Conclusione: Violazione dell’articolo 3 – Proibizione della tortura, Articolo 3 – Trattamento degradante Trattamento disumano, (Risvolto patrimoniale, Violazione dell’articolo 3 – Proibizione della tortura, Articolo 3-Inchiesta efficace, (Risvolto procedurale)
SECONDA SEZIONE
CAUSA ALBERTI C. ITALIA
(Richiesta no 15397/11)
SENTENZA
STRASBURGO
24 giugno 2014
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nel causa Alberti c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Egli ıKaraka, şpresidentessa,
Guido Raimondi,
András Sajó,
Helen Keller,
Paul Lemmens,
Robert Spano,
Jon Fridrik Kjølbro, giudici,
e da Abele Campos, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 3 giugno 2014,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 15397/11) diretta contro la Repubblica italiana e di cui un cittadino di questo Stato, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 28 febbraio 2011 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è stato rappresentato da OMISSIS, avocate a Strasburgo. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora.
3. Il richiedente adduce essere stato in particolare oggetto dei cattivi trattamenti inflitti dai carabinieri e di non avere beneficiato di un’inchiesta conforme alle esigenze dell’articolo 3 della Convenzione.
4. Il 14 maggio 2012, la richiesta è stata comunicata al Governo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1971 e ha risieduto a Verona. Al momento dei fatti era senza domicilio fisso.
A. L’arresto del richiedente
6. Il 11 marzo 2010, verso le 17, il richiedente si trovava in un bar a Cerea. Chiese alla gerente del bar, M.T, a potere utilizzare il suo telefono portabile per passare un appello urgente. Questa acconsentì e gli prestò il suo telefono. Dopo alcuni minuti, avendo notato che la conversazione si prolungava, chiese al richiedente di rendergli il telefono, ma questo rifiutò. Il richiedente si rivolse alla gerente su un tono arrogante e provocatore, così che un altro cliente del bar chiamò i carabinieri.
7. Dopo alcuni minuti, due carabinieri, S.R. e L.B, arrivarono sui luoghi e chiesero al richiedente di presentare un documento di identità, ciò che rifiutò. I carabinieri ingiunsero al richiedente di seguirli alla stazione ma l’interessato rifiutò e si mise a gridare ed ad insultarli. I carabinieri procederono allora in flagrante all’arresto del richiedente e lo portarono alla stazione di Cerea, comando dei carabinieri, in automobile.
8. Il verbale relativo all’arresto del richiedente, datato dello stesso giorno, fatto stato di questo che S.R. e L.B. si erano resi sui luoghi alla domanda di una nessuno che aveva segnalato che il richiedente stava minacciando la gerente del bar. Arrivati sul posto, avevano visto che il richiedente insultava la gerente. Invitato a presentare un documento di identità, il richiedente aveva rifiutato e-sfidando la loro presenza, sprezzante della loro presenza,-si era seduto su una sedia ed aveva resistito passivamente. Invitato di nuovo a presentare un documento di identità coi due carabinieri, il richiedente aveva risposto “ho una padronanza in diritto e non potete niente chiedermi, posso fare ciò che voglio e non dovete annullarmi i c. (….). Sono in questo caffè, leggo un libro e mi annullate i c. (…) .” Considerando il rifiuto del richiedente e visto la presenza di altri clienti nel caffè, i carabinieri chiesero al richiedente di uscire dal bar per condurlo alla stazione. Il richiedente rifiutò, si rivolse a L.B. e lo minacciò ne che gli dice “ti uccido, uccido la tua figlia e tua moglie, ti troverò perché sono nei paraggi e verrò a cercarti per ucciderti.” Improvvisamente, il richiedente provò a colpire L.B. ; non arrivò grazie alla pronta reazione di S.R. I due carabinieri erano giunti difficilmente (a fatica) a dominarlo grazie alle manette. Una volta uscita dal bar, mentre ammontava nell’automobile dei carabinieri, il richiedente aveva provato a dibattersi e di colpire L.B. al viso. Questo ultimo era riuscito ad evitare il colpo. Durante il tragitto verso la stazione dei carabinieri, il richiedente aveva continuato ad insultare ed a minacciare i carabinieri. Arrivato alla stazione, il richiedente era stato identificato. Manteneva una condotta aggressiva e violenti al motivo che si agitava per terra, che proferiva delle frasi ingiuriose e minacciose verso tutti e tentava di dare dei colpi di piedi a quelli che vedeva. Con l’aiuto di altri membri del personale, i carabinieri erano riusciti a fare entrare il richiedente nell’unità di sicurezza, cinepresa di sicurezza. Il richiedente si inflisse delle lesioni dando dei colpi di testa nella porta dell’unità. I carabinieri avevano contattato il ministero pubblico. Questo aveva ordinato il collocamento del richiedente in unità di sicurezza alla stazione dei carabinieri ed il suo trasferimento al tribunale l’indomani mattina, affinché sia presentato al giudice in procedimento di comparizione immediata (direttissima). In seguito ai colpi riceverono, L.B. era andato all’ospedale di Legnago, dove il medico aveva constatato delle escoriazioni ai polsi, guaribili in cinque giorni. L.B. aveva sporto querela contro il richiedente per le lesioni subite. Considerando il flagrante reato, violenza e minaccia dirette contro un ufficiale pubblico, opposizione agli atti dell’autorità, oltraggio di un ufficiale pubblico, lesioni corporali semplici, rifiuto di fornire la sua identità, così come la gravità dei fatti rimproverati, tenuto conto della pericolosità sociale dell’interessato, dei gravi sospetti che pesano al suo carico, del suo casellario giudiziario e per il fatto che era senza domicilio fisso, il richiedente fu arrestato a 17h30.
Inoltre, il verbale faceva stato di ciò che il ministero pubblico aveva deciso alla fine di trasferire il richiedente alla casa di sentenza di Verona Montorio. L’indomani mattina, l’interessato sarebbe condotto al tribunale di Verona col personale della prigione.
9. Risulta della pratica che M.G. -il comandante della stazione dei carabinieri di Cerea – contattò il ministero pubblico per sapere se poteva condurre il richiedente alla casa di sentenza di Verona Montorio affinché trascorre la notte piuttosto che in una stazione dei carabinieri. Il ministero pubblico rifiutò. Il comandante decise allora di trasferire il richiedente per la notte alla stazione dei carabinieri di Legnago, e di fermarsi durante strada alle emergenze dell’ospedale di Legnago.
10. Il servizio delle emergenze dell’ospedale di Legnago registrò l’arrivo del richiedente a 20h29. Il certificato medico invalso con l’esperto del servizio delle emergenze menziona che il richiedente era stato portato dalle forze dell’ordine a causa del suo stato di agitazione. La diagnosi confermò l’agitazione psicomotiria del richiedente. Peraltro, l’interessato presentava un trauma cranico, un ematoma sulla fronte e delle escoriazioni sulle mani. L’esame del torace e dell’addome non rivelò nessuno problema, obiettività toracico addominale negativa. Il medico curò la ferita alla fronte e fece al richiedente un’iniezione endovenosa, Propofol 150 mg e Midazolam 3 mg, per ottenere la sedazione dell’interessato. Il pronostico per la guarigione fu stabilito a “zero giorno.” La consultazione si concluse a 20h44 ed i carabinieri ed il richiedente lasciò l’ospedale.
11. Una volta uscì dall’ospedale, i carabinieri sollecitarono per la seconda volta l’accordo del ministero pubblico per condurre il richiedente alla casa di sentenza di Verona piuttosto che in una delle loro caserme. All’appoggio della loro domanda, adducevano che, malgrado la sedazione, il richiedente li minacciava di vendicarsi ed aveva, di questo fatto, sempre una condotta aggressiva.
12. Il ministero pubblico diede il suo accordo al collocamento del richiedente alla casa di sentenza di Verona Montorio ed i carabinieri il portarono lì.
13. Legnago è situato ad una distanza di 44 chilometri con la strada rispetto a Verona, e di 51 chilometri rispetto a Montorio. L’ospedale di Legnago e la stazione dei carabinieri ubicati nella stessa città è a 1,7 km di distanza.
14. Il Governo ha fatto sapere che i carabinieri non hanno redatto di rapporto di servizio concernente gli avvnimenti del 11 marzo 2010.
B. Il collocamento del richiedente alla casa di sentenza di Verona
15. Alla sua entrata alla casa di sentenza, il richiedente fu esaminato dal servizio medico prima delle 22, l’orario indicato sulla scheda medica è di 21h00 -i minuti che non sono leggibili. Risulta del resoconto medico che il richiedente era cosciente, lucido e tranquillo. Presentava un ematoma sulla fronte al livello dell’arcata sourcilière dritto; che i suoi membri erano mobili; che non c’erano fratture manifesti; che c’erano dei graffi sulle mani; che non c’era niente di patologico all’apparecchio uro-genitale. Il medico prescrisse un medicinale (nome illeggibile, sotto forma di pillole,). Risulta inoltre di un documento manoscritto, non datato e redatto verosimilmente dallo stesso medico che redasse la scheda relativa alla consultazione medica, che il richiedente dichiarò essere stato colpito dai carabinieri durante l’arresto, nelle fasi dell’arresto, e che provava dei dolori alla quarta ed alla quinta costa sinistra.
16. Il richiedente fu posto in un’unità individuale, situata in un quartiere della prigione dove l’amministrazione penitenziaria era certa che non ci sarebbe stato rischio di tafferugli.
17. Il 13 marzo 2010, in ragione dei forti dolori all’inguine ed al torace, il richiedente chiese a vedere in emergenza il medico della prigione. Questo ultimo l’esaminò, redasse un resoconto a 12h00 e mandò l’interessato di emergenza all’ospedale di Borgo Trento. Il richiedente fu esaminato da un medico delle emergenze dell’ospedale a 14h15. Gli esami praticati sul richiedente riflettono in evidenza la scassino di tre coste ed un ematoma del testicolo sinistro che provoca un’incapacità temporanea totale di venti giorni. Queste lesioni erano compatibili con un’origine traumatica.
18. Ritornato alla casa di sentenza la sera del 13 marzo 2010, il richiedente dichiarò alla polizia penitenziaria della casa di sentenza di Verona che le lesioni che avevano appena state constatate all’ospedale gli erano state inflitte coi carabinieri mentre era tra le loro mani. Queste lesioni erano state segnalate già al medico della prigione al momento del suo arrivo la sera del 11 marzo 2010. La dichiarazione faceva stato di ciò che il richiedente aveva chiesto a vedere il medico della prigione in emergenza il 13 marzo alla mattina e che questo l’aveva fatto condurre all’ospedale alla fine della mattinata. Il richiedente precisò che durante il suo soggiorno alla casa di sentenza, non aveva avuto nessuno tafferuglio o scontro, ciò che rinforzava le sue affermazioni secondo che queste lesioni erano sopraggiunte anteriormente.
19. Il 17 marzo 2010, l’urologo dell’ospedale esaminò il richiedente e confermò che l’ematoma al testicolo sinistro poteva risultare da un trauma. Il 18 marzo 2010, il richiedente fu condotto di nuovo all’ospedale per gli esami radiologici al torace.
C. L’udienza del 12 marzo 2010
20. Il 12 marzo 2010, il richiedente fu portato in flagrante al tribunale di Verona per la convalida dell’arresto, minacce e resistenza al riguardo di L.B. e S.R, così come colpi e lesioni inflitte a L.B, e per il procedimento di comparizione immediata, per direttissima. Era assistito di un avvocato commesso di ufficio.
21. Durante l’udienza, il richiedente ammise che era stato verbalmente aggressivo nei confronti i carabinieri ma negò essere stato fisicamente violento, arguendo per il fatto che era stato sempre ammanettato. Era stato aggredito e colpito a ripetizione (ripetutamente, coi carabinieri che l’avevano ammanettato nella schiena,). Portava ancora le tracce delle manette ed aveva le coste rotte. Sapeva che la sua parola non valeva a fronte niente a quella di un carabiniere. Seguito a questo lamento, il tribunale trasmise la pratica al procuratore della Repubblica.
22. Peraltro, il giudice convalidò l’arresto ed ordinò il collocamento del richiedente in detenzione provvisoria.
23. Le parti non hanno informato la Corte sulla conclusione del procedimento penale aperto contro il richiedente.
D. l’indaga aperto seguito alle dichiarazioni dei cattivi trattamenti
24. Il 16 marzo 2010, l’amministrazione penitenziaria di Verona indirizzò al tribunale di Verona una pratica concernente il richiedente al motivo che questo presentava al momento del suo arrivo in prigione dei segni delle lesioni. La pratica conteneva le dichiarazioni del richiedente ed i documenti medici pertinenti, paragrafi 15 e 17 sopra.
25. Il 24 marzo 2010, dei perseguimenti per colpi e lesioni furono aperte contro X.
26. Durante l’inchiesta, M.G, il comandante della stazione dei carabinieri di Cerea, fu sentito in quanto persona informata dei fatti. Dichiarò ricordarsi dello stato agitato del richiedente ed aveva stimato che l’interessato era verosimilmente sotto l’effetto dell’alcol. Sebbene ammanettato, il richiedente aveva gettato la sua testa contro un muro e si era ferito alla fronte. Per evitare che i dubbi sorgono in quanto all’origine delle lesioni del richiedente, M.G. aveva deciso di condurlo all’ospedale di Legnago. Il richiedente non si era lamentato dei cattivi trattamenti. Una volta uscita dall’ospedale, mentre era condotto verso le unità di sicurezza della stazione dei carabinieri di Legnago, il richiedente aveva ricominciato a dare delle pedate, questo che per M.G. indicava che l’effetto dei calmanti era finito già. È solamente al momento dove era stato condotto alla casa di sentenza di Verona che il richiedente aveva detto che denuncerebbe i colpi subiti all’epoca del suo arresto. M.G. si abitua notare che il richiedente aveva indicato essere stato colpito dai carabinieri senza fornire di precisioni sull’identità di questi. Inoltre, era notorio che l’interessato si dedicava all’alcol.
27. La gerente del bar, M.T, fu anche sentita. Affermò che, il 11 marzo 2010, il richiedente era passato alla fine della mattinata per bere un caffè. Era spettato nel pomeriggio ed aveva chiesto a potere utilizzare il suo portabile per un appello urgente. Quando gli aveva chiesto il telefono in ritorno, il richiedente gli aveva risposto su un tono di sfida e di minaccia ed aveva aggiunto che non temeva i carabinieri nel caso in cui desiderava chiamarli. Uno dei clienti aveva chiamato i carabinieri. Il richiedente aveva negato di mostrare le sue carte ed aveva provato a colpire uno dei carabinieri quando questi volevano il menotter. Era stato necessario utilizzare forza e fermezza per ammanettare il richiedente. Tuttavia, i carabinieri non erano stati violenti.
28. Il carabiniere L.B. non fu sentito.
29. Il carabiniere S.R. è sentito in quanto persona informata dei fatti. Con L.B, aveva ricevuto l’ordine di andare al bar T. perché un individuo disturbava i clienti e minacciava la gerente. Arrivato sul posto, S.R. aveva constatato che il richiedente aveva una conversazione animata con la gerente del bar. S.R. gli aveva intimato di mostrare le sue carte, e, dopo tre rifiuti, l’aveva invitato a seguirlo alla stazione. S.R. menziona le parole del richiedente, paragrafo 8 sopra. Quando il richiedente aveva minacciato L.B. ed aveva tentato di colpirlo al viso, questo gesto aveva lasciato tutti perplesso perché L.B. non aveva detto niente e niente fa nei confronti l’interessato. I due carabinieri avevano provato allora a dominarlo ed erano riusciti al menotter nonostante la resistenza oppositore. Durante il tragitto in automobile, il richiedente aveva proferito di nuovo delle minacce ed aveva tentato di colpire L.B. con le manette, perché si era seduto nel veicolo con le braccia dinnanzi . Una volta alla stazione di Cerea, il richiedente si era gettato per terra ed aveva tentato di dare delle pedate a tutti quelli che si avvicinava. Con l’aiuto di altri colleghi, i carabinieri erano riusciti a dominarlo ed a porrlo in unità di sicurezza. Una volta chiusa, aveva cominciato a dare dei colpi con la sua fronte ed i suoi piedi contro la porta ed i muri, abituandosi una ferita alla fronte. S.R. dichiara che nessuna violenza era stata utilizzata verso il richiedente ed era stata confermata che il magistrato era stato messo informato delle reazioni violente ed automobile-mutilate del richiedente. Aveva, in un primo tempo, respinto di porre il richiedente alla casa di sentenza di Verona. S.R. era restato allora alla stazione di Cerea, mentre il comandante M.G. corredato di L.B. e G.D. erano partiti col richiedente in direzione dalla stazione dei carabinieri di Legnago. S.R. si chiarisce che il richiedente era conosciuto come qualcuno di violento e che si dedicava all’alcol.
30. Infine, l’autorità giudiziale intese il carabiniere G.D. Questo ultimo aveva preso l’appello proveniente del bar ed aveva chiesto alla pattuglia di servizio di intervenire. Al momento del suo arrivo alla stazione di Cerea, il richiedente era ammanettato. Si era messo ad urlare e si era gettato per terra. G.D. menziona le pedate, gli insulti e le minacce al riguardo di L.B. G.D. era intervenuto per aiutare i colleghi ed immobilizzare il richiedente che era stato condotto in unità di sicurezza. Tornato alla sua stazione, intendeva il richiedente che urlava delle frasi incoerenti e dava dei colpi alla porta metallica dell’unità. G.D. aveva notato poi una ferita alla fronte che il richiedente non aveva al suo arrivo. Il comandante M.G. aveva ordinato di preparare un veicolo per trasferire il richiedente alla stazione dei carabinieri di Legnago, ciò che era un procedimento abituale quando la stazione di Cerea era chiusa per la notte. G.D. era partito col comandante M.G. e Lb. Durante il tragitto, M.G. aveva ordinato di passare dall’ospedale di Legnago che era sulla strada. Il richiedente era stato oggetto di una sedazione in ragione della sua aggressività ed aveva ricevuto delle cure per la ferita alla fronte. All’epoca della consultazione all’ospedale il richiedente non era ammanettato. Dopo le cure, i carabinieri avevano dovuto utilizzare abbastanza forza e di fermezza per potere di nuovo ammanettarlo. Una volta in automobile, M.G. aveva chiesto per la seconda volta avuta ministero pubblico l’autorizzazione di condurre il richiedente alla casa di sentenza di Verona Montorio ed aveva ottenuto il suo accordo. Il richiedente era stato condotto direttamente alla casa di sentenza.
E. L’archiviazione senza seguito dell’inchiesta
31. Il 29 aprile 2010, il procuratore della Repubblica chiese al giudice delle investigazioni preliminari (GIP, di archiviare l’inchiesta,). Secondo lui, gli elementi raccolsero non permettevano di impegnare un’azione penale. I fatti riferiti dal richiedente non erano corroborati da nessuno delle testimonianze. La gerente del bar aveva dichiarato che il richiedente, al momento dell’arresto, era molto agitato, aggressivo ed ingiurioso al riguardo dei carabinieri e di lei stessa e che non c’erano stati comportamenti violenti da parte di carabinieri. Secondo il procuratore, la natura delle lesioni del richiedente era compatibile con l’intervento dei carabinieri per dominare la sua aggressività e per difendersi nel momento in cui essi l’ammanettarono per condurlo nell’unità di sicurezza.
Poi, bisognava prendere in conto lo fa che la credibilità del richiedente era inficiata in ragione del suo casellario giudiziario, coi suoi antecedenti e con la sua personalità. Risultava in fatto di un resoconto redatto da un psicoterapista che fine 2009-inizio 2010, il richiedente aveva vissuto in una comunità di accoglimento. L’interessato era raggiunto di un’agitazione della personalità che lo rendeva antisociale, intollerante alle regole della coabitazione e provocatore. Aveva abusato due volte dell’alcol ed era stato ammesso di emergenza all’unità psichiatrica dell’ospedale seguito ad una rissa in un bar con gli immigrati. Il soggiorno in comunità si era concluso il giorno dove il richiedente aveva aggredito verbalmente un altro ospite ed aveva provocato una rissa. Risultava inoltre di una nota redatta dalla polizia giudiziale il 21 aprile 2010 che il richiedente diventava aggressivo sotto l’effetto dell’alcol e cercava la vendetta. Aveva una personalità difficile, perché era incapace avere delle domestiche relazioni con gli altri; provocava delle risse e, entra il 17 ed il 18 febbraio 2010, i carabinieri erano stati chiamati tre volte. Secondo la polizia, si poteva che le lesioni del richiedente siano la conseguenza di qualche rissa avendo avuto luogo prima dell’arresto e che il richiedente abbia deciso di utilizzarli come pretesto per vendicarsi dei carabinieri venuti ad arrestarlo al bar. Inoltre, il richiedente aveva parlato dei colpi presumibilmente subiti solamente durante il tragitto verso la prigione di Montorio, ed aveva minacciato i carabinieri di denunciarli. Infine, risultava del casellario giudiziario del richiedente che era stato condannato per il seguente reati: condotta in stato di ebbrezza nel 1995, 2000 e 2005; resistenza all’autorità e colpi e lesioni nel 2006; cattivi trattamenti nel 2008.
32. Il richiedente fece opposizione alla domanda di archiviazione del procuratore. Arguiva che le sue lesioni non erano state provocate nel momento in cui i carabinieri erano nel bar ma più tardi, così che la testimonianza della gerente non voleva niente argomento. Si poteva che i carabinieri abbiano avuto ricorso alla violenza durante il tragitto verso la stazione di Cerea, alla stazione sé mentre si trovava in unità di sicurezza, durante il tragitto verso Legnago o durante il tragitto verso la casa di sentenza di Verona. Le lesioni incorse erano attestate dai certificati medici dell’ospedale di Borgo Trento e del medico della prigione di Verona Montorio. Si trattava di lesioni spesso osservate a casa le persone arrestate e ammanettate. Le lesioni controverse non potevano essere il risultato di un’automutilazione, perché non era credibile che si possa annullare tre coste si e farsi un ematoma al testicolo gettandosi contro il muro. Invocando l’articolo 3 della Convenzione e ricordando l’obbligo positivo di condurre un’inchiesta ufficiale effettiva che mira all’identificazione ed alla punizione dei responsabile, il richiedente chiedeva: ad essere sentito; una perizia per verificare la compatibilità delle sue lesioni con l’azione dei carabinieri; che una perizia sia fatta sulle lesioni presumibilmente inflitte da lui al carabiniere L.B. ; di intendere di nuovo la gerente del bar e come il richiedente era stato ammanettato di intendere gli altri clienti per verificare; che il risultato del test di alcolemia del 11 marzo 2010 fatto all’ospedale di Legnago sia versato alla pratica. Il richiedente ricordò inoltre che L.B. non era stato sentito, tutto come i medici.
33. Con un’ordinanza del 1 settembre 2010, il GIP di Verona archiviò l’inchiesta senza seguito. Utilizzando un formulario standard prato-pieno, il GIP stimò che le affermazioni del richiedente non erano provate e che i complementi di inchiesta chiesta da questo non erano pertinenti. Difatti, l’elemento decisivo era la testimonianza della gerente del bar, solo testimone estero ai fatti. Il GIP aderiva così completamente al ragionamento formulato dal procuratore della Repubblica.
IN DIRITTO
I. SU LA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 3 DELLA CONVENZIONE
34. Il richiedente adduce essere stato vittima di trattamenti disumani o degradanti da parte dei carabinieri che l’hanno arrestato. Fa valere anche che le autorità nazionali hanno mancato al loro obbligo di condurre un’inchiesta diligente, veloce ed indipendente sulle sue affermazioni dei cattivi trattamenti. Il richiedente invoca l’articolo 3 della Convenzione, così formulata,:
“Nessuno può essere sottomesso a tortura né a pene o trattamenti disumani o degradanti. “
35. Il Governo oppone alla tesi del richiedente.
A. Motivo di appello tirato del risvolto patrimoniale dell’articolo 3
1. Sull’ammissibilità
36. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente male fondato al senso dell’articolo 35 § 3 ha, della Convenzione. Rileva peraltro che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
2. Sul fondo
a) Tesi delle parti
37. Il richiedente osserva al primo colpo che il Governo non ha fornito di spiegazioni convincenti in quanto all’origine delle lesioni in che è incorsa e che sono state constatate tanto alla casa di sentenza di Verona che all’ospedale di Borgo Trento. Difatti, nel bar in questione, i carabinieri non ebbero ricorso alla violenza, fu confermato così dalla testimonianza della gerente del bar. Il richiedente fu ammanettato ed uscì dal bar, indenne. La violenza sopraggiunse in seguito.
Sempre ammanettato, il richiedente fu condotto alla stazione dei carabinieri di Cerea. Restò ammanettato nella schiena fino al suo trasferimento all’ospedale di Legnago (20h29). In una tale situazione, il richiedente non poteva essere considerato come ponendo una minaccia, i carabinieri avevano il controllo totale su egli e la violenza che furono adoperate fu senza giustificazione. Il richiedente stima che i cattivi trattamenti gli furono inflitti in un’unità di sicurezza, alla stazione dei carabinieri di Cerea.
Peraltro, il richiedente sottolinea che le lesioni in che è incorsa, sebbene guaribili in 20 giorni, raggiungono la soglia di gravità che basta per cadere sotto l’influenza dell’articolo 3 della Convenzione, Ribadisti c. Francia, no 9584/00, § 39, 1 aprile 2004. Erano atte a provocare delle sofferenze fisiche e mentali ed a creare dei sentimenti di paura, di angoscia e di inferiorità proprio ad umiliare, avvilire e rompere eventualmente la sua resistenza fisica e mentale.
38. Il Governo sostiene che le affermazioni del richiedente non hanno nessuno fondamento perché, da una parte, non sono corroborate dagli elementi di prova e, altro parte, sono ambigue. A questo riguardo, il Governo osserva che, dinnanzi alle giurisdizioni nazionali, il richiedente non ha dato di indicazioni precise in quanto al luogo dove si sarebbe svolto l’episodio violento; ha dichiarato al contrario che gli atti di violenza potuto avere luogo alla stazione dei carabinieri o all’epoca dei tragitti in automobile. Dinnanzi alla Corte, sostiene invece che i cattivi trattamenti gli sono stati inflitti in unità di sicurezza.
Converrebbe anche prendere in conto il casellario giudiziario del richiedente ed il temperamento violento, provocatore e collerico dell’interessato. Nel bar in questione, il richiedente ha avuto un comportamento arrogante, è stato minaccioso e ha opposto violentemente all’intervento dei carabinieri. Queste circostanze sono stabilite chiaramente dai testimoni ed i documenti versati alla pratica. Le circostanze dello specifico chiamavano all’uso della forza fisica contro il richiedente dunque. Il ricorso alla forza coi carabinieri è stato legittimo allo visto della condotta del richiedente e della resistenza fisica oppositore con questo.
Trattandosi delle lesioni in che il richiedente è incorso, il Governo stima che il minimo di gravità non è raggiunto, perché non c’è stata perdita funzionale duratura. I certificati medici non indicano del resto, per niente la causa probabile delle lesioni. In quanto all’origine delle lesioni in questione, secondo il Governo tutte le lesioni incorse dal richiedente, come sono state constatate alla casa di sentenza di Verona ed all’ospedale di Borgo Trento, sono compatibili con la corpo-a-corpo necessaria per ammanettare il richiedente. Sono state provocate quindi dai carabinieri in seguito ad un uso della forza necessaria e proporzionata in vista di dominare e ammanettare il richiedente per condurlo in unità di sicurezza.
In conclusione, il Governo stima che le affermazioni del richiedente non sono state provate al di là di ogni dubbio ragionevole.
b)Valutazione della Corte
i. Principi generali
39. La Corte ricorda che l’articolo 3 consacra una dei valori fondamentali delle società democratiche. Anche nelle circostanze i più difficili, tale la lotta contro il terrorismo ed il crimine organizzato, la Convenzione proibisce in termini assoluti la tortura e le pene o trattamenti disumani o degradanti. L’articolo 3 non contempla di restrizioni, ne che cosa contrasta con la maggioranza delle clausole normative della Convenzione e dei Protocolli il nostro 1 e 4, e secondo l’articolo 15 § 2 non soffre nulla derogazione, anche in caso di pericolo pubblico che minaccia la vita della nazione, Selmouni c. Francia [GC], no 25803/94, § 95, CEDH 1999-V.
40. Un cattivo trattamento deve raggiungere un minimo di gravità per cadere sotto l’influenza dell’articolo 3. La valutazione di questo minimo è relativa con essenza; dipende dall’insieme dei dati della causa e, in particolare, della durata del trattamento, dei suoi effetti fisici o mentali così come, talvolta, del sesso, dell’età e dello stato di salute della vittima. Per valutare gli elementi che gli permettono di dire se c’è stata violazione dell’articolo 3, la Corte aderisce al principio della prova “al di là di ogni dubbio ragionevole”, ma aggiungi che una tale prova può risultare da un fascio di indizi, o di presunzioni non confutate, sufficientemente gravi, precisi e concordanti, Jalloh c. Germania [GC], no 54810/00, § 67, CEDH 2006 IX; Ramirez Sanchez c. Francia [GC], no 59450/00, § 117, CEDH 2006 IX.
41. In caso di affermazioni sul terreno dell’articolo 3 della Convenzione, la Corte deve concedersi ad un esame particolarmente approfondito, Vladimir Romanov c. Russia, no 41461/02, § 59, 24 luglio 2008. Quando c’è stato un procedimento interno, non entra tuttavia nelle attribuzioni della Corte di sostituire la sua propria visione delle cose a quella dei corsi e tribunali interni ai quali appartiene in principio di pesare i dati raccolti da essi, Jasar c. l’ex-repubblica iugoslava di Macedonia, no 69908/01, § 49, 15 febbraio 2007. Anche se le constatazioni dei tribunali interni non legano la Corte, gli occorre tuttavia degli elementi convincenti per potere scostarsi delle constatazioni alle quali sono giunti.
42. Un Stato è responsabile di ogni persona posta in guardia a vista perché questa ultima è interamente alle mani dei funzionari di polizia. Quando gli avvenimenti in causa, nella loro totalità o per un largo parte, sono conosciuti esclusivamente dalle autorità come nel caso delle persone sottoposte al loro controllo, ogni ferita sopraggiunta appende questo periodo do luogo alle forti presunzioni di fatto. Incombe sul Governo di produrre delle prove che stabiliscono dei fatti che fanno pesare un dubbio sul racconto della vittima, Tomasi c. Francia, no 12850/87, §§ 108-111, 27 agosto 1992; Ribadisti, precitata, § 38. Qualunque sia la conclusione del procedimento impegnato al piano interno, una constatazione di colpevolezza o no non saprebbe estrarre lo stato convenuto della sua responsabilità allo sguardo della Convenzione; questo appartiene a lui che appartiene di fornire una spiegazione plausibile sull’origine delle lesioni in mancanza di cui l’articolo 3 trova ad applicarsi (Selmouni, precitata, § 87; Dembele c. Svizzera, no 74010/11, § 40, 24 settembre 2013.
43. In ciò che riguarda la questione particolare delle violenze sopraggiunte all’epoca di controlli di identità o di interpellanze operate dagli agenti di polizia, la Corte ricorda che il ricorso alla forza deve essere proporzionato e necessario allo visto delle circostanze dello specifico (vedere, tra molto altri, Rehbock c. Slovenia, no 29462/95, § 76, CEDH 2000-XII; Altay c. Turchia, no 22279/93, § 54, 22 maggio 2001. Peraltro, quando un individuo si trova priva della sua libertà, l’utilizzazione al suo riguardo della forza fisica mentre non è resa rigorosamente necessaria col suo comportamento rechi offesa alla dignità umana e costituisca, in principio, una violazione del diritto garantito dall’articolo 3, Ribitsch c. Austria, sentenza del 4 dicembre 1995, serie Ha no 336, § 38, e Tekin c. Turchia, sentenza del 9 giugno 1998, Raccolta 1998-IV, §§ 52-53.
44. La Corte ha ammesso già che in presenza di una resistenza fisica o di un rischio di comportamenti violenti da parte delle persone controllate, una forma di costrizione da parte degli agenti di polizia era giustificata (vedere, tra altri, Klaas c. Germania, 22 settembre 1993, § 30, serie Ha no 269; Sarigiannis c. Italia, no 14569/05, § 61, 5 aprile 2011. La Corte è arrivata agli stessi conclusioni nei casi di “resistenza passiva” ad un’interpellanza, Milano c. Francia, no 7549/03, § 59, 24 gennaio 2008, di tentativo di fuga faccia alla forza pubblica, Caloc c. Francia, no 33951/96, §§ 100-101, CEDH 2000 IX, o di un rifiuto di perquisizione da parte di un detenuto, Borodin c. Russia, no 41867/04, §§ 119-121, 6 novembre 2012. Appartiene quindi alla Corte di ricercare se la forza utilizzata in questo tipo di situazioni è proporzionata allo scopo ricercato. A questo riguardo, la Corte lega un’importanza particolare alle lesioni che sono state provocate al persone oggetto dell’intervento ed alle circostanze precise in che sono state (vedere, tra altri, R.L. e Sig. – J.D, R.L.
e Sig. – J.D. c. Francia, no 44568/98, § 68, 19 maggio 2004; Rehbock, precitata, § 72; Klaas, precitata, §§ 26-30.
ii. Applicazione di questi principi al caso di specifico
45. La Corte rileva al primo colpo che la constatazione medica invalsa all’ospedale di Borgo Trento fa stato della frattura di tre coste e di un ematoma ad un testicolo e di questo che queste lesioni sono compatibili con un’origine traumatica, paragrafo 17 sopra. Agli occhi della Corte, le lesioni incorse dal richiedente, guaribili in venti giorni, superano sicuramente la soglia di gravità richiesta affinché il trattamento che gli è stato inflitto tomba sotto l’influenza dell’articolo 3 della Convenzione.
46. Le parti si accordano per dire che le lesioni in questione sono state provocate prima dell’arrivo del richiedente alla casa di sentenza di Verona. Il richiedente è stato detenuto difatti, c’a l’isolamento per evitare ogni rischio di tafferugli, paragrafo 16 sopra, ed egli aveva denunciato già i cattivi trattamenti subiti ed i dolori alle coste al momento del suo arrivo alla casa di sentenza alla sera del 11 marzo 2010, paragrafo 15 sopra.
47. Per il Governo, le lesioni subite dal richiedente, come sono state constatate alla casa di sentenza di Verona ed all’ospedale di Borgo Trento, sono state provocate dai carabinieri in seguito ad un uso della forza necessaria e proporzionata in vista di dominare e menotter il richiedente per condurlo in unità di sicurezza. Per il ministero pubblico che ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta e per il giudice delle investigazioni preliminari che l’ha archiviata, c’è stato anche uso proporzionato della forza alla quale i carabinieri hanno dovuto avere ricorso nel bar per dominare l’aggressività del richiedente e per difendersi nel momento in cui essi lo ammanettarono per condurlo nell’unità di sicurezza. A questo riguardo, il ruolo decisivo è stato sostenuto dalla testimonianza della gerente del bar.
48. La Corte non divide la tesi secondo la quale le lesioni risulterebbero dalla forza utilizzata all’epoca dell’arresto del richiedente nel bar. Difatti, risulta della testimonianza della gerente del bar, paragrafo 27 sopra che se era stato bene necessario utilizzare forza e fermezza da parte dei carabinieri per dominare e ammanettare il richiedente, non c’era stata in ogni caso violenza. Agli occhi della Corte, delle manovre di immobilizzazione effettuata dai professionisti, fatte senza violenza l’interessato non ha potuto indurre la frattura di tre coste ed un ematoma ad un testicolo. Di conseguenza, la forza adoperata dai carabinieri al momento dell’immobilizzazione e della posa delle manette non può essere all’origine delle lesioni controverse.
49. Ne deriva che le lesioni controverse sono state provocate dopo la posa dei bielletta, una volta che il richiedente era uscito dal bar in questione ed era ammontato a bordo dell’automobile dei carabinieri che lo conducono alla stazione di Cerea. Il periodo durante la quale il richiedente è restato nelle mani dei carabinieri e durante la quale l’episodio violento è sopraggiunto-o tra le uscite del bar e l’arrivo alla casa di sentenza di Verona-si dilunga su circa le quattro.
50. La Corte nota che i carabinieri hanno dichiarato che alla stazione di Cerea, il richiedente aveva avuto una condotta automobile-mutilata. Si era gettato in modo ripetuto contro il muro e contro la porta dell’unità di sicurezza, e si era inflitto così sopra le lesioni (paragrafi 26) sé 29 e 30. La Corte stima che questa spiegazione non è convincente. Fa fatica ad immaginare difatti che comportandosi del modo descritto sopra, il richiedente abbia potuto provocare si le fratture di tre coste ed un ematoma al testicolo. Conviene quindi allontanare la tesi secondo la quale il richiedente sarebbe sé all’origine delle lesioni controverse.
51. La Corte rileva poi che i carabinieri che sono stati sentiti in quanto persone informate dei fatti, hanno spiegato che sarebbe stato necessario ricorrere non solo alla forza per dominare e ammanettare il richiedente al bar in vista di condurlo alla stazione di Cerea, ma anche ulteriormente: all’imbuco anche, per fare entrare il richiedente in unità di sicurezza; durante il tragitto verso l’ospedale di Legnago; alla sua uscita dell’ospedale di Legnago, quando è stato di nuovo questione del menotter, paragrafi 26 e 30 sopra.
52. Nell’ipotesi dove l’episodio violento al riguardo del richiedente sarebbe sopraggiunto prima che sia condotto all’ospedale di Legnago, è sorprendente che le lesioni in questione non siano state constatate da questo stesso ospedale. Difatti, la diagnosi ha escluso dei problemi al torace e ha fatto solamente stato di un trauma cranico, di una ferita alla fronte, di escoriazioni alle mani e di un stato di agitazione psicomotoria. Ci sarebbe stato dunque un grossolano errore di valutazione da parte del personale medico.
53. È tuttavia più plausibile del ricorso alla violenza abbia avuto luogo -ad un luogo non identificato-una volta la sedazione dell’interessato praticato. È difficile immaginare che, in una tale situazione, l’interessato abbia potuto conservare un’aggressività che giustifica una reazione muscolosa da parte dei carabinieri per mettere le manette all’uscita dell’ospedale. Tanto più che circa l’una più tardi, quando il richiedente arrivò alla casa di sentenza di Verona e fu visto dal medico, questo ultimo lo giudicò come essendo cosciente, lucido e tranquillo, paragrafo 15 sopra.
54. A prescindere della causa precisa ed immediata della frattura delle coste del richiedente e dell’ematoma al testicolo, la Corte considera che le modalità di intervento dei carabinieri, nel loro insieme, rivelano un uso ingiustificato della forza. Difatti, non è contestato che il richiedente non era armato e che è restato ammanettato durante tutto il periodo controverso, salvo durante la consultazione che ha avuto luogo all’ospedale di Legnago. Di più, fino al momento del suo trasferimento verso l’ospedale, si trovava in una stazione dei carabinieri. Infine, uscito dall’ospedale in questione, sotto l’effetto della sedazione, è stato di nuovo ammanettato e messi in automobile per essere condotto alla casa di sentenza. Le circostanze che cingono gli avvenimenti del cuore della pratica sono conosciute solamente dalle persone implicate, così che la questione di sapere a che momento e per quali ragioni le lesioni controverse sono state provocate casa non decisa. La Corte può constatare solamente che le lesioni del richiedente sono sopraggiunte durante le ore che è passata interamente sotto il controllo dei carabinieri, tra i momenti dove è stato messo in automobile per essere condotto alla stazione di Cerea ed il momento dove è arrivato alla casa di sentenza di Verona e che nessuna spiegazione plausibile è stata fornita dal Governo. Questa constatazione basta per impegnare la responsabilità dello stato.
55. Allo visto di ciò che precede, la Corte considera che le autorità nazionali sono responsabili di trattamenti disumani e degradanti contrari all’articolo 3. Pertanto c’è stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione nel suo risvolto patrimoniale.
B. Motivo di appello tirato del risvolto procedurale dell’articolo 3
56. Il richiedente sostiene che l’inchiesta sulle sue affermazioni dei cattivi trattamenti non è stata condotta con zelo. È stata archiviata senza seguito in ragione della mancanza di volontà manifesta di stabilire la verità e di inseguire gli autori dei fatti.
57. Il Governo oppone a questa tesi.
1. Sull’ammissibilità
58. La Corte constata che il motivo di appello sollevato dal richiedente non è manifestamente male fondato al senso dell’articolo 35 § 3 ha, della Convenzione e non urtarti a nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
2. Sul fondo
ha, Tesi delle parti
59. Il richiedente osserva che, dall’inizio, le autorità nazionali hanno dato prova di inerzia e di una mancanza manifesta di volontà di stabilire la verità e di inseguire gli autori dei fatti. Gli autori delle lesioni incorse dal richiedente non furono identificati mai. In dispetto delle indicazioni dell’interessato registrato nella sua domanda di opposizione all’archiviazione senza seguito, l’autorità giudiziale ha valutato male le prove in non tenendo conto di tutti gli elementi factuels della pratica, in particolare in non concedendo a tutti i carabinieri un’audizione intervenuto sui luoghi, né l’interessato, né i medici, ed in non ordinando di perizia médico-legale. In particolare, l’autorità giudiziale non ha inteso il richiedente; non ha ordinato di perizia medica per vedere-entro altri elementi-se le lesioni incorse dal carabiniere L.B. erano presumibilmente compatibili col comportamento violento del richiedente; non ha inteso una seconda volta la gerente del bar per verificare il modo di cui il richiedente era stato ammanettato al momento della sua interpellanza; non ha inteso neanche gli altri clienti presenti nel bar a questo motivo; non ha ordinato che i risultati del test di alcoolémie che sarebbe stato effettuato all’ospedale di Legnago siano versati alla pratica.
Secondo il richiedente, l’autorità giudiziale ha preso in conto la tesi avanzata dai carabinieri secondo la quale si era ferito sé con gli atti di automutilazione. La decisione di archiviazione senza seguito è stata redatta in ogni caso su un formulario standard. In conclusione, il rifiuto di inseguire i carabinieri dia a pensare che si tratta di una volontà deliberata e che l’inchiesta non è stata effettiva.
60. Il Governo sostiene che il richiedente non ha collaborato all’inchiesta. Si è fatto ne limitato a denunciare i trattamenti presumibilmente subiti ma non ha depositato un lamento formale e circostanziato, così che l’inchiesta è stata condotta di ufficio per iniziativa le autorità nazionali. In questa situazione, soli i fatti sottomessi all’attenzione dell’autorità giudiziale dovevano essere esaminati. Il richiedente si è limitato a dichiarare che non aveva utilizzato la violenza fisica contro i carabinieri e che era stato picchiato da questi ultimi, senza precisare le circostanze di luogo, di tempo, né le modalità e la descrizione degli aggressori presunti. Le dichiarazioni del richiedente erano non solo imprecise ma anche ambigue. Difatti, dinnanzi alle giurisdizioni nazionali il richiedente ha indicato che la violenza potuto avere luogo all’epoca del suo trasferimento alla stazione di Cerea, o in unità di sicurezza, o all’epoca del suo trasferimento a Legnago o ancora all’epoca del suo trasferimento susseguente verso la casa di sentenza di Verona. In conclusione, il richiedente sarebbe restato “spettatore” del procedimento. È vero che il richiedente ha chiesto ad essere sentito e l’autorità giudiziale non l’ha inteso. Però, l’interessato aveva la possibilità di descrivere i fatti in modo precisi e dettagliati e non l’ha fatto. Di conseguenza, nessuna inerzia può essere rimproverata alle giurisdizioni nazionali.
Il Governo osserva poi che l’ambiguità delle dichiarazioni del richiedente è aumentata dal fatto che, dinnanzi alla Corte, ha indicato che l’episodio violento ha avuto luogo in un’unità di sicurezza. In quanto agli atti di istruzione, non era necessario ordinare una perizia medica, perché parecchi certificati medici erano disponibili. Questi ultimi non indicano peraltro per niente la causa probabile delle lesioni del richiedente. Non era neanche necessario intendere una seconda volta la gerente del bar per sapere se il richiedente era stato veramente ammanettato nella schiena. La gerente del bar era stata già sentita e non era essenziale di intendere gli altri clienti presenti nel bar. In quanto al risultato del test di alcolemia che sarebbe stato effettuato all’ospedale di Legnago, il richiedente non ha spiegato perché questo risultato gli era necessario e non ha dimostrato l’impossibilità di ottenere sé il risultato in questione.
Il Governo osserva infine che l’inchiesta è stata condotta dalla polizia giudiziale sotto il controllo diretto della procura. I carabinieri non erano implicati nella gestione dell’inchiesta.
b, Valutazione della Corte
Principi generali
61. La Corte ricorda che quando un individuo sostiene in modo difendibile avere subito, alle mani della polizia o di altri servizi comparabili dello stato, un trattamento contrario all’articolo 3, questa disposizione, combinato col dovere generale imposto allo stato con l’articolo 1 della Convenzione di “riconoscere ad ogni persona che rileva di [suo] giurisdizione i diritti e libertà definite [in lei] Convenzione”, richiede, con implicazione, che ci sia un’inchiesta ufficiale effettiva. Questa inchiesta deve potere condurre all’identificazione ed alla punizione dai responsabile. Se non ne andava così, nonostante la sua importanza fondamentale, l’Proibizione legale generale della tortura e delle pene e trattamenti disumani o degradanti sarebbero inefficaci in pratica, ed egli sarebbe possibile in certi casi agli agenti dello stato di calcare ai piedi, godendo di una quasi – impunità, i diritti delle persone sottoposte al loro controllo, Assenov ed altri c. Bulgaria, 28 ottobre 1998, § 102, Raccolta delle sentenze e decisioni 1998 VIII; Corsacov c. Moldova, no 18944/02, § 68, 4 aprile 2006; Georgiy Bykov c. Russia, no 24271/03, § 60, 14 ottobre 2010; El Masri c. “l’ex Repubblica iugoslava del Macedonia” [GC], no 39630/09, § 182, CEDH 2012.
62. L’inchiesta che esige delle affermazioni gravi dei cattivi trattamenti deve essere al tempo stesso veloce e deve approfondire, ciò che notifica che le autorità devono sempre sforzarsi seriamente di scoprire ciò che è accaduto e che non devono appellarsi su dei conclusioni frettolosi o male fondati per chiudere l’inchiesta o fondare le loro decisioni, El Masri, precitata § 183; Assenov ed altri, precitata, § 103, e Picchia ıed altri c. Turchia, i nostri 33097/96 e 57834/00, § 136, CEDH 2004 IV. Le autorità devono prendere tutte le misure ragionevoli a loro disposizione per ottenere le prove relative all’incidente in questione, ivi compreso, entra altri, le deposizioni dei testimoni oculari ed i perizie criminologiche , El Masri, precitata § 183; Tanrkulu c. Turchia [GC], no 23763/94, § 104, CEDH 1999 IV, e Gül c. Turchia, no 22676/93, § 89, 14 dicembre 2000. Ogni carenza dell’inchiesta che indebolisce la sua capacità a stabilire le cause del danno o l’identità del responsabile rischio di fare concludere che non risponde alla norma di effettività richiesto, El Masri, precitata § 183.
63. Di più, l’inchiesta deve essere condotta in ogni indipendenza rispetto al potere esecutivo, Our ğc. Turchia [GC], no 21594/93, §§ 91-92, CEDH 1999 III, e Mehmet Emin Yüksel c. Turchia, no 40154/98, § 37, 20 luglio 2004; El Masri, precitata § 184. L’indipendenza dell’inchiesta suppone non solo la mancanza di legame gerarchico o istituzionale, ma anche un’indipendenza concreta, Ergi c. Turchia, 28 luglio 1998, §§ 83-84, Raccolta 1998 IV; El Masri, precitata § 184.
64. Infine, la vittima ne deve essere misura di partecipare infatti, in un modo o nell’altro, all’inchiesta, El Masri, precitata § 185.
c, Applicazione di questi principi al caso di specifico
65. La Corte nota che il richiedente ha denunciato le violenze subite durante le ore passate alle mani dei carabinieri al personale medico della casa di sentenza di Verona la sera del 11 marzo 2010; all’autorità giudiziale, il 12 marzo 2010; ed alle autorità penitenziarie, il 13 marzo 2010. Le sue affermazioni, corroborate dalla constatazione medica delle lesioni incorse da lui, hanno portato l’autorità giudiziale ad aprire un’inchiesta contro X in data del 24 marzo 2010.
Il procuratore della Repubblica di Verona carica dell’inchiesta ha inteso, in quanto persone informate dei fatti, quattro testimoni,: la gerente del bar, uno dei carabinieri essendo reso si sui luoghi e due altri carabinieri che erano presenti alla stazione di Cerea quella sera, poi all’epoca dei trasferimenti del richiedente verso l’ospedale di Legnago e verso la casa di sentenza di Verona. Il richiedente non è stato sentito. Il 29 aprile 2010, il procuratore della Repubblica ha chiesto l’archiviazione senza seguito dell’inchiesta, al motivo che le affermazioni del richiedente non erano provate e tenuto conto della personalità e degli antecedenti dell’interessato. La condotta violenta e minacciosa del richiedente al riguardo della gerente del bar e dei carabinieri spiegava la forza utilizzata da questi ultimi per il menotter, senza che non sia fatto però ricorso alla violenza. Le lesioni incorse dal richiedente derivavano di questa forza necessaria e giustificata. Il 1 settembre 2010, il GIP di Verona ha respinto l’opposizione del richiedente e ha archiviato senza seguito l’indago al motivo che divideva interamente i conclusioni del procuratore della Repubblica e che la testimonianza decisiva era quella della gerente del bar.
66. La Corte nota la superficialità dell’inchiesta, a cominciare dal fatto che la vittima dei cattivi trattamenti non è stata anche sentita. Nota che in dispetto della gravità delle lesioni constatate all’arrivo del richiedente alla casa di sentenza di Verona e poi all’ospedale di Borgo Trento, tre coste rotte ed un ematoma ad un testicolo, le autorità giudiziali hanno focalizzato la loro attenzione sugli avvenimenti sopraggiunti nel bar. Hanno stimato che le manovre di immobilizzazione e la posa delle manette che erano stati effettuati senza violenza, erano all’origine delle lesioni incorse dal richiedente. La Corte nota che l’autorità giudiziale non ha provato di ricostituire i fatti che si sono svolti ulteriormente per identificare l’origine ed i responsabile delle lesioni controverse.
67. La Corte rileva poi la grande importanza che è stata assegnata sopra dall’autorità giudiziale agli antecedenti ed alla personalità del richiedente, ciò che ha avuto per conseguenza che l’interessato e le affermazioni dei cattivi trattamenti che ha formulato sono state considerate a priori come essendo avuto poco credibili, paragrafo 32.
68. Trattandosi del carattere poco dettagliato delle affermazioni del richiedente, la Corte constata che mai le autorità non si sono dedicate sulla questione di sapere se la sedazione di cui l’interessato era stato oggetto all’ospedale di Legnago potuto giocare un ruolo sulle sue capacità a concedersi un racconto preciso e circostanziato delle violenze subite.
69. Allo visto di ciò che precede, e senza che sia necessario dedicarsi sugli altri mancamenti dell’istruzione invocata dal richiedente, la Corte considera che l’inchiesta condotta sull’incidente del 11 marzo 2010 non è stata condotta con lo zelo necessario.
70. Pertanto, c’è stata violazione del risvolto procedurale dell’articolo 3.
II. SULLE ALTRE VIOLAZIONI
71. Il richiedente denuncia una violazione ulteriore dell’articolo 3 della Convenzione al motivo che ci sarebbero stati dei ritardi nella sua presa incaricata medica alla casa di sentenza di Verona. Adduce avere chiamato in particolare in emergenza il medico della prigione ed avere dovuto aspettare delle ore prima di essere condotto all’ospedale.
72. Il Governo contesta questa tesi e fa notare che il richiedente è stato visto da un medico il 11 marzo 2010 al suo arrivo verso 21h00 alla casa di sentenza di Verona. Inoltre, è stato esaminato in emergenza il 13 marzo 2010 alla mattina col medico della prigione; è stato condotto lo stesso giorno verso le 14 all’ospedale di Borgo Trento per una consultazione in emergenza e degli esami. Poi, è stato condotto in questo stesso ospedale per consultazioni ed esami complementari il 17 e 18 marzo 2010. Questo mostra che la presa incaricata medica del richiedente è stata adeguata.
73. La Corte nota che risulta della pratica che il richiedente chiese a vedere in emergenza il medico della prigione, in ragione dei forti dolori, la mattina del 13 marzo 2010. Questo ultimo l’esaminò, redasse un resoconto a 12h00 e mandò l’interessato di emergenza all’ospedale di Borgo Trento. Il richiedente fu esaminato da un urgentiste dell’ospedale a 14h15. La sera, il richiedente fu di ritorno alla casa di sentenza. Tenuto conto di questi elementi, la Corte non vede di ritardi suscettibili di impegnare la responsabilità delle autorità italiane. Peraltro, prende in conto lo fa che il richiedente è stato condotto di nuovo all’ospedale per gli esami complementari così che il seguito medico sembro essere stato anche adeguato dopo il 13 marzo 2010.
74. Quindi, la Corte stima che questa parte della richiesta è manifestamente male fondata e che deve essere dichiarata inammissibile conformemente all’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
75. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
76. Il richiedente richiede 20 000 euro (EUR, a titolo del danno morale che avrebbe subito,). Osserva che le circostanze dello specifico sono state di natura tale da provocare disperazione, angoscia e tensione.
77. Il Governo reitera la sua tesi secondo la quale la richiesta è manifestamente male fondata. Sussidiariamente, osserva che gli importi richiesti sono sproporzionati e che l’eventuale constatazione di violazione permetterebbe di cancellare perfettamente le conseguenze di questa.
78. La Corte considera che c’è luogo di concedere al richiedente 15 000 EUR a titolo del danno morale.
B. Oneri e spese
79. Il richiedente chiede anche 9 500 EUR per gli oneri e spese impegnate dinnanzi alla Corte.
80. Il Governo stima che nessuna somma deve essere concessa e che in ogni caso l’importo richiesto non è proporzionato alle circostanze dello specifico.
81. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese che nella misura in cui si trovano stabilisco la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevoli del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto dei documenti nel suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte stima ragionevole l’intimo di 4 000 EUR a titolo degli oneri e spese per il procedimento dinnanzi alla Corte e l’accordo al richiedente.
C. Interessi moratori
82. La Corte giudica appropriata di ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti di percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello concernente il trattamento inflitto dai carabinieri ed al motivo di appello derivato della mancanza di un’inchiesta effettiva ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione nel suo risvolto patrimoniale;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione nel suo risvolto procedurale;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare del giorno dove la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, il seguente somme:
i, 15 000 EUR, quindicimila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale,;
ii, 4 000 EUR, quattromila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta col richiedente, per oneri e spese,;
b) che a contare della scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno ad aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti di percentuale,;
5. Respingi la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 24 giugno 2014, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Abele Campos Egli ıKarakaş
Cancelliere aggiunto Presidentessa