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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE ANTONOPOULOU ET AUTRES c. GRECE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41
Numero: 49000/06/2010
Stato: Grecia
Data: 2010-10-07 00:00:00
Organo: Sezione Prima
Testo Originale

Conclusione Danno patrimoniale – risarcimento
PRIMA SEZIONE
CAUSA ANTONOPOULOU ED ALTRI C. GRECIA
( Richiesta no 49000/06)
SENTENZA
(Soddisfazione equa)
STRASBURGO
7 ottobre 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Antonopoulou ed altri c. Grecia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
Nina Vajiæ, presidentessa, Christos Rozakis, Khanlar Hajiyev, Dean Spielmann, Sverre Erik Jebens, Giorgio Malinverni, George Nicolaou, giudici,
e da Søren Nielsen, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 16 settembre 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 49000/06) diretta contro la Repubblica ellenica da quattro cittadini di questo Stato, OMISSIS (“i richiedenti”) che hanno investito la Corte il 17 novembre 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Con una sentenza del 16 aprile 2009 (“la sentenza al principale”), la Corte ha giudicato che c’era stata violazione degli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1. In particolare, la Corte ha considerato che, trattandosi del motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, il rigetto del mezzo di cassazione contenzioso rilevava un approccio fin troppo formalista delle condizioni di ammissibilità del ricorso esercitato e che, di conseguenza, la limitazione imposta al diritto di accesso dei richiedenti ad un tribunale non era stata proporzionata allo scopo di garantire la sicurezza giuridica e la buona amministrazione della giustizia. Inoltre, trattandosi del motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1, la Corte ha concluso che negando di indennizzare i richiedenti per il deprezzamento della parte non espropriata dei loro terreni in ragione della natura del lavoro, le giurisdizioni interne avevano rotto il giusto equilibrio che deve regnare tra la salvaguardia dei diritti individuali e le esigenze dell’interesse generale (Antonopoulou ed altri c. Grecia, no 49000/06, § 59, 16 aprile 2009).
3. Appellandosi all’articolo 41 della Convenzione, i richiedenti richiedevano a titolo del danno patrimoniale una somma che corrisponde al 100% del valore delle parti non espropriate dei terreni in causa.
4. Non essendo matura la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione, la Corte l’ha riservata e ha invitato il Governo ed i richiedenti a sottoporle per iscritto, entro sei mesi, le loro osservazioni su suddetta questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale sarebbero potuti arrivare (ibidem, § 63, e punto 5 del dispositivo).
5. Tanto i richiedenti che il Governo hanno depositato delle osservazioni.
IN DIRITTO
6. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
1. Danno patrimoniale
a) Tesi delle parti
i. I richiedenti
7. I richiedenti adducono che il deprezzamento delle parti non espropriate dei terreni controversi è incontestabile e dipende dal senso comune. Notano che la perdita dell’accesso diretto alla strada nazionale in ragione del suo ampliamento e alla separazione di questa dalla strada secondaria con un guard-rail ha sminuito il valore delle parti non espropriate dei terreni in causa di almeno il 50%. Affermano che in ragione delle conseguenze dell’espropriazione, la maggior parte delle imprese ubicate sui terreni che costeggiavano la strada nazionale e che sono stati allo stesso modo espropriati hanno cessato di funzionare, e che il loro prezzo è caduto in modo radicale. In più, aggiungono che, come ammette il Governo, la strada secondaria che serve il restante dei loro terreni d’ora in poi è lei stessa inutilizzabile per il fatto che tutti i tronconi da costruire non sono ancora compiuti. I richiedenti sottolineano che questo stato dei fatti provoca un deprezzamento ancora più importante delle loro proprietà; per loro, va da sé che nessun veicolo può prendere la strada secondaria per il momento, poiché dopo avere percorso una certa distanza, cadrebbe in un vicolo cieco.
8. In particolare, i richiedenti affermano che la realizzazione del lavoro pubblico ha provocato un deprezzamento dei terreni che non comprendevano immobili all’altezza del 50% del prezzo unitario fissato dalla sentenza no 1924/2002 della corte di appello di Tessalonico. In quanto ai terreni su cui erano collocate le due stazioni-servizio, calcolano il deprezzamento delle parti non espropriate al 100% del prezzo unitario fissato dalla sentenza no 1924/2002 della corte di appello di Tessalonico. Infine, i richiedenti adducono che devono vedersi anche assegnare un’indennità supplementare per le parti dei loro terreni che sono stati espropriati ma per cui non hanno ricevuto alcun indennizzo, poiché le giurisdizioni nazionali hanno considerato che, conformemente alla legge no 653/1977, avrebbero tratto profitto dal miglioramento della strada nazionale.
ii. Il Governo
9. Il Governo ribatte che le richieste dei richiedenti sono vaghe, poiché valutano, senza fare nessuna distinzione, il danno patrimoniale subito tra il 50% e il 100% del valore dei terreni in causa, come ha fissata la sentenza no 1924/2002 della corte di appello di Tessalonico. Il Governo stima che l’onere della prova in quanto al danno patrimoniale subito dai richiedenti spetta loro. Questi avrebbero dovuto produrre delle prove concrete ed incontestabili su questa importante questione. Il Governo sottopone alla Corte un rapporto di perizia redatto da un comitato che dipende dal servizio fondiario delle regioni di Tessalonico. Suddetta perizia nota, in generale, che non c’è stato deprezzamento di tutti i terreni lesi dall’espropriazione poiché, anche prima dell’ampliamento della strada nazionale, questi non avevano tutti un accesso diretto a questa. Per di più, suddetta perizia nota che, trattandosi dei terreni che costeggiavano la vecchia strada nazionale e che comprendevano degli immobili ad uso commerciale, certi ospitavano delle imprese a vocazione artigianale o industriale che non erano orientate verso la vendita al dettaglio.
10. Il Governo considera che in nessun caso l’indennità da assegnare a titolo del danno patrimoniale subito potrebbe non riflettere il valore totale delle parti non espropriate o il valore delle imprese che vi erano collocate. In più, nota che, come risulta dalla mappa catastale afferente all’espropriazione in causa, solo gli appezzamenti numeri 36 e 56 comprendono degli immobili. Di conseguenza, conformemente alla sua sentenza sul merito, la Corte potrebbe indennizzare i richiedenti solo per il deprezzamento delle parti non espropriate di suddetti appezzamenti. Infine, il Governo rileva da una parte che la soppressione dell’accesso diretto delle proprietà controverse sulla uova via nazionale ha avuto luogo per le ragioni di interesse generale e che, d’altra parte, la stazione-servizio in attività su una parte dei terreni in causa è servita attualmente dalla strada secondaria che è collegata alla strada principale.
11. Tutto sommato, il Governo stima che una somma di 15 000 EUR per ciascuna delle proprietà su cui sono collocate le imprese delle stazioni di servizio, ossia al totale 30 000 EUR, è una somma ragionevole da assegnare a titolo del danno morale subito.
b) Valutazione della Corte
12. La Corte ricorda che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo giuridico di mettere un termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo da ristabilire tanto quanto si può fare la situazione anteriore a questa (Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI e Katsaros c. Grecia (soddisfazione equa), no 51473/99, § 17, 13 novembre 2003).
13. Gli Stati contraenti parti ad una causa sono in principio liberi di scegliere i mezzi che utilizzeranno per conformarsi ad una sentenza che constata una violazione. Questo potere di valutazione in quanto alle modalità di esecuzione di una sentenza traduce la libertà di scelta a cui è abbinato l’obbligo fondamentale imposto dalla Convenzione agli Stati contraenti: garantire il rispetto dei diritti e delle libertà garantite. Se la natura della violazione permette una restitutio in integrum, incombe sullo stato convenuto realizzarla, non avendo la Corte né la competenza né la possibilità pratica di realizzarla lei stessa. Se , in compenso, il diritto nazionale non permette così o permette solamente imperfettamente di cancellare le conseguenze della violazione, l’articolo 41 abilita la Corte ad accordare, se c’è luogo, alla parte lesa la soddisfazione che gli sembra appropriata (Brumarescu c. Romania (soddisfazione equa) [GC], no 28342/95, § 20, CEDH 2000-I).
14. Inoltre, la Corte ricorda che solo i danni causati dalle violazioni della Convenzione che ha constatato sono suscettibili di dare adito a sussidio di una soddisfazione equa (Motais di Narbonne c. Francia (soddisfazione equa), no 48161/99, § 19, 27 maggio 2003).
15. Trattandosi della presente causa, la Corte ricorda che, nella sua sentenza al principale, si è espressa in questi termini: “La natura del lavoro ha contribuito direttamente ad un deprezzamento delle parti non espropriate. Difatti, la realizzazione del lavoro pubblico ha provocato la perdita per le parti in causa del vantaggio di un accesso diretto alla strada nazionale. Per questo fatto, trattandosi dei terreni su cui i richiedenti avevano fatto costruire degli immobili utilizzati ai fini commerciali, questi hanno subito un abbassamento del loro valore in ragione della perdita di clientela delle imprese e dell’ inerente caduta dei profitti. La Corte nota su questo punto che la corte di appello di Tessalonico ha negato esplicitamente di indennizzare i richiedenti per la perdita di clientela e l’abbassamento dei loro redditi, dopo avere ammesso che l’indennità per la parte non espropriata della proprietà non potrebbe prendere in conto la natura del lavoro da realizzare sulla parte espropriata. Di conseguenza, è innegabile che per i richiedenti lo sfruttamento di questa parte degli appezzamenti si trovava seriamente compromessa in ragione dell’ampliamento della strada nazionale.”
16. La Corte nota quindi che la constatazione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 risulta dal rifiuto delle giurisdizioni interne di indennizzare i richiedenti per il deprezzamento delle parti non espropriate dei loro terreni su cui avevano fatto costruire la due stazioni di servizio, consecutiva alla perdita di accesso diretto alla strada nazionale. Avuto riguardo alla natura della violazione constatata, la Corte stima di dovere accordare ai richiedenti un’indennità per il deprezzamento della parte restante di detti terreni. Tenuto conto delle incertezze inerenti ad ogni tentativo di stima del deprezzamento dei terreni non espropriati così come degli immobili costruiti su questi e lo scarto significativo constatato tra la valutazione del Governo e quella dei richiedenti, la Corte stima appropriato fissare una somma forfetaria a questo titolo (vedere Katsaros c. Grecia (soddisfazione equa), precitata, § 21).
17. Alla luce di queste considerazioni, e deliberando in equità come vuole l’articolo 41 della Convenzione, la Corte giudica ragionevole assegnare congiuntamente ai richiedenti 145 000 EUR a titolo del danno patrimoniale subito.
2. Danno morale
18. I richiedenti non sottopongono nessuna richiesta a titolo del danno morale che avrebbero subito in ragione della violazione constatata degli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1.
19. Perciò, la Corte non stima necessario accordare una somma a questo titolo.
B. Oneri e spese
20. I richiedenti chiedono anche 100 000 EUR per gli oneri e le spese impegnati dinnanzi alle giurisdizioni interne e per quelli incorsi dinnanzi alla Corte. Non producono nessuna fattura o nota di parcella.
21. Il Governo non si pronuncia su questo punto.
22. Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, il sussidio di oneri e delle spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità e, in più, il carattere ragionevole del loro tasso (Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], precitata, § 54).
23. La Corte osserva che le pretese dei richiedenti a titolo degli oneri e delle spese non sono corredati dai giustificativi necessari. Conviene dunque allontanare la loro richiesta.
C. Interessi moratori
24. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare congiuntamente ai richiedenti, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione:
i. 145 000 EUR (cento quaranta cinquemila euro) al totale per danno patrimoniale,;
ii. ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta da lei su suddetta somma;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
2. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 7 ottobre 2010 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Søren Nielsen Nina Vajić
Cancelliere Presidentessa

Testo Tradotto

Conclusion Dommage matériel – réparation
PREMIÈRE SECTION
AFFAIRE ANTONOPOULOU ET AUTRES c. GRÈCE
(Requête no 49000/06)
ARRÊT
(Satisfaction équitable)
STRASBOURG
7 octobre 2010
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Antonopoulou et autres c. Grèce,
La Cour européenne des droits de l’homme (première section), siégeant en une chambre composée de :
Nina Vajić, présidente,
Christos Rozakis,
Khanlar Hajiyev,
Dean Spielmann,
Sverre Erik Jebens,
Giorgio Malinverni,
George Nicolaou, juges,
et de Søren Nielsen, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 16 septembre 2010,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 49000/06) dirigée contre la République hellénique par quatre ressortissants de cet Etat, OMISSIS (« les requérants »), qui ont saisi la Cour le 17 novembre 2006 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Par un arrêt du 16 avril 2009 (« l’arrêt au principal »), la Cour a jugé qu’il y avait eu violation des articles 6 § 1 de la Convention et 1 du Protocole no 1. En particulier, la Cour a considéré que, s’agissant du grief tiré de l’article 6 § 1 de la Convention, le rejet du moyen de cassation litigieux relevait d’une approche par trop formaliste des conditions de recevabilité du recours exercé et que, par conséquent, la limitation imposée au droit d’accès des requérants à un tribunal n’avait pas été proportionnée au but de garantir la sécurité juridique et la bonne administration de la justice. En outre, s’agissant du grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1, la Cour a conclu qu’en refusant d’indemniser les requérants pour la dépréciation de la partie non expropriée de leurs terrains en raison de la nature de l’ouvrage, les juridictions internes avaient rompu le juste équilibre devant régner entre la sauvegarde des droits individuels et les exigences de l’intérêt général (Antonopoulou et autres c. Grèce, no 49000/06, § 59, 16 avril 2009).
3. En s’appuyant sur l’article 41 de la Convention, les requérants réclamaient au titre du dommage matériel une somme correspondant à 100 % de la valeur des parties non expropriées des terrains en cause.
4. La question de l’application de l’article 41 de la Convention ne se trouvant pas en état, la Cour l’a réservée et a invité le Gouvernement et les requérants à lui soumettre par écrit, dans les six mois, leurs observations sur ladite question et notamment à lui donner connaissance de tout accord auquel ils pourraient aboutir (ibidem, § 63, et point 5 du dispositif).
5. Tant les requérants que le Gouvernement ont déposé des observations.
EN DROIT
6. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
1. Dommage matériel
a) Thèses des parties
i. Les requérants
7. Les requérants allèguent que la dépréciation des parties non expropriées des terrains litigieux est incontestable et relève du sens commun. Ils notent que la perte de l’accès direct à la route nationale en raison de son élargissement et la séparation de celle-ci de la route secondaire par une glissière de sécurité a diminué la valeur des parties non expropriées des terrains en cause d’au moins 50 %. Ils affirment qu’en raison des conséquences de l’expropriation, la plupart des entreprises installées sur les terrains qui longeaient la route nationale et qui ont aussi été expropriées ont cessé de fonctionner, et que leur prix a chuté de manière radicale. De plus, ils ajoutent que, comme l’admet le Gouvernement, la route secondaire qui dessert dorénavant le restant de leurs terrains est elle-même inutilisable du fait que tous les tronçons à construire ne sont pas encore achevés. Les requérants soulignent que cet état de faits entraîne une dépréciation plus importante encore de leurs propriétés ; pour eux, il va de soi qu’aucun véhicule ne peut pour le moment emprunter la route secondaire, puisqu’après avoir parcouru une certaine distance, il tomberait dans une impasse.
8. En particulier, les requérants affirment que la réalisation de l’ouvrage public a entraîné une dépréciation des terrains qui ne comportaient pas d’immeubles à hauteur de 50 % du prix unitaire fixé par l’arrêt no 1924/2002 de la cour d’appel de Thessalonique. Quant aux terrains sur lesquels étaient implantées les deux stations-service, ils calculent la dépréciation des parties non expropriées à 100% du prix unitaire fixé par l’arrêt no 1924/2002 de la cour d’appel de Thessalonique. Enfin, les requérants allèguent qu’ils doivent aussi se voir allouer une indemnité supplémentaire pour les parties de leurs terrains qui ont été expropriées mais pour lesquelles ils n’ont pas reçu d’indemnisation, puisque les juridictions nationales ont considéré que, conformément à la loi no 653/1977, ils tiraient profit de l’amélioration de la route nationale.
ii. Le Gouvernement
9. Le Gouvernement rétorque que les demandes des requérants sont vagues, puisqu’ils chiffrent, sans faire aucune distinction, le dommage matériel subi entre 50 % et 100 % de la valeur des terrains en cause, telle que l’a fixée l’arrêt no 1924/2002 de la cour d’appel de Thessalonique. Le Gouvernement estime que la charge de la preuve quant au dommage matériel subi par les requérants leur incombe. Ceux-ci auraient dû produire des preuves concrètes et incontestables sur cette question importante. Le Gouvernement soumet à la Cour un rapport d’expertise rédigé par un comité relevant du service foncier des régions de Thessalonique. Ladite expertise note, en général, qu’il n’y a pas eu dépréciation de tous les terrains affectés par l’expropriation puisque, même avant l’élargissement de la route nationale, ceux-ci n’avaient pas tous un accès direct à celle-ci. De surcroît, ladite expertise note que, s’agissant des terrains qui longeaient l’ancienne route nationale et qui comportaient des immeubles à usage commercial, certains hébergeaient des entreprises à vocation artisanale ou industrielle qui n’étaient pas orientées vers la vente au détail.
10. Le Gouvernement considère qu’en aucun cas l’indemnité à allouer au titre du dommage matériel subi ne saurait refléter la valeur totale des parties non expropriées ou la valeur des entreprises qui y étaient implantées. De plus, il note que, comme il ressort du plan cadastral afférent à l’expropriation en cause, seules les parcelles nos 36 et 56 comportent des immeubles. Par conséquent, conformément à son arrêt sur le fond, la Cour ne saurait indemniser les requérants que pour la dépréciation des parties non expropriées desdites parcelles. En dernier lieu, le Gouvernement relève d’une part que la suppression de l’accès direct des propriétés litigieuses à la nouvelle route nationale a eu lieu pour des raisons d’intérêt général et que, d’autre part, les stations-service en activité sur une partie des terrains en cause sont actuellement desservies par la route secondaire qui est reliée à la route principale.
11. En somme, le Gouvernement estime qu’une somme de 15 000 EUR pour chacune des propriétés sur lesquelles sont implantées les entreprises de stations-service, à savoir au total 30 000 EUR, est une somme raisonnable à allouer au titre du dommage moral subi.
b) Appréciation de la Cour
12. La Cour rappelle qu’un arrêt constatant une violation entraîne pour l’Etat défendeur l’obligation juridique de mettre un terme à la violation et d’en effacer les conséquences de manière à rétablir autant que faire se peut la situation antérieure à celle-ci (Iatridis c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI et Katsaros c. Grèce (satisfaction équitable), no 51473/99, § 17, 13 novembre 2003).
13. Les Etats contractants parties à une affaire sont en principe libres de choisir les moyens dont ils useront pour se conformer à un arrêt constatant une violation. Ce pouvoir d’appréciation quant aux modalités d’exécution d’un arrêt traduit la liberté de choix dont est assortie l’obligation primordiale imposée par la Convention aux Etats contractants : assurer le respect des droits et libertés garantis. Si la nature de la violation permet une restitutio in integrum, il incombe à l’Etat défendeur de la réaliser, la Cour n’ayant ni la compétence ni la possibilité pratique de la réaliser elle-même. Si, en revanche, le droit national ne permet pas ou ne permet qu’imparfaitement d’effacer les conséquences de la violation, l’article 41 habilite la Cour à accorder, s’il y a lieu, à la partie lésée la satisfaction qui lui semble appropriée (Brumarescu c. Roumanie (satisfaction équitable) [GC], no 28342/95, § 20, CEDH 2000-I).
14. En outre, la Cour rappelle que seuls les préjudices causés pas les violations de la Convention qu’elle a constatées sont susceptibles de donner lieu à l’allocation d’une satisfaction équitable (Motais de Narbonne c. France (satisfaction équitable), no 48161/99, § 19, 27 mai 2003).
15. S’agissant de la présente affaire, la Cour rappelle que, dans son arrêt au principal, elle s’est exprimée en ces termes : « La nature de l’ouvrage a directement contribué à une dépréciation des parties non expropriées. En effet, la réalisation de l’ouvrage public a entraîné la perte pour les parties en cause de l’avantage d’un accès direct à la route nationale. De ce fait, s’agissant des terrains sur lesquels les requérants avaient fait construire des immeubles utilisés à des fins commerciales, ceux-ci ont subi une baisse de leur valeur en raison de la perte de clientèle des entreprises et de la chute inhérente des profits. La Cour note sur ce point que la cour d’appel de Thessalonique a explicitement refusé d’indemniser les requérants pour la perte de clientèle et la baisse de leurs revenus, après avoir admis que l’indemnité pour la partie non expropriée de la propriété ne saurait prendre en compte la nature de l’ouvrage à réaliser sur la partie expropriée. Par conséquent, il est indéniable que pour les requérants l’exploitation de cette partie des parcelles se trouvait sérieusement compromise en raison de l’élargissement de la route nationale ».
16. La Cour note dès lors que le constat de violation de l’article 1 du Protocole no 1 résulte du refus des juridictions internes d’indemniser les requérants pour la dévalorisation des parties non expropriées de leurs terrains sur lesquels ils avaient fait construire les deux stations-service, consécutive à la perte d’accès direct à la route nationale. Eu égard à la nature de la violation constatée, la Cour estime devoir accorder aux requérants une indemnité pour la dépréciation de la partie restante desdits terrains. Compte tenu des incertitudes inhérentes à toute tentative d’estimation de la dépréciation des terrains non expropriés ainsi que des immeubles construits sur ceux-ci et l’écart significatif constaté entre l’appréciation du Gouvernement et celle des requérants, la Cour estime approprié de fixer une somme forfaitaire à ce titre (voir Katsaros c. Grèce (satisfaction équitable), précité, § 21).
17. A la lumière de ces considérations, et statuant en équité comme le veut l’article 41 de la Convention, la Cour juge raisonnable d’allouer conjointement aux requérants 145 000 EUR au titre du dommage matériel subi.
2. Dommage moral
18. Les requérants ne soumettent aucune demande au titre du dommage moral qu’ils auraient subi en raison de la violation constatée des articles 6 § 1 de la Convention et 1 du Protocole no 1.
19. En conséquence, la Cour n’estime pas nécessaire d’accorder une somme à ce titre.
B. Frais et dépens
20. Les requérants demandent également 100 000 EUR pour les frais et dépens engagés devant les juridictions internes et pour ceux encourus devant la Cour. Ils ne produisent aucune facture ou note d’honoraires.
21. Le Gouvernement ne se prononce pas sur ce point.
22. Selon la jurisprudence constante de la Cour, l’allocation de frais et dépens au titre de l’article 41 présuppose que se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et, de plus, le caractère raisonnable de leur taux (Iatridis c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], précité, § 54).
23. La Cour observe que les prétentions des requérants au titre des frais et dépens ne sont pas accompagnées des justificatifs nécessaires. Il convient donc d’écarter leur demande.
C. Intérêts moratoires
24. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser conjointement aux requérants, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention :
i. 145 000 EUR (cent quarante cinq mille euros) au total pour dommage matériel ;
ii. tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par elle sur ladite somme ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ce montant sera à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
2. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 7 octobre 2010 en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Søren Nielsen Nina Vajić
Greffier Présidente

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