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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE ANTONOPOULOU ET AUTRES c. GRECE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 6, P1-1
Numero: 49000/06/2009
Stato: Grecia
Data: 2009-04-16 00:00:00
Organo: Sezione Prima
Testo Originale

Conclusione Parzialmente inammissibile; Violazione dell’art. 6-1; violazione di P1-1; Soddisfazione equa riservata
PRIMA SEZIONE
CAUSA ANTONOPOULOU ED ALTRI C. GRECIA
( Richiesta no 49000/06)
SENTENZA
STRASBURGO
16 aprile 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Antonopoulou ed altri c. Grecia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
Nina Vajić, presidentessa, Christos Rozakis, Khanlar Hajiyev, Dean Spielmann, Sverre Erik Jebens, Giorgio Malinverni, George Nicolaou, giudici,
e da Søren Nielsen, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 26 marzo 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 49000/06) diretta contro la Repubblica ellenica e in cui quattro cittadini di questo Stato, la Sig.ra V. A. e Sigg. D. C., E. M e N. M (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 17 novembre 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da T. H., avvocato al foro di Tessalonica. Il governo greco (“il Governo”) è rappresentato dalle delegate del suo agente, le Sig.re O. Patsopoulou, assessore del Consulente legale dello stato, e Z. Hatzipavlou, ascoltatrice presso il Consulente legale dello stato.
3. L’ 11 gennaio 2008, il presidente della prima sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I richiedenti sono i proprietari di tre terreni di una superficie di 36 228 m2 che danno sulla strada nazionale che collega Tessalonico a ̀Nea Moudania. I richiedenti avevano fatto costruire su una parte dei terreni precitati parecchi edifici che il secondo richiedente sfruttava ai fini commerciali. In particolare, gestiva due stazioni di servizio, con accesso diretto sulla strada nazionale che offrivano, oltre la fornitura di carburante, dei servizi di lavaggio e di manutenzione delle automobili.
5. Con una decisione congiunta dell’ 11 febbraio 1997, i ministri delle Finanze, dell’ambiente e dell’agricoltura procedettero all’espropriazione di una superficie di 886 762,98 m2, per permettere l’ampliamento della strada nazionale che collega Tessalonica a ̀Nea Moudania (decisione nº 1017090/0010/1997).
6. Le proprietà dei richiedenti si trovarono riguardate, essendo destinata una parte dei loro terreni alla costruzione dei nuovi tronconi. In seguito all’ampliamento della strada nazionale, i terreni restanti non disponevano più di un accesso diretto alla strada nazionale, ma alla strada secondaria che costeggiava la prima. La strada secondaria è separata dalla strada nazionale da un guard-rail. L’accesso e l’uscita dei veicoli dalla strada nazionale verso la strada secondaria sono possibili solamente tramite bretelle dirette la cui uscita è verso destra.
7. Il 14 gennaio 1999, i primi due richiedenti chiesero la determinazione dell’importo unitario definitivo per metro quadrato per le indennità di espropriazione del loro proprio terreno così come di quello appartenente al terzo e quarto richiedente, che il secondo richiedente sfruttava. Sollecitarono anche un’indennità speciale per le parti non espropriate di suddetti terreni. Secondo i richiedenti, le parti non riguardate dall’espropriazione subivano un deprezzamento in ragione del carattere sopraelevato dei nuovi tronconi così come della mancanza di accesso diretto delle loro proprietà alla strada nazionale.
8. Il 18 gennaio 1999, anche lo stato chiese la determinazione dell’importo unitario definitivo.
9. Nel 2002, la corte di appello di Tessalonico fissò l’importo unitario definitivo per metro quadrato per le indennità di espropriazione a quarantotto euro. Secondo i richiedenti, le indennità calcolate sulla base di questo importo rappresentavano la metà dei prezzi proposti dallo stato ed equivalevano al sesto del valore venale reale dei terreni espropriati. In più, suddetta giurisdizione respinse l’istanza dei primi due richiedenti in quanto alla determinazione di un’indennità speciale. Giudicò che risultava dell’articolo 13 del decreto-legge no 797/1971 che l’indennità per la parte non espropriata della proprietà doveva riflettere unicamente il suo deprezzamento consecutivo all’espropriazione e non avrebbe potuto prendere in considerazione la natura del lavoro da realizzare sulla parte espropriata (sentenza no 1924/2002).
10. Il 30 maggio 2003, i richiedenti ricorsero in cassazione. Adducevano tra l’altro che la corte di appello di Tessalonico avrebbe dovuto tenere conto della proposta dello stato in quanto al prezzo unitario dell’indennità da assegnare e che la stessa giurisdizione avrebbe dovuto assegnare loro un’indennità speciale a titolo del deprezzamento delle parti non espropriate in ragione della natura del lavoro. La richiesta di determinazione dell’importo unitario definitivo dell’indennizzo così come la sentenza no 1924/2002 della corte di appello di Tessalonico erano uniti al ricorso in cassazione.
11. Il 1 marzo 2006, la Corte di cassazione respinse tutti i mezzi di cassazione come vaghi o infondati. In particolare, respinse come vago il mezzo derivato dal rifiuto di assegnare l’indennità speciale prevista dall’articolo 13 del decreto-legge no 797/1971. Considerò che i richiedenti non avevano precisato nel loro ricorso “le circostanze di fatto che riguardavano le loro proprietà” su cui si era basata la corte di appello per respingere il loro motivo di appello (sentenza no 424/2006).
12. Questa sentenza fu stesa in bella copia il 23 maggio 2006.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
A. La Costituzione
13. L’articolo 17 della Costituzione dispone:
“1. La proprietà è posta sotto la protezione dello stato. I diritti che ne derivano non possono esercitarsi tuttavia a scapito dell’interesse generale.
2. Nessuno può essere privato della sua proprietà, se non è a causa di utilità pubblica, debitamente provata, nel caso e seguendo il procedimento determinato dalla legge e mediante sempre un’indennità preliminare completa. Questa deve corrispondere al valore della proprietà espropriata in data dell’udienza sulla causa concernente la determinazione provvisoria dell’indennità da parte del tribunale. Nel caso di un’istanza che mira alla determinazione immediata dell’indennità definitiva, viene preso in considerazione il valore della proprietà espropriata il giorno dell’udienza del tribunale su questa istanza.
(…) “
B. Il decreto-legge no 797/1971 relativo alle espropriazioni
14. Il decreto-legge no 797/1971 del 30 dicembre 1970/1 gennaio 1971 costituisce la legislazione fondamentale che regola le espropriazioni, in applicazione dei principi enunciati nelle disposizioni costituzionali.
15. Il capitolo A del decreto-legge fissa il procedimento e le condizioni preliminari all’annuncio di un’espropriazione.
16. Secondo l’articolo 1 § 1 a, se viene autorizzata dalla legge nell’interesse pubblico, l’espropriazione di proprietà urbane o rurali o la rivendicazione dei diritti reali su queste viene annunciata da una decisione congiunta del ministro competente nel campo previsto dall’espropriazione e del ministro delle Finanze.
17. L’articolo 2 § 1 fissa le condizioni preliminari ad una decisione che annuncia un’espropriazione; in particolare: a) una mappa catastale che indica la zona da espropriare, e b) l’elenco dei proprietari dei bene-fondi, la superficie di questi, la loro delimitazione e le principali caratteristiche degli edifici che vi sono edificati.
18. L’articolo 17 § 1 affida ai tribunali la cura di fissare l’indennità. Dispone espressamente che questi fissino unicamente l’importo unitario dell’indennità, senza precisare il o i beneficiari di questa o la parte tenuta di versarla.
19. Secondo l’articolo 13 § 1, l’indennità si calcola rispetto al valore reale della proprietà espropriata al momento della pubblicazione della decisione che annuncia l’espropriazione.
20. Ai termini del paragrafo 3 dello stesso articolo,
“In caso di espropriazione di una parte di un bene e quando la parte che resta al proprietario subisce un deprezzamento sostanziale del suo valore o diventa inutilizzabile, il giudizio che fissa l’indennità determina anche l’indennità speciale per questa parte. Questa indennità speciale viene versata al proprietario con quella per la parte espropriata. “
21. Secondo la giurisprudenza che la Corte di cassazione ha seguito nel corso di numerosi anni, la natura dei lavori da effettuare non veniva mai presa in conto per la determinazione dell’ “indennità speciale” prevista dall’articolo 13 § 3 del decreto-legge no 797/1971 (tra altri ΑΠ 1255/2001, 349/2000, 8/1999, 455/1998, 803/1994). Tuttavia, in una recente sentenza, la Corte di cassazione giudicò, alla luce dell’articolo 1 del Protocollo no 1, che questa interpretazione del diritto interno recava offesa al diritto di proprietà degli interessati e procedette dunque ad un cambiamento improvviso della sua giurisprudenza in materia (sentenza no 31/2005).
C. La legge no 653/1977 del 25 luglio e del 5 agosto 1977, relativa agli obblighi dei proprietari frontisti in materia di costruzione di strade nazionali
22. Le disposizioni pertinenti dell’articolo 1 della legge no 653/1977 sono formulati così:
“1. In caso di costruzione, all’infuori del piano di urbanistica, di strade nazionali di una larghezza massimale di trenta metri, i proprietari frontisti che ne derivano profitto sono costretti a pagare per una zona di una larghezza di quindici metri, partecipando così agli oneri di espropriazione dei beni ubicati su queste strade. Questo carico non può superare tuttavia la metà della superficie del bene riguardato.
(…)
3. Ai fini dell’applicazione del presente articolo, sono considerati come proprietari frontisti avvantaggiati quelli i cui immobili acquisiscono una facciata sulle strade costruite.
4. Quando gli aventi diritto all’ indennità in ragione di un’espropriazione sono allo stesso tempo debitori del pagamento di una parte di questa, c’è compensazione dei diritti e degli obblighi. “
23. Questa presunzione secondo cui il plusvalore derivato dai lavori di pianificazione stradale costituisce un’indennità sufficiente, è stata considerata molto tempo come irrefragabile. In seguito alle sentenze della Corte nelle cause Katikaridis ed altri c. Grecia, Tsomtsos ed altri c. Grecia ( sentenze del 15 novembre 1996, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-V) e Papachelas c. Grecia ([GC], no 31423/96, § 49, ECHR 1999-II) le giurisdizioni nazionali ammettono oramai che la presunzione in questione non è più irrefragabile. Quindi, gli interessati possono investire le giurisdizioni civili per fare giudicare che non sono dei proprietari avvantaggiati al senso di suddetta legge e percepire, all’occorrenza, un’indennità complementare.
D. La legge di accompagnamento (Εισαγωγικός Νόμος) del codice di procedura civile,
24. Gli articoli pertinenti del codice di procedura civile dispongono:
Articolo 118
“I ricorsi notificati tra le parti o depositati presso il tribunale devono includere(…) 4) l’oggetto del ricorso in modo chiaro, preciso e conciso “
Articolo 577 § 3
“La Corte di cassazione esamina l’ammissibilità ed il merito dei motivi di cassazione, se giudica il ricorso in cassazione legale ed ammissibile. “
Articolo 578
“La Corte di cassazione respinge il ricorso in cassazione, se i motivi della sentenza attaccata sono giudicati erronei ma il suo dispositivo giusto “
25. Secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, il ricorso in cassazione deve precisare quale è la regola di merito che è stata violata, in che cosa consiste l’errore giuridico, diversamente detto dove si trova la violazione nell’interpretazione o nell’applicazione della regola in causa, e deve comprendere anche l’esposizione dei fatti su cui si è basata la corte di appello per respingere il ricorso (Corte di cassazione, numeri 372/2002, 388/2002).
IN DIRITTO
I. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DEGLI ARTICOLI 6 § 1 E 13 DELLA CONVENZIONE
26. I richiedenti si lamentano del fatto che il rigetto di uno dei loro mezzi di cassazione come vago ha recato offesa al loro diritto di accesso ad un tribunale. Inoltre, si lamentano di una violazione del principio dell’uguaglianza dei mezzi, per il fatto che la corte di appello fissò un’indennità per metro quadrato che avrebbe rappresentato la metà del prezzo proposto dalla parte avversa. Invocano gli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione le cui parti pertinenti sono formulate così:
Articolo 6 § 1
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita, da un tribunale, chi deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
Articolo 13
“Ogni persona i cui i diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa da persone agenti nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
A. Sul diritto di accesso ad un tribunale
1. Sull’ammissibilità
27. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che questo non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
2. Sul merito
a) Tesi delle parti
28. Il Governo afferma che la regola applicata dall’alta giurisdizione è un’elaborazione giurisprudenziale applicata dalla Corte di cassazione in modo costante che poteva dunque passare per accessibile e prevedibile agli occhi dei richiedenti. Difatti, i richiedenti, rappresentati da un avvocato dinnanzi alla Corte di cassazione, erano tenuti a conoscere i loro obblighi in materia di introduzione di un ricorso. In particolare, il Governo nota che la giurisdizione suprema esige che l’interessato riferisca nel suo ricorso i fatti della causa come erano stati accolti dalla giurisdizione inferiore. Per il Governo, questa esposizione è indispensabile affinché la Corte di cassazione possa, in seguito, esercitare il suo controllo sull’interpretazione di una regola di diritto da parte della giurisdizione inferiore. Il Governo stima ragionevole che il richiedente in cassazione sia tenuto a presentare i fatti della causa come sono stati stabiliti dalla corte di appello dopo l’amministrazione delle prove. In caso contrario, incomberebbe sulla Corte di cassazione di ricercare lei stessa i fatti della causa che hanno condotto la corte di appello ad un’interpretazione erronea del diritto interno.
29. I richiedenti ribattono che la corte di appello aveva respinto il mezzo di cassazione in causa, non come infondato ma come inammissibile, al motivo che l’indennità speciale corrispondeva solamente al danno addotto dovuto all’espropriazione e non alla natura del lavoro. Notano, così, che la corte di appello non sviluppò nessuno ragionamento sul merito del loro motivo di appello, il che impediva loro di riprendere, in seguito, il ragionamento che era stato seguito a questo riguardo nel loro ricorso in cassazione. Inoltre, i richiedenti adducono che il loro mezzo di cassazione consisteva in un mezzo di diritto, rendendo il ristabilimento dei fatti della causa superfluo. Ad ogni modo, arguiscono che tutti i documenti necessari, ossia la loro richiesta di determinazione dell’importo unitario definitivo dell’indennizzo così come la sentenza no 1924/2002 della corte di appello di Tessalonico, erano uniti alla pratica della causa dinnanzi alla Corte di cassazione.
b) Valutazione della Corte
30. Nel caso specifico, il compito della Corte consiste nell’ esaminare se il motivo di rigetto del mezzo derivato dal rifiuto di assegnare l’indennità speciale da parte della Corte di cassazione ha privato, di fatto, i richiedenti del loro diritto di vedere questo mezzo esaminato in sostanza. Per fare questo, la Corte si dedicherà alla proporzionalità della limitazione imposta rispetto alle esigenze della sicurezza giuridica e della buona amministrazione della giustizia.
31. A questo riguardo, la Corte ricorda che secondo una giurisprudenza consolidata, la condizione di ammissibilità, fissata dall’alta giurisdizione greca e riguardante il carattere vago o meno dei mezzi di cassazione, è una regola che ubbidisce, in generale, alle esigenze della sicurezza giuridica e della buona amministrazione della giustizia e che si concilia con la specificità del ruolo giocato dalla Corte di cassazione (vedere, inter alia, Alvanos ed altri c. Grecia, no 38731/05, § 27, 20 marzo 2008, e Brechos c. Grecia, (déc.), no 7632/04, 11 aprile 2006).
32. Tuttavia, la Corte considera che si potrebbe sostenere difficilmente nello specifico che il mezzo di cassazione in causa faceva pesare sulla Corte di cassazione l’incarico di ristabilire i fatti. Agli occhi della Corte, tre elementi devono essere presi in conto. Suddetto mezzo di cassazione prevedeva in primo luogo, esclusivamente l’interpretazione fatta dalla corte di appello delle disposizioni applicate nello specifico, ossia se l’indennità per la parte non espropriata della proprietà doveva riflettere il suo deprezzamento legato unicamente all’espropriazione e non potrebbe prendere in considerazione la natura del lavoro da realizzare sulla parte espropriata. Di conseguenza, la presentazione simultanea dei fatti della causa, come erano stati stabiliti dalla corte di appello, non era indispensabile affinché l’alta giurisdizione potesse esercitare il suo controllo giudiziale (vedere Efstathiou ed altri c. Grecia, no 36998/02, § 31, 27 luglio 2006).
33. In secondo luogo, la corte di appello aveva respinto la richiesta dei richiedenti di vedersi versare un’indennità speciale come priva di base legale. Non l’aveva esaminata sul merito dunque e, di conseguenza, l’esposizione dei fatti pertinenti a questo mezzo di cassazione faceva difetto. Pertanto, i richiedenti si trovavano obiettivamente nell’impossibilità di riferire nello specifico i fatti su cui la corte di appello si era basata per respingere il mezzo in causa (vedere Sampsonidis ed altri c. Grecia, no 2834/05, § 37, 6 dicembre 2007).
34. Da ultimo, tutti i documenti necessari, ossia la richiesta di determinazione dell’importo unitario definitivo dell’indennizzo così come la sentenza no 1924/2002 della corte di appello di Tessalonico erano uniti al ricorso in cassazione. Il giudice supremo era così in grado di consultarli comodamente e di verificare eventualmente la pertinenza dei fatti nel caso di specifico (vedere Efstathiou ed altri c. Grecia, precitata, § 31, e Sampsonidis ed altri c. Grecia, precitata, § 38).
35. Quindi, i fatti della causa, come erano stati stabiliti dalla corte di appello, sono stati portati alla cognizione dei giudici fin dal deposito del ricorso in cassazione. Di conseguenza, la Corte stima che respingendo questi mezzi per tale ragione di forma, la Corte di cassazione non rispose per niente ai problemi specifici sollevati dai richiedenti e portò un ostacolo eccessivo al loro diritto di accesso ad un tribunale (vedere, mutatis mutandis, Zouboulidis c. Grecia, no 77574/01, § 31, 14 dicembre 2006; Vasilakis c. Grecia, no 25145/05, § 34, 17 gennaio 2008, e Liakopoulou c. Grecia, no 20627/04, § 24, 24 maggio 2006).
Pertanto, c’è stata a questo riguardo violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
36. Infine, avuto riguardo alla constatazione che figura sopra al paragrafo 35, la Corte non stima necessario collocarsi ulteriormente sul terreno dell’articolo 13. Le esigenze di questo ultimo sono difatti meno rigorose di quelle dell’articolo 6 § 1 ed assorbite da queste nello specifico (vedere, tra altre Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 settembre 1982, § 88, serie A no 52).
B. Sul principio dell’uguaglianza delle armi
Sull’ammissibilità
37. La Corte ricorda che una delle esigenze di un processo equo è l’uguaglianza delle armi che implica l’obbligo di offrire ad ogni parte una possibilità ragionevole di presentare la sua causa nelle condizioni che non la pongano in una situazione di netto svantaggio nei confronti del suo avversario (vedere, tra altri, Kress c. Francia [GC], no 39594/98, § 72, CEDH 2001-VI). Per ciò che riguarda la presente causa, la Corte nota che i richiedenti contestano in realtà il modo in cui le giurisdizioni interne hanno fissato l’indennità per metro squadrato per l’espropriazione del loro terreno. Ora, il semplice disaccordo dei richiedenti con l’importo dell’indennità che è stata versata loro non potrebbe bastare a concludere che il procedimento non sia stato equo (vedere Sampsonidis ed altri c. Grecia, precitata, § 43). Peraltro, la Corte non perde di vista che i richiedenti hanno potuto sviluppare il loro argomenti nel corso di tutto il procedimento controverso che ha rispettato senza alcuna menchevolezza il principio del contraddittorio.
Ne segue che suddetto motivo di appello è manifestamente mal fondato sotto l’angolo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
38. Peraltro, secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, l’articolo 13 esige un ricorso interno solo per le querele che possono essere stimate come “difendibili” allo sguardo della Convenzione (vedere, tra altre, Powell e Rayner c. Regno Unito, 21 febbraio 1990, § 31, serie A no 172). Ora, nello specifico, la Corte ha appena constatato che il presente motivo di appello dei richiedenti tratto dall’articolo 6 § 1 è manifestamente male fondato.
Ne segue che suddetto motivo di appello è manifestamente mal fondato sotto l’angolo dell’articolo 13 della Convenzione e deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
II. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
39. I richiedenti si lamentano del fatto che i tribunali interni abbiano fissato il prezzo dell’ indennità a quarantotto euro per m2, il che corrisponde ad 1/6 del valore reale dei terreni espropriati. Dall’altra parte, si lamentano del fatto che le giurisdizioni interne abbiano negato di assegnare loro un’indennità speciale per le parti non espropriate dei loro terreni, prendendo in conto il loro deprezzamento in ragione della natura del lavoro pubblico. Invocano l’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Per ciò che riguarda l’indennità di espropriazione
Sull’ammissibilità
40. La Corte ricorda che un’ingerenza nel diritto al rispetto dei beni deve predisporre un “giusto equilibro” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (vedere, tra altre, Sporrong e Lönnroth c. Svezia, precitata, § 69). Per valutare se la misura controversa rispetta il giusto equilibrio voluto e, in particolare, se non fa pesare sul richiedente un carico sproporzionato, c’è luogo di prendere in considerazione le modalità di indennizzo previsto dalla legislazione interna. A questo riguardo, senza il versamento di una somma ragionevolmente in rapporto col valore del bene, una privazione di proprietà costituisce normalmente un attentato eccessivo che non potrebbe giustificarsi sul terreno dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Questo ultimo non garantisce tuttavia in ogni caso il diritto ad un compenso integrale, perché degli obiettivi legittimi “di utilità pubblica” possono militare per un rimborso inferiore al pieno valore commerciale (vedere I santi monasteri c. Grecia, 9 dicembre 1994, §§ 70-71, serie A no 301-a).
41. Nello specifico, la Corte non si stima chiamata a pronunciarsi sulla questione di sapere su quale base le autorità nazionali avrebbero dovuto fissare il prezzo dell’indennizzo. Difatti, la Corte non potrebbe sostituirsi ai tribunali greci per determinare la base che dovrebbe essere presa in considerazione per la stima del valore del terreno espropriato e la determinazione delle somme dovute che ne deriverebbe (Malama c. Grecia, no 43622/98, § 51, CEDH 2001-II). Ad ogni modo, non c’è nessuno indizio nella pratica che dia da pensare che le giurisdizioni investite abbiano dato prova di arbitrarietà nella determinazione dell’indennità di espropriazione. Avuto riguardo al margine di valutazione che l’articolo 1 del Protocollo no 1 lascia alle autorità nazionali (Papachelas c. Grecia [GC], no 31423/96, § 49, CEDH-II), la Corte considera il prezzo fissato come ragionevolmente in rapporto col valore della proprietà espropriata.
Ne segue che questa parte del motivo di appello è manifestamente mal fondata e deve essere respinta in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
B. Per ciò che riguarda l’indennità speciale
1. Sull’ammissibilità
a) Sulla qualità di vittima del terzo e quarto richiesto
42. Il Governo adduce che il terzo e il quarto richiedente, i Sigg. E. e N. M., non hanno la qualità di vittime e che quindi questa parte della richiesta deve essere dichiarata inammissibile al loro riguardo, perché non hanno partecipato validamente al procedimento controverso. In particolare, il Governo afferma che i suddetti richiedenti non hanno chiesto dinnanzi alla corte di appello né la determinazione dell’importo unitario definitivo dell’indennizzo né l’ indennità speciale per le parti non espropriate del loro terreno. Il Governo sottolinea che soli i primi due richiedenti hanno formato tale richiesta. Secondo il Governo, il fatto che, in seguito, i quattro richiedenti sono ricorsi in cassazione non ha incidenza sulla mancanza di requisito di vittime del terzo e quarto richiedente, poiché supponendo anche che la Corte di cassazione avesse accolto il ricorso ed avesse rinviato la causa dinnanzi alla corte di appello, questa ultima non avrebbe potuto esaminare la questione dell’indennità speciale a riguardo del terzo e quarto richiedente, dal momento che questi non avevano mai formato tale richiesta dinnanzi a questa giurisdizione.
43. I richiedenti si oppongono a questa tesi. Affermano che né la corte di appello né la Corte di cassazione hanno mai contestato il loro requisito di vittima ed il loro requisito di investire queste giurisdizioni.
44. La Corte ricorda, innanzitutto, che tutto nessuno che pretende avere dei diritti di proprietà o un altro diritto reale su dei terreni espropriati può chiedere la determinazione dell’importo unitario dell’indennità, perché questo procedimento prevede esclusivamente la determinazione dell’indennità, senza precisare il o i beneficiari di questa o la parte tenuta a versarla (vedere sopra paragrafo 18). La Corte nota che, conformemente a questa regola, i primi due richiedenti hanno investito la corte di appello di un’istanza di determinazione dell’importo unitario definitivo dell’indennizzo e di un’istanza di indennità speciale, non solo per i loro propri terreni, ma anche per il terreno che appartiene al terzo e quarto richiedente che il secondo richiedente sfruttava. La corte di appello, senza contestare la qualità per agire del secondo richiedente e malgrado la mancanza del terzo e quarto richiedente, ha fissato l’importo definitivo dell’indennità e ha respinto l’istanza di indennità speciale. Poi, il terzo e il quarto richiedente che erano vincolati dalla sentenza nº 1924/2002 della corte di appello di Tessalonico, sono ricorsi in cassazione contestando, tra l’altro, il rifiuto della corte di appello di assegnare un’indennità speciale. Anche se la Corte di cassazione ha respinto il ricorso per altri motivi, non ha mai contestato la qualità per agire dei suddetti richiedenti.
45. Alla vista di ciò che precede, la Corte non vede nessuna ragione di scostarsi da ciò che è stato deciso dalle giurisdizioni nazionali che non hanno mai contestato la qualità per agire dei suddetti richiedenti. Conviene dunque respingere questa eccezione sollevata dal Governo.
b) Sull’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne
46. Il Governo sostiene che i richiedenti non hanno esaurito validamente le vie di ricorso interne, poiché non sono ricorsi in cassazione conformemente alle regole del diritto procedurale. In particolare, il Governo nota che i richiedenti non avevano riferito nel loro ricorso i fatti della causa come erano stati accolti dalla giurisdizione inferiore, il che ha provocato il rigetto del loro mezzo di cassazione, relativo all’indennità speciale, come vago. In questo modo dunque, non avrebbero dato l’occasione alla Corte di cassazione di ovviare alla situazione controversa.
47. I richiedenti contestano questa tesi e rinviano ai loro argomenti relativi alla pretesa violazione del loro diritto di accesso ad un tribunale.
48. La Corte ricorda che il fondamento della regola dell’esaurimento delle vie di ricorso interne, enunciata all’articolo 35 § 1 della Convenzione, consiste nel fatto che prima di investire la Corte, il richiedente debba dare allo stato responsabile la facoltà di ovviare alle violazioni addotte dai mezzi interni, utilizzando le risorse giudiziali offerte dalla legislazione nazionale, purché si rivelino efficaci e sufficienti (vedere, tra altre, Fressoz e Roire c. Francia [GC], nº 29183/95, § 37, CEDH 1999-I).
49. Nell’occorrenza, la Corte ha concluso che respingendo i mezzi di cassazione dei richiedenti per una ragione di forma, la Corte di cassazione aveva portato un ostacolo eccessivo al loro diritto di accesso ad un tribunale (vedere sopra paragrafo 35). Tenuto conto dei motivi che ha considerato per arrivare a questa conclusione (vedere sopra paragrafi 30-34),la Corte è costretta a respingere l’eccezione di non-esaurimento sollevata dal Governo.
c) Sull’eccezione di inammissibilità per incompatibilità ratione materiae
50. Il Governo adduce che i richiedenti non erano titolari di un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Arguisce che i richiedenti si lamentano in sostanza della mancanza di guadagno in ragione del fatto che i terreni espropriati sarebbero stati privati di un accesso diretto alla nuova via nazionale. Ora, il Governo sostiene che i richiedenti non hanno mai avuto la speranza legittima che l’accesso alla strada nazionale ed i vantaggi di cui beneficiavano si sarebbero prolungati all’infinito. La perdita di questi vantaggi risulta da un atto amministrativo legale che prevedeva la costruzione di una nuova via nazionale. Per il Governo, le conseguenze dell’ampliamento della strada nazionale in causa per le imprese dei richiedenti sarebbero state identiche se lo stato avesse deciso di bandire l’uso di questa strada nazionale e di farne costruire un’altra in un altro sito.
51. I richiedenti contestano questa tesi.
52. La Corte nota che l’oggetto del presente motivo di appello non riguarda la mancanza di guadagno conseguente la cessazione delle attività commerciali su certi dei terreni in causa. Tramite la loro istanza dinnanzi alle giurisdizioni elleniche di vedersi versare una “indennità speciale”, i richiedenti hanno sollecitato il loro indennizzo per il deprezzamento del restante dei loro terreni, in ragione dell’ampliamento della strada nazionale e della mancanza di accesso diretto a questa. In altri termini, i richiedenti non si lamentano nello specifico del rifiuto dello stato di versare loro un “credito”, interesse patrimoniale che, secondo l’articolo 1 del Protocollo no 1, deve essere sufficientemente stabilito per essere esigibile (vedere particolarmente Raffinerie greche Stran e Stratis Andreadis c. Grecia, 9 dicembre 1994, § 59, serie A no 301-B). Il loro motivo di appello ha fatto riferimento alle presunte limitazioni portate al godimento di un “bene esistente”, ossia lo sfruttamento del restante dei terreni espropriati, il che avrebbe colpito il valore venale di questi. Su questo punto, la Corte nota che le parti convengono che i richiedenti restano sempre proprietari della parte non espropriata dei loro terreni. Perciò, il loro motivo di appello si riferisce ad un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere, Sampsonidis ed altri c. Grecia, precitata, § 50). Conviene dunque respingere l’eccezione di inammissibilità per incompatibilità ratione materiae sollevata dal Governo.
53. La Corte constata peraltro che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva inoltre che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
2. Sul merito
54. Il Governo afferma che la mancanza di accesso diretto alla strada nazionale non è una conseguenza dell’espropriazione ma della modifica legale, da parte dello stato, della rete stradale, dettata da ragioni obiettive e dalla necessità di servire l’interesse generale. Per di più, il Governo nota che i richiedenti hanno sempre accesso alla strada secondaria e, di conseguenza, il restante delle loro proprietà non è tagliato dalla strada nazionale. Inoltre, il Governo rileva che la corte di appello di Tessalonico ha versato un indennizzo intero ai richiedenti per le parti espropriate dei loro terreni.
55. I richiedenti ribattono che la natura del lavoro da costruire deve essere presa in conto nel calcolo dell’indennità globale in ragione dell’espropriazione. Stimano che tanto l’atto di espropriazione che la sua finalità, ossia la costruzione di un lavoro di utilità pubblica, sono sempre strettamente legate . Per di più, i richiedenti adducono che anche la strada secondaria su cui dà il restante dei loro terreni d’ora in poi non è utilizzabile in ragione del fatto che l’insieme dei tronconi da costruire non è ancora compiuto. Per i richiedenti, va da sé che nessuno può prendere la strada secondaria per il momento, poiché dopo avere percorso una certa distanza, il veicolo si ritroverebbe in un vicolo cieco.
56. La Corte rileva che nello specifico, non c’è stata espropriazione delle parti dei terreni di cui richiedenti adducono il deprezzamento. È però chiaro che l’ampliamento di una strada nazionale che provoca la mancanza di accesso diretto a questa delle parti non espropriate dei terreni in causa, porta una limitazione alla libera disposizione del loro diritto di uso, limitazione che costituisce un’ingerenza nel godimento dei diritti che i richiedenti traggono dal loro requisito di proprietari. Quindi, seguendo la sua giurisprudenza in materia (vedere, in particolare, James ed altri c. Regno Unito, 21 febbraio 1986, § 37, serie A no 98) la Corte stima che il secondo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 entra in gioco nello specifico. Esaminerà dunque il motivo di appello sotto questo angolo.
57. Secondo una giurisprudenza ben stabilita, il secondo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 si deve leggere alla luce del principio consacrato dalla prima frase dell’articolo. Perciò, un’ingerenza deve predisporre un “giusto equilibro” tra gli imperativi dell’interesse generale e quelli della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo. La ricerca di simile equilibrio si riflette nella struttura dell’articolo 1 del Protocollo no 1 tutto intero e, di conseguenza, in quella del secondo capoverso; deve esistere un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto. Controllando il rispetto di questa esigenza, la Corte riconosce allo stato un grande margine di valutazione tanto per scegliere le modalità di collocamento in opera che per giudicare se le loro conseguenze si trovano legittimate, nell’interesse generale, dalla preoccupazione di raggiungere l’obiettivo della legge in causa (Chassagnou ed altri c. Francia [GC], nostri 25088/94, 28331/95 e 28443/95, § 75, CEDH 1999-III). In più, per ciò che riguarda degli ambiti come il piano di sviluppo del territorio, la Corte rispetta a questo riguardo la valutazione portata dal legislatore, salvo sia manifestamente priva di base ragionevole (vedere, mutatis mutandis, Immobiliare Saffi c. Italia [GC], no 22774/93, § 49, CEDH 1999-V).
58. La Corte nota che è incontestabile, nella presente causa, che la natura del lavoro abbia contribuito direttamente ad un deprezzamento delle parti non espropriate. Difatti, la realizzazione del lavoro pubblico ha provocato la perdita per le parti in causa del vantaggio di un accesso diretto alla strada nazionale. Per questo fatto, trattandosi dei terreni su cui i richiedenti avevano fatto costruire degli immobili utilizzati a fini commerciali, questi hanno subito un abbassamento del loro valore in ragione della perdita di clientela delle imprese e della caduta inerente dei profitti. La Corte nota su questo punto che la corte di appello di Tessalonico ha negato esplicitamente di indennizzare i richiedenti per la perdita di clientela e l’abbassamento dei loro redditi, dopo avere ammesso che l’indennità per la parte non espropriata della proprietà non avrebbe potuto prendere in conto la natura del lavoro da realizzare sulla parte espropriata. Di conseguenza, è innegabile che per i richiedenti lo sfruttamento di questa parte degli appezzamenti si trovava seriamente compromesso in ragione dell’ampliamento della strada nazionale (vedere in questo senso, Ouzounoglou c. Grecia, no 32730/03, § 30, 24 novembre 2005, ed Athanasiou ed altri c. Grecia, no 2531/02, § 25, 9 febbraio 2006).
59. Alla vista di ciò che precede, la Corte considera che rifiutando ogni indennizzo ai richiedenti per il deprezzamento della parte non espropriata dei loro terreni in ragione della natura del lavoro, le giurisdizioni interne hanno rotto il giusto equilibrio che deve regnare tra le salvaguardie dei diritti individuali e le esigenze dell’interesse generale. A questo riguardo, la Corte prende nota del cambiamento improvviso della giurisprudenza in materia della Corte di cassazione in una causa similare (vedere sopra paragrafo 21).
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
60. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
61. I richiedenti richiedono a titolo del danno materiale una somma che corrisponde al 100% del valore delle parti non espropriate dei terreni in causa. Aggiungono che la Corte dovrebbe prendere come base per il calcolo di questa somma, gli importi unitari definitivi per metro squadrato per le indennità di espropriazione fissata per ogni terreno dalla sentenza no 1924/2002 della corte di appello di Tessalonico. Suddetti importi sono ripresi nelle loro osservazioni dinnanzi alla Corte.
62. Il Governo sostiene che non esiste legame di causalità tra le somme richieste a titolo del danno materiale e la violazione addotta. A titolo alternativo, il Governo stima che la somma assegnata a questo titolo non debba superare 20 000 EUR.
63. La Corte stima che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non è matura, cosicché decide di riservarla tenendo conto l’eventualità di un accordo tra lo stato convenuto e gli interessati (articolo 75 § 1 dell’ordinamento).
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello derivati dal diritto di accesso ad un tribunale e dal rifiuto delle giurisdizioni interne di assegnare ai richiedenti un’indennità speciale per le parti non espropriate dei terreni in causa ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare separatamente al merito il motivo di appello derivato dall’articolo 13 in quanto al diritto di accesso ad un tribunale;
4. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 della Convenzione;
5. Stabilisce che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non sia matura; perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed i richiedenti a sottoporle per iscritto, nei sei mesi, le loro osservazioni sulla questione e, in particolare, a darle cognizione di ogni accordo a cui potrebbero arrivare;
c) riserva l’ ulteriore procedimento e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all’occorrenza.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 16 aprile 2009 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Søren Nielsen Nina Vajić
Cancelliere Présidente

Testo Tradotto

Conclusion Partiellement irrecevable ; Violation de l’art. 6-1 ; Violation de P1-1 ; Satisfaction équitable réservée
PREMIÈRE SECTION
AFFAIRE ANTONOPOULOU ET AUTRES c. GRÈCE
(Requête no 49000/06)
ARRÊT
STRASBOURG
16 avril 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Antonopoulou et autres c. Grèce,
La Cour européenne des droits de l’homme (première section), siégeant en une chambre composée de :
Nina Vajić, présidente,
Christos Rozakis,
Khanlar Hajiyev,
Dean Spielmann,
Sverre Erik Jebens,
Giorgio Malinverni,
George Nicolaou, juges,
et de Søren Nielsen, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 26 mars 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 49000/06) dirigée contre la République hellénique et dont quatre ressortissants de cet Etat, Mme V. A. et MM. D. C., E. M et N. M (« les requérants »), ont saisi la Cour le 17 novembre 2006 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérants sont représentés par Me T. H., avocat au barreau de Thessalonique. Le gouvernement grec (« le Gouvernement ») est représenté par les déléguées de son agent, Mmes O. Patsopoulou, assesseure auprès du Conseil juridique de l’Etat, et Z. Hatzipavlou, auditrice auprès du Conseil juridique de l’Etat.
3. Le 11 janvier 2008, le président de la première section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le fond de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Les requérants sont les propriétaires de trois terrains d’une superficie de 36 228 m2 donnant sur la route nationale reliant Thessalonique à Nea Moudania. Les requérants avaient fait construire sur une partie des terrains précités plusieurs bâtiments que le deuxième requérant exploitait à des fins commerciales. En particulier, il gérait deux stations-service, avec accès direct à la route nationale, qui offraient, outre la fourniture de carburant, des services de lavage et d’entretien automobile.
5. Par une décision conjointe du 11 février 1997, les ministres des Finances, de l’Environnement et de l’Agriculture procédèrent à l’expropriation d’une superficie de 886 762,98 m2, pour permettre l’élargissement de la route nationale reliant Thessalonique à Nea Moudania (décision nº 1017090/0010/1997).
6. Les propriétés des requérants se trouvèrent concernées, une partie de leurs terrains étant affectée à la construction des nouveaux tronçons. Suite à l’élargissement de la route nationale, les terrains restants ne disposaient plus d’un accès direct à la route nationale, mais à la route secondaire qui longe la première. La route secondaire est séparée de la route nationale par une glissière de sécurité. L’accès et la sortie des véhicules de la route nationale vers la route secondaire n’est possible que par des bretelles directes dont l’issue se fait vers la droite.
7. Le 14 janvier 1999, les deux premiers requérants demandèrent la fixation du montant unitaire définitif du mètre carré pour les indemnités d’expropriation de leur propre terrain ainsi que de celui appartenant aux troisième et quatrième requérants, que le deuxième requérant exploitait. Ils sollicitèrent aussi une indemnité spéciale pour les parties non expropriées desdits terrains. Selon les requérants, les parties non affectées par l’expropriation subissaient une dépréciation en raison du caractère surélevé des nouveaux tronçons ainsi que du manque d’accès direct de leurs propriétés à la route nationale.
8. Le 18 janvier 1999, l’Etat demanda également la fixation du montant unitaire définitif.
9. En 2002, la cour d’appel de Thessalonique fixa le montant unitaire définitif du mètre carré pour les indemnités d’expropriation à quarante-huit euros. Selon les requérants, les indemnités calculées sur la base de ce montant représentaient la moitié des prix proposés par l’Etat et équivalaient au sixième de la valeur vénale actuelle des terrains expropriés. De plus, ladite juridiction rejeta la demande des deux premiers requérants quant à la fixation d’une indemnité spéciale. Elle jugea qu’il ressortait de l’article 13 du décret-loi no 797/1971 que l’indemnité pour la partie non expropriée de la propriété devait refléter sa dépréciation consécutive uniquement à l’expropriation et ne saurait prendre en considération la nature de l’ouvrage à réaliser sur la partie expropriée (arrêt no 1924/2002).
10. Le 30 mai 2003, les requérants se pourvurent en cassation. Ils alléguaient entre autres que la cour d’appel de Thessalonique aurait dû tenir compte de la proposition de l’Etat quant au prix unitaire de l’indemnité à allouer et que la même juridiction aurait dû leur allouer une indemnité spéciale au titre de la dépréciation des parties non expropriées en raison de la nature de l’ouvrage. La demande de fixation du montant unitaire définitif de l’indemnisation ainsi que l’arrêt no 1924/2002 de la cour d’appel de Thessalonique étaient joints au pourvoi en cassation.
11. Le 1er mars 2006, la Cour de cassation rejeta tous les moyens de cassation comme vagues ou infondés. En particulier, elle rejeta comme vague le moyen tiré du refus d’allouer l’indemnité spéciale prévue par l’article 13 du décret-loi no 797/1971. Elle considéra que les requérants n’avaient pas précisé dans leur pourvoi « les circonstances de fait concernant leurs propriétés » sur lesquelles s’était fondée la cour d’appel pour rejeter leur grief (arrêt no 424/2006).
12. Cet arrêt fut mis au net le 23 mai 2006.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
A. La Constitution
13. L’article 17 de la Constitution dispose :
« 1. La propriété est placée sous la protection de l’Etat. Les droits qui en dérivent ne peuvent toutefois s’exercer au détriment de l’intérêt général.
2. Nul ne peut être privé de sa propriété, si ce n’est pour cause d’utilité publique, dûment prouvée, dans les cas et suivant la procédure déterminés par la loi et moyennant toujours une indemnité préalable complète. Celle-ci doit correspondre à la valeur de la propriété expropriée à la date de l’audience sur l’affaire concernant la fixation provisoire de l’indemnité par le tribunal. Dans le cas d’une demande visant à la fixation immédiate de l’indemnité définitive, est prise en considération la valeur de la propriété expropriée au jour de l’audience du tribunal sur cette demande.
(…) »
B. Le décret-loi no 797/1971 relatif aux expropriations
14. Le décret-loi no 797/1971 des 30 décembre 1970/1er janvier 1971 constitue la législation fondamentale qui régit les expropriations, en application des principes énoncés dans les dispositions constitutionnelles.
15. Le chapitre A du décret-loi fixe la procédure et les conditions préalables à l’annonce d’une expropriation.
16. Selon l’article 1 § 1 a), si elle est autorisée par la loi dans l’intérêt public, l’expropriation de propriétés urbaines ou rurales ou la revendication de droits réels sur celles-ci est annoncée par une décision conjointe du ministre compétent dans le domaine visé par l’expropriation et du ministre des Finances.
17. L’article 2 § 1 fixe les conditions préalables à une décision annonçant une expropriation ; en particulier : a) un plan cadastral indiquant la zone à exproprier, et b) la liste des propriétaires des biens-fonds, la superficie de ceux-ci, leur délimitation et les principales caractéristiques des bâtiments qui y sont édifiés.
18. L’article 17 § 1 confie aux tribunaux le soin de fixer l’indemnité. Il dispose expressément que ceux-ci fixent uniquement le montant unitaire de l’indemnité, sans préciser le ou les bénéficiaires de celle-ci ou la partie tenue de la verser.
19. D’après l’article 13 § 1, l’indemnité se calcule par rapport à la valeur réelle de la propriété expropriée au moment de la publication de la décision annonçant l’expropriation.
20. Aux termes du paragraphe 3 du même article,
« En cas d’expropriation d’une partie d’un bien et lorsque la partie restant au propriétaire subit une dépréciation substantielle de sa valeur ou devient inutilisable, le jugement qui fixe l’indemnité détermine aussi l’indemnité spéciale pour cette partie. Cette indemnité spéciale est versée au propriétaire avec celle pour la partie expropriée. »
21. Selon la jurisprudence que la Cour de cassation a suivie pendant de nombreuses années, la nature des travaux à effectuer n’était jamais prise en compte pour la fixation de « l’indemnité spéciale » prévue par l’article 13 § 3 du décret-loi no 797/1971 (parmi d’autres ΑΠ 1255/2001, 349/2000, 8/1999, 455/1998, 803/1994). Toutefois, dans un arrêt récent, la Cour de cassation jugea, à la lumière de l’article 1 du Protocole no 1, que cette interprétation du droit interne portait atteinte au droit de propriété des intéressés et procéda donc à un revirement de sa jurisprudence en la matière (arrêt no 31/2005).
C. La loi no 653/1977 des 25 juillet et 5 août 1977, relative aux obligations de propriétaires riverains en matière de construction de routes nationales
22. Les dispositions pertinentes de l’article 1 de la loi no 653/1977 sont ainsi libellées :
« 1. En cas de construction, en dehors du plan d’urbanisme, de routes nationales d’une largeur maximale de trente mètres, les propriétaires riverains qui en tirent profit sont astreints à payer pour une zone d’une largeur de quinze mètres, participant ainsi aux frais d’expropriation des biens sis sur ces routes. Cette charge ne peut toutefois dépasser la moitié de la surface du bien concerné.
(…)
3. Aux fins de l’application du présent article, sont considérés comme propriétaires riverains avantagés ceux dont les immeubles acquièrent une façade sur les routes construites.
4. Lorsque les ayants droit à indemnité en raison d’une expropriation sont en même temps débiteurs du paiement d’une partie de celle-ci, il y a compensation des droits et obligations. »
23. Cette présomption, selon laquelle la plus–value tirée de travaux d’aménagement routier constitue une indemnité suffisante, a longtemps été considérée comme irréfragable. Suite aux arrêts de la Cour dans les affaires Katikaridis et autres c. Grèce, Tsomtsos et autres c. Grèce (arrêts des 15 novembre 1996, Recueil des arrêts et décisions 1996–V) et Papachelas c. Grèce ([GC], no 31423/96, § 49, ECHR 1999-II), les juridictions nationales admettent désormais que la présomption en question n’est plus irréfragable. Dès lors, les intéressés peuvent saisir les juridictions civiles pour faire juger qu’ils ne sont pas des propriétaires avantagés au sens de la loi susmentionnée et percevoir, le cas échéant, une indemnité complémentaire.
D. La loi d’accompagnement (Εισαγωγικός Νόμος) du code de procédure civile
24. Les articles pertinents du code de procédure civile disposent :
Article 118
« Les recours notifiés entre les parties ou déposés auprès du tribunal doivent inclure (…) 4) l’objet du recours de manière claire, précise et succincte (…) »
Article 577 § 3
« La Cour de cassation examine la recevabilité et le fond des motifs de cassation, si elle juge le pourvoi en cassation légal et recevable. »
Article 578
« La Cour de cassation rejette le pourvoi en cassation, si les motifs de l’arrêt attaqué sont jugés erronés mais son dispositif juste (…) »
25. Selon la jurisprudence de la Cour de cassation, le pourvoi en cassation doit préciser quelle est la règle de fond qui a été violée, en quoi consiste l’erreur juridique, autrement dit où se trouve la violation dans l’interprétation ou l’application de la règle en cause, et doit aussi comporter l’exposé des faits sur lequel s’est fondée la cour d’appel pour rejeter le recours (Cour de cassation, nos 372/2002, 388/2002).
EN DROIT
I. SUR LES VIOLATIONS ALLÉGUÉES DES ARTICLES 6 § 1 ET 13 DE LA CONVENTION
26. Les requérants se plaignent que le rejet de l’un de leurs moyens de cassation comme vague a porté atteinte à leur droit d’accès à un tribunal. En outre, ils se plaignent d’une violation du principe de l’égalité des armes, du fait que la cour d’appel fixa une indemnité au mètre carré qui représenterait la moitié du prix proposé par la partie adverse. Ils invoquent les articles 6 § 1 et 13 de la Convention, dont les parties pertinentes sont ainsi libellées :
Article 6 § 1
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…), par un tribunal (…) qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
Article 13
« Toute personne dont les droits et libertés reconnus dans la (…) Convention ont été violés, a droit à l’octroi d’un recours effectif devant une instance nationale, alors même que la violation aurait été commise par des personnes agissant dans l’exercice de leurs fonctions officielles. »
A. Sur le droit d’accès à un tribunal
1. Sur la recevabilité
27. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. La Cour relève par ailleurs que celui-ci ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
2. Sur le fond
a) Thèses des parties
28. Le Gouvernement affirme que la règle appliquée par la haute juridiction est une construction jurisprudentielle appliquée par la Cour de cassation de façon constante, qui pouvait donc passer pour accessible et prévisible aux yeux des requérants. En effet, les requérants, représentés par un avocat devant la Cour de cassation, étaient tenus de connaître leurs obligations en matière d’introduction d’un pourvoi. En particulier, le Gouvernement note que la juridiction suprême exige que l’intéressé relate dans son pourvoi les faits de la cause tels qu’ils avaient été accueillis par la juridiction inférieure. Pour le Gouvernement, cet exposé est indispensable afin que la Cour de cassation puisse, par la suite, exercer son contrôle sur l’interprétation d’une règle de droit par la juridiction inférieure. Le Gouvernement estime raisonnable que le demandeur en cassation soit tenu de présenter les faits de la cause tels qu’ils ont été établis par la cour d’appel après l’administration des preuves. Dans le cas contraire, il incomberait à la Cour de cassation de rechercher elle-même les faits de la cause qui ont conduit la cour d’appel à une interprétation erronée du droit interne.
29. Les requérants rétorquent que la cour d’appel avait rejeté le moyen de cassation en cause, non pas comme infondé mais comme irrecevable, au motif que l’indemnité spéciale ne correspond qu’au préjudice allégué dû à l’expropriation et non à la nature de l’ouvrage. Ils notent, ainsi, que la cour d’appel ne développa aucun raisonnement sur le fond de leur grief, ce qui les empêchait de reprendre, par la suite, le raisonnement qui avait été suivi à cet égard dans leur pourvoi en cassation. En outre, les requérants allèguent que leur moyen de cassation consistait en un moyen de droit, rendant le rétablissement des faits de la cause superflu. En tout état de cause, ils arguent que tous les documents nécessaires, à savoir leur demande de fixation du montant unitaire définitif de l’indemnisation ainsi que l’arrêt no 1924/2002 de la cour d’appel de Thessalonique, étaient joints au dossier de l’affaire devant la Cour de cassation.
b) Appréciation de la Cour
30. Dans le cas d’espèce, la tâche de la Cour consiste à examiner si le motif de rejet du moyen tiré du refus d’allouer l’indemnité spéciale par la Cour de cassation a privé, de fait, les requérants de leur droit de voir ce moyen examiné en substance. Pour ce faire, la Cour se penchera sur la proportionnalité de la limitation imposée par rapport aux exigences de la sécurité juridique et de la bonne administration de la justice.
31. A cet égard, la Cour rappelle que selon une jurisprudence constante, la condition de recevabilité, fixée par la haute juridiction grecque et portant sur le caractère vague ou non des moyens de cassation, est une règle qui obéit, en général, aux exigences de la sécurité juridique et de la bonne administration de la justice et qui se concilie avec la spécificité du rôle joué par la Cour de cassation (voir, inter alia, Alvanos et autres c. Grèce, no 38731/05, § 27, 20 mars 2008, et Brechos c. Grèce (déc.), no 7632/04, 11 avril 2006).
32. Toutefois, la Cour considère que l’on saurait difficilement soutenir en l’espèce que le moyen de cassation en cause faisait peser sur la Cour de cassation la charge de rétablir les faits. Aux yeux de la Cour, trois éléments doivent être pris en compte. En premier lieu, ledit moyen de cassation visait exclusivement l’interprétation faite par la cour d’appel des dispositions appliquées en l’espèce, à savoir si l’indemnité pour la partie non expropriée de la propriété devait refléter sa dépréciation liée uniquement à l’expropriation et ne saurait prendre en considération la nature de l’ouvrage à réaliser sur la partie expropriée. Par conséquent, la présentation simultanée des faits de la cause, tels qu’ils avaient été établis par la cour d’appel, n’était pas indispensable pour que la haute juridiction puisse exercer son contrôle judiciaire (voir Efstathiou et autres c. Grèce, no 36998/02, § 31, 27 juillet 2006).
33. En deuxième lieu, la cour d’appel avait rejeté la demande des requérants de se voir verser une indemnité spéciale comme dépourvue de base légale. Elle ne l’avait donc pas examinée sur le fond et, par conséquent, l’exposé des faits pertinents à ce moyen de cassation faisait défaut. Partant, les requérants se trouvaient objectivement dans l’impossibilité de relater en l’espèce les faits sur lesquels la cour d’appel s’était fondée pour rejeter le moyen en cause (voir Sampsonidis et autres c. Grèce, no 2834/05, § 37, 6 décembre 2007).
34. En dernier lieu, tous les documents nécessaires, à savoir la demande de fixation du montant unitaire définitif de l’indemnisation ainsi que l’arrêt no 1924/2002 de la cour d’appel de Thessalonique étaient joints au pourvoi en cassation. Le juge suprême était ainsi en mesure de les consulter aisément et de vérifier éventuellement la pertinence des faits dans le cas d’espèce (voir Efstathiou et autres c. Grèce, précité, § 31, et Sampsonidis et autres c. Grèce, précité, § 38).
35. Dès lors, les faits de la cause, tels qu’ils avaient été établis par la cour d’appel, ont été portés à la connaissance des juges dès le dépôt du pourvoi en cassation. Par conséquent, la Cour estime qu’en rejetant ces moyens pour une telle raison de forme, la Cour de cassation ne répondit nullement aux problèmes spécifiques soulevés par les requérants et porta une entrave excessive à leur droit d’accès à un tribunal (voir, mutatis mutandis, Zouboulidis c. Grèce, no 77574/01, § 31, 14 décembre 2006 ; Vasilakis c. Grèce, no 25145/05, § 34, 17 janvier 2008, et Liakopoulou c. Grèce, no 20627/04, § 24, 24 mai 2006).
Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention à cet égard.
36. Enfin, eu égard au constat figurant au paragraphe 35 ci-dessus, la Cour n’estime pas nécessaire de se placer de surcroît sur le terrain de l’article 13. Les exigences de ce dernier sont en effet moins strictes que celles de l’article 6 § 1 et absorbées par elles en l’espèce (voir, entre autres Sporrong et Lönnroth c. Suède, 23 septembre 1982, § 88, série A no 52).
B. Sur le principe de l’égalité des armes
Sur la recevabilité
37. La Cour rappelle qu’une des exigences d’un procès équitable est l’égalité des armes, laquelle implique l’obligation d’offrir à chaque partie une possibilité raisonnable de présenter sa cause dans des conditions qui ne la placent pas dans une situation de net désavantage face à son adversaire (voir, parmi d’autres, Kress c. France [GC], no 39594/98, § 72, CEDH 2001-VI). Pour ce qui est de la présente affaire, la Cour note que les requérants contestent en réalité la manière dont les juridictions internes ont fixé l’indemnité au mètre carré pour l’expropriation de leur terrain. Or, le simple désaccord des requérants avec le montant de l’indemnité qui leur a été versée ne saurait suffire à conclure que la procédure n’a pas été équitable (voir Sampsonidis et autres c. Grèce, précité, § 43). Par ailleurs, la Cour ne perd pas de vue que les requérants ont pu développer leurs arguments tout au long de la procédure litigieuse, qui a respecté sans faille le principe du contradictoire.
Il s’ensuit que ledit grief est manifestement mal fondé sous l’angle de l’article 6 § 1 de la Convention et doit être rejeté en application de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
38. Par ailleurs, selon la jurisprudence constante de la Cour, l’article 13 exige un recours interne pour les seules plaintes que l’on peut estimer « défendables » au regard de la Convention (voir, entres autres, Powell et Rayner c. Royaume-Uni, 21 février 1990, § 31, série A no 172). Or, en l’espèce, la Cour vient de constater que le présent grief des requérants tiré de l’article 6 § 1 est manifestement mal fondé.
Il s’ensuit que ledit grief est manifestement mal fondé sous l’angle de l’article 13 de la Convention et doit être rejeté en application de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
II. SUR LES VIOLATIONS ALLÉGUÉES DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
39. Les requérants se plaignent que les tribunaux internes ont fixé le prix d’indemnité à quarante-huit euros par m2, ce qui correspond à 1/6e de la valeur actuelle des terrains expropriés. D’autre part, ils se plaignent que les juridictions internes ont refusé de leur allouer une indemnité spéciale pour les parties non expropriées de leurs terrains, en prenant en compte leur dépréciation en raison de la nature de l’ouvrage public. Ils invoquent l’article 1 du Protocole no 1, ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. En ce qui concerne l’indemnité d’expropriation
Sur la recevabilité
40. La Cour rappelle qu’une ingérence dans le droit au respect des biens doit ménager un « juste équilibre » entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu (voir, entre autres, Sporrong et Lönnroth c. Suède, précité, § 69). Afin d’apprécier si la mesure litigieuse respecte le juste équilibre voulu et, notamment, si elle ne fait pas peser sur le requérant une charge disproportionnée, il y a lieu de prendre en considération les modalités d’indemnisation prévues par la législation interne. A cet égard, sans le versement d’une somme raisonnablement en rapport avec la valeur du bien, une privation de propriété constitue normalement une atteinte excessive qui ne saurait se justifier sur le terrain de l’article 1 du Protocole no 1. Ce dernier ne garantit pourtant pas dans tous les cas le droit à une compensation intégrale, car des objectifs légitimes « d’utilité publique » peuvent militer pour un remboursement inférieur à la pleine valeur marchande (voir Les saints monastères c. Grèce, 9 décembre 1994, §§ 70-71, série A no 301-A).
41. En l’espèce, la Cour ne s’estime pas appelée à se prononcer sur la question de savoir sur quelle base les autorités nationales auraient dû fixer le prix de l’indemnisation. En effet, la Cour ne saurait se substituer aux tribunaux grecs pour déterminer la base qui devrait être prise en considération pour l’estimation de la valeur du terrain exproprié et la fixation des sommes dues qui en découlerait (Malama c. Grèce, no 43622/98, § 51, CEDH 2001–II). En tout état de cause, il n’y a aucun indice dans le dossier donnant à penser que les juridictions saisies ont fait preuve d’arbitraire dans la fixation de l’indemnité d’expropriation. Eu égard à la marge d’appréciation que l’article 1 du Protocole no 1 laisse aux autorités nationales (Papachelas c. Grèce [GC], no 31423/96, § 49, CEDH–II), la Cour considère le prix fixé comme étant raisonnablement en rapport avec la valeur de la propriété expropriée.
Il s’ensuit que cette partie du grief est manifestement mal fondée et doit être rejetée en application de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
B. En ce qui concerne l’indemnité spéciale
1. Sur la recevabilité
a) Sur la qualité de victime des troisième et quatrième requérants
42. Le Gouvernement allègue que les troisième et quatrième requérants, MM. E. et N. M., n’ont pas la qualité de victimes et que cette partie de la requête doit dès lors être déclarée irrecevable à leur égard, car ils n’ont pas valablement participé à la procédure litigieuse. En particulier, le Gouvernement affirme que les requérants susmentionnés n’ont demandé devant la cour d’appel ni la fixation du montant unitaire définitif de l’indemnisation ni d’indemnité spéciale pour les parties non expropriées de leur terrain. Le Gouvernement souligne que seuls les deux premiers requérants ont formé une telle demande. De l’avis du Gouvernement, le fait que, par la suite, les quatre requérants se sont pourvus en cassation n’a pas d’incidence sur l’absence de qualité de victimes des troisième et quatrième requérants, puisqu’à supposer même que la Cour de cassation eût accueilli le pourvoi et renvoyé l’affaire devant la cour d’appel, cette dernière n’aurait pas pu examiner la question de l’indemnité spéciale à l’égard des troisième et quatrième requérants, dès lors que ceux-ci n’avaient jamais formé une telle demande devant cette juridiction.
43. Les requérants s’opposent à cette thèse. Ils affirment que ni la cour d’appel ni la Cour de cassation n’ont jamais contesté leur qualité de victime et leur qualité de saisir ces juridictions.
44. La Cour rappelle, tout d’abord, que toute personne qui prétend avoir des droits de propriété ou un autre droit réel sur des terrains expropriés peut demander la fixation du montant unitaire de l’indemnité, car cette procédure vise exclusivement la fixation de l’indemnité, sans préciser le ou les bénéficiaires de celle-ci ou la partie tenue de la verser (voir paragraphe 18 ci-dessus). La Cour note que, conformément à cette règle, les deux premiers requérants ont saisi la cour d’appel d’une demande de fixation du montant unitaire définitif de l’indemnisation et d’une demande d’indemnité spéciale, non seulement pour leurs propres terrains, mais aussi pour le terrain appartenant aux troisième et quatrième requérants que le deuxième requérant exploitait. La cour d’appel, sans contester la qualité pour agir du deuxième requérant et malgré l’absence des troisième et quatrième requérants, a fixé le montant définitif de l’indemnité et a rejeté la demande d’indemnité spéciale. Ensuite, les troisième et quatrième requérants, qui étaient liés par l’arrêt nº 1924/2002 de la cour d’appel de Thessalonique, se sont pourvus en cassation en contestant, entre autres, le refus de la cour d’appel d’allouer une indemnité spéciale. Même si la Cour de cassation a rejeté le pourvoi pour d’autres motifs, elle n’a jamais contesté la qualité pour agir des requérants susmentionnés.
45. Au vu de ce qui précède, la Cour ne voit aucune raison de s’écarter de ce qui a été décidé par les juridictions nationales, qui n’ont jamais contesté la qualité pour agir des requérants susmentionnés. Il convient donc de rejeter cette exception soulevée par le Gouvernement.
b) Sur l’exception de non-épuisement des voies de recours internes
46. Le Gouvernement soutient que les requérants n’ont pas valablement épuisé les voies de recours internes, puisqu’ils ne se sont pas pourvus en cassation conformément aux règles du droit procédural. En particulier, le Gouvernement note que les requérants n’avaient pas relaté dans leur pourvoi les faits de la cause tels qu’ils avaient été accueillis par la juridiction inférieure, ce qui a entraîné le rejet de leur moyen de cassation, relatif à l’indemnité spéciale, comme vague. De cette façon, ils n’auraient donc pas donné l’occasion à la Cour de cassation de remédier à la situation litigieuse.
47. Les requérants contestent cette thèse et renvoient à leurs arguments relatifs à la prétendue violation de leur droit d’accès à un tribunal.
48. La Cour rappelle que le fondement de la règle de l’épuisement des voies de recours internes, énoncée à l’article 35 § 1 de la Convention, consiste en ce qu’avant de saisir la Cour, le requérant doit avoir donné à l’Etat responsable la faculté de remédier aux violations alléguées par des moyens internes, en utilisant les ressources judiciaires offertes par la législation nationale, pourvu qu’elles se révèlent efficaces et suffisantes (voir, entre autres, Fressoz et Roire c. France [GC], nº 29183/95, § 37, CEDH 1999–I).
49. En l’occurrence, la Cour a conclu qu’en rejetant les moyens de cassation des requérants pour une raison de forme, la Cour de cassation avait porté une entrave excessive à leur droit d’accès à un tribunal (voir paragraphe 35 ci-dessus). Compte tenu des motifs qu’elle a retenus pour arriver à cette conclusion (voir paragraphes 30-34 ci-dessus), force est à la Cour de rejeter l’exception de non-épuisement soulevée par le Gouvernement.
c) Sur l’exception d’irrecevabilité pour incompatibilité ratione materiae
50. Le Gouvernement allègue que les requérants n’étaient pas titulaires d’un « bien » au sens de l’article 1 du Protocole no 1. Il argue que les requérants se plaignent en substance du manque à gagner en raison du fait que les terrains expropriés seraient dépourvus dorénavant d’un accès direct à la nouvelle route nationale. Or, le Gouvernement soutient que les requérants n’ont jamais eu l’espérance légitime que l’accès à la route nationale et les avantages dont ils bénéficiaient se prolongeraient à l’infini. La perte de ces avantages résulte d’un acte administratif légal prévoyant la construction d’une nouvelle route nationale. Pour le Gouvernement, les conséquences de l’élargissement de la route nationale en cause pour les entreprises des requérants seraient identiques si l’Etat avait décidé de condamner l’usage de cette route nationale et d’en faire construire une autre dans un autre site.
51. Les requérants contestent cette thèse.
52. La Cour note que l’objet du présent grief ne porte pas sur le manque à gagner consécutif à la cessation des activités commerciales sur certains des terrains en cause. Par le biais de leur demande devant les juridictions helléniques de se voir verser une « indemnité spéciale », les requérants ont sollicité leur indemnisation pour la dévalorisation du restant de leurs terrains, en raison de l’élargissement de la route nationale et de l’absence d’accès direct à celle-ci. En d’autres termes, les requérants ne se plaignent pas en l’espèce du refus de l’Etat de leur verser une « créance », intérêt patrimonial qui, selon l’article 1 du Protocole no 1, doit être suffisamment établi pour être exigible (voir notamment Raffineries grecques Stran et Stratis Andreadis c. Grèce, 9 décembre 1994, § 59, série A no 301-B). Leur grief a trait aux limitations prétendument apportées à la jouissance d’un « bien existant », à savoir l’exploitation du restant des terrains expropriés, ce qui aurait affecté la valeur vénale de ceux-ci. Sur ce point, la Cour note que les parties conviennent que les requérants restent toujours propriétaires de la partie non expropriée de leurs terrains. En conséquence, leur grief se rapporte à un « bien » au sens de l’article 1 du Protocole no 1 (voir, Sampsonidis et autres c. Grèce, précité, § 50). Il convient donc de rejeter l’exception d’irrecevabilité pour incompatibilité ratione materiae soulevée par le Gouvernement.
53. La Cour constate par ailleurs que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève en outre qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
2. Sur le fond
54. Le Gouvernement affirme que l’absence d’accès direct à la route nationale n’est pas une conséquence de l’expropriation mais de la modification légale, de la part de l’Etat, du réseau routier, dictée par des raisons objectives et par la nécessité de servir l’intérêt général. De surcroît, le Gouvernement note que les requérants ont toujours accès à la route secondaire et, par conséquent, le restant de leurs propriétés n’est pas coupé de la route nationale. En outre, le Gouvernement relève que la cour d’appel de Thessalonique a versé une indemnisation entière aux requérants pour les parties expropriées de leurs terrains.
55. Les requérants rétorquent que la nature de l’ouvrage à construire doit être prise en compte dans le calcul de l’indemnité globale en raison de l’expropriation. Ils estiment que tant l’acte d’expropriation que sa finalité, à savoir la construction d’un ouvrage d’utilité publique, sont toujours étroitement liés. De surcroît, les requérants allèguent que même la route secondaire sur laquelle donne dorénavant le restant de leurs terrains n’est pas utilisable en raison du fait que l’ensemble des tronçons à construire n’est pas encore achevé. Pour les requérants, il va de soi que personne ne peut pour le moment emprunter la route secondaire, puisqu’après avoir parcouru une certaine distance, le véhicule tomberait sur une impasse.
56. La Cour relève qu’en l’espèce, il n’y a pas eu expropriation des parties des terrains dont les requérants allèguent la dépréciation. Il est cependant clair que l’élargissement d’une route nationale entraînant l’absence d’accès direct à celle-ci des parties non expropriées des terrains en cause, apporte une limitation à la libre disposition de leur droit d’usage, limitation qui constitue une ingérence dans la jouissance des droits que les requérants tirent de leur qualité de propriétaires. Dès lors, suivant sa jurisprudence en la matière (voir, notamment, James et autres c. Royaume-Uni, 21 février 1986, § 37, série A no 98), la Cour estime que le second alinéa de l’article 1 du Protocole no 1 joue en l’espèce. Elle examinera donc le grief sous cet angle.
57. Selon une jurisprudence bien établie, le second alinéa de l’article 1 du Protocole no 1 doit se lire à la lumière du principe consacré par la première phrase de l’article. En conséquence, une ingérence doit ménager un « juste équilibre » entre les impératifs de l’intérêt général et ceux de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu. La recherche de pareil équilibre se reflète dans la structure de l’article 1 du Protocole no 1 tout entier et, par conséquent, dans celui du second alinéa ; il doit exister un rapport raisonnable de proportionnalité entre les moyens employés et le but visé. En contrôlant le respect de cette exigence, la Cour reconnaît à l’Etat une grande marge d’appréciation tant pour choisir les modalités de mise en œuvre que pour juger si leurs conséquences se trouvent légitimées, dans l’intérêt général, par le souci d’atteindre l’objectif de la loi en cause (Chassagnou et autres c. France [GC], nos 25088/94, 28331/95 et 28443/95, § 75, CEDH 1999–III). De plus, en ce qui concerne des domaines tels que l’aménagement du territoire, la Cour respecte l’appréciation portée à cet égard par le législateur, sauf si elle est manifestement dépourvue de base raisonnable (voir, mutatis mutandis, Immobiliare Saffi c. Italie [GC], no 22774/93, § 49, CEDH 1999–V).
58. La Cour note qu’il est incontestable, dans la présente affaire, que la nature de l’ouvrage a directement contribué à une dépréciation des parties non expropriées. En effet, la réalisation de l’ouvrage public a entraîné la perte pour les parties en cause de l’avantage d’un accès direct à la route nationale. De ce fait, s’agissant des terrains sur lesquels les requérants avaient fait construire des immeubles utilisés à des fins commerciales, ceux-ci ont subi une baisse de leur valeur en raison de la perte de clientèle des entreprises et de la chute inhérente des profits. La Cour note sur ce point que la cour d’appel de Thessalonique a explicitement refusé d’indemniser les requérants pour la perte de clientèle et la baisse de leurs revenus, après avoir admis que l’indemnité pour la partie non expropriée de la propriété ne saurait prendre en compte la nature de l’ouvrage à réaliser sur la partie expropriée. Par conséquent, il est indéniable que pour les requérants l’exploitation de cette partie des parcelles se trouvait sérieusement compromise en raison de l’élargissement de la route nationale (voir en ce sens, Ouzounoglou c. Grèce, no 32730/03, § 30, 24 novembre 2005, et Athanasiou et autres c. Grèce, no 2531/02, § 25, 9 février 2006).
59. Au vu de ce qui précède, la Cour considère qu’en refusant toute indemnisation aux requérants pour la dépréciation de la partie non expropriée de leurs terrains en raison de la nature de l’ouvrage, les juridictions internes ont rompu le juste équilibre devant régner entre la sauvegarde des droits individuels et les exigences de l’intérêt général. A cet égard, la Cour prend note du revirement de la jurisprudence en la matière de la Cour de cassation dans une affaire similaire (voir paragraphe 21 ci-dessus).
Partant, il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
60. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
61. Les requérants réclament au titre du dommage matériel une somme correspondant à 100 % de la valeur des parties non expropriées des terrains en cause. Ils ajoutent que la Cour devrait prendre comme base pour le calcul de cette somme, les montants unitaires définitifs du mètre carré pour les indemnités d’expropriation fixés pour chaque terrain par l’arrêt no 1924/2002 de la cour d’appel de Thessalonique. Lesdits montants sont repris dans leurs observations devant la Cour.
62. Le Gouvernement soutient qu’il n’existe pas de lien de causalité entre la somme réclamée au titre du préjudice matériel et la violation alléguée. A titre alternatif, le Gouvernement estime que la somme allouée à ce titre ne saurait dépasser 20 000 EUR.
63. La Cour estime que la question de l’application de l’article 41 ne se trouve pas en état, de sorte qu’il échet de la réserver en tenant compte de l’éventualité d’un accord entre l’Etat défendeur et les intéressés (article 75 § 1 du règlement).
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant aux griefs tirés du droit d’accès à un tribunal et du refus des juridictions internes d’allouer aux requérants une indemnité spéciale pour les parties non expropriées des terrains en cause et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;
3. Dit qu’il n’y a pas lieu d’examiner séparément au fond le grief tiré de l’article 13 quant au droit d’accès à un tribunal ;
4. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 de la Convention ;
5. Dit que la question de l’application de l’article 41 de la Convention ne se trouve pas en état ; en conséquence,
a) la réserve en entier ;
b) invite le Gouvernement et les requérants à lui soumettre par écrit, dans les six mois, leurs observations sur la question et, en particulier, à lui donner connaissance de tout accord auquel ils pourraient aboutir ;
c) réserve la procédure ultérieure et délègue au président de la chambre le soin de la fixer au besoin.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 16 avril 2009 en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Søren Nielsen Nina Vajić
Greffier Présidente

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