Conclusione Violazione di P1-1 ; Danno materiale et pregiudizio morale – riparazione
PRIMA SEZIONE
CAUSA APOSTOLAKIS C. GRECIA
( Richiesta no 39574/07)
SENTENZA
STRASBURGO
22 ottobre 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Apostolakis c. Grecia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
Nina Vajić, presidentessa, Christos Rozakis, Khanlar Hajiyev, Dean Spielmann, Sverre Erik Jebens, Giorgio Malinverni, George Nicolaou, giudici,
e da Søren Nielsen, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 1 ottobre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 39574/07) diretta contro la Repubblica ellenica e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. M. A. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 10 agosto 2007 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da I. P., avvocato ad Atene. Il governo greco (“il Governo”) è rappresentato presso dai delegati del suo agente, la Sig.ra O. Patsopoulou, assessore del Consulente legale dello stato, ed il Sig. I. Bakopoulos, revisore presso il Consulente legale dello stato.
3. Il richiedente adduce una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
4. Il 7 luglio 2008, la presidentessa della prima sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la Camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1938 e risiede a Neo Iraklio.
6. Il richiedente lavora dall’età di diciotto anni in un organismo di assicurazione delle libere professioni, la Cassa dei professionisti ed artigiani della Grecia (“TEVE”). Fu promosso alla funzione di direttore delle pensioni. Fu obbligato a licenziarsi in ragione di un procedimento penale impegnato a suo carico per falsificazione di libretti di assicurazione degli assicurati del TEVE.
7. Il 13 marzo 1998, la corte di appello di Atene giudicò il richiedente colpevole di avere assistito, dal 1976 al 1986, due altre persone che falsificavano dei libretti di assicurazione a scapito del TEVE. Lo condannò ad una pena di reclusione di undici anni. Il richiedente fu liberato sotto condizionale l’ 11 dicembre 1998, essendo stata dedotta la durata della sua detenzione provvisoria dalla sua pena dalla corte di appello.
8. Nel 1988, il richiedente si vide riconoscere il diritto ad una pensione d’anzianità di servizio , a contare dal 10 giugno 1987, dopo trent’ anni, sette mesi e cinque giorni di servizio. Tuttavia, dopo la liberazione del richiedente, il direttore delle pensioni dell’organismo di sicurezza sociale (“IKA”), con un atto del 17 dicembre 1999, annullò la sua decisione presa nel 1988 di accordare una pensione di anzianità di servizio al richiedente e trasferì una parte di questa pensione alla moglie ed alla figlia di questo, sulla base della condanna per il reato precitato e conformemente agli articoli 62 e 64 § 1 del codice delle pensioni (paragrafi 18-19 sotto). Il richiedente spiega che la pensione piena che gli era stata riconosciuta ammontava a 617, 14 euro (EUR) al mese e che sua moglie e sua figlia percepivano 432 EUR al mese. La soppressione della pensione di anzianità di servizio del richiedente provocò anche quella dei suoi diritti personali alla previdenza sociale.
9. Il richiedente formò un’obiezione contro questa decisione dinnanzi alla commissione di controllo degli atti dell’ordinamento delle pensioni che restò senza seguito.
10. In seguito a questo rigetto tacito dell’obiezione, il richiedente investì la Corte dei conti. Nelle sue osservazioni del 9 settembre 2002 e dell’8 dicembre 2003, invocava, tra l’altro, l’articolo 1 del Protocollo no 1 e la sentenza resa dalla terza sezione della Corte nella causa Azinas c. Cipro (no 56679/00, 20 giugno 2002,). Sosteneva, inoltre, che l’annullamento della pensione di anzianità di servizio metteva in pericolo la sua integrità fisica e morale ed adduceva a questo riguardo una violazione degli articoli 3 e 8 della Convenzione.
11. Con una sentenza del 1 aprile 2004, la Corte dei conti giudicò che l’articolo 62 del codice delle pensioni introduceva un’eccezione al principio secondo cui tutti i funzionari avevano diritto ad una pensione di anzianità di servizio quando assolvevano le condizioni legali. Questa eccezione era fondata su un criterio che non era in relazione diretta con l’oggetto della regolamentazione che consisteva nella concessione di una pensione di anzianità di servizio dopo la fine del servizio. E questo in ragione del fatto che il comportamento penalmente sanzionato di un funzionario non aveva legame diretto con la regolamentazione relativa alle pensioni tanto da costituire un criterio tale da poter condurre alla perdita del diritto ad una pensione di anzianità di servizio. La soppressione della pensione di anzianità di servizio che costituiva una misura particolarmente grave e pesante sul funzionario rinviato fino alla fine della sua vita, metteva in pericolo la sua sopravvivenza privandolo dei mezzi elementari per soddisfare i suoi bisogni vitali in un’età in cui la possibilità di sostituire questa pensione con un’altra risorsa era molto aleatoria, addirittura inesistente. Gli svantaggi che comprendeva la disposizione di questo articolo erano sproporzionati allo scopo perseguito, ossia il buon funzionamento del servizio pubblico, dunque. Questo articolo era allora contrario al principio costituzionale di proporzionalità.
12. In seguito a questa conclusione, la Corte dei conti rinviò la causa alla sua formazione plenaria affinché questa si pronunciasse sulla costituzionalità dell’articolo 62 capoverso b) del codice delle pensioni.
13. Nelle sue osservazioni del 6 giugno 2005, il richiedente fondò la totalità dei suoi argomenti sull’articolo 1 del Protocollo no 1 e sulla suddetta sentenza Azinas c. Cipro.
14. Con una sentenza del 12 ottobre 2005, la formazione plenaria giudicò che l’articolo 62 capoverso b) precitato non portava attentato al principio di proporzionalità. Precisò che questa disposizione aveva per scopo di dissuadere i funzionari in attività di commettere i reati che vi erano menzionati, e questo per proteggere gli interessi materiali e giuridici dei servizi pubblici, il buon funzionamento dell’amministrazione così come la credibilità e l’integrità di questa. Per raggiungere questo scopo, il legislatore non poteva distinguere a seconda che la condanna per la commissione di questi reati fosse intervenuta mentre la persona riguardata era in pensione o meno, se no la pensione contribuirebbe un mettere il funzionario al riparo dalle sanzioni.
15. Nelle sue osservazioni del 10 ottobre 2006 alla Corte dei conti, il richiedente invocò di nuovo la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1, riferendosi alla sentenza Azinas precitata.
16. Con una sentenza del 15 febbraio 2007, la Corte dei conti, deliberando nella causa del richiedente, concluse che, tenuto conto dei fatti della causa e del carattere particolarmente riprovevole dei reati commessi dal richiedente a danno del TEVE, la sanzione che gli era stata inflitta era proporzionata allo scopo perseguito dall’articolo 62 capoverso b). Di conseguenza, il rigetto tacito dell’obiezione del richiedente contro le decisioni che annullavano la pensione di anzianità di servizio che gli era stata accordata e che trasferivano questa a sua moglie e a sua figlia, era legale.
17. Con una sentenza del 17 marzo 2008, la Corte dei conti fu chiamata a pronunciarsi sul danno subito dal TEVE a causa delle falsificazioni per cui il richiedente era stato condannato il 13 marzo 1998. Decise che il richiedente era debitore verso il TEVE delle somme di 1 926 988, 17 EUR e 148 609,76 EUR per le perdite subite da questo organismo tra il 1985 e il 1987.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
18. L’articolo 62 capoverso b) del codice delle pensioni contempla che il diritto ad una pensione di anzianità di servizio è perso se il titolare viene condannato in modo definitivo, sia che sia attivo o pensionato, ad una pena di reclusione per furto, sottrazione di fondi, frode, falso in scrittura, appropriazione indebita o ad una pena di detenzione per corruzione, se questi reati sono commessi contro lo stato o persone giuridiche di dritto pubblico. L’ultima frase dell’articolo 62 capoverso b) contempla che quando la persona condannata viene graziata e le conseguenze della sua condanna spariscono o quando c’è riabilitazione di questa persona tramite via giudiziale, il diritto alla pensione viene ristabilito.
19. L’articolo 64 § 1 dello stesso codice contempla che il coniuge ed i figli di una persona condannata, in applicazione dell’articolo 62, hanno diritto alla pensione di anzianità di servizio, come se questa ultima fosse deceduta.
20. Il Governo precisa che la giurisprudenza dei tribunali greci relativa all’articolo 62 capoverso b) tende a dissuadere i funzionari dal commettere dei reati contro lo stato e le persone giuridiche di diritto pubblico, ed a salvaguardare così il patrimonio di questi, il buon funzionamento dell’amministrazione e la credibilità e l’integrità del servizio pubblico.
21. L’articolo 25 § 1 della Costituzione dispone:
“I diritti dell’uomo, in quanto individuo ed in quanto membro del corpo sociale, ed il principio del welfare state costituzionale vengono garantiti dallo stato. Tutti gli agenti dello stato sono tenuti a garantirne l’esercizio effettivo e senza ostacolo. Questi principi si applicano anche alle relazioni private ed a tutto ciò che vi si riporta. Le restrizioni di ogni tipo che, conformemente alla Costituzione, possono essere portate a questi diritti devono essere contemplate o direttamente dalla Costituzione o dalla legge; nel caso in cui esista l’indicazione a favore di questa, il principio di proporzionalità deve essere rispettato. “
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
22. Il richiedente si lamenta che, a seguito alla sua condanna penale, la soppressione della sua pensione di anzianità di servizio che aveva un carattere automatico, lo ha privato di ogni mezzo di sussistenza, mentre a sessantanove anni gli è impossibile cominciare una nuova attività professionale. Questa sanzione è particolarmente grave perché provoca in più la privazione di ogni previdenza sanitaria. Ha subito un attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni dunque, contrario all’articolo 1 del Protocollo no 1 che dispone:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
1. Non -esaurimento delle vie di ricorso interne
23. A titolo principale, il Governo eccepisce del non-esaurimento delle vie di ricorso interne. Il richiedente non ha sollevato mai dinnanzi alle giurisdizioni nazionali il suo motivo di appello relativo al rispetto dei suoi beni e la Corte dei conti ha esaminato la questione della conformità dell’articolo 62 col principio di proporzionalità come garantito dall’articolo 25 della Costituzione e non rispetto all’articolo 1 del Protocollo no 1.
24. La Corte nota, col richiedente che nella totalità delle sue osservazioni alla Corte dei conti, ossia quelle del 9 settembre 2002, dell’8 dicembre 2003, del 6 giugno 2005 e del 10 ottobre 2006, il richiedente si è riferito espressamente all’articolo 1 del Protocollo no 1 così come alla sentenza Azinas c. Cipro precitata. Se è vero che la Corte dei conti, tanto nella sua formazione plenaria che nella sua formazione ordinaria, non ha menzionato questo articolo e ha fondato la sua motivazione sulle disposizioni costituzionali pertinenti, il richiedente ha lasciato alle giurisdizioni greche l’occasione che l’articolo 35 § 1 ha per finalità di predisporre in principio agli Stati contraenti: evitare o risanare le violazioni addotte contro essi. Ha esaurito dunque le vie di ricorso internei in quanto a questo motivo di appello.
2. Incompatibilità ratione materiae
25. Il Governo sostiene che il richiedente non disponeva di un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Pretende che se è vero che il richiedente riceveva una pensione di anzianità di servizio dal 10 giugno 1987, il diritto a percepirla era accordato sotto condizione di non essere condannato per il reato che gli era rimproverato: la falsificazione di libretti di assicurazione. Il richiedente conosceva bene l’articolo 62 capoverso b) del codice delle pensioni civili e militari e sapeva dunque che il suo diritto ad una pensione di anzianità di servizio non era definitivo e che in caso di condanna, la perdita di questo sarebbe stata definitiva, sia che avesse o meno scontato la pena inflitta.
26. Il richiedente sottolinea che, con la sua decisione del 1988, il direttore dell’IKA aveva fissato la pensione di anzianità di servizio da accordargli senza condizione, riferendosi all’ultima frase dell’articolo 62 del codice ed all’anzianità del richiedente. Nel dicembre 1999, questo stesso direttore gli aveva tolto questa pensione e l’aveva trasferita parzialmente a sua moglie ed a sua figlia. La decisione di ritiro non fa riferimento a nessuna delle condizioni per le quali la pensione gli era stata accordata. Il fatto che la pensione sia stata trasferita a terzi dimostra che esisteva un diritto definitivo ed incondizionato sul bene.
27. La Corte osserva che il diritto alla pensione non è garantito come tale dalla Convenzione. Ricorda tuttavia, anche che, secondo la giurisprudenza degli organi della Convenzione, il diritto alla pensione fondata sull’impiego può, in certe circostanze, essere assimilato ad un diritto di proprietà.
28. Può essere il caso quando delle quote particolari sono state versate: nella sentenza Gaygusuz c. Austria (sentenza del 16 settembre 1996, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-IV, §§ 39-41) la Corte ha stimato che il diritto di vedersi assegnare un assegno mutualistico era legato al pagamento di contributi e che quando tali contributi erano stati versati, la concessione della prestazione in questione non poteva essere rifiutata all’interessato. Questa causa riguardava il sussidio di emergenza che lo stato accorda alle persone bisognose e che la Corte ha considerato come un diritto patrimoniale ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. La Corte ha concluso alla violazione dell’articolo 14 della Convenzione combinato con l’articolo 1 del Protocollo no 1 per il fatto che lo stato aveva negato di accordare il sussidio precitato per ragioni di nazionalità.
29. Ciò può essere anche il caso quando, siccome nello specifico, il datore di lavoro ha preso l’impegno più generale di versare una pensione a condizioni che possono essere considerate come facenti parte dal contratto di lavoro (Sture Stigson c. Svezia, no 12264/86, decisione della Commissione del 13 luglio 1988, Decisioni e rapporti 57, p. 131). Avuto riguardo alle disposizioni pertinenti della legge sulle pensioni (capitolo 311) ed in particolare l’articolo 6 capoverso f), la Corte osserva che entrando nella funzione pubblica greca, il richiedente ha acquisito un diritto che costituiva un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Questa conclusione è corroborata dall’articolo 64 § 1 del codice delle pensioni che contempla che il coniuge ed i figli di una persona condannata, in applicazione dell’articolo 62, hanno diritto alla pensione di anzianità di servizio, come se questa ultima fosse deceduta.
30. Avuto riguardo a tutto ciò che precede, la Corte non potrebbe considerare l’eccezione del Governo. Constata peraltro che la richiesta non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Non essendo stato rilevato nessuno altro motivo di inammissibilità, stima che conviene dichiarare la richiesta ammissibile.
B. Sul merito
31. Secondo il Governo, la regolamentazione contemplata agli articoli 62 e 64 del codice delle pensioni viene imposta a causa di utilità pubblica: dissuadere i funzionari dal commettere dei reati contro lo stato e le persone giuridiche di dritto pubblico, e salvaguardare così il patrimonio di questi, il buon funzionamento dell’amministrazione e la credibilità e l’integrità del servizio pubblico.
32. Il Governo sostiene che un’eventuale ingerenza nel diritto al rispetto dei beni del richiedente è proporzionata al suddetto scopo legittimo, tenuto conto della natura del reato commesso, della sua funzione di direttore delle pensioni del TEVE, dell’importo del danno causato e del lungo periodo durante il quale ha falsificato i libretti degli assicurati.
33. Il Governo sottolinea che la presente causa si distingue del causa Azinas alla quale si riferisce il richiedente, e nella quale la perdita del diritto a pensione si effettuava di ufficio, conformemente alla pena disciplinare di licenziamento imposto da un organo disciplinare, mentre nello specifico, è prevista solamente in caso di condanna definitiva da una giurisdizione penale.
34. Il richiedente sottolinea la similitudine del suo caso con quello esaminato dalla terza sezione della Corte nella causa Azinas. Sostiene che l’ingerenza nel suo diritto al rispetto dei suoi beni era molto pesante allo sguardo della sua intensità e della sua durata. Si trattava in fatto di una misura punitiva presa a suo carico. Oltre la perdita della sua pensione di anzianità di servizio e della sua copertura sociale, è stato riconosciuto come debitore verso il TEVE di somme arbitrarie e calcolate in modo impreciso. Infine, adduce che il diritto alla pensione è personale, autonomo e non trasferibile a terzi.
35. La Corte ricorda che se il diritto alla pensione non è garantito come tale dalla Convenzione, è stato riconosciuto che può essere assimilato ad un diritto di proprietà quando delle quote particolari sono state versate (Gaygusuz precitata, §§ 39-41) o, anche, quando un datore di lavoro ha preso l’impegno più generale di versare una pensione a condizioni che possono essere considerate come facenti parte dal contratto di lavoro (Sture Stigson precitata, p. 131).
36. Però, l’articolo 1 del Protocollo no 1 non potrebbe essere interpretato come se desse diritto ad una pensione di un determinato importo (Skórkiewicz c. Polonia,( dec.), no 39860/98, 1 giugno 1999, Schwengel c. Germania, (dec.), no 52442/99, 2 marzo 2000, Janković c. Croazia, (dec.), no 43440/98, CEDH 2000-X e Laloyaux c. Belgio, (dec.), no 73511/01, 9 marzo 2006).
37. La Corte stima che la soppressione della pensione di anzianità di servizio del richiedente ha costituito un attentato al diritto di proprietà di questo e che non corrispondeva né ad un’espropriazione né ad una misura di regolamentazione dell’uso dei beni; deve essere dunque esaminata sotto l’angolo della prima frase del primo capoverso dell’articolo 1 (Banfield c. Regno Unito, ((dec.), no 6223/04, 18 ottobre 2005). Conviene anche determinare se un giusto equilibrio è stato predisposto tra le esigenze relative all’interesse generale della società e gli imperativi legati alla protezione dei diritti fondamentali dell’individuo.
38. Nella causa Banfield precitata, la Corte ha concluso che la decisione dei tribunali britannici di privare il richiedente-poliziotto che aveva commesso dei gravi reati-di una parte della sua pensione, corrispondente ai contributi dello stato alla pensione del richiedente, non rompeva il giusto equilibrio tra i diritti del richiedente e gli interessi del suo datore di lavoro e della collettività. Per arrivare a questa conclusione, la Corte ha accordato un peso considerevole al fatto che il decadimento del diritto alle prestazioni di pensione non aveva avuto luogo in modo automatico in virtù di una disposizione della legge, ma in seguito ad un procedimento che comprendeva parecchie tappe e che avevano dato luogo ciascuna ad una decisione giudiziale. La Corte ha accordato anche importanza al fatto che il richiedente non era stato totalmente privato della sua pensione ma solamente di una percentuale del 65% corrispondente ai contributi dello stato ai fondi pensionistici e non della percentuale corrispondente ai suoi propri versamenti.
39. Nella presente causa la Corte rileva in compenso, in primo luogo, che il richiedente è stato privato in seguito alla sua condanna, in modo automatico, della sua pensione di anzianità di servizio per il resto della sua vita. All’età di sessantanove anni e nell’impossibilità di cominciare una nuova attività professionale, si trova personalmente privato di ogni mezzo di sussistenza. Il richiedente è stato riconosciuto colpevole di certi reati per cui è stato condannato ad una pena di reclusione di undici anni. Ora, secondo la Corte, questo comportamento del richiedente, per quanto sia penalmente condannabile, non poteva avere legame causale coi suoi diritti alla pensione in quanto assicurato sociale.
40. Il fatto che la pensione sia stata trasferita alla famiglia del richiedente, in virtù dell’articolo 64 del codice delle pensioni perché questo ultimo era nell’occorrenza sposato ed aveva dei figli, non basta a compensare questa perdita. A questo riguardo, la Corte nota da prima che questo trasferimento ha avuto luogo come se il condannato fosse deceduto, il che significa che era ridotta in quanto al suo importo: sette decimi dell’importo iniziale secondo il richiedente. Niente esclude soprattutto, che questa situazione perduri nell’avvenire, potendo diventare il richiedente vedovo o divorziato per esempio, il che provocherebbe la perdita di ogni mezzo di sussistenza. A ciò si aggiunge il fatto che la soppressione della pensione di anzianità di servizio del richiedente ha provocato quella del suo diritto alla sicurezza sociale. L’argomento del Governo secondo cui il richiedente potrebbe beneficiare della copertura sociale di sua moglie e di sua figlia , finché viene preso in carico da queste e coabiti con esse, non tiene conto del fatto che questa situazione è sempre soggetta a cambiamento.
41. La Corte stima che, nella cornice del loro margine di valutazione, gli Stati possono introdurre nella loro legislazione delle disposizioni di natura tale da contemplare delle sanzioni pecuniarie come conseguenza di una condanna penale. Tuttavia, tale sanzione che comprenderebbe il decadimento totale di ogni dritto di pensione di anzianità di servizio e di copertura sociale, ivi compresa l’assicurazione sanitaria, costituisce non solo una doppio fatica, ma ha per effetto di annientare il principale mezzo di sussistenza di una persona che ha raggiunto l’età della pensione, come il richiedente. Ora tale effetto non è conforme né col principio della riclassificazione sociale che regola il diritto penale degli Stati contraenti né con lo spirito della Convenzione.
42. In queste condizioni, la Corte stima che il richiedente è stato portato a sopportare un carico eccessivo e sproporzionato che, anche se si tiene conto del grande margine di valutazione da riconoscere agli Stati in materia di legislazione sociale, non potrebbe giustificarsi col buon funzionamento dell’amministrazione e con la credibilità e l’integrità del servizio pubblico che il Governo invoca.
43. Quindi, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 nel capo del richiedente.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
44. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
45. Per il danno materiale, il richiedente richiede una somma di 77 759,64 euro (EUR) che corrisponderebbe alla pensione di anzianità di servizio che avrebbe dovuto percepire a partire dal 1 gennaio 2000. Per il danno morale, chiede 20 000 EUR, più gli interessi.
46. Il Governo fa valere, senza maggior precisione, che le pretese del richiedente in quanto al danno materiale sono eccessive ed arbitrarie e che, comunque, le somme che questo avrebbe ricevuto, sarebbero state ridotte in ragione dell’imposta sul reddito. In più, non sono state riconosciute e fissate da una decisione delle giurisdizioni nazionali. In quanto al danno morale, il Governo considera che
un’ eventuale constatazione di violazione costituirebbe una soddisfazione equa sufficiente.
47. La Corte rileva che, secondo le informazione fornite dal richiedente e non rimesse in causa dal Governo, dal 1 gennaio 2000 al 31 dicembre 2008, sette decimo della sua pensione di anzianità di servizio sono stati versati a sua moglie ed a sua figlia, o 432 EUR al mese. Appare che il richiedente ha beneficiato anche di questa somma. Il danno materiale reale subito dal richiedente, e che dovrebbe essere assegnatogli dunque, consiste nella differenza tra queste somme e quella corrispondente alla sua piena pensione di anzianità di servizio, o 617,14 EUR al mese, ciò che ammonta per il periodo considerato ad un totale di 23 327,64 EUR, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta. Infine, deliberando in equità, la Corte accorda al richiedente 1 000 EUR per il danno morale.
B. Oneri e spese
48. Per gli oneri e spese, il richiedente chiede 1 700 EUR per il procedimento dinnanzi alle giurisdizioni nazionali e 5 606 EUR per il procedimento dinnanzi alla Corte.
49. Il Governo sostiene che il richiedente non produce i giustificativi necessari a sostegno delle sue pretese. Stima che una somma di 1 500 EUR che copre l’insieme degli oneri e delle spese sarebbe ragionevole.
50. La Corte constata che il richiedente fornisce delle precisazioni e dei giustificativi richiesti dall’articolo 60 § 2 dell’ordinamento, per ciò che riguarda il procedimento dinnanzi alla Corte dei conti ma non in quanto a quello dinnanzi alla Corte. Gli accorda di conseguenza, solamente 1 700 EUR a questo titolo.
C. Interessi moratori
51. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 23 327,64 EUR (ventitremila tre cento ventisette euro e sessantaquattro centesimi) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per il danno materiale;
ii. 1 000 EUR (mille euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per il danno morale;
iii. 1 700 EUR (mille sette cento euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per oneri e spese;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 22 ottobre 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Søren Nielsen Nina Vajić
Cancelliere Presidente