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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE ANEA ET NITESCU c. ROUMANIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 45924/06/2009
Stato: Romania
Data: 2009-10-13 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

TERZA SEZIONE
CAUSA ANEA E NITESCU C. ROMANIA
( Richiesta no 45924/06)
SENTENZA
STRASBURGO
13 ottobre 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Anea e Nitescu c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Alvina Gyulumyan, Luccichi López Guerra, Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 22 settembre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 45924/06) diretta contro la Romania e in cui due cittadini di questo Stato, il Sig. I. A. e la Sig.ra C. N. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 27 ottobre 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Horaţiu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. I richiedenti adducevano in particolare un attentato al loro diritto al rispetto dei loro beni in ragione della vendita di un immobile e del rifiuto delle giurisdizioni nazionali di annullare le vendite riguardanti questo immobile.
4. L’ 11 ottobre 2007, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che sarebbero stato esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1936 e 1929 e risiedono a Bucarest.
6. V.S. era proprietario di un immobile e di un terreno afferente ubicati a Bucarest, al no 27 di via Arhitect Ioan Mincu. In seguito al suo decesso il 12 ottobre 1962, suo figlio adottivo, il richiedente, ed sua sorella M.M, sono stati riconosciuti come i suoi soli eredi in parti di quota uguali. M.M. decedette il 25 dicembre 1981, venendo riconosciuto il richiedente in quanto suo solo erede.
7. Nel 1950, lo stato prese possesso di questo immobile in virtù del decreto di statalizzazione no 92/1950.
8. Tra il 1996 e 1999, l’impresa H., gerente dei beni appartenenti allo stato, vendette quattro appartamenti dell’immobile a R.V, R.N, N.F, N.S, O.A,. ed O.V. che vi abitavano in quanto inquilini.
9. Il 21 agosto 2002, i richiedenti introdussero un’azione di rivendicazione e per annullamento di questi quattro contratti di vendita contro la municipalità di Bucarest ed i vecchi inquilini, facendo valere che la statalizzazione era stata illegale e che le parti ai contratti erano in malafede. Con una sentenza definitiva del 7 giugno 2006, la corte di appello di Bucarest constatò, nei suoi motivi, l’illegalità della statalizzazione e respinse l’azione constatando la buona fede dei vecchi inquilini al tempo della conclusione dei contratti e dichiarando inammissibile l’azione di rivendicazione, in ragione della sua introduzione dopo l’adozione della legge no 10/2001.
10. Il 10 maggio 2001, i richiedenti indirizzarono al municipio di Bucarest una notifica per vedersi restituire l’immobile controverso in virtù della legge no 10/2001. Finora, le autorità non hanno dato seguito a questa notificazione.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNA PERTINENTI
11. Le disposizioni legali, ivi comprese quelle della legge no 10/2001 sul regime giuridico dei beni immobili presi abusivamente dallo stato tra il 6 marzo 1945 ed il 22 dicembre 1989, e delle sue modifiche susseguenti, e la giurisprudenza interna pertinente sono descritte nelle sentenze Brumărescu c. Romania ([GC], no 28342/95, §§ 31-33, CEDH 1999-VII), Străin ed altri c. Romania (no 57001/00, §§ 19-26, CEDH 2005-VII), Păduraru c. Romania,( no 63252/00, §§ 38-53, 1 dicembre 2005) e Tudor c. Romania (no 29035/05, §§ 15–20, 11 dicembre 2007,).
12. Risulta dalle osservazioni del Governo rumeno fornitw alla Corte il 8 luglio 2008 in due altre cause pendenti al ruolo della Corte (numeri 25594/06 e 47091/06) concernenti i beni immobiliari usciti del patrimonio dei vecchi proprietari tramite i decreti di statalizzazione, che le misure che prevedevano l’accelerazione del procedimento di indennizzo attraverso il fondo di investimento “Proprietatea” sono state prese recentemente in particolare dalle autorità nazionali in virtù dell’ordinanza di emergenza del Governo no 81/2007. Il Governo rinvia in particolare ad una lettera delle autorità che dirigono suddetto fondo, sottolineando che questo fondo funziona oramai sotto forma di una società di investimenti di tipo chiuso e sarà registrata presso la Commissione nazionale di valori mobiliari in quanto organismo di collocamento collettivo, dopo valutazione degli attivi che si trovano nel patrimonio del fondo. Il Governo fa valere che le persone che detengono delle azioni del fondo hanno oramai due opzioni, ossia mantenere il collocamento in azioni del fondo e beneficiare di un reddito sotto forma di dividendi, o chiedere la loro conversione in numerario, importi che sono oramai possibile percepire. Il Governo precisa che al 1 febbraio 2008, 2440 domande esprimenti tali opzioni sono state registrate di cui 855 sono state decise, ammontando l’importo globale delle indennità versate da questo fondo a 72 000 000 nuovi lei rumeni (Ron), o circa 20 400 000 euro (EUR). In più, a partire dal 1 novembre 2007, il fondo ha cominciato la distribuzione di dividendi.
13. La pratica giudiziale e la dottrina rumena sono considerano alla maggioranza che ci sono delle situazioni dove i motivi di una decisione di giustizia acquisiscono l’autorità di cosa giudicata. È stato sottolineato così che i motivi di una decisione possono essere investiti anche di questa autorità nella misura in cui spiegano il dispositivo e si riflettono in questo (vedere Viorel Mihai Ciobanu, ” Tratat teoretic şi practic de procedură civilă “, Editura Naţional, 1997, p. 271, nota a piè pagina no 941). I motivi acquisiscono autorità di cosa giudicata: a) là dove il dispositivo della decisione non potrebbe essere compreso in loro mancanza; b) quando si tratta di “motivi decisivi”, cioè quelli che costituiscono l’appoggio necessario del dispositivo, facendo corpo con questo (animus e quasi nervus sententia); c) nel caso dei “considerando decisionali”, quelli che decidono una parte del merito della controversia, senza ritrovarsi tuttavia nel dispositivo (vedere Ione Deleanu, “Tratat de procedură civilă”, Editura Servo-Sat, 2001, no 34, p,. 40.) Questo approccio della dottrina si riflette nelle sentenze dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia (vedere, tra altre, la sentenza no 3959 del 28 giugno 2005 della sezione commerciale dell’Alta Corte).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
14. I richiedenti adducono un attentato al diritto al rispetto dei loro beni in ragione della vendita degli appartamenti che compongono il loro bene e del rifiuto delle giurisdizioni nazionali di annullare queste vendite, sebbene abbiano riconosciuto il carattere illegale della statalizzazione. Invocano l’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
15. Il Governo solleva un’eccezione di incompatibilità ratione materiae di questo motivo di appello; stima difatti che i richiedenti non disponevano di un bene, ai sensi dell’articolo 1 precitato, nella misura in cui la corte di appello di Bucarest ha riconosciuto l’illegalità della statalizzazione nei motivi della sentenza resa il 7 giugno 2006 e non nel dispositivo di questo. In diritto rumeno, solo il dispositivo di una decisione giudiziale beneficia dell’autorità di cosa giudicata. Conclude che la sentenza in questione non potrebbe conferire ai richiedenti una speranza legittima in quanto alla restituzione del bene. Secondo il Governo, la situazione dei richiedenti nella presente causa è simile a quella dei richiedenti nel causa Pentia e Pentia c. Romania, (dec.) ( no 57539/00, 23 marzo 2006) che erano solamente dei semplici richiedenti a riguardo della restituzione del loro bene.
16. I richiedenti si oppongono a questa tesi, facendo valere che disponevano di un bene, poiché la sentenza definitiva menzionata ha considerato l’illegalità della statalizzazione. I richiedenti stimano di trovarsi nella stessa situazione dei richiedenti nella causa Străin ed altri precitata.
17. La Corte stima che questa eccezione è legata strettamente alla sostanza del motivo di appello che i richiedenti fondano sull’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, così che c’è luogo di unirla al merito. Peraltro, constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato, ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione, e che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
18. Il Governo reitera i suoi argomenti presentati nelle cause simili anteriori (vedere, tra altre, Cîrstoiu c. Romania, no 22281/05, § 22, 4 marzo 2008).
19. I richiedenti sottolineano che non hanno ricevuto nessuno indennizzo a titolo della legge no 10/2001 e che ad ogni modo, il fondo “Proprietatea” non funziona difatti ad oggi.
20. La Corte ha trattato a più riprese delle cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione (vedere le cause sopraccitate, in particolare Străin precitata, §§ 39, 43 e 59 e Porteanu c. Romania, no 4596/03, §§ 32-35, 16 febbraio 2006).
21. Contrariamente al Governo, la Corte considera che la presente causa è differente dalla causa Pentia e Pentia precitata, nella misura in cui, in questa ultima causa, le giurisdizioni nazionali avevano concluso che la statalizzazione del bene era conforme alla legge, oro tale non è il caso nella presente causa.
22. Difatti, la Corte rileva che la corte di appello di Bucarest ha stabilito in modo definitivo l’illegalità della statalizzazione del bene nella sua sentenza del 7 giugno 2006. Stima quindi che questa constatazione di illegalità ha avuto per effetto di riconoscere, indirettamente e con effetto retroattivo, il diritto di proprietà dei richiedenti sul bene in questione. In più, la Corte constata che questo diritto non era revocabile e non è stato contestato né annullato ad oggi (vedere tra molte altre Străin ed altri precitatw, § 38, Sebastian Taub c. Romania, no 58612/00, § 37, 12 ottobre 2006, Gabriele c,. Romania, no 35951/02, §§ 25-26, 8 marzo 2007, Aldea c,. Romania, no 36992/03, § 24, 24 gennaio 2008). Alla vista di ciò che precede, la Corte stima che l’argomento del Governo secondo cui l’illegalità della statalizzazione è stata considerata solamente nei motivi del giudizio in questione non potrebbe motivare un approccio distinto nello specifico (vedere Filipescu c. Romania, no 4839/03, § 19, 30 settembre 2008 e Moroianu ed altri c. Romania, no 25008/05, §§ 21 e 22, 13 novembre 2008). Ne segue che i richiedenti avevano un “bene”, ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. L’eccezione di incompatibilità ratione materiae sollevata dal Governo non potrebbe dunque essere considerata.
23. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che le sono stati sottoposti, la Corte considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente. La Corte riafferma in particolare che, nel contesto legislativo rumeno che regola le azioni di rivendicazione immobiliare e la restituzione dei beni nazionalizzati dal regime comunista, la vendita da parte dello stato del bene altrui a terzi in buona fede, anche quando è anteriore alla conferma definitiva in giustizia del diritto di proprietà dell’interessato, si analizza in una privazione di bene. Tale privazione, combinata con la mancanza totale di indennizzo, è contraria all’articolo 1 del Protocollo no 1 (Vodă e Bob c. Romania, no 7976/02, § 23, 7 febbraio 2008).
24. Per quanto il Governo fa valere che è lecito ai richiedenti di ottenere un indennizzo tramite l’organismo di collocamento collettivo in valori mobiliari “Proprietatea” sulla base della legge no 10/2001, all’altezza del valore del bene stabilito da perizia, la Corte reitera la sua constatazione anteriore secondo cui il fondo Proprietatea non funziona attualmente in un modo suscettibile di essere considerato come equivalente alla concessione effettiva di un’indennità (vedere, tra altre, Petrini c. Romania, no 3320/05, § 34, 24 febbraio 2009).
25. Questa conclusione è senza giudicare a priori ogni evoluzione positiva che potrebbero conoscere, nell’avvenire, i meccanismi di finanziamento previsti da questa legge speciale in vista di indennizzare le persone che, come i richiedenti, si sono visti riconoscere la qualità di proprietari, con una decisione giudiziale definitiva. A questo riguardo, la Corte prende nota con soddisfazione dell’evoluzione recente in materia che sembra avviarsi in pratica e che va nel buonsenso (paragrafo 13 sopra).
26. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, il collocamento in fallimento del diritto di proprietà dei richiedenti sul loro bene, combinato con la mancanza totale di indennizzo, ha fatto subire loro un carico sproporzionato ed eccessivo, incompatibile col diritto al rispetto dei loro beni garantiti dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
Pertanto, c’è stata nella specifico violazione di questa disposizione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
27. I richiedenti si lamentano di un attentato al loro diritto ad un processo equo ed al loro accesso ad un tribunale, in ragione delle decisioni rese dalle giurisdizioni nazionali nel procedimento di rivendicazione dell’immobile e di annullamento dei contratti di vendita. Invocano l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulata,:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
28. Tenuto conto delle sue conclusioni che figurano ai paragrafi 23-26 qui sopra¬ , la Corte stima che non c’è luogo di deliberare sull’ammissibilità e la fondatezza di questi motivi di appello (vedere, mutatis mutandis e tra altre, Laino c. Italia [GC], no 33158/96, § 25, CEDH 1999-I, Zanghì c. Italia, 19 febbraio 1991, § 23, serie Ha no 194-C, Chiesa cattolica della Canea c. Grecia, 16 dicembre 1997, § 50, Raccolta 1997-VIII, e Denes ed altri contro Romania, no 25862/03, 3 marzo 2009, § 59).
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 46 DELLA CONVENZIONE
29. L’articolo 46 della Convenzione dispone:
“1. Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle controversie alle quali sono parti.
2. La sentenza definitiva della Corte viene trasmessa al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l’esecuzione. “
30. La conclusione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 rivela un problema su grande scala che risulta dalla difettosità della legislazione sulla restituzione degli immobili statalizzati che sono stati venduti dallo stato a terzi. Quindi, la Corte stima che lo stato deve pianificare il procedimento messo in opera dalle leggi di risarcimento al più presto (attualmente le leggi numeri 10/2001 e 247/2005) così che diventi realmente coerente, accessibile, veloce e prevedibile, vedere le sentenze Viaşu c. Romania, no 75951/01, § 83, 9 dicembre 2008, Katz c,. Romania, no 29739/03, §§ 3037¬ , 20 gennaio 2009 e Faimblat c. Romania, no 23066/02, §§ 48-54, 13 gennaio 2009.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
31. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
32. I richiedenti chiedono, a titolo del danno materiale che avrebbero subito, la restituzione dei quattro appartamenti dell’immobile. A difetto di tale restituzione, richiedono 3 500 000 euro (EUR) rappresentanti il valore commerciale reale del bene controverso e la mancanza al guadagno, senza fornire alcuna perizia tecnica. A titolo del danno morale, chiedono 100 000 EUR.
33. Il Governo stima che il valore commerciale dei quattro appartamenti venduti a terzi è di 863 084 EUR e fornisce il parere di un perito, stabilito nel maggio 2008. Concernente la mancanza di guadagno, si oppone a questa pretesa. In quanto al danno morale addotto, il Governo fa valere che non c’è legame di causalità tra la somma chiesta a questo titolo e la pretesa violazione della Convenzione. Stima che questa somma è, ad ogni modo, eccessiva allo sguardo della giurisprudenza della Corte in materia.
34. La Corte ricorda che ha concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione in ragione della vendita da parte dello stato del bene dei richiedenti a terzi di buona fede, combinata con la mancanza totale di indennizzo.
35. La Corte stima, nelle circostanze dello specifico, che la restituzione del bene controverso porrebbe i richiedenti per quanto possibile in una situazione equivalente a quella in cui si troverebbero se le esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non fossero state ignorati.
36. A difetto per lo stato convenuto di procedere a simile restituzione, la Corte decide che dovrà versare ai richiedenti, per danno materiale, una somma corrispondente al valore reale del bene.
37. Nello specifico, trattandosi di determinare l’importo del danno materiale, tenuto conto delle informazione di cui dispone sui prezzi del mercato immobiliare locale e degli elementi forniti dal Governo, la Corte, stima il valore del bene a 900 000 EUR.
38. Concernente le somme chieste a titolo degli affitti non percepiti, la Corte non potrebbe speculare sulla possibilità ed il rendimento di una locazione degli appartamenti in questione (Buzatu c. Romania (soddisfazione equa), no 34642/97, § 18, 27 gennaio 2005).
39. In quanto alla richiesta dei richiedenti a titolo del danno morale, la Corte considera che gli avvenimenti in causa hanno provocato un’ingerenza nel loro diritto al rispetto dei loro beni per la quale la somma di 2 000 EUR rappresenterebbe un risarcimento equo.
B. Oneri e spese
40. La Corte osserva che i richiedenti non hanno chiesto nessuna somma a questo titolo.
C. Interessi moratori
41. La Corte giudica appropriato di ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Unisce al merito, l’eccezione preliminare del Governo relativa all’inapplicabilità ratione materiae dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione e la respinge;
2. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;

4. Stabilsice che non c’è luogo di esaminare separatamente né l’ammissibilità né la fondatezza dei motivi di appello tratti dall’articolo 6 § 1 della Convenzione;
5. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve restituire ai richiedenti i quattro appartamenti dell’immobile situato a Bucarest, al no 27 via Arhitect Ioan Mincu, nei tre mesi a contare dsl giorno in cui la presente sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione;
b) che in mancanza di tale restituzione, lo stato convenuto deve versare congiuntamente ai richiedenti, nello stesso termine di tre mesi, 900 000 EUR (nove centomila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno materiale;
c) che lo stato convenuto deve versare ad ogni modo, congiuntamente ai richiedenti, nello stesso termine, 2 000 EUR (duemila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
d) che le somme menzionate ai punti b) e c) saranno da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
e che a contare della scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 13 ottobre 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

TROISIÈME SECTION
AFFAIRE ANEA ET NITESCU c. ROUMANIE
(Requête no 45924/06)
ARRÊT
STRASBOURG
13 octobre 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Anea et Nitescu c. Roumanie,
La Cour européenne des droits de l’homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
Josep Casadevall, président,
Elisabet Fura,
Corneliu Bîrsan,
Boštjan M. Zupančič,
Alvina Gyulumyan,
Luis López Guerra,
Ann Power, juges,
et de Santiago Quesada, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 22 septembre 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 45924/06) dirigée contre la Roumanie et dont deux ressortissants de cet Etat, M. Ion Anea et Mme Constanta Nitescu (« les requérants »), ont saisi la Cour le 27 octobre 2006 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le gouvernement roumain (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. Răzvan-Horaţiu Radu, du ministère des Affaires étrangères.
3. Les requérants alléguaient en particulier une atteinte à leur droit au respect de leur biens en raison de la vente d’un immeuble et du refus des juridictions nationales d’annuler les ventes portant sur cet immeuble.
4. Le 11 octobre 2007, le président de la troisième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le fond de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Les requérants sont nés respectivement en 1936 et 1929 et résident à Bucarest.
6. V.S. était propriétaire d’un immeuble et d’un terrain y afférent sis à Bucarest, au no 27, rue Arhitect Ioan Mincu. A la suite de son décès le 12 octobre 1962, son fils adoptif, le requérant, et sa sœur, M.M., ont été reconnus comme ses seuls héritiers en cotes-parties égales. M.M. décéda le 25 décembre 1981, la requérante étant reconnue en tant que sa seule héritière.
7. En 1950, l’Etat prit possession de cet immeuble en vertu du décret de nationalisation no 92/1950.
8. Entre 1996 et 1999, l’entreprise H., gérante des biens appartenant à l’Etat, vendit quatre appartements de l’immeuble à R.V., R.N., N.F., N.S., O.A. et O.V. qui l’habitaient en tant que locataires.
9. Le 21 août 2002, les requérants introduisirent une action en revendication et en annulation de ces quatre contrats de vente contre la municipalité de Bucarest et les anciens locataires, en faisant valoir que la nationalisation avait été illégale et que les parties aux contrats étaient de mauvaise foi. Par un arrêt définitif du 7 juin 2006, la cour d’appel de Bucarest constata, dans ses motifs, l’illégalité de la nationalisation et rejeta l’action en constatant la bonne foi des anciens locataires lors la conclusion des contrats et en déclarant irrecevable l’action en revendication, en raison de son introduction après l’adoption de la loi no 10/2001.
10. Le 10 mai 2001, les requérants adressèrent à la mairie de Bucarest une notification afin de se voir restituer l’immeuble litigieux en vertu de la loi no 10/2001. Jusqu’à présent, les autorités n’ont pas donné suite à cette notification.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
11. Les dispositions légales (y compris celles de la loi no 10/2001 sur le régime juridique des biens immeubles pris abusivement par l’Etat entre le 6 mars 1945 et le 22 décembre 1989, et de ses modifications subséquentes) et la jurisprudence interne pertinentes sont décrites dans les arrêts Brumărescu c. Roumanie ([GC], no 28342/95, §§ 31-33, CEDH 1999-VII), Străin et autres c. Roumanie (no 57001/00, §§ 19-26, CEDH 2005-VII), Păduraru c. Roumanie (no 63252/00, §§ 38-53, 1er décembre 2005) et Tudor c. Roumanie (no 29035/05, §§ 15–20, 11 décembre 2007).
12. Il ressort des observations du Gouvernement roumain fournies à la Cour le 8 juillet 2008 dans deux autres affaires pendantes au rôle de la Cour (nos 25594/06 et 47091/06) concernant des biens immobiliers sortis du patrimoine des anciens propriétaires par des décrets de nationalisation, que des mesures visant l’accélération de la procédure d’indemnisation à travers le fonds d’investissement « Proprietatea » ont été prises récemment par les autorités nationales en vertu notamment de l’ordonnance d’urgence du Gouvernement no 81/2007. Le Gouvernement renvoie en particulier à une lettre des autorités dirigeant ledit fonds, soulignant que ce fonds fonctionne désormais sous la forme d’une société d’investissements de type fermé et sera enregistrée auprès de la Commission nationale de valeurs mobilières en tant qu’organisme de placement collectif, après évaluation des actifs se trouvant dans le patrimoine du fonds. Le Gouvernement fait valoir que les personnes détenant des actions du fonds ont désormais deux options, à savoir garder le placement en actions auprès du fonds et bénéficier d’un revenu sous la forme de dividendes, ou demander leur conversion en numéraire, montants qu’il est désormais possible de percevoir. Le Gouvernement précise qu’au 1er février 2008, 2440 demandes exprimant de telles options ont été enregistrées, dont 855 ont été résolues, le montant global des indemnités versées par ce fonds s’élevant à 72 000 000 nouveaux lei roumains (RON), soit environ 20 400 000 euros (EUR). De plus, à partir du 1er novembre 2007, le fonds a commencé la distribution de dividendes.
13. La pratique judiciaire et la doctrine roumaines sont majoritaires à considérer qu’il y a des situations où les motifs d’une décision de justice acquièrent l’autorité de la chose jugée. Il a été ainsi souligné que les motifs d’une décision peuvent aussi être investis de cette autorité dans la mesure où ils expliquent le dispositif et se reflètent dans celui-ci (voir Viorel Mihai Ciobanu, « Tratat teoretic şi practic de procedură civilă », Editura Naţional, 1997, p. 271, note de bas de page no 941). Les motifs acquièrent autorité de la chose jugée : a) là où le dispositif de la décision ne pourrait être compris en leur absence ; b) quand il s’agit des « motifs décisifs », c’est-à-dire ceux qui constituent l’appui nécessaire du dispositif, en faisant corps avec celui-ci (animus et quasi nervus sententia) ; c) dans le cas des « considérants décisoires », ceux qui tranchent une partie du fond du litige, sans se retrouver néanmoins dans le dispositif (voir Ion Deleanu, « Tratat de procedură civilă », Editura Servo-Sat, 2001, no 34, p. 40). Cette approche de la doctrine se reflète dans les arrêts de la Haute Cour de cassation et de justice (voir, parmi d’autres, l’arrêt no 3959 du 28 juin 2005 de la section commerciale de la Haute Cour).
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1 À LA CONVENTION
14. Les requérants allèguent une atteinte au droit au respect de leurs biens en raison de la vente des appartements composant leur bien et du refus des juridictions nationales d’annuler ces ventes, bien qu’elles aient reconnu le caractère illégal de la nationalisation. Ils invoquent l’article 1 du Protocole no 1, ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
15. Le Gouvernement soulève une exception d’incompatibilité ratione materiae de ce grief ; il estime en effet que les requérants ne disposaient pas d’un bien, au sens de l’article 1 précité, dans la mesure où la cour d’appel de Bucarest a reconnu l’illégalité de la nationalisation dans les motifs de l’arrêt rendu le 7 juin 2006 et non dans le dispositif de celui-ci. En droit roumain, seul le dispositif d’une décision judiciaire bénéficie de l’autorité de la chose jugée. Il conclut que l’arrêt en question ne saurait conférer aux requérants une espérance légitime quant à la restitution du bien. Selon le Gouvernement, la situation des requérants dans la présente affaire est similaire à celle des requérants dans l’affaire Pentia et Pentia c. Roumanie (déc.) (no 57539/00, 23 mars 2006), qui n’étaient que de simples demandeurs à l’égard de la restitution de leur bien.
16. Les requérants s’opposent à cette thèse, en faisant valoir qu’ils disposaient d’un bien, puisque l’arrêt définitif mentionné a retenu l’illégalité de la nationalisation. Les requérants estiment se trouver dans la même situation que les requérants dans l’affaire Străin et autres précitée.
17. La Cour estime que cette exception est étroitement liée à la substance du grief que les requérants fondent sur l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention, de sorte qu’il y a lieu de la joindre au fond. Par ailleurs, elle constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé, au sens de l’article 35 § 3 de la Convention, et qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
18. Le Gouvernement réitère ses arguments présentés dans des affaires similaires antérieures (voir, parmi d’autres, Cîrstoiu c. Roumanie, no 22281/05, § 22, 4 mars 2008).
19. Les requérants soulignent qu’ils n’ont reçu aucune indemnisation au titre de la loi no 10/2001 et qu’en tout état de cause, le fonds « Proprietatea » ne fonctionne pas effectivement à ce jour.
20. La Cour a traité à maintes reprises des affaires soulevant des questions semblables à celles du cas d’espèce et a constaté la violation de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention (voir les affaires citées ci-dessus, notamment Străin précité, §§ 39, 43 et 59 et Porteanu c. Roumanie, no 4596/03, §§ 32-35, 16 février 2006).
21. Contrairement au Gouvernement, la Cour considère que la présente affaire est différente de l’affaire Pentia et Pentia précitée, dans la mesure où, dans cette dernière affaire, les juridictions nationales avaient conclu que la nationalisation du bien était conforme à la loi, or tel n’est pas le cas dans la présente affaire.
22. En effet, la Cour relève que la cour d’appel de Bucarest a établi de manière définitive l’illégalité de la nationalisation du bien dans son arrêt du 7 juin 2006. Elle estime dès lors que ce constat d’illégalité a eu pour effet de reconnaître, indirectement et avec effet rétroactif, le droit de propriété des requérants sur le bien en question. De plus, la Cour constate que ce droit n’était pas révocable et n’a été ni contesté ni infirmé à ce jour (voir parmi beaucoup d’autres Străin et autres précité, § 38, Sebastian Taub c. Roumanie, no 58612/00, § 37, 12 octobre 2006, Gabriel c. Roumanie, no 35951/02, §§ 25-26, 8 mars 2007, Aldea c. Roumanie, no 36992/03, § 24, 24 janvier 2008). Au vu de ce qui précède, la Cour estime que l’argument du Gouvernement selon lequel l’illégalité de la nationalisation n’a été retenue que dans les motifs du jugement en question ne saurait motiver une approche distincte en l’espèce (voir Filipescu c. Roumanie, no 4839/03, § 19, 30 septembre 2008 et Moroianu et autres c. Roumanie, no 25008/05, §§ 21 et 22, 13 novembre 2008). Il s’ensuit que les requérants avaient un « bien », au sens de l’article 1 du Protocole no 1. L’exception d’incompatibilité ratione materiae soulevée par le Gouvernement ne saurait donc être retenue.
23. Après avoir examiné tous les éléments qui lui ont été soumis, la Cour considère que le Gouvernement n’a exposé aucun fait ni argument pouvant mener à une conclusion différente dans le cas présent. La Cour réaffirme notamment que, dans le contexte législatif roumain régissant les actions en revendication immobilières et la restitution des biens nationalisés par le régime communiste, la vente par l’Etat du bien d’autrui à des tiers de bonne foi, même lorsqu’elle est antérieure à la confirmation définitive en justice du droit de propriété de l’intéressé, s’analyse en une privation de bien. Une telle privation, combinée avec l’absence totale d’indemnisation, est contraire à l’article 1 du Protocole no 1 (Vodă et Bob c. Roumanie, no 7976/02, § 23, 7 février 2008).
24. Pour autant que le Gouvernement fait valoir qu’il est loisible aux requérants d’obtenir une indemnisation par l’intermédiaire de l’organisme de placement collectif en valeurs mobilières « Proprietatea » sur la base de la loi no 10/2001, à hauteur de la valeur du bien établie par expertise, la Cour réitère son constat antérieur selon lequel le fonds Proprietatea ne fonctionne actuellement pas d’une manière susceptible d’être regardée comme équivalant à l’octroi effectif d’une indemnité (voir, parmi d’autres, Petrini c. Roumanie, no 3320/05, § 34, 24 février 2009).
25. Cette conclusion est sans préjuger toute évolution positive que pourraient connaître, à l’avenir, les mécanismes de financement prévus par cette loi spéciale en vue d’indemniser les personnes qui, comme les requérants, se sont vu reconnaître la qualité de propriétaires, par une décision judiciaire définitive. A cet égard, la Cour prend note avec satisfaction de l’évolution récente qui semble s’amorcer en pratique et qui va dans le bon sens en la matière (paragraphe 13 ci-dessus).
26. Compte tenu de sa jurisprudence en la matière, la Cour estime qu’en l’espèce, la mise en échec du droit de propriété des requérants sur leur bien, combinée avec l’absence totale d’indemnisation, leur ont fait subir une charge disproportionnée et excessive, incompatible avec le droit au respect de leurs biens garanti par l’article 1 du Protocole no 1.
Partant, il y a eu en l’espèce violation de cette disposition.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
27. Les requérants se plaignent d’une atteinte à leur droit à un procès équitable et à leur accès à un tribunal, en raison des décisions rendues par les juridictions nationales dans la procédure en revendication de l’immeuble et en annulation des contrats de vente. Ils invoquent l’article 6 § 1 de la Convention, ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…) par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
28. Compte tenu de ses conclusions figurant aux paragraphes 23-26 ci¬dessus, la Cour estime qu’il n’y a pas lieu de statuer sur la recevabilité et le bien-fondé de ces griefs (voir, mutatis mutandis et entre autres, Laino c. Italie [GC], no 33158/96, § 25, CEDH 1999-I, Zanghì c. Italie, 19 février 1991, § 23, série A no 194-C, Église catholique de la Canée c. Grèce, 16 décembre 1997, § 50, Recueil 1997-VIII, et Denes et autres contre Roumanie, no 25862/03, 3 mars 2009, § 59).
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 46 DE LA CONVENTION
29. L’article 46 de la Convention dispose :
« 1. Les Hautes Parties contractantes s’engagent à se conformer aux arrêts définitifs de la Cour dans les litiges auxquels elles sont parties.
2. L’arrêt définitif de la Cour est transmis au Comité des Ministres qui en surveille l’exécution. »
30. La conclusion de violation de l’article 1 du Protocole no 1 révèle un problème à grande échelle résultant de la défectuosité de la législation sur la restitution des immeubles nationalisés qui ont été vendus par l’Etat à des tiers. Dès lors, la Cour estime que l’Etat doit aménager dans les plus brefs délais la procédure mise en place par les lois de réparation (actuellement les lois nos 10/2001 et 247/2005) de sorte qu’elle devienne réellement cohérente, accessible, rapide et prévisible (voir les arrêts Viaşu c. Roumanie, no 75951/01, § 83, 9 décembre 2008, Katz c. Roumanie, no 29739/03, §§ 30¬37, 20 janvier 2009 et Faimblat c. Roumanie, no 23066/02, §§ 48-54, 13 janvier 2009).
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
31. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
32. Les requérants demandent, au titre du dommage matériel qu’ils auraient subi, la restitution des quatre appartements de l’immeuble. A défaut d’une telle restitution, ils réclament 3 500 000 euros (EUR) représentant la valeur marchande actuelle du bien litigieux et le manque à gagner, sans fournir d’expertise technique. Au titre du dommage moral, ils demandent 100 000 EUR.
33. Le Gouvernement estime que la valeur marchande des quatre appartements vendus aux tiers est de 863 084 EUR et fournit l’avis d’un expert, établi en mai 2008. Concernant le manque à gagner, il s’oppose à cette prétention. Quant au préjudice moral allégué, le Gouvernement fait valoir qu’il n’y a pas de lien de causalité entre la somme demandée à ce titre et la prétendue violation de la Convention. Il estime que cette somme est, en tout état de cause, excessive au regard de la jurisprudence de la Cour en la matière.
34. La Cour rappelle qu’elle a conclu à la violation de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention en raison de la vente par l’Etat du bien des requérants à des tiers de bonne foi, combinée avec l’absence totale d’indemnisation.
35. La Cour estime, dans les circonstances de l’espèce, que la restitution du bien litigieux placerait les requérants autant que possible dans une situation équivalant à celle où ils se trouveraient si les exigences de l’article 1 du Protocole no 1 n’avaient pas été méconnues.
36. A défaut pour l’Etat défendeur de procéder à pareille restitution, la Cour décide qu’il devra verser aux requérants, pour dommage matériel, une somme correspondant à la valeur actuelle du bien.
37. En l’espèce, s’agissant de déterminer le montant du préjudice matériel, compte tenu des informations dont elle dispose sur les prix du marché immobilier local et des éléments fournis par le Gouvernement, la Cour estime la valeur du bien à 900 000 EUR.
38. Concernant les sommes demandées au titre des loyers non perçus, la Cour ne saurait spéculer sur la possibilité et le rendement d’une location des appartements en question (Buzatu c. Roumanie (satisfaction équitable), no 34642/97, § 18, 27 janvier 2005).
39. Quant à la demande des requérants au titre du dommage moral, la Cour considère que les événements en cause ont entraîné une ingérence dans leur droit au respect de leurs biens, pour laquelle la somme de 2 000 EUR représenterait une réparation équitable.
B. Frais et dépens
40. La Cour observe que les requérants n’ont demandé aucune somme à ce titre.
C. Intérêts moratoires
41. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Joint au fond, l’exception préliminaire du Gouvernement relative à l’inapplicabilité ratione materiae de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention et la rejette ;
2. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1 ;
3. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention ;

4. Dit qu’il n’y a pas lieu d’examiner séparément ni la recevabilité ni le bien-fondé des griefs tirés de l’article 6 § 1 de la Convention ;
5. Dit
a) que l’Etat défendeur doit restituer aux requérants les quatre appartements de l’immeuble situé à Bucarest, au no 27, rue Arhitect Ioan Mincu, dans les trois mois à compter du jour où le présent arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention ;
b) qu’à défaut d’une telle restitution, l’Etat défendeur doit verser conjointement aux requérants, dans le même délai de trois mois, 900 000 EUR (neuf cent mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage matériel ;
c) qu’en tout état de cause, l’Etat défendeur doit verser conjointement aux requérants, dans le même délai, 2 000 EUR (deux mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral ;
d) que les sommes mentionnées
aux points b) et c) seront à convertir dans la monnaie de l’Etat défendeur au taux applicable à la date du règlement ;
e) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ce montant sera à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
6. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 13 octobre 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Greffier Président

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