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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE ARMANDO IANNELLI c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 34, 35, 06
Numero: 24818/03/2013
Stato: Italia
Data: 2013-02-12 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusioni: Eccezione preliminare considerata, Articolo 34 – Vittima, Parzialmente inammissibile Violazione dell’articolo 6 – Diritto ad un processo equo, Articolo 6 – Procedimento civile Articolo 6-1 – Termine ragionevole, Danno morale- risarcimento

SECONDA SEZIONE

CAUSA ARMANDO IANNELLI C. ITALIA

( Richiesta no 24818/03)

SENTENZA

STRASBURGO

12 febbraio 2013

Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Armando Iannelli c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Danutė Jočienė, presidentessa,
Guido Raimondi,
Peer Lorenzen,
Dragoljub Popović,
Işıl Karakaş,
Nebojša Vučinić,
Paulo Pinto di Albuquerque, giudici ,e
di Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 22 gennaio 2013,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 24818/03) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 6 aprile 1999 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”). Con una lettera del 15 settembre 2006, il Sig. OMISSIS hanno informato la cancelleria di del fatto che desiderano costituirsi nel procedimento dinnanzi alla Corte in quanto eredi del richiedente nel frattempo deceduto. Per ragioni di ordine pratico, la Corte continuerà a chiamare OMISSIS “il richiedente.”
2. Il richiedente è stato rappresentato da OMISSIS, avvocati a Benevento. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, dal suo ex coagente il Sig. N. Lettieri e dal suo coagente la Sig.ra P. Accardo.
3. Il richiedente adduceva un attentato ingiustificato al diritto al rispetto dei suoi beni così come un attentato al diritto ad un processo equo in ragione della durata eccessiva del procedimento.
4. Il 26 maggio 2006, la richiesta è stata comunicata al Governo. Come permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Nato nel 1923 e residente a San Bartolomeo in Galdo all’epoca dell’introduzione della richiesta, il richiedente è deceduto in una data non precisata.
6. I fatti della causa, come sono stati esposti dalle parti, si possono riepilogare come segue.
7. Il richiedente era proprietario di un terreno di 5 590 metri quadrati ubicato a San Bartolomeo in Galdo e registrato al catasto, foglio 58, appezzamenti 74 e 75 su cui si trovava un immobile.
8. Con un’ordinanza del 16 novembre 1989, il consiglio comunale di San Bartolomeo in Galdo approvò il progetto di costruzione sul terreno del richiedente di un ospedale la cui gestione sarebbe stata affidata all’unità sanitaria locale (“USL”).
9. Con un’ordinanza notificata al richiedente l’ 11 agosto 1990, il sindaco di San Bartolomeo in Galdo ordinò l’occupazione di emergenza del terreno in vista della sua espropriazione, per procedere alla costruzione dell’ospedale, appellandosi in particolare al progetto di costruzione approvato il 16 novembre 1989.
10. In una data non precisata, il richiedente attaccò suddetta ordinanza dinnanzi al tribunale amministrativo regionale della Campania (“TAR”). Con una decisione del 28 agosto 1990, il TAR sospese l’esecuzione dell’ordinanza.
11. Con un’ordinanza del 15 ottobre 1990, il consiglio comunale di San Bartolomeo in Galdo approvò un nuovo progetto di costruzione dell’ospedale ed un nuovo procedimento di espropriazione.
12. Tenuto conto dell’adozione di questo nuovo progetto di costruzione, con un giudizio depositato alla cancelleria il 18 febbraio 1993, il TAR respinse al fondo il ricorso del richiedente, al motivo che l’ordinanza che autorizzava l’occupazione del terreno si appellava oramai al progetto di costruzione approvato il 15 ottobre 1990 ed era conforme alla legge.
13. L’occupazione del terreno del richiedente ebbe luogo il 3 giugno 1993 ed i lavori di costruzione furono iniziati il 3 agosto 1995. Questi lavori compresero la distruzione dell’immobile che si trova sul terreno.
1. Il procedimento principale
14. Con due atti di citazione notificati rispettivamente il 23 ottobre 1993 ed il 27 dicembre 1994, il richiedente introdusse due azioni in danno-interessi contro la municipalità di San Bartolomeo in Galdo e dell’USL dinnanzi al tribunale di Benevento. Addusse che l’occupazione del terreno era illegale fin dall’inizio e chiese la restituzione del terreno controverso e, nel caso dove questa sarebbe stato impossibile in ragione della trasformazione irreversibile del bene, un risarcimento per la perdita di questo.
15. In una data non precisata, il tribunale di Benevento riunisce i due procedimenti.
16. Il 29 gennaio 1997, una perizia fu depositata alla cancelleria. Il perito valutò a 357 600 000 ITL (184 685 EUR circa, il valore commerciale del terreno nel 1995, a sapere al momento della sua trasformazione irreversibile, ed a 180 053 900 ITL (92 990 EUR circa, l’importo dell’indennità dovuta ai termini dell’articolo 5 bis della legge no 359 del 1992. Inoltre, il perito valutò a 56 500 000 ITL (29 180 EUR circa, l’indennità dovuta per la distruzione durante i lavori, dell’immobile ubicato sul terreno, ed a 84 765 147 ITL (43 778 EUR circa, l’importo dell’indennità dovuta per il no-godimento del terreno.
17. Con un giudizio depositato alla cancelleria il 15 aprile 2005, il tribunale di Benevento dichiarò di prima che l’USL non poteva essere considerato come responsabile per il danno subito dal richiedente in ragione della perdita del suo terreno. Inoltre, il tribunale giudicò che l’occupazione del terreno era illegale ab initio al motivo che l’ordinanza che autorizzava questa non era conforme alla legge. Per questi motivi, il tribunale stimò che la riduzione dell’indennità, ai termini dell’articolo 5 bis della legge no 359 del 1992, non era applicabile nello specifico e che il richiedente aveva diritto ad un risarcimento corrispondente al valore venale del terreno controverso. Tuttavia, il tribunale non divise la valutazione del valore venale del terreno e delle altre indennità effettuato dal perito commesso di ufficio e condannò la municipalità di San Bartolomeo in Galdo a versare al richiedente un risarcimento globale di 129 114,12 EUR.
18. La municipalità di San Bartolomeo in Galdo interpose appello, facendo valere che il richiedente aveva perso la proprietà del terreno in ragione della trasformazione irreversibile, che si trattava nello specifico di un’espropriazione indiretta e che l’indennità di espropriazione doveva essere determinata secondo i criteri contemplati 5 bis all’articolo della legge no 359 del 1992. Il richiedente interpose appello incidentale ed addusse che era stato privato illecitamente del suo terreno e che aveva diritto ad un risarcimento all’altezza il valore venale.
19. Con una sentenza depositata alla cancelleria il 30 giugno 2011, la corte di appello di Napoli stimò che si trattava nello specifico di un’espropriazione illegittimo ab initio, al motivo che l’ordinanza di occupazione non era conforme alla legge. La corte di appello sottolineò che, alla luce dei sentenze no 348 e 349 del 2007 della Corte Costituzionale che dichiara l’incostituzionalità dell’articolo 5 bis della decreto-legge no 333 del 11 luglio 1992, come modificato dalla legge no 662 del 1996, l’espropriazione indiretta è contraria all’articolo 1 del Protocollo no 1, come interpretato con la giurisprudenza della Corte, e provoca l’obbligo per l’amministrazione di versare agli interessati un risarcimento all’altezza il valore venale del terreno espropriato. Quindi, la corte di appello accordò al richiedente un risarcimento di 193 331,58 EUR, corrispondendo al valore venale del terreno, stabilito dal perito, più rivalutazione ed interessi a partire dalla data di trasformazione irreversibile del terreno, a sapere il 3 agosto 1995. Ne più di questa somma, la corte di appello condannò la municipalità a versare al richiedente 41 897,34 EUR a titolo di indennità di occupazione.
2. Il procedimento “Pinto”
20. Con un ricorso depositato alla cancelleria il 5 aprile 2002, il richiedente investe la corte di appello di Roma al senso del “legge Pinto”, per lamentarsi della durata del procedimento dinnanzi al tribunale di Benevento descritto sopra. Sollecitò il risarcimento dei danni e chiese la somma di 7 747 EUR.
21. Con una decisione del 24 marzo 2003, depositato alla cancelleria il 10 aprile 2003, la corte di appello constatò il superamento di una durata ragionevole. Respinse come no-supportata la domanda relativa al danno patrimoniale ed accordò al richiedente 1 200 EUR a titolo di danno moralee 700 EUR per oneri e spese.
22. Risulta della pratica che questa decisione fu notificata all’amministrazione il 19 maggio 2003 ed acquisì l’autorità della cosa giudicata il 18 luglio 2003.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNE PERTINENTI
23. Il diritto interno pertinente si trova descritto nella sentenza Guiso-Gallisay c. Italia (soddisfazione equa) [GC], no 58858/00, 22 dicembre 2009 (§§ 16-48).
24. In particolare, in quanto agli ultimi sviluppi intervenuti in dritto interno, la Corte nota che con le sentenze i nostri 348 e 349 del 22 ottobre 2007, la Corte Costituzionale ha giudicato che la legge interna debba essere compatibile con la Convenzione nell’interpretazione data dalla giurisprudenza della Corte e, di conseguenza, ha dichiarato incostituzionale l’articolo 5 bis della decreto-legge no 333 del 11 luglio 1992, come modificato dalla legge no 662 del 1996.
25. La Corte Costituzionale, nella sentenza no 349, ha rilevato che il livello insufficiente di indennizzo previsto dalla legge del 1996 era contrario all’articolo 1 del Protocollo no 1 e di conseguenza all’articolo 117 della Costituzione italiana che contempla il rispetto degli obblighi internazionali.
26. Seguito alle sentenze della Corte costituzionale, delle modifiche legislative sono intervenute in dritto interno. L’articolo 2/89 e, della legge di finanze no 244 del 2007 ha stabilito che in un caso di espropriazione indiretta il risarcimento deve corrispondere al valore venale dei beni, nessuna riduzione essendo ammessa.
27. Questa disposizione è applicabile a tutti i procedimenti in corso al 1 gennaio 2008, salvo queste dove la decisione sull’indennità di espropriazione o sul risarcimento è stato accettato o è diventata definitiva.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
28. Il richiedente adduce che è stato così privato del suo terreno in modo incompatibile con l’articolo 1 del Protocollo no1 formula:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
29. Il Governo si oppone a questa tesi.
Sull’ammissibilità
30. Nelle sue osservazioni, depositate alla cancelleria della Corte il 22 settembre 2006, il Governo affermava che il richiedente non era più “vittima”, al senso dell’articolo 34 della Convenzione, poiché aveva ottenuto del tribunale di Benevento un risarcimento corrispondente al valore venale del terreno espropriato.
31. La Corte ricorda di avere già esaminato delle eccezioni simili in altre cause concernenti le espropriazioni indirette. In queste cause, aveva concluso che il semplice fatto che il richiedente abbia ricevuto un indennizzo che corrisponde al valore venale del terreno espropriato non basta in si a togliere egli la qualità di “vittima”, sebbene ciò possa sostenere un ruolo sul terreno dell’articolo 41, Di Angelis ed altri c. Italia, no 68852/01, § 57, 21 dicembre 2006; Carbonara e Ventura c. Italia, no 24638/94, § 62, CEDH 2000-VI; Di Sciscio c. Italia, no 176/04, § 53, 20 aprile 2006. Una decisione o una misura favorevole al richiedente non basta in principio a togliere la qualità di “vittima” che se le autorità nazionali hanno riconosciuto, esplicitamente o in sostanza, poi riparata la violazione della Convenzione (vedere Guerrera e Fusco c). Italia, no 40601/98, § 53, 3 aprile 2003; Amuur c. Francia del 25 giugno 1996, Raccolta 1996-III, p. 846, § 36.
32. Nello specifico, la Corte stima di dovere esaminare la qualità di vittima del richiedente alla luce del cambiamento di legislazione intervenuto in seguito alle sentenze della Corte Costituzionale numero 348 e 349 del 22 ottobre 2007. Ricorda che appartiene alle autorità nazionali risanare una violazione addotta della Convenzione in primo luogo. A questo riguardo, la questione di sapere se un richiedente può definirsi vittima della trasgressione addotta si posi a tutti gli stadi del procedimento allo sguardo della Convenzione ed implichi essenzialmente per la Corte di concedersi ad un esame ex post facto della situazione della persona riguardata, Cocchiarella c. Italia [GC], no 64886/01, §§ 70-72, CEDH 2006-V.
33. La Corte riafferma che le appartiene innanzitutto verificare se c’è stata riconoscenza da parte delle autorità, almeno in sostanza, di una violazione di un diritto protetto dalla Convenzione, Cocchiarella c. Italia precitata, § 84.
34. Rileva che con le sue sentenze i nostri 348 e 349 del 2007, la Corte Costituzionale italiana ha dichiarato l’incostituzionalità dell’articolo 5 bis della decreto-legge no 333 del 11 luglio 1992, come modificato dalla legge no 662 del 1996, poiché contrario all’articolo 1 del Protocollo no 1, come interpretato con la giurisprudenza della Corte. In seguito, la legge di finanze no 244 del 2007 ha stabilito che i proprietari espropriati devono ottenere un risarcimento corrispondente al valore intero del bene, nessuna riduzione che non è più ammessa.
35. Facendo applicazione di questi principi, la corte di appello di Napoli, in una sentenza del 30 giugno 2011, ha stimato che l’espropriazione indiretta del terreno del richiedente era contraria all’articolo 1 del Protocollo no 1, come interpretato con la giurisprudenza della Corte, e provocava una violazione del diritto di proprietà del richiedente ed un obbligo per l’amministrazione di riparare la violazione. La corte di appello condannò quindi l’amministrazione a versare un indennizzo che corrisponde al valore venale del terreno, più rivalutazione ed interessi a partire dalla data di trasformazione irreversibile del terreno espropriato al richiedente.
36. La Corte stima che la corte di appello di Napoli ha constatato esplicitamente la violazione del diritto di proprietà del richiedente. Inoltre, considera che la correzione riconosciuta da questa giurisdizione, conforma ai criteri di calcolo stabilito dalla Corte nel sentenza Guiso Gallisay (precitata, § 105, costituisci una correzione appropriata e sufficiente.
37. Alla luce di queste considerazioni, il richiedente non può più definirsi vittima della violazione addotta al senso dell’articolo 34 della Convenzione, Holzinger c. Austria (no 1), no 23459/94, § 21, CEDH 2001-I. Perciò, questa parte della richiesta è incompatibile ratione personae con le disposizioni della Convenzione al senso dell’articolo 35 § 3 e deve essere respinta in virtù dell’articolo 35 § 4.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
38. Il richiedente si lamenta della durata del procedimento così come dell’insufficienza dell’indennizzo ottenuto dalla corte di appello “Pinto.”
39. Le parti pertinenti dell’articolo 6 § 1 sono formulati così:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile. “
40. Il Governo contesta questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
41. Il Governo solleva un’eccezione di non -esaurimento delle vie di ricorso interne. Fa valere che il richiedente non si è ricorso in cassazione contro la decisione della corte di appello di Roma.
42. La Corte rileva che la decisione della corte di appello di Roma è diventata definitiva il 18 luglio 2003. Alla luce della sua giurisprudenza, Di Salute c. Italia, no 56079/00, 24 giugno 2004, respinge questa eccezione.
43. Peraltro, dopo avere esaminato i fatti della causa e gli argomenti delle parti, la Corte stima, alla luce della giurisprudenza invalsa in materia, Provide S.r.l. c. Italia, no 62155/00, §§ 20-25, CEDH 2007, 5 luglio 2007, che la correzione si è rivelata insufficiente e che gli eredi del richiedente possono sempre definirsi “vittime” al senso dell’articolo 34 della Convenzione.
44. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente male fondato al senso dell’articolo 35 § 3 ha, della Convenzione. La Corte rileva, peraltro, che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
45. La Corte constata che il procedimento principale è cominciato il 23 ottobre 1993 e che era pendente ancora in prima istanza il 24 marzo 2003, data in cui la corte di appello “Pinto” ha reso la sua decisione.
46. La Corte rileva che la corte di appello di Roma ha valutato la durata del procedimento alla data della sua decisione, a sapere il 24 marzo 2003. Il procedimento essendo finito si il 30 giugno 2011, un periodo di circa otto anni e due mesi non è potuto essere presa in considerazione con la corte di appello.
47. La Corte rileva che in ciò che riguarda la fase posteriore al 24 marzo 2003, il richiedente avrebbe dovuto esaurire di nuovo le vie di ricorso interni che sequestrano una nuova volta la corte di appello al senso del legge “Pinto.” Allo visto di ciò che precede, l’esame della Corte sarà limitato alla durata del procedimento avendo fatto l’oggetto di un esame con la corte di appello “Pinto”, Musci c. Italia [GC], no 64699/01, § 116, CEDH 2006-V (brani); Gattuso c. Italia, déc.), no 24715/04.
48. La Corte ha trattato a più riprese delle richieste che sollevano delle questioni simili a quella del caso di specifico e ha constatato un’incomprensione dell’esigenza del “termine ragionevole”, tenuto conto dei criteri emanati in materia dalla sua giurisprudenza buona invalsa (vedere, in primo luogo, Cocchiarella c. Italia, precitata). Non vedendo niente che possa condurre ad una conclusione differente nella presente causa, la Corte stima che c’è luogo anche di constatare una violazione dell’articolo 6 § 1.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE
49. Invocando l’articolo 13, il richiedente si lamenta presumibilmente dell’inefficacia del rimedio “Pinto” in ragione dell’importo insufficiente.
50. La Corte ricorda che l’articolo 13 della Convenzione garantisce l’esistenza in dritta interno di un ricorso che permette di si prevalere dei diritti e libertà come possono si trovare consacrati. Implica che l’istanza nazionale competente è abilitata, da prima, a conoscere del contenuto del motivo di appello fondato sulla Convenzione e, poi, ad offrire una correzione adeguata nei casi che lo meritano (vedere Mifsud c). Francia, déc.) [GC], no 57220/00, § 17, ECHR 2002-VIII; Scordino c. Italia (no 1) [GC], no 36813/97, §§ 186-188, CEDH 2006; Sürmeli c. Germania [GC], no 75529/01, § 98, 8 giugno 2006. Ciò che è, il diritto ad un ricorso effettivo al senso della Convenzione non saprebbe essere interpretato come generoso diritto a ciò che una domanda sia accolta nel senso desiderato dall’interessato (Sürmeli, precitata, § 98.
51. Nello specifico, la corte di appello di Roma aveva bene competenza per pronunciarsi sul motivo di appello del richiedente e ha proceduto effettivamente al suo esame. Agli occhi della Corte, l’insufficienza dell’indennizzo “Pinto” non rimette in causa, a questo giorno, l’efficacia di questa via di ricorso, Gagliano Giorgi, no 23563/07, § 79, 6 marzo 2012; Delle Cantina e Corrado, nº 14626/03, §§ 43-46, 5 giugno 2007,
52. Pertanto, c’è luogo di dichiarare questo motivo di appello inammissibile per difetto manifesto di fondamento al senso dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
53. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno morale
54. Gli eredi del richiedente chiedono la somma di 12 000 EUR ciascuno per il danno morale subito in ragione della durata eccessiva del procedimento.
55. Il Governo si oppone.
56. La Corte stima che avrebbe potuto accordare alla parte ricorrente, in mancanza di vie di ricorso interni e tenuto conto della posta della controversia, 12 000 EUR. Il fatto che la corte di appello di Roma abbia concesso al OMISSIS il 10% di questa somma arriva ad un risultato irragionevole. Di conseguenza, avuto riguardo alle caratteristiche della via di ricorso “Pinto” ed al fatto che sia giunta però ad una constatazione di violazione, la Corte, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia (precitata, §§ 139-142 e 146) e deliberando in equità, assegna congiuntamente agli eredi del richiedente 4 200 EUR.
B. Oneri e spese
57. Giustificativi all’appoggio, gli eredi del richiedente chiedono anche 53 585,78 EUR per gli oneri e spese impegnate dinnanzi alla Corte.
58. Il Governo si oppone e fa valere che il sono richieste sono eccessive.
59. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese che nella misura in cui si trovano stabilisco la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevoli del loro tasso.
60. La Corte non dubita della necessità di impegnare degli oneri, ma trova eccessive le parcelle totali rivendicati a questo titolo. Considera quindi che c’è luogo di rimborsarne solo in parte. Tenuto conto delle circostanze della causa, la Corte giudica ragionevole assegnare congiuntamente un importo di 2 000 EUR agli eredi del richiedente per l’insieme degli oneri esposti.
C. Interessi moratori
61. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti di percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione ed inammissibile per il surplus;

2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;

3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare congiuntamente agli eredi del richiedente, entro tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i, 4 200 EUR, quattromila due cento euro , più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
ii, 2 000 EUR, duemila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dagli eredi del richiedente, per oneri e spese;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;

4. Respingw la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 12 febbraio 2013, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Danutė Jočienė
Cancelliere Presidentessa

Testo Tradotto

Conclusions: Exception préliminaire retenue (Article 34 – Victime) Partiellement irrecevable Violation de l’article 6 – Droit à un procès équitable (Article 6 – Procédure civile Article 6-1 – Délai raisonnable)
Préjudice moral – réparation

DEUXIÈME SECTION

AFFAIRE ARMANDO IANNELLI c. ITALIE

(Requête no 24818/03)

ARRÊT

STRASBOURG

12 février 2013

Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Armando Iannelli c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Danutė Jočienė, présidente,
Guido Raimondi,
Peer Lorenzen,
Dragoljub Popović,
Işıl Karakaş,
Nebojša Vučinić,
Paulo Pinto de Albuquerque, juges,
et de Stanley Naismith, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 22 janvier 2013,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 24818/03) dirigée contre la République italienne et dont un ressortissant de cet État, OMISSIS (« le requérant »), a saisi la Cour le 6 avril 1999 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »). Par une lettre du 15 septembre 2006, M. OMISSIS ont informé le greffe de ce qu’ils souhaitent se constituer dans la procédure devant la Cour en qu’en tant qu’héritiers du requérant entretemps décédé. Pour des raisons d’ordre pratique, la Cour continuera d’appeler OMISSIS « le requérant ».
2. Le requérant a été représenté par OMISSIS, avocats à Bénévent. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté par son agent, Mme E. Spatafora, par son ancien coagent M. N. Lettieri et par son coagent Mme P. Accardo.
3. Le requérant alléguait une atteinte injustifiée au droit au respect de ses biens ainsi qu’une atteinte au droit à un procès équitable en raison de la durée excessive de la procédure.
4. Le 26 mai 2006, la requête a été communiquée au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 1 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Né en 1923 et résidant à San Bartolomeo in Galdo lors de l’introduction de la requête, le requérant est décédé à une date non précisée.
6. Les faits de la cause, tels qu’ils ont été exposés par les parties, peuvent se résumer comme suit.
7. Le requérant était propriétaire d’un terrain de 5 590 mètres carrés sis à San Bartolomeo in Galdo et enregistré au cadastre, feuille 58, parcelles 74 et 75, sur lequel se trouvait un immeuble.
8. Par un arrêté du 16 novembre 1989, le conseil municipal de San Bartolomeo in Galdo approuva le projet de construction sur le terrain du requérant d’un hôpital dont la gestion serait confiée à l’unité sanitaire locale (« USL »).
9. Par un arrêté notifié au requérant le 11 août 1990, le maire de San Bartolomeo in Galdo ordonna l’occupation d’urgence du terrain en vue de son expropriation, afin de procéder à la construction de l’hôpital, s’appuyant notamment sur le projet de construction approuvé le 16 novembre 1989.
10. A une date non précisée, le requérant attaqua ledit arrêté devant le tribunal administratif régional de Campanie (« TAR »). Par une décision du 28 août 1990, le TAR suspendit l’exécution de l’arrêté.
11. Par un arrêté du 15 octobre 1990, le conseil municipal de San Bartolomeo in Galdo approuva un nouveau projet de construction de l’hôpital et une nouvelle procédure d’expropriation.
12. Compte tenu de l’adoption de ce nouveau projet de construction, par un jugement déposé au greffe le 18 février 1993, le TAR rejeta au fond le recours du requérant, au motif que l’arrêté autorisant l’occupation du terrain s’appuyait désormais sur le projet de construction approuvé le 15 octobre 1990 et était conforme à la loi.
13. L’occupation du terrain du requérant eut lieu le 3 juin 1993 et les travaux de construction furent entamés le 3 août 1995. Ces travaux comportèrent la destruction de l’immeuble se trouvant sur le terrain.
1. La procédure principale
14. Par deux actes d’assignation notifiés respectivement le 23 octobre 1993 et le 27 décembre 1994, le requérant introduisit deux actions en dommages-intérêts à l’encontre de la municipalité de San Bartolomeo in Galdo et de l’USL devant le tribunal de Bénévent. Il allégua que l’occupation du terrain était illégale dès le début et il demanda la restitution du terrain litigieux et, dans le cas où celle-ci aurait été impossible en raison de la transformation irréversible du bien, un dédommagement pour la perte de celui-ci.
15. À une date non précisée, le tribunal de Bénévent réunit les deux procédures.
16. Le 29 janvier 1997, une expertise fut déposée au greffe. L’expert évalua à 357 600 000 ITL (184 685 EUR environ) la valeur marchande du terrain en 1995, à savoir au moment de sa transformation irréversible, et à 180 053 900 ITL (92 990 EUR environ) le montant de l’indemnité due aux termes de l’article 5 bis de la loi no 359 de 1992. En outre, l’expert évalua à 56 500 000 ITL (29 180 EUR environ) l’indemnité due pour la destruction pendant les travaux, de l’immeuble sis sur le terrain, et à 84 765 147 ITL (43 778 EUR environ) le montant de l’indemnité due pour la non-jouissance du terrain.
17. Par un jugement déposé au greffe le 15 avril 2005, le tribunal de Bénévent déclara d’abord que l’USL ne pouvait pas être considérée comme responsable pour le dommage subi par le requérant en raison de la perte de son terrain. En outre, le tribunal jugea que l’occupation du terrain était illégale ab initio au motif que l’arrêté autorisant celle-ci n’était pas conforme à la loi. Pour ces motifs, le tribunal estima que la réduction de l’indemnité, aux termes de l’article 5 bis de la loi no 359 de 1992, n’était pas applicable en l’espèce et que le requérant avait droit à un dédommagement correspondant à la valeur vénale du terrain litigieux. Toutefois, le tribunal ne partagea pas l’évaluation de la valeur vénale du terrain et des autres indemnités effectuée par l’expert commis d’office et condamna la municipalité de San Bartolomeo in Galdo à verser au requérant un dédommagement global de 129 114,12 EUR.
18. La municipalité de San Bartolomeo in Galdo interjeta appel, faisant valoir que le requérant avait perdu la propriété du terrain en raison de la transformation irréversible, qu’il s’agissait en l’espèce d’une expropriation indirecte et que l’indemnité d’expropriation devait être déterminée selon les critères prévus à l’article 5 bis de la loi no 359 de 1992. Le requérant interjeta appel incident et allégua qu’il avait été illégitimement privé de son terrain et qu’il avait droit à un dédommagement à hauteur de la valeur vénale.
19. Par un arrêt déposé au greffe le 30 juin 2011, la cour d’appel de Naples estima qu’il s’agissait en l’espèce d’une expropriation illégitime ab initio, au motif que l’arrêté d’occupation n’était pas conforme à la loi. La cour d’appel souligna que, à la lumière des arrêts no 348 et 349 de 2007 de la Cour Constitutionnelle déclarant l’inconstitutionnalité de l’article 5 bis du décret-loi no 333 du 11 juillet 1992, tel que modifié par la loi no 662 de 1996, l’expropriation indirecte est contraire à l’article 1 du Protocole no 1, tel qu’interprété par la jurisprudence de la Cour, et entraîne l’obligation pour l’Administration de verser aux intéressés un dédommagement à hauteur de la valeur vénale du terrain exproprié. Dès lors, la cour d’appel accorda au requérant un dédommagement de 193 331,58 EUR, correspondant à la valeur vénale du terrain, établie par l’expert, plus réévaluation et intérêts à partir de la date de transformation irréversible du terrain, à savoir le 3 août 1995. En plus de cette somme, la cour d’appel condamna la municipalité à verser au requérant 41 897,34 EUR à titre d’indemnité d’occupation.
2. La procédure « Pinto »
20. Par un recours déposé au greffe le 5 avril 2002, le requérant saisit la cour d’appel de Rome au sens de la « loi Pinto », afin de se plaindre de la durée de la procédure devant le tribunal de Bénévent décrite ci-dessus. Il sollicita la réparation des dommages et demanda la somme de 7 747 EUR.
21. Par une décision du 24 mars 2003, déposée au greffe le 10 avril 2003, la cour d’appel constata le dépassement d’une durée raisonnable. Elle rejeta comme non-étayée la demande relative au dommage matériel et accorda au requérant 1 200 EUR au titre de dommage moral et 700 EUR pour frais et dépens.
22. Il ressort du dossier que cette décision fut notifiée à l’Administration le 19 mai 2003 et acquit l’autorité de la chose jugée le 18 juillet 2003.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
23. Le droit interne pertinent se trouve décrit dans l’arrêt Guiso-Gallisay c. Italie (satisfaction équitable) [GC], no 58858/00, 22 décembre 2009 (§§ 16-48).
24. En particulier, quant aux derniers développements intervenus en droit interne, la Cour note que par les arrêts nos 348 et 349 du 22 octobre 2007, la Cour Constitutionnelle a jugé que la loi interne doit être compatible avec la Convention dans l’interprétation donnée par la jurisprudence de la Cour et, par conséquent, a déclaré inconstitutionnel l’article 5 bis du décret-loi no 333 du 11 juillet 1992, tel que modifié par la loi no 662 de 1996.
25. La Cour Constitutionnelle, dans l’arrêt no 349, a relevé que le niveau insuffisant d’indemnisation prévu par la loi de 1996 était contraire à l’article 1 du Protocole no 1 et par conséquent à l’article 117 de la Constitution italienne, lequel prévoit le respect des obligations internationales.
26. Suite aux arrêts de la Cour constitutionnelle, des modifications législatives sont intervenues en droit interne. L’article 2/89 e) de la loi de finances no 244 de 2007 a établi que dans un cas d’expropriation indirecte le dédommagement doit correspondre à la valeur vénale des biens, aucune réduction n’étant admise.
27. Cette disposition est applicable à toutes les procédures en cours au 1er janvier 2008, sauf celles où la décision sur l’indemnité d’expropriation ou sur le dédommagement a été acceptée ou est devenue définitive.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
28. Le requérant allègue qu’il a été privé de son terrain de manière incompatible avec l’article 1 du Protocole no1 ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les États de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
29. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
Sur la recevabilité
30. Dans ses observations, déposées au greffe de la Cour le 22 septembre 2006, le Gouvernement affirmait que le requérant n’était plus « victime », au sens de l’article 34 de la Convention, puisqu’il avait obtenu du tribunal de Bénévent un dédommagement correspondant à la valeur vénale du terrain exproprié.
31. La Cour rappelle avoir déjà examiné des exceptions similaires dans d’autres affaires concernant des expropriations indirectes. Dans ces affaires, elle avait conclu que le simple fait que le requérant ait reçu une indemnisation correspondant à la valeur vénale du terrain exproprié ne suffit pas en soi à lui retirer la qualité de « victime », bien que cela puisse jouer un rôle sur le terrain de l’article 41 (De Angelis et autres c. Italie, no 68852/01, § 57, 21 décembre 2006 ; Carbonara et Ventura c. Italie, no 24638/94, § 62, CEDH 2000 VI ; De Sciscio c. Italie, no 176/04, § 53, 20 avril 2006). Une décision ou une mesure favorable au requérant ne suffit en principe à retirer la qualité de «victime » que si les autorités nationales ont reconnu, explicitement ou en substance, puis réparé la violation de la Convention (voir Guerrera et Fusco c. Italie, no 40601/98, § 53, 3 avril 2003 ; Amuur c. France du 25 juin 1996, Recueil 1996-III, p. 846, § 36).
32. En l’espèce, la Cour estime devoir examiner la qualité de victime du requérant à la lumière du changement de législation intervenu à la suite des arrêts de la Cour Constitutionnelle nos 348 et 349 du 22 octobre 2007. Elle rappelle qu’il appartient en premier lieu aux autorités nationales de redresser une violation alléguée de la Convention. A cet égard, la question de savoir si un requérant peut se prétendre victime du manquement allégué se pose à tous les stades de la procédure au regard de la Convention et implique essentiellement pour la Cour de se livrer à un examen ex post facto de la situation de la personne concernée (Cocchiarella c. Italie [GC], no 64886/01, §§ 70-72, CEDH 2006 V).
33. La Cour réaffirme qu’il lui appartient tout d’abord de vérifier s’il y a eu reconnaissance par les autorités, au moins en substance, d’une violation d’un droit protégé par la Convention (Cocchiarella c. Italie précité, § 84).
34. Elle relève que par ses arrêts nos 348 et 349 de 2007, la Cour Constitutionnelle italienne a déclaré l’inconstitutionnalité de l’article 5 bis du décret-loi no 333 du 11 juillet 1992, tel que modifié par la loi no 662 de 1996, puisque contraire à l’article 1 du Protocole no 1, tel qu’interprété par la jurisprudence de la Cour. Par la suite, la loi de finances no 244 de 2007 a établi que les propriétaires expropriés doivent obtenir un dédommagement correspondant à la valeur entière du bien, aucune réduction n’étant plus admise.
35. En faisant application de ces principes, la cour d’appel de Naples, dans un arrêt du 30 juin 2011, a estimé que l’expropriation indirecte du terrain du requérant était contraire à l’article 1 du Protocole no 1, tel qu’interprété par la jurisprudence de la Cour, et entraînait une violation du droit de propriété du requérant et une obligation pour l’Administration de réparer la violation. La cour d’appel condamna dès lors l’Administration à verser au requérant une indemnisation correspondant à la valeur vénale du terrain, plus réévaluation et intérêts à partir de la date de transformation irréversible du terrain exproprié.
36. La Cour estime que la cour d’appel de Naples a explicitement constaté la violation du droit de propriété du requérant. En outre, elle considère que le redressement reconnu par cette juridiction, conforme aux critères de calcul établis par la Cour dans l’arrêt Guiso Gallisay (précité, § 105), constitue un redressement approprié et suffisant.
37. A la lumière de ces considérations, le requérant ne peut plus se prétendre victime de la violation alléguée au sens de l’article 34 de la Convention (Holzinger c. Autriche (no 1), no 23459/94, § 21, CEDH 2001 I). En conséquence, cette partie de la requête est incompatible ratione personae avec les dispositions de la Convention au sens de l’article 35 § 3 et doit être rejetée en vertu de l’article 35 § 4.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
38. Le requérant se plaint de la durée de la procédure ainsi que de l’insuffisance de l’indemnisation obtenue par la cour d’appel « Pinto ».
39. Les parties pertinentes de l’article 6 § 1 sont ainsi libellées :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) dans un délai raisonnable, par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…). »
40. Le Gouvernement conteste cette thèse.
A. Sur la recevabilité
41. Le Gouvernement soulève une exception de non-épuisement des voies de recours internes. Il fait valoir que le requérant ne s’est pas pourvu en cassation contre la décision de la cour d’appel de Rome.
42. La Cour relève que la décision de la cour d’appel de Rome est devenue définitive le 18 juillet 2003. À la lumière de sa jurisprudence (Di Sante c. Italie, no 56079/00, 24 juin 2004), elle rejette cette exception.
43. Par ailleurs, après avoir examiné les faits de la cause et les arguments des parties, la Cour estime, à la lumière de la jurisprudence établie en la matière (Provide S.r.l. c. Italie, no 62155/00, §§ 20-25, CEDH 2007, 5 juillet 2007), que le redressement s’est révélé insuffisant et que les héritiers du requérant peuvent toujours se prétendre « victimes » au sens de l’article 34 de la Convention.
44. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 a) de la Convention. La Cour relève, par ailleurs, qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
45. La Cour constate que la procédure principale a débuté le 23 octobre 1993 et qu’elle était encore pendante en première instance le 24 mars 2003, date à laquelle la cour d’appel « Pinto » a rendu sa décision.
46. La Cour relève que la cour d’appel de Rome a évalué la durée de la procédure à la date de sa décision, à savoir le 24 mars 2003. La procédure s’étant achevée le 30 juin 2011, une période d’environ huit ans et deux mois n’a pas pu être prise en considération par la cour d’appel.
47. La Cour relève qu’en ce qui concerne la phase postérieure au 24 mars 2003, le requérant aurait dû épuiser à nouveau les voies de recours internes en saisissant une nouvelle fois la cour d’appel au sens de la loi « Pinto ». Au vu de ce qui précède, l’examen de la Cour sera limité à la durée de la procédure ayant fait l’objet d’un examen par la cour d’appel « Pinto » (Musci c. Italie [GC], no 64699/01, § 116, CEDH 2006 V (extraits) ; Gattuso c. Italie (déc.), no 24715/04).
48. La Cour a traité à maintes reprises des requêtes soulevant des questions semblables à celle du cas d’espèce et a constaté une méconnaissance de l’exigence du « délai raisonnable », compte tenu des critères dégagés par sa jurisprudence bien établie en la matière (voir, en premier lieu, Cocchiarella c. Italie, précité). N’apercevant rien qui puisse mener à une conclusion différente dans la présente affaire, la Cour estime qu’il y a également lieu de constater une violation de l’article 6 § 1.
III. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 13 DE LA CONVENTION
49. Invoquant l’article 13, le requérant se plaint de l’inefficacité du remède « Pinto » en raison du montant prétendument insuffisant.
50. La Cour rappelle que l’article 13 de la Convention garantit l’existence en droit interne d’un recours permettant de s’y prévaloir des droits et libertés tels qu’ils peuvent s’y trouver consacrés. Il implique que l’instance nationale compétente soit habilitée, d’abord, à connaître du contenu du grief fondé sur la Convention et, ensuite, à offrir un redressement approprié dans les cas qui le méritent (voir Mifsud c. France (déc.) [GC], no 57220/00, § 17, ECHR 2002-VIII ; Scordino c. Italie (no 1) [GC], no 36813/97, §§ 186-188, CEDH 2006; Sürmeli c. Allemagne [GC], no 75529/01, § 98, 8 juin 2006). Cela étant, le droit à un recours effectif au sens de la Convention ne saurait être interprété comme donnant droit à ce qu’une demande soit accueillie dans le sens souhaité par l’intéressé (Sürmeli, précité, § 98).
51. En l’espèce, la cour d’appel de Rome avait bien compétence pour se prononcer sur le grief du requérant et elle a effectivement procédé à son examen. Aux yeux de la Cour, l’insuffisance de l’indemnisation « Pinto » ne remet pas en cause, à ce jour, l’efficacité de cette voie de recours (Gagliano Giorgi, no 23563/07, § 79, 6 mars 2012 ; Delle Cave et Corrado, nº 14626/03, §§ 43-46, 5 juin 2007),
52. Partant, il y a lieu de déclarer ce grief irrecevable pour défaut manifeste de fondement au sens de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
53. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage moral
54. Les héritiers du requérant demandent la somme de 12 000 EUR chacun pour le préjudice moral subi en raison de la durée excessive de la procédure.
55. Le Gouvernement s’y oppose.
56. La Cour estime qu’elle aurait pu accorder à la partie requérante, en l’absence de voies de recours internes et compte tenu de l’enjeu du litige, 12 000 EUR. Le fait que la cour d’appel de Rome ait octroyé à OMISSIS 10% de cette somme aboutit à un résultat déraisonnable. Par conséquent, eu égard aux caractéristiques de la voie de recours « Pinto » et au fait qu’elle soit tout de même parvenue à un constat de violation, la Cour, compte tenu de la solution adoptée dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie (précité, §§ 139-142 et 146) et statuant en équité, alloue aux héritiers du requérant conjointement 4 200 EUR.
B. Frais et dépens
57. Justificatifs à l’appui, les héritiers du requérant demandent également 53 585,78 EUR pour les frais et dépens engagés devant la Cour.
58. Le Gouvernement s’y oppose et fait valoir que les sommes réclamées sont excessives.
59. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux.
60. La Cour ne doute pas de la nécessité d’engager des frais, mais elle trouve excessifs les honoraires totaux revendiqués à ce titre. Elle considère dès lors qu’il y a lieu de les rembourser en partie seulement. Compte tenu des circonstances de la cause, la Cour juge raisonnable d’allouer un montant de 2 000 EUR aux héritiers du requérant conjointement pour l’ensemble des frais exposés.
C. Intérêts moratoires
61. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de l’article 6 § 1 de la Convention et irrecevable pour le surplus ;

2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;

3. Dit
a) que l’État défendeur doit verser aux héritiers du requérant conjointement, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
i) 4 200 EUR (quatre mille deux cents euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral ;
ii) 2 000 EUR (deux mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par les héritiers du requérant, pour frais et dépens;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;

4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 12 février 2013, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Stanley Naismith Danutė Jočienė
Greffier Présidente

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