Conclusione Non-violazione di P1-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA ANTUNES RODRIGUES C. PORTOGALLO
( Richiesta no 18070/08)
SENTENZA
STRASBURGO
26 aprile 2011
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Antunes Rodrigues c. Portogallo,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Danutė Jočienė, Ireneu Cabral Barreto, Davide Thór Björgvinsson, Giorgio Malinverni, András Sajó, Işıl Karakaş, giudici,
e da Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 29 marzo 2011,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 18070/08) diretta contro la Repubblica portoghese e in cui un cittadino di questo Stato, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 3 aprile 2008 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da OMISSIS, avvocato a Fafe (Portogallo). Il governo portoghese (“il Governo”), rappresentato fino al 23 febbraio 2010 dal suo agente, la Sig. J. Miguel, procuratore generale aggiunto, è rappresentato, da questa data, dalla Sig.ra Sig. F. Carvalho, anche lei procuratore generale aggiunto.
3. Il 6 maggio 2009, la presidentessa della seconda sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1944 e risiede a Fafe.
5. Il 15 marzo 1998, l’istituto portoghese delle strade (Junta Autónoma das Estradas, diventato successivamente Instituto das Estradas del Portogallo EP – Estradas de Portugal S.A, una società anonima a capitale pubblico) autorizzò il richiedente a costruire un immobile sul ciglio della strada nazionale no 13. Questo immobile doveva comprendere un piano di abitazione, il pianterreno essendo riservato ad una struttura commerciale. Era possibile accedere direttamente dalla strada nazionale no 13 all’immobile del richiedente. Secondo il permesso a costruire rilasciato dal municipio di Valença, i lavori dovevano concludersi il 1 giugno 1999.
6. Nel maggio 1998, quando i lavori di costruzione erano in fase di rifinitura, la società Brisa, Auto-Estradas de Portugal (qui di seguito Brisa,) debitamente autorizzata dall’istituto delle strade, chiuse la strada di accesso dalla strada nazionale all’immobile in causa per potere mettere in posto, poco più lontano, una via di uscita dell’autostrada A3. Dopo la realizzazione di questo lavoro, l’immobile del richiedente perse l’accesso diretto sulla strada nazionale no 13.
7. Nel 1999, il richiedente introdusse un’istanza per danni ed interessi contro la Brisa e l’istituto delle strade dinnanzi al tribunale civile di Valença. Con una decisione resa senza giudizio (saneador-sentença) il 12 novembre 1999, questo tribunale si stimò incompetente ratione materiae, risultando i danni presumibilmente subiti dal richiedente da un atto di gestione pubblica.
8. Il 27 marzo 2000, il richiedente introdusse dinnanzi al tribunale amministrativo di Puerto un’istanza per danni ed interessi contro l’istituto delle strade, adducendo che l’immobile aveva perso il suo valore in ragione della mancanza di accesso sulla strada nazionale. Il richiedente sottolineò che le proposte concrete di acquisto dell’immobile di cui disponeva prima della realizzazione del lavoro non arrivarono alla fine in ragione di tale mancanza di accesso sulla strada nazionale. L’istanza era introdotta anche contro la Brisa ma il giudice si stimò incompetente ratione materiae per quanto questa ultima era riguardata.
9. Con un giudizio del 29 dicembre 2006, il tribunale amministrativo respinse l’istabza. Il tribunale riconobbe da prima che l’immobile del richiedente aveva perso del suo valore: secondo i fatti stabiliti, non valeva più di una somma superiore a 15 000 000 escudo portoghesi (PTE), o 75 000 euro (EUR) circa, mentre prima della realizzazione del lavoro da parte dell’istituto delle strade, questo valore sarebbe stato di 40 000 000 PTE, o 200 000 EUR circa. Il tribunale amministrativo stimò però che non c’era stata nello specifico nessuna condotta illecita da parte dell’istituto delle strade. Esaminando poi la questione sotto l’angolo della responsabilità, il tribunale amministrativo considerò che il richiedente non aveva sicuramente subito nessun “danno anormale e speciale.” Se era vero che il suo diritto di proprietà aveva sofferto una certa compressione in ragione della modifica delle condizioni di accesso all’immobile, ciò era il risultato del rischio legato ai rischi della vita commerciale. Riferendosi alla giurisprudenza della Corte suprema amministrativa, il tribunale amministrativo sottolineò che non si sarebbe potuto ammettere un diritto automatico all’indennizzo di tutti coloro che si vedevano abbassare la loro attività commerciale in ragione della realizzazione di un lavoro stradale.
10. Il richiedente fece appello dinnanzi alla Corte suprema amministrativa, in particolare sostenendo che il tribunale amministrativo di Puerto aveva commesso un errore di diritto quando aveva stimato che l’intervento controverso non era un atto illecito che recava offesa al diritto di proprietà.
11. Con una sentenza del 20 dicembre 2007, la Corte suprema amministrativa respinse il ricorso, considerando che la realizzazione del lavoro non aveva recato offesa a nessuna disposizione legislativa o regolamentare. Trattandosi della questione di sapere se era possibile risarcire il richiedente sotto l’angolo delle disposizioni relative alla responsabilità, l’alta giurisdizione sottolineò che il richiedente sicuramente aveva omesso di sollevare degli argomenti tesi a modificare le conclusioni della decisione attaccata a questo riguardo e confermò di conseguenza questa.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
12. L’articolo 22 della Costituzione portoghese definisce la responsabilità civile dello stato e dei suoi organi ed agenti nei seguenti termini:
“Lo stato e le altre entità pubbliche sono civilmente responsabili, congiuntamente ai membri dei loro organi ed ai loro funzionari o agenti, di tutte le azioni od omissioni commesse da questi nell’esercizio o a causa dell’esercizio delle loro funzioni e da cui risultano delle violazioni dei diritti, libertà e garanzie o un danno per altri. “
13. Al momento dei fatti, la responsabilità civile extra-contrattuale dello Stato era regolata dal decreto-legge no 48051 del 21 novembre 1967. Certe disposizioni di questo decreto-legge si trovano nella decisione Paulino Tomás c. Portogallo ((dec.), no 58698/00, CEDH 2003-VIII). Conviene aggiungere che ai termini degli articoli 8 e 9 di questo decreto-legge, lo stato rispondeva sicuramente a titolo della responsabilità quando causava a capo degli individui un “danno speciale ed anormale.” Secondo la giurisprudenza della Corte suprema amministrativa e l’insieme della dottrina, il danno “speciale” è quello che non è a carico dell’insieme della società ma a carico di una sola determinata persona; il danno “anormale” è quello che non è inerente ai rischi normali della vita in società a carico dell’insieme dei cittadini (vedere, per esempio, la sentenza della Corte suprema amministrativa del 2 dicembre 2004 resa nel procedimento no 670/04; vedere, trattandosi della dottrina, J. J. Gomes Canotilho, Oh problema da responsabilidade do Estado por actos lícitos, Coimbra, 1974).
14. La Costituzione stipula peraltro, nel suo articolo 84, che le strade fanno parte della tenuta pubblica. Rinvia alla legge ordinaria per le condizioni in cui gli individui possono utilizzare i beni che fanno parte della tenuta pubblica.
15. L’accesso alle strade nazionali è regolato dal decreto-legge no 13/71, del 13 gennaio 1971. Questo testo di legge dispone che appartiene all’istituto delle strade autorizzare l’accesso alla rete stradale, mediante certe condizioni, in particolare quella di non causare dei rischi alla circolazione (articoli 6 e 7).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
16. Il richiedente adduce che la perdita di valore del suo immobile in seguito ad un lavoro stradale porta attentato al suo diritto al rispetto dei beni, come previsto dall’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
17. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
18. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
19. Il richiedente sostiene che il diritto di utilizzare la strada di accesso che collega il suo immobile alla strada nazionale faceva parte del suo diritto di proprietà, garantito da l’articolo 1 del Protocollo no 1. Ricorda a questo riguardo che questa disposizione non si limita alla proprietà di beni corporali e che può coprire un insieme di situazioni che si possono analizzare come un “bene.”
20. Il richiedente osserva che tagliando l’accesso alla strada nazionale, la condotta delle autorità nazionali ha avuto per risultato di isolare il suo immobile, il che ha avuto per conseguenza di fare abbassare il valore di mercato di questo, come hanno riconosciuto del resto le giurisdizioni interne. In tale situazione, il richiedente stima che l’articolo 1 del Protocollo no 1 necessiterebbe un risarcimento. In mancanza di ogni indennizzo, il richiedente conclude alla violazione di questa disposizione.
21. Il Governo sottolinea da prima che la strada di accesso in questione apparteneva alla tenuta pubblica, non avendo il richiedente nessuno diritto di proprietà al suo riguardo. Tutto ciò che il richiedente ha ottenuto da parte delle autorità competenti fu l’autorizzazione, conformemente alla legge, di procedere alla costruzione del suo immobile ad una certa distanza della strada nazionale. Il Governo osserva a questo riguardo che il richiedente non beneficiava anche di una servitù di passaggio sulla strada di accesso in causa.
22. Se il valore di mercato dell’immobile in causa si è abbassato effettivamente, come hanno riconosciuto le giurisdizioni interne, il Governo rileva che ogni danno non è suscettibile di un risarcimento. Così, il Governo fa valere in primo luogo che le autorità hanno agito nel rispetto rigoroso della legalità ed unicamente sulla tenuta pubblica, a differenza di altre cause di cui la Corte è venuta a conoscenza ed in cui era questione di espropriazioni che prevedevano delle proprietà private. Diventava perciò possibile al richiedente ottenere un risarcimento solo nel contesto della responsabilità senza colpa, ambito in cui la legislazione applicabile esige un danno “anormale”-cioè da cui la gravità supera i carichi che risultano dalla vita normale nella società-e “speciale”-cioè che cade in modo impari su una persona o un gruppo di persone.
23. Però, le giurisdizioni interne, agendo nell’esercizio dell’ampio margine di valutazione che è riconosciuto loro in materia, hanno considerato che il danno in causa non era né “anormale” né “speciale.” Per il Governo, tale decisione, presa in seguito ad un procedimento giudiziale, avrebbe predisposto un giusto equilibrio tra i diritti del richiedente e l’interesse generale.
2. Valutazione della Corte
a) Applicabilità dell’articolo 1 del Protocollo no 1
24. La Corte ricorda che la nozione di “bene” menzionata nella prima parte dell’articolo 1 del Protocollo no 1 ha una portata autonoma che non si limita alla proprietà di beni corporali e che è indipendente dalle qualifiche formali del diritto interno: certi altri diritti ed interessi che costituiscono degli attivi possono passare anche per “diritti patrimoniali” e dunque dei “beni” ai fini di questa disposizione. In ogni causa, importa esaminare se le circostanze, considerate nel loro insieme, hanno reso il richiedente titolare di un interesse sostanziale protetto dall’articolo 1 del Protocollo no 1 (Depalle c. Francia [GC], no 34044/02, § 62, CEDH 2010 -…).
25. Nell’occorrenza, è vero che nessun terreno del richiedente fu espropriato. È stabilito però che in seguito al lavoro stradale in causa, l’immobile del richiedente perse l’accesso diretto su una strada nazionale ( paragrafo 6 sopra). Questo fatto ha causato una limitazione nel godimento dei diritti che il richiedente traeva dalla qualità di proprietario. Ora, delle limitazioni ad un tale godimento del diritto di proprietà costituiscono un’ingerenza nel diritto dell’interessato al rispetto dei beni (Ouzounoglou c. Grecia, no 32730/03, § 28, 24 novembre 2005). L’articolo 1 del Protocollo no 1 è quindi applicabile nello specifico.
b) Osservazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1
26. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza, l’articolo 1 del Protocollo no 1 che garantisce in sostanza il diritto di proprietà, contiene tre norme distinte (vedere, in particolare, James ed altri c. Regno Unito, 21 febbraio 1986, § 37, serie A no 98); la prima che si esprime nella prima frase del primo capoverso e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della proprietà; la seconda, che figura nella seconda frase dello stesso capoverso, prevede la privazione di proprietà e la sottopone a certe condizioni; in quanto alla terza, registrata nel secondo capoverso, riconosce agli Stati contraenti il potere, tra l’altro, di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale. La seconda e la terza norma che hanno fatto riferimento agli esempi particolari di attentati al diritto di proprietà, si devono interpretare alla luce del principio consacrato dalla prima (Bruncrona c. Finlandia, no 41673/98, §§ 65-69, 16 novembre 2004, e Broniowski c. Polonia [GC], no 31443/96, § 134, CEDH 2004-V).
27. Nello specifico, è innegabile che il richiedente non è stato oggetto di nessuna misura che si assimila ad una privazione di proprietà. I suoi diritti reali sull’immobile in questione restano intatti, anche se il valore di mercato di questo se ne è trovato ridotto. La seconda frase del primo capoverso non si applica dunque nello specifico.
28. Agli occhi della Corte, la situazione controversa dipende dalla regolamentazione dell’uso dei beni ad uno scopo di interesse generale. Difatti, il regime giuridico della tenuta pubblica, in quanto lede questo l’uso del pubblico per servire il bene comune, corrisponde a questa categoria (Depalle, precitata, § 80).
29. Secondo una giurisprudenza ben consolidata, il secondo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 si deve leggere alla luce del principio consacrato dalla prima frase dell’articolo. Perciò, una misura di ingerenza deve rispettare il principio di legalità (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II) e predisporre un “giusto equilibrio” tra gli imperativi dell’interesse generale e quelli della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo. La ricerca di simile equilibrio si riflette nella struttura dell’articolo 1 del Protocollo no 1 tutto intero e, di conseguenza, in quello del secondo capoverso; deve esistere un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto. Controllando il rispetto di questa esigenza, la Corte riconosce allo stato un grande margine di valutazione tanto per scegliere le modalità di collocamento in opera che per giudicare se le loro conseguenze si trovano legittimate, nell’interesse generale, dalla preoccupazione di raggiungere l’obiettivo della legge in causa (Chassagnou ed altri c. Francia [GC], numeri 25088/94, 28331/95 e 28443/95, § 75, CEDH 1999-III). Questo equilibrio è rotto se la persona riguardata ha dovuto subire un carico speciale ed esorbitante (Perdigão c. Portogallo [GC], no 24768/06, § 67, 16 novembre 2010).
30. Nello specifico, il richiedente non contesta la legalità dell’ingerenza controversa. Resta da determinare se il “giusto equilibrio” in questione è stato predisposto.
31. Dedicandosi da prima alla finalità dell’ingerenza, la Corte osserva che questa dipendeva dalla politica generale del piano di sviluppo del territorio che inglobava anche le politiche tese a migliorare ed a modernizzare la rete stradale. Conviene ricordare a questo riguardo che la realizzazione di un lavoro destinato all’uso della collettività dipende dall’interesse generale (Jokela c. Finlandia, no 28856/95, § 52, CEDH 2002-IV; Maupas ed altri c. Francia, no 13844/02, § 18, 19 settembre 2006).
32. In questa tenuta, lo stato dispone di un grande margine di valutazione. Nel collocamento in opera queste politiche, lo stato può essere portato ad intervenire in particolare nella tenuta pubblica ed anche a contemplare, in certe circostanze, la mancanza di indennizzo in parecchie situazioni che dipendono dalla regolamentazione dell’uso dei beni. È il caso della demolizione di una casa privata costruita sulla tenuta pubblica per esempio (Depalle, precitata, §§ 77-93; Hamer c. Belgio, no 21861/03, §§ 71-89, CEDH 2007-XIII (brani)) o delle limitazioni dell’uso dei beni provocati dalla qualifica di un terreno come appartenente alla tenuta forestale, (Ansay c. Turchia, (dec.), no 49908/99, 2 marzo 2006) o dalla necessità di proteggere il patrimonio archeologico (Longobardi c. Italia, déc.), no 7670/03, 26 giugno 2007. Difatti, quando una misura di regolamentazione dell’uso dei beni è in causa, la mancanza di indennizzo è una dei fattori da prendere in conto per stabilire se un giusto equilibrio è stato rispettato ma non potrebbe, da solo, essere costitutivo di una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (Depalle, precitato, § 91).
33. La Corte osserva a questo riguardo che l’ingerenza di cui si lamenta il richiedente è da distinguere delle cause di espropriazione parziale di un terreno che lede il valore dell’appezzamento non espropriato (vedere particolarmente Katikaridis ed altri c. Grecia, 15 novembre 1996, § 49, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-V e Tsomtsos ed altri c. Grecia, 15 novembre 1996, § 40, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-V; vedere anche, più recentemente, Bistrović c. Croazia, no 25774/05, § 44, 31 maggio 2007). Difatti, nel caso di specie, non c’è stato nessun intervento dello stato su un appezzamento di terreno appartenente all’interessato ma la semplice realizzazione di un lavoro stradale sulla tenuta pubblica.
34. La legge portoghese contempla, in situazioni come quelle dello specifico, di applicare sicuramente le regole della responsabilità che impone di riparare il danno risultante da un danno “speciale ed anormale” che provoca per l’interessato una rottura dell’uguaglianza dei carichi che pesano sull’insieme degli individui. Appartiene ai tribunali esaminare se i danni addotti dagli interessati rivestono tale carattere “speciale ed anormale” o se inversamente devono essere considerati come accettabili e dipendenti da rischi normali legati alla vita in società.
35. Si tratta di un sistema che permette di mettere sulla bilancia gli interessi dell’interessato e quelli della comunità e che del resto si avvicina alla condotta della Corte quando è chiamata ad esaminare, nel contesto del diritto al rispetto dei beni garantiti dall’articolo 1 del Protocollo no 1, se il “giusto equilibrio” è stato rispettato. Non si potrebbe mettere a carico dello stato un risarcimento automatico delle persone lese dalla realizzazione di un lavoro stradale sulla tenuta pubblica difatti, senza nessun esame della natura e della superficie dei danni subiti. È ragionevole incaricare le autorità giudiziali di esaminare, sulla base di certi criteri previsti dalla legge, i danni in causa dunque e di accordare, se c’è luogo, un risarcimento.
36. Nell’occorrenza, le giurisdizioni portoghesi hanno stimato, dopo avere ascoltato le parti interessate e sulla base degli elementi che hanno giudicato pertinenti ed adeguati per la risoluzione della controversia che tale danno “speciale ed anormale” non aveva avuto luogo. La Corte non scopre nessun elemento che permette di concludere che le decisioni delle giurisdizioni portoghesi erano inficiate di arbitrarietà o manifestamente irragionevoli (Anheuser-Busch Inc. c. Portogallo [GC], no 73049/01, § 86, CEDH 2007-I). Rileva a questo riguardo che il richiedente non è non del resto riuscito a sollevare dinnanzi alla Corte suprema amministrativa degli argomenti tesi ad annullare la decisione del tribunale amministrativo di Puerto secondo la quale nessun danno “speciale ed anormale” aveva avuto luogo (paragrafo 11 sopra).
37. La Corte stima che l’abbassamento del valore di mercato dell’immobile in causa non potrebbe bastare, in quanto tale e in mancanza di altri elementi, a mettere in causa le decisioni delle giurisdizioni nazionali, soprattutto se si tiene conto del fatto che il richiedente sapeva che la strada di accesso in questione apparteneva alla tenuta pubblica e che l’istituto delle strade poteva, basandosi sulla legislazione applicabile, effettuare dei lavori sulla rete stradale suscettibile di modificare o anche di eliminare -come fu il caso- l’accesso all’immobile.
38. Alla vista dell’insieme delle considerazioni sopra, la Corte stima che il richiedente non ha sopportato un carico speciale ed esorbitante in ragione della perdita di valore di mercato del suo immobile in seguito alla realizzazione-senza indennizzo -del lavoro stradale in questione. Non c’è stata dunque rottura dell’equilibrio che deve regnare tra i diritti del richiedente e l’interesse generale della comunità.
39. Pertanto, non c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Dichiara, all’unanimità, la richiesta ammissibile,;
2. Stabilisce, per cinque voci contro due, che non c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 26 aprile 2011, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell’ordinamento, l’esposizione dell’opinione separata comune ai giudici Sajó e Karakaş.
F.T.
F.E.P.
OPINIONE DISSIDENTE COMUNE AI GIUDICI
SAJÓ E KARAKAŞ
Ci dispiace di non potere unirci al parere dei nostri colleghi nello specifico. Difatti, secondo noi, il richiedente ha subito una perdita speciale ed esorbitante del valore dei suoi beni, e la mancanza di indennizzo porta in queste condizioni violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione.
Il tribunale interno ha considerato che l’immobile del richiedente aveva perso più del sessanta per cento del suo valore commerciale dopo la chiusura della via che lo collega alla strada nazionale, rendendo così molto difficile l’ accesso a questo. Questa via di accesso che serve l’immobile era sempre esistita e, conformemente a numerose sorgenti giuridiche ed alla giurisprudenza, costituisce un diritto reale. In più, il permesso di costruire era stato rilasciato solo alcuni mesi prima della chiusura della via di accesso e dopo che l’istituto portoghese delle strade ebbe dato debitamente la sua autorizzazione ( paragrafi 5 e 6 della sentenza). L’utilizzazione continua della via di accesso in passato, unita al rilascio recente del permesso di costruire, indica che esisteva una speranza legittima di potere continuare ad utilizzare la via di accesso.
La Corte riconosce allo stato un grande margine di valutazione tanto per scegliere le modalità di collocamento in opera che per giudicare se le loro conseguenze si trovano legittimate, nell’interesse generale, dalla preoccupazione di raggiungere l’obiettivo della legge in causa (Chassagnou ed altri c. Francia [GC], numeri 25088/94, 28331/95 e 28443/95, § 75, CEDH 1999-III). Questo equilibrio è rotto se la persona riguardata ha dovuto subire un carico speciale ed esorbitante (Perdigão c. Portogallo [GC], no 24768/06, § 67, 16 novembre 2010). La ricerca di questo equilibrio si riflette nella struttura dell’articolo 1 del Protocollo no 1 tutto intero, a prescindere dai capoversi in gioco in ogni causa; deve sempre esistere un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto.
Quando si tratta di predisporre un “giusto equilibrio” tra gli imperativi dell’interesse generale e quelli della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo, è solamente eccezionalmente che la Corte ammette la mancanza di indennizzo in situazioni che dipendono dalla regolamentazione dell’uso dei beni. Nessuna delle circostanze speciali menzionate al paragrafo 32 della sentenza si trova assolta nello specifico. In più, la decisione Ansay c. Turchia, no 49908/99, 2 marzo 2006 alla quale la sentenza della Camera si riferisce, è stata reinterpretata dalla Corte nella sua sentenza Köktepe c. Turchia (no 35785/03, § 88, 22 luglio 2008,). Nel caso di specie, si tratta di un carico speciale poiché solo il richiedente ha dovuto subire le conseguenze di una misura presa nell’interesse pubblico e che lo toccava direttamente. La chiusura della via di accesso ha avuto un effetto diretto sul bene del richiedente, contrariamente ad una misura regolamentare natura generale che si applica ad una categoria intera di utenti di un bene. Una perdita di più del sessanta per cento del valore commerciale è certamente esorbitante. Dal punto di vista della Convenzione, importa poco che, secondo il diritto portoghese, le regole della responsabilità si applicano sicuramente, in casi simili solo quando c’è luogo di indennizzare un danno “speciale ed anormale.” Non importa neanche che le giurisdizioni nazionali abbiano concluso alla mancanza di tale danno. La Corte ha per ruolo di badare al rispetto delle esigenze della protezione dei diritti garantiti dalla Convenzione ed alla protezione dei beni, mentre appartiene allo stato trovare i procedimenti e i mezzi giuridici di natura tale da garantire un ricorso effettivo. A questo riguardo, il ruolo della Corte non potrebbe limitarsi a controllare se il procedimento interno è stato o meno arbitrario, come il paragrafo 36 della sentenza sembro indicare. La norma elaborata dalla Corte (“subire un carico speciale ed esorbitante”) esige espressamente di prendere in conto la perdita di valore. Accontentarsi dell’argomento secondo cui la via di accesso dipende dalla tenuta pubblica significa che l’analisi del merito è abbandonata. Da qui il rischio di svuotare della sua sostanza la protezione dei beni. Il rispetto incondizionato dell’interesse pubblico che si nasconde dietro la nozione di margine di valutazione priverà la Corte della sua funzione protettiva concernente il diritto di proprietà.