Conclusione Parzialmente inammissibile; Violazione dell’art. 6-1; violazione di P1-1; Soddisfazione equa riservata
PRIMA SEZIONE
CAUSA ANTONOPOULOU ED ALTRI C. GRECIA
( Richiesta no 49000/06)
SENTENZA
STRASBURGO
16 aprile 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Antonopoulou ed altri c. Grecia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
Nina Vajić, presidentessa, Christos Rozakis, Khanlar Hajiyev, Dean Spielmann, Sverre Erik Jebens, Giorgio Malinverni, George Nicolaou, giudici,
e da Søren Nielsen, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 26 marzo 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 49000/06) diretta contro la Repubblica ellenica e in cui quattro cittadini di questo Stato, la Sig.ra V. A. e Sigg. D. C., E. M e N. M (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 17 novembre 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da T. H., avvocato al foro di Tessalonica. Il governo greco (“il Governo”) è rappresentato dalle delegate del suo agente, le Sig.re O. Patsopoulou, assessore del Consulente legale dello stato, e Z. Hatzipavlou, ascoltatrice presso il Consulente legale dello stato.
3. L’ 11 gennaio 2008, il presidente della prima sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I richiedenti sono i proprietari di tre terreni di una superficie di 36 228 m2 che danno sulla strada nazionale che collega Tessalonico a ̀Nea Moudania. I richiedenti avevano fatto costruire su una parte dei terreni precitati parecchi edifici che il secondo richiedente sfruttava ai fini commerciali. In particolare, gestiva due stazioni di servizio, con accesso diretto sulla strada nazionale che offrivano, oltre la fornitura di carburante, dei servizi di lavaggio e di manutenzione delle automobili.
5. Con una decisione congiunta dell’ 11 febbraio 1997, i ministri delle Finanze, dell’ambiente e dell’agricoltura procedettero all’espropriazione di una superficie di 886 762,98 m2, per permettere l’ampliamento della strada nazionale che collega Tessalonica a ̀Nea Moudania (decisione nº 1017090/0010/1997).
6. Le proprietà dei richiedenti si trovarono riguardate, essendo destinata una parte dei loro terreni alla costruzione dei nuovi tronconi. In seguito all’ampliamento della strada nazionale, i terreni restanti non disponevano più di un accesso diretto alla strada nazionale, ma alla strada secondaria che costeggiava la prima. La strada secondaria è separata dalla strada nazionale da un guard-rail. L’accesso e l’uscita dei veicoli dalla strada nazionale verso la strada secondaria sono possibili solamente tramite bretelle dirette la cui uscita è verso destra.
7. Il 14 gennaio 1999, i primi due richiedenti chiesero la determinazione dell’importo unitario definitivo per metro quadrato per le indennità di espropriazione del loro proprio terreno così come di quello appartenente al terzo e quarto richiedente, che il secondo richiedente sfruttava. Sollecitarono anche un’indennità speciale per le parti non espropriate di suddetti terreni. Secondo i richiedenti, le parti non riguardate dall’espropriazione subivano un deprezzamento in ragione del carattere sopraelevato dei nuovi tronconi così come della mancanza di accesso diretto delle loro proprietà alla strada nazionale.
8. Il 18 gennaio 1999, anche lo stato chiese la determinazione dell’importo unitario definitivo.
9. Nel 2002, la corte di appello di Tessalonico fissò l’importo unitario definitivo per metro quadrato per le indennità di espropriazione a quarantotto euro. Secondo i richiedenti, le indennità calcolate sulla base di questo importo rappresentavano la metà dei prezzi proposti dallo stato ed equivalevano al sesto del valore venale reale dei terreni espropriati. In più, suddetta giurisdizione respinse l’istanza dei primi due richiedenti in quanto alla determinazione di un’indennità speciale. Giudicò che risultava dell’articolo 13 del decreto-legge no 797/1971 che l’indennità per la parte non espropriata della proprietà doveva riflettere unicamente il suo deprezzamento consecutivo all’espropriazione e non avrebbe potuto prendere in considerazione la natura del lavoro da realizzare sulla parte espropriata (sentenza no 1924/2002).
10. Il 30 maggio 2003, i richiedenti ricorsero in cassazione. Adducevano tra l’altro che la corte di appello di Tessalonico avrebbe dovuto tenere conto della proposta dello stato in quanto al prezzo unitario dell’indennità da assegnare e che la stessa giurisdizione avrebbe dovuto assegnare loro un’indennità speciale a titolo del deprezzamento delle parti non espropriate in ragione della natura del lavoro. La richiesta di determinazione dell’importo unitario definitivo dell’indennizzo così come la sentenza no 1924/2002 della corte di appello di Tessalonico erano uniti al ricorso in cassazione.
11. Il 1 marzo 2006, la Corte di cassazione respinse tutti i mezzi di cassazione come vaghi o infondati. In particolare, respinse come vago il mezzo derivato dal rifiuto di assegnare l’indennità speciale prevista dall’articolo 13 del decreto-legge no 797/1971. Considerò che i richiedenti non avevano precisato nel loro ricorso “le circostanze di fatto che riguardavano le loro proprietà” su cui si era basata la corte di appello per respingere il loro motivo di appello (sentenza no 424/2006).
12. Questa sentenza fu stesa in bella copia il 23 maggio 2006.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
A. La Costituzione
13. L’articolo 17 della Costituzione dispone:
“1. La proprietà è posta sotto la protezione dello stato. I diritti che ne derivano non possono esercitarsi tuttavia a scapito dell’interesse generale.
2. Nessuno può essere privato della sua proprietà, se non è a causa di utilità pubblica, debitamente provata, nel caso e seguendo il procedimento determinato dalla legge e mediante sempre un’indennità preliminare completa. Questa deve corrispondere al valore della proprietà espropriata in data dell’udienza sulla causa concernente la determinazione provvisoria dell’indennità da parte del tribunale. Nel caso di un’istanza che mira alla determinazione immediata dell’indennità definitiva, viene preso in considerazione il valore della proprietà espropriata il giorno dell’udienza del tribunale su questa istanza.
(…) “
B. Il decreto-legge no 797/1971 relativo alle espropriazioni
14. Il decreto-legge no 797/1971 del 30 dicembre 1970/1 gennaio 1971 costituisce la legislazione fondamentale che regola le espropriazioni, in applicazione dei principi enunciati nelle disposizioni costituzionali.
15. Il capitolo A del decreto-legge fissa il procedimento e le condizioni preliminari all’annuncio di un’espropriazione.
16. Secondo l’articolo 1 § 1 a, se viene autorizzata dalla legge nell’interesse pubblico, l’espropriazione di proprietà urbane o rurali o la rivendicazione dei diritti reali su queste viene annunciata da una decisione congiunta del ministro competente nel campo previsto dall’espropriazione e del ministro delle Finanze.
17. L’articolo 2 § 1 fissa le condizioni preliminari ad una decisione che annuncia un’espropriazione; in particolare: a) una mappa catastale che indica la zona da espropriare, e b) l’elenco dei proprietari dei bene-fondi, la superficie di questi, la loro delimitazione e le principali caratteristiche degli edifici che vi sono edificati.
18. L’articolo 17 § 1 affida ai tribunali la cura di fissare l’indennità. Dispone espressamente che questi fissino unicamente l’importo unitario dell’indennità, senza precisare il o i beneficiari di questa o la parte tenuta di versarla.
19. Secondo l’articolo 13 § 1, l’indennità si calcola rispetto al valore reale della proprietà espropriata al momento della pubblicazione della decisione che annuncia l’espropriazione.
20. Ai termini del paragrafo 3 dello stesso articolo,
“In caso di espropriazione di una parte di un bene e quando la parte che resta al proprietario subisce un deprezzamento sostanziale del suo valore o diventa inutilizzabile, il giudizio che fissa l’indennità determina anche l’indennità speciale per questa parte. Questa indennità speciale viene versata al proprietario con quella per la parte espropriata. “
21. Secondo la giurisprudenza che la Corte di cassazione ha seguito nel corso di numerosi anni, la natura dei lavori da effettuare non veniva mai presa in conto per la determinazione dell’ “indennità speciale” prevista dall’articolo 13 § 3 del decreto-legge no 797/1971 (tra altri ΑΠ 1255/2001, 349/2000, 8/1999, 455/1998, 803/1994). Tuttavia, in una recente sentenza, la Corte di cassazione giudicò, alla luce dell’articolo 1 del Protocollo no 1, che questa interpretazione del diritto interno recava offesa al diritto di proprietà degli interessati e procedette dunque ad un cambiamento improvviso della sua giurisprudenza in materia (sentenza no 31/2005).
C. La legge no 653/1977 del 25 luglio e del 5 agosto 1977, relativa agli obblighi dei proprietari frontisti in materia di costruzione di strade nazionali
22. Le disposizioni pertinenti dell’articolo 1 della legge no 653/1977 sono formulati così:
“1. In caso di costruzione, all’infuori del piano di urbanistica, di strade nazionali di una larghezza massimale di trenta metri, i proprietari frontisti che ne derivano profitto sono costretti a pagare per una zona di una larghezza di quindici metri, partecipando così agli oneri di espropriazione dei beni ubicati su queste strade. Questo carico non può superare tuttavia la metà della superficie del bene riguardato.
(…)
3. Ai fini dell’applicazione del presente articolo, sono considerati come proprietari frontisti avvantaggiati quelli i cui immobili acquisiscono una facciata sulle strade costruite.
4. Quando gli aventi diritto all’ indennità in ragione di un’espropriazione sono allo stesso tempo debitori del pagamento di una parte di questa, c’è compensazione dei diritti e degli obblighi. “
23. Questa presunzione secondo cui il plusvalore derivato dai lavori di pianificazione stradale costituisce un’indennità sufficiente, è stata considerata molto tempo come irrefragabile. In seguito alle sentenze della Corte nelle cause Katikaridis ed altri c. Grecia, Tsomtsos ed altri c. Grecia ( sentenze del 15 novembre 1996, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-V) e Papachelas c. Grecia ([GC], no 31423/96, § 49, ECHR 1999-II) le giurisdizioni nazionali ammettono oramai che la presunzione in questione non è più irrefragabile. Quindi, gli interessati possono investire le giurisdizioni civili per fare giudicare che non sono dei proprietari avvantaggiati al senso di suddetta legge e percepire, all’occorrenza, un’indennità complementare.
D. La legge di accompagnamento (Εισαγωγικός Νόμος) del codice di procedura civile,
24. Gli articoli pertinenti del codice di procedura civile dispongono:
Articolo 118
“I ricorsi notificati tra le parti o depositati presso il tribunale devono includere(…) 4) l’oggetto del ricorso in modo chiaro, preciso e conciso “
Articolo 577 § 3
“La Corte di cassazione esamina l’ammissibilità ed il merito dei motivi di cassazione, se giudica il ricorso in cassazione legale ed ammissibile. “
Articolo 578
“La Corte di cassazione respinge il ricorso in cassazione, se i motivi della sentenza attaccata sono giudicati erronei ma il suo dispositivo giusto “
25. Secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, il ricorso in cassazione deve precisare quale è la regola di merito che è stata violata, in che cosa consiste l’errore giuridico, diversamente detto dove si trova la violazione nell’interpretazione o nell’applicazione della regola in causa, e deve comprendere anche l’esposizione dei fatti su cui si è basata la corte di appello per respingere il ricorso (Corte di cassazione, numeri 372/2002, 388/2002).
IN DIRITTO
I. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DEGLI ARTICOLI 6 § 1 E 13 DELLA CONVENZIONE
26. I richiedenti si lamentano del fatto che il rigetto di uno dei loro mezzi di cassazione come vago ha recato offesa al loro diritto di accesso ad un tribunale. Inoltre, si lamentano di una violazione del principio dell’uguaglianza dei mezzi, per il fatto che la corte di appello fissò un’indennità per metro quadrato che avrebbe rappresentato la metà del prezzo proposto dalla parte avversa. Invocano gli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione le cui parti pertinenti sono formulate così:
Articolo 6 § 1
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita, da un tribunale, chi deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
Articolo 13
“Ogni persona i cui i diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa da persone agenti nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
A. Sul diritto di accesso ad un tribunale
1. Sull’ammissibilità
27. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che questo non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
2. Sul merito
a) Tesi delle parti
28. Il Governo afferma che la regola applicata dall’alta giurisdizione è un’elaborazione giurisprudenziale applicata dalla Corte di cassazione in modo costante che poteva dunque passare per accessibile e prevedibile agli occhi dei richiedenti. Difatti, i richiedenti, rappresentati da un avvocato dinnanzi alla Corte di cassazione, erano tenuti a conoscere i loro obblighi in materia di introduzione di un ricorso. In particolare, il Governo nota che la giurisdizione suprema esige che l’interessato riferisca nel suo ricorso i fatti della causa come erano stati accolti dalla giurisdizione inferiore. Per il Governo, questa esposizione è indispensabile affinché la Corte di cassazione possa, in seguito, esercitare il suo controllo sull’interpretazione di una regola di diritto da parte della giurisdizione inferiore. Il Governo stima ragionevole che il richiedente in cassazione sia tenuto a presentare i fatti della causa come sono stati stabiliti dalla corte di appello dopo l’amministrazione delle prove. In caso contrario, incomberebbe sulla Corte di cassazione di ricercare lei stessa i fatti della causa che hanno condotto la corte di appello ad un’interpretazione erronea del diritto interno.
29. I richiedenti ribattono che la corte di appello aveva respinto il mezzo di cassazione in causa, non come infondato ma come inammissibile, al motivo che l’indennità speciale corrispondeva solamente al danno addotto dovuto all’espropriazione e non alla natura del lavoro. Notano, così, che la corte di appello non sviluppò nessuno ragionamento sul merito del loro motivo di appello, il che impediva loro di riprendere, in seguito, il ragionamento che era stato seguito a questo riguardo nel loro ricorso in cassazione. Inoltre, i richiedenti adducono che il loro mezzo di cassazione consisteva in un mezzo di diritto, rendendo il ristabilimento dei fatti della causa superfluo. Ad ogni modo, arguiscono che tutti i documenti necessari, ossia la loro richiesta di determinazione dell’importo unitario definitivo dell’indennizzo così come la sentenza no 1924/2002 della corte di appello di Tessalonico, erano uniti alla pratica della causa dinnanzi alla Corte di cassazione.
b) Valutazione della Corte
30. Nel caso specifico, il compito della Corte consiste nell’ esaminare se il motivo di rigetto del mezzo derivato dal rifiuto di assegnare l’indennità speciale da parte della Corte di cassazione ha privato, di fatto, i richiedenti del loro diritto di vedere questo mezzo esaminato in sostanza. Per fare questo, la Corte si dedicherà alla proporzionalità della limitazione imposta rispetto alle esigenze della sicurezza giuridica e della buona amministrazione della giustizia.
31. A questo riguardo, la Corte ricorda che secondo una giurisprudenza consolidata, la condizione di ammissibilità, fissata dall’alta giurisdizione greca e riguardante il carattere vago o meno dei mezzi di cassazione, è una regola che ubbidisce, in generale, alle esigenze della sicurezza giuridica e della buona amministrazione della giustizia e che si concilia con la specificità del ruolo giocato dalla Corte di cassazione (vedere, inter alia, Alvanos ed altri c. Grecia, no 38731/05, § 27, 20 marzo 2008, e Brechos c. Grecia, (déc.), no 7632/04, 11 aprile 2006).
32. Tuttavia, la Corte considera che si potrebbe sostenere difficilmente nello specifico che il mezzo di cassazione in causa faceva pesare sulla Corte di cassazione l’incarico di ristabilire i fatti. Agli occhi della Corte, tre elementi devono essere presi in conto. Suddetto mezzo di cassazione prevedeva in primo luogo, esclusivamente l’interpretazione fatta dalla corte di appello delle disposizioni applicate nello specifico, ossia se l’indennità per la parte non espropriata della proprietà doveva riflettere il suo deprezzamento legato unicamente all’espropriazione e non potrebbe prendere in considerazione la natura del lavoro da realizzare sulla parte espropriata. Di conseguenza, la presentazione simultanea dei fatti della causa, come erano stati stabiliti dalla corte di appello, non era indispensabile affinché l’alta giurisdizione potesse esercitare il suo controllo giudiziale (vedere Efstathiou ed altri c. Grecia, no 36998/02, § 31, 27 luglio 2006).
33. In secondo luogo, la corte di appello aveva respinto la richiesta dei richiedenti di vedersi versare un’indennità speciale come priva di base legale. Non l’aveva esaminata sul merito dunque e, di conseguenza, l’esposizione dei fatti pertinenti a questo mezzo di cassazione faceva difetto. Pertanto, i richiedenti si trovavano obiettivamente nell’impossibilità di riferire nello specifico i fatti su cui la corte di appello si era basata per respingere il mezzo in causa (vedere Sampsonidis ed altri c. Grecia, no 2834/05, § 37, 6 dicembre 2007).
34. Da ultimo, tutti i documenti necessari, ossia la richiesta di determinazione dell’importo unitario definitivo dell’indennizzo così come la sentenza no 1924/2002 della corte di appello di Tessalonico erano uniti al ricorso in cassazione. Il giudice supremo era così in grado di consultarli comodamente e di verificare eventualmente la pertinenza dei fatti nel caso di specifico (vedere Efstathiou ed altri c. Grecia, precitata, § 31, e Sampsonidis ed altri c. Grecia, precitata, § 38).
35. Quindi, i fatti della causa, come erano stati stabiliti dalla corte di appello, sono stati portati alla cognizione dei giudici fin dal deposito del ricorso in cassazione. Di conseguenza, la Corte stima che respingendo questi mezzi per tale ragione di forma, la Corte di cassazione non rispose per niente ai problemi specifici sollevati dai richiedenti e portò un ostacolo eccessivo al loro diritto di accesso ad un tribunale (vedere, mutatis mutandis, Zouboulidis c. Grecia, no 77574/01, § 31, 14 dicembre 2006; Vasilakis c. Grecia, no 25145/05, § 34, 17 gennaio 2008, e Liakopoulou c. Grecia, no 20627/04, § 24, 24 maggio 2006).
Pertanto, c’è stata a questo riguardo violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
36. Infine, avuto riguardo alla constatazione che figura sopra al paragrafo 35, la Corte non stima necessario collocarsi ulteriormente sul terreno dell’articolo 13. Le esigenze di questo ultimo sono difatti meno rigorose di quelle dell’articolo 6 § 1 ed assorbite da queste nello specifico (vedere, tra altre Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 settembre 1982, § 88, serie A no 52).
B. Sul principio dell’uguaglianza delle armi
Sull’ammissibilità
37. La Corte ricorda che una delle esigenze di un processo equo è l’uguaglianza delle armi che implica l’obbligo di offrire ad ogni parte una possibilità ragionevole di presentare la sua causa nelle condizioni che non la pongano in una situazione di netto svantaggio nei confronti del suo avversario (vedere, tra altri, Kress c. Francia [GC], no 39594/98, § 72, CEDH 2001-VI). Per ciò che riguarda la presente causa, la Corte nota che i richiedenti contestano in realtà il modo in cui le giurisdizioni interne hanno fissato l’indennità per metro squadrato per l’espropriazione del loro terreno. Ora, il semplice disaccordo dei richiedenti con l’importo dell’indennità che è stata versata loro non potrebbe bastare a concludere che il procedimento non sia stato equo (vedere Sampsonidis ed altri c. Grecia, precitata, § 43). Peraltro, la Corte non perde di vista che i richiedenti hanno potuto sviluppare il loro argomenti nel corso di tutto il procedimento controverso che ha rispettato senza alcuna menchevolezza il principio del contraddittorio.
Ne segue che suddetto motivo di appello è manifestamente mal fondato sotto l’angolo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
38. Peraltro, secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, l’articolo 13 esige un ricorso interno solo per le querele che possono essere stimate come “difendibili” allo sguardo della Convenzione (vedere, tra altre, Powell e Rayner c. Regno Unito, 21 febbraio 1990, § 31, serie A no 172). Ora, nello specifico, la Corte ha appena constatato che il presente motivo di appello dei richiedenti tratto dall’articolo 6 § 1 è manifestamente male fondato.
Ne segue che suddetto motivo di appello è manifestamente mal fondato sotto l’angolo dell’articolo 13 della Convenzione e deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
II. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
39. I richiedenti si lamentano del fatto che i tribunali interni abbiano fissato il prezzo dell’ indennità a quarantotto euro per m2, il che corrisponde ad 1/6 del valore reale dei terreni espropriati. Dall’altra parte, si lamentano del fatto che le giurisdizioni interne abbiano negato di assegnare loro un’indennità speciale per le parti non espropriate dei loro terreni, prendendo in conto il loro deprezzamento in ragione della natura del lavoro pubblico. Invocano l’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Per ciò che riguarda l’indennità di espropriazione
Sull’ammissibilità
40. La Corte ricorda che un’ingerenza nel diritto al rispetto dei beni deve predisporre un “giusto equilibro” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (vedere, tra altre, Sporrong e Lönnroth c. Svezia, precitata, § 69). Per valutare se la misura controversa rispetta il giusto equilibrio voluto e, in particolare, se non fa pesare sul richiedente un carico sproporzionato, c’è luogo di prendere in considerazione le modalità di indennizzo previsto dalla legislazione interna. A questo riguardo, senza il versamento di una somma ragionevolmente in rapporto col valore del bene, una privazione di proprietà costituisce normalmente un attentato eccessivo che non potrebbe giustificarsi sul terreno dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Questo ultimo non garantisce tuttavia in ogni caso il diritto ad un compenso integrale, perché degli obiettivi legittimi “di utilità pubblica” possono militare per un rimborso inferiore al pieno valore commerciale (vedere I santi monasteri c. Grecia, 9 dicembre 1994, §§ 70-71, serie A no 301-a).
41. Nello specifico, la Corte non si stima chiamata a pronunciarsi sulla questione di sapere su quale base le autorità nazionali avrebbero dovuto fissare il prezzo dell’indennizzo. Difatti, la Corte non potrebbe sostituirsi ai tribunali greci per determinare la base che dovrebbe essere presa in considerazione per la stima del valore del terreno espropriato e la determinazione delle somme dovute che ne deriverebbe (Malama c. Grecia, no 43622/98, § 51, CEDH 2001-II). Ad ogni modo, non c’è nessuno indizio nella pratica che dia da pensare che le giurisdizioni investite abbiano dato prova di arbitrarietà nella determinazione dell’indennità di espropriazione. Avuto riguardo al margine di valutazione che l’articolo 1 del Protocollo no 1 lascia alle autorità nazionali (Papachelas c. Grecia [GC], no 31423/96, § 49, CEDH-II), la Corte considera il prezzo fissato come ragionevolmente in rapporto col valore della proprietà espropriata.
Ne segue che questa parte del motivo di appello è manifestamente mal fondata e deve essere respinta in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
B. Per ciò che riguarda l’indennità speciale
1. Sull’ammissibilità
a) Sulla qualità di vittima del terzo e quarto richiesto
42. Il Governo adduce che il terzo e il quarto richiedente, i Sigg. E. e N. M., non hanno la qualità di vittime e che quindi questa parte della richiesta deve essere dichiarata inammissibile al loro riguardo, perché non hanno partecipato validamente al procedimento controverso. In particolare, il Governo afferma che i suddetti richiedenti non hanno chiesto dinnanzi alla corte di appello né la determinazione dell’importo unitario definitivo dell’indennizzo né l’ indennità speciale per le parti non espropriate del loro terreno. Il Governo sottolinea che soli i primi due richiedenti hanno formato tale richiesta. Secondo il Governo, il fatto che, in seguito, i quattro richiedenti sono ricorsi in cassazione non ha incidenza sulla mancanza di requisito di vittime del terzo e quarto richiedente, poiché supponendo anche che la Corte di cassazione avesse accolto il ricorso ed avesse rinviato la causa dinnanzi alla corte di appello, questa ultima non avrebbe potuto esaminare la questione dell’indennità speciale a riguardo del terzo e quarto richiedente, dal momento che questi non avevano mai formato tale richiesta dinnanzi a questa giurisdizione.
43. I richiedenti si oppongono a questa tesi. Affermano che né la corte di appello né la Corte di cassazione hanno mai contestato il loro requisito di vittima ed il loro requisito di investire queste giurisdizioni.
44. La Corte ricorda, innanzitutto, che tutto nessuno che pretende avere dei diritti di proprietà o un altro diritto reale su dei terreni espropriati può chiedere la determinazione dell’importo unitario dell’indennità, perché questo procedimento prevede esclusivamente la determinazione dell’indennità, senza precisare il o i beneficiari di questa o la parte tenuta a versarla (vedere sopra paragrafo 18). La Corte nota che, conformemente a questa regola, i primi due richiedenti hanno investito la corte di appello di un’istanza di determinazione dell’importo unitario definitivo dell’indennizzo e di un’istanza di indennità speciale, non solo per i loro propri terreni, ma anche per il terreno che appartiene al terzo e quarto richiedente che il secondo richiedente sfruttava. La corte di appello, senza contestare la qualità per agire del secondo richiedente e malgrado la mancanza del terzo e quarto richiedente, ha fissato l’importo definitivo dell’indennità e ha respinto l’istanza di indennità speciale. Poi, il terzo e il quarto richiedente che erano vincolati dalla sentenza nº 1924/2002 della corte di appello di Tessalonico, sono ricorsi in cassazione contestando, tra l’altro, il rifiuto della corte di appello di assegnare un’indennità speciale. Anche se la Corte di cassazione ha respinto il ricorso per altri motivi, non ha mai contestato la qualità per agire dei suddetti richiedenti.
45. Alla vista di ciò che precede, la Corte non vede nessuna ragione di scostarsi da ciò che è stato deciso dalle giurisdizioni nazionali che non hanno mai contestato la qualità per agire dei suddetti richiedenti. Conviene dunque respingere questa eccezione sollevata dal Governo.
b) Sull’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne
46. Il Governo sostiene che i richiedenti non hanno esaurito validamente le vie di ricorso interne, poiché non sono ricorsi in cassazione conformemente alle regole del diritto procedurale. In particolare, il Governo nota che i richiedenti non avevano riferito nel loro ricorso i fatti della causa come erano stati accolti dalla giurisdizione inferiore, il che ha provocato il rigetto del loro mezzo di cassazione, relativo all’indennità speciale, come vago. In questo modo dunque, non avrebbero dato l’occasione alla Corte di cassazione di ovviare alla situazione controversa.
47. I richiedenti contestano questa tesi e rinviano ai loro argomenti relativi alla pretesa violazione del loro diritto di accesso ad un tribunale.
48. La Corte ricorda che il fondamento della regola dell’esaurimento delle vie di ricorso interne, enunciata all’articolo 35 § 1 della Convenzione, consiste nel fatto che prima di investire la Corte, il richiedente debba dare allo stato responsabile la facoltà di ovviare alle violazioni addotte dai mezzi interni, utilizzando le risorse giudiziali offerte dalla legislazione nazionale, purché si rivelino efficaci e sufficienti (vedere, tra altre, Fressoz e Roire c. Francia [GC], nº 29183/95, § 37, CEDH 1999-I).
49. Nell’occorrenza, la Corte ha concluso che respingendo i mezzi di cassazione dei richiedenti per una ragione di forma, la Corte di cassazione aveva portato un ostacolo eccessivo al loro diritto di accesso ad un tribunale (vedere sopra paragrafo 35). Tenuto conto dei motivi che ha considerato per arrivare a questa conclusione (vedere sopra paragrafi 30-34),la Corte è costretta a respingere l’eccezione di non-esaurimento sollevata dal Governo.
c) Sull’eccezione di inammissibilità per incompatibilità ratione materiae
50. Il Governo adduce che i richiedenti non erano titolari di un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Arguisce che i richiedenti si lamentano in sostanza della mancanza di guadagno in ragione del fatto che i terreni espropriati sarebbero stati privati di un accesso diretto alla nuova via nazionale. Ora, il Governo sostiene che i richiedenti non hanno mai avuto la speranza legittima che l’accesso alla strada nazionale ed i vantaggi di cui beneficiavano si sarebbero prolungati all’infinito. La perdita di questi vantaggi risulta da un atto amministrativo legale che prevedeva la costruzione di una nuova via nazionale. Per il Governo, le conseguenze dell’ampliamento della strada nazionale in causa per le imprese dei richiedenti sarebbero state identiche se lo stato avesse deciso di bandire l’uso di questa strada nazionale e di farne costruire un’altra in un altro sito.
51. I richiedenti contestano questa tesi.
52. La Corte nota che l’oggetto del presente motivo di appello non riguarda la mancanza di guadagno conseguente la cessazione delle attività commerciali su certi dei terreni in causa. Tramite la loro istanza dinnanzi alle giurisdizioni elleniche di vedersi versare una “indennità speciale”, i richiedenti hanno sollecitato il loro indennizzo per il deprezzamento del restante dei loro terreni, in ragione dell’ampliamento della strada nazionale e della mancanza di accesso diretto a questa. In altri termini, i richiedenti non si lamentano nello specifico del rifiuto dello stato di versare loro un “credito”, interesse patrimoniale che, secondo l’articolo 1 del Protocollo no 1, deve essere sufficientemente stabilito per essere esigibile (vedere particolarmente Raffinerie greche Stran e Stratis Andreadis c. Grecia, 9 dicembre 1994, § 59, serie A no 301-B). Il loro motivo di appello ha fatto riferimento alle presunte limitazioni portate al godimento di un “bene esistente”, ossia lo sfruttamento del restante dei terreni espropriati, il che avrebbe colpito il valore venale di questi. Su questo punto, la Corte nota che le parti convengono che i richiedenti restano sempre proprietari della parte non espropriata dei loro terreni. Perciò, il loro motivo di appello si riferisce ad un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere, Sampsonidis ed altri c. Grecia, precitata, § 50). Conviene dunque respingere l’eccezione di inammissibilità per incompatibilità ratione materiae sollevata dal Governo.
53. La Corte constata peraltro che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva inoltre che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
2. Sul merito
54. Il Governo afferma che la mancanza di accesso diretto alla strada nazionale non è una conseguenza dell’espropriazione ma della modifica legale, da parte dello stato, della rete stradale, dettata da ragioni obiettive e dalla necessità di servire l’interesse generale. Per di più, il Governo nota che i richiedenti hanno sempre accesso alla strada secondaria e, di conseguenza, il restante delle loro proprietà non è tagliato dalla strada nazionale. Inoltre, il Governo rileva che la corte di appello di Tessalonico ha versato un indennizzo intero ai richiedenti per le parti espropriate dei loro terreni.
55. I richiedenti ribattono che la natura del lavoro da costruire deve essere presa in conto nel calcolo dell’indennità globale in ragione dell’espropriazione. Stimano che tanto l’atto di espropriazione che la sua finalità, ossia la costruzione di un lavoro di utilità pubblica, sono sempre strettamente legate . Per di più, i richiedenti adducono che anche la strada secondaria su cui dà il restante dei loro terreni d’ora in poi non è utilizzabile in ragione del fatto che l’insieme dei tronconi da costruire non è ancora compiuto. Per i richiedenti, va da sé che nessuno può prendere la strada secondaria per il momento, poiché dopo avere percorso una certa distanza, il veicolo si ritroverebbe in un vicolo cieco.
56. La Corte rileva che nello specifico, non c’è stata espropriazione delle parti dei terreni di cui richiedenti adducono il deprezzamento. È però chiaro che l’ampliamento di una strada nazionale che provoca la mancanza di accesso diretto a questa delle parti non espropriate dei terreni in causa, porta una limitazione alla libera disposizione del loro diritto di uso, limitazione che costituisce un’ingerenza nel godimento dei diritti che i richiedenti traggono dal loro requisito di proprietari. Quindi, seguendo la sua giurisprudenza in materia (vedere, in particolare, James ed altri c. Regno Unito, 21 febbraio 1986, § 37, serie A no 98) la Corte stima che il secondo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 entra in gioco nello specifico. Esaminerà dunque il motivo di appello sotto questo angolo.
57. Secondo una giurisprudenza ben stabilita, il secondo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 si deve leggere alla luce del principio consacrato dalla prima frase dell’articolo. Perciò, un’ingerenza deve predisporre un “giusto equilibro” tra gli imperativi dell’interesse generale e quelli della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo. La ricerca di simile equilibrio si riflette nella struttura dell’articolo 1 del Protocollo no 1 tutto intero e, di conseguenza, in quella del secondo capoverso; deve esistere un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto. Controllando il rispetto di questa esigenza, la Corte riconosce allo stato un grande margine di valutazione tanto per scegliere le modalità di collocamento in opera che per giudicare se le loro conseguenze si trovano legittimate, nell’interesse generale, dalla preoccupazione di raggiungere l’obiettivo della legge in causa (Chassagnou ed altri c. Francia [GC], nostri 25088/94, 28331/95 e 28443/95, § 75, CEDH 1999-III). In più, per ciò che riguarda degli ambiti come il piano di sviluppo del territorio, la Corte rispetta a questo riguardo la valutazione portata dal legislatore, salvo sia manifestamente priva di base ragionevole (vedere, mutatis mutandis, Immobiliare Saffi c. Italia [GC], no 22774/93, § 49, CEDH 1999-V).
58. La Corte nota che è incontestabile, nella presente causa, che la natura del lavoro abbia contribuito direttamente ad un deprezzamento delle parti non espropriate. Difatti, la realizzazione del lavoro pubblico ha provocato la perdita per le parti in causa del vantaggio di un accesso diretto alla strada nazionale. Per questo fatto, trattandosi dei terreni su cui i richiedenti avevano fatto costruire degli immobili utilizzati a fini commerciali, questi hanno subito un abbassamento del loro valore in ragione della perdita di clientela delle imprese e della caduta inerente dei profitti. La Corte nota su questo punto che la corte di appello di Tessalonico ha negato esplicitamente di indennizzare i richiedenti per la perdita di clientela e l’abbassamento dei loro redditi, dopo avere ammesso che l’indennità per la parte non espropriata della proprietà non avrebbe potuto prendere in conto la natura del lavoro da realizzare sulla parte espropriata. Di conseguenza, è innegabile che per i richiedenti lo sfruttamento di questa parte degli appezzamenti si trovava seriamente compromesso in ragione dell’ampliamento della strada nazionale (vedere in questo senso, Ouzounoglou c. Grecia, no 32730/03, § 30, 24 novembre 2005, ed Athanasiou ed altri c. Grecia, no 2531/02, § 25, 9 febbraio 2006).
59. Alla vista di ciò che precede, la Corte considera che rifiutando ogni indennizzo ai richiedenti per il deprezzamento della parte non espropriata dei loro terreni in ragione della natura del lavoro, le giurisdizioni interne hanno rotto il giusto equilibrio che deve regnare tra le salvaguardie dei diritti individuali e le esigenze dell’interesse generale. A questo riguardo, la Corte prende nota del cambiamento improvviso della giurisprudenza in materia della Corte di cassazione in una causa similare (vedere sopra paragrafo 21).
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
60. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
61. I richiedenti richiedono a titolo del danno materiale una somma che corrisponde al 100% del valore delle parti non espropriate dei terreni in causa. Aggiungono che la Corte dovrebbe prendere come base per il calcolo di questa somma, gli importi unitari definitivi per metro squadrato per le indennità di espropriazione fissata per ogni terreno dalla sentenza no 1924/2002 della corte di appello di Tessalonico. Suddetti importi sono ripresi nelle loro osservazioni dinnanzi alla Corte.
62. Il Governo sostiene che non esiste legame di causalità tra le somme richieste a titolo del danno materiale e la violazione addotta. A titolo alternativo, il Governo stima che la somma assegnata a questo titolo non debba superare 20 000 EUR.
63. La Corte stima che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non è matura, cosicché decide di riservarla tenendo conto l’eventualità di un accordo tra lo stato convenuto e gli interessati (articolo 75 § 1 dell’ordinamento).
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello derivati dal diritto di accesso ad un tribunale e dal rifiuto delle giurisdizioni interne di assegnare ai richiedenti un’indennità speciale per le parti non espropriate dei terreni in causa ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare separatamente al merito il motivo di appello derivato dall’articolo 13 in quanto al diritto di accesso ad un tribunale;
4. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 della Convenzione;
5. Stabilisce che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non sia matura; perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed i richiedenti a sottoporle per iscritto, nei sei mesi, le loro osservazioni sulla questione e, in particolare, a darle cognizione di ogni accordo a cui potrebbero arrivare;
c) riserva l’ ulteriore procedimento e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all’occorrenza.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 16 aprile 2009 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Søren Nielsen Nina Vajić
Cancelliere Présidente