TERZA SEZIONE
CAUSA ALESSANDRA MARIA POPESCU C. ROMANIA
( Richiesta no 9684/04)
SENTENZA
STRASBURGO
12 gennaio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Alessandra Maria Popescu c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio l’ 8 dicembre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 9684/04) diretta contro la Romania e di cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra A. M. P. (“la richiedente”), ha investito la Corte il 24 febbraio 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo rumeno (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Horaţiu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 10 marzo 2009, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi delle disposizioni dell’articolo 29 § 3 è stato deciso inoltre che la Camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. La richiedente è nata in 1950 e risiede a Cluj-Napoca.
5. Nel 1962 un immobile ed il terreno ivi afferente di 6,964 m² appartenuti a N.A. situato a Şomcuta Mare, 23 via Nicolae Bãlcescu furono nazionalizzati in virtù del decreto no 218/1960 in quanto bene abbandonato.
6. Nel 1995 il bene fu diviso in due parti. Una, registrata sul libro fondiario sotto il no 294/1, era di una superficie di 2 502 m² ed includeva la casa a nome di “S.C C.”, qui dopo “la società”) una società commerciale conclusione della riorganizzazione delle vecchie intraprese di stato. L’altra, di una superficie di 3 462 m², fu registrata sotto il no 294/4 a nome del municipio di Şomcuta Mare. Il restante del terreno, di una superficie di 1 000 m² fu assegnata in proprietà a C.P. e C.L.
7. Con due contratti del 23 e del 24 marzo 1995, nella cornice del processo di privatizzazione, lo stato, tramite dei suoi organi specializzati, vendette le azioni che deteneva nella cornice della società ai salariati di questa che era gli azionisti allo stesso tempo.
8. Il 13 novembre 1998 la madre del richiedente in quanto erede di N.A. introdusse dinnanzi al tribunale di prima istanza di Baia Mare e contro la società, il municipio, C.P. e C.L. un’azione di rivendicazione dell’interezza dell’immobile e della casa.
Durante il procedimento, la madre del richiedente decedette ed la richiedente riprese il procedimento in quanto unica erede. Dopo una cassazione con rinvio, la causa fu rinviata dinnanzi al tribunale di prima istanza di Baia Mare per chiarificare degli aspetti legati all’identificazione dell’immobile ed alla modalità della sua acquisizione con la società.
9. Al termine del procedimento, con una sentenza definitiva del 19 novembre 2003, la corte di appello di Cluj constatò che la statalizzazione dell’immobile e della costruzione era abusiva ed illegale. Tuttavia, accolse l’azione della richiedente solo per ciò che riguardava l’appezzamento no 294/4 registrato a nome del municipio, ordinando la sua restituzione. Per ciò che riguardava l’appezzamento no 294/1 e la casa, la corte stimò che gli azionisti che avevano acquistato queste azioni dallo stato erano degli acquirenti in buona fede. La corte di appello non concedette nessun indennizzo alla richiedente.
10. La richiedente rinunciò a proseguire la sua azione contro C.P. e C.L. che occupavano il restante della superficie rivendicata. Con una lettera del 24 giugno 2008, inviata alla Corte ha dichiarato di avere rinunciato alla restituzione di questa superficie che non era quindi oggetto della richiesta. Indirizzò in seguito una notifica al municipio conformemente alle disposizioni della legge no 10/2001, in vista di ottenere la restituzione di questa superficie. Adduce che ad oggi, non ha avuto risposta.
11. La richiedente indirizzò al municipio un’altra notifica per la restituzione della superficie di 2 502 m² e della casa. La notifica fu mandata poi alla società “C.”, proprietaria del terreno e della casa in questione. Non ha informato la Corte della conclusione di questo procedimento.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNA PERTINENTI
12. Le disposizioni legali, ivi comprese quelle della legge no 10/2001 sul regime giuridico dei beni immobili presi abusivamente dallo stato tra il 6 marzo 1945 ed il 22 dicembre 1989, e delle sue susseguenti modifiche, e la giurisprudenza interna pertinente sono descritte nelle sentenze Brumărescu c. Romania ([GC], no 28342/95, CEDH 1999-VII, §§ 31-33, Străin ed altri c. Romania (no 57001/00, CEDH 2005-VII, §§ 19-26), Păduraru c. Romania (no 63252/00) §§ 38-53, 1 dicembre 2005); e Tudor c. Romania (no 29035/05, §§ 15–20, 11 dicembre 2007,).
13. Alcune misure che mirano all’accelerazione del procedimento di concessione dei risarcimenti attraverso il fondo di investimento “Proprietatea” sono state prese recentemente dalle autorità nazionali in particolare in virtù dell’ordinanza di emergenza del Governo no 81/2007.
IN DIRITTO
I. SULL’OGGETTO DELLA RICHIESTA
14. Nelle sue osservazioni e richieste di soddisfazione equa del 28 luglio 2009, la richiedente ha chiesto la restituzione del terreno appartenente a C.P. e C.L (vedere § 6 sopra). Si è lamentata anche di una violazione degli articoli 13 e 14 della Convenzione in ragione della mancanza di un rimedio effettivo per ottenere la restituzione del bene nel suo insieme, così come dell’imprevedibilità della giurisprudenza in materia di restituzione.
15. In risposta, il Governo ha rilevato che l’oggetto della richiesta riguardava solamente la casa e l’appezzamento ivi afferente di 2 502 m², identificata sotto il no 294/1, ubicata al 23 di via Nicolae Bălcescu a Şomcuta Mare.
16. La Corte constata che con la sua lettera del 24 giugno 2008 la richiedente ha precisato che aveva rinunciato a chiedere la restituzione della superficie dei 1000 m² assegnati a C.P. e C.L, e che quindi non era più oggetto della richiesta. La Corte stima di conseguenza che è chiamata a pronunciarsi solo sulle violazioni addotte per ciò che riguarda la casa e l’appezzamento ivi afferente di 2 502 m², identificata sotto il no 294/1, ubicata al 23 di via Nicolae Bălcescu a Şomcuta Mare.
17. Per ciò che riguarda la violazione degli articoli 13 e 14 della Convenzione, la Corte osserva che questi motivi di appello sono stati sollevati dopo la comunicazione della causa al Governo convenuto secondo il procedimento di esame congiuntodell’ammissibilità e del merito, previsto dall’articolo 29 § 3 della Convenzione (vedere Vigovskyy c. Ucraina, no 42318/02, § 14, 20 dicembre 2005). Ora, ha già giudicato che non c’è luogo di deliberare su dei motivi di appello che sono stati sollevati dopo la comunicazione (vedere mutatis mutandis, Dimitriu e Dumitrache c. Romania, no 35823/03, § 24, 20 gennaio 2009). Nello specifico l’esame della Corte non ricadrà dunque su questi articoli.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
18. La richiedente adduce che l’impossibilità di ricuperare la proprietà del suo bene che è stato venduto dallo stato, o di vedersi versare un indennizzo corrispondente al suo valore reale ha portato attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni, come riconosciuto dall’articolo 1 del Protocollo no 1 che dispone:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
19. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
20. Nelle sue osservazioni del 29 giugno 2009, il Governo reitera i suoi argomenti presentati nelle cause simili, sostenitrici precedentemente che l’ingerenza nel diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni è proporzionata, dato che ha la possibilità di vedersi concedere dei risarcimenti secondo il procedimento previsto dalle leggi numeri 10/2001 e 247/2005.
21. La richiedente si oppone agli argomenti del Governo e rinvia alle sentenze Străin, Păduraru, Tudor, precitate, Ruxanda Ionescu c. Romania (no 2608/02, sentenza del 12 ottobre 2006), Viaşu c. Romania, (no 75951/01, § 37-46, 9 dicembre 2008), Faimblat c. Romania (no 23066/02, sentenza del 13 gennaio 2009), Katz c. Romania (no 29739/03, sentenza del 20 gennaio 2009).
22. La Corte osserva che la richiedente si è vista riconoscere il suo diritto di proprietà sulla casa e l’appezzamento di una superficie di 2 502 m² identificato sul libro fondiario sotto il no 294/1 con la sentenza definitiva del 19 novembre 2003 della corte di appello di Cluj che ha riconosciuto il carattere illegale della loro statalizzazione (paragrafo 9 sopra). Ora, si trova nell’impossibilità di vedersi restituire il terreno controverso e la casa perché sono stati venduti dallo stato nella cornice del processo di privatizzazione a terzi considerati in buona fede. La Corte stima quindi che la richiedente si trova in una situazione simile ai richiedenti nella causa Străin ed altri precitata.
23. Ricorda di avere trattato a più riprese delle cause che sollevavano delle questioni simili a quelle dello specifico in cui ha concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione (vedere, tra altre, Porteanu c. Romania, no 4596/03, §§ 32-35, 16 febbraio 2006). Riafferma in particolare che, nel contesto legislativo rumeno che regola le azioni di rivendicazione immobiliare e la restituzione dei beni nazionalizzati dal regime comunista, la vendita da parte dello stato di un bene altrui a terzi in buona fede, anche quando è anteriore alla conferma definitiva in giustizia del diritto di proprietà altrui, si analizza in una privazione di bene (Porteanu precitata, § 32,). Tale privazione, combinata con la mancanza totale di indennizzo, è contraria all’articolo 1 del Protocollo no 1 (Străin precitato, §§ 39, 43 e 59,).
24. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che le sono stati sottoposti, la Corte considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente.
25. Per di più, osserva che ad oggi, il Governo non ha dimostrato che il sistema di indennizzo messo in posto dalla legge no 247/2005 permetterebbe ai beneficiari di questa legge di beneficiare, secondo un procedimento ed un calendario prevedibile, di un’indennità in rapporto col valore venale dei beni di cui sono stati privati (vedere tra altre Reichardt c. Romania, no 6111/04, § 26, 13 novembre 2008).
26. Questa conclusione non pregiudica ogni evoluzione positiva che potrebbero conoscere nell’avvenire i meccanismi di finanziamento previsti da questa legge speciale in vista di indennizzare le persone che, come la richiedente, si sono visti riconoscere la qualità di proprietari, con una decisione giudiziale definitiva.
27. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, il collocamento in fallimento del diritto di proprietà della richiedente sui suoi beni, combinato con la mancanza totale di indennizzo, le ha fatto subire un carico sproporzionato ed eccessivo, incompatibile col diritto al rispetto dei beni garantiti dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
Pertanto, c’è stata nella specifico violazione di questa disposizione.
III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
28. Sotto l’angolo dell’articolo 6 § 1, la richiedente si lamenta dell’interpretazione del diritto interno fatto dai tribunali, che stima arbitraria, così come della durata del procedimento in vista di ricuperare l’immobile. Invocando infine gli articoli 2, 3, 4 e 5 della Convenzione, la richiedente si lamenta degli abusi e delle pressioni di cui la sua famiglia è stata oggetto durante il periodo comunista.
29. Tenuto conto dell’insieme degli elementi in suo possesso, e nella misura in cui è competente per conoscere delle affermazioni formulate, la Corte non ha rilevato nessuna apparenza di violazione dei diritti e delle libertà garantiti dagli articoli della Convenzione. Ne segue che questa parte della richiesta è manifestamente mal fondata e deve essere respinta in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 46 DELLA CONVENZIONE
30. L’articolo 46 della Convenzione dispone:
“1. Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle controversie alle quali sono parti.
2. La sentenza definitiva della Corte viene trasmessa al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l’esecuzione. “
31. La conclusione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 rivela un problema su grande scala che risulta dalla difettosità della legislazione sulla restituzione degli immobili statalizzati che sono stati venduti dallo stato a terzi. Quindi, la Corte stima che lo stato deve pianificare il procedimento messo in opera dalle leggi di risarcimento al più presto, attualmente le leggi numeri 10/2001 e 247/2005, così che diventi realmente coerente, accessibile, veloce e prevedibile (vedere, le sentenze Viaşu c. Romania, precitata, § 83; Katz c. Romania, precitata, §§ 30-37; e Faimblat c. Romania, precitata §§ 48-54).
V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
32. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
33. La richiedente richiede la restituzione dell’appezzamento no 294/1 e della casa, oggetto della richiesta, così come della superficie di 1000 m² (vedere sopra § 17), o, a difetto, la concessione di una somma di 200 235 euro (EUR), rappresentante il valore reale di questo appezzamento e della casa, come stabilito da una perizia tecnica immobiliare, datata 1 giugno 2009. Richiede inoltre 64 800 EUR per il “controvalore del difetto di uso del terreno e della casa” che corrisponde al prezzo dell’affitto per diciotto anni. La richiedente chiede infine 200 000 EUR per le sofferenze subite in ragione della privazione di proprietà.
34. Per ciò che riguarda il danno patrimoniale, il Governo considera che il valore venale del terreno e della casa è di 96 006 EUR, ed le sottopone un rapporto di perizia redatto nel settembre 2009 menzionando che questo importo non include l’IVA. Trattandosi della richiesta derivata dal difetto di godimento, il Governo rinvia alla causa Sofletea c. Romania (no 48179/99, sentenza del 25 novembre 2003) e stima che le pretese della richiedente potrebbero essere prese in conto eventualmente nella determinazione del danno morale. Per ciò che riguarda la richiesta di risarcimento del danno giuridico subito dalla richiedente, il Governo considera che le pretese della richiedente sono eccessive.
35. La Corte stima, nelle circostanze dello specifico, che la restituzione del della casa e dell’appezzamento ivi afferente della superficie di 2502 m² ubicati al 23 di via Nicolae Bălcescu porrebbe per quanto possibile la richiedente in una situazione equivalente a quella in cui si troverebbe se le esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non fossero state ignorate.
36. A difetto per lo stato convenuto di procedere a simile restituzione entro tre mesi a contare dal giorno in cui la presente sentenza sarà diventata definitiva, la Corte decide che dovrà versare alla richiedente, per danno patrimoniale, una somma corrispondente al valore reale del bene.
Tenuto conto delle informazioni di cui dispone sui prezzi del mercato immobiliare locale e degli elementi forniti dalle parti, la Corte stima il valore commerciale reale del bene in questione a 130 000 EUR.
37. Concernente le somme chieste a titolo del difetto di godimento del bene, calcolate rispetto al prezzo di locazione di questo bene, la Corte non potrebbe assegnare alcuna somma a questo titolo, tenuto conto del fatto che la concessione di una somma a questo titolo rivestirebbe nello specifico un carattere speculativo, essendo funzione la possibilità ed il rendimento di una locazione di parecchi variabili (vedere Buzatu c. Romania (soddisfazione equa), no 34642/97, § 18, 27 gennaio 2005, Bone c. Romania, no 12776/06, § 30, 4 novembre 2008).
38. La Corte considera che gli avvenimenti in causa hanno potuto indurre alla richiedente delle sofferenze ed uno stato di incertezza che non possono essere compensati dalla constatazione di violazione. Deliberando in equità, le concede la somma di 3 000 EUR a titolo di risarcimento del danno morale.
B. Oneri e spese
39. La richiedente chiede 5 500 EUR per gli oneri impegnati a livello interno e dinnanzi alla Corte ed espone che questo importo comprende la parcella dell’ avvocato, gli oneri di trasporto e di telefono così come gli oneri di traduzione e di fotocopie dei documenti. Versa alla pratica certi giustificativi.
40. Il Governo non si oppone al rimborso degli oneri incorsi, sotto condizione che siano provati, necessari e che abbiano un legame con la causa.
41. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte concede per oneri e spese la somma di 500 EUR, ogni onere compreso.
C. Interessi moratori
42. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile per quanto riguarda il motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve restituire la casa situata a Şomcuta Mare, 23 via Nicolae Bãlcescu, e l’appezzamento ivi afferente identificato sotto il no 294/1 alla richiedente, nei tre mesi a contare del giorno in cui la presente sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione;
b) che in mancanza di tale restituzione, lo stato convenuto deve versare alla richiedente, nello stesso termine dei tre mesi, 130 000 EUR (cento trentamila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno patrimoniale;
c) che ad ogni modo, lo stato convenuto deve versare alla richiedente 3 000 EUR (tremila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
d) che ad ogni modo, lo stato convenuto deve versare alla richiedente 500 EUR, cinque cento euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dalla richiedente, per oneri e spese;
e) che le somme in questione saranno da convertire nella moneta nazionale dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
f) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 12 gennaio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente