SECONDA SEZIONE
CAUSA ALİ TAŞ C. TURCHIA
(Richiesta no 10250/02)
SENTENZA
STRASBURGO
22 settembre 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Ali Taş c. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, Nona Tsotsoria, Işıl Karakaş, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 1 settembre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 10250/02) diretta contro la Repubblica della Turchia e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. A. T. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 7 dicembre 2001 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da A.İ. K., avvocato a Hatay. Il governo turco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente.
3. Il richiedente adduceva una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
4. Il 10 novembre 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
5. Tanto il richiedente che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte sul merito della causa, articolo 59 § 1 dell’ordinamento.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
6. Il richiedente è nato nel 1940 e ha risieduto a Berlino.
7. Il 19 ottobre 1979, il richiedente fece l’acquisizione di un terreno di una superficie di 700 m² a Belen-İskenderun. L’acquisizione fu iscritta sul registro fondiario nella stessa data.
A. Il procedimento relativo alla classificazione del terreno del richiedente come foresta di stato
8. In seguito a studi condotti dal servizio del catasto nel 1982, il terreno in questione fu classificato come zona forestale, dipendendo così dal demanio pubblica.
9. Nel 1988, la commissione del catasto delle foreste (“la commissione”) condusse una valutazione catastale( aplikasyon çalışması) in vista di determinare i terreni che avevano perso la qualità di foresta dagli studi del 1982. Nel suo rapporto pubblicato il 19 aprile 1988, la Commissione concluse che il terreno controverso conservava la sua qualità di foresta e faceva parte della foresta di stato.
10. Il 21 settembre 1988, il richiedente investì il tribunale del catasto di İskenderun (“il tribunale del catasto”) di un ricorso per annullamento della classificazione del terreno controverso come foresta e contestò le conclusioni del rapporto del 19 aprile 1988 della Commissione.
11. Il 28 dicembre 1990, il tribunale del catasto accolse favorevolmente l’istanza del richiedente e decise di escludere il terreno controverso dai limiti della foresta. Si basò in particolare sui rapporti di perizia secondo cui il terreno in questione non aveva legame con la foresta, era oggetto di una proprietà privata, aveva perso i caratteri di una foresta dal punto di vista della terreno e della flora e si trovava nella zona di abitazione.
12. Il 29 giugno 1992, la Corte di cassazione annullò il giudizio di prima istanza nei seguenti termini:
Secondo le prove raccolte, il contenuto della pratica, la corrispondenza ed i verbali, viene stabilito che il terreno è stato classificato [come foresta di stato] all’epoca della delimitazione, effettuata nel 1982, e che non è stato escluso dai limiti della foresta all’epoca dell’applicazione dell’articolo 2/B [della legge no 6831]. Tutte le foreste sono nazionalizzate dalla legge no 4785 [del luglio 1945] ed i capoversi riguardati dell’articolo 45 della legge 3402 [relativa al catasto], permettendo l’acquisizione di terreni sulla foresta tramite atto di proprietà e possesso, sono stati annullati dalla Corte costituzionale [con la sua decisione del 1 giugno 1988]. Non solo non è possibile guadagnare della terra a partire dalle foreste tramite queste vie, ma non si potrebbe riconoscere inoltre [in materia] alle persone private un interesse legittimo e la capacità attiva di stare in giudizio, nella misura in cui i terreni esclusi dai limiti della foresta in virtù dell’articolo 2/B modificato della legge no 6831 devono essere a profitto del Tesoro pubblico. “
13. Il 4 dicembre 1992, il tribunale del catasto respinse il richiedente delle sue istanze, riprendendo gli stessi motivi di quelli esposti nella suddetta sentenza della Corte di cassazione.
14. Il 28 febbraio 1994, la Corte di cassazione confermò la sentenza attaccata.
B. Il procedimento relativo alla richiesta del richiedente per danno-interessi
15. Il 30 ottobre 1996, il richiedente introdusse un’azione per danno-interessi contro il ministero della Foresta (“il Ministero”) e della Direzione generale delle Foreste (“la Direzione”) dinnanzi alla corte d’appello di İskenderun (“la corte d’appello”). Fece valere che il trasferimento del suo terreno al Tesoro pubblico senza il versamento di un’indennità, al motivo che il terreno in questione faceva parte della foresta di stato, costituiva un attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni.
16. Il 16 giugno 1998, il collegio di tre periti versò alla pratica il rapporto di perizia chiesto dal tribunale. In questo rapporto, i periti valutarono il valore del terreno a 4 200 000 000 lire turche (TRL) (circa 43 830 dollari americani (USD) all’epoca dei fatti) in data dell’introduzione dell’azione nel 1996. Constatarono che il terreno aveva avuto la qualità di terreno edificabile in virtù di un decreto del Consiglio dei ministri del 28 febbraio 1983 e che il suddetto valore corrispondeva alla superficie dopo la deduzione del 35% della superficie per la pianificazione.
17. Con una sentenza del 1 giugno 1999, la corte d’appello respinse l’istanza del richiedente considerando, in suo considerando, che il terreno controverso faceva parte delle foreste che facevano loro stesse parte dalla proprietà pubblica dello stato che a questo titolo non poteva essere oggetto di nessun titolo di proprietà e che il registro fondiario concernente il terreno controverso era nullo e non avvenuto e che infine il richiedente non poteva beneficiare delle disposizioni dell’articolo 931 del codice civile concernenti l’acquisizione in buona fede. Il tribunale considerò inoltre che era lecito al richiedente introdurre un’azione contro il vecchio proprietario del terreno secondo le disposizioni del codice civile sull’ “arricchimento senza causa”, ma che la sua istanza diretta contro il Ministero e la Direzione che avevano effettuato i lavori di delimitazione, non era fondata, nella misura in cui i registri fondiari non erano stati stabiliti alla conclusione di una controversia che l’opponeva all’amministrazione delle foreste.
18. Il 28 marzo 2000, la Corte di cassazione confermò la sentenza attaccata.
19. Il 27 settembre 2001, la Corte di cassazione respinse l’istanza di rettifica della sentenza introdotta dal richiedente.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
20. Il diritto e la pratica interna pertinenti sono descritti nella sentenza Turgut ed altri c. Turchia ( no 1411/03, §§ 1-67, 8 luglio 2008).
Secondo l’articolo 1023 del codice civile, la buona fede di terzi è protetta dalla legge quando questi acquisiscono un diritto di proprietà o un altro diritto reale fidandosi del registro fondiario.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
21. Il richiedente sostiene che l’annullamento del suo titolo di proprietà, senza versamento di un’indennità, costituisca un attentato sproporzionato al suo diritto al rispetto dei suoi beni ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che è formulato così:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
22. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
1. Sulla competenza ratione temporis della Corte
23. Il Governo sostiene che il motivo di appello del richiedente è incompatibile ratione temporis con le disposizioni della Convenzione, nella misura in cui l’ingerenza in questione ha avuto luogo nel 1982 all’epoca della classificazione del terreno controverso in quanto demanio forestale pubblico, dunque prima dell’accettazione da parte della Turchia della giurisdizione obbligatoria della Corte, il 22 gennaio 1990.
24. Secondo il richiedente, se i lavori di delimitazione della commissione catastale sono stati effettuati prima del 22 gennaio 1990, i procedimenti concernenti la perdita del suo titolo di proprietà e la richiesta di compenso si sono conclusi rispettivamente nel 1996 e nel 2001, o molto dopo l’accettazione da parte della Turchia della giurisdizione obbligatoria della Corte.
25. La Corte constata che il procedimento relativo alla privazione del diritto di proprietà del richiedente si è concluso nel 1996 e che il procedimento concernente la richiesta di indennizzo si è concluso nel 2001. La privazione di proprietà ed il rifiuto dell’indennizzo chiesto è intervenuta dunque molto dopo l’accettazione da parte della Turchia della giurisdizione obbligatoria della Corte.
26. La Corte ricorda che ha respinto già un’eccezione simile nelle precedenti decisioni (vedere, da ultima, Turgut ed altri c. Turchia, precitata, §§ 69-75). Perciò, respinge l’eccezione del Governo tratta dall’incompetenza ratione temporis.
2. Sul non-esaurimento delle vie di ricorso interne
27. Il Governo sostiene anche che il richiedente non ha esaurito le vie di ricorso interne. Da una parte, chiede alla Corte di dichiarare la richiesta inammissibile nella misura in cui le conclusioni della commissione catastale in quanto alla natura forestale del terreno sarebbero diventate definitive, non avendo formulato il richiedente nessuna obiezione nel 1982. Dall’altra parte sostiene che il richiedente avrebbe potuto rivalersi contro il vecchio proprietario che gli aveva venduto il terreno, per chiedere dei compensi secondo le disposizioni del codice civile sull’arricchimento senza causa.
28. Il richiedente contesta questi argomenti. Afferma che risiedeva in Germania nel 1982 e che l’affissione delle conclusioni della commissione catastale ha avuto, in virtù dell’articolo 12 della legge no 3402 relativa al catasto, l’effetto di una notificazione ufficiale. Sostiene che la stessa disposizione contempla un termine di dieci anni per contestare le conclusioni di suddetta commissione e che ha esercitato il ricorso contemplato a questo effetto.
In quanto alla possibilità di rivalersi contro il vecchio proprietario, il richiedente fa valere che questo deteneva il terreno dal 1947 in buona fede e che il titolo di proprietà non è stato annullato in ragione di una mancanza imputabile a chiunque, ma in virtù delle disposizioni sul demanio forestale pubblica. Avrebbe diretto la sua istanza contro il Tesoro pubblico perché solo la responsabilità statale poteva essere impegnata in ragione della responsabilità dello stato nell’ambito della tenuta dei registri fondiari.
29. La Corte ricorda che l’obbligo derivante dall’articolo 35 § 1 si limita a quello di fare verosimilmente un uso normale dei ricorsi efficaci, sufficienti ed accessibili (Sofri ed altri c. Italia, (dec.), no 37235/97, CEDH 2003-VIII). In particolare, la Convenzione prescrive l’esaurimento solo dei ricorsi relativi alle violazioni incriminate, al tempo stesso disponibili ed adeguati. Questi ricorsi devono esistere non solo ad un grado sufficiente di certezza in teoria ma anche in pratica, altrimenti mancano loro l’effettività e l’accessibilità volute (Akdivar ed altri c. Turchia, 16 settembre 1996, § 66, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-IV).
30. Nell’occorrenza, la Corte stima che il Governo non indica in quale misura tali ricorsi potrebbero essere efficaci, sufficienti ed accessibili.
Difatti, per ciò che riguarda il fatto che il richiedente non abbia formulato obiezioni contro le conclusioni della commissione catastale nel 1982, dopo l’affissione pubblica, la Corte constata che non è stato dimostrato che il richiedente abbia ricevuto notificazione in buona e dovuta forma delle conclusioni della commissione catastale e che non è contestato dal Governo che il richiedente abbia investito il tribunale di un ricorso per annullamento nel termine previsto dal diritto interno e che la sua istanza non è stata respinta per mancata osservanza del termine contemplato a questo effetto.
Per ciò che riguarda la possibilità di rivalersi contro il vecchio proprietario, la Corte nota col richiedente che il suo titolo di proprietà è stato annullato sul fondamento delle disposizioni interne secondo cui le persone private non possono acquisire alcun terreno sul demanio forestale malgrado un titolo di proprietà valido (paragrafo 12), e non in ragione di una mancanza imputabile al vecchio proprietario.
Peraltro, la Corte stima che nell’occorrenza non sarebbe opportuno chiedere al richiedente che ha aspettato già tanti anni delle decisioni riguardanti sia la natura del terreno in questione che la richiesta di indennità, di impegnare un nuovo procedimento per ottenere un’indennità (vedere Turgut ed altri c. Turchia, precitata, § 80).
31. La Corte respinge quindi, anche questa eccezione.
3. Conclusione
32. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
33. Nell’occorrenza, la Corte constata che l’ingerenza nel diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni si analizza in una “privazione” di proprietà ai sensi della secondo frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
Avuto riguardo ai motivi avanzati dalle giurisdizioni nazionali, la Corte stima che lo scopo della privazione imposta al richiedente, ossia la protezione della natura e delle foreste, si introduca nella cornice dell’interesse generale ai sensi della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere, tra altre, Şatır c. Turchia, no 36192/03, § 33, 10 marzo 2009).
34. La Corte ricorda di avere già esaminato un motivo di appello identico a quello presentato dal richiedente ed avere concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Difatti, ha detto che, senza il versamento di una somma ragionevolmente in rapporto col valore del bene, una privazione di proprietà costituisce normalmente un attentato eccessivo, e che una mancanza totale di indennizzo potrebbe giustificarsi sul terreno dell’articolo 1 del Protocollo no 1 solo in circostanze eccezionali (vedere Turgut ed altri c. Turchia, precitata, §§ 86-93 e più in particolare Şatýr c. Turchia, precitata, § 34). Nello specifico, il richiedente non ha ricevuto nessuno indennizzo in ragione del trasferimento di proprietà del suo bene al Tesoro pubblico. La Corte constata che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente nello specifico (Turgut ed altri c. Turchia, precitata, § 92 e Şatır c. Turchia, precitata, § 34).
35. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
36. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno materiale
37. Il richiedente adduce di avere subito un danno, sia materiale che morale. Per il danno materiale, il richiedente richiede 44 191 dollari americani (USD), o l’equivalente di 4 200 000 000 lire turche (TRL), importo definito dalla squadra di periti su richiesta della corte d’appello di İskenderun in data dell’introduzione dell’azione, il 30 ottobre 1996.
38. Il Governo invita la Corte a respingere le richiese di indennizzo. Secondo lui, la soddisfazione equa non costituisce il principale scopo del meccanismo di controllo della Convenzione e la somma chiesta dal richiedente non tiene conto delle realtà economiche e sociali del paese.
39. La Corte ricorda che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo di mettere un termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo da ristabilire tanto quanto si può la situazione anteriore a questa (Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI). Gli Stati contraenti parti ad una causa sono in principio liberi di scegliere i mezzi che utilizzeranno per conformarsi ad una sentenza che constata una violazione. Questo potere di valutazione in quanto alle modalità di esecuzione di una sentenza traduce la libertà di scelta a cui è abbinato l’obbligo fondamentale imposto dalla Convenzione agli Stati contraenti: garantire il rispetto dei diritti e delle libertà garantiti (articolo 1). Se la natura della violazione permette una restitutio in integrum, incombe sullo stato convenuto di realizzarla, non avendo la Corte né la competenza né la possibilità pratica di compierla lei stessa. S il diritto nazionale non permette, in compenso, o permette solamente imperfettamente di cancellare le conseguenze della violazione, l’articolo 41 abilita la Corte ad accordare, se c’è luogo, alla parte lesa la soddisfazione che gli sembra appropriata (Brumărescu c. Romania (soddisfazione equa) [GC], no 28342/95, § 20, CEDH 2001-I).
40. Nell’occorrenza, la Corte ha concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 in ragione della mancanza di indennizzo. Stima dunque che, nella presente causa, la natura della violazione constatata non le permette di partire dal principio di una restitutio in integrum. Il carattere lecito di simile spodestamento si ripercuote per forza di cose sui criteri da adoperare per determinare il risarcimento dovuto dallo stato convenuto, non potendo essere assimilate le conseguenze finanziarie di una confisca lecita a quelle di un spodestamento illecito (Scordino c. Italia (no 1) [GC], no 36813/97, §§ 249-250, CEDH 2006 -…, ed Ex-re di Grecia ed altri c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 25701/94, § 75, 28 novembre 2002).
41. Inoltre, la Corte ricorda di avere detto nelle cause riguardanti lo stesso motivo (Turgut ed altri c. Turchia, precitata, § 90 e Şatır c. Turchia, precitata, § 33) che:
“[l]a protezione della natura e delle foreste e più generalmente l’ambiente costituisce un valore la cui difesa suscita nell’opinione pubblica, e di conseguenza presso i poteri pubblici, un interesse consolidato e sostenuto. Degli imperativi economici ed anche certi diritti fondamentali, come il diritto di proprietà, non dovrebbero vedersi accordare il primato di fronte alle considerazioni relative alla protezione dell’ambiente, in particolare quando lo stato ha legiferato in materia .”
Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, senza il versamento di una somma ragionevolmente in rapporto col valore del bene, una privazione di proprietà costituisce normalmente un attentato eccessivo. L’articolo 1 del Protocollo no 1 non garantisce però in ogni caso il diritto ad un risarcimento integrale. Alcuni obiettivi legittimi “di utilità pubblica” possono militare per un rimborso inferiore al pieno valore dei beni espropriati (vedere, mutatis mutandis, Lithgow ed altri c. Regno Unito, 8 luglio 1986, § 121, serie A no 102, Broniowski c. Polonia [GC], no 31443/96, § 182, CEDH 2004-V, e Scordino c. Italia (no 1), precitata, § 95).
42. Alla luce di queste considerazioni e per determinare il risarcimento adeguato, la Corte prenderà in conto l’insieme dei documenti della pratica presentata dalle parti così come le informazioni pertinenti di cui dispone (vedere, mutatis mutandis, N.A. ed altri c. Turchia (soddisfazione equa), no 37451/97, § 18, 9 gennaio 2007). Più precisamente, giudica opportuno basarsi sulle conclusioni delle perizie effettuate durante il procedimento nazionale, anche se non si stima legata all’importo al quale sono arrivate (vedere, nello stesso senso, Kozacıoğlu c. Turchia [GC], no 2334/03, § 85, 19 febbraio 2009).
43. A questo riguardo, la Corte nota che il richiedente presenta un rapporto di perizia stabilito dai periti designati dal tribunale. Questo rapporto ha valutato il terreno a 4 200 000 000 TRL (o circa 34 530 EUR) in data del 30 ottobre 1996.
44. Tenuto conto di questi elementi-ivi compreso dell’obiettivo legittimo di utilità pubblica perseguito dall’ingerenza controversa- e deliberando in equità, la Corte giudica ragionevole accordare al richiedente la somma di 30 000 EUR per danno materiale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su questa somma.
B. Danno morale
45. A titolo del danno morale, il richiedente richiede 6 000 USD.
46. Il Governo stima che non c’è luogo di accordare una somma a questo titolo.
47. Tenuto conto delle circostanze della causa, la Corte stima che la constatazione di violazione costituisce un risarcimento sufficiente (vedere, a contrario, Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia (soddisfazione equa), no 31524/96, §§ 40-42, 30 ottobre 2003).
C. Interessi moratori
48. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare del giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 30 000 EUR (trentamila euro) per danno materiale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, da convertire in lire turche al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti di percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 22 settembre 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa