Conclusione Radiazione parziale del ruolo; Parzialmente inammissibile; No-violazione di P1-1
TERZA SEZIONE
CAUSA AIZPURUA ORTIZ ED ALTRI C. SPAGNA
( Richiesta no 42430/05)
SENTENZA
STRASBURGO
2 febbraio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Aizpurua Ortiz ed altri c. Spagna,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura, Boštjan il Sig. Zupančič, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Luccichi López Guerra, Ann Power, giudici,
e da Stanley Naismith, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 12 gennaio 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
All’origine della causa si trova una richiesta (no 42430/05) diretta contro il Regno della Spagna e in cui la Sig.ra B. P.d. l. T. ha investito la Corte il 17 novembre 2005 a nome del Sig. M. A. O. e cinquantacinque altri cittadini di questo Stato (“i richiedenti”) i cui nomi figurano qui acclusi, in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da R. Z. E., avvocato a Bilbao. Il governo spagnolo (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. I. Blasco Lozano, capo del servizio giuridico dei diritti dell’uomo al ministero della Giustizia.
3. I richiedenti si lamentano in particolare di essere stati privati dei loro diritti ad una pensione complementare sulla base di una convenzione collettiva conclusa tra il loro vecchio datore di lavoro ed i rappresentanti degli impiegati.
4. Il 20 novembre 2008, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti resiedono o risiedevano nella provincia di Biscay.
A. Fatti relativi all’introduzione della richiesta dinnanzi alla Corte
6. Il 17 novembre 2005, la Sig.ra B. P. d. l. T., procuratore legale, mandò alla Corte una lettera introduttiva di richiesta a nome dei cinquantasei richiedenti. Fornisce delle procure con cui gli interessati le davano mandato per rappresentarli in ogni tipo di procedimento.
7. Il 29 dicembre 2005, B.P. mandò alla Corte il formulario di richiesta a nome dei richiedenti. Con una lettera dell’ 11 gennaio 2006, la cancelleria confermò a B.P. la registrazione della richiesta e la invitò a tenerla informata di ogni sviluppo pertinente alla causa in oggetto.
8. Con una lettera del 27 novembre 2008, il cancelliere notificò a B.P. che il presidente della sezione aveva deciso di comunicare al Governo la richiesta in questione. Attirò la sua attenzione sull’articolo 36 §§ 2 e 4 dell’ordinamento della Corte secondo cui i richiedenti dovevano a questo stadio del procedimento essere rappresentati dinnanzi alla Corte da un consigliere.
9. Il 15 gennaio 2009, R. Z. E., avvocato, mandò i formulari che gli davano potere ai fini di rappresentare i richiedenti nel procedimento dinnanzi alla Corte alla cancelleria.
10. Con una lettera dell’ 11 febbraio 2009, la cancelleria indicò a Z. che i richiedenti 2, 3, 4, 7, 9, 10, 13, 14, 15, 18, 19, 22, 25, 29, 30, 32, 35, 38, 40, 45, 47, 49, 50, 51 e 53 non aveva firmato le loro procure e che le procure relative ai richiedenti 12 e 20 sembravano firmati da altre persone.
11. Con una lettera del 25 febbraio 2009, il rappresentante dei richiedenti rispose che, vista l’età dei richiedenti, tutti pensionati, doveva informarsi su degli eventuali decessi o delle incapacità che avrebbero potuto ledere la regolarità delle firme richieste.
12. Con una lettera del 6 marzo 2009, il cancelliere invitò il rappresentante dei richiedenti ad informarla dell’eventuale decesso dei richiedenti che non avevano firmato le loro procure. Gli chiese anche di informarla dell’esistenza di eredi o parenti stretti qualora avessero desiderato continuare a proseguire l’istanza a nome dei richiedenti deceduti e di mandarle, all’occorrenza, le procure firmate da queste persone.
13. Con una lettera del 28 marzo 2009, il rappresentante dei richiedenti indicò che i richiedenti 2, 3, 4, 7, 9, 10, 13, 14, 15, 18, 19, 25, 29, 30, 35, 40, 45, 47, 49, 50 e 53 erano deceduti e che il richiedente 11 era deceduto recentemente. Fornisce per la maggior parte di questi richiedenti dei certificati di decesso, dei certificati di eredi, così come delle procure firmate dagli eredi o da parenti stretti interessati. Trattandosi dei richiedenti 4 e 47, deceduti, nessuno erede o parente stretto aveva firmato un potere ai fini della loro rappresentanza dinnanzi alla Corte. Il rappresentante dei richiedenti indicò anche che i richiedenti 12 e 20 erano in stato di incapacità e che le procure mandate erano state firmate rispettivamente da suo moglie M. G. A. e da sua figlia M. G.. Infine, per ciò che riguarda i richiedenti 22, 32, 38 e 51, il rappresentante dei richiedenti non aveva potuto ottenere delle informazione sulla loro situazione personale.
B. Fatti relativi all’oggetto della causa
14. I richiedenti erano impiegati presso la società “S. S.p.A.” (qui di seguito, “la società”) fino al loro collocamento in pensione anticipata e beneficiavano di pensioni complementari conformemente alle condizioni previste da un accordo collettivo concluso tra i rappresentanti degli impiegati e la società il 22 dicembre 1983. Tra le condizioni stabilite, era contemplato il versamento di una pensione complementare annua di carattere vitalizio fino all’età di 65 anni, momento in cui l’importo avrebbe acquisito un carattere dinamico. Queste condizioni furono riprese nelle convenzioni collettive ulteriormente concluse. Si applicavano agli impiegati che avevano cominciato a lavorare per la società prima del 1984.
15. Nell’agosto 1994, la società smise di versare ai richiedenti le pensioni complementari previste dall’accordo collettivo del 22 dicembre 1983. I richiedenti investirono allora i giudici del lavoro di Bilbao di parecchie istanze per sollecitare gli importi dovuti a titolo delle pensioni complementari. Ottennero guadagno di causa. I giudizi resi a loro favore furono confermati da parecchie sentenze del Tribunale superiore di giustizia del Paese basco (sentenze del 1997, 1998, 1999, 2000 e 2002).
16. In virtù di una nuova convenzione collettiva pubblicata il 10 aprile 2000, le condizioni di pagamento delle prestazioni complementari ai richiedenti furono modificate, in ragione del cambiamento sostanziale delle condizioni economiche esistenti nel 1983. Questa convenzione abrogò con effetto al 1 gennaio 2000 tutte le convenzioni collettive anteriori che avevano riconosciuto il diritto al versamento di una pensione complementare. Ai termini della seconda disposizione addizionale della nuova convenzione collettiva, gli impiegati che avevano beneficiato di pensioni complementari avevano diritto al versamento di un solo importo corrispondente a tre mensilità, calcolate rispetto alle somme versate dalla società a titolo del complemento nel luglio 1994. Su questo importo, dovevano applicarsi delle riduzioni in funzione dell’età della pensione.
17. Il 6 marzo 2002, i richiedenti investirono il giudice del lavoro no 1 di Bilbao di un’istanza tesa a constatare che i loro diritti ad una pensione complementare non potevano essere lesi dalla nuova convenzione collettiva. Sostennero che questa convenzione collettiva era stata conclusa tra la società debitrice ed i rappresentanti degli impiegati attivi che non potevano agire in nessun caso a loro nome perché difendevano degli interessi che erano loro sfavorevoli.
18. Con un giudizio del 13 settembre 2002, il giudice del lavoro no 1 di Bilbao fece parzialmente diritto ai richiedenti e condannò la società convenuta al versamento delle pensioni sollecitate. Il giudice del lavoro respinse i richiedenti 7 e 30 delle loro pretese, nella misura in cui erano deceduti rispettivamente il 12 marzo 2001 ed il 9 ottobre 2001.
19. Contro questo giudizio, la società fece appello (suplicación) presso il Tribunale superiore di giustizia del Paese basco che lo respinse con una sentenza dell’ 11 febbraio 2003.
20. La società ricorse allora in cassazione in vista di garantire l’armonizzazione della giurisprudenza. Con una sentenza dell’ 8 aprile 2005, notificata ai richiedenti il 18 maggio 2005, il Tribunale supremo fece diritto alla società, annullò la decisione attaccata e respinse i richiedenti delle loro istanze. Il Tribunale supremo si riferì all’articolo 82 § 4 dello Statuto dei lavoratori (vedere sotto, § 22) e notò che il legislatore spagnolo aveva optato per un sistema che premiava la libertà di negoziato collettivo sui compromessi acquisiti in virtù delle convenzioni collettive anteriori, a prescindere dalla natura dei diritti assegnati. A questo riguardo, ricordò che all’epoca dell’adozione dello Statuto dei lavoratori, il Parlamento aveva respinto una proposta tesa ad includere una clausola di salvaguardia concernente i diritti acquisiti. Il Tribunale considerò dunque che i diritti riconosciuti da una convenzione collettiva anteriore potevano smettere di essere effettivi quando erano oggetto di una revisione tramite una convenzione collettiva posteriore, salvo disposizione contraria. Sottolineò che nello specifico, le due convenzioni collettive che si erano succedute nel tempo avevano lo stesso grado. Trattandosi dell’interpretazione dell’articolo 192 della legge generale sulla sicurezza sociale (vedere sotto, § 22,) il Tribunale supremo stimò che il diritto ad un miglioramento complementare di una prestazione periodica poteva essere annullato o sminuito solo in conformità con le norme che regolano la sua riconoscenza, nello specifico la convenzione collettiva che aveva riconosciuto i miglioramenti in questione. Nella misura in cui la convenzione collettiva non conteneva nessuna disposizione relativa alla sua applicazione nel tempo o alla sua intangibilità di fronte alle convenzioni posteriori, questi miglioramenti potevano essere modificati o annullati da una convenzione collettiva posteriore, conformemente all’articolo 82 § 4 dello Statuto dei lavoratori.
21. Il Tribunale supremo notò che ad ogni modo, la convenzione collettiva posteriore non aveva annullato i diritti riconosciuti dalla prima convenzione, ma che li aveva sostituiti con altri diritti di natura equivalente. Ora, i richiedenti non accettarono le nuove modalità riconosciute dalla nuova convenzione (il versamento di una somma unica). Rilevò anche che la cattiva situazione finanziaria della società, in particolare durante i tre ultimi anni, era all’origine della modifica dei diritti riconosciuti ai pensionati. A questo riguardo, il Tribunale supremo notò che i vecchi impiegati pensionati tra cui i richiedenti, non erano stati trattati in modo discriminatorio, nella misura in cui anche gli impiegati attivi della società avevano rinunciato alla loro pensione complementare con una convenzione collettiva del 31 gennaio 1995.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA PERTINENTI
22. Il diritto interno pertinente
1. La Costituzione
Articolo 37 § 1
“La legge garantisce il diritto al negoziato collettivo in materia di lavoro tra i rappresentanti dei lavoratori e dei capi dell’ impresa, così come il carattere costrittivo delle convenzioni. “
2. Lo Statuto dei lavoratori (Decreto-legislativo reale 1/1995, del 24 marzo 1995)
Articolo 82 § 4
“La convenzione collettiva che sostituisce una convenzione collettiva precedente può disporre dei diritti riconosciuti da questa ultima. In questo caso, si applicano di pieno dritto le stipulazioni della nuova convenzione collettiva.”
3. La Legge generale sulla sicurezza sociale (Decreto-legislativa reale 1/1994, del 20 giugno 1994)
Articolo 192
“I datori di lavoro possono migliorare direttamente le prestazioni del regime generale, a loro esclusivo carico. Eccezionalmente, con l’accordo preliminare del Ministero del lavoro e delle cause sociali, il versamento di quote dagli impiegati può essere stabilito, purché possano aderire o meno, individualmente e di loro gradimento, ai miglioramenti offerti dai datori di lavoro a questo fine.
Nonostante il carattere volontario, per i datori di lavoro, dell’introduzione di tali miglioramenti al quale questo articolo fatto riferimento, quando un impiegato ha ottenuto il diritto ad un complemento della prestazione periodica, questo diritto può essere annullato o sminuito solo in conformità con le norme che regolano la sua riconoscenza. “
23. La giurisprudenza del Tribunale supremo
Il Tribunale supremo stabilisce la sua giurisprudenza sulla questione delle convenzioni collettive successive e dei miglioramenti volontari delle prestazioni di pensione esistenti all’infuori del regime nazionale di previdenza sociale, in una sentenza del 16 luglio 2003 (concernente la stessa controversia tra i richiedenti e la società) i cui principi sono stati seguiti dalla sentenza dell’ 8 aprile 2005 messa in causa nello specifico.
Nella sua sentenza del 16 luglio 2003, tre magistrati espressero un’opinione dissidente. I magistrati dissidenti considerarono che bisognava fare una distinzione tra gli impiegati attivi della società ed i pensionati, nella misura in cui gli ultimi non erano rappresentati dagli organi di rappresentanza abilitati a concludere delle nuove convenzioni collettive. Peraltro, l’articolo 192 § 2 della legge generale sulla previdenza sociale doveva essere considerata come una lex specialis rispetto allo Statuto dei lavoratori, potendo dunque aver luogo l’annullamento o la modifica dei diritti acquisiti solo avendo riconosciuto questi diritti in virtù della norma. Nel rispetto del principio di sicurezza giuridica, il caso di tale modifica o annullamento dovrebbe essere previsto dalla norma che ha riconosciuto i diritti in questione. Infine, i magistrati dissidenti sottolinearono che tale modifica a posteriori era incompatibile col carattere vitalizio della pensione complementare.
24. Il Diritto comunitario
La direttiva 80/987/CEE del Consiglio, del 20 ottobre 1980, concernente l’avvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relativi alla protezione dei lavoratori salariati in caso di insolvenza del datore di lavoro
Articolo 8
“Gli Stati membri si assicurano che vengano prese le misure necessarie per proteggere gli interessi dei lavoratori salariati e delle persone che hanno già lasciato l’impresa o lo stabile del datore di lavoro in data del sopraggiungere dell’insolvenza di questo, per ciò che riguarda i loro diritti acquisiti, o i loro diritti in fase di acquisizione, alle prestazioni di vecchiaia, ivi comprese le prestazioni di superstiti, a titolo di regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali esistenti all’infuori dei regimi legali nazionali di previdenza sociale. “
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
25. I richiedenti si lamentano di essere stati privati dei loro diritti ad una pensione complementare sulla base di una convenzione collettiva conclusa tra la società ed i rappresentanti degli impiegati attivi, mentre questi non potevano rappresentarli né difendere i loro interessi. Sostengono che l’interpretazione fatta dal Tribunale supremo della legislazione interna ha recato offesa al loro diritto di proprietà. Invocano l’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
26. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
1. Locus standi dei richiedenti
27. La Corte deve dedicarsi innanzitutto sulla questione del locus standi dei richiedenti.
28. La Corte riafferma che l’esistenza di una vittima, cioè di un individuo che viene toccato personalmente dalla violazione addotta di un diritto garantito dalla Convenzione, è necessaria affinché venga innestato il meccanismo di protezione previsto da questa, sebbene questo criterio non possa essere applicato in modo rigido, meccanico ed inflessibile per tutto il procedimento (Karner c. Austria, no 40016/98, § 25, CEDH 2003-IX).
29. La Corte autorizza normalmente i prossimi della vittima a mantenere la richiesta introdotta da questa prima del suo decesso purché abbiano un interesse sufficiente per agire (Malhous c. Repubblica ceca, (dec.), no 33071/96, CEDH 2000-XII). Tuttavia, la situazione è differente quando la vittima diretta è deceduta prima di avere sottoposto una richiesta alla Corte (Sanles Sanles c. Spagna (dec.), no 48335/99, CEDH 2000-XI). Se è vero che i prossimi di persone decedute in circostanze che sollevano delle questioni sotto l’angolo dell’articolo 2 della Convenzione possono dichiararsi a pieno titolo richiedenti, vi è una situazione particolare regolata dalla natura della violazione addotta e dalle considerazioni legate all’applicazione effettiva di una delle disposizioni più fondamentali del sistema della Convenzione. I casi dei richiedenti deceduti prima dell’introduzione della richiesta devono essere distinti dunque dai casi dei richiedenti deceduti durante il procedimento dinnanzi alla Corte per cui si deve prendere in conto la volontà di proseguire questo espressa dagli eredi o affini prossimi (vedere, tra altre, le sentenze Deweer c. Belgio, 27 febbraio 1980, serie A no 35, § 37, e Dalban c. Romania [GC], no 28114/95, § 39, CEDH 1999-VI).
30. Per ciò che riguarda il presente caso, la Corte osserva che, come risulta dal giudizio del giudice del lavoro no 1 di Bilbao del 13 settembre 2002, i richiedenti 7 e 30 erano deceduto rispettivamente il 12 marzo 2001 ed il 9 ottobre 2001. Nota peraltro che con una lettera del 28 marzo 2009, il rappresentante dei richiedenti informò la cancelleria della Corte che certi richiedenti erano deceduti, e fornisce dei certificati di decesso a loro riguardo. Risulta da questi documenti che oltre i richiedenti 7 e 30, i richiedenti 3, 13, 14, 25, 35, 45 e 47 erano deceduti rispettivamente il 30 maggio 2003, il 19 gennaio 2005, il 18 febbraio 2004, il 2 luglio 2004, il 23 giugno 2003, il 19 ottobre 2005 ed il 13 luglio 2003. Questi richiedenti dunque erano tutti deceduti prima dell’introduzione della richiesta a loro nome da essi riconosciuta. Secondo la pratica della Corte, e conformemente all’articolo 34 della Convenzione, una richiesta può essere presentata solo da persone viventi o a loro nome (Varnava ed altri c. Turchia [GC], numeri 16064/90, 16065/90, 16066/90, 16068/90, 16069/90, 16070/90, 16071/90, 16072/90 e 16073/90, § 111, 18 settembre 2009). Quindi, la Corte considera che questi richiedenti non potevano investire validamente la Corte di una richiesta e che la richiesta introdotta a loro nome deve essere respinta per incompatibilità ratione personae con le disposizioni della Convenzione, in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione. Per ciò che riguarda i parenti stretti, coniugi o eredi che hanno espresso la loro intenzione di assumere l’istanza a nome di questi richiedenti, eccetto il richiedente 47 per cui nessun erede o coniuge ha espresso tale intenzione, constata che supponendo anche che possano avere la qualità di vittime (vedere Marie-Louise Loyen ed altro c. Francia, no 55929/00, § 29, 5 luglio 2005, Ressegatti c. Svizzera, no 17671/02, § 25, 13 luglio 2006, Micallef c,. Malta [GC], no 17056/06, §§ 44-51, 15 ottobre 2009 e a contrario Fairfield ed altri c. Regno Unito, (dec.), no 24790/04, CEDH 2005-VI) hanno espresso il loro desiderio di assumere la presente richiesta solo il 28 marzo 2009, o più di sei mesi dopo la decisione interna definitiva, la sentenza del 8 aprile 2005 del Tribunale supremo, notificata ai richiedenti il 18 maggio 2005.
31. Per ciò che riguarda il richiedente 4, deceduto il 16 febbraio 2007, o dopo l’introduzione della richiesta, la Corte nota che nessun avente diritto o parente stretto ha espresso la sua volontà di proseguire l’istanza dinnanzi a lei. La Corte ricorda che ha per pratica di cancellare le richieste dal ruolo quando nessun erede o affine prossimo vuole proseguire l’istanza (vedere, tra altre, Scherer c. Svizzera, sentenza del 25 marzo 1994, §§ 31-32, serie A no 287, Thévenon c. Francia, (dec.), no 2476/02, CEDH 2006-III, e Léger c. Francia (radiazione) [GC], no 19324/02, § 44, CEDH 2009 -…). Conformemente all’articolo 37 § 1 c, della Convenzione, considera che non si giustifica più di proseguire l’esame della richiesta a riguardo di questo richiedente.
32. Trattandosi dei richiedenti 22, 32, 38 e 51, la Corte nota che il rappresentante dei richiedenti ammette di non avere potuto ottenere delle informazione a loro riguardo dalla comunicazione della richiesta al Governo, in particolare sul loro eventuale decesso o l’esistenza di eredi o parenti stretti. Nota peraltro che le procure mandate dal rappresentante dei richiedenti dopo la comunicazione della richiesta non sono state firmate né da questi richiedenti né dagli eventuali eredi/prossimi affini.
33. La Corte ricorda che ai termini dell’articolo 36 § 1 del suo ordinamento, “[le] persone fisiche possono sottoporre inizialmente delle richieste agendo o tramite [loro]-stesse, o tramite un rappresentante.” Inoltre, una volta che la richiesta viene notificata alla Parte contraente convenuta, ogni richiedente deve, salvo decisione contraria del presidente della camera, essere rappresentato da un consigliere abilitato ad esercitare in una qualsiasi delle Parti contraenti e residente sul territorio di una di esse (vedere i paragrafi 2 e 4 a) dell’articolo 36 precitato). Ogni richiesta formulata in virtù dell’articolo 34 della Convenzione deve essere presentata infine, per iscritto e deve essere firmata dal richiedente o dal suo rappresentante; quando un richiedente viene rappresentato, il suo o i suoi rappresentanti devono produrre una procura scritta (articolo 45 §§ 1 e 3 dell’ordinamento della Corte).
34. Nello specifico, i richiedenti 22, 32, 38 e 51 non hanno presentato la loro richiesta agendo da soli ; gli interessati sono difatti passati tramite i rappresentanti, ossia inizialmente un procuratore legale, e poi, a partire dal gennaio 2009, un avvocato. Quindi, suddetti rappresentati erano tenuti a produrre una procura scritta firmata dai loro clienti. Ora, le procure scritte concernenti il procedimento dinnanzi alla Corte che sono giunte alla cancelleria dopo la comunicazione della richiesta non erano firmate da questi richiedenti. Peraltro, dal febbraio 2009, la cancelleria della Corte aveva invitato il rappresentante dei richiedenti a produrre una procura debitamente compilata e firmato dai suoi clienti, e poi, ad informarla dell’eventuale decesso di questi richiedenti.
35. In queste circostanze, la Corte considera che i richiedenti 22, 32, 38 e 51 non intendono mantenere più la loro richiesta (vedere, mutatis mutandis, Cherif ed altri c. Italia, no 1860/07, § 42, 7 aprile 2009). Ne segue che ai termini dell’articolo 37 § 1 a) della Convenzione, c’è luogo di cancellare la causa dal ruolo nella misura in cui è stata introdotta da questi richiedenti.
36. Infine, per ciò che riguarda i richiedenti 2, 9, 10, 11, 15, 18, 19, 29, 40, 49, 50 e 53, tutti deceduti dopo l’introduzione della richiesta dinnanzi alla Corte il 17 novembre 2005, osserva che il loro rappresentante ha fatto pervenire alla cancelleria della Corte, dopo la comunicazione della richiesta al Governo, delle procure scritte firmate dai loro parenti stretti, coniugi o eredi. In queste circostanze, la Corte considera che queste persone possono proseguire la richiesta dinnanzi a lei a nome degli interessati deceduti (vedere Malhous, decisione precitata,).
37. Trattandosi dei richiedenti 1, 5, 6, 8, 12, 16, 17, 20, 21, 23, 24, 26, 27, 28, 31, 33, 34, 36, 37, 39, 41, 42, 43, 44, 46, 48, 52, 54, 55 e 56, la Corte constata che l’esame della presente richiesta può essere proseguito.
2. Applicabilità ratione materiae dell’articolo 1 del Protocollo no 1
38. La Corte ha stimato che il diritto alla pensione fondato sull’impiego poteva in certe circostanze essere assimilato ad un diritto di proprietà quando in particolare il datore di lavoro aveva preso l’impegno più generale di versare una pensione a condizioni che possono essere considerate come facenti parte dal contratto di lavoro (Laloyaux c. Belgio, (dec.), no 73511/01, 9 marzo 2006, e Sture Stigson c. Svezia, no 12264/86, decisione della Commissione del 13 luglio 1988, Decisioni e rapporti 57, p. 131). Tuttavia, l’articolo 1 del Protocollo no 1 non potrebbe essere interpretato come generante un diritto ad una pensione di un determinato importo (vedere, tra altre, Aunola c. Finlandia, (dec.), no 30517/96, 15 marzo 2001).
39. Nell’occorrenza, la Corte nota che il diritto ad una pensione complementare era stato riconosciuto ai richiedenti in virtù di un accordo collettivo concluso il 22 dicembre 1983 tra il loro vecchio datore di lavoro ed i rappresentanti degli impiegati. Osserva che i richiedenti, a contare dal loro collocamento in pensione anticipata, hanno percepito queste pensioni fino al momento in cui la società ha smesso di versarle loro, nel 1994. I richiedenti hanno richiesto poi queste pensioni dinnanzi ai tribunali che hanno dato seguito alle loro istanze condannando la società a proseguire il pagamento delle pensioni complementari. Una nuova convenzione collettiva pubblicata il 10 aprile 2000 ha abrogato le convenzioni collettive anteriori che avevano riconosciuto il diritto al versamento di una pensione complementare. Dopo avere attaccato questa convenzione collettiva con successo in prima e seconda istanza, i richiedenti si sono visti privati dei loro diritti ad una pensione complementare in modo definitivo da una sentenza del Tribunale supremo che ha dato guadagno di causa alla società convenuta. La Corte rileva che questa sentenza del Tribunale supremo ha convalidato la clausola controversa della convenzione collettiva del 2000, annullando le decisioni dei tribunali inferiori favorevoli ai richiedenti e decidendo in modo definitivo la contestazione sui loro diritti ad una pensione complementare.
40. La Corte considera che i richiedenti avevano, perlomeno, la speranza legittima di continuare a percepire le pensioni complementari previste dall’accordo collettivo del 1983. In queste circostanze, è pronta a partire dall’ipotesi di lavoro che il diritto ad una pensione complementare riconosciuto ai richiedenti con l’accordo collettivo del 1983 si analizzava in un valore patrimoniale che dipende dal campo di applicazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
3. Decisione della Corte sull’ammissibilità
41. In conclusione, la Corte stima che la richiesta, per quanto riguarda i richiedenti 3, 7, 13, 14, 25, 30, 35, 45 e 47, deve essere dichiarata inammissibile in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione. Decide di cancellare la richiesta dal ruolo nella misura in cui è stata introdotta dai richiedenti 4, 22, 32, 38 e 51 conformemente all’articolo 37 § 1 della Convenzione. In compenso, per ciò che riguarda i richiedenti 1, 2, 5, 6, 8, 9, 10, 11, 12, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 23, 24, 26, 27, 28, 29, 31, 33, 34, 36, 37, 39, 40, 41, 42, 43, 44, 46, 48, 49, 50, 52, 53, 54, 55 e 56, la Corte considera che la richiesta non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa parte della richiesta non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
1. Le osservazioni delle parti
a) I richiedenti
42. I richiedenti adducono di essere stati lesi gravemente per il fatto che il loro diritto ad una pensione complementare a vita è stato sostituito da una prestazione equivalente a tre mensilità, in virtù della convenzione collettiva del 10 aprile 2000 tra il loro vecchio datore di lavoro ed i rappresentanti dei lavoratori attivi della società. Difatti, il compenso che era offerto loro in cambio della perdita delle pensioni complementari non era proporzionale. I richiedenti sottolineano che questo accordo è stato concluso tra terze parti, da una parte la società debitrice della prestazione a vita, e dall’ altra parte i rappresentanti dei lavoratori attivi i cui interessi erano opposti a quelli del collettivo dei pensionati. Sostengono peraltro che sono stati oggetto di una discriminazione poiché, anche se la soppressione del diritto ad una pensione complementare era prevista nell’avvenire per tutti i lavoratori che sarebbero stati messi in pensione, solo le persone già pensionate si vedevano private di un diritto a ricevere una pensione complementare di pensionamento, convenuta con la società e poi inclusa nelle successive convenzioni collettive.
43. I richiedenti fanno valere che la causa di utilità pubblica richiesta dall’articolo 1 del Protocollo no 1 non era presente nello specifico, nella misura in cui i soli beneficiari del sacrificio che è stato imposto loro sono la società e, indirettamente, i lavoratori attivi, avuto riguardo alla situazione finanziaria della società in causa. Per i richiedenti, è incomprensibile che lo stato possa favorire una politica di rafforzamento della situazione finanziaria delle società a prezzo di sacrificare i diritti dei creditori, in particolare quando questi ultimi sono dei pensionati che non possono ottenere più di redditi in sostituzione. Nello specifico, questo sacrificio non è peraltro proporzionato alle difficoltà economiche della società.
44. Per concludere, i richiedenti mettono in causa l’interpretazione del diritto interno fatto dal Tribunale supremo, che considerano incompatibile con le garanzie derivanti dall’articolo 1 del Protocollo no 1. Appellandosi alla sentenza Evaldsson ed altri c. Svezia ( no 75252/01, §§ 62-64, 13 febbraio 2007) sostengono che lo stato spagnolo aveva l’obbligo positivo di proteggere i loro interessi, così che se la nuova convenzione collettiva avesse potuto lederli anche in un modo grave, avrebbero dovuto avere la possibilità legale di essere informati e di intervenire in modo efficace nel negoziato. I richiedenti adducono infine che la Spagna non aveva messo ancora in opera la Direttiva 80/987/CEE del Consiglio, del 20 ottobre 1980, sull’avvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relativi alla protezione dei lavoratori salariati in caso di insolvenza del datore di lavoro (vedere sopra, § 24,).
b) Il Governo
45. Il Governo sottolinea al primo colpo che le pensioni controverse non dipendono dal regime generale della previdenza sociale, ma che costituivano dei miglioramenti volontari a carico della società, riconosciuti da una convenzione collettiva e non con un patto individuale. Aggiunge che suddetto miglioramento è stato sostituito dall’assegnazione di un importo unico per tutti i lavoratori della società. Si trattava di una modifica realizzata nella cornice del negoziato collettivo dunque, accordata tra la società ed i rappresentanti dei lavoratori in ragione di un cambiamento sostanziale delle condizioni esistenti al momento della riconoscenza della prestazione in causa. Il Governo ricorda che l’articolo 192 della Legge generale sulla previdenza sociale contempla la possibilità per i datori di lavoro di migliorare direttamente le prestazioni del regime generale, a loro carico esclusivo o mediante il versamento di quote da parte degli impiegati. Nella misura in cui queste prestazioni complementari sono finanziate dai fondi propri alle società, queste ultime possono essere costrette a subire un carico sproporzionato. Il Governo sostiene che non esiste nessuna ragione per la quale un miglioramento volontario riconosciuto da una convenzione collettiva non possa essere modificato da una convenzione collettiva posteriore, cioè da una norma di uguale rango ed uguale campo di applicazione. Peraltro, come il Tribunale supremo ha rilevato, la pensione complementare è stata sostituita da un’altra prestazione che i richiedenti hanno liberamente e volontariamente respinto.
46. Il Governo fa valere che l’intervento dello stato nel presente caso si è limitato alla riconoscenza tramite i tribunali spagnoli della legalità della modifica controversa, conformemente all’articolo 82 § 4 dello Statuto dei lavoratori, regolando la questione delle convenzioni collettive successive (vedere sopra, § 22,). Le autorità spagnole hanno fatto solamente riconoscere e rispettare i risultati del negoziato collettivo.
47. Per di più, il Governo adduce che, come risulta dalla giurisprudenza del Tribunale supremo, le giurisdizioni interne sono in grado di verificare se la misura controversa era proporzionata all’alterazione sostanziale delle condizioni che ledono la società o se comprendeva una discriminazione dei pensionati rispetto agli impiegati attivi. Ricorda infine che, secondo la giurisprudenza della Corte, l’articolo 1 del Protocollo no 1 non potrebbe essere interpretato come generante un diritto ad una pensione di un determinato importo. Per concludere, il Governo sostiene che, nella misura in cui la pensione del regime della previdenza sociale dei richiedenti è intatta ed il miglioramento volontario è stato modificato da una nuova convenzione collettiva, applicata in modo proporzionata e non discriminatorio, affermare l’intangibilità assoluta del miglioramento volontario andrebbe contro l’autonomia collettiva dei datori di lavoro ed impiegati così come della giurisprudenza della Corte.
2. Valutazione della Corte
48. La Corte stima che la modifica o la soppressione del diritto alle prestazioni complementari di pensione, sulla base della convenzione collettiva del 2000 validata dalla sentenza definitiva del Tribunale supremo dell’ 8 aprile 2005, costituiva un attentato al diritto di proprietà dei richiedenti e che questa non corrispondeva né ad un’espropriazione né ad una misura di regolamentazione dell’uso dei beni; deve essere esaminata sotto l’angolo della prima frase del primo capoverso dell’articolo 1 dunque. Conviene anche determinare se un giusto equilibrio è stato predisposto tra le esigenze relative all’interesse generale della società e gli imperativi legati alla protezione dei diritti fondamentali dell’individuo.
49. La Corte osserva che la questione controversa trova la sua origine in un accordo collettivo concluso tra persone private che è stato poi ripreso da convenzioni collettive. Nota che le convenzioni collettive hanno una forza di norma obbligatoria nel sistema giuridico spagnolo (vedere, sopra, § 22). Da una parte, la Corte ha giudicato già che il diritto di condurre dei negoziati collettivi col datore di lavoro sia, in principio, diventato uno degli elementi essenziali del “diritto di fondare con altri sindacati e di affiliarsi ai sindacati per la difesa dei propri interessi” enunciato all’articolo 11 della Convenzione (Demir e Baykara c. Turchia [GC], no 34503/97, § 154, 12 novembre 2008). D’altra parte, gli Stati, delegando la regolamentazione e la legislazione relativa ad importanti questioni di lavoro agli organismi indipendenti tramite un sistema di convenzioni collettive, possono avere degli obblighi positivi di proteggere gli interessi delle persone riguardate (vedere, mutatis mutandis, Evaldsson ed altri c. Svezia, no 75252/01, § 63, 13 febbraio 2007).
50. In più, l’articolo 1 del Protocollo no 1 fa obbligo allo stato di prendere le misure necessarie alla protezione del diritto al rispetto dei beni, anche quando sono in causa delle controversie che oppongono dei semplici individui. Lo stato ha in particolare l’obbligo di offrire alle parti in conflitto dei procedimenti giudiziali che presentano le garanzie procedurali richieste, in modo da permettere alle giurisdizioni nazionali di deliberare in modo effettivo ed equo alla luce della legislazione applicabile (Anheuser-Busch Inc. c. Portogallo [GC], no 73049/01, § 83, CEDH 2007-I). Tuttavia, questo obbligo non si estende ad obbligare lo stato ad assumere la responsabilità di riprendere gli impegni di una società o di un’altra persona giuridica privata che non è più in grado di versare una pensione ai suoi vecchi impiegati, o di mantenerla allo stesso livello, in ragione delle difficoltà finanziarie.
51. Nello specifico, la Corte rileva che il Tribunale supremo ha convalidato la clausola controversa della convenzione collettiva del 2000, annullando le decisioni dei tribunali inferiori favorevoli ai richiedenti e decidendo in modo definitivo la contestazione sui diritti alle pensioni complementari dei richiedenti. In queste circostanze, la Corte ha il dovere di esaminare il modo in cui i tribunali interni hanno deciso la questione portata dinnanzi a loro. Però, ricorda che dispone di una competenza limitata trattandosi di verificare se il diritto nazionale è stato interpretato ed applicato correttamente; non le appartiene sostituirsi ai tribunali nazionali, consistendo il suo ruolo soprattutto nell’ assicurarsi che le decisioni di questi ultimi non siano inficiate di arbitrarietà o di irrazionalità manifesta (Anheuser-Busch Inc., precitata, § 83).
52. La Corte osserva che il Tribunale supremo ha notato che il legislatore spagnolo aveva optato per un sistema che premiava la libertà di negoziato collettivo sui compromessi acquisiti in virtù delle convenzioni collettive anteriori. L’alta giurisdizione ha considerato che, nel sistema giuridico spagnolo, i diritti riconosciuti da una convenzione collettiva anteriore potevano smettere di essere effettivi quando erano oggetto di una revisione tramite una convenzione collettiva posteriore, salvo disposizione contraria. Non appartiene alla Corte esaminare l’interpretazione data dal Tribunale supremo alla legislazione interna relativa ai rapporti tra convenzioni collettive successive, in particolare alle disposizioni dello Statuto dei lavoratori e della legge generale sulla previdenza sociale. Si limita a constatare che i richiedenti hanno avuto la possibilità, per tutto il procedimento che si è svolto dinnanzi alle giurisdizioni spagnole, di presentare la loro interpretazione della legislazione che stimavano applicabili nello specifico e di sottoporre la soluzione che consideravano come più adeguata in quanto alla questione giuridica sollevata nello specifico. Di fronte a due interpretazioni divergenti, a riguardo delle regole concernenti la successione nel tempo delle convenzioni collettive in materia di miglioramenti volontari delle prestazioni di pensioni complementari, il Tribunale supremo ha preso la sua decisione, dopo avere ascoltato le parti interessate e sulla base della giurisprudenza stabilita nella sua sentenza del 16 luglio 2003 (vedere sopra, § 23,).
53. Peraltro, la Corte osserva che, come il Tribunale supremo ha rilevato nella sua sentenza dell’ 8 aprile 2005, la clausola controversa della convenzione collettiva non aveva annullato i diritti riconosciuti ai richiedenti, ma li aveva sostituiti col pagamento di una somma forfetaria. In più, il Tribunale supremo ha considerato anche che la cattiva situazione finanziaria della società era stata all’origine della modifica dei diritti riconosciuti ai richiedenti. Tenuto conto di ciò che precede, la Corte considera che l’ingerenza controversa inseguiva uno scopo di interesse generale, ossia il mantenimento della buona salute finanziaria delle società e dei loro creditori, la protezione dell’impiego, così come il rispetto del diritto di condurre dei negoziati collettivi.
54. La Corte nota infine, come il Tribunale supremo, che la modifica dei diritti riconosciuti ai richiedenti non era discriminatoria, nella misura in cui gli impiegati attivi della società avevano in quanto a loro rinunciato alla loro pensione complementare con una convenzione collettiva del 31 gennaio 1995.
55. Secondo la Corte, questi motivi non potrebbero passare per irragionevoli o sproporzionati. Non scopre nessun elemento che permette di concludere che la decisione del Tribunale supremo era inficiata di arbitrarietà o imponeva un carico sproporzionato ai richiedenti a causa della modifica dei loro diritti ad una pensione complementare.
56. I richiedenti sostengono che la Spagna non aveva messo in opera la direttiva 80/987/CEE del Consiglio, del 20 ottobre 1980, sull’avvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla protezione dei lavoratori salariati in caso di insolvenza del datore di lavoro (vedere sopra, § 24,). A questo riguardo, la Corte, pure considerando gli obiettivi generali di questa direttiva come auspicabili, ricorda che non le appartiene sconfinare su delle questioni riguardanti la compatibilità del diritto interno di un Stato membro col diritto comunitario (vedere, mutatis mutandis, Partito nazionalista basco-Organizzazione regionale di Iparralde c. Francia, no 71251/01, § 48, CEDH 2007-VII).
57. Avuto riguardo a questi elementi ed al margine di valutazione di cui beneficiano gli Stati parti alla Convenzione nell’ambito dalla determinazione della politiche sociali ed economiche, la Corte stima che la sentenza controversa del Tribunale supremo non ha portato un attentato sproporzionato al diritto al rispetto dei beni dei richiedenti ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere, mutatis mutandis, Gascón Moreno c. Spagna,( dec.), no 49151/99, 1 ottobre 2002).
58. Non c’è stata dunque violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Decide, all’unanimità, di cancellare la richiesta dal ruolo nella misura in cui è stata introdotta dai richiedenti 4, 22, 32, 38 e 51;
2. Dichiara, all’unanimità, la richiesta ammissibile per quanto riguarda i richiedenti 1, 2, 5, 6, 8, 9, 10, 11, 12, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 23, 24, 26, 27, 28, 29, 31, 33, 34, 36, 37, 39, 40, 41, 42, 43, 44, 46, 48, 49, 50, 52, 53, 54, 55 e 56, ed inammissibile per il surplus;
3. Stabilisce, per sei voci contro una, che non c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 2 febbraio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Josep Casadevall
Cancelliere aggiunto Presidente
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell’ordinamento, l’esposizione dell’opinione separata dal giudice Myjer.
J.C.M.
S.H.N.
OPINIONE DISSIDENTE DEL GIUDICE MYJER
(Traduzione)
Secondo me, l’approccio scelto dalla maggioranza nello specifico è preoccupante.
È giusto che i salariati pensionati siano privati del loro diritto ad una pensione complementare-acquisita nel 1983, in buona fede, e riaffermata nelle ulteriori convenzioni collettive – con una nuova convenzione collettiva tra gli impiegati attivi di una società e la società stessa, senza essere stati coinvolti o rappresentati nei negoziati concernenti questa convenzione collettiva?
L’articolo 82 § 4 dello Statuto dei lavoratori (1995) enuncia semplicemente che “[la] convenzione collettiva che sostituisce una convenzione collettiva precedente può disporre dei diritti riconosciuti da questa ultima. In questo caso, sono le stipulazioni della nuova convenzione collettiva che si applicano di pieno dritto.” Ciò basta in una causa come questa? Quando lo Statuto è stato dibattuto al Parlamento, questo ha respinto una proposta tesa ad includere una clausola di salvaguardia dei diritti acquisiti. Avuto riguardo all’applicabilità dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alle cause come questa, lo stato non aveva inoltre un dovere di vigilanza?
È pertinente sottolineare che apparentemente la società si trovava in una situazione finanziaria difficile e che in caso di fallimento nessun pensionato percepirebbe alcuna pensione complementare?
È legittimo dichiarare -come ha fatto la sentenza al paragrafo 53-che l’ingerenza controversa inseguiva uno scopo di interesse generale, ossia il mantenimento della buona salute finanziaria delle società e dei loro creditori, la protezione dell’impiego, così come il rispetto del diritto di condurre dei negoziati collettivi? A questo proposito, trovo illogico includere il diritto di negoziato collettivo -tra datori di lavoro e salariati -negli obiettivi di un accordo collettivo che lede delle persone che non dipendono da nessuna di queste due categorie.
Ciò che è accaduto mi sembra ingiusto.
Aderisco innanzitutto, pienamente al ragionamento esposto al paragrafo 49 della sentenza secondo cui gli Stati, delegando la regolamentazione e la legislazione relativa ad importanti questioni di lavoro agli organismi indipendenti tramite un sistema di convenzioni collettive, possono avere degli obblighi positivi di proteggere gli interessi delle persone riguardate. Ed aggiungo che più queste persone sono vulnerabili, più hanno diritto ad una protezione.
Secondo me, è precisamente là il cuore del motivo: se difatti il diritto spagnolo ammette le convenzioni collettive che recano offesa ai diritti acquisiti dei lavoratori e dei pensionati, ciò significa che nel sistema spagnolo i datori di lavoro ed i salariati in attività possono schernire gli interessi dei pensionati senza difesa che non sono rappresentati negli organi di rappresentanza abilitata a concludere delle nuove convenzioni collettive.
La causa si riduce così, alla fine ad una mancanza di garanzie che dipendono dall’articolo 1 del Protocollo per proteggere dei pensionati vulnerabili contro gli attentati ai loro diritti a pensione.
I pensionati sono per molti versi una categoria vulnerabile. La prova più evidente è che, contrariamente ai salariati in attività, non possono fare ricorso al diritto di sciopero per difendere ciò che considerano come i loro interessi legittimi. A causa di questa vulnerabilità, è essenziale che i pensionati beneficino di una protezione giuridica rinforzata quando si propongono delle modifiche che restringono i loro diritti alla pensione. Tale è particolarmente il caso quando, come nello specifico, una società privata cerca di annullare i diritti alla pensione complementare dei suoi pensionati avvalendosi di una nuova convenzione collettiva che è stata negoziata solamente dai salariati in attività della società; una o l’altra delle parti, o entrambe , possono avere un interesse a fare sopportare il carico finanziario ai pensionati.
Ciò distingue anche la causa di una convenzione collettiva conclusa a livello nazionale. Il fatto che i salariati, trattando la nuova convenzione collettiva, abbiano potuto avere l’intenzione di migliorare la situazione finanziaria apparentemente poco fiorente della società e contribuire così alla sopravvivenza di questa ed alla possibilità di conservare i loro propri impieghi, non potrebbe condurmi ad un’altra conclusione.
Peraltro, certi paesi esigono che tutti i fondi di pensione abbiano la sua propria personalità giuridica, distinta da quella della sua società madre. Tale non sembra essere il caso in Spagna. Sebbene, apparentemente, questo aspetto della questione non sia stato abbordato all’epoca delle discussioni, è ben menzionarlo a questo stadio. Dei fondi di pensione autonoma costituiscono un buono mezzo di protezione dei diritti dei pensionati contro le condizioni economiche o una cattiva gestione che danneggia la società madre.
ANNESSO
ELENCO DEI RICHIEDENTI
OMISSIS