Conclusione Violazione dell’art. 6-1; violazione di P1-1; Danno morale – risarcimento pecuniario; Rimborso parziale oneri e spese – procedimento della Convenzione
SECONDA SEZIONE
CAUSA ANTONETTO C. ITALIA
( Richiesta n? 15918/89)
SENTENZA
STRASBURGO
20 luglio 2000
DEFINITIVO
20/10/2000
Questa sentenza diventer? definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 ? 2 della Convenzione.
Nel causa Antonetto c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG.. C.L. ROZAKIS, presidente,
A.B. BAKA, B. CONFORTI, G. BONELLO, la Sig.ra Sig. TSATSA-NIKOLOVSKA,
Sigg.. E. LEVITS, A. KOVLER, giudici,
e del Sig. E. FRIBERGH, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 29 giugno 2000,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (n? 15918/89) diretta contro l’Italia e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra I. A. (“il richiedente”), aveva investito la Commissione europea dei Diritti dell’uomo (“la Commissione”) il 31 agosto 1989 in virt? del vecchio articolo 25 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libert? fondamentali (“la Convenzione”). Il richiedente ? deceduto il 20 novembre 1993. L’ “Associazione Culturale Italiana” (A.C.I), ereditiera del richiedente, ha espresso il suo desiderio di inseguire il procedimento dinnanzi alla Corte.
2. Il richiedente ? rappresentato da F. S., avvocato al foro di Roma (Italia). Il governo italiano (“il Governo”) ? rappresentato dal suo agente, il Sig. Umberto Leanza e dal suo co-agente, il Sig. Vitaliano Esposito.
3. Il richiedente adduceva la violazione dell’articolo 6 della Convenzione a causa dell’impossibilit? di ottenere l’esecuzione di una sentenza del Consiglio di stato. Adduceva anche che l’immobile di cui non ha potuto ottenere la demolizione l’ha privato della luce e della vista di cui godeva prima e ha ridotto dunque il valore della sua propriet?.
4. La richiesta ? stata trasmessa alla Corte il 1 novembre 1998, data di entrata in vigore del Protocollo n? 11 alla Convenzione (articolo 5 ? 2 del Protocollo n? 11).
5. La richiesta ? stata assegnata alla seconda sezione della Corte (articolo 52 ? 1 dell’ordinamento). In seno a questa, la camera incaricata di esaminare la causa (articolo 27 ? 1 della Convenzione) ? stata costituita conformemente all’articolo 26 ? 1 dell’ordinamento.
6. Con una decisione del 16 dicembre 1999, la Corte ha dichiarato la richiesta ammissibile.
Tanto il richiedente che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte sul merito della causa (articolo 59 ? 1 dell’ordinamento).
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
A. I FATTI ANTERIORI AL 1? AGOSTO 1973
7. Il richiedente era proprietario di una casa ubicata a Torino. Nel 1964, la citt? di Torino autorizz? la costruzione di un immobile di abitazione di parecchi piani su un terreno vicino alla propriet? del richiedente (permesso di costruire n? 541 del 5 marzo 1964 e variazione n? 226 del 9 settembre 1964). La costruzione di questo immobile fu finita nel 1967.
8. Stimando che il permesso di costruire che era stato accordato era illegale, il richiedente l’attacc? dinnanzi al Consiglio di stato con ricorso del 4 settembre 1966. Con una sentenza del 17 ottobre 1967, depositata il 12 dicembre 1967, il Consiglio di stato annull? alla cancelleria il permesso di costruire basandosi su tre motivi: la distanza legale di 6 metri tra le vie pubbliche e l’immobile non era rispettata, l’immobile superava la quota massima prevista dal piano di occupazione dei suoli della citt?, la costruzione era di 15,70 metri al posto di 15 metri, l’immobile superava il volume di costruzione massima autorizzata nella zona considerata.
9. La sentenza del Consiglio di stato fu notificata alle parti convenute, cio? i titolari del permesso di costruire e la citt? di Torino, e pass? in forza di cosa giudicata. Il richiedente ne chiese allora l’esecuzione, cio? la distruzione delle parti dell’immobile costruito contrariamente alla legge, il che implicava, nel caso in cui non fosse statoe possibile distruggere solamente una parte dell’immobile riguardato, la distruzione dell’immobile tutto intero. La municipalit? di Torino non ubbid?.
10. Di conseguenza, il 13 maggio 1969 il richiedente lo cit? dinnanzi al Consiglio di stato in esecuzione della sentenza del 12 dicembre 1967 (giudizio di ottemperanz)a. Con una sentenza del 17 febbraio 1970, il Consiglio di stato dichiar? che la municipalit? era tenuta ad eseguire il giudizio, sebbene il sindaco fosse libero di scegliere il mezzo (demolizione parziale o totale) per conformarsi; il Consiglio di stato ordin? inoltre, per il caso di inadempimento della sentenza entro 90 giorni, la nomina di un commissario ad acta.
11. Il comune di Torino non ubbid?, in ragione di una pretesa riduzione della quota dell’immobile in questione e di una nuova deliberazione, adottata dal Consiglio comunale il 20 aprile 1970, ed escludendo la necessit?, nello specifico, di rispettare la distanza legale di 6 metri tra le vie pubbliche e gli immobili.
12. Il 7 ottobre 1970, il richiedente investe di nuovo il Consiglio di stato, chiedendo che il comune di Torino fosse obbligato ad eseguire la sentenza del 12 dicembre 1967. Con una sentenza parziale del 4 luglio 1972, il Consiglio di stato annull? la deliberazione del Consiglio comunale del 20 aprile 1970, e dichiar? che il solo mezzo di rimettere l’immobile in conformit? col diritto dell’urbanistica era la demolizione delle parti eccedentarie e, nel caso in cui ci? avesse compromesso la stabilit? dell’edificio, dell’immobile tutto intero; stim? tuttavia necessario l’acquisizione di documenti ulteriori, ed ordin? alla municipalit? di fornirli entro 40 giorni. Con una sentenza del 20 marzo 1973, il Consiglio di stato ordin? infine al Comune di Torino la demolizione dell’immobile.
B. I FATTI POSTERIORI AL 1? AGOSTO 1973
13. Non avendo obbedito la citt? di Torino, il richiedente lo cit? allora di nuovo il 14 dicembre 1973 dinnanzi al Consiglio di stato; questo ultimo, con una sentenza del 11 aprile 1975, ordin? la demolizione dell’immobile entro 60 giorni ed a difetto la nomina di un commissario ad acta.
14. Il 14 agosto 1975, la citt? di Torino mise stato i comproprietari dell’immobile controverso che avevano acquisito i loro appartamenti dopo la data alla quale il Consiglio di stato aveva reso la sua sentenza, di procedere alla demolizione delle parti dell’immobile che non erano conformi alle regole di urbanistica. In data del 30 aprile 1976, la citt? di Torino rese un’ordinanza di demolizione dell’immobile. Questa ordinanza fu oggetto di un ricorso dei proprietari dell’immobile dinnanzi al tribunale amministrativo regionale (TAR), poi dinnanzi al Consiglio di stato che lo respinse rispettivamente con un giudizio del 11 aprile 1978 e con una sentenza del 24 ottobre 1980.
15. La municipalit? di Torino incaric? allora i suoi organi tecnici di compiere i lavori necessari; il 29 dicembre 1981, annunci? un’aggiudicazione per i lavori di demolizione parziale dell’immobile. Non avendo partecipato alcuna impresa all’aggiudicazione, con un atto del 12 marzo 1984, il sindaco inflisse ai titolari del permesso di costruire una semplice multa.
16. Nel maggio 1984, il richiedente si rivolse allora una nuova volta al Consiglio di stato che, con la sentenza n? 6 del 11 gennaio 1985, conferm? che la citt? di Torino era tenuta a conformarsi alla sentenza del 12 dicembre 1967, e che questo obbligo consisteva in ristabilire ? per mezzo della demolizione dell’immobile – l’ordine giuridico violato dalla costruzione controversa. Sottoline? a questo riguardo che l’imposizione di una multa da parte della citt? di Torino non poteva valere come esecuzione.
17. N? la municipalit?, n? il commissario ad acta, chiamato alla scadenza del termine assegnato alla municipalit?, ubbidirono.
18. Il 28 luglio 1985, il richiedente si rivolse allora, una nuova volta, al Consiglio di stato che con sentenza n? 233 del 24 aprile 1986 conferm? che la citt? era tenuta di fare eseguire la demolizione dell’immobile. Sottoline? a questo riguardo che le disposizioni dell’articolo 43 della legge n? 47 del 1985 – che permettevano di regolarizzare anche le costruzioni abusive in presenza di sanzioni amministrative non eseguite – non potevano trovare applicazione nello specifico, non costituendo l’esecuzione della sentenza una sanzione amministrativa al senso della legge precitata.
19. Il rifiuto di procedere a questa regolarizzazione fu oggetto di un ricorso dinnanzi al TAR da parte dei proprietari dell’immobile riguardato. Con un giudizio del 9 aprile 1987, il TAR respinse suddetto ricorso.
20. In seguito, alla domanda di esecuzione formulata dal richiedente, la citt? ed il commissario ad acta chiamato nel frattempo fecero valere l’articolo 12 bis della legge n? 68 del 13 marzo 1988 che estendeva la possibilit? di regolarizzazione degli abusi in materia di costruzione nel caso in cui l’irregolarit? era constatata da una decisione giudiziale.
21. Il richiedente investe di nuovo il Consiglio di stato. Con una sentenza del 1 marzo 1989, il Consiglio di stato respinse il ricorso del richiedente, stimando che la situazione controversa era coperta oramai dall’articolo 12 bis della legge del 13 marzo 1988 n?68.
22. In applicazione della legge del 13 marzo 1988, il 26 maggio 1988 la municipalit? di Torino accord? ai proprietari dell’immobile un permesso di costruire che permetteva di regolarizzarne la situazione. Nell’ottobre 1988, il richiedente introdusse un’istanza dinnanzi al TAR, che mirava l’annullamento di suddetto permesso di costruire. Questa istanza fu respinta dal TAR in un giudizio del 16 aprile 1993 ed un appello contro questo giudizio ? sempre pendente dinnanzi al Consiglio di stato.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE
23. Invocando il diritto ad una protezione giudiziale effettiva, il richiedente si lamenta dell’impossibilit? di ottenere l’esecuzione della sentenza del Consiglio di stato, da prima in ragione del rifiuto della municipalit? di conformarsi alla sentenza, poi in modo definitivo a seguito all’adozione della legge del 1988 che permette la regolarizzazione degli abusi in materia di costruzione. Invoca l’articolo 6 della Convenzione che si legge cos? nella sua parte pertinente:
“Ogni persona ha diritto a ci? che la sua causa sia sentita da un tribunale che decider? delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
24. Il Governo afferma che in dritto italiano il diritto all’esecuzione di una sentenza avendo acquisito forza di cosa giudicata pu? essere ristretto dagli interessi pubblici che vi si oppongono. La municipalit? di Torino, accordando ai proprietari dell’immobile un permesso di costruire e permettendo di regolarizzarne la situazione, ha tenuto conto degli interessi pubblici come protetti dalla la legge del 1988. Cos? il TAR, respingendo la domanda del richiedente, nel suo giudizio del 16 aprile 1993, ha tenuto conto degli interessi pubblici che prevalgono sul diritto del richiedente all’esecuzione della sentenza del Consiglio di stato.
25. Il richiedente sostiene al contrario che l’amministrazione pubblica ha l’obbligo di conformarsi alle decisioni giudiziali che hanno acquisito forza della cosa giudicata. Per di pi?, il richiedente sottolinea che il suo diritto all’esecuzione della sentenza del Consiglio di stato non ? stato sacrificato a nome di un interesse pubblico, ma per proteggere gli interessi dei privati che occupano illegalmente l’immobile costruito.
26. Il richiedente adduce che la legge del 13 marzo 1988 che ha preteso di decidere i problemi legati all’inerzia degli organi amministrativi dinnanzi alle decisioni delle autorit? giudiziali, ha violato i suoi diritti e reso tutti i suoi passi inefficaci.
27. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza, il diritto ad un tribunale sarebbe illusorio se l’ordine giuridico interno di un Stato contraente permettesse che una decisione giudiziale definitiva ed obbligatoria restasse inoperante a scapito di una parte. L’esecuzione di un giudizio o sentenza, di qualsiasi giurisdizione che questo sia, deve essere considerata come facente parte integrante del “processo” al senso dell’articolo 6 (vedere dunque le sentenze Immobiliare Saffi c). Italia [GC], n? 22774/93, ? 63 in fine, CEDH 1999-V, e Hornsby c. Grecia del 19 marzo 1997, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-II, pp. 510-511, ? 40).
28. Queste affermazioni rivestono ancora pi? di importanza nel contesto del contenzioso amministrativo, in occasione di una disputa la cui la conclusione ? determinante per i diritti civili del giudicabile. Introducendo un ricorso di annullamento dinnanzi alla pi? alta giurisdizione amministrativa dello stato, questo mira ad ottenere non solo la scomparsa dell’atto controverso, ma anche e soprattutto la levata dei suoi effetti. Ora, la protezione effettiva del giudicabile ed il ristabilimento della legalit? implica l’obbligo per l’amministrazione di piegarsi ad un giudizio o sentenza decisi da una simile giurisdizione. La Corte ricorda a questo riguardo che l’amministrazione costituisce un elemento dello stato di diritto e che il suo interesse dunque si identifica con quello di una buona amministrazione della giustizia. Se l’amministrazione rifiuta od omette di ubbidire, o tarda ancora a farlo, le garanzie dell’articolo 6 di cui ha beneficiato il giudicabile durante la fase giudiziale del procedimento perderebbero ogni ragione di essere (cf). sentenza Hornsby precitato, ? 41).
29. Nello specifico, per pi? di quattordici anni a contare della data di riconoscenza da parte dell’Italia della competenza della Corte per i ricorsi individuali (1 agosto 1973) – a questa data il comportamento messo in causa durava gi? da 6 anni ( cf., mutatis mutandis, la sentenza Foti ed altri c. Italia del 10 dicembre 1982, Serie A n? 56, p. 18, ? 53, – ed in dispetto di cinque sentenze in esecuzione, la citt? di Torino ha negato di conformarsi alla sentenza del Consiglio di stato del 17 ottobre 1967 ordinando la demolizione totale o parziale dell’immobile controverso. Astenendosi durante questo lungo periodo da prendere le misure necessarie per conformarsi ad una decisione giudiziale definitiva ed esecutiva, le autorit? nazionali hanno, nell’occorrenza, privato le disposizioni dell’articolo 6 ? 1 della Convenzione di ogni effetto utile.
30. ? vero, come sottolinea il Governo, che l’entrata in vigore della legge n? 68 del 13 marzo 1988 ha esteso la possibilit? di regolarizzazione degli abusi in materia di costruzione nel caso in cui l’irregolarit? era constatata da una decisione giudiziale, privando cos? d? effetto le decisioni giudiziali definitive che come nel caso specifico, non erano state eseguite. La Corte non stima per? necessario propendersi sulla ulteriore questione di sapere se a partire dal 13 marzo 1988 il comportamento dell’amministrazione era giustificabile, perch? se la municipalit? di Torino si fosse conformata, come avrebbe dovuto, alla sentenza del Consiglio di stato del 1967, la legge in questione non avrebbe avuto nessuno impatto sulla situazione del richiedente.
C’? stata dunque violazione dell’articolo 6 ? 1 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N? 1
31. Il richiedente adduce che l’immobile di cui non pu? ottenere la demolizione l’ha privata della luce e della vista di cui godeva prima e ha ridotto dunque il valore della sua propriet?. Contesta la scelta di privilegiare i proprietari dell’immobile irregolare. Invoca l’articolo 1 del Protocollo n? 1 che si legge cos?:
“Ogni persona fisica o morale ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno pu? essere privato della sua propriet? che a causa di utilit? pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
32. Il Governo sostiene che la costruzione dell’immobile dei vicini del richiedente non violava nessuno diritto di questo, tanto pi? che sullo stesso luogo esisteva prima di quello un vecchio immobile appena pi? piccolo che l’ha sostituito. Per questo fatto, il richiedente non ha subito nessuno danno materiale.
A. REGOLA APPLICABILE
33. Secondo la giurisprudenza della Corte, l’articolo 1 del Protocollo n? 1 che garantisce in sostanza il diritto di propriet?, contiene tre norme distinte (sentenza James ed altri c. Regno Unito del 21 febbraio 1986, serie A n? 98, pp. 29-30, ? 37): la prima che si esprime nella prima frase del primo capoverso e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della propriet?; la seconda, che figura nella seconda frase dello stesso capoverso, mira alla privazione di propriet? e la sottopone a certe condizioni; in quanto alla terza, registrata nel secondo capoverso, riconosce agli Stati contraenti il potere, tra altri, di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale. La seconda e la terza che hanno munto agli esempi privati di attentati al diritto di propriet?, devono interpretarsi alla luce del principio consacrato dalla prima.
34. Nello specifico, la Corte osserva che il rifiuto delle autorit? amministrative di conformarsi alla sentenza del Consiglio di stato ha avuto come conseguenza il mantenimento nello stato dell’immobile costruito irregolarmente, mentre questo immobile privava parzialmente di vista e di luce la casa del richiedente riducendone cos? il valore. In queste circostanze, le autorit? italiane sono responsabili dell’ingerenza nel diritto di propriet? del richiedente; l’ingerenza in questione non costituisce n? un’espropriazione n? una regolamentazione dell’uso dei beni, ma dipende dalla prima frase del primo capoverso dell’articolo 1.
B. L’OSSERVAZIONE DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N? 1
35. La Corte ricorda che l’articolo 1 del Protocollo n? 1 esige, innanzitutto e soprattutto, che un’ingerenza dell’autorit? pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale: la seconda frase del primo capoverso di questo articolo non autorizza una privazione di propriet? che “nelle condizioni previste dalla legge”; il secondo capoverso riconosce agli Stati il diritto di regolamentare l’uso dei beni mettendo in vigore delle “leggi.” In pi?, la preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una societ? democratica, ? inerente all’insieme degli articoli della Convenzione (sentenze Belvedere Alberghiera c. Italia, 31524/96, 30.05.2000, ? 63, Amuur c,. Francia del 25 giugno 1996, Raccolta 1996-III, pp. 850-851, ? 50) ed implica il dovere dello stato o di un’autorit? pubblica di piegarsi ad un giudizio o una sentenza resa a loro carico (vedere, mutatis mutandis, la sentenza Hornsby precitata, p. 511, ? 41). Segue che la necessit? di ricercare se un giusto equilibrio ? stato mantenuto tra le esigenze dell’interesse generale della comunit? e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (sentenza Sporrong e L?nnroth c. Svezia del 23 settembre 1982, serie A n? 52, p. 26, ? 69) non possono farsi sentire che quando si ? rivelato che l’ingerenza controversa ha rispettato il principio della legalit? e non era arbitraria (cf. sentenza Iatridis c. Grecia [GC], n? 31107/96, ? 58, CEDH 1999-II).
36. Il Governo sostiene che l’inadempienza della sentenza del Consiglio di stato ? stata resa legale dallaa legge n? 68 del 13 marzo 1988 che estendeva la possibilit? di regolarizzazione degli abusi in materia di costruzione nel caso in cui l’irregolarit? fosse constatata da una decisione giudiziale.
37. Il richiedente contesta la posizione del Governo.
38. La Corte constata che fino all’entrata in vigore della legge n? 68 del 13 marzo 1988 gli abusi in materia di costruzione constatati da una decisione giudiziale che aveva acquisito la forza di cosa giudicata non potevano essere regolarizzati. Di conseguenza, le autorit? amministrative dovevano conformarsi alle decisioni giudiziali e dovevano ordinare, l? dove era necessario come nel caso specifico, la demolizione parziale o totale degli immobili costruiti irregolarmente. Il rifiuto di dare esecuzione alle decisioni giudiziali non aveva dunque nessuna base legale. Una tale conclusione la dispensa di ricercare se un giusto equilibrio ? stato mantenuto tra le esigenze dell’interesse generale della comunit? e gli imperativi della salvaguardia dei diritti individuali.
39. Questa conclusione non ? inficiata dalla considerazione che a partire dall’entrata in vigore della legge n? 68 del 13 marzo 1988, l’ingerenza ha acquisito una base legale in diritto interno.
Quindi, c’? stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n? 1.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
40. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’? stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’? luogo, una soddisfazione equa. “
A. DANNO MATERIALE
41. Il richiedente richiede il risarcimento del danno materiale subito e la cifra, appellandosi a un rapporto di stima stabilito da un architetto, di 100 000 000 lire italiane (ITL) che corrisponde alla diminuzione del valore commerciale della sua propriet?,).
42. Il governo reclama che manca ogni legame di causalit? tra i danni richiesti e le violazioni addotte.
43. La Corte osserva che nello specifico l’ingerenza in causa ha munto alla diminuzione di valore della casa del richiedente (vedere sopra paragrafo 34). La Corte, avuto riguardo della constatazione che figura al paragrafo 38, stima quindi che c’? luogo di accordare al richiedente una somma a titolo di danno materiale. Non avendo il Governo contestato l’importo dei danni addotti dal richiedente, la Corte accorda a questo l’importo rivendicato per intero.
B. DANNO MORALE
44. Il richiedente chiede anche il risarcimento del danno morale rimettendosi alla saggezza della Corte.
45. Il Governo considera che la constatazione di violazione costituirebbe in s?, all’occorrenza, una soddisfazione equa sufficiente.
46. La Corte, tenendo in particolare conto del profondo sentimento di ingiustizia dovuta al fatto che l’amministrazione italiana non si ? conformata alle sentenze del Consiglio di stato (vedere sentenza Hornsby c). Grecia, art. 50, del 1 aprile 1998 Raccolta 1998, ? 18) stima equo concedere al richiedente 15 000 000 ITL.
C. ONERI E SPESE
47. Il richiedente chiede il rimborso degli oneri e parcella esposta dinnanzi alle giurisdizioni interne a ragione di 6 000 000 ITL per ogni istanza per un totale di dieci istanze (60 000 000 ITL). Il richiedente non ha fornito giustificativi a sostegno di questa domanda. Chiede anche il rimborso degli oneri e parcella esposti dinnanzi alla Commissione e la Corte a ragione di 24 352 000 ITL.
48. Il Governo si rimette alla saggezza della Corte.
49. Tenuto conto del il fatto che il richiedente non ha fornito giustificativo a sostegno della sua domanda relativa agli oneri e spese esposti dinnanzi alle giurisdizioni nazionali, la Corte allontana questa domanda (E.P). c. Italia, 31227/96, 16.11.1999, ? 80.) Per gli oneri e parcella esposti dinnanzi alle istanze di Strasburgo, la Corte giudica ragionevole di concedere al richiedente l’importo richiesto per intero.
C. INTERESSI MORATORI
50. Secondo le informazione di cui dispone la Corte, il tasso di interesse legale applicabile in Italia alla data di adozione della presente sentenza era del 2,5% l’anno.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Stabilisce ( all’unanimit?) che c’? stata violazione dell’articolo 6 della Convenzione;
2. Stabilisce (all’unanimit?) che c’? stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n? 1;
3. Stabilisce,( all’unanimit?)
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sar? diventata definitiva conformemente all’articolo 44 ? 2 della Convenzione, le seguenti somme:
-100 000 000 ITL per danno materiale,
-15 000 000 ITL per danno morale,
-24 352 000 ITL per oneri e spese,
b) che questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice del 2,5% l’anno a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento;
Fatto in francese poi comunicato per iscritto il 20 luglio 2000 in applicazione dell’articolo 77 ?? 2 e 3 dell’ordinamento della Corte.
Erik Fribergh Christos Rozakis
Cancelliere Pr?sident
SENTENZA ANTONETTO C. ITALIA
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