TERZA SEZIONE
CAUSA ANEA E NITESCU C. ROMANIA
( Richiesta no 45924/06)
SENTENZA
STRASBURGO
13 ottobre 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Anea e Nitescu c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Alvina Gyulumyan, Luccichi López Guerra, Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 22 settembre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 45924/06) diretta contro la Romania e in cui due cittadini di questo Stato, il Sig. I. A. e la Sig.ra C. N. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 27 ottobre 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Horaţiu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. I richiedenti adducevano in particolare un attentato al loro diritto al rispetto dei loro beni in ragione della vendita di un immobile e del rifiuto delle giurisdizioni nazionali di annullare le vendite riguardanti questo immobile.
4. L’ 11 ottobre 2007, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che sarebbero stato esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1936 e 1929 e risiedono a Bucarest.
6. V.S. era proprietario di un immobile e di un terreno afferente ubicati a Bucarest, al no 27 di via Arhitect Ioan Mincu. In seguito al suo decesso il 12 ottobre 1962, suo figlio adottivo, il richiedente, ed sua sorella M.M, sono stati riconosciuti come i suoi soli eredi in parti di quota uguali. M.M. decedette il 25 dicembre 1981, venendo riconosciuto il richiedente in quanto suo solo erede.
7. Nel 1950, lo stato prese possesso di questo immobile in virtù del decreto di statalizzazione no 92/1950.
8. Tra il 1996 e 1999, l’impresa H., gerente dei beni appartenenti allo stato, vendette quattro appartamenti dell’immobile a R.V, R.N, N.F, N.S, O.A,. ed O.V. che vi abitavano in quanto inquilini.
9. Il 21 agosto 2002, i richiedenti introdussero un’azione di rivendicazione e per annullamento di questi quattro contratti di vendita contro la municipalità di Bucarest ed i vecchi inquilini, facendo valere che la statalizzazione era stata illegale e che le parti ai contratti erano in malafede. Con una sentenza definitiva del 7 giugno 2006, la corte di appello di Bucarest constatò, nei suoi motivi, l’illegalità della statalizzazione e respinse l’azione constatando la buona fede dei vecchi inquilini al tempo della conclusione dei contratti e dichiarando inammissibile l’azione di rivendicazione, in ragione della sua introduzione dopo l’adozione della legge no 10/2001.
10. Il 10 maggio 2001, i richiedenti indirizzarono al municipio di Bucarest una notifica per vedersi restituire l’immobile controverso in virtù della legge no 10/2001. Finora, le autorità non hanno dato seguito a questa notificazione.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNA PERTINENTI
11. Le disposizioni legali, ivi comprese quelle della legge no 10/2001 sul regime giuridico dei beni immobili presi abusivamente dallo stato tra il 6 marzo 1945 ed il 22 dicembre 1989, e delle sue modifiche susseguenti, e la giurisprudenza interna pertinente sono descritte nelle sentenze Brumărescu c. Romania ([GC], no 28342/95, §§ 31-33, CEDH 1999-VII), Străin ed altri c. Romania (no 57001/00, §§ 19-26, CEDH 2005-VII), Păduraru c. Romania,( no 63252/00, §§ 38-53, 1 dicembre 2005) e Tudor c. Romania (no 29035/05, §§ 15–20, 11 dicembre 2007,).
12. Risulta dalle osservazioni del Governo rumeno fornitw alla Corte il 8 luglio 2008 in due altre cause pendenti al ruolo della Corte (numeri 25594/06 e 47091/06) concernenti i beni immobiliari usciti del patrimonio dei vecchi proprietari tramite i decreti di statalizzazione, che le misure che prevedevano l’accelerazione del procedimento di indennizzo attraverso il fondo di investimento “Proprietatea” sono state prese recentemente in particolare dalle autorità nazionali in virtù dell’ordinanza di emergenza del Governo no 81/2007. Il Governo rinvia in particolare ad una lettera delle autorità che dirigono suddetto fondo, sottolineando che questo fondo funziona oramai sotto forma di una società di investimenti di tipo chiuso e sarà registrata presso la Commissione nazionale di valori mobiliari in quanto organismo di collocamento collettivo, dopo valutazione degli attivi che si trovano nel patrimonio del fondo. Il Governo fa valere che le persone che detengono delle azioni del fondo hanno oramai due opzioni, ossia mantenere il collocamento in azioni del fondo e beneficiare di un reddito sotto forma di dividendi, o chiedere la loro conversione in numerario, importi che sono oramai possibile percepire. Il Governo precisa che al 1 febbraio 2008, 2440 domande esprimenti tali opzioni sono state registrate di cui 855 sono state decise, ammontando l’importo globale delle indennità versate da questo fondo a 72 000 000 nuovi lei rumeni (Ron), o circa 20 400 000 euro (EUR). In più, a partire dal 1 novembre 2007, il fondo ha cominciato la distribuzione di dividendi.
13. La pratica giudiziale e la dottrina rumena sono considerano alla maggioranza che ci sono delle situazioni dove i motivi di una decisione di giustizia acquisiscono l’autorità di cosa giudicata. È stato sottolineato così che i motivi di una decisione possono essere investiti anche di questa autorità nella misura in cui spiegano il dispositivo e si riflettono in questo (vedere Viorel Mihai Ciobanu, ” Tratat teoretic şi practic de procedură civilă “, Editura Naţional, 1997, p. 271, nota a piè pagina no 941). I motivi acquisiscono autorità di cosa giudicata: a) là dove il dispositivo della decisione non potrebbe essere compreso in loro mancanza; b) quando si tratta di “motivi decisivi”, cioè quelli che costituiscono l’appoggio necessario del dispositivo, facendo corpo con questo (animus e quasi nervus sententia); c) nel caso dei “considerando decisionali”, quelli che decidono una parte del merito della controversia, senza ritrovarsi tuttavia nel dispositivo (vedere Ione Deleanu, “Tratat de procedură civilă”, Editura Servo-Sat, 2001, no 34, p,. 40.) Questo approccio della dottrina si riflette nelle sentenze dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia (vedere, tra altre, la sentenza no 3959 del 28 giugno 2005 della sezione commerciale dell’Alta Corte).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
14. I richiedenti adducono un attentato al diritto al rispetto dei loro beni in ragione della vendita degli appartamenti che compongono il loro bene e del rifiuto delle giurisdizioni nazionali di annullare queste vendite, sebbene abbiano riconosciuto il carattere illegale della statalizzazione. Invocano l’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
15. Il Governo solleva un’eccezione di incompatibilità ratione materiae di questo motivo di appello; stima difatti che i richiedenti non disponevano di un bene, ai sensi dell’articolo 1 precitato, nella misura in cui la corte di appello di Bucarest ha riconosciuto l’illegalità della statalizzazione nei motivi della sentenza resa il 7 giugno 2006 e non nel dispositivo di questo. In diritto rumeno, solo il dispositivo di una decisione giudiziale beneficia dell’autorità di cosa giudicata. Conclude che la sentenza in questione non potrebbe conferire ai richiedenti una speranza legittima in quanto alla restituzione del bene. Secondo il Governo, la situazione dei richiedenti nella presente causa è simile a quella dei richiedenti nel causa Pentia e Pentia c. Romania, (dec.) ( no 57539/00, 23 marzo 2006) che erano solamente dei semplici richiedenti a riguardo della restituzione del loro bene.
16. I richiedenti si oppongono a questa tesi, facendo valere che disponevano di un bene, poiché la sentenza definitiva menzionata ha considerato l’illegalità della statalizzazione. I richiedenti stimano di trovarsi nella stessa situazione dei richiedenti nella causa Străin ed altri precitata.
17. La Corte stima che questa eccezione è legata strettamente alla sostanza del motivo di appello che i richiedenti fondano sull’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, così che c’è luogo di unirla al merito. Peraltro, constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato, ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione, e che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
18. Il Governo reitera i suoi argomenti presentati nelle cause simili anteriori (vedere, tra altre, Cîrstoiu c. Romania, no 22281/05, § 22, 4 marzo 2008).
19. I richiedenti sottolineano che non hanno ricevuto nessuno indennizzo a titolo della legge no 10/2001 e che ad ogni modo, il fondo “Proprietatea” non funziona difatti ad oggi.
20. La Corte ha trattato a più riprese delle cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione (vedere le cause sopraccitate, in particolare Străin precitata, §§ 39, 43 e 59 e Porteanu c. Romania, no 4596/03, §§ 32-35, 16 febbraio 2006).
21. Contrariamente al Governo, la Corte considera che la presente causa è differente dalla causa Pentia e Pentia precitata, nella misura in cui, in questa ultima causa, le giurisdizioni nazionali avevano concluso che la statalizzazione del bene era conforme alla legge, oro tale non è il caso nella presente causa.
22. Difatti, la Corte rileva che la corte di appello di Bucarest ha stabilito in modo definitivo l’illegalità della statalizzazione del bene nella sua sentenza del 7 giugno 2006. Stima quindi che questa constatazione di illegalità ha avuto per effetto di riconoscere, indirettamente e con effetto retroattivo, il diritto di proprietà dei richiedenti sul bene in questione. In più, la Corte constata che questo diritto non era revocabile e non è stato contestato né annullato ad oggi (vedere tra molte altre Străin ed altri precitatw, § 38, Sebastian Taub c. Romania, no 58612/00, § 37, 12 ottobre 2006, Gabriele c,. Romania, no 35951/02, §§ 25-26, 8 marzo 2007, Aldea c,. Romania, no 36992/03, § 24, 24 gennaio 2008). Alla vista di ciò che precede, la Corte stima che l’argomento del Governo secondo cui l’illegalità della statalizzazione è stata considerata solamente nei motivi del giudizio in questione non potrebbe motivare un approccio distinto nello specifico (vedere Filipescu c. Romania, no 4839/03, § 19, 30 settembre 2008 e Moroianu ed altri c. Romania, no 25008/05, §§ 21 e 22, 13 novembre 2008). Ne segue che i richiedenti avevano un “bene”, ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. L’eccezione di incompatibilità ratione materiae sollevata dal Governo non potrebbe dunque essere considerata.
23. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che le sono stati sottoposti, la Corte considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente. La Corte riafferma in particolare che, nel contesto legislativo rumeno che regola le azioni di rivendicazione immobiliare e la restituzione dei beni nazionalizzati dal regime comunista, la vendita da parte dello stato del bene altrui a terzi in buona fede, anche quando è anteriore alla conferma definitiva in giustizia del diritto di proprietà dell’interessato, si analizza in una privazione di bene. Tale privazione, combinata con la mancanza totale di indennizzo, è contraria all’articolo 1 del Protocollo no 1 (Vodă e Bob c. Romania, no 7976/02, § 23, 7 febbraio 2008).
24. Per quanto il Governo fa valere che è lecito ai richiedenti di ottenere un indennizzo tramite l’organismo di collocamento collettivo in valori mobiliari “Proprietatea” sulla base della legge no 10/2001, all’altezza del valore del bene stabilito da perizia, la Corte reitera la sua constatazione anteriore secondo cui il fondo Proprietatea non funziona attualmente in un modo suscettibile di essere considerato come equivalente alla concessione effettiva di un’indennità (vedere, tra altre, Petrini c. Romania, no 3320/05, § 34, 24 febbraio 2009).
25. Questa conclusione è senza giudicare a priori ogni evoluzione positiva che potrebbero conoscere, nell’avvenire, i meccanismi di finanziamento previsti da questa legge speciale in vista di indennizzare le persone che, come i richiedenti, si sono visti riconoscere la qualità di proprietari, con una decisione giudiziale definitiva. A questo riguardo, la Corte prende nota con soddisfazione dell’evoluzione recente in materia che sembra avviarsi in pratica e che va nel buonsenso (paragrafo 13 sopra).
26. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, il collocamento in fallimento del diritto di proprietà dei richiedenti sul loro bene, combinato con la mancanza totale di indennizzo, ha fatto subire loro un carico sproporzionato ed eccessivo, incompatibile col diritto al rispetto dei loro beni garantiti dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
Pertanto, c’è stata nella specifico violazione di questa disposizione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
27. I richiedenti si lamentano di un attentato al loro diritto ad un processo equo ed al loro accesso ad un tribunale, in ragione delle decisioni rese dalle giurisdizioni nazionali nel procedimento di rivendicazione dell’immobile e di annullamento dei contratti di vendita. Invocano l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulata,:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
28. Tenuto conto delle sue conclusioni che figurano ai paragrafi 23-26 qui sopra¬ , la Corte stima che non c’è luogo di deliberare sull’ammissibilità e la fondatezza di questi motivi di appello (vedere, mutatis mutandis e tra altre, Laino c. Italia [GC], no 33158/96, § 25, CEDH 1999-I, Zanghì c. Italia, 19 febbraio 1991, § 23, serie Ha no 194-C, Chiesa cattolica della Canea c. Grecia, 16 dicembre 1997, § 50, Raccolta 1997-VIII, e Denes ed altri contro Romania, no 25862/03, 3 marzo 2009, § 59).
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 46 DELLA CONVENZIONE
29. L’articolo 46 della Convenzione dispone:
“1. Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle controversie alle quali sono parti.
2. La sentenza definitiva della Corte viene trasmessa al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l’esecuzione. “
30. La conclusione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 rivela un problema su grande scala che risulta dalla difettosità della legislazione sulla restituzione degli immobili statalizzati che sono stati venduti dallo stato a terzi. Quindi, la Corte stima che lo stato deve pianificare il procedimento messo in opera dalle leggi di risarcimento al più presto (attualmente le leggi numeri 10/2001 e 247/2005) così che diventi realmente coerente, accessibile, veloce e prevedibile, vedere le sentenze Viaşu c. Romania, no 75951/01, § 83, 9 dicembre 2008, Katz c,. Romania, no 29739/03, §§ 3037¬ , 20 gennaio 2009 e Faimblat c. Romania, no 23066/02, §§ 48-54, 13 gennaio 2009.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
31. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
32. I richiedenti chiedono, a titolo del danno materiale che avrebbero subito, la restituzione dei quattro appartamenti dell’immobile. A difetto di tale restituzione, richiedono 3 500 000 euro (EUR) rappresentanti il valore commerciale reale del bene controverso e la mancanza al guadagno, senza fornire alcuna perizia tecnica. A titolo del danno morale, chiedono 100 000 EUR.
33. Il Governo stima che il valore commerciale dei quattro appartamenti venduti a terzi è di 863 084 EUR e fornisce il parere di un perito, stabilito nel maggio 2008. Concernente la mancanza di guadagno, si oppone a questa pretesa. In quanto al danno morale addotto, il Governo fa valere che non c’è legame di causalità tra la somma chiesta a questo titolo e la pretesa violazione della Convenzione. Stima che questa somma è, ad ogni modo, eccessiva allo sguardo della giurisprudenza della Corte in materia.
34. La Corte ricorda che ha concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione in ragione della vendita da parte dello stato del bene dei richiedenti a terzi di buona fede, combinata con la mancanza totale di indennizzo.
35. La Corte stima, nelle circostanze dello specifico, che la restituzione del bene controverso porrebbe i richiedenti per quanto possibile in una situazione equivalente a quella in cui si troverebbero se le esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non fossero state ignorati.
36. A difetto per lo stato convenuto di procedere a simile restituzione, la Corte decide che dovrà versare ai richiedenti, per danno materiale, una somma corrispondente al valore reale del bene.
37. Nello specifico, trattandosi di determinare l’importo del danno materiale, tenuto conto delle informazione di cui dispone sui prezzi del mercato immobiliare locale e degli elementi forniti dal Governo, la Corte, stima il valore del bene a 900 000 EUR.
38. Concernente le somme chieste a titolo degli affitti non percepiti, la Corte non potrebbe speculare sulla possibilità ed il rendimento di una locazione degli appartamenti in questione (Buzatu c. Romania (soddisfazione equa), no 34642/97, § 18, 27 gennaio 2005).
39. In quanto alla richiesta dei richiedenti a titolo del danno morale, la Corte considera che gli avvenimenti in causa hanno provocato un’ingerenza nel loro diritto al rispetto dei loro beni per la quale la somma di 2 000 EUR rappresenterebbe un risarcimento equo.
B. Oneri e spese
40. La Corte osserva che i richiedenti non hanno chiesto nessuna somma a questo titolo.
C. Interessi moratori
41. La Corte giudica appropriato di ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Unisce al merito, l’eccezione preliminare del Governo relativa all’inapplicabilità ratione materiae dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione e la respinge;
2. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
4. Stabilsice che non c’è luogo di esaminare separatamente né l’ammissibilità né la fondatezza dei motivi di appello tratti dall’articolo 6 § 1 della Convenzione;
5. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve restituire ai richiedenti i quattro appartamenti dell’immobile situato a Bucarest, al no 27 via Arhitect Ioan Mincu, nei tre mesi a contare dsl giorno in cui la presente sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione;
b) che in mancanza di tale restituzione, lo stato convenuto deve versare congiuntamente ai richiedenti, nello stesso termine di tre mesi, 900 000 EUR (nove centomila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno materiale;
c) che lo stato convenuto deve versare ad ogni modo, congiuntamente ai richiedenti, nello stesso termine, 2 000 EUR (duemila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
d) che le somme menzionate ai punti b) e c) saranno da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
e che a contare della scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 13 ottobre 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente