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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE ALI TAS c. TURQUIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 10250/02/2009
Stato: Turchia
Data: 2009-09-22 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

SECONDA SEZIONE
CAUSA ALİ TAŞ C. TURCHIA
(Richiesta no 10250/02)
SENTENZA
STRASBURGO
22 settembre 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Ali Taş c. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, Nona Tsotsoria, Işıl Karakaş, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 1 settembre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 10250/02) diretta contro la Repubblica della Turchia e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. A. T. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 7 dicembre 2001 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da A.İ. K., avvocato a Hatay. Il governo turco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente.
3. Il richiedente adduceva una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
4. Il 10 novembre 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
5. Tanto il richiedente che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte sul merito della causa, articolo 59 § 1 dell’ordinamento.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
6. Il richiedente è nato nel 1940 e ha risieduto a Berlino.
7. Il 19 ottobre 1979, il richiedente fece l’acquisizione di un terreno di una superficie di 700 m² a Belen-İskenderun. L’acquisizione fu iscritta sul registro fondiario nella stessa data.
A. Il procedimento relativo alla classificazione del terreno del richiedente come foresta di stato
8. In seguito a studi condotti dal servizio del catasto nel 1982, il terreno in questione fu classificato come zona forestale, dipendendo così dal demanio pubblica.
9. Nel 1988, la commissione del catasto delle foreste (“la commissione”) condusse una valutazione catastale( aplikasyon çalışması) in vista di determinare i terreni che avevano perso la qualità di foresta dagli studi del 1982. Nel suo rapporto pubblicato il 19 aprile 1988, la Commissione concluse che il terreno controverso conservava la sua qualità di foresta e faceva parte della foresta di stato.
10. Il 21 settembre 1988, il richiedente investì il tribunale del catasto di İskenderun (“il tribunale del catasto”) di un ricorso per annullamento della classificazione del terreno controverso come foresta e contestò le conclusioni del rapporto del 19 aprile 1988 della Commissione.
11. Il 28 dicembre 1990, il tribunale del catasto accolse favorevolmente l’istanza del richiedente e decise di escludere il terreno controverso dai limiti della foresta. Si basò in particolare sui rapporti di perizia secondo cui il terreno in questione non aveva legame con la foresta, era oggetto di una proprietà privata, aveva perso i caratteri di una foresta dal punto di vista della terreno e della flora e si trovava nella zona di abitazione.
12. Il 29 giugno 1992, la Corte di cassazione annullò il giudizio di prima istanza nei seguenti termini:
Secondo le prove raccolte, il contenuto della pratica, la corrispondenza ed i verbali, viene stabilito che il terreno è stato classificato [come foresta di stato] all’epoca della delimitazione, effettuata nel 1982, e che non è stato escluso dai limiti della foresta all’epoca dell’applicazione dell’articolo 2/B [della legge no 6831]. Tutte le foreste sono nazionalizzate dalla legge no 4785 [del luglio 1945] ed i capoversi riguardati dell’articolo 45 della legge 3402 [relativa al catasto], permettendo l’acquisizione di terreni sulla foresta tramite atto di proprietà e possesso, sono stati annullati dalla Corte costituzionale [con la sua decisione del 1 giugno 1988]. Non solo non è possibile guadagnare della terra a partire dalle foreste tramite queste vie, ma non si potrebbe riconoscere inoltre [in materia] alle persone private un interesse legittimo e la capacità attiva di stare in giudizio, nella misura in cui i terreni esclusi dai limiti della foresta in virtù dell’articolo 2/B modificato della legge no 6831 devono essere a profitto del Tesoro pubblico. “
13. Il 4 dicembre 1992, il tribunale del catasto respinse il richiedente delle sue istanze, riprendendo gli stessi motivi di quelli esposti nella suddetta sentenza della Corte di cassazione.
14. Il 28 febbraio 1994, la Corte di cassazione confermò la sentenza attaccata.
B. Il procedimento relativo alla richiesta del richiedente per danno-interessi
15. Il 30 ottobre 1996, il richiedente introdusse un’azione per danno-interessi contro il ministero della Foresta (“il Ministero”) e della Direzione generale delle Foreste (“la Direzione”) dinnanzi alla corte d’appello di İskenderun (“la corte d’appello”). Fece valere che il trasferimento del suo terreno al Tesoro pubblico senza il versamento di un’indennità, al motivo che il terreno in questione faceva parte della foresta di stato, costituiva un attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni.
16. Il 16 giugno 1998, il collegio di tre periti versò alla pratica il rapporto di perizia chiesto dal tribunale. In questo rapporto, i periti valutarono il valore del terreno a 4 200 000 000 lire turche (TRL) (circa 43 830 dollari americani (USD) all’epoca dei fatti) in data dell’introduzione dell’azione nel 1996. Constatarono che il terreno aveva avuto la qualità di terreno edificabile in virtù di un decreto del Consiglio dei ministri del 28 febbraio 1983 e che il suddetto valore corrispondeva alla superficie dopo la deduzione del 35% della superficie per la pianificazione.
17. Con una sentenza del 1 giugno 1999, la corte d’appello respinse l’istanza del richiedente considerando, in suo considerando, che il terreno controverso faceva parte delle foreste che facevano loro stesse parte dalla proprietà pubblica dello stato che a questo titolo non poteva essere oggetto di nessun titolo di proprietà e che il registro fondiario concernente il terreno controverso era nullo e non avvenuto e che infine il richiedente non poteva beneficiare delle disposizioni dell’articolo 931 del codice civile concernenti l’acquisizione in buona fede. Il tribunale considerò inoltre che era lecito al richiedente introdurre un’azione contro il vecchio proprietario del terreno secondo le disposizioni del codice civile sull’ “arricchimento senza causa”, ma che la sua istanza diretta contro il Ministero e la Direzione che avevano effettuato i lavori di delimitazione, non era fondata, nella misura in cui i registri fondiari non erano stati stabiliti alla conclusione di una controversia che l’opponeva all’amministrazione delle foreste.
18. Il 28 marzo 2000, la Corte di cassazione confermò la sentenza attaccata.
19. Il 27 settembre 2001, la Corte di cassazione respinse l’istanza di rettifica della sentenza introdotta dal richiedente.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
20. Il diritto e la pratica interna pertinenti sono descritti nella sentenza Turgut ed altri c. Turchia ( no 1411/03, §§ 1-67, 8 luglio 2008).
Secondo l’articolo 1023 del codice civile, la buona fede di terzi è protetta dalla legge quando questi acquisiscono un diritto di proprietà o un altro diritto reale fidandosi del registro fondiario.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
21. Il richiedente sostiene che l’annullamento del suo titolo di proprietà, senza versamento di un’indennità, costituisca un attentato sproporzionato al suo diritto al rispetto dei suoi beni ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che è formulato così:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
22. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
1. Sulla competenza ratione temporis della Corte
23. Il Governo sostiene che il motivo di appello del richiedente è incompatibile ratione temporis con le disposizioni della Convenzione, nella misura in cui l’ingerenza in questione ha avuto luogo nel 1982 all’epoca della classificazione del terreno controverso in quanto demanio forestale pubblico, dunque prima dell’accettazione da parte della Turchia della giurisdizione obbligatoria della Corte, il 22 gennaio 1990.
24. Secondo il richiedente, se i lavori di delimitazione della commissione catastale sono stati effettuati prima del 22 gennaio 1990, i procedimenti concernenti la perdita del suo titolo di proprietà e la richiesta di compenso si sono conclusi rispettivamente nel 1996 e nel 2001, o molto dopo l’accettazione da parte della Turchia della giurisdizione obbligatoria della Corte.
25. La Corte constata che il procedimento relativo alla privazione del diritto di proprietà del richiedente si è concluso nel 1996 e che il procedimento concernente la richiesta di indennizzo si è concluso nel 2001. La privazione di proprietà ed il rifiuto dell’indennizzo chiesto è intervenuta dunque molto dopo l’accettazione da parte della Turchia della giurisdizione obbligatoria della Corte.
26. La Corte ricorda che ha respinto già un’eccezione simile nelle precedenti decisioni (vedere, da ultima, Turgut ed altri c. Turchia, precitata, §§ 69-75). Perciò, respinge l’eccezione del Governo tratta dall’incompetenza ratione temporis.
2. Sul non-esaurimento delle vie di ricorso interne
27. Il Governo sostiene anche che il richiedente non ha esaurito le vie di ricorso interne. Da una parte, chiede alla Corte di dichiarare la richiesta inammissibile nella misura in cui le conclusioni della commissione catastale in quanto alla natura forestale del terreno sarebbero diventate definitive, non avendo formulato il richiedente nessuna obiezione nel 1982. Dall’altra parte sostiene che il richiedente avrebbe potuto rivalersi contro il vecchio proprietario che gli aveva venduto il terreno, per chiedere dei compensi secondo le disposizioni del codice civile sull’arricchimento senza causa.
28. Il richiedente contesta questi argomenti. Afferma che risiedeva in Germania nel 1982 e che l’affissione delle conclusioni della commissione catastale ha avuto, in virtù dell’articolo 12 della legge no 3402 relativa al catasto, l’effetto di una notificazione ufficiale. Sostiene che la stessa disposizione contempla un termine di dieci anni per contestare le conclusioni di suddetta commissione e che ha esercitato il ricorso contemplato a questo effetto.
In quanto alla possibilità di rivalersi contro il vecchio proprietario, il richiedente fa valere che questo deteneva il terreno dal 1947 in buona fede e che il titolo di proprietà non è stato annullato in ragione di una mancanza imputabile a chiunque, ma in virtù delle disposizioni sul demanio forestale pubblica. Avrebbe diretto la sua istanza contro il Tesoro pubblico perché solo la responsabilità statale poteva essere impegnata in ragione della responsabilità dello stato nell’ambito della tenuta dei registri fondiari.
29. La Corte ricorda che l’obbligo derivante dall’articolo 35 § 1 si limita a quello di fare verosimilmente un uso normale dei ricorsi efficaci, sufficienti ed accessibili (Sofri ed altri c. Italia, (dec.), no 37235/97, CEDH 2003-VIII). In particolare, la Convenzione prescrive l’esaurimento solo dei ricorsi relativi alle violazioni incriminate, al tempo stesso disponibili ed adeguati. Questi ricorsi devono esistere non solo ad un grado sufficiente di certezza in teoria ma anche in pratica, altrimenti mancano loro l’effettività e l’accessibilità volute (Akdivar ed altri c. Turchia, 16 settembre 1996, § 66, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-IV).
30. Nell’occorrenza, la Corte stima che il Governo non indica in quale misura tali ricorsi potrebbero essere efficaci, sufficienti ed accessibili.
Difatti, per ciò che riguarda il fatto che il richiedente non abbia formulato obiezioni contro le conclusioni della commissione catastale nel 1982, dopo l’affissione pubblica, la Corte constata che non è stato dimostrato che il richiedente abbia ricevuto notificazione in buona e dovuta forma delle conclusioni della commissione catastale e che non è contestato dal Governo che il richiedente abbia investito il tribunale di un ricorso per annullamento nel termine previsto dal diritto interno e che la sua istanza non è stata respinta per mancata osservanza del termine contemplato a questo effetto.
Per ciò che riguarda la possibilità di rivalersi contro il vecchio proprietario, la Corte nota col richiedente che il suo titolo di proprietà è stato annullato sul fondamento delle disposizioni interne secondo cui le persone private non possono acquisire alcun terreno sul demanio forestale malgrado un titolo di proprietà valido (paragrafo 12), e non in ragione di una mancanza imputabile al vecchio proprietario.
Peraltro, la Corte stima che nell’occorrenza non sarebbe opportuno chiedere al richiedente che ha aspettato già tanti anni delle decisioni riguardanti sia la natura del terreno in questione che la richiesta di indennità, di impegnare un nuovo procedimento per ottenere un’indennità (vedere Turgut ed altri c. Turchia, precitata, § 80).
31. La Corte respinge quindi, anche questa eccezione.
3. Conclusione
32. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
33. Nell’occorrenza, la Corte constata che l’ingerenza nel diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni si analizza in una “privazione” di proprietà ai sensi della secondo frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
Avuto riguardo ai motivi avanzati dalle giurisdizioni nazionali, la Corte stima che lo scopo della privazione imposta al richiedente, ossia la protezione della natura e delle foreste, si introduca nella cornice dell’interesse generale ai sensi della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere, tra altre, Şatır c. Turchia, no 36192/03, § 33, 10 marzo 2009).
34. La Corte ricorda di avere già esaminato un motivo di appello identico a quello presentato dal richiedente ed avere concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Difatti, ha detto che, senza il versamento di una somma ragionevolmente in rapporto col valore del bene, una privazione di proprietà costituisce normalmente un attentato eccessivo, e che una mancanza totale di indennizzo potrebbe giustificarsi sul terreno dell’articolo 1 del Protocollo no 1 solo in circostanze eccezionali (vedere Turgut ed altri c. Turchia, precitata, §§ 86-93 e più in particolare Şatýr c. Turchia, precitata, § 34). Nello specifico, il richiedente non ha ricevuto nessuno indennizzo in ragione del trasferimento di proprietà del suo bene al Tesoro pubblico. La Corte constata che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente nello specifico (Turgut ed altri c. Turchia, precitata, § 92 e Şatır c. Turchia, precitata, § 34).
35. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
36. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno materiale
37. Il richiedente adduce di avere subito un danno, sia materiale che morale. Per il danno materiale, il richiedente richiede 44 191 dollari americani (USD), o l’equivalente di 4 200 000 000 lire turche (TRL), importo definito dalla squadra di periti su richiesta della corte d’appello di İskenderun in data dell’introduzione dell’azione, il 30 ottobre 1996.
38. Il Governo invita la Corte a respingere le richiese di indennizzo. Secondo lui, la soddisfazione equa non costituisce il principale scopo del meccanismo di controllo della Convenzione e la somma chiesta dal richiedente non tiene conto delle realtà economiche e sociali del paese.
39. La Corte ricorda che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo di mettere un termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo da ristabilire tanto quanto si può la situazione anteriore a questa (Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI). Gli Stati contraenti parti ad una causa sono in principio liberi di scegliere i mezzi che utilizzeranno per conformarsi ad una sentenza che constata una violazione. Questo potere di valutazione in quanto alle modalità di esecuzione di una sentenza traduce la libertà di scelta a cui è abbinato l’obbligo fondamentale imposto dalla Convenzione agli Stati contraenti: garantire il rispetto dei diritti e delle libertà garantiti (articolo 1). Se la natura della violazione permette una restitutio in integrum, incombe sullo stato convenuto di realizzarla, non avendo la Corte né la competenza né la possibilità pratica di compierla lei stessa. S il diritto nazionale non permette, in compenso, o permette solamente imperfettamente di cancellare le conseguenze della violazione, l’articolo 41 abilita la Corte ad accordare, se c’è luogo, alla parte lesa la soddisfazione che gli sembra appropriata (Brumărescu c. Romania (soddisfazione equa) [GC], no 28342/95, § 20, CEDH 2001-I).
40. Nell’occorrenza, la Corte ha concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 in ragione della mancanza di indennizzo. Stima dunque che, nella presente causa, la natura della violazione constatata non le permette di partire dal principio di una restitutio in integrum. Il carattere lecito di simile spodestamento si ripercuote per forza di cose sui criteri da adoperare per determinare il risarcimento dovuto dallo stato convenuto, non potendo essere assimilate le conseguenze finanziarie di una confisca lecita a quelle di un spodestamento illecito (Scordino c. Italia (no 1) [GC], no 36813/97, §§ 249-250, CEDH 2006 -…, ed Ex-re di Grecia ed altri c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 25701/94, § 75, 28 novembre 2002).
41. Inoltre, la Corte ricorda di avere detto nelle cause riguardanti lo stesso motivo (Turgut ed altri c. Turchia, precitata, § 90 e Şatır c. Turchia, precitata, § 33) che:
“[l]a protezione della natura e delle foreste e più generalmente l’ambiente costituisce un valore la cui difesa suscita nell’opinione pubblica, e di conseguenza presso i poteri pubblici, un interesse consolidato e sostenuto. Degli imperativi economici ed anche certi diritti fondamentali, come il diritto di proprietà, non dovrebbero vedersi accordare il primato di fronte alle considerazioni relative alla protezione dell’ambiente, in particolare quando lo stato ha legiferato in materia .”
Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, senza il versamento di una somma ragionevolmente in rapporto col valore del bene, una privazione di proprietà costituisce normalmente un attentato eccessivo. L’articolo 1 del Protocollo no 1 non garantisce però in ogni caso il diritto ad un risarcimento integrale. Alcuni obiettivi legittimi “di utilità pubblica” possono militare per un rimborso inferiore al pieno valore dei beni espropriati (vedere, mutatis mutandis, Lithgow ed altri c. Regno Unito, 8 luglio 1986, § 121, serie A no 102, Broniowski c. Polonia [GC], no 31443/96, § 182, CEDH 2004-V, e Scordino c. Italia (no 1), precitata, § 95).
42. Alla luce di queste considerazioni e per determinare il risarcimento adeguato, la Corte prenderà in conto l’insieme dei documenti della pratica presentata dalle parti così come le informazioni pertinenti di cui dispone (vedere, mutatis mutandis, N.A. ed altri c. Turchia (soddisfazione equa), no 37451/97, § 18, 9 gennaio 2007). Più precisamente, giudica opportuno basarsi sulle conclusioni delle perizie effettuate durante il procedimento nazionale, anche se non si stima legata all’importo al quale sono arrivate (vedere, nello stesso senso, Kozacıoğlu c. Turchia [GC], no 2334/03, § 85, 19 febbraio 2009).
43. A questo riguardo, la Corte nota che il richiedente presenta un rapporto di perizia stabilito dai periti designati dal tribunale. Questo rapporto ha valutato il terreno a 4 200 000 000 TRL (o circa 34 530 EUR) in data del 30 ottobre 1996.
44. Tenuto conto di questi elementi-ivi compreso dell’obiettivo legittimo di utilità pubblica perseguito dall’ingerenza controversa- e deliberando in equità, la Corte giudica ragionevole accordare al richiedente la somma di 30 000 EUR per danno materiale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su questa somma.
B. Danno morale
45. A titolo del danno morale, il richiedente richiede 6 000 USD.
46. Il Governo stima che non c’è luogo di accordare una somma a questo titolo.
47. Tenuto conto delle circostanze della causa, la Corte stima che la constatazione di violazione costituisce un risarcimento sufficiente (vedere, a contrario, Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia (soddisfazione equa), no 31524/96, §§ 40-42, 30 ottobre 2003).
C. Interessi moratori
48. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare del giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 30 000 EUR (trentamila euro) per danno materiale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, da convertire in lire turche al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti di percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.

Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 22 settembre 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa

Testo Tradotto

DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE ALİ TAŞ c. TURQUIE
(Requête no 10250/02)
ARRÊT
STRASBOURG
22 septembre 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Ali Taş c. Turquie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
Nona Tsotsoria,
Işıl Karakaş, juges,
et de Sally Dollé, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 1er septembre 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 10250/02) dirigée contre la République de Turquie et dont un ressortissant de cet Etat, M. A. T. (« le requérant »), a saisi la Cour le 7 décembre 2001 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant est représenté par Me A.İ. K., avocat à Hatay. Le gouvernement turc (« le Gouvernement ») est représenté par son agent.
3. Le requérant alléguait une violation de l’article 1 du Protocole no 1.
4. Le 10 novembre 2006, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, elle a décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le bien-fondé de l’affaire.
5. Tant le requérant que le Gouvernement ont déposé des observations écrites sur le fond de l’affaire (article 59 § 1 du règlement).
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
6. Le requérant est né en 1940 et réside à Berlin.
7. Le 19 octobre 1979, le requérant fit l’acquisition d’un terrain d’une superficie de 700 m² à Belen-İskenderun. L’acquisition fut inscrite sur le registre foncier à la même date.
A. La procédure relative au classement du terrain du requérant en forêt d’Etat
8. A la suite d’études menées par le service du cadastre en 1982, le terrain en question fut classé en zone forestière, relevant ainsi du domaine public.
9. En 1988, la commission de cadastre des forêts (« la commission ») mena une évaluation cadastrale (aplikasyon çalışması), en vue de déterminer les terrains qui avaient perdu la qualité de forêt depuis les études de 1982. Dans son rapport publié le 19 avril 1988, la Commission conclut que le terrain litigieux conservait sa qualité de forêt et faisait partie de la forêt d’Etat.
10. Le 21 septembre 1988, le requérant saisit le tribunal de cadastre d’İskenderun (« le tribunal de cadastre ») d’un recours en annulation du classement du terrain litigieux comme forêt et contesta les conclusions du rapport du 19 avril 1988 de la Commission.
11. Le 28 décembre 1990, le tribunal de cadastre accueillit favorablement la demande du requérant et décida d’exclure le terrain litigieux des limites de la forêt. Il se fonda notamment sur les rapports d’expertise selon lesquels le terrain en question n’avait pas de lien avec la forêt, faisait l’objet d’une propriété privée, avait perdu les caractères d’une forêt du point de vue de la terre et de la flore et se situait dans la zone d’habitation.
12. Le 29 juin 1992, la Cour de cassation cassa le jugement de première instance dans les termes suivants :
« D’après les preuves recueillies, le contenu du dossier, la correspondance et les procès-verbaux, il est établi que le terrain a été classé [comme forêt d’Etat] lors de la délimitation, effectuée en 1982, et qu’il n’a pas été exclu des limites de la forêt lors de l’application de l’article 2/B [de la loi no 6831]. Toutes les forêts sont nationalisées par la loi no 4785 [du juillet 1945] et les alinéas concernés de l’article 45 de la loi 3402 [relative au cadastre], permettant l’acquisition de terrain sur la forêt par acte de propriété et par possession, ont été annulés par la Cour constitutionnelle [par sa décision du 1er juin 1988]. Non seulement il n’est pas possible de gagner de la terre à partir des forêts par ces voies, mais on ne saurait davantage reconnaître [en la matière] aux personnes privées un intérêt légitime et la capacité active d’ester en justice, dans la mesure où les terrains exclus des limites de la forêt en vertu de l’article 2/B modifié de la loi no 6831 doivent l’être au profit du Trésor public. »
13. Le 4 décembre 1992, le tribunal de cadastre débouta le requérant de ses demandes, en reprenant les mêmes motifs que ceux exposés dans l’arrêt de la Cour de cassation susmentionné.
14. Le 28 février 1994, la Cour de cassation confirma l’arrêt attaqué.
B. La procédure relative à la demande du requérant en dommages-intérêts
15. Le 30 octobre 1996, le requérant introduisit une action en dommages-intérêts à l’encontre du ministère de la Forêt (« le Ministère ») et de la Direction générale des Forêts (« la Direction ») devant le tribunal de grande instance d’İskenderun (« le tribunal de grande instance »). Il fit valoir que le transfert de son terrain au Trésor public sans le versement d’une indemnité, au motif que le terrain en question faisait partie de la forêt d’Etat, constituait une atteinte à son droit au respect de ses biens.
16. Le 16 juin 1998, le collège de trois experts versa au dossier le rapport d’expertise demandé par le tribunal. Dans ce rapport, les experts évaluèrent la valeur du terrain à 4 200 000 000 livres turques (TRL) (environ 43 830 dollars américains (USD) à l’époque des faits) à la date de l’introduction de l’action en 1996. Ils constatèrent que le terrain avait eu la qualité d’un terrain constructible en vertu d’un décret du Conseil des ministres du 28 février 1983 et que la valeur susmentionnée correspondait à la superficie après la déduction de 35 % de superficie pour l’aménagement.
17. Par un arrêt du 1er juin 1999, le tribunal de grande instance rejeta la demande du requérant en considérant, dans ses attendus, que le terrain litigieux faisait partie des forêts, qui faisaient elles-mêmes partie de la propriété publique de l’Etat, qu’à ce titre il ne pouvait faire l’objet d’aucun titre de propriété et que le registre foncier concernant le terrain litigieux était nul et non avenu et qu’enfin le requérant ne pouvait pas bénéficier des dispositions de l’article 931 du code civil concernant l’acquisition de bonne foi. Le tribunal considéra en outre qu’il était loisible au requérant d’introduire une action à l’encontre de l’ancien propriétaire du terrain selon les dispositions du code civil sur l’ « enrichissement sans cause », mais que sa demande dirigée contre le Ministère et la Direction, qui avaient effectué les travaux de délimitation, n’était pas fondée, dans la mesure où les registres fonciers n’avaient pas été établis à l’issue d’un litige l’opposant à l’administration des forêts.
18. Le 28 mars 2000, la Cour de cassation confirma l’arrêt attaqué.
19. Le 27 septembre 2001, la Cour de cassation rejeta la demande en rectification de l’arrêt introduite par le requérant.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
20. Le droit et la pratique internes pertinents sont décrits dans l’arrêt Turgut et autres c. Turquie, no 1411/03, §§ 1-67, 8 juillet 2008).
D’après l’article 1023 du code civil, la bonne foi des tiers est protégée par la loi lorsque ceux-ci acquièrent un droit de propriété ou un autre droit réel en se fiant au registre foncier.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
21. Le requérant soutient que l’annulation de son titre de propriété, sans versement d’une indemnité, constitue une atteinte disproportionnée à son droit au respect de ses biens au sens de l’article 1 du Protocole no 1, lequel est ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
22. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Sur la recevabilité
1. Sur la compétence ratione temporis de la Cour
23. Le Gouvernement soutient que le grief du requérant est incompatible ratione temporis avec les dispositions de la Convention, dans la mesure où l’ingérence en question a eu lieu en 1982 lors du classement du terrain litigieux en tant que domaine forestier public, donc avant l’acceptation par la Turquie de la juridiction obligatoire de la Cour, le 22 janvier 1990.
24. Selon le requérant, si les travaux de délimitation de la commission cadastrale ont été effectués avant le 22 janvier 1990, les procédures concernant la perte de son titre de propriété et la demande de compensation se sont terminées en 1996 et 2001 respectivement, soit bien après l’acceptation par la Turquie de la juridiction obligatoire de la Cour.
25. La Cour constate que la procédure relative à la privation du droit de propriété du requérant s’est achevée en 1996 et que la procédure concernant la demande d’indemnisation s’est terminée en 2001. La privation de propriété et le refus de l’indemnisation demandée sont donc intervenus bien après l’acceptation par la Turquie de la juridiction obligatoire de la Cour.
26. La Cour rappelle qu’elle a déjà rejeté une exception semblable dans de précédentes décisions (voir, en dernier lieu, Turgut et autres c. Turquie, précité, §§ 69-75). En conséquence, elle rejette l’exception du Gouvernement tirée de l’incompétence ratione temporis.
2. Sur le non-épuisement des voies de recours internes
27. Le Gouvernement soutient également que le requérant n’a pas épuisé les voies de recours internes. D’une part, il demande à la Cour de déclarer la requête irrecevable dans la mesure où les conclusions de la commission cadastrale quant à la nature forestière du terrain seraient devenues définitives, le requérant n’ayant formulé aucune objection en 1982. D’autre part il soutient que le requérant aurait pu se retourner contre l’ancien propriétaire qui lui avait vendu le terrain, pour demander des compensations selon les dispositions du code civil sur l’enrichissement sans cause.
28. Le requérant conteste ces arguments. Il affirme qu’il résidait en Allemagne en 1982 et que l’affichage des conclusions de la commission cadastrale a eu, en vertu de l’article 12 de la loi no 3402 relative au cadastre, l’effet d’une notification officielle. Il soutient que la même disposition prévoit un délai de dix ans pour contester les conclusions de ladite commission et qu’il a exercé le recours prévu à cet effet.
Quant à la possibilité de se retourner contre l’ancien propriétaire, le requérant fait valoir que celui-ci détenait le terrain depuis 1947 de bonne foi et que le titre de propriété n’a pas été annulé en raison d’une faute imputable à quiconque, mais en vertu des dispositions sur le domaine forestier public. Il aurait dirigé sa demande contre le Trésor public parce que seule la responsabilité étatique pouvait être engagée en raison de la responsabilité de l’Etat dans le domaine de la tenue des registres fonciers.
29. La Cour rappelle que l’obligation découlant de l’article 35 § 1 se limite à celle de faire un usage normal des recours vraisemblablement efficaces, suffisants et accessibles (Sofri et autres c. Italie (déc.), no 37235/97, CEDH 2003-VIII). En particulier, la Convention ne prescrit l’épuisement que des recours à la fois relatifs aux violations incriminées, disponibles et adéquats. Ces recours doivent exister à un degré suffisant de certitude non seulement en théorie mais aussi en pratique, sans quoi leurs manquent l’effectivité et l’accessibilité voulues (Akdivar et autres c. Turquie, 16 septembre 1996, § 66, Recueil des arrêts et décisions 1996-IV).
30. En l’occurrence, la Cour estime que le Gouvernement n’indique pas dans quelle mesure de tels recours pourraient être efficaces, suffisants et accessibles.
En effet, en ce qui concerne le fait que le requérant n’ait pas formulé d’objections contre les conclusions de la commission cadastrale en 1982, après l’affichage public, la Cour constate qu’il n’a pas été démontré que le requérant ait reçu notification en bonne et due forme des conclusions de la commission cadastrale et qu’il n’est pas contesté par le Gouvernement que le requérant a saisi le tribunal d’un recours en annulation dans le délai prévu par le droit interne et que sa demande n’a pas été rejetée pour non-respect du délai prévu à cet effet.
Pour ce qui est de la possibilité de se retourner contre l’ancien propriétaire, la Cour note avec le requérant que son titre de propriété a été annulé sur le fondement des dispositions internes selon lesquelles les personnes privées ne peuvent pas acquérir de terrain sur le domaine forestier malgré un titre de propriété valable (paragraphe 12), et non pas en raison d’une faute imputable à l’ancien propriétaire.
Par ailleurs, la Cour estime qu’en l’occurrence il ne serait pas opportun de demander au requérant, qui a attendu déjà tant d’années des décisions concernant aussi bien la nature du terrain en question que la demande d’indemnité, d’engager une nouvelle procédure afin d’obtenir une indemnité (voir Turgut et autres c. Turquie, précité, § 80).
31. Dès lors, la Cour rejette également cette exception.
3. Conclusion
32. La Cour constate que la requête n’est pas manifestement mal fondée au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs que celle-ci ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de la déclarer recevable.
B. Sur le fond
33. En l’occurrence, la Cour constate que l’ingérence dans le droit du requérant au respect de ses biens s’analyse en une « privation » de propriété au sens de la seconde phrase du premier alinéa de l’article 1 du Protocole no 1.
Eu égard aux motifs avancés par les juridictions nationales, la Cour estime que le but de la privation imposée au requérant, à savoir la protection de la nature et des forêts, entre dans le cadre de l’intérêt général au sens de la seconde phrase du premier alinéa de l’article 1 du Protocole no 1 (voir, entre autres, Şatır c. Turquie, no 36192/03, § 33, 10 mars 2009).
34. La Cour rappelle avoir déjà examiné un grief identique à celui présenté par le requérant et avoir conclu à la violation de l’article 1 du Protocole no 1. En effet, elle a dit que, sans le versement d’une somme raisonnablement en rapport avec la valeur du bien, une privation de propriété constitue normalement une atteinte excessive, et qu’une absence totale d’indemnisation ne saurait se justifier sur le terrain de l’article 1 du Protocole no 1 que dans des circonstances exceptionnelles (voir Turgut et autres c. Turquie, précité, §§ 86-93 et plus particulièrement Şatır c. Turquie, précité, § 34). En l’espèce, le requérant n’a reçu aucune indemnisation en raison du transfert de propriété de son bien au Trésor public. La Cour constate que le Gouvernement n’a fourni aucun fait ni argument convaincant pouvant mener à une conclusion différente en l’espèce (Turgut et autres c. Turquie, précité, § 92 et Şatır c. Turquie, précité, § 34).
35. Partant, il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
II. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
36. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage matériel
37. Le requérant allègue avoir subi un préjudice, tant matériel que moral. Pour le préjudice matériel, le requérant réclame 44 191 dollars américains (USD), soit l’équivalent de 4 200 000 000 livres turques (TRL), montant défini par l’équipe d’experts à la demande du tribunal de grande instance d’İskenderun à la date de l’introduction de l’action, le 30 octobre 1996.
38. Le Gouvernement invite la Cour à rejeter les demandes d’indemnisation. Selon lui, la satisfaction équitable ne constitue pas le principal but du mécanisme de contrôle de la Convention et les sommes demandées par le requérant ne tiennent pas compte des réalités économiques et sociales du pays.
39. La Cour rappelle qu’un arrêt constatant une violation entraîne pour l’Etat défendeur l’obligation de mettre un terme à la violation et d’en effacer les conséquences de manière à rétablir autant que faire se peut la situation antérieure à celle-ci (Iatridis c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI). Les Etats contractants parties à une affaire sont en principe libres de choisir les moyens dont ils useront pour se conformer à un arrêt constatant une violation. Ce pouvoir d’appréciation quant aux modalités d’exécution d’un arrêt traduit la liberté de choix dont est assortie l’obligation primordiale imposée par la Convention aux Etats contractants : assurer le respect des droits et libertés garantis (article 1). Si la nature de la violation permet une restitutio in integrum, il incombe à l’Etat défendeur de la réaliser, la Cour n’ayant ni la compétence ni la possibilité pratique de l’accomplir elle-même. Si, en revanche, le droit national ne permet pas ou ne permet qu’imparfaitement d’effacer les conséquences de la violation, l’article 41 habilite la Cour à accorder, s’il y a lieu, à la partie lésée la satisfaction qui lui semble appropriée (Brumărescu c. Roumanie (satisfaction équitable) [GC], no 28342/95, § 20, CEDH 2001-I).
40. En l’occurrence, la Cour vient de conclure à la violation de l’article 1 du Protocole no 1 en raison de l’absence d’indemnisation. Elle estime donc que, dans la présente affaire, la nature de la violation constatée ne lui permet pas de partir du principe d’une restitutio in integrum. Le caractère licite de pareille dépossession se répercute par la force des choses sur les critères à employer pour déterminer la réparation due par l’Etat défendeur, les conséquences financières d’une mainmise licite ne pouvant être assimilées à celles d’une dépossession illicite (Scordino c. Italie (no 1) [GC], no 36813/97, §§ 249-250, CEDH 2006-…, et Ex-roi de Grèce et autres c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], no 25701/94, § 75, 28 novembre 2002).
41. En outre, la Cour rappelle avoir dit dans les affaires portant sur le même sujet (Turgut et autres c. Turquie, précité, § 90 et Şatır c. Turquie, précité, § 33) que :
« [l]a protection de la nature et des forêts et plus généralement l’environnement constituent une valeur dont la défense suscite dans l’opinion publique, et par conséquent auprès des pouvoirs publics, un intérêt constant et soutenu. Des impératifs économiques et même certains droits fondamentaux, comme le droit de propriété, ne devraient pas se voir accorder la primauté face à des considérations relatives à la protection de l’environnement, en particulier lorsque l’Etat a légiféré en la matière (…) ».
Selon la jurisprudence constante de la Cour, sans le versement d’une somme raisonnablement en rapport avec la valeur du bien, une privation de propriété constitue normalement une atteinte excessive. L’article 1 du Protocole no 1 ne garantit cependant pas dans tous les cas le droit à une réparation intégrale. Des objectifs légitimes « d’utilité publique » peuvent militer pour un remboursement inférieur à la pleine valeur des biens expropriés (voir, mutatis mutandis, Lithgow et autres c. Royaume-Uni, 8 juillet 1986, § 121, série A no 102, Broniowski c. Pologne [GC], no 31443/96, § 182, CEDH 2004-V, et Scordino c. Italie (no 1), précité, § 95).
42. A la lumière de ces considérations et pour déterminer la réparation adéquate, la Cour prendra en compte l’ensemble des pièces du dossier présentées par les parties ainsi que des informations pertinentes dont elle dispose (voir, mutatis mutandis, N.A. et autres c. Turquie (satisfaction équitable), no 37451/97, § 18, 9 janvier 2007). Plus précisément, elle juge opportun de se baser sur les conclusions des expertises effectuées au cours de la procédure nationale, même si elle ne s’estime pas liée par le montant auquel elles ont abouti (voir, dans le même sens, Kozacıoğlu c. Turquie [GC], no 2334/03, § 85, 19 février 2009).
43. A cet égard, la Cour note que le requérant présente un rapport d’expertise établi par les experts désignés par le tribunal. Ce rapport a évalué le terrain à 4 200 000 000 TRL (soit environ 34 530 EUR) à la date du 30 octobre 1996.
44. Compte tenu de ces éléments – y compris de l’objectif légitime d’utilité publique poursuivi par l’ingérence litigieuse – et statuant en équité, la Cour juge raisonnable d’accorder au requérant la somme de 30 000 EUR pour dommage matériel, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt sur cette somme.
B. Dommage moral
45. Au titre du dommage moral, le requérant réclame 6 000 USD.
46. Le Gouvernement estime qu’il n’y a pas lieu d’accorder une somme à ce titre.
47. Compte tenu des circonstances de la cause, la Cour estime que le constat de violation constitue une réparation suffisante (voir, a contrario, Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italie (satisfaction équitable), no 31524/96, §§ 40-42, 30 octobre 2003).
C. Intérêts moratoires
48. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 ;
3. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, 30 000 EUR (trente mille euros) pour dommage matériel, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, à convertir en livres turques au taux applicable à la date du règlement ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ce montant sera à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.

Fait en français, puis communiqué par écrit le 22 septembre 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Sally Dollé Françoise Tulkens
Greffière Présidente

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