TERZA SEZIONE
CAUSA ANIŞOARA E MIHAI OLTEANU C. ROMANIA
( Richiesta no 37425/03)
SENTENZA
STRASBURGO
13 ottobre 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Anişoara e Mihai Olteanu c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 22 settembre 2009,
Rende la sentenza che ha adottata in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 37425/03) diretta contro la Romania e in cui due cittadini di questo Stato, la Sig.ra A. O. ed il Sig. M. O. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 7 ottobre 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, M Răzvan-Horaţiu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. I richiedenti adducevano in particolare che l’annullamento di una decisione interna definitiva da parte dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, in seguito ad un ricorso per annullamento formato dal procuratore generale è contrario all’articolo 6 della Convenzione. Inoltre, i richiedenti si lamentavano del fatto che la sentenza del 5 febbraio 2004 dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia aveva avuto per effetto di recare offesa al loro diritto al rispetto dei loro beni, come riconosciuto dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
4. Il 2 giugno 2008, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti che sono marito e moglie, sono nati rispettivamente inel 1962 e 1956 e risiedono a Bucarest.
6. Il 23 dicembre 1996, acquistarono dallo stato, in virtù della legge no 112/1995, l’appartamento ubicato in via Precupeţii Vechi a Bucarest, in cui abitavano in quanto inquilini. Questo appartamento faceva parte di un immobile di cui lo stato aveva preso possesso nel 1950, per effetto delle misure di statalizzazione operate dal regime comunista.
7. Con giudizio definitivo del 14 gennaio 2000, reso dal tribunale di prima istanza di Bucarest, E.S, l’erede dei proprietari dell’appartamento prima della sua statalizzazione, ebbe guadagno di causa nella sua azione di rivendicazione diretta contro la municipalità. I richiedenti non erano parti a questo procedimento.
A. La prima azione di annullamento del contratto di vendita ed il ricorso per annullamento
8. Con un giudizio del 18 giugno 2001, il tribunale dipartimentale di Bucarest respinse E.S. delle sue pretese e confermò la validità del contratto di vendita ai richiedenti ed il loro diritto di proprietà sull’appartamento.
9. Il ricorso di E.S. viene respinto dalla corte di appello di Bucarest il 23 gennaio 2002.
10. In una data non precisata, il procuratore generale della Romania formò un ricorso per annullamento dinnanzi all’Alta Corte di cassazione e di giustizia.
11. Con una sentenza del 5 febbraio 2004, l’Alta Corte di cassazione e di giustizia accolse il ricorso per annullamento, annullò la decisione del 18 giugno 2001 e rinviò la causa dinnanzi al tribunale dipartimentale di Bucarest per un nuovo giudizio della fondatezza della causa al motivo, tra la’ltro, che i giudici non avevano esaminato tutti i fatti, in particolare delle prove relative alla buona fede dei richiedenti.
B. Gli sviluppi a favore dei richiedenti posteriori al 5 febbraio 2004
12. Con una decisione dell’ 11 marzo 2005, il tribunale dipartimentale di Bucarest dinnanzi a cui la causa era stata rinviata in seguito al ricorso per annullamento, respinse le pretese di E.S. contro i richiedenti, in ragione di un vizio di procedimento della sua citazione in giustizia.
13. Con una sentenza resa il 31 ottobre 2005, la corte di appello di Bucarest confermò la decisione del tribunale dipartimentale.
14. Il 26 giugno 2007, E.S. citò di nuovo in giudizio i richiedenti e la municipalità di Bucarest, chiedendo l’annullamento del contratto di vendita concluso il 23 dicembre 1996. Con una decisione definitiva dell’ 11 novembre 2008, la corte di appello di Bucarest respinse E.S. delle sue pretese, constatando che l’azione era prescritta.
15. I richiedenti restarono in possesso dell’appartamento durante la durata di questi procedimenti.
C. Altri procedimenti
16. Due altre controversie civili che opponevano i richiedenti ad E.S. aventi come oggetto una servitù di passaggio ed un procedimento di esecuzione forzata relativa ad una parte del terreno della corte comune degli immobili abitati dai richiedenti e da E.S. vengono decise definitivamente da sentenze della corte di appello di Bucarest del 7 ottobre 1997 e del 16 ottobre 2000.
17. Una querela penale dei richiedenti contro E.S. per falso e contro il giudice che aveva reso la decisione del 14 gennaio 2000 fu respinta tramite un non luogo a procedere del 15 febbraio 2002, confermato il 20 settembre 2004.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNA PERTINENTI
18. Le disposizioni legali e la giurisprudenza interna pertinenti sono descritte nella sentenza Brumărescu c. Romania ([GC], no 28342/95, §§ 31-44, CEDH 1999-VII, e SC Maşinexportimport Industrial Group SA c. Romania (no 22687/03, 1 dicembre 2005, § 22,).
19. Con un ordinamento di emergenza (ordonanţa de urgenţă) del Governo, no 58 del 25 giugno 2003, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale no 460 del 28 giugno 2003, gli articoli 330-3304 del Codice di procedura civile che regola il ricorso per annullamento sono stati abrogati. In virtù delle disposizioni transitorie, le decisioni di giustizia rese fino alla data dell’entrata in vigore dell’ordinamento erano sottoposte alle vie di ricorso esistenti in data in cui le decisioni erano state rese.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
20. I richiedenti si lamentano del fatto che l’annullamento della sentenza definitiva della corte di appello di Bucarest del 23 gennaio 2002 con la sentenza del 5 febbraio 2004 dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia ha portato attentato al principio della sicurezza dei rapporti giuridici, garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione che dispone:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Sull’ammissibilità
21. Secondo il Governo, i nuovi fatti intervenuti dopo che il ricorso per annullamento è stato accolto il 5 febbraio 2004, ossia alla fine della conclusione del procedimento favorevole ai richiedenti provocano, per loro la perdita della qualità di vittime, ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
22. I richiedenti invitano la Corte a proseguire l’esame della causa.
23. La Corte ricorda che una decisione o una misura favorevole al richiedente basta in principio a togliergli la qualità di vittima solo se le autorità nazionali hanno riconosciuto, esplicitamente o in sostanza, poi riparato la violazione della Convenzione (vedere, tra altre, Dalban c. Romania [GC], no 28114/95, § 44, CEDH 1999-VI.
24. A questo riguardo, la Corte rileva che è solamente due anni dopo l’annullamento della prima sentenza definitiva favorevole ai richiedenti che questi ottennero, di nuovo, guadagno di causa. Sebbene la decisione che risulta da questo nuovo procedimento possa passare per una misura favorevole ai richiedenti, non riconosce che ci sarebbe stato, nell’occorrenza, un’incomprensione del principio della sicurezza dei rapporti giuridici risultante dall’annullamento della decisione definitiva della corte di appello di Bucarest del 23 gennaio 2002, e non offre neanche agli interessati un eventuale risarcimento del danno subito alla conclusione dell’annullamento della decisione definitiva precitata (vedere Mureşan c. Romania, no 8015/05, § 20, 26 maggio 2009 e mutatis mutandis Vladut c. Romania, no 6350/02, § 30, 30 novembre 2006).
25. In queste circostanze, la Corte stima che i richiedenti possono definirsi vittime di una violazione della Convenzione ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
26. Pertanto, c’è luogo di respingere l’eccezione del Governo.
27. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Constata peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
28. Il Governo ammette che il fatto di rimettere in causa, tramite un ricorso straordinario a disposizione del procuratore generale, una decisione di giustizia definitiva costituisce un’incomprensione del principio della sicurezza dei rapporti giuridici, ma fa osservare che questa via di ricorso è stata abrogata ed è stato stimato che comunque un controllo supplementare era giustificato per garantire il rispetto della legalità e non costituiva una misura sproporzionata allo scopo perseguito.
29. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevavano delle questioni simili a questa in cui ha concluso alla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione in ragione della rimessa in causa, in seguito ad un ricorso per annullamento formato dal procuratore generale, della soluzione data in modo definitivo ad una controversia (vedere, tra altre, Brumărescu, precitata, §§ 61-65, SC Maşinexportimport Industrial Group SA, precitata, § 32, e SC Editura Orizonturi S.r.l. c. Romania, no 15872/03, §§ 59-63, 13 maggio 2008).
30. Avendo esaminato la presente causa, la Corte considera che il Governo non ha fornito nessuno argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente (vedere anche Mureşan precitata, § 19,).
Quindi, la Corte stima che applicando il tipo di disposizioni dell’articolo 330 del Codice di procedimento civile che regola il ricorso per annullamento, l’Alta Corte di cassazione e di giustizia ha ignorato dalla sua decisione del 5 febbraio 2004 il principio di sicurezza dei rapporti giuridici e con ciò il diritto dei richiedenti ad un processo equo ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
31. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 su questo punto.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
32. I richiedenti si lamentano del fatto che la sentenza del 5 febbraio 2004 della Corte suprema di giustizia ha avuto per effetto di recare offesa al loro diritto al rispetto dei loro beni, come riconosciuto all’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
33. Il Governo contesta che ci sia stata un’ingerenza nel diritto dei richiedenti al rispetto dei loro beni. Fa valere che l’adozione, il 31 ottobre 2005, di una nuova decisione definitiva favorevole ai richiedenti, ha fatto loro perdere la qualità di vittime concernente il motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 precitato.
I richiedenti contestano questa tesi facendo valere che non hanno ricevuto nessuno risarcimento alla conclusione dell’annullamento della prima decisione definitiva che era loro favorevole.
34. Avuto riguardo al legame esistente tra questi motivi di appello e quello derivato dall’articolo 6 § 1 della Convenzione suddetta, alle circostanze dello specifico così come alle constatazioni relative alla violazione del diritto dei richiedenti alla sicurezza dei rapporti giuridici (paragrafi 29-31 sopra) la Corte stima che conviene di dichiarare il presente motivo di appello ammissibile ma che non c’è luogo di esaminare separatamente se c’è stato, nello specifico, violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere, Mureşan precitata, § 25 e mutatis mutandis, Stancu c. Romania, no 30390/02, § 48, 29 aprile 2008). I fatti nuovi a cui fa riferimento il Governo saranno tuttavia debitamente presi in conto sul terreno dell’articolo 41 della Convenzione, per determinare la superficie della soddisfazione equa da concedere, se c’è luogo, ai richiedenti.
III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE DELLA CONVENZIONE
35. I richiedenti si lamentano della conclusione del procedimento deciso dalla sentenza del 31 ottobre 2005 della corte di appello di Bucarest, nella misura in cui la corte di appello ha negato di concedere loro il rimborso degli oneri e spese.
36. Si lamentano anche della conclusione del procedimento terminato con la decisione definitiva del tribunale di prima istanza di Bucarest del 14 gennaio 2000 e di quella di due altre controversie civili che li opponeva ad E.S, decise definitivamente dalle sentenze della corte di appello di Bucarest del 7 ottobre 1997 e del 16 ottobre 2000.
37. Inoltre, si lamentano del rigetto della loro querela penale contro E.S. e contro il giudice che aveva reso la decisione del 14 gennaio 2000, col non luogo a procedere del 15 febbraio 2002, confermato il 20 settembre 2004.
38. Tenuto conto dell’insieme degli elementi in suo possesso, e nella misura in cui è competente per conoscere delle affermazioni formulate, la Corte non ha rilevato nessuna apparenza di violazione dei diritti e delle libertà garantite dalla Convenzione o dai suoi Protocolli.
39. Ne segue che questa parte della richiesta è manifestamente mal fondata e deve essere respinta in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
40. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
41. I richiedenti non chiedono alcun risarcimento del danno materiale corrispondente al motivo di appello per cui una violazione è stata constatata, ma adducono tuttavia di avere subito un danno morale e chiedono un risarcimento senza valutarlo. Si rimettono per ciò alla saggezza della Corte chiedendole di fissarne l’importo deliberando in equità. Mandano alla Corte copia dei giustificativi di pagamento per l’acquisto di medicinali necessari, secondo loro, alle diverse malattie che hanno contratto a causa dello sconforto generato dal procedimento controverso.
42. Il Governo si oppone alla concessione di un risarcimento a questo titolo e considera che un’eventuale sentenza della Corte che constata una violazione della Convenzione potrebbe costituire, di per sé, un risarcimento soddisfacente del danno morale subito dai richiedenti, tenendo conto delle particolarità della causa.
43. La Corte rileva che dopo la data in cui i richiedenti hanno introdotto la loro richiesta, hanno ottenuto guadagno di causa a livello nazionale con una decisione interna definitiva che respingeva le pretese di un terzo in quanto all’annullamento del contratto di vendita in virtù del quale erano diventati proprietari dell’appartamento controverso.
44. Trattandosi della richiesta a titolo del danno morale, la Corte non potrebbe ignorare i passi che i richiedenti hanno dovuto intraprendere per difendere in giustizia la loro proprietà molto dopo l’annullamento della prima decisione definitiva che era loro favorevole, né i sentimenti di sconforto che hanno dovuto provare a causa dell’incomprensione del principio di sicurezza dei rapporti giuridici e, con ciò, del loro diritto ad un processo equo. Deliberando in equità, come vuole l’articolo 41, assegna loro congiuntamente 1 500 EUR a questo titolo. Questo importo è da convertire in moneta nazionale dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento.
B. Oneri e spese
45. I richiedenti sollecitano il rimborso degli oneri e delle spese sostenuti in occasione di diversi procedimenti interni, senza valutarli, ma mandando dei giustificativi per un importo di 33 300 000 vecchi lei rumeni (ROL), corrispondenti ai contratti di assistenza giuridica e dei giustificativi per un importo di 1 524 lei rumeni (Ron), corrispondenti al pagamento delle tasse giudiziali. Mandano anche un giustificativo di 50 Ron per oneri diverso (fotocopie).
46. Il Governo non si oppone al rimborso degli oneri incorsi, su presentazione dei documenti giustificativi, ma fa osservare che parecchi contratti di assistenza giuridica sottoposta dai richiedenti non menzionano chiaramente l’oggetto del contratto, ossia la controversia per cui l’avvocato ha compiuto un lavoro, e che altri contratti menzionano un oggetto senza rapporto con la presente richiesta. In più, il Governo fa valere che la maggior parte dei contratti non è corredata dai giustificativa di pagamento, per provare che la parcella è stata pagata effettivamente. Trattandosi dei giustificativi di pagamento dei diritti di bollo, il Governo fa osservare che datano gli anni 2007 e 2008, mentre il procedimento controverso si è concluso nel 2005.
47. La Corte stima che i soli oneri e spese richiesti per cui sono stati prodotti dei documenti giustificativi e che hanno un rapporto col procedimento controverso, sono di un importo di 15 000 000 ROL per il lavoro dell’avvocato dinnanzi ai tribunali interni e di 50 Ron per le fotocopie. In queste condizioni, giudica appropriato assegnare ai richiedenti 400 EUR a questo titolo. Questo importo è da convertire in moneta nazionale dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento.
C. Interessi moratori
48. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile per ciò che riguarda i motivi di appello derivati dall’annullamento di una decisione di giustizia definitiva con la sentenza dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia del 5 febbraio 2004 e dell’attentato portato ai beni dei richiedenti ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare separatamente il motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
4. Stabilisce che lo stato convenuto deve versare congiuntamente ai richiedenti, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 1 500 EUR (mille cinque cento euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale, da convertire in moneta nazionale dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
ii. 400 EUR (quattro cento euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dai richiedenti, per oneri e spese, da convertire in moneta nazionale dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento,;
5. Stabilisce che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 13 ottobre 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente