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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE ANTUNES RODRIGUES c. PORTUGAL

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: P1-1
Numero: 18070/08/2011
Stato: Portogallo
Data: 2011-04-26 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione Non-violazione di P1-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA ANTUNES RODRIGUES C. PORTOGALLO
( Richiesta no 18070/08)
SENTENZA
STRASBURGO
26 aprile 2011
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Antunes Rodrigues c. Portogallo,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Danutė Jočienė, Ireneu Cabral Barreto, Davide Thór Björgvinsson, Giorgio Malinverni, András Sajó, Işıl Karakaş, giudici,
e da Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 29 marzo 2011,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 18070/08) diretta contro la Repubblica portoghese e in cui un cittadino di questo Stato, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 3 aprile 2008 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da OMISSIS, avvocato a Fafe (Portogallo). Il governo portoghese (“il Governo”), rappresentato fino al 23 febbraio 2010 dal suo agente, la Sig. J. Miguel, procuratore generale aggiunto, è rappresentato, da questa data, dalla Sig.ra Sig. F. Carvalho, anche lei procuratore generale aggiunto.
3. Il 6 maggio 2009, la presidentessa della seconda sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1944 e risiede a Fafe.
5. Il 15 marzo 1998, l’istituto portoghese delle strade (Junta Autónoma das Estradas, diventato successivamente Instituto das Estradas del Portogallo EP – Estradas de Portugal S.A, una società anonima a capitale pubblico) autorizzò il richiedente a costruire un immobile sul ciglio della strada nazionale no 13. Questo immobile doveva comprendere un piano di abitazione, il pianterreno essendo riservato ad una struttura commerciale. Era possibile accedere direttamente dalla strada nazionale no 13 all’immobile del richiedente. Secondo il permesso a costruire rilasciato dal municipio di Valença, i lavori dovevano concludersi il 1 giugno 1999.
6. Nel maggio 1998, quando i lavori di costruzione erano in fase di rifinitura, la società Brisa, Auto-Estradas de Portugal (qui di seguito Brisa,) debitamente autorizzata dall’istituto delle strade, chiuse la strada di accesso dalla strada nazionale all’immobile in causa per potere mettere in posto, poco più lontano, una via di uscita dell’autostrada A3. Dopo la realizzazione di questo lavoro, l’immobile del richiedente perse l’accesso diretto sulla strada nazionale no 13.
7. Nel 1999, il richiedente introdusse un’istanza per danni ed interessi contro la Brisa e l’istituto delle strade dinnanzi al tribunale civile di Valença. Con una decisione resa senza giudizio (saneador-sentença) il 12 novembre 1999, questo tribunale si stimò incompetente ratione materiae, risultando i danni presumibilmente subiti dal richiedente da un atto di gestione pubblica.
8. Il 27 marzo 2000, il richiedente introdusse dinnanzi al tribunale amministrativo di Puerto un’istanza per danni ed interessi contro l’istituto delle strade, adducendo che l’immobile aveva perso il suo valore in ragione della mancanza di accesso sulla strada nazionale. Il richiedente sottolineò che le proposte concrete di acquisto dell’immobile di cui disponeva prima della realizzazione del lavoro non arrivarono alla fine in ragione di tale mancanza di accesso sulla strada nazionale. L’istanza era introdotta anche contro la Brisa ma il giudice si stimò incompetente ratione materiae per quanto questa ultima era riguardata.
9. Con un giudizio del 29 dicembre 2006, il tribunale amministrativo respinse l’istabza. Il tribunale riconobbe da prima che l’immobile del richiedente aveva perso del suo valore: secondo i fatti stabiliti, non valeva più di una somma superiore a 15 000 000 escudo portoghesi (PTE), o 75 000 euro (EUR) circa, mentre prima della realizzazione del lavoro da parte dell’istituto delle strade, questo valore sarebbe stato di 40 000 000 PTE, o 200 000 EUR circa. Il tribunale amministrativo stimò però che non c’era stata nello specifico nessuna condotta illecita da parte dell’istituto delle strade. Esaminando poi la questione sotto l’angolo della responsabilità, il tribunale amministrativo considerò che il richiedente non aveva sicuramente subito nessun “danno anormale e speciale.” Se era vero che il suo diritto di proprietà aveva sofferto una certa compressione in ragione della modifica delle condizioni di accesso all’immobile, ciò era il risultato del rischio legato ai rischi della vita commerciale. Riferendosi alla giurisprudenza della Corte suprema amministrativa, il tribunale amministrativo sottolineò che non si sarebbe potuto ammettere un diritto automatico all’indennizzo di tutti coloro che si vedevano abbassare la loro attività commerciale in ragione della realizzazione di un lavoro stradale.
10. Il richiedente fece appello dinnanzi alla Corte suprema amministrativa, in particolare sostenendo che il tribunale amministrativo di Puerto aveva commesso un errore di diritto quando aveva stimato che l’intervento controverso non era un atto illecito che recava offesa al diritto di proprietà.
11. Con una sentenza del 20 dicembre 2007, la Corte suprema amministrativa respinse il ricorso, considerando che la realizzazione del lavoro non aveva recato offesa a nessuna disposizione legislativa o regolamentare. Trattandosi della questione di sapere se era possibile risarcire il richiedente sotto l’angolo delle disposizioni relative alla responsabilità, l’alta giurisdizione sottolineò che il richiedente sicuramente aveva omesso di sollevare degli argomenti tesi a modificare le conclusioni della decisione attaccata a questo riguardo e confermò di conseguenza questa.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
12. L’articolo 22 della Costituzione portoghese definisce la responsabilità civile dello stato e dei suoi organi ed agenti nei seguenti termini:
“Lo stato e le altre entità pubbliche sono civilmente responsabili, congiuntamente ai membri dei loro organi ed ai loro funzionari o agenti, di tutte le azioni od omissioni commesse da questi nell’esercizio o a causa dell’esercizio delle loro funzioni e da cui risultano delle violazioni dei diritti, libertà e garanzie o un danno per altri. “
13. Al momento dei fatti, la responsabilità civile extra-contrattuale dello Stato era regolata dal decreto-legge no 48051 del 21 novembre 1967. Certe disposizioni di questo decreto-legge si trovano nella decisione Paulino Tomás c. Portogallo ((dec.), no 58698/00, CEDH 2003-VIII). Conviene aggiungere che ai termini degli articoli 8 e 9 di questo decreto-legge, lo stato rispondeva sicuramente a titolo della responsabilità quando causava a capo degli individui un “danno speciale ed anormale.” Secondo la giurisprudenza della Corte suprema amministrativa e l’insieme della dottrina, il danno “speciale” è quello che non è a carico dell’insieme della società ma a carico di una sola determinata persona; il danno “anormale” è quello che non è inerente ai rischi normali della vita in società a carico dell’insieme dei cittadini (vedere, per esempio, la sentenza della Corte suprema amministrativa del 2 dicembre 2004 resa nel procedimento no 670/04; vedere, trattandosi della dottrina, J. J. Gomes Canotilho, Oh problema da responsabilidade do Estado por actos lícitos, Coimbra, 1974).
14. La Costituzione stipula peraltro, nel suo articolo 84, che le strade fanno parte della tenuta pubblica. Rinvia alla legge ordinaria per le condizioni in cui gli individui possono utilizzare i beni che fanno parte della tenuta pubblica.
15. L’accesso alle strade nazionali è regolato dal decreto-legge no 13/71, del 13 gennaio 1971. Questo testo di legge dispone che appartiene all’istituto delle strade autorizzare l’accesso alla rete stradale, mediante certe condizioni, in particolare quella di non causare dei rischi alla circolazione (articoli 6 e 7).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
16. Il richiedente adduce che la perdita di valore del suo immobile in seguito ad un lavoro stradale porta attentato al suo diritto al rispetto dei beni, come previsto dall’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
17. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
18. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
19. Il richiedente sostiene che il diritto di utilizzare la strada di accesso che collega il suo immobile alla strada nazionale faceva parte del suo diritto di proprietà, garantito da l’articolo 1 del Protocollo no 1. Ricorda a questo riguardo che questa disposizione non si limita alla proprietà di beni corporali e che può coprire un insieme di situazioni che si possono analizzare come un “bene.”
20. Il richiedente osserva che tagliando l’accesso alla strada nazionale, la condotta delle autorità nazionali ha avuto per risultato di isolare il suo immobile, il che ha avuto per conseguenza di fare abbassare il valore di mercato di questo, come hanno riconosciuto del resto le giurisdizioni interne. In tale situazione, il richiedente stima che l’articolo 1 del Protocollo no 1 necessiterebbe un risarcimento. In mancanza di ogni indennizzo, il richiedente conclude alla violazione di questa disposizione.
21. Il Governo sottolinea da prima che la strada di accesso in questione apparteneva alla tenuta pubblica, non avendo il richiedente nessuno diritto di proprietà al suo riguardo. Tutto ciò che il richiedente ha ottenuto da parte delle autorità competenti fu l’autorizzazione, conformemente alla legge, di procedere alla costruzione del suo immobile ad una certa distanza della strada nazionale. Il Governo osserva a questo riguardo che il richiedente non beneficiava anche di una servitù di passaggio sulla strada di accesso in causa.
22. Se il valore di mercato dell’immobile in causa si è abbassato effettivamente, come hanno riconosciuto le giurisdizioni interne, il Governo rileva che ogni danno non è suscettibile di un risarcimento. Così, il Governo fa valere in primo luogo che le autorità hanno agito nel rispetto rigoroso della legalità ed unicamente sulla tenuta pubblica, a differenza di altre cause di cui la Corte è venuta a conoscenza ed in cui era questione di espropriazioni che prevedevano delle proprietà private. Diventava perciò possibile al richiedente ottenere un risarcimento solo nel contesto della responsabilità senza colpa, ambito in cui la legislazione applicabile esige un danno “anormale”-cioè da cui la gravità supera i carichi che risultano dalla vita normale nella società-e “speciale”-cioè che cade in modo impari su una persona o un gruppo di persone.
23. Però, le giurisdizioni interne, agendo nell’esercizio dell’ampio margine di valutazione che è riconosciuto loro in materia, hanno considerato che il danno in causa non era né “anormale” né “speciale.” Per il Governo, tale decisione, presa in seguito ad un procedimento giudiziale, avrebbe predisposto un giusto equilibrio tra i diritti del richiedente e l’interesse generale.
2. Valutazione della Corte
a) Applicabilità dell’articolo 1 del Protocollo no 1
24. La Corte ricorda che la nozione di “bene” menzionata nella prima parte dell’articolo 1 del Protocollo no 1 ha una portata autonoma che non si limita alla proprietà di beni corporali e che è indipendente dalle qualifiche formali del diritto interno: certi altri diritti ed interessi che costituiscono degli attivi possono passare anche per “diritti patrimoniali” e dunque dei “beni” ai fini di questa disposizione. In ogni causa, importa esaminare se le circostanze, considerate nel loro insieme, hanno reso il richiedente titolare di un interesse sostanziale protetto dall’articolo 1 del Protocollo no 1 (Depalle c. Francia [GC], no 34044/02, § 62, CEDH 2010 -…).
25. Nell’occorrenza, è vero che nessun terreno del richiedente fu espropriato. È stabilito però che in seguito al lavoro stradale in causa, l’immobile del richiedente perse l’accesso diretto su una strada nazionale ( paragrafo 6 sopra). Questo fatto ha causato una limitazione nel godimento dei diritti che il richiedente traeva dalla qualità di proprietario. Ora, delle limitazioni ad un tale godimento del diritto di proprietà costituiscono un’ingerenza nel diritto dell’interessato al rispetto dei beni (Ouzounoglou c. Grecia, no 32730/03, § 28, 24 novembre 2005). L’articolo 1 del Protocollo no 1 è quindi applicabile nello specifico.
b) Osservazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1
26. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza, l’articolo 1 del Protocollo no 1 che garantisce in sostanza il diritto di proprietà, contiene tre norme distinte (vedere, in particolare, James ed altri c. Regno Unito, 21 febbraio 1986, § 37, serie A no 98); la prima che si esprime nella prima frase del primo capoverso e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della proprietà; la seconda, che figura nella seconda frase dello stesso capoverso, prevede la privazione di proprietà e la sottopone a certe condizioni; in quanto alla terza, registrata nel secondo capoverso, riconosce agli Stati contraenti il potere, tra l’altro, di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale. La seconda e la terza norma che hanno fatto riferimento agli esempi particolari di attentati al diritto di proprietà, si devono interpretare alla luce del principio consacrato dalla prima (Bruncrona c. Finlandia, no 41673/98, §§ 65-69, 16 novembre 2004, e Broniowski c. Polonia [GC], no 31443/96, § 134, CEDH 2004-V).
27. Nello specifico, è innegabile che il richiedente non è stato oggetto di nessuna misura che si assimila ad una privazione di proprietà. I suoi diritti reali sull’immobile in questione restano intatti, anche se il valore di mercato di questo se ne è trovato ridotto. La seconda frase del primo capoverso non si applica dunque nello specifico.
28. Agli occhi della Corte, la situazione controversa dipende dalla regolamentazione dell’uso dei beni ad uno scopo di interesse generale. Difatti, il regime giuridico della tenuta pubblica, in quanto lede questo l’uso del pubblico per servire il bene comune, corrisponde a questa categoria (Depalle, precitata, § 80).
29. Secondo una giurisprudenza ben consolidata, il secondo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 si deve leggere alla luce del principio consacrato dalla prima frase dell’articolo. Perciò, una misura di ingerenza deve rispettare il principio di legalità (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II) e predisporre un “giusto equilibrio” tra gli imperativi dell’interesse generale e quelli della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo. La ricerca di simile equilibrio si riflette nella struttura dell’articolo 1 del Protocollo no 1 tutto intero e, di conseguenza, in quello del secondo capoverso; deve esistere un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto. Controllando il rispetto di questa esigenza, la Corte riconosce allo stato un grande margine di valutazione tanto per scegliere le modalità di collocamento in opera che per giudicare se le loro conseguenze si trovano legittimate, nell’interesse generale, dalla preoccupazione di raggiungere l’obiettivo della legge in causa (Chassagnou ed altri c. Francia [GC], numeri 25088/94, 28331/95 e 28443/95, § 75, CEDH 1999-III). Questo equilibrio è rotto se la persona riguardata ha dovuto subire un carico speciale ed esorbitante (Perdigão c. Portogallo [GC], no 24768/06, § 67, 16 novembre 2010).
30. Nello specifico, il richiedente non contesta la legalità dell’ingerenza controversa. Resta da determinare se il “giusto equilibrio” in questione è stato predisposto.
31. Dedicandosi da prima alla finalità dell’ingerenza, la Corte osserva che questa dipendeva dalla politica generale del piano di sviluppo del territorio che inglobava anche le politiche tese a migliorare ed a modernizzare la rete stradale. Conviene ricordare a questo riguardo che la realizzazione di un lavoro destinato all’uso della collettività dipende dall’interesse generale (Jokela c. Finlandia, no 28856/95, § 52, CEDH 2002-IV; Maupas ed altri c. Francia, no 13844/02, § 18, 19 settembre 2006).
32. In questa tenuta, lo stato dispone di un grande margine di valutazione. Nel collocamento in opera queste politiche, lo stato può essere portato ad intervenire in particolare nella tenuta pubblica ed anche a contemplare, in certe circostanze, la mancanza di indennizzo in parecchie situazioni che dipendono dalla regolamentazione dell’uso dei beni. È il caso della demolizione di una casa privata costruita sulla tenuta pubblica per esempio (Depalle, precitata, §§ 77-93; Hamer c. Belgio, no 21861/03, §§ 71-89, CEDH 2007-XIII (brani)) o delle limitazioni dell’uso dei beni provocati dalla qualifica di un terreno come appartenente alla tenuta forestale, (Ansay c. Turchia, (dec.), no 49908/99, 2 marzo 2006) o dalla necessità di proteggere il patrimonio archeologico (Longobardi c. Italia, déc.), no 7670/03, 26 giugno 2007. Difatti, quando una misura di regolamentazione dell’uso dei beni è in causa, la mancanza di indennizzo è una dei fattori da prendere in conto per stabilire se un giusto equilibrio è stato rispettato ma non potrebbe, da solo, essere costitutivo di una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (Depalle, precitato, § 91).
33. La Corte osserva a questo riguardo che l’ingerenza di cui si lamenta il richiedente è da distinguere delle cause di espropriazione parziale di un terreno che lede il valore dell’appezzamento non espropriato (vedere particolarmente Katikaridis ed altri c. Grecia, 15 novembre 1996, § 49, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-V e Tsomtsos ed altri c. Grecia, 15 novembre 1996, § 40, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-V; vedere anche, più recentemente, Bistrović c. Croazia, no 25774/05, § 44, 31 maggio 2007). Difatti, nel caso di specie, non c’è stato nessun intervento dello stato su un appezzamento di terreno appartenente all’interessato ma la semplice realizzazione di un lavoro stradale sulla tenuta pubblica.
34. La legge portoghese contempla, in situazioni come quelle dello specifico, di applicare sicuramente le regole della responsabilità che impone di riparare il danno risultante da un danno “speciale ed anormale” che provoca per l’interessato una rottura dell’uguaglianza dei carichi che pesano sull’insieme degli individui. Appartiene ai tribunali esaminare se i danni addotti dagli interessati rivestono tale carattere “speciale ed anormale” o se inversamente devono essere considerati come accettabili e dipendenti da rischi normali legati alla vita in società.
35. Si tratta di un sistema che permette di mettere sulla bilancia gli interessi dell’interessato e quelli della comunità e che del resto si avvicina alla condotta della Corte quando è chiamata ad esaminare, nel contesto del diritto al rispetto dei beni garantiti dall’articolo 1 del Protocollo no 1, se il “giusto equilibrio” è stato rispettato. Non si potrebbe mettere a carico dello stato un risarcimento automatico delle persone lese dalla realizzazione di un lavoro stradale sulla tenuta pubblica difatti, senza nessun esame della natura e della superficie dei danni subiti. È ragionevole incaricare le autorità giudiziali di esaminare, sulla base di certi criteri previsti dalla legge, i danni in causa dunque e di accordare, se c’è luogo, un risarcimento.
36. Nell’occorrenza, le giurisdizioni portoghesi hanno stimato, dopo avere ascoltato le parti interessate e sulla base degli elementi che hanno giudicato pertinenti ed adeguati per la risoluzione della controversia che tale danno “speciale ed anormale” non aveva avuto luogo. La Corte non scopre nessun elemento che permette di concludere che le decisioni delle giurisdizioni portoghesi erano inficiate di arbitrarietà o manifestamente irragionevoli (Anheuser-Busch Inc. c. Portogallo [GC], no 73049/01, § 86, CEDH 2007-I). Rileva a questo riguardo che il richiedente non è non del resto riuscito a sollevare dinnanzi alla Corte suprema amministrativa degli argomenti tesi ad annullare la decisione del tribunale amministrativo di Puerto secondo la quale nessun danno “speciale ed anormale” aveva avuto luogo (paragrafo 11 sopra).
37. La Corte stima che l’abbassamento del valore di mercato dell’immobile in causa non potrebbe bastare, in quanto tale e in mancanza di altri elementi, a mettere in causa le decisioni delle giurisdizioni nazionali, soprattutto se si tiene conto del fatto che il richiedente sapeva che la strada di accesso in questione apparteneva alla tenuta pubblica e che l’istituto delle strade poteva, basandosi sulla legislazione applicabile, effettuare dei lavori sulla rete stradale suscettibile di modificare o anche di eliminare -come fu il caso- l’accesso all’immobile.
38. Alla vista dell’insieme delle considerazioni sopra, la Corte stima che il richiedente non ha sopportato un carico speciale ed esorbitante in ragione della perdita di valore di mercato del suo immobile in seguito alla realizzazione-senza indennizzo -del lavoro stradale in questione. Non c’è stata dunque rottura dell’equilibrio che deve regnare tra i diritti del richiedente e l’interesse generale della comunità.
39. Pertanto, non c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Dichiara, all’unanimità, la richiesta ammissibile,;
2. Stabilisce, per cinque voci contro due, che non c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 26 aprile 2011, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell’ordinamento, l’esposizione dell’opinione separata comune ai giudici Sajó e Karakaş.
F.T.
F.E.P.

OPINIONE DISSIDENTE COMUNE AI GIUDICI
SAJÓ E KARAKAŞ
Ci dispiace di non potere unirci al parere dei nostri colleghi nello specifico. Difatti, secondo noi, il richiedente ha subito una perdita speciale ed esorbitante del valore dei suoi beni, e la mancanza di indennizzo porta in queste condizioni violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione.
Il tribunale interno ha considerato che l’immobile del richiedente aveva perso più del sessanta per cento del suo valore commerciale dopo la chiusura della via che lo collega alla strada nazionale, rendendo così molto difficile l’ accesso a questo. Questa via di accesso che serve l’immobile era sempre esistita e, conformemente a numerose sorgenti giuridiche ed alla giurisprudenza, costituisce un diritto reale. In più, il permesso di costruire era stato rilasciato solo alcuni mesi prima della chiusura della via di accesso e dopo che l’istituto portoghese delle strade ebbe dato debitamente la sua autorizzazione ( paragrafi 5 e 6 della sentenza). L’utilizzazione continua della via di accesso in passato, unita al rilascio recente del permesso di costruire, indica che esisteva una speranza legittima di potere continuare ad utilizzare la via di accesso.
La Corte riconosce allo stato un grande margine di valutazione tanto per scegliere le modalità di collocamento in opera che per giudicare se le loro conseguenze si trovano legittimate, nell’interesse generale, dalla preoccupazione di raggiungere l’obiettivo della legge in causa (Chassagnou ed altri c. Francia [GC], numeri 25088/94, 28331/95 e 28443/95, § 75, CEDH 1999-III). Questo equilibrio è rotto se la persona riguardata ha dovuto subire un carico speciale ed esorbitante (Perdigão c. Portogallo [GC], no 24768/06, § 67, 16 novembre 2010). La ricerca di questo equilibrio si riflette nella struttura dell’articolo 1 del Protocollo no 1 tutto intero, a prescindere dai capoversi in gioco in ogni causa; deve sempre esistere un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto.
Quando si tratta di predisporre un “giusto equilibrio” tra gli imperativi dell’interesse generale e quelli della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo, è solamente eccezionalmente che la Corte ammette la mancanza di indennizzo in situazioni che dipendono dalla regolamentazione dell’uso dei beni. Nessuna delle circostanze speciali menzionate al paragrafo 32 della sentenza si trova assolta nello specifico. In più, la decisione Ansay c. Turchia, no 49908/99, 2 marzo 2006 alla quale la sentenza della Camera si riferisce, è stata reinterpretata dalla Corte nella sua sentenza Köktepe c. Turchia (no 35785/03, § 88, 22 luglio 2008,). Nel caso di specie, si tratta di un carico speciale poiché solo il richiedente ha dovuto subire le conseguenze di una misura presa nell’interesse pubblico e che lo toccava direttamente. La chiusura della via di accesso ha avuto un effetto diretto sul bene del richiedente, contrariamente ad una misura regolamentare natura generale che si applica ad una categoria intera di utenti di un bene. Una perdita di più del sessanta per cento del valore commerciale è certamente esorbitante. Dal punto di vista della Convenzione, importa poco che, secondo il diritto portoghese, le regole della responsabilità si applicano sicuramente, in casi simili solo quando c’è luogo di indennizzare un danno “speciale ed anormale.” Non importa neanche che le giurisdizioni nazionali abbiano concluso alla mancanza di tale danno. La Corte ha per ruolo di badare al rispetto delle esigenze della protezione dei diritti garantiti dalla Convenzione ed alla protezione dei beni, mentre appartiene allo stato trovare i procedimenti e i mezzi giuridici di natura tale da garantire un ricorso effettivo. A questo riguardo, il ruolo della Corte non potrebbe limitarsi a controllare se il procedimento interno è stato o meno arbitrario, come il paragrafo 36 della sentenza sembro indicare. La norma elaborata dalla Corte (“subire un carico speciale ed esorbitante”) esige espressamente di prendere in conto la perdita di valore. Accontentarsi dell’argomento secondo cui la via di accesso dipende dalla tenuta pubblica significa che l’analisi del merito è abbandonata. Da qui il rischio di svuotare della sua sostanza la protezione dei beni. Il rispetto incondizionato dell’interesse pubblico che si nasconde dietro la nozione di margine di valutazione priverà la Corte della sua funzione protettiva concernente il diritto di proprietà.

Testo Tradotto

Conclusion Non-violation de P1-1
DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE ANTUNES RODRIGUES c. PORTUGAL
(Requête no 18070/08)
ARRÊT
STRASBOURG
26 avril 2011
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Antunes Rodrigues c. Portugal,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Danutė Jočienė,
Ireneu Cabral Barreto,
David Thór Björgvinsson,
Giorgio Malinverni,
András Sajó,
Işıl Karakaş, juges,
et de Françoise Elens-Passos, greffière adjointe de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 29 mars 2011,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 18070/08) dirigée contre la République portugaise et dont un ressortissant de cet Etat, OMISSIS (« le requérant »), a saisi la Cour le 3 avril 2008 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant est représenté par OMISSIS, avocat à Fafe (Portugal). Le gouvernement portugais (« le Gouvernement »), représenté jusqu’au 23 février 2010 par son agent, M. J. Miguel, procureur général adjoint, est représenté, depuis cette date, par Mme M. F. Carvalho, également procureur général adjoint.
3. Le 6 mai 2009, la présidente de la deuxième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 1 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Le requérant est né en 1944 et réside à Fafe.
5. Le 15 mars 1998, l’Institut portugais des routes (Junta Autónoma das Estradas, devenu ultérieurement Instituto das Estradas de Portugal puis EP – Estradas de Portugal S.A, une société anonyme à capitaux publics), autorisa le requérant à construire un immeuble au bord de la route nationale no 13. Cet immeuble devait comporter un étage d’habitation, le rez-de-chaussée étant réservé à un établissement commercial. Il était possible d’accéder directement de la route nationale no 13 à l’immeuble du requérant. D’après le permis de construire délivré par la mairie de Valença, les travaux devaient se terminer le 1er juin 1999.
6. En mai 1998, lorsque les travaux de construction étaient en phase de finition, la société Brisa, Auto-Estradas de Portugal (ci-après Brisa) dûment autorisée par l’Institut des routes, ferma le chemin d’accès de la route nationale à l’immeuble en cause afin de pouvoir mettre en place, un peu plus loin, une voie de sortie de l’autoroute A3. Après la réalisation de cet ouvrage, l’immeuble du requérant perdit l’accès direct à la route nationale no 13.
7. En 1999, le requérant introduisit une demande en dommages et intérêts contre la Brisa et l’Institut des routes devant le tribunal civil de Valença. Par une décision rendue sans jugement (saneador-sentença) le 12 novembre 1999, ce tribunal s’estima incompétent ratione materiae, les dommages prétendument subis par le requérant résultant d’un acte de gestion publique.
8. Le 27 mars 2000, le requérant introduisit devant le tribunal administratif de Porto une demande en dommages et intérêts contre l’Institut des routes, alléguant que l’immeuble avait perdu de sa valeur en raison du manque d’accès à la route nationale. Le requérant souligna que des propositions concrètes d’achat de l’immeuble dont il disposait avant la réalisation de l’ouvrage n’aboutirent finalement pas en raison d’un tel manque d’accès à la route nationale. La demande était également introduite contre la Brisa mais le juge s’estima incompétent ratione materiae pour autant que cette dernière était concernée.
9. Par un jugement du 29 décembre 2006, le tribunal administratif rejeta la demande. Le tribunal reconnut d’abord que l’immeuble du requérant avait perdu de sa valeur : d’après les faits établis, il ne valait plus qu’une somme non supérieure à 15 000 000 escudos portugais (PTE), soit 75 000 euros (EUR) environ, alors qu’avant la réalisation de l’ouvrage par l’Institut des routes, cette valeur serait de 40 000 000 PTE, soit 200 000 EUR environ. Le tribunal administratif estima cependant qu’il n’y avait eu en l’espèce aucune conduite illicite de la part de l’Institut des routes. Examinant ensuite la question sous l’angle de la responsabilité sans faute, le tribunal administratif considéra que le requérant n’avait pas subi de « préjudice anormal et spécial ». S’il était vrai que son droit de propriété avait souffert une certaine compression en raison de la modification des conditions d’accès à l’immeuble, cela était le résultat du risque lié aux aléas de la vie commerciale. Se référant à la jurisprudence de la Cour suprême administrative, le tribunal administratif souligna que l’on ne saurait admettre un droit automatique à l’indemnisation de tous ceux qui voient leur activité commerciale baisser en raison de la réalisation d’un ouvrage routier.
10. Le requérant fit appel devant la Cour suprême administrative, soutenant notamment que le tribunal administratif de Porto avait commis une erreur de droit lorsqu’il avait estimé que l’intervention litigieuse n’était pas un acte illicite portant atteinte au droit de propriété.
11. Par un arrêt du 20 décembre 2007, la Cour suprême administrative rejeta le recours, considérant que la réalisation de l’ouvrage n’avait porté atteinte à aucune disposition législative ou réglementaire. S’agissant de la question de savoir s’il était possible de dédommager le requérant sous l’angle des dispositions relatives à la responsabilité sans faute, la haute juridiction souligna que le requérant avait omis de soulever des arguments visant à modifier les conclusions de la décision attaquée à cet égard et confirma par conséquent celle-ci.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
12. L’article 22 de la Constitution portugaise définit la responsabilité civile de l’Etat et de ses organes et agents dans les termes suivants :
« L’Etat et les autres entités publiques sont civilement responsables, conjointement avec les membres de leurs organes et leurs fonctionnaires ou agents, de toutes les actions ou omissions commises par ceux-ci dans l’exercice ou à cause de l’exercice de leurs fonctions et dont il résulte des violations des droits, libertés et garanties ou un préjudice pour autrui. »
13. Au moment des faits, la responsabilité civile extra-contractuelle de l’Etat était régie par le décret-loi no 48051 du 21 novembre 1967. Certaines des dispositions de ce décret-loi se trouvent dans la décision Paulino Tomás c. Portugal (déc.), no 58698/00, CEDH 2003-VIII. Il convient d’ajouter qu’aux termes des articles 8 et 9 de ce décret-loi, l’Etat répondait au titre de la responsabilité sans faute lorsqu’il causait dans le chef des particuliers un « préjudice spécial et anormal ». Selon la jurisprudence de la Cour suprême administrative et l’ensemble de la doctrine, le préjudice « spécial » est celui qui n’est pas à charge de l’ensemble de la société mais à celle d’une seule personne donnée ; le préjudice « anormal » est celui qui n’est pas inhérent aux risques normaux de la vie en société à charge de l’ensemble des citoyens (voir, par exemple, l’arrêt de la Cour suprême administrative du 2 décembre 2004 rendu dans la procédure no 670/04 ; voir, s’agissant de la doctrine, J. J. Gomes Canotilho, O problema da responsabilidade do Estado por actos lícitos, Coimbra, 1974).
14. La Constitution stipule par ailleurs, dans son article 84, que les routes font partie du domaine public. Elle renvoie à la loi ordinaire pour les conditions dans lesquelles les particuliers peuvent utiliser les biens faisant partie du domaine public.
15. L’accès aux routes nationales est réglé par le décret-loi no 13/71, du 13 janvier 1971. Ce texte de loi dispose qu’il appartient à l’Institut des routes d’autoriser l’accès au réseau routier, moyennant certaines conditions, notamment celle de ne pas causer des risques à la circulation (articles 6 et 7).
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
16. Le requérant allègue que la perte de valeur de son immeuble suite à un ouvrage routier porte atteinte à son droit au respect des biens, tel que prévu par l’article 1 du Protocole no 1, ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général (…) »
17. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Sur la recevabilité
18. La Cour constate que la requête n’est pas manifestement mal fondée au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. La Cour relève par ailleurs qu’elle ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de la déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Thèses des parties
19. Le requérant soutient que le droit d’utiliser le chemin d’accès liant son immeuble à la route nationale faisait partie de son droit de propriété, garanti par l’article 1 du Protocole no 1. Il rappelle à cet égard que cette disposition ne se limite pas à la propriété de biens corporels et qu’elle peut couvrir un ensemble de situations pouvant s’analyser en un « bien ».
20. Le requérant observe qu’en coupant l’accès à la route nationale, la conduite des autorités nationales a eu pour résultat d’enclaver son immeuble, ce qui a eu pour conséquence de faire baisser la valeur de marché de celui-ci, comme d’ailleurs l’ont reconnu les juridictions internes. Dans une telle situation, le requérant estime que l’article 1 du Protocole no 1 nécessiterait un dédommagement. En l’absence de toute indemnisation, le requérant conclut à la violation de cette disposition.
21. Le Gouvernement souligne d’abord que le chemin d’accès en question appartenait bien au domaine public, le requérant n’ayant aucun droit de propriété à son égard. Tout ce que le requérant a obtenu de la part des autorités compétentes fut l’autorisation, conformément à la loi, de procéder à la construction de son immeuble à une certaine distance de la route nationale. Le Gouvernement observe à cet égard que le requérant ne bénéficiait même pas d’une servitude de passage sur le chemin d’accès en cause.
22. Si la valeur de marché de l’immeuble en cause a effectivement baissé, comme l’ont reconnu les juridictions internes, le Gouvernement relève que tout dommage n’est pas susceptible d’un dédommagement. Ainsi, le Gouvernement fait valoir en premier lieu que les autorités ont agi dans le respect strict de la légalité et uniquement sur le domaine public, à la différence d’autres affaires dont la Cour a eu à connaître et dans lesquelles il était question d’expropriations visant des propriétés privées. Il ne devenait en conséquence possible au requérant d’obtenir un dédommagement que dans le contexte de la responsabilité sans faute, domaine dans lequel la législation applicable exige un préjudice « anormal » – c’est-à-dire dont la gravité dépasse les charges qui résultent de la vie normale en société – et « spécial » – c’est-à-dire portant de manière inégale sur une personne ou un groupe de personnes.
23. Cependant, les juridictions internes, agissant dans l’exercice de la large marge d’appréciation qui leur est reconnue en la matière, ont considéré que le préjudice en cause n’était ni « anormal » ni « spécial ». Pour le Gouvernement, une telle décision, prise à la suite d’une procédure judiciaire, aurait ménagé un juste équilibre entre les droits du requérant et l’intérêt général.
2. Appréciation de la Cour
a) Applicabilité de l’article 1 du Protocole no 1
24. La Cour rappelle que la notion de « bien » évoquée à la première partie de l’article 1 du Protocole no 1 a une portée autonome qui ne se limite pas à la propriété de biens corporels et qui est indépendante des qualifications formelles du droit interne : certains autres droits et intérêts constituant des actifs peuvent aussi passer pour des « droits patrimoniaux » et donc des « biens » aux fins de cette disposition. Dans chaque affaire, il importe d’examiner si les circonstances, considérées dans leur ensemble, ont rendu le requérant titulaire d’un intérêt substantiel protégé par l’article 1 du Protocole no 1 (Depalle c. France [GC], no 34044/02, § 62, CEDH 2010-…).
25. En l’occurrence, il est vrai qu’aucun terrain du requérant ne fut exproprié. Il est cependant établi qu’à la suite de l’ouvrage routier en cause, l’immeuble du requérant perdit l’accès direct à une route nationale (paragraphe 6 ci-dessus). Ce fait a causé une limitation dans la jouissance des droits que le requérant tire de la qualité de propriétaire. Or, des limitations à une telle jouissance du droit de propriété constituent une ingérence dans le droit de l’intéressé au respect des biens (Ouzounoglou c. Grèce, no 32730/03, § 28, 24 novembre 2005). L’article 1 du Protocole no 1 est dès lors applicable en l’espèce.
b) Observation de l’article 1 du Protocole no 1
26. La Cour rappelle que, selon sa jurisprudence, l’article 1 du Protocole no 1, qui garantit en substance le droit de propriété, contient trois normes distinctes (voir, notamment, James et autres c. Royaume-Uni, 21 février 1986, § 37, série A no 98) : la première, qui s’exprime dans la première phrase du premier alinéa et revêt un caractère général, énonce le principe du respect de la propriété ; la deuxième, figurant dans la seconde phrase du même alinéa, vise la privation de propriété et la soumet à certaines conditions ; quant à la troisième, consignée dans le second alinéa, elle reconnaît aux Etats contractants le pouvoir, entre autres, de réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général. Les deuxième et troisième normes, qui ont trait à des exemples particuliers d’atteintes au droit de propriété, doivent s’interpréter à la lumière du principe consacré par la première (Bruncrona c. Finlande, no 41673/98, §§ 65-69, 16 novembre 2004, et Broniowski c. Pologne [GC], no 31443/96, § 134, CEDH 2004-V).
27. En l’espèce, il est indéniable que le requérant n’a fait l’objet d’aucune mesure s’assimilant à une privation de propriété. Ses droits réels sur l’immeuble en question restent intacts, même si la valeur de marché de celui-ci s’en est trouvée réduite. La seconde phrase du premier alinéa ne s’applique donc pas en l’espèce.
28. Aux yeux de la Cour, la situation litigieuse relève de la réglementation de l’usage des biens dans un but d’intérêt général. En effet, le régime juridique du domaine public, en tant qu’il affecte celui-ci à l’usage du public afin de servir le bien commun, correspond à cette catégorie (Depalle, précité, § 80).
29. Selon une jurisprudence bien établie, le second alinéa de l’article 1 du Protocole no 1 doit se lire à la lumière du principe consacré par la première phrase de l’article. En conséquence, une mesure d’ingérence doit respecter le principe de légalité (Iatridis c. Grèce [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II) et ménager un « juste équilibre » entre les impératifs de l’intérêt général et ceux de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu. La recherche de pareil équilibre se reflète dans la structure de l’article 1 du Protocole no 1 tout entier et, par conséquent, dans celui du second alinéa ; il doit exister un rapport raisonnable de proportionnalité entre les moyens employés et le but visé. En contrôlant le respect de cette exigence, la Cour reconnaît à l’Etat une grande marge d’appréciation tant pour choisir les modalités de mise en œuvre que pour juger si leurs conséquences se trouvent légitimées, dans l’intérêt général, par le souci d’atteindre l’objectif de la loi en cause (Chassagnou et autres c. France [GC], nos 25088/94, 28331/95 et 28443/95, § 75, CEDH 1999–III). Cet équilibre est rompu si la personne concernée a eu à subir une charge spéciale et exorbitante (Perdigão c. Portugal [GC], no 24768/06, § 67, 16 novembre 2010).
30. En l’espèce, le requérant ne conteste pas la légalité de l’ingérence litigieuse. Reste à déterminer si le « juste équilibre » en question a été ménagé.
31. Se penchant d’abord sur la finalité de l’ingérence, la Cour observe que celle-ci relevait de la politique générale d’aménagement du territoire, qui englobe aussi les politiques visant à améliorer et à moderniser le réseau routier. Il convient de rappeler à cet égard que la réalisation d’un ouvrage destiné à l’usage de la collectivité relève de l’intérêt général (Jokela c. Finlande, no 28856/95, § 52, CEDH 2002-IV ; Maupas et autres c. France, no 13844/02, § 18, 19 septembre 2006).
32. En ce domaine, l’Etat dispose d’une grande marge d’appréciation. Dans la mise en œuvre de ces politiques, l’Etat peut notamment être amené à intervenir dans le domaine public et même à prévoir, dans certaines circonstances, l’absence d’indemnisation dans plusieurs situations relevant de la réglementation de l’usage des biens. C’est par exemple le cas de la démolition d’une maison privée construite sur le domaine public (Depalle, précité, §§ 77-93 ; Hamer c. Belgique, no 21861/03, §§ 71-89, CEDH 2007-XIII (extraits)) ou des limitations de l’usage des biens entraînées par la qualification d’un terrain comme appartenant au domaine forestier (Ansay c. Turquie (déc.), no 49908/99, 2 mars 2006) ou par la nécessité de protéger le patrimoine archéologique (Longobardi c. Italie (déc.), no 7670/03, 26 juin 2007). En effet, lorsqu’une mesure de réglementation de l’usage des biens est en cause, l’absence d’indemnisation est l’un des facteurs à prendre en compte pour établir si un juste équilibre a été respecté mais elle ne saurait, à elle seule, être constitutive d’une violation de l’article 1 du Protocole no 1 (Depalle, précité, § 91).
33. La Cour observe à cet égard que l’ingérence dont se plaint le requérant est à distinguer des affaires d’expropriation partielle d’un terrain affectant la valeur de la parcelle non expropriée (voir notamment Katikaridis et autres c. Grèce, 15 novembre 1996, § 49, Recueil des arrêts et décisions 1996-V et Tsomtsos et autres c. Grèce, 15 novembre 1996, § 40, Recueil des arrêts et décisions 1996-V ; voir également, plus récemment, Bistrović c. Croatie, no 25774/05, § 44, 31 mai 2007). En effet, dans le cas d’espèce, il n’y a eu aucune intervention de l’Etat sur une parcelle de terrain appartenant à l’intéressé mais la simple réalisation d’un ouvrage routier sur le domaine public.
34. La loi portugaise prévoit, dans des situations comme celles de l’espèce, d’appliquer les règles de la responsabilité sans faute, qui imposent de réparer le dommage résultant d’un préjudice « spécial et anormal » entraînant pour l’intéressé une rupture de l’égalité des charges pesant sur l’ensemble des individus. Il appartient aux tribunaux d’examiner si les préjudices allégués par les intéressés revêtent un tel caractère « spécial et anormal » ou si inversement ils doivent être considérés comme acceptables et relevant des risques normaux liés à la vie en société.
35. Il s’agit là d’un système qui permet de mettre en balance les intérêts de l’intéressé et ceux de la communauté et qui se rapproche d’ailleurs de la démarche de la Cour lorsqu’elle est appelée à examiner, dans le contexte du droit au respect des biens garanti par l’article 1 du Protocole no 1, si le « juste équilibre » a été respecté. L’on ne saurait en effet mettre à charge de l’Etat un dédommagement automatique des personnes affectées par la réalisation d’un ouvrage routier sur le domaine public, sans aucun examen de la nature et de l’étendue des préjudices subis. Il est donc raisonnable de charger les autorités judiciaires d’examiner, sur la base de certains critères prévus par la loi, les préjudices en cause et d’accorder, s’il y a lieu, un dédommagement.
36. En l’occurrence, les juridictions portugaises ont estimé, après avoir entendu les parties intéressées et sur la base des éléments qu’elles ont jugés pertinents et adéquats pour la résolution du litige, qu’un tel préjudice « spécial et anormal » n’avait pas eu lieu. La Cour ne décèle aucun élément permettant de conclure que les décisions des juridictions portugaises étaient entachées d’arbitraire ou manifestement déraisonnables (Anheuser-Busch Inc. c. Portugal [GC], no 73049/01, § 86, CEDH 2007-I). Elle relève à cet égard que le requérant n’a du reste pas réussi à soulever devant la Cour suprême administrative des arguments tendant à infirmer la décision du tribunal administratif de Porto selon laquelle aucun préjudice « spécial et anormal » n’avait eu lieu (paragraphe 11 ci-dessus).
37. La Cour estime que la baisse de la valeur de marché de l’immeuble en cause ne saurait suffire, en tant que telle et en l’absence d’autres éléments, à mettre en cause les décisions des juridictions nationales, surtout si l’on tient compte du fait que le requérant savait que le chemin d’accès en question appartenait au domaine public et que l’Institut des routes pouvait, se fondant sur la législation applicable, effectuer des travaux sur le réseau routier susceptibles de modifier ou même d’éliminer – comme ce fut le cas – l’accès à l’immeuble.
38. Au vu de l’ensemble des considérations ci-dessus, la Cour estime que le requérant n’a pas supporté une charge spéciale et exorbitante en raison de la perte de valeur de marché de son immeuble suite à la réalisation – sans indemnisation – de l’ouvrage routier en question. Il n’y a donc pas eu rupture de l’équilibre devant régner entre les droits du requérant et l’intérêt général de la communauté.
39. Partant, il n’y a pas eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
PAR CES MOTIFS, LA COUR
1. Déclare, à l’unanimité, la requête recevable ;
2. Dit, par cinq voix contre deux, qu’il n’y a pas eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 26 avril 2011, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Françoise Elens-Passos Françoise Tulkens
Greffière adjointe Présidente
Au présent arrêt se trouve joint, conformément aux articles 45 § 2 de la Convention et 74 § 2 du règlement, l’exposé de l’opinion séparée commune aux juges Sajó et Karakaş.
F.T.
F.E.P.

OPINION DISSIDENTE COMMUNE AUX JUGES
SAJÓ ET KARAKAŞ
Nous regrettons de ne pouvoir nous rallier à l’avis de nos collègues en l’espèce. En effet, selon nous, le requérant a subi une perte spéciale et exorbitante de la valeur de ses biens, et l’absence d’indemnisation emporte dans ces conditions violation de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention.
Le tribunal interne a considéré que l’immeuble du requérant avait perdu plus de soixante pour cent de sa valeur marchande après la fermeture de la voie le reliant à la route nationale, le rendant ainsi très difficile d’accès. Cette voie d’accès desservant l’immeuble avait toujours existé et, conformément à de nombreuses sources juridiques et à la jurisprudence, elle constitue un droit réel. De plus, le permis de construire n’avait été délivré que quelques mois avant la fermeture de la voie d’accès et après que l’Institut portugais des routes eut dûment donné son autorisation (paragraphes 5 et 6 de l’arrêt). L’utilisation continue de la voie d’accès par le passé, jointe à la délivrance récente du permis de construire, indique qu’il existait une espérance légitime de pouvoir continuer à utiliser la voie d’accès.
La Cour reconnaît à l’Etat une grande marge d’appréciation tant pour choisir les modalités de mise en œuvre que pour juger si leurs conséquences se trouvent légitimées, dans l’intérêt général, par le souci d’atteindre l’objectif de la loi en cause (Chassagnou et autres c. France [GC], nos 25088/94, 28331/95 et 28443/95, § 75, CEDH 1999–III). Cet équilibre est rompu si la personne concernée a eu à subir une charge spéciale et exorbitante (Perdigão c. Portugal [GC], no 24768/06, § 67, 16 novembre 2010). La recherche de cet équilibre se reflète dans la structure de l’article 1 du Protocole no 1 tout entier, indépendamment des alinéas en jeu dans chaque affaire ; il doit toujours exister un rapport raisonnable de proportionnalité entre les moyens employés et le but visé.
Lorsqu’il s’agit de ménager un « juste équilibre » entre les impératifs de l’intérêt général et ceux de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu, ce n’est qu’exceptionnellement que la Cour admet l’absence d’indemnisation dans les situations relevant de la réglementation de l’usage des biens. Aucune des circonstances spéciales mentionnées au paragraphe 32 de l’arrêt ne se trouve remplie en l’espèce. De plus, la décision Ansay c. Turquie (no 49908/99, 2 mars 2006), à laquelle l’arrêt de la Chambre se réfère, a été réinterprétée par la Cour dans son arrêt Köktepe c. Turquie (no 35785/03, § 88, 22 juillet 2008). Dans le cas d’espèce, il s’agit d’une charge spéciale puisque seul le requérant a eu à subir les conséquences d’une mesure prise dans l’intérêt public et qui le touchait directement. La fermeture de la voie d’accès a eu un effet direct sur le bien du requérant, contrairement à une mesure réglementaire de nature générale s’appliquant à une catégorie entière d’utilisateurs d’un bien. Une perte de plus de soixante pour cent de la valeur marchande est certainement exorbitante. Du point de vue de la Convention, il importe peu que, d’après le droit portugais, les règles de la responsabilité sans faute ne s’appliquent, dans des cas similaires, que lorsqu’il y a lieu d’indemniser un préjudice « spécial et anormal ». Il n’importe pas non plus que les juridictions nationales aient conclu à l’absence d’un tel préjudice. La Cour a pour rôle de veiller au respect des exigences de la protection des droits garantis par la Convention et à la protection des biens, tandis qu’il appartient à l’Etat de trouver les procédures et moyens juridiques de nature à assurer un recours effectif. A cet égard, le rôle de la Cour ne saurait se limiter à contrôler si la procédure interne était ou non arbitraire (comme le paragraphe 36 de l’arrêt semble l’indiquer). La norme élaborée par la Cour (« subir une charge spéciale et exorbitante ») exige expressément de prendre en compte la perte de valeur. Se satisfaire de l’argument selon lequel la voie d’accès relève du domaine public signifie que l’analyse du fond est abandonnée. D’où le risque de vider de sa substance la protection des biens. Le respect inconditionnel de l’intérêt public qui se cache derrière la notion de marge d’appréciation privera la Cour de sa fonction protectrice concernant le droit de propriété.

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