (Ron) (circa 20 400 000 euro (EUR)). In più, a partire dal 1 novembre 2007, il fondo ha cominciato la distribuzione dei dividendi.
11. La pratica giudiziale e la dottrina rumena sono portate per la maggior parte a considerare che ci sono delle situazioni in cui i considerando di una decisione di giustizia acquisiscono autorità di cosa giudicata.
12. Così, i considerando di una decisione possono essere presi anche da questa autorità, nella misura in cui spiegano il dispositivo e si riflettono in questo (vedere Viorel Mihai Ciobanu) « Tratat teoretic şi practic de procedură civilă », Editura Naţional, 1997, p. 271, nota a piè pagina no 941).
13. I considerando acquisiscono autorità di cosa giudicata: a) là dove il dispositivo della decisione non potrebbe essere compreso in loro mancanza; b) quando si tratta dei “considerando decisivi”, cioè quelli che costituiscono l’appoggio necessario del dispositivo, facenti corpo con questo(animus et quasi nervus sententia); c) nel caso dei “considerati decisionali”, quelli che decidono una parte del merito della controversia, senza ritrovarsi tuttavia nel dispositivo (vedere Ione Deleanu, “Tratat di procedură civilă”, Editura Servo-Sat, 2001, no 34, p,. 40).
14. Questo approccio della dottrina è sostenuto dalle sentenze dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia (vedere, tra altre, la sentenza no 3959 del 28 giugno 2005 della sezione commerciale dell’Alta Corte).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
15. Il richiedente adduce un attentato al diritto al rispetto dei suoi beni in ragione della vendita dei beni in questione e del rifiuto delle giurisdizioni nazionali di annullare queste vendite, sebbene abbiano riconosciuto il carattere illegale della statalizzazione. Invoca l’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
16. Il Governo solleva un’eccezione di incompatibilità ratione materiae di questo motivo di appello; stima difatti che il richiedente non disponeva di un bene, ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1, nella misura in cui la Corte di appello di Bucarest ha riconosciuto l’illegalità della statalizzazione nei motivi delle sentenze rese il 4 ottobre e il 29 maggio 2004 e 28 marzo 2006 e non nel dispositivo di questi. In dritto rumeno, solo il dispositivo di una decisione giudiziale beneficia dell’autorità di cosa giudicata. Conclude che il giudizio in questione non potrebbe conferire al richiedente una speranza legittima in quanto alla restituzione del bene. Secondo il Governo, la situazione del richiedente nella presente causa è simile a quelle dei richiedenti nella causa Pentia e Pentia c. Romania, (dec.) , no 57539/00, 23 marzo 2006 ) che erano solamente dei semplici richiedenti a riguardo della restituzione del loro bene.
17. Il richiedente si oppone a questa tesi, considerando che disponeva di un bene, poiché le sentenze definitive menzionate hanno considerato l’illegalità della statalizzazione. Secondo il richiedente, si trova nella stessa situazione dei richiedenti nella causa Străin ed altri precitata.
18. La Corte stima che questa eccezione è legata strettamente alla sostanza del motivo di appello che il richiedente fonda sull’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, così che c’è luogo di unirla al merito. Peraltro, constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
19. Il Governo reitera i suoi argomenti presentati nelle precedenti cause simili (vedere, tra altre, Cîrstoiu c. Romania, no 22281/05, § 22, 4 marzo 2008).
20. Il richiedente rileva che non ha ricevuto nessuno indennizzo a titolo della legge no 10/2001 e che ad ogni modo, il fondo “Proprietatea” in effetti non funziona ad oggi.
21. La Corte ha trattato a più riprese delle cause che sollevano delle questioni simili a quelle del casi specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione (vedere le cause sopraccitate, in particolare Străin precitata, §§ 39, 43 e 59; e Porteanu c. Romania, no 4596/03, §§ 32-35, 16 febbraio 2006).
22. Contrariamente al Governo, la Corte considera che la presente causa è differente dalla causa Pentia e Pentia precitata, nella misura in cui, in questa ultima causa, le giurisdizioni nazionali avevano concluso che la statalizzazione del bene era conforme alla legge, ora tale non è il caso nella presente causa.
23. Difatti, la Corte rileva che la corte di appello di Bucarest ha stabilito in modo definitivo l’illegalità della statalizzazione dei beni nelle sue sentenze del 4 ottobre e del 29 maggio 2004 e del 28 marzo 2006. Stima quindi che questa constatazione di illegalità ha avuto per effetto di riconoscere, indirettamente e con effetto retroattivo, il diritto di proprietà del richiedente sui beni in questione. In più, la Corte constata che questo diritto non era revocabile e non è stato contestato né annullato ad oggi, vedere tra molte altre Străin ed altri precitata, § 38; Sebastian Taub c. Romania, no 58612/00, § 37, 12 ottobre 2006; Gabriele c. Romania, no 35951/02, §§ 25 – 26, 8 marzo 2007; Aldea c. Romania, no 36992/03, § 24, 24 gennaio 2008). Alla vista di ciò che precede, la Corte stima che l’argomento del Governo secondo cui l’illegalità della statalizzazione è stata considerata solamente nei motivi del giudizio in questione non potrebbe motivare un approccio distinto nello specifico (vedere Filipescu c. Romania, no 4839/03 sentenza del 30 settembre 2008, § 19 e Moroianu ed altri c. Romania, no 25008/05 sentenza del 13 novembre 2008, §§ 21 e 22, non definitiva). Ne segue che il richiedente aveva un “bene”, ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. L’eccezione di incompatibilità ratione materiae sollevata dal Governo non potrebbe dunque essere considerata.
24. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che le sono stati sottoposti, la Corte considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente. La Corte riafferma in particolare che, nel contesto legislativo rumeno che regola le azioni di rivendicazione immobiliare e la restituzione dei beni nazionalizzati dal regime comunista, la vendita da parte dello stato del bene altrui a terzi in buona fede, anche quando è anteriore alla conferma definitiva in giustizia del diritto di proprietà dell’altro, si analizza in una privazione di bene. Tale privazione, combinata con la mancanza totale di indennizzo, è contraria all’articolo 1 del Protocollo no 1 (Vodă e Bob c. Romania, no 7976/02, § 23, 7 febbraio 2008).
25. Per quanto il Governo fa valere che è lecito per il richiedente ottenere un indennizzo tramite l’organismo di collocamento collettivo in valori mobiliari “Proprietatea” sulla base della legge no 10/2001, a concorrenza del valore del bene stabilito da perizia, la Corte reitera la sua constatazione anteriore secondo cui il fondo “Proprietatea” non funziona attualmente in modo suscettibile da essere considerata come equivalente alla concessione effettiva di un’indennità (vedere, tra altre, Ruxanda Ionescu c. Romania, no 2608/02, 12 ottobre 2006).
26. Questa conclusione viene presa senza giudicare a priori ogni evoluzione positiva che potrebbero conoscere, nell’avvenire, i meccanismi di finanziamento previsti da questa legge speciale in vista di indennizzare le persone che, come il richiedente, si sono visti riconoscere la qualità di proprietari, con una decisione giudiziale definitiva. A questo riguardo, la Corte prende nota con soddisfazione dell’evoluzione recente che sembra avviarsi in pratica e che va nel buonsenso in materia (paragrafo 10 sopra).
27. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, il collocamento in fallimento del diritto di proprietà del richiedente sul suo bene, combinato con la mancanza totale di indennizzo, gli ha fatto subire un carico sproporzionato ed eccessivo, incompatibile col diritto al rispetto dei suoi beni garantiti dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
Pertanto, c’è stata nella specifico violazione di questa disposizione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
28. Il richiedente si lamenta di un attentato al suo diritto ad un processo equo in ragione delle decisioni rese dalle giurisdizioni nazionali nei procedimenti che hanno per oggetto l’annullamento dei contratti di vendita. Invoca l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Sull’ammissibilità
29. La Corte constata che il motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
30. La Corte considera, tenuto conto delle sue conclusioni che figurano sopra ai paragrafi 21-28, che non c’è luogo di deliberare sul merito di questo motivo di appello (vedere, mutatis mutandis e tra altre, Laino c. Italia [GC], no 33158/96, § 25, CEDH 1999-I, Zanghì c. Italia, sentenza del 19 febbraio 1991, serie A no 194-C, p. 47, § 23, e Chiesa cattolica di Canée c. Grecia, sentenza del 16 dicembre 1997, Raccolta 1997-VIII, § 50).
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 14 DELLA CONVENZIONE COMBINATA CON L’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
31. Citando l’articolo 14 della Convenzione combinato con l’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, il richiedente adduce che il difetto di restituzione dei suoi beni è stato motivato da ragioni discriminatorie.
32. Tenuto conto dell’insieme degli elementi in suo possesso, la Corte non ha rilevato nello specifico nessuna apparenza di violazione dei diritti garantiti dall’articolo 14 della Convenzione combinato con l’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione nel ragionamento della corte di appello di Bucarest.
33. Ne segue che questo motivo di appello deve essere respinto come manifestamente male fondato, in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 46 DELLA CONVENZIONE
34. L’articolo 46 della Convenzione dispone:
“1. Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle controversie alle quali sono partite.
2. La sentenza definitiva della Corte è trasmessa al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l’esecuzione. “
35. La conclusione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 rivela un problema su grande scala che risulta dalla difettosità della legislazione sulla restituzione degli immobili statalizzati che sono stati venduti dallo stato a terzi. Quindi, la Corte stima che lo stato deve pianificare il procedimento messo in opera dalle leggi di risarcimento al più presto (attualmente le leggi numeri 10/2001 e 247/2005) così che diventi realmente coerente, accessibile, veloce e prevedibile (vedere le sentenze Viaşu c. Romania, no 75951/01, § 83, 9 dicembre 2008; Katz c. Romania, no 29739/03, §§ 30-37, 20 gennaio 2009 e Faimblat c. Romania, no 23066/02, §§ 48-54, 13 gennaio 2009).
V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
36. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
37. A titolo del danno materiale, il richiedente richiede 350 000 euro (EUR) rappresentanti il valore commerciale reale degli appartamenti controversi la cui la cui superficie totale è di 305,20 m². Sollecita inoltre 200 000 EUR a titolo del danno morale che avrebbe subito. Il richiedente non ha fornito alcuna perizia tecnica degli appartamenti, al motivo che non ha avuto accesso all’immobile. Tuttavia, ha versato alla pratica degli annunci immobiliari che attestano il valore commerciale degli appartamenti che si trovano nella stessa zona.
38. Il Governo stima che il valore commerciale degli appartamenti è di 315 712 EUR e fornisce il parere di un perito, stabilito nell’aprile 2008, menzionando che il perito non ha avuto accesso all’immobile.
39. Concernente il danno morale addotto, il Governo fa valere che non c’è legame di causalità tra la somma chiesta a questo titolo e la presunta violazione della Convenzione e che il richiedente non ha valutato il suo presunto danno nel formulario della richiesta. Stima che questa somma è, ad ogni modo, eccessiva allo sguardo della giurisprudenza della Corte in materia.
40. La Corte ricorda che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo giuridico, allo sguardo della Convenzione, di mettere un termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze. Se il diritto interno permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, l’articolo 41 della Convenzione conferisce alla Corte il potere di accordare un risarcimento alla parte lesa dall’atto o dall’omissione a proposito dei quali una violazione della Convenzione è stata constatata.
41. La Corte rileva inoltre che risulta dalla pratica che il richiedente e R.A.M. erano coeredi degli appartamenti, (vedere qui sopra il paragrafo7).¬ Tenuto conto delle informazione fornite dalle parti sui prezzi del mercato immobiliare locale, stima il valore del bene da parte del richiedente negli appartamenti controversi a 150 000 EUR.
42. Concernente la richiesta del richiedente a titolo del danno morale, la Corte considera che gli avvenimenti in causa hanno provocato per lui dei dispiaceri e delle incertezze, e che la somma di 2 000 EUR rappresenta un risarcimento equo del danno morale subito.
B. Oneri e spese
43. Il richiedente chiede anche 460 EUR a titolo degli oneri e delle spese, e versa alla pratica una ricevuta che indica una somma di 400 EUR a titolo di parcella di avvocato per il procedimento dinnanzi alla Corte ed una fattura di 246,33 nuovi lei rumeni (Ron) rappresentanti il controvalore degli oneri di traduzione di certi documenti.
44. Il Governo fa valere che la ricevuta non è corredata da un contratto di assistenza giuridica.
45. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte stima ragionevole la somma di 460 EUR ogni onere compreso e l’accorda al richiedente.
C. Interessi moratori
46. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Unisce al merito, l’eccezione preliminare del Governo relativa all’inapplicabilità ratione materiae dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione e la respinge;
2. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello derivati dagli articoli 1 del Protocollo no 1 e 6 § 1 della Convenzione ed inammissibile per il surplus;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
4. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare il motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione;
5. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nel termine di tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 150 000 EUR (cento cinquantamila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno materiale;
b) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nello stesso termine, le seguenti somme:
i, 2 000 EUR (duemila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
ii, 460 EUR (quattro cento sessanta euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per ogni onere compreso;
c) che le somme menzionate ai punti a) e b) saranno da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
d) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 23 giugno 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Josep Casadevall
Cancelliere aggiunto Presidente

Testo Tradotto

TROISIÈME SECTION
AFFAIRE ATHANASIU MARSHALL c. ROUMANIE
(Requête no 21305/05)
ARRÊT
STRASBOURG
23 juin 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Athanasiu Marshall c. Roumanie,
La Cour européenne des droits de l’homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
Josep Casadevall, président,
Elisabet Fura-Sandström,
Corneliu Bîrsan,
Alvina Gyulumyan,
Egbert Myjer,
Ineta Ziemele,
Ann Power, juges,
et de Stanley Naismith, greffier adjoint de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 2 juin 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 21305/05) dirigée contre la Roumanie par un ressortissant des Etats-Unis, M. D. A. M (« le requérant »), qui a saisi la Cour le 4 avril 2005 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant est représenté par Me A. M , avocate à Bucarest. Le gouvernement roumain (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. Răzvan-Horaţiu Radu, du ministère des Affaires étrangères.
3. Le 11 octobre 2007, le président de la troisième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le fond de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Le requérant est né en 1925 et réside à Mampton Bays, Etats-Unis.
5. La mère du requérant, ainsi que son grand-père étaient propriétaires respectivement de deux appartements (« appartement no 1 » et « appartement no 3 ») et d’un appartement (« appartement no 2 »), sis au 121 (à présent 123), rue Ştirbei Vodă. A une date non précisée, l’Etat prit possession de ces appartements en vertu du décret de nationalisation no 92/1950.
6. Les 23 décembre 1996, 11 mars 1997 et 8 octobre 1998, l’Etat vendit l’appartement no 2 à S.G. et S.F., l’appartement no 3 à M.V. et l’appartement no 1 à H.I. et H.M. qui les occupaient en tant que locataires.
7. En qualité d’héritiers de leur mère et de leur grand-père, le requérant et R.A.M., la sœur du requérant, saisirent le tribunal de première instance de Bucarest de trois actions distinctes en annulation des contrats de vente pour chacun des appartements, dirigées contre l’entreprise d’Etat R. qui gérait des biens appartenant à l’Etat, S.G. et S.F., M.V., H.I. et H.M., faisant valoir que la nationalisation avait été illégale. Par arrêts définitifs des 4 octobre et 29 mai 2004 et 28 mars 2006, la Cour d’appel de Bucarest rejeta les actions en retenant que S.G. et S.F., M.V., H.I. et H.M., avaient été de bonne foi lors de la conclusion de ces contrats. La cour constata, dans les considérants de ses arrêts, que la nationalisation avait été illégale, que l’Etat n’avait jamais eu de titre de propriété sur l’immeuble et que le requérant et R.A.M. avaient gardé leur qualité de propriétaires des appartements.
8. Le 4 juillet 2001, le requérant et R.A.M. adressèrent à la mairie de Bucarest une notification afin de se voir restituer les appartements litigieux en vertu de la loi no 10/2001. Par une lettre du 30 novembre 2007, la mairie de Bucarest demanda au requérant et à R.A.M. plusieurs documents nécessaires au traitement de cette notification. Malgré le fait que le requérant a versé les documents sollicités par les autorités, jusqu’à présent celles-ci n’ont pas donné suite à cette notification.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
9. Les dispositions légales (y compris celles de la loi no 10/2001 sur le régime juridique des biens immeubles pris abusivement par l’Etat entre le 6 mars 1945 et le 22 décembre 1989, et de ses modifications subséquentes) et la jurisprudence interne pertinentes sont décrites dans les arrêts Brumărescu c. Roumanie ([GC], no 28342/95, CEDH 1999-VII, pp. 250-256, §§ 31-33), Străin et autres c. Roumanie (no 57001/00, CEDH 2005-VII, §§ 19-26), Păduraru c. Roumanie (no 63252/00, §§ 38-53, 1er décembre 2005) et Tudor c. Roumanie (no 29035/05, §§ 15–20, 11 décembre 2007).
10. Il ressort des observations du Gouvernement roumain fournies à la Cour le 8 juillet 2008 dans deux autres affaires pendantes au rôle de la Cour (nos 26694/06 et 47091/06) concernant des biens immobiliers sortis du patrimoine des anciens propriétaires par des décrets de nationalisation, que des mesures visant l’accélération de la procédure d’octroi des dédommagements à travers le fonds d’investissement « Proprietatea » ont été prises récemment par les autorités nationales en vertu notamment de l’ordonnance d’urgence du Gouvernement no 81/2007. Le Gouvernement renvoie en particulier à une lettre des autorités dirigeant ledit fonds, soulignant que ce fonds fonctionne désormais sous la forme d’une société d’investissements de type fermé et sera enregistrée auprès de la Commission nationale de valeurs mobilières en tant qu’organisme de placement collectif, après évaluation des actifs se trouvant dans le patrimoine du fonds. Le Gouvernement fait valoir que les personnes détenant des actions du fonds ont désormais deux options, à savoir garder le placement en actions auprès du fonds et bénéficier d’un revenu sous la forme de dividendes, ou demander leur conversion en numéraire, montants qu’il est désormais possible de percevoir. Le Gouvernement précise qu’au 1er février 2008, 2440 demandes exprimant de telles options ont été enregistrées, dont 855 ont été résolues, le montant global des indemnités versées par ce fonds s’élevant à 72 000 000 nouveaux lei roumains (RON) (environ 20 400 000 euros (EUR)). De plus, à partir du 1er novembre 2007, le fonds a commencé la distribution de dividendes.
11. La pratique judiciaire et la doctrine roumaines sont majoritaires à considérer qu’il y a des situations où les considérants d’une décision de justice acquièrent l’autorité de la chose jugée.
12. Ainsi, les considérants d’une décision peuvent aussi être investis de cette autorité, dans la mesure où ils expliquent le dispositif et se reflètent dans celui-ci (voir Viorel Mihai Ciobanu, « Tratat teoretic şi practic de procedură civilă », Editura Naţional, 1997, p. 271, note de bas de page no 941).
13. Les considérants acquièrent autorité de la chose jugée : a) là où le dispositif de la décision ne pourrait être compris en leur absence ; b) quand il s’agit des « considérants décisifs », c’est-à-dire ceux qui constituent l’appui nécessaire du dispositif, en faisant corps avec celui-ci (animus et quasi nervus sententia) ; c) dans le cas des « considérants décisoires », ceux qui tranchent une partie du fond du litige, sans se retrouver néanmoins dans le dispositif (voir Ion Deleanu, « Tratat de procedură civilă », Editura Servo-Sat, 2001, no 34, p. 40).
14. Cette approche de la doctrine est appuyée par des arrêts de la Haute Cour de cassation et de justice (voir, parmi d’autres, l’arrêt no 3959 du 28 juin 2005 de la section commerciale de la Haute Cour).
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1 À LA CONVENTION
15. Le requérant allègue une atteinte au droit au respect de ses biens en raison de la vente des biens en question et du refus des juridictions nationales d’annuler ces ventes, bien qu’elles aient reconnu le caractère illégal de la nationalisation. Il invoque l’article 1 du Protocole no 1, ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
16. Le Gouvernement soulève une exception d’incompatibilité ratione materiae de ce grief ; il estime en effet que le requérant ne disposait pas d’un bien, au sens de l’article 1 du Protocole no 1, dans la mesure où la Cour d’appel de Bucarest a reconnu l’illégalité de la nationalisation dans les motifs des arrêts rendus les 4 octobre et 29 mai 2004 et 28 mars 2006 et non dans le dispositif de ceux-ci. En droit roumain, seul le dispositif d’une décision judiciaire bénéficie de l’autorité de la chose jugée. Il conclut que le jugement en question ne saurait conférer au requérant une espérance légitime quant à la restitution du bien. Selon le Gouvernement, la situation du requérant dans la présente affaire est similaire à celles des requérants dans l’affaire Pentia et Pentia c. Roumanie (déc.) (no 57539/00, 23 mars 2006), qui n’étaient que de simples demandeurs à l’égard de la restitution de leur bien.
17. Le requérant s’oppose à cette thèse, en considérant qu’il disposait d’un bien, puisque les arrêts définitifs mentionnés ont retenu l’illégalité de la nationalisation. Selon le requérant, il se trouve dans la même situation que les requérants dans l’affaire Străin et autres précitée.
18. La Cour estime que cette exception est étroitement liée à la substance du grief que le requérant fonde sur l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention, de sorte qu’il y a lieu de la joindre au fond. Par ailleurs, elle constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention et qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
19. Le Gouvernement réitère ses arguments présentés dans des affaires similaires antérieures (voir, parmi d’autres, Cîrstoiu c. Roumanie, no 22281/05, § 22, 4 mars 2008).
20. Le requérant relève qu’il n’a reçu aucune indemnisation au titre de la loi no 10/2001 et qu’en tout état de cause, le fonds « Proprietatea » ne fonctionne pas effectivement à ce jour.
21. La Cour a traité à maintes reprises des affaires soulevant des questions semblables à celles du cas d’espèce et a constaté la violation de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention (voir les affaires citées ci-dessus, notamment Străin précité, §§ 39, 43 et 59 ; et Porteanu c. Roumanie, no 4596/03, §§ 32-35, 16 février 2006).
22. Contrairement au Gouvernement, la Cour considère que la présente affaire est différente de l’affaire Pentia et Pentia précitée, dans la mesure où, dans cette dernière affaire, les juridictions nationales avaient conclu que la nationalisation du bien était conforme à la loi, or tel n’est pas le cas dans la présente affaire.
23. En effet, la Cour relève que la cour d’appel de Bucarest a établi de manière définitive l’illégalité de la nationalisation des biens dans ses arrêts des 4 octobre et 29 mai 2004 et 28 mars 2006. Elle estime dès lors que ce constat d’illégalité a eu pour effet de reconnaître, indirectement et avec effet rétroactif, le droit de propriété du requérant sur les biens en question. De plus, la Cour constate que ce droit n’était pas révocable et n’a été ni contesté ni infirmé à ce jour (voir parmi beaucoup d’autres Străin et autres précité, § 38 ; Sebastian Taub c. Roumanie, no 58612/00, § 37, 12 octobre 2006 ; Gabriel c. Roumanie, no 35951/02, §§ 25 – 26, 8 mars 2007 ; Aldea c. Roumanie, no 36992/03, § 24, 24 janvier 2008). Au vu de ce qui précède, la Cour estime que l’argument du Gouvernement selon lequel l’illégalité de la nationalisation n’a été retenue que dans les motifs du jugement en question ne saurait motiver une approche distincte en l’espèce (voir Filipescu c. Roumanie, no 4839/03 arrêt du 30 septembre 2008, § 19 et Moroianu et autres c. Roumanie, no 25008/05 arrêt du 13 novembre 2008, §§ 21 et 22 (non définitif)). Il s’ensuit que le requérant avait un « bien », au sens de l’article 1 du Protocole no 1. L’exception d’incompatibilité ratione materiae soulevée par le Gouvernement ne saurait donc être retenue.
24. Après avoir examiné tous les éléments qui lui ont été soumis, la Cour considère que le Gouvernement n’a exposé aucun fait ni argument pouvant mener à une conclusion différente dans le cas présent. La Cour réaffirme notamment que, dans le contexte législatif roumain régissant les actions en revendication immobilières et la restitution des biens nationalisés par le régime communiste, la vente par l’Etat du bien d’autrui à des tiers de bonne foi, même lorsqu’elle est antérieure à la confirmation définitive en justice du droit de propriété de l’autre, s’analyse en une privation de bien. Une telle privation, combinée avec l’absence totale d’indemnisation, est contraire à l’article 1 du Protocole no 1 (Vodă et Bob c. Roumanie, no 7976/02, § 23, 7 février 2008).
25. Pour autant que le Gouvernement fait valoir qu’il est loisible au requérant d’obtenir une indemnisation par l’intermédiaire de l’organisme de placement collectif en valeurs mobilières « Proprietatea » sur la base de la loi no 10/2001, à hauteur de la valeur du bien établie par expertise, la Cour réitère son constat antérieur selon lequel le fonds « Proprietatea » ne fonctionne actuellement pas d’une manière susceptible d’être regardée comme équivalant à l’octroi effectif d’une indemnité (voir, parmi d’autres, Ruxanda Ionescu c. Roumanie, no 2608/02, 12 octobre 2006).
26. Cette conclusion est sans préjuger toute évolution positive que pourraient connaître, à l’avenir, les mécanismes de financement prévus par cette loi spéciale en vue d’indemniser les personnes qui, comme le requérant, se sont vu reconnaître la qualité de propriétaires, par une décision judiciaire définitive. A cet égard, la Cour prend note avec satisfaction de l’évolution récente qui semble s’amorcer en pratique et qui va dans le bon sens en la matière (paragraphe 10 ci-dessus).
27. Compte tenu de sa jurisprudence en la matière, la Cour estime qu’en l’espèce, la mise en échec du droit de propriété du requérant sur son bien, combinée avec l’absence totale d’indemnisation, lui a fait subir une charge disproportionnée et excessive, incompatible avec le droit au respect de ses biens garanti par l’article 1 du Protocole no 1.
Partant, il y a eu en l’espèce violation de cette disposition.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
28. Le requérant se plaint d’une atteinte à son droit à un procès équitable en raison des décisions rendues par les juridictions nationales dans les procédures ayant pour objet l’annulation des contrats de vente. Il invoque l’article 6 § 1 de la Convention, ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…) par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »

A. Sur la recevabilité
29. La Cour constate que le grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
30. La Cour considère, compte tenu de ses conclusions figurant aux paragraphes 21-28 ci-dessus, qu’il n’y a pas lieu de statuer sur le fond de ce grief (voir, mutatis mutandis et entre autres, Laino c. Italie [GC], no 33158/96, § 25, CEDH 1999-I, Zanghì c. Italie, arrêt du 19 février 1991, série A no 194-C, p. 47, § 23, et Église catholique de la Canée c. Grèce, arrêt du 16 décembre 1997, Recueil 1997-VIII, § 50).
III. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 14 DE LA CONVENTION COMBINÉ AVEC L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1 À LA CONVENTION
31. Citant l’article 14 de la Convention combiné avec l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention, le requérant allègue que le défaut de restitution de ses biens a été motivé par des raisons discriminatoires.
32. Compte tenu de l’ensemble des éléments en sa possession, la Cour n’a relevé en l’espèce aucune apparence de violation des droits garantis par l’article 14 de la Convention combiné avec l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention dans le raisonnement de la cour d’appel de Bucarest.
33. Il s’ensuit que ce grief doit être rejeté comme étant manifestement mal fondé, en application de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 46 DE LA CONVENTION
34. L’article 46 de la Convention dispose :
« 1. Les Hautes Parties contractantes s’engagent à se conformer aux arrêts définitifs de la Cour dans les litiges auxquels elles sont parties.
2. L’arrêt définitif de la Cour est transmis au Comité des Ministres qui en surveille l’exécution. »
35. La conclusion de violation de l’article 1 du Protocole no 1 révèle un problème à grande échelle résultant de la défectuosité de la législation sur la restitution des immeubles nationalisés qui ont été vendus par l’Etat à des tiers. Dès lors, la Cour estime que l’Etat doit aménager dans les plus brefs délais la procédure mise en place par les lois de réparation (actuellement les lois nos 10/2001 et 247/2005) de sorte qu’elle devienne réellement cohérente, accessible, rapide et prévisible (voir les arrêts Viaşu c. Roumanie, no 75951/01, § 83, 9 décembre 2008 ; Katz c. Roumanie, no 29739/03, §§ 30-37, 20 janvier 2009 et Faimblat c. Roumanie, no 23066/02, §§ 48-54, 13 janvier 2009).
V. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
36. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
37. Au titre du préjudice matériel, le requérant réclame 350 000 euros (EUR) représentant la valeur marchande actuelle des appartements litigieux dont la superficie totale est de 305,20 m². Il sollicite en outre 200 000 EUR au titre du préjudice moral qu’il aurait subi. Le requérant n’a pas fourni d’expertise technique des appartements, au motif qu’il n’a pas eu accès à l’immeuble. Toutefois, il a versé au dossier des annonces immobilières attestant la valeur marchande des appartements se trouvant dans la même zone.
38. Le Gouvernement estime que la valeur marchande des appartements est de 315 712 EUR et fournit l’avis d’un expert, établi en avril 2008, mentionnant que l’expert n’a pas eu accès à l’immeuble.
39. Concernant le préjudice moral allégué, le Gouvernement fait valoir qu’il n’y a pas de lien de causalité entre la somme demandée à ce titre et la prétendue violation de la Convention et que le requérant n’a pas chiffré son prétendu préjudice dans le formulaire de la requête. Il estime que cette somme est, en tout état de cause, excessive au regard de la jurisprudence de la Cour en la matière.
40. La Cour rappelle qu’un arrêt constatant une violation entraîne pour l’Etat défendeur l’obligation juridique, au regard de la Convention, de mettre un terme à la violation et d’en effacer les conséquences. Si le droit interne ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, l’article 41 de la Convention confère à la Cour le pouvoir d’accorder une réparation à la partie lésée par l’acte ou l’omission à propos desquels une violation de la Convention a été constatée.
41. La Cour relève en outre qu’il ressort du dossier que le requérant et R.A.M. étaient cohéritiers des appartements, (voir le paragraphe 7 ci¬dessus). Compte tenu des informations fournies par les parties sur les prix du marché immobilier local, elle estime la valeur du bien de la part du requérant dans les appartements litigieux à 150 000 EUR.
42. Concernant la demande du requérant au titre du dommage moral, la Cour considère que les événements en cause ont entraîné pour lui des désagréments et des incertitudes, et que la somme de 2 000 EUR représente une réparation équitable du préjudice moral subi.
B. Frais et dépens
43. Le requérant demande également 460 EUR au titre des frais et dépens, et verse au dossier une quittance indiquant une somme de 400 EUR à titre d’honoraires d’avocat pour la procédure devant la Cour et une facture de 246,33 nouveaux lei roumains (RON) représentant la contre-valeur des frais de traduction de certains documents.
44. Le Gouvernement fait valoir que la quittance n’est pas accompagnée d’un contrat d’assistance juridique.
45. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce et compte tenu des éléments en sa possession et des critères susmentionnés, la Cour estime raisonnable la somme de 460 EUR tous frais confondus et l’accorde au requérant.
C. Intérêts moratoires
46. La Cour juge approprié de baser le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Joint au fond, l’exception préliminaire du Gouvernement relative à l’inapplicabilité ratione materiae de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention et la rejette ;
2. Déclare la requête recevable quant aux griefs tirés des articles 1 du Protocole no 1 et 6 § 1 de la Convention et irrecevable pour le surplus ;
3. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention ;
4. Dit qu’il n’y a pas lieu d’examiner le grief tiré de l’article 6 § 1 de la Convention ;
5. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser au requérant, dans le délai de trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, 150 000 EUR (cent cinquante mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage matériel ;
b) que l’Etat défendeur doit verser au requérant, dans le même délai, les sommes suivantes :
i) 2 000 EUR (deux mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral ;
ii) 460 EUR (quatre cent soixante euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par le requérant, pour tous frais confondus ;
c) que les sommes mentionnées aux points a) et b) seront à convertir dans la monnaie de l’Etat défendeur au taux applicable à la date du règlement ;
d) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
6. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 23 juin 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Stanley Naismith Josep Casadevall
Greffier adjoint Président

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