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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE ABRAMIUC c. ROUMANIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 1
Articoli: 41, 13, 6, P1-1
Numero: 37411/02/2009
Stato: Romania
Data: 2009-02-24 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

Conclusione Parzialmente inammissibile; Violazione dell’art. 6-1; violazione di P1-1; Violazione dell’art. 6-1; violazione dell’art. 13; danno morale – risarcimento; Danno materiale – domanda respinta
TERZA SEZIONE
CAUSA ABRAMIUC C. ROMANIA
( Richiesta no 37411/02)
SENTENZA
STRASBURGO
24 febbraio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Abramiuc c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente,
Elisabet Fura-Sandström, Corneliu Bîrsan, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Ineta Ziemele, Ann Power, giudici, e di Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 3 febbraio 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 37411/02) diretta contro la Romania e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. I. A. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 16 settembre 2002 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. R. – H. Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 25 maggio 2007, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1951 e ha risieduto a Negostina, nel dipartimento di Suceava.
A. Il primo procedimento riguardante il pagamento dei diritti di autore
5. Il 31 maggio 1984, il richiedente che esercitava la professione d’ ingegnere chimico in un’impresa di stato, fu riconosciuto come l’autore di un’invenzione e si vide rilasciare un brevetto dell’ufficio nazionale delle invenzioni e delle marche. Tra il 1984 e il 1991, questa invenzione fu utilizzata nella produzione industriale dall’impresa di stato in questione.
6. Nel 1991, dopo la caduta del regime comunista in Romania, l’impresa fu riorganizzata in una società per azioni, a capitale pubblico, sotto il nome di S.C. Retrom S.p.A. Continuò ad utilizzare nella sua produzione industriale l’invenzione del richiedente senza per questo versargli dei diritti d’autore, ragione per cui citò la società in giustizia il 14 ottobre 1992.
7. Con un giudizio del 12 settembre 1994, il tribunale dipartimentale di Iaşi fece diritto all’azione ed ordinò alla parte convenuta (“la società debitrice”) di pagare al richiedente 253 942 510 lei rumeni (ROL) abbinati di un tasso di interesse annuo del 6%.
8. Con una sentenza del 7 dicembre 1994, la corte di appello di Iaşi respinse l’appello della società debitrice. Con una sentenza del 21 marzo 1995, la Corte suprema di giustizia (“la Corte suprema”) respinse anche il ricorso di questa.
B. I tentativi che miravano all’esecuzione costretta del giudizio del 12 settembre 1994
9. In vista dell’esecuzione costretta del giudizio del 12 settembre 1994, il richiedente investì l’ufficiale giudiziario di giustizia ed impegnò parecchi procedimenti che non arrivarono all’esecuzione pronta e completa di suddetto giudizio, in ragione in particolare dei rinvii dell’esecuzione accordata dal procuratore generale della Romania o dai tribunali e delle opposizioni all’esecuzione formata dalla società debitrice.
10. Come risulta da una lettera del 10 marzo 1997 indirizzata al richiedente dalla corte dei conti, la società debitrice è stata oggetto di un’inchiesta per avere ritirato tra ottobre e dicembre 1996 circa 600 000 000 di ROL dal suo conto “per evitare un’eventuale esecuzione costretta tramite sequestro dei conti.” I risultati dell’inchiesta penale condotta contro i dirigenti dell’impresa non sono stati comunicati alla Corte.
11. Nel 2003, la società fu privatizzata. Lo stato vendette le sue azioni ed il capitale dell’impresa diventò quindi integralmente privato.
12. Con una lettera del 15 marzo 2005, l’amministrazione delle finanze pubbliche informò l’ufficiale giudiziario di giustizia incaricato dell’esecuzione del giudizio del 12 settembre 1994 che la società doveva allo stato quasi 9 miliardi di ROL e che un procedimento di esecuzione forzata immobiliare era in corso.
1. I rinvii dell’esecuzione ordinata dal procuratore generale della Romania
13. Su richiesta della società debitrice, il 3 aprile ed il 24 novembre 1995 ed il 31 maggio 1996, il procuratore generale della Romania ordinò dei rinvii dell’esecuzione del giudizio definitivo del 12 settembre 1994. Nessun motivo che giustificava questi rinvii fu comunicato al richiedente.
14. Con una lettera del 24 maggio 1996 indirizzata alla società debitrice, la procura generale della Romania ricordò alla direzione della società i consigli dati all’epoca di un’udienza che si era svolta il 27 marzo 1996 presso la sede della procura, ossia richiedere la sospensione dei procedimenti di sequestro per attribuzione ¬ pendenti così come il rinvio dell’esecuzione costretta del giudizio del 12 settembre 1994.
2. L’istanza di revisione del giudizio del 12 settembre 1994 ed il rinvio dell’esecuzione forzata ordinata nella cornice di questo procedimento
15. In una data non precisata, la società debitrice formò un’istanza di revisione del giudizio del 12 settembre 1994. Sollecitò anche un rinvio dell’esecuzione di questo giudizio fino all’esame della sua istanza di revisione.
16. Il 16 giugno 1995, la Corte suprema rinviò la causa dinnanzi al tribunale dipartimentale di Suceava, nell’interesse di una buona amministrazione della giustizia.
17. Il 21 novembre 1995, questo respinse l’istanza di rinvio dell’esecuzione.
18. Il 20 marzo 1997, accolse una nuova istanza di rinvio dell’esecuzione formata dalla società debitrice, in attesa della conclusione definitiva di un altro procedimento iniziato dalla società, relativa all’annullamento del brevetto d’inventore del richiedente, il procedimento C sotto. Il tribunale decise, per lo stesso motivo, di sospendere il procedimento di revisione.
19. Il 27 giugno 1997, la corte di appello di Suceava accolse l’appello del richiedente contro la decisione di sospendere il procedimento di revisione ed ordinò al tribunale dipartimentale di perseguirla. Dichiarò inammissibile il ricorso contro la decisione di rinvio dell’esecuzione del giudizio del 12 settembre 1994, al motivo che simile decisione, in ragione del suo carattere preliminare, poteva essere attaccata solo all’epoca delle vie di ricorso esercitate contro il giudizio reso al merito alla causa.
20. Su un ricorso della società debitrice, con una sentenza del 31 ottobre 1997, la Corte suprema confermò la decisione resa il 27 giugno 1997 dalla corte di appello di Suceava. Giudicò che, trattandosi del carattere facoltativo della sospensione prevista dall’articolo 244 § 1 del codice di procedimento civile, non c’erano motivi per sospendere il procedimento di revisione. La giurisdizione suprema notò anche che “l’istanza si revisione [era] stata introdotta allo scopo evidente di impedire l’esecuzione di una decisione irrevocabile.”
21. Riprendendo l’esame dell’istanza di revisione formata dalla società debitrice, il tribunale dipartimentale di Suceava accolse questa istanza con un giudizio del 12 marzo 1998 e, quindi, annullò il giudizio del 12 settembre 1994 e respinse l’azione del richiedente deciso da questo giudizio come essendo mal fondata.
22. Con una sentenza del 27 marzo 2001, la corte di appello di Suceava accolse l’appello del richiedente contro il giudizio del 12 marzo 1998 e, quindi, respinse l’istanza di revisione, considerando che il 23 gennaio 2001 la Corte suprema aveva confermato definitivamente la validità del brevetto d’invenzione del richiedente, il procedimento C sotto. Questa sentenza fu confermata da una sentenza del 30 novembre 2001 della Corte suprema che annullò il ricorso introdotto dalla società debitrice per difetto di pagamento dei diritti di bollo.
3. La pratica d’esecuzione no 33/1995. La prima opposizione all’esecuzione costretta del giudizio del 12 settembre 1994 e l’istanza di rinvio all’esecuzione formata dalla società debitrice
23. In vista dell’esecuzione costretta del giudizio del 12 settembre 1994, la pratica no 33/1995 fu aperta nel 1995, su richiesta del richiedente, dall’ufficio degli ufficiali giudiziari di giustizia presso il tribunale dipartimentale di Iaşi. Due tentativi di esecuzione su dei beni mobili della società debitrice ebbero luogo il 5 aprile 1995 ed il 17 dicembre 1996.
24. Il 18 dicembre 1996, la società debitrice investì il tribunale dipartimentale di Iaşi di un’opposizione all’esecuzione costretta del giudizio in questione. Chiese per di più un rinvio dell’esecuzione, al motivo che l’impresa rischiava di essere obbligata a cessare la sua attività in ragione del collocamento sotto sequestro delle sue attrezzature. Rilevò anche che un procedimento avente per oggetto l’annullamento del brevetto del richiedente era pendente.
25. Con una sentenza interlocutoria del 19 dicembre 1996, il tribunale ordinò il rinvio dell’esecuzione fino al termine definitivo dell’opposizione all’esecuzione di cui era investito. Il 10 marzo 1997, la corte di appello di Iaşi dichiarò inammissibile l’appello del richiedente al motivo che simile decisione, in ragione del suo carattere preliminare, poteva essere attaccata solo all’epoca delle vie di ricorso esercitate contro la decisione resa al merito della causa. Su un ricorso in ricorso del richiedente, la Corte suprema, con una sentenza del 30 settembre 1997, riprese il motivo invocato dalla corte di appello e respinse questo ultimo.
26. Per ciò riguardava l’esame sul merito dell’opposizione all’esecuzione, sei rinvii furono pronunciati tra il 3 febbraio ed il 29 settembre 1997 in attesa della conclusione delle vie di ricorso formate dal richiedente contro la sentenza interlocutoria del 19 dicembre 1996 (paragrafo 25 sopra). Il 23 marzo 1998, il tribunale dipartimentale sospese l’esame dell’opposizione in attesa del risultato definitivo dei procedimenti aventi come oggetto uno la revisione del giudizio del 12 settembre 1994 e l’altro l’annullamento del brevetto del richiedente. Il 6 settembre 1999, il tribunale respinse un’istanza del richiedente che tendeva alla ripresa dell’esame della causa, al motivo che i due procedimenti che avevano giustificato la sua sospensione non erano stati ancora decisi.
27. In una data non precisata, l’esame al merito dell’opposizione fu ripreso. I dibattimenti ebbero luogo il 25 febbraio 2002.
28. Con un giudizio del 4 marzo 2002, il tribunale dipartimentale di Iaşi respinse l’opposizione all’esecuzione formata dalla società debitrice.
29. Con una sentenza definitiva del 21 giugno 2002, la corte di appello di Iaşi fece diritto al ricorso in ricorso della società ed accolse l’opposizione all’esecuzione contro le misure di esecuzione forzata compiute nella pratica no 33/1995. Considerò che l’esecuzione costretta si sarebbe dovuta concludere in seguito al sequestro-attribuzione convalidato dal giudizio del 21 luglio 2000 del tribunale di prima istanza di Paşcani (paragrafo 44 sotto). Il richiedente fu condannato a pagare 255 000 000 di ROL alla parte convenuta a titolo degli oneri di giustizia.
4. La pratica di esecuzione no 17/2002. La seconda opposizione all’esecuzione costretta del giudizio del 12 settembre 1994
30. Dato che erano passati sei anni nel procedimento di esecuzione forzata iniziato sotto la pratica no 33/1995, il richiedente chiese una nuova attualizzazione del suo credito rispetto al tasso d’inflazione. Una nuova pratica di esecuzione, no 17/2002, fu aperta dunque il 4 febbraio 2002 per decisione del tribunale di prima istanza di Paşcani.
31. Con un verbale preparato il 11 febbraio 2002, l’ufficiale giudiziario di giustizia procedette al calcolo del valore riattualizzato del credito del richiedente e fissò un nuovo importo di 5 525 300 541 ROL.
32. Il 18 e 19 febbraio 2002, la società debitrice mise a disposizione del richiedente un importo totale di 53 000 000 di ROL che questo incassò il 17 maggio 2002.
33. Il 19 febbraio 2002, il tribunale di prima istanza di Paşcani respinse un’istanza per direttissima presentata dalla società debitrice che aveva per oggetto il rinvio all’esecuzione della decisione del 4 febbraio 2002 (paragrafo 30 sopra).
34. Durante l’anno 2002, la società investì il tribunale dipartimentale di Iaşi di un’opposizione all’esecuzione avente come oggetto l’annullamento del verbale dell’ 11 febbraio 2002.
35. Il 18 aprile 2002, il tribunale dipartimentale declinò la sua competenza a favore del tribunale di prima istanza di Paşcani.
36. Con un giudizio dell’ 11 marzo 2003, il tribunale di prima istanza di Paşcani accolse l’opposizione all’esecuzione ed annullò il verbale dell’ 11 febbraio 2002. Il richiedente formò un ricorso contro questo giudizio. L’ 11 novembre 2003, l’Alta Corte di cassazione e di giustizia, la nuova denominazione della Corte suprema di giustizia (“l’Alta Corte”) rinviò la causa dinnanzi al tribunale dipartimentale di Vrancea per una buona amministrazione della giustizia. Con una sentenza dell’8 marzo 2004, questo fece diritto al ricorso formato dal richiedente e rinviò la causa dinnanzi al tribunale di prima istanza di Focşani per un nuovo esame. Con una sentenza del 25 gennaio 2005, l’Alta Corte respinse un’istanza di revisione formata dalla società debitrice contro questa sentenza.
37. Il 2 settembre 2004, l’ufficiale giudiziario di giustizia preparò un verbale di esecuzione con cui, dopo avere dedotto gli importi percepiti dal richiedente, procedette al calcolo del valore riattualizzato del suo credito, stabilendo un importo di 7 630 440 047 ROL a carico della società debitrice.
38. Risulta da un verbale preparato il 18 marzo 2005 dall’ufficiale giudiziario di giustizia che l’asta pubblica di un bene immobiliare della società debitrice in vista del recupero del credito del richiedente non aveva avuto successo tanto che l’amministrazione fiscale aveva impegnato anche un procedimento d’ esecuzione forzata contro la società.
39. In seguito al rinvio della pratica dinnanzi al tribunale di prima istanza di Focşani in vista dell’esame dell’opposizione (paragrafo 36 sopra) una perizia contabile fu effettuata il 31 ottobre 2004 in vista della nuova attualizzazione dell’importo dell’indennizzo stabilito dal giudizio del 12 settembre 1994 così come della determinazione delle somme già saldate dalla debitrice nell’esecuzione di questo giudizio. Secondo questa perizia, la somma totale versata da questa al richiedente era di 576 620 739 ROL e la somma restante da saldare era di 67 695 486 197 ROL. Il 7 febbraio 2005, la società debitrice contestò questa perizia.
40. Il 7 luglio 2005, una transazione autenticata dal notaio pubblico fu conclusa tra da un lato la società debitrice, e dall’altro il richiedente ed un altro creditore della società. Ai termini di questa transazione, la società versava a questi una somma totale di 4 500 000 000 di ROL in vista dell’estinzione di tutte le controversie legate all’esecuzione del giudizio del 12 settembre 1994, e che erano oggetto delle pratiche pendenti dinnanzi alle giurisdizioni nazionali e dinnanzi all’ufficiale giudiziario di giustizia. Risulta delle affermazioni del richiedente, non contestate dal Governo, che questa transazione prese anche in conto le pratiche di esecuzione aperte contro il richiedente in vista del recupero da parte della società degli oneri di giustizia stabiliti dalle sentenze del 21 giugno 2002 e del 24 gennaio 2003. La transazione menzionava espressamente: “in seguito alla conclusione e all’esecuzione della presente transazione, le parti dichiarano di non avere nessuna altra pretesa reciproca derivante dal giudizio [del 12 septembre1994].” Il richiedente ricevette 2 500 000 000 di ROL in seguito a questa transazione.
41. Il 27 marzo 2006 ebbero luogo i dibattimenti dinnanzi al tribunale di prima istanza di Focşani. Il rappresentante della società invitò il tribunale a prendere nota di suddetta transazione. Il consigliere del richiedente precisò che non accettava questa transazione e chiese al tribunale di respingere l’opposizione all’esecuzione.
42. Con un giudizio reso lo stesso giorno, il tribunale di prima istanza di Focşani respinse l’opposizione all’esecuzione per essere restata senza oggetto in ragione della suddetta transazione.
43. Con una lettera del 27 agosto 2007 indirizzata alla cancelleria, il richiedente stimò che la transazione del 7 luglio 2005 era profondamente ingiusta nella misura in cui la somma indicata era nettamente inferiore al valore del suo credito, come risultava dalla perizia contabile del 31 ottobre 2004. Notò di avere accettato tuttavia la transazione per evitare di esporre ancora la sua famiglia alle minacce “da parte di quelli che aveva acquistato le azioni della S.C. Retrom S.p.A.” e per impedire il collocamento sotto sequestro dei suoi beni in vista del recupero d< parte della società debitrice degli oneri di giustizia accordati a questa con le sentenze del 21 giugno 2002 e del 24 gennaio 2003.
5. I procedimenti di sequestro-attribuzione e d’esecuzione forzata immobiliare
44. Cozzando contro il rifiuto della società debitrice di versargli l’indennità stabilita dal giudizio del 12 settembre 1994, il richiedente iniziò parecchi procedimenti di sequestro-attribuzione per ricuperare il suo credito:
-un primo procedimento di sequestro-attribuzione cominciò nel gennaio 1995 e fu deciso definitivamente da una sentenza del 28 novembre 2001 della corte di appello di Iaşi che convalidò un sequestro-attribuzione per un importo totale di 125 749 689 ROL a favore di quattro creditori della società in questione tra cui il richiedente;
-in seguito ad un procedimento di esecuzione forzata immobiliare iniziato nel 1997 dal richiedente, il 12 gennaio 2000, il tribunale di prima istanza di Paşcani ordinò la vendita costretta di un bene immobiliare appartenente alla società debitrice mediante un prezzo di 55 000 000 di ROL. I documenti della pratica non permettono di conoscere la somma assegnata al richiedente in seguito a questa vendita;
-la seconda istanza di sequestro-attribuzione, formata dal richiedente nel 2000, fu decisa da un giudizio definitivo del 21 luglio 2000 del tribunale di prima istanza di Paşcani che convalidò il sequestro-attribuzione chiesto dal richiedente e da quattro altri creditori della società, per un importo di 523 620 739 ROL, ogni credito compreso.
-la terza istanza di sequestro-attribuzione formata dal richiedente nel 2002 fu respinta definitivamente da una sentenza del 4 novembre 2004 della corte di appello di Iaşi che giudicò che il limite del credito non era certo nella misura in cui il verbale dell’11 febbraio 2002 riguardante la sua nuova attualizzazione era stato annullato in seguito ad un’opposizione all’esecuzione, dal giudizio dell’11 marzo 2003 del tribunale di prima istanza di Paşcani (paragrafo 36 sopra).
45. Risulta dagli ordini di pagamento le cui copie sono state inserite nella pratica dal richiedente che, in virtù dei sequestro-attribuzioni ordinati a suo profitto, il 22 febbraio, il 24 maggio, l’8 giugno, il 15, 22 e 30 ottobre 2001, ed il 25 marzo ed il 2 agosto 2002, ricevette un importo totale di 473 620 739 ROL a titolo del suo credito contro la società debitrice.
C. Il procedimento relativo alla validità del brevetto del richiedente
46. Nel 1996, mentre l’esecuzione costretta della decisione del 12 settembre 1994 era stata iniziata, la società debitrice contestò in giustizia la validità del brevetto rilasciato al richiedente il 31 maggio 1984. Con un giudizio del 14 febbraio 1997, il tribunale dipartimentale di Bucarest accolse l’azione ed annullò il brevetto. Il richiedente interpose appello dinnanzi alla corte di appello di Bucarest. Il 4 giugno 1999, la Corte suprema, su richiesta della società, rinviò la causa dinnanzi alla corte di appello di Iaşi. Questa ultima fece diritto all’appello e respinse l’azione con una sentenza del 24 marzo 2000. Su ricorso della società, con una sentenza definitiva del 23 gennaio 2001, la Corte suprema confermò la validità del brevetto.
D. Il secondo procedimento che cade sul pagamento dei diritti di autore
47. Il 23 maggio 1995, il richiedente citò di nuovo in giustizia la società debitrice, adducendo che questa aveva continuato ad utilizzare la sua invenzione anche dopo la data in cui aveva introdotto la sua prima azione che mirava alla concessione dei diritti di autore (il procedimento A sopra).
48. Con un giudizio del 16 ottobre 1995, il tribunale dipartimentale di Iaşi respinse l’azione, al motivo che la parte convenuta non utilizzava più suddetta invenzione e che il diritto all’azione del richiedente era prescritto.
49. Il 2 febbraio 1996, la corte di appello di Iaşi annullò il giudizio del tribunale dipartimentale al motivo che aveva considerato a torto la prescrizione e gli rinviò la causa.
50. Con un giudizio del 16 dicembre 1996, il tribunale dipartimentale respinse il richiedente in merito alle sue pretese, considerando che era stato indennizzato integralmente per la sua invenzione.
51. Il richiedente interpose appello dinnanzi alla corte di appello.
52. Il 18 aprile 1997, su richiesta della società debitrice, la corte di appello sospese l’esame della causa al motivo che un procedimento che tendeva all’annullamento del brevetto del richiedente era pendente. Secondo l’interessato, la sospensione è durata fino al 23 aprile 2001.
53. Con una sentenza del 14 maggio 2001, la corte di appello respinse l’appello del richiedente contro il giudizio del 16 dicembre 1996. Con una sentenza del 28 giugno 2002, respinse anche il suo ricorso.
E. Il procedimento riguardante la nuova attualizzazione del credito derivante dal giudizio del 12 settembre 1994
54. Il 12 aprile 2000, il richiedente investì il tribunale dipartimentale di Iaşi di un’azione contro la società debitrice chiedendo la nuova attualizzazione del suo credito rispetto al tasso d’inflazione calcolato a partire dal 12 settembre 1994, data del giudizio. Secondo lui, fino all’introduzione di questa azione, non aveva ricevuto nessuna parte dell’indennizzo stabilito da questo giudizio.
55. Con un giudizio del 18 settembre 2000, il tribunale respinse l’azione al motivo che era prescritta. Giudicò che il richiedente avrebbe dovuto introdurre l’azione entro tre anni a partire dal momento in cui poteva rendersi conto del danno derivante dal rifiuto di esecuzione opposto dalla società debitrice, ossia a partire dal 1995, dato che questa decisione era diventata definitiva il 7 dicembre 1994, all’epoca della sua conferma da parte della corte di appello di Iaşi. Il tribunale ordinò al richiedente di versare alla parte convenuta 4 000 000 di ROL per oneri di giustizia.
56. Il richiedente interpose appello al motivo che la sua istanza di nuova attualizzazione non era prescritta. Espose che, avendo la società debitrice contestato la validità del brevetto d’invenzione ed avendo chiesto la revisione del giudizio del 12 settembre 1994, gli era quindi impossibile investire le giurisdizioni di un’azione per una nuova attualizzazione del credito in questione anteriore la sua conferma in giustizia tramite il rigetto dell’istanza di revisione, o il 27 marzo 2001 (paragrafo 22 sopra). In più, l’istanza di una nuova attualizzazione del credito avente un carattere accessorio al credito principale, non poteva essere prescritta anche molto tempo dopo che il credito principale non lo era.
57. Con una sentenza del 1 febbraio 2002, la corte di appello di Iaşi respinse l’appello, insistendo sul fatto che, fin dall’inizio dell’esecuzione forzata, il richiedente aveva cognizione del rifiuto della debitrice di conformarsi al giudizio in questione. Quindi, tenuto conto anche dell’inflazione accertata durante questo periodo, l’interessato avrebbe dovuto introdurre la sua azione entro tre anni a partire dal 7 dicembre 1994. Con la stessa sentenza, la corte di appello ordinò al richiedente di versare 223 000 000 ROL alla società debitrici per oneri di giustizia. La corte di appello considerò a questo riguardo che “senza sotto stimare ¬ il lavoro del consigliere della convenuta, [la corte doveva] prendere in conto il fatto che la causa di cui [era] stata investita [era] stata decisa sul fondamento di un’eccezione sollevata d’ufficio concernente la prescrizione del diritto all’azione. In queste circostanze, la parcella praticata dall’avvocato scelto, di un importo di 852 124 525 ROL, [era] eccessiva rispetto al problema di diritto in discussione e rispetto alla parcella minimale stabilita dall’unione degli avvocati della Romania.”
58. Il richiedente formò un ricorso su ricorso, insistendo sugli argomenti legati al carattere accessorio della sua istanza di nuova attualizzazione rispetto al credito principale. Notò a questo riguardo che il 21 luglio 2000, all’epoca dell’ammissione di un sequestro-attribuzione, il credito principale non era stato considerato in nessun modo come prescritto (paragrafo 44 sopra) e che, in più, la prescrizione era una sanzione per mancanza di zelo del titolare del diritto in questione, il che non era il suo caso. Criticò anche l’importo eccessivo degli oneri di giustizia che era obbligato a rimborsare alla società.
59. Con una sentenza del 24 gennaio 2003, la Corte suprema respinse il ricorso su ricorso, confermando così la sentenza contestata. Per ciò che riguardava il motivo di appello relativo agli oneri di giustizia, la Corte suprema giudicò che la corte di appello aveva esaminato l’istanza “nelle condizioni della legge sulla professione di avvocato.”
60. Risulta dalle affermazioni del richiedente, non contestate dal Governo che due pratiche di esecuzione forzata erano state aperte nel 2005 contro lui in vista del recupero da parte della società degli oneri di giustizia stabiliti a suo profitto con la sentenza del 21 giugno 2002 (paragrafo 29 sopra) e la sentenza del 24 gennaio 2003. Nella cornice di queste pratiche, la società avrebbe chiesto il sequestro dei beni del richiedente.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNI PERTINENTI
A. La Costituzione
61. Le disposizioni pertinenti nello specifico della Costituzione del 1991 si leggono così:
Articolo 11 § 2
“I trattati ratificati dal Parlamento secondo le vie legali fanno parte integrante dell’ordine giuridico interno. “
Articolo 20
“(1) le disposizioni costituzionali concernente i diritti e le libertà dei cittadini saranno interpretati ed applicati in conformità con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ed i patti ed altri trattati nei quali la Romania è parte.
(2) in caso di contraddizione tra i patti e trattati concernenti i diritti fondamentali dell’uomo nei quali la Romania è parte e le leggi interne, le disposizioni internazionali prevalgono. “
Articolo 21
“(1) ogni persona può investire i tribunali in vista della difesa dei suoi diritti, le sue libertà ed i suoi interessi legittimi.
(2) nessuna legge può impedire l’esercizio di questo diritto. “
Articolo 133 § 2
“Il Consiglio superiore della magistratura assolve il ruolo di consiglio disciplinare dei giudici. “
62. La Costituzione rivista il 31 ottobre 2003 è redatta così nelle sue parti pertinenti nello specifico:
Articolo 20 § 2
“(2) in caso di contraddizione tra i patti e trattati concernenti i diritti fondamentali dell’uomo nei quali la Romania è parte e le leggi interne, le disposizioni internazionali prevalgono, salvo se la Costituzione o le leggi interne contengano delle disposizioni più favorevoli. “
Articolo 21 § 3
“Le parti hanno diritto ad un processo equo ed all’esame delle loro azioni in giustizia in un termine ragionevole. “
Articolo 133
“(2) il Consiglio superiore della magistratura assolve il ruolo di tribunale (instanţă di judecată) (…) nell’ambito della responsabilità disciplinare dei giudici e dei procuratori, in conformità col procedimento stabilito dalla sua legge organica. (…)
(3) le decisioni del Consiglio superiore della magistratura in materia disciplinare possono essere contestate dinnanzi all’Alta Corte di cassazione e di giustizia. “
B. il codice di procedimento civile
63. Le disposizioni del codice di procedimento civile e la giurisprudenza interna pertinente relativa all’inadempimento di decisioni definitive ed alla nuova attualizzazione dei crediti stabiliti da un titolo esecutivo sono descritte nelle cause Virgil Ionescu c. Romania (no 53037/99, 28 giugno 2005, §§ 31-37) e Topciov c. Romania ( déc.) (no 17369/02, 15 giugno 2006).
64. Prima della modifica del codice di procedimento civile con l’ordinanza di emergenza del Governo no 59 del 25 aprile 2001, la nuova attualizzazione dei crediti, nella cornice di un procedimento di esecuzione forzata, poteva essere chiesta unicamente tramite via giudiziale. Con questa ordinanza d’emergenza è stato inserito nel codice di procedimento civile l’articolo 3712 § 3 secondo cui la nuova attualizzazione viene realizzata dall’ufficiale giudiziario di giustizia.
65. L’articolo 3302 § 1 del codice di procedimento civile, prima della sua abrogazione tramite l’ordinanza d’emergenza del governo no 58 del 25 giugno 2003, contemplava che il procuratore generale della Romania poteva ordinare il rinvio dell’esecuzione delle decisioni definitive prima dell’introduzione di un “ricorso per annullamento” (recurs în anulare). Con la decisione no 73 del 4 giugno 1996, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 22 ottobre 1996, la Corte costituzionale della Romania ha dichiarato questa disposizione incostituzionale.
66. Secondo l’articolo 282 § 2 del codice di procedimento civile, le decisioni di sentenze interlocutorie (încheieri premergătoare) sono sottoposte all’appello solo nello stesso momento in cui la decisione viene resa al merito della causa.
67. L’articolo 320 § 1 del codice di procedimento civile contempla che le opposizioni all’esecuzione forzata devono essere esaminate d’emergenza ed a titolo prioritario.
C. La legge no 92 del 4 agosto 1992 sull’organizzazione giudiziale (come ripubblicata il 30 settembre 1997, la legge no 92/1992)
68. Il titolo VII del legge no 92/1992 riguarda la responsabilità disciplinare dei magistrati. Questa responsabilità è impegnata in caso di trasgressione nel compimento delle loro funzioni (îndatoriri di serviciu) e di comportamenti che possono nuocere all’interesse del servizio o al prestigio della giustizia. L’azione disciplinare contro i giudici è impegnata dal ministro della Giustizia che può investire il Consiglio superiore della magistratura dopo avere ricevuto i risultati di un’inchiesta preliminare. Le sanzioni disciplinari sono l’avvertimento, la diminuzione dello stipendio, il trasferimento temporaneo in un altro tribunale, la sospensione temporanea dell’incarico, il rinvio della magistratura.
69. Questo titolo è stato abrogato dalla legge no 303 del 28 giugno 2004 sullo statuto dei magistrati.
D. La legge no 303 del 28 giugno 2004 sullo statuto dei magistrati (la legge no 303/2004)
70. Secondo l’articolo 95 della legge no 303/2004, ogni persona può investire il Consiglio superiore della magistratura dei casi che dipendono dall’attività o dal comportamento inadatto, dalla trasgressione agli obblighi professionali o dalla commissione di una mancanza disciplinare da parte di un magistrato. Secondo l’articolo 97 f) della legge, sono considerati come mancanza disciplinare la mancata osservanza in modo ripetuto delle disposizioni legali relative all’esame delle azioni con celerità. L’articolo 98 della legge contempla le sanzioni disciplinari che sono similari a quelle iscritte nella legge no 92/1992.
E. La legge no 304 del 28 giugno 2004 sull’organizzazione giudiziale (la legge no 304/2004)
71. Questa legge ha abrogato la maggior parte delle disposizioni della legge no 92/1992. Secondo l’articolo 10 della legge no 304/2004, ogni persona ha diritto ad un processo equo e condotto in un termine ragionevole.
F. Il giudizio no 797 del 30 marzo 2007 del tribunale dipartimentale di Iaşi
72. Il Governo ha presentato qui accluso alle sue osservazioni il giudizio no 797 del 30 marzo 2007 del tribunale dipartimentale di Iaşi, reso in un procedimento aventea come oggetto l’obbligo dello stato, rappresentato dal ministero delle Finanze, di versare ad un certo D.I.V. dei risarcimenti per i danni materiali e morali subiti in ragione della durata eccessiva di un procedimento penale impegnato a suo carico. Il tribunale dipartimentale ha fatto diritto all’azione. Il giudizio era redatto così nelle sue parti pertinenti allo specifico:
“Per [la querelante], l’errore giudiziale di cui è stata vittima non consiste nel fatto di essere stata condannata ingiustamente a titolo definitivo, né nella sua privazione di libertà, ma nella durata eccessiva, ingiustificata ed irragionevole dei procedimenti penali di cui è stata oggetto in ragione di una confusione. Ora, in virtù dell’articolo 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, gli Stati membri riconoscono ad ogni persona che dipende dalla loro giurisdizione i diritti e le libertà definiti nel titolo I della Convenzione. Tra questi, l’articolo 6 della Convenzione garantisce il diritto ad un processo equo,essendo una componente di questo concetto il giudizio in un termine ragionevole, da valutare in funzione della complessità della causa, del comportamento delle parti e di quello delle autorità, così come dell’importanza per le parti della posta del procedimento (Corte EDH, causa Pierazzini c. Italia, 27.02.1992). Nella prospettiva della Convenzione, i ritardi provocati da ogni autorità sono di natura tale da provocare una constatazione di violazione dell’articolo 6 (Corte EDH, causa Martins Moreira [c. Portogallo], 26.10.1998) essendo tenuto lo stato ad assolvere un obbligo di risultato. Lo scopo di questa garanzia è di proteggere le parti contro una durata eccessiva dei procedimenti, di garantire l’efficacia e la credibilità dell’azione della giustizia, di evitare il mantenimento della persona accusata di avere commesso una violazione in un stato di incertezza in quanto alla sua situazione per un periodo troppo lungo.
Sono proprio queste garanzie che non sono state rispettate nel procedimento impegnato contro il richiedente.
In queste condizioni, il tribunale considera che [la querelante] si lamenta a buon diritto del ritardo eccessivo nell’ottenimento di una decisione che constata soprattutto la sua innocenza e gli errori che si erano prodotti, tenuto conto del fatto che la verifica dell’identità dell’autore prevale su ogni altra verifica, nella misura in cui [la querelante] ha presentato tanto dinnanzi ai tribunali che dinnanzi alle altre autorità (la procura) dei dati da cui risultava il carattere evidente della sua confusione con un’altra persona, elementi in rapporto ai quali la durata dei procedimenti è irragionevole.
Ora, una volta considerate questi premesse, alla luce della giurisprudenza della CEDH sviluppata a partire dalla causa Kudła c. Polonia, sentenza del 26 ottobre 2000 secondo cui gli Stati parti alla Convenzione sono tenuti a mettere a disposizione dei giudicabili una via di ricorso mediante la quale possono fare valere dei motivi di appello relativi al superamento della durata ragionevole del procedimento, un tribunale investito di tale motivo di appello deve essere competente per ordinare almeno la concessione dei risarcimenti quando il motivo di appello è fondato.
[L] ‘articolo 13 della Convenzione è l’espressione diretta dell’obbligo degli Stati di proteggere innanzitutto i diritti dell’uomo nel loro proprio ordine giuridico, il che costituisce una garanzia supplementare del godimento effettivo dei diritti. “
73. Non risulta dalle informazione fornite dal Governo che questo giudizio, reso in prima istanza, sia stato confermato mediante un ricorso su ricorso.
III. I LAVORI DELLA COMMISSIONE EUROPEA PER LA DEMOCRAZIA CON IL DIRITTO (COMMISSIONE DI VENEZIA)
74. All’epoca della sua 69ma sessione plenaria (15-16 dicembre 2006) la Commissione di Venezia ha adottato uno “Studio sull’effettività dei ricorsi interni in materia di durata eccessiva dei procedimenti” (documento CDL-AD(2006)036 ), i cui brani pertinenti nello specifico sono i successivi,:
“59. In modo generale, la maggior parte degli Stati membri del Consiglio dell’Europa [eccetto l’Armenia, l’Azerbaigian, la Grecia, la Romania e la Turchia] dispongono di un mezzo procedurale che permette agli individui di sporgere querela in caso di durata eccessiva di un procedimento.
65. I ricorsi aperti in caso di durata che si suppone come eccessiva dei procedimenti possono essere classificati dei differenti modi.
-I ricorsi preventivi o di accelerazione mirano ad accorciare la durata dei procedimenti per evitare che non diventi eccessiva, mentre i ricorsi per risarcimento forniscono agli individui un indennizzo per i ritardi già provocati, sia che il procedimento sia ancora pendente o che sia finito.
-I ricorsi pecuniari offrono un risarcimento finanziario per il danno subito, materiale e/o morale. I ricorsi non pecuniari offrono un risarcimento morale, per esempio la riconoscenza della violazione o l’alleggerimento di una pena.
-Certi ricorsi sono al tempo stesso aperti per i procedimenti pendenti e compiuti, mentre altri lo sono solamente per i procedimenti pendenti. Difatti, quando un procedimento è finito, i ricorsi di accelerazione non avrebbero evidentemente nessuna utilità, ed il ricorso può consistere dunque solo di un risarcimento per il danno subito a causa della durata eccessiva del procedimento o di un’azione disciplinare contro l’autorità responsabile di questa durata eccessiva.
-Certi ricorsi possono essere applicabili a tutti i tipi di procedimenti (civili, amministrative o penali) mentre altri si applicano solamente ai procedimenti penali.
142. Di fatto, la Corte precisa che una combinazione dei due tipi di ricorso, uno destinato ad accelerare il procedimento e l’altro a portare un risarcimento, potrebbe sembrare costituire la migliore soluzione.
147. Un’azione disciplinare contro il giudice che ha dato prova di lentezza può essere assimilata ad un ricorso effettivo contro la durata dei perseguimenti ai termini dell’articolo 13 della Convenzione unicamente se ha una “conseguenza diretta ed immediata sul procedimento che ha dato adito all’azione di reclamo.” Ne segue che l’azione disciplinare deve presentare un certo numero di caratteristiche specifiche. Se un’azione di reclamo viene depositata, l’organo di controllo deve avere l’obbligo di studiare la questione col giudice che ha fatto prova di lentezza. Il richiedente deve essere parte del procedimento. La decisione, qualunque sia, non deve avere unicamente degli effetti sulla situazione personale del giudice in causa.
148. Qualunque sia la forma del risarcimento, deve corredare della riconoscenza della violazione intervenuta. Di fatto, la giurisdizione interna deve riconoscere che l’esigenza di una durata ragionevole non è stata soddisfatta e che una misura specifica deve essere presa nello scopo di riparare il mancata osservanza del “termine ragionevole”, al senso dell’articolo 6 paragrafo 1 della Convenzione. Questa riconoscenza deve esistere “almeno in sostanza.”
151. L’articolo 13 non esige che un ricorso specifico sia contemplato per ciò che riguarda la durata eccessiva dei procedimenti; un ricorso costituzionale o giuridico generale, come un’azione in vista di stabilire la responsabilità non contrattuale dello stato, può bastare. Tale azione deve presentare tuttavia, tanto un carattere effettivo sul piano del diritto che su quello della pratica.
152. In mancanza di una base giuridica specifica, l’esistenza del ricorso e la portata della sua applicazione devono essere enunciate chiaramente e devono essere confermate,o completate , con la pratica degli organi competenti e/o la giurisprudenza appropriata.
153. Qualunque sia la misura ordinata dall’autorità competente, il ricorso interno per durata eccessiva soddisfarà le esigenze della Convenzione solo se ha acquisito, in teoria ed in pratica, la certezza giuridica sufficiente che permette al richiedente di averlo utilizzato al momento del deposito di una richiesta presso la Corte.
158. Non occorre che i “ricorsi contro i ritardi” previsti dal diritto interno restino semplicemente teorici: deve esistere una giurisprudenza sufficiente che provi che l’esercizio di questi ricorsi può permettere realmente di accelerare il procedimento o di ottenere un risarcimento adeguato.
159. In mancanza di giurisprudenza specifica, un ricorso può essere considerato come “effettivo” se la formula della legge in questione indica senza equivoci che mira espressamente a regolare il problema della durata eccessiva di procedimenti dinnanzi alle giurisdizioni interne. “
IN DIRITTO
I. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE E DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 A RAGIONE DELL’INADEMPIMENTO DEL GIUDIZIO DEL 12 SETTEMBRE 1994
75. Il richiedente adduce che l’inadempimento del giudizio definitivo del 12 settembre 1994 costituisca una violazione del suo diritto di accesso ad un tribunale. In particolare, si lamenta che, malgrado gli utili incalcolabili che lo stato rumeno ha tratto dallo sfruttamento della sua invenzione nell’industria, gli sia stato impedito per un lungo periodo di fare valere i suoi diritti riconosciuti da una decisione di giustizia definitiva. Aggiunge che la società debitrice è stata privatizzata nel 2003 senza tenere conto del suo debito nei suoi confronti, il che ha accentuato i problemi relativi all’ordinamento di questo debito.
Stima anche che l’impossibilità di ottenere l’esecuzione del giudizio del 12 settembre 1994 porti violazione del suo diritto al rispetto dei suoi beni.
Invoca gli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1, così formulati nelle loro parti pertinenti allo specifico,:
Articolo 6 § 1 della Convenzione
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà della fondatezza di ogni accusa in materia penale diretta contro lei. “
Articolo 1 del Protocollo no 1
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
76. La Corte constata che questi motivi di appello non sono manifestamente mal fondati ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che incontra nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararli ammissibili.
B. Sul merito
1. Le tesi delle parti
a) Il Governo
77. Il Governo ammette che c’è stato un ritardo nell’esecuzione del giudizio del 12 settembre 1994, ma stima che questo ritardo fosse giustificato da condizioni obiettive. Precisa così che l’istanza di revisione del giudizio formato dalla società debitrice ha determinato un rinvio dell’esecuzione fino al 30 novembre 2001 e che, per di più, nella cornice di un’opposizione all’esecuzione formata dalla società, le giurisdizioni hanno accordato anche il rinvio dell’esecuzione. Considera che, visto i numerosi procedimenti impegnati dalle parti, fosse necessario sospendere l’esecuzione del giudizio in ragione di evitare che la conclusione di questi procedimenti influenzasse suddetta esecuzione.
78. Osserva poi che in seguito ai procedimenti di sequestro-attribuzione impegnati dal richiedente questo ha ottenuto il recupero del suo credito, anche se è stato solamente parziale, il che prova che le autorità hanno dato prova di zelo nello specifico.
79. In più, il Governo insiste sul fatto che in virtù della transazione conclusasi tra la società ed il richiedente, tutte le controversie relative all’esecuzione del suddetto giudizio sono state estinte, ivi comprese quelle che erano oggetto della pratica esaminata dal tribunale dipartimentale di Vrancea, nella cornice del quale una perizia aveva calcolato il valore riattualizzato del credito del richiedente. Trattandosi di una convenzione autenticata dinnanzi al notaio pubblico, la transazione potrebbe essere contestata solo tramite la via dell’iscrizione in falso (înscriere în fals). Ad ogni modo, secondo il Governo, le minacce addotte dal richiedente nella sua lettera del 27 agosto 2007 (paragrafo 43 sopra) non potrebbero essere considerate in mancanza di ogni prova pertinente, nella misura in cui il carico della prova incombe sulla persona autrice di un’affermazione. Inoltre, la transazione è stata firmata anche da un altra persona che era anch’essa creditrice della società.
80. Il Governo conclude che la società debitrice ha eseguito il suo obbligo derivante dal giudizio del 12 settembre 1994.
b) Il richiedente,
81. Il richiedente si lamenta che le autorità nazionali che avevano l’obbligo di agire con zelo in vista dell’esecuzione del giudizio, abbiano solamente fatto differire questa esecuzione per circa dodici anni. Stima a questo riguardo che l’opposizione all’esecuzione avrebbe dovuto essere decisa a titolo prioritario, il che non è stato il caso.
82. Riguardo alla transazione menzionata dal Governo, il richiedente precisa che, la società debitrice avendogli pagato 2 500 000 000 di ROL nel 2005, era stato privato di questa somma fino a questa data. Ad ogni modo, stima che il suo credito era nettamente superiore alla somma iscritta nella transazione.
2. La valutazione della Corte
83. La Corte ricorda che l’esecuzione di un giudizio, di qualsiasi giurisdizione questo sia, deve essere considerata come facente parte integrante del “processo” ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione (Hornsby c. Grecia, 19 marzo 1997, § 40, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-II). Quando le autorità sono tenute ad agire per l’ esecuzione di una decisione giudiziale ed omettono di farlo, questa inerzia impegna la responsabilità dello stato sul terreno dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (Scollo c. Italia, 28 settembre 1995, § 44, serie A no 315-C).
84. Nello specifico, la Corte nota che, con un giudizio definitivo del 12 settembre 1994, il tribunale dipartimentale di Iaşi ha ordinato ad una società per azioni a capitale pubblico di pagare al richiedente 253 942 510 ROL abbinati ad un tasso di interesse annuo del 6%. Questo giudizio ha fatto nascere nel capo del richiedente un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
85. Osserva anche che in vista dell’esecuzione di questo giudizio il richiedente ha dovuto impegnare numerosi procedimenti, sebbene la debitrice fosse una società a capitale pubblico fino alla sua privatizzazione nel 2003. Ora non è opportuno chiedere ad un individuo che ha ottenuto un credito contro lo stato alla conclusione di un procedimento giudiziale di dovere impegnare il procedimento di esecuzione forzata per ottenere soddisfazione (Metaxas c. Grecia, no 8415/02, § 19, 27 maggio 2004). Inoltre, la società debitrice è stata oggetto di un’inchiesta della corte dei conti per avere tolto una somma di denaro dal suo conto allo scopo di evitare un’eventuale esecuzione forzata (paragrafo 10 sopra).
86. Ad ogni modo, la Corte ricorda che ha già considerato che l’omissione delle autorità a conformarsi in un termine ragionevole ad una decisione definitiva poteva provocare una violazione degli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, soprattutto quando l’obbligo di fare eseguire la decisione in causa appartiene ad un’autorità amministrativa (vedere, mutatis mutandis, tra molte altre, Metaxas precitata, §§ 26 e 31, e Tacea c. Romania, no 746/02, §§ 27, 39 e 40, 29 settembre 2005).
87. Nello specifico, la Corte rileva che l’esecuzione del giudizio in questione si è scontrata a numerosi rinvii accordati sia dal procuratore generale della Romania in 1995 e 1996 (paragrafi 13 e 14 sopra) che dai tribunali investiti delle opposizioni all’esecuzione formate dalla società debitrice, dei procedimenti paralleli o delle vie di ricorso straordinarie. Così, nella cornice di un procedimento di revisione del giudizio in questione, l’esecuzione è stata sospesa tra il 20 marzo 1997 ed il 30 novembre 2001 (paragrafi 18 e 22 sopra) in attesa del risultato definitivo di un altro procedimento riguardante la validità del brevetto di invenzione del richiedente; è stata sospesa anche tra il 19 dicembre 1996 ed il 21 giugno 2002 in attesa della conclusione definitiva dell’opposizione all’esecuzione ( paragrafi 25 e 29 sopra).
88. Se la Corte ha già giudicato che un rinvio all’esecuzione di una decisione di giustizia durante il tempo rigorosamente necessario per trovare una soluzione soddisfacente ai problemi di ordine pubblico può giustificarsi in circostanze eccezionali (Immobiliare Saffi c. Italia [GC], no 22774/93, § 69, CEDH 1999-V) stima che non è così il caso nello specifico. A questo riguardo, nota che i rinvii accordati dalla procura non erano motivati in nessun modo, mentre quelli concessi dai tribunali potrebbero passare per incidenti procedurali dilatori, nella misura in cui i procedimenti paralleli e le vie di ricorso straordinarie che li giustificano erano stati respinti alla fine (i procedimenti B.2 e C qui sopra) Ad ogni modo, i rinvii così accordati hanno ritardato per un periodo anormalmente lungo l’esecuzione del giudizio del 12 settembre 1994.
89. La Corte trova particolarmente sorprendente il fatto che i primi versamenti a profitto del richiedente siano stati fatti solo nel corso degli anni 2001 e 2002 (paragrafi 32 e 45 sopra).
90. Nota anche che con una transazione del 7 luglio 2005, autenticata dal notaio pubblico, il richiedente e la società debitrice sono convenuti a considerare come estinti tutte le controversie relative all’esecuzione del giudizio in questione e di non avere più nessuna pretesa relativa a questo giudizio, in scambio del pagamento da parte della società debitrice di una somma di denaro al richiedente (paragrafo 40 sopra). Sebbene il richiedente adduce di avere accettato questa transazione in ragione di minacce alle cui sarebbe stato sottoposto, la Corte non scopre tra i documenti della pratica nessuno indizio di natura tale da provare le sue affermazioni e da gettare così un dubbio sulla validità della transazione in questione. Non vede quindi nessuna ragione di natura tale da impedirle di considerare che il giudizio del 12 settembre 1994 sia stato eseguito il 7 luglio 2005.
91. Nota comunque che l’esecuzione in questione è sopraggiunta solamente circa undici anni dopo il giudizio.
92. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che le sono stati sottoposti, la Corte considera che il Governo non ha esposto nessun fatto né argomento che posano giustificare tale ritardo nell’esecuzione.
93. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia e degli elementi concreti della pratica, la Corte stima che nello specifico lo stato, tramite i suoi organi specializzati, non ha sostenuto tutti gli sforzi necessari per fare eseguire con celerità il giudizio del 12 settembre 1994.
94. Pertanto, c’è stata violazione degli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1.
II. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE A RAGIONE DELLA DURATA DEI PROCEDIMENTI DECISI DALLE SENTENZE DEL 21 GIUGNO E DEL 28 GIUGNO 2002
95. Il richiedente si lamenta della durata del procedimento relativo all’opposizione all’esecuzione forzata formata dalla società debitrice e deciso definitivamente dalla sentenza del 21 giugno 2002 della corte di appello di Iaşi. Si lamenta anche della durata eccessiva del secondo procedimento che riguarda i suoi diritti di autore, finalizzato dalla sentenza del 28 giugno 2002 della Corte suprema di giustizia. Invoca l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulata nelle sue parti pertinenti allo specifico,:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale, che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
96. La Corte nota che il primo dei procedimenti riguardati da questo motivo di appello è cominciato il 18 dicembre 1996 e è finito il 21 giugno 2002. È durato cinque anni, sei mesi e tre giorni dunque. Il secondo procedimento è cominciato il 23 maggio 1995 e si è concluso il 28 giugno 2002. È durato sette anni, un mese e sette giorni dunque.
A. Sull’ammissibilità
97. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che incontra nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
1. Le tesi delle parti
a) Il Governo
98. Il Governo non contesta che il procedimento deciso dalla sentenza del 21 giugno 2002 non rivestisse una complessità particolare, ma osserva che è stato sospeso in ragione dell’introduzione di due altri procedimenti aventi un’incidenza sullo svolgimento del primi: l’istanza di revisione del giudizio del 12 settembre 1994 e l’azione riguardante la validità del brevetto del richiedente. In più, nota che l’interessato ha fatto uso delle vie di ricorso contro la sentenza interlocutoria del 19 dicembre 1996, il che ha provocato parecchi rinvii della causa in attesa dei risultati di queste vie di ricorso. Considera che non ci sono stati dei lunghi periodi di inoperosità completa nell’attività delle autorità e che le udienze sono state fissate ad intervalli ragionevoli. Conclude da ciò che le autorità hanno dato prova di zelo nel trattamento della causa.
99. Il Governo non ha presentato alcune osservazioni in quanto alla durata del procedimento deciso dalla sentenza del 28 giugno 2002.
b) Il richiedente
100. Riguardo al procedimento deciso dalla sentenza del 21 giugno 2002, il richiedente insiste sul fatto che le autorità hanno sospeso l’esame della causa per una durata irragionevole e senza nessuna giustificazione pertinente, mentre deteneva un credito contro lo stato. Contesta quindi l’affermazione del Governo relativa alla mancanza di lunghi periodi di inoperosità completa delle autorità.
101. Il richiedente nota poi che il Governo non ha fatto nessun commento sul procedimento deciso dalla sentenza del 28 giugno 2002.
102. Reitera che la durata dei due procedimenti sia stata eccessiva.
2. La valutazione della Corte
103. La Corte ricorda che il carattere ragionevole della durata di un procedimento si valuta secondo le circostanze della causa ed avuto riguardo ai criteri consacrati dalla sua giurisprudenza, in particolare la complessità della causa, il comportamento del richiedente e quello delle autorità competenti così come la posta della controversia per gli interessati (vedere, tra altri, Frydlender c. Francia [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII).
104. Nello specifico, per ciò che riguarda il primo procedimento, avente come oggetto un’opposizione all’esecuzione forzata, la Corte rileva innanzitutto che secondo l’articolo 320 § 1 del codice di procedimento civile (paragrafo 67 sopra) tale questione avrebbe dovuto essere esaminata d’emergenza ed a titolo prioritario; ora il procedimento in questione è stato sospeso il 23 marzo 1998 in attesa del risultato definitivo dei procedimenti riguardanti rispettivamente la revisione del giudizio del 12 settembre 1994 e l’annullamento del brevetto del richiedente. Nota anche che i documenti della pratica non permettono di conoscere la data in cui l’esame della causa è stato ripreso. Essendo stati tuttavia decisi i due suddetti procedimenti paralleli definitivamente il 23 gennaio ed il 30 novembre 2001( paragrafi 22 e 46 sopra) la Corte stima che la ripresa dell’esame dell’opposizione ha avuto luogo verosimilmente tra il 30 novembre 2001 ed il 25 febbraio 2002, data dei dibattimenti (paragrafo 27 sopra). Quindi, l’esame dell’opposizione è stato sospeso per più di tre anni ed otto mesi; in più, l’esecuzione costretta è stata lei stessa sospesa dal 19 dicembre 1996 fino al termine definitivo dell’opposizione, soluzione che era già stata differita (paragrafo 25 sopra).
105. Per quanto il Governo intende sostenere che i due procedimenti paralleli fossero di natura tale da influenzare lo svolgimento del procedimento riguardante l’opposizione all’esecuzione, ragione per cui questa ultima ha dovuto essere sospesa, la Corte stima che i due procedimenti impegnati dalla società debitrice miravano a differire solamente l’esecuzione. Peraltro, la Corte suprema ha considerato nella sua sentenza del 31 ottobre 1997 che il procedimento per revisione fosse stato introdotto allo scopo evidente di impedire l’esecuzione di una decisione irrevocabile (paragrafo 20 sopra).
106. Per ciò che riguarda il secondo procedimento riguardante il pagamento dei diritti di autore del richiedente, la Corte osserva che questo è stato sospeso tra il 18 aprile 1997 ed il 23 aprile 2001, o per circa cinque anni, in attesa della conclusione del procedimento relativo alla validità del brevetto di invenzione del richiedente (paragrafo 52 sopra).
107. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevano delle questioni simili alla presente in cui ha concluso alla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
108. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che gli sono stati sottoposti, considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento che possano condurre ad una conclusione differente nel caso presente. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, la Corte stima che nello specifico la durata dei procedimenti controversi sia stata eccessiva e non risponda all’esigenza del “termine ragionevole.”
109. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione in ragione della durata eccessiva dei due procedimenti.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE
110. Il richiedente si lamenta della mancanza di un ricorso effettivo in dritto rumeno contro le decisioni di rinvio dell’esecuzione. Si lamenta anche della mancanza di un ricorso effettivo a difetto del quale avrebbe potuto sollevare un motivo di appello fondato sulla durata eccessiva dei due procedimenti suddetti, facendo valere la sua impossibilità di ridurre i lunghi periodi di attesa nell’esame di questi procedimenti. Invoca l’articolo 13 della Convenzione, così formulata,:
“Ogni persona i cui diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa dalle persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
A. Sull’ammissibilità
111. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che incontra nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
1. Le tesi delle parti
a) Il Governo
112. Il Governo stima che il richiedente poteva investire il Consiglio superiore della magistratura di un’azione di reclamo relativa alla durata del procedimento interno. Aggiunge che in virtù delle leggi no 92/1992 e no 303/2004, questa istituzione può essere investita un’azione di reclamo relativa alla mancata osservanza da parte dei magistrati di un obbligo legale che spetta loro, ossia quello di decidere con celerità le cause che sono state assegnate loro, e che il disconoscimento di un obbligo iscritto nello statuto dei magistrati può provocare la responsabilità disciplinare della persona riguardata.
113. Nota poi che tale possibilità raffigura tra i rimedi esaminati dalla Commissione di Venezia nel suo studio sulle vie di ricorso da utilizzare per l’ottenimento di un risarcimento in caso di durata eccessiva dei procedimenti. Considera che il Consiglio superiore della magistratura, essendo formato da giudici e da procuratori ed esercitando delle funzioni giurisdizionali nel procedimento disciplinare, beneficia delle garanzie di legalità e di imparzialità in ragione della sua composizione. Considera inoltre che si tratta di un’istanza nazionale che presenta un’efficacia quasi simile ad un’istanza giudiziale. L’articolo 13 della Convenzione non esigendo che “l’istanza” sia un’istituzione giudiziale, stima che le esigenze di questa disposizione siano state assolte nello specifico.
114. Il Governo rileva poi che la Costituzione rumena accorda la preminenza ai trattati in materia di diritti dell’uomo e permette l’applicazione diretta della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e della giurisprudenza della Corte; quindi, secondo il Governo, sarebbe stato lecito al richiedente presentare direttamente dinnanzi alle istanze interne un’azione fondata sulla durata del procedimento. Sottolinea a questo riguardo che le giurisdizioni nazionali fanno spesso appello alla giurisprudenza della Corte nelle loro decisioni e che questo aspetto registra un’evoluzione continua, il che lo conduce alla conclusione che, se fossero state investite di tale azione, l’avrebbero esaminata.
115. Presenta a questo riguardo dodici decisioni giudiziali rese tra il 2004 e il 2007 dal tribunale di prima istanza del terzo distretto di Bucarest, i tribunali dipartimentali di Sibiu e di Iaşi ed i corsi di appello di Bucarest e di Timişoara. Tra queste decisioni, otto sono state pronunciate nel 2007, due nel 2004 e due nel 2005; due sono stati resi peraltro, in ultima istanza, due altri in appello ed otto in prima istanza. Nei motivi delle loro decisioni, le giurisdizioni nazionali hanno fatto riferimento a certe disposizioni della Convenzione o alla giurisprudenza della Corte relativa in particolare al diritto di proprietà ed all’esecuzione delle decisioni giudiziali. Non risulta dai documenti ed informazione forniti dal Governo che le decisioni rese in prima istanza o in appello fossero state confermato mediante vie di ricorso.
116. Una sola decisione tra quelle presentate dal Governo riguardava il problema della durata dei procedimenti (paragrafo 72 sopra).
b) Il richiedente
117. Il richiedente stima che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione.
2. La valutazione della Corte
118. La Corte ricorda che l’articolo 13 della Convenzione garantisce l’esistenza in diritto interno di un ricorso che permette di avvalersi dei diritti e delle libertà consacrate dalla Convenzione. Questa disposizione ha per conseguenza dunque di esigere un ricorso interno che permetta l’esame del contenuto di un “motivo di appello difendibile” fondato sulla Convenzione e che offra la correzione appropriata.
119. L’ “effettività” di un “ricorso” ai sensi dell’articolo 13 non dipende dalla certezza di una conclusione favorevole per il richiedente. Parimenti, l’ “istanza” menzionata in questa disposizione non ha bisogno di essere un’istituzione giudiziale, ma allora i suoi poteri e le garanzie che presenta entrano in fila di conto nella valutazione dell’effettività del ricorso che si esercita dinnanzi a lei. Inoltre, l’insieme dei ricorsi offerti dal diritto interno può assolvere le esigenze dell’articolo 13, anche se nessuno di questi non vi risponde i per intero da solo.
120. Occorre dunque ogni volta determinare se i mezzi di cui i giudicabili dispongono in diritto interno sono “effettivi” nel senso che possono impedire il sopraggiungere o la continuazione della violazione addotta o fornire una correzione adeguata per ogni violazione all’interessato che si è già prodotta i. Un ricorso è effettivo dal momento che permette o di fare intervenire al più presto la decisione delle giurisdizioni investite, o di fornire al giudicabile un risarcimento adeguato per i ritardi già imputati (Kudła c. Polonia [GC], no 30210/96, §§ 157-158, CEDH 2000-XI, e Sürmeli c. Germania [GC], no 75529/01, §§ 98-99, CEDH 2006-VII).
121. Tenuto conto della sua conclusione che figura sop

Testo Tradotto

Conclusion Partiellement irrecevable ; Violation de l’art. 6-1 ; Violation de P1-1 ; Violation de l’art. 6-1 ; Violation de l’art. 13 ; Préjudice moral – réparation ; Dommage matériel – demande rejetée
TROISIÈME SECTION
AFFAIRE ABRAMIUC c. ROUMANIE
(Requête no 37411/02)
ARRÊT
STRASBOURG
24 février 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Abramiuc c. Roumanie,
La Cour européenne des droits de l’homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
Josep Casadevall, président,
Elisabet Fura-Sandström,
Corneliu Bîrsan,
Alvina Gyulumyan,
Egbert Myjer,
Ineta Ziemele,
Ann Power, juges,
et de Santiago Quesada, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 3 février 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 37411/02) dirigée contre la Roumanie et dont un ressortissant de cet Etat, M. I. A. (« le requérant »), a saisi la Cour le 16 septembre 2002 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le gouvernement roumain (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. R.-H. Radu, du ministère des Affaires étrangères.
3. Le 25 mai 2007, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, elle a en outre décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le fond de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Le requérant est né en 1951 et réside à Negostina, dans le département de Suceava.
A. La première procédure portant sur le paiement des droits d’auteur
5. Le 31 mai 1984, le requérant, qui exerçait comme ingénieur chimiste dans une entreprise d’Etat, fut reconnu comme étant l’auteur d’une invention et se vit délivrer un brevet de l’Office national des inventions et des marques. Entre 1984 et 1991, cette invention fut utilisée dans la production industrielle par l’entreprise d’Etat en question.
6. En 1991, après la chute du régime communiste en Roumanie, l’entreprise fut réorganisée en une société par actions, à capital public, sous le nom de S.C. Retrom S.A. Elle continua à utiliser dans sa production industrielle l’invention du requérant sans pour autant verser à celui-ci des droits d’auteur, raison pour laquelle il assigna la société en justice le 14 octobre 1992.
7. Par un jugement du 12 septembre 1994, le tribunal départemental d’Iaşi fit droit à l’action et ordonna à la partie défenderesse (« la société débitrice ») de payer au requérant 253 942 510 lei roumains (ROL) assortis d’un taux d’intérêt annuel de 6 %.
8. Par un arrêt du 7 décembre 1994, la cour d’appel d’Iaşi rejeta l’appel de la société débitrice. Par un arrêt du 21 mars 1995, la Cour suprême de justice (« la Cour suprême ») rejeta également le recours de celle-ci.
B. Les tentatives visant à l’exécution forcée du jugement du 12 septembre 1994
9. En vue de l’exécution forcée du jugement du 12 septembre 1994, le requérant saisit l’huissier de justice et engagea plusieurs procédures, lesquelles n’aboutirent pas à l’exécution prompte et complète dudit jugement, en raison notamment des sursis à l’exécution accordés par le procureur général de Roumanie ou par les tribunaux et des oppositions à l’exécution formées par la société débitrice.
10. Tel qu’il ressort d’une lettre du 10 mars 1997 adressée au requérant par la cour des comptes, la société débitrice a fait l’objet d’une enquête pour avoir retiré entre octobre et décembre 1996 environ 600 000 000 de ROL de son compte « afin d’éviter une éventuelle exécution forcée par saisie des comptes ». Les résultats de l’enquête pénale menée contre les dirigeants de l’entreprise n’ont pas été communiqués à la Cour.
11. En 2003, la société fut privatisée. L’Etat vendit ses actions et dès lors le capital de l’entreprise devint intégralement privé.
12. Par une lettre du 15 mars 2005, l’administration des finances publiques informa l’huissier de justice chargé de l’exécution du jugement du 12 septembre 1994 que la société devait à l’Etat presque 9 milliards de ROL et qu’une procédure d’exécution forcée immobilière était en cours.
1. Les sursis à l’exécution ordonnés par le procureur général de Roumanie
13. A la demande de la société débitrice, le 3 avril et le 24 novembre 1995 et le 31 mai 1996, le procureur général de Roumanie ordonna des sursis à l’exécution du jugement définitif du 12 septembre 1994. Aucun motif justifiant ces sursis ne fut communiqué au requérant.
14. Par une lettre du 24 mai 1996 adressée à la société débitrice, le parquet général de Roumanie rappela à la direction de la société les conseils donnés lors d’une audience qui s’était déroulée le 27 mars 1996 au siège du parquet, à savoir demander la suspension des procédures de saisie¬attribution pendantes ainsi que le sursis à l’exécution forcée du jugement du 12 septembre 1994.
2. La demande en révision du jugement du 12 septembre 1994 et le sursis à l’exécution forcée ordonné dans le cadre de cette procédure
15. A une date non précisée, la société débitrice forma une demande en révision du jugement du 12 septembre 1994. Elle sollicita également un sursis à l’exécution de ce jugement jusqu’à l’examen de sa demande en révision.
16. Le 16 juin 1995, la Cour suprême renvoya l’affaire devant le tribunal départemental de Suceava, dans l’intérêt d’une bonne administration de la justice.
17. Le 21 novembre 1995, celui-ci rejeta la demande de sursis à l’exécution.
18. Le 20 mars 1997, il accueillit une nouvelle demande de sursis à l’exécution formée par la société débitrice, dans l’attente de l’issue définitive d’une autre procédure entamée par la société, relative à l’annulation du brevet d’inventeur du requérant (la procédure C ci-dessous). Le tribunal décida, pour le même motif, de suspendre la procédure en révision.
19. Le 27 juin 1997, la cour d’appel de Suceava accueillit l’appel du requérant contre la décision de suspendre la procédure en révision et ordonna au tribunal départemental de la poursuivre. Elle déclara irrecevable le pourvoi contre la décision de sursis à l’exécution du jugement du 12 septembre 1994, au motif que pareille décision, en raison de son caractère préalable, ne pouvait être attaquée que lors des voies de recours exercées contre le jugement rendu au fond de l’affaire.
20. Sur un recours de la société débitrice, par un arrêt du 31 octobre 1997, la Cour suprême confirma la décision rendue le 27 juin 1997 par la cour d’appel de Suceava. Elle jugea que, s’agissant du caractère facultatif de la suspension prévue par l’article 244 § 1 du code de procédure civile, il n’y avait pas de motifs pour suspendre la procédure en révision. La juridiction suprême nota également que « la demande en révision a[vait] été introduite dans le but évident d’empêcher l’exécution d’une décision irrévocable ».
21. Reprenant l’examen de la demande en révision formée par la société débitrice, le tribunal départemental de Suceava accueillit cette demande par un jugement du 12 mars 1998 et, dès lors, cassa le jugement du 12 septembre 1994 et rejeta l’action du requérant tranchée par ce jugement comme étant mal fondée.
22. Par un arrêt du 27 mars 2001, la cour d’appel de Suceava accueillit l’appel du requérant contre le jugement du 12 mars 1998 et, dès lors, rejeta la demande en révision, en retenant que le 23 janvier 2001 la Cour suprême avait définitivement confirmé la validité du brevet d’invention du requérant (la procédure C ci-dessous). Cet arrêt fut confirmé par un arrêt du 30 novembre 2001 de la Cour suprême, qui annula le recours introduit par la société débitrice pour défaut de paiement des droits de timbre.
3. Le dossier d’exécution no 33/1995. La première opposition à l’exécution forcée du jugement du 12 septembre 1994 et la demande de sursis à l’exécution formée par la société débitrice
23. En vue de l’exécution forcée du jugement du 12 septembre 1994, le dossier no 33/1995 fut ouvert en 1995, à la demande du requérant, par le bureau d’huissiers de justice auprès du tribunal départemental d’Iaşi. Deux tentatives d’exécution sur des biens meubles de la société débitrice eurent lieu le 5 avril 1995 et le 17 décembre 1996.
24. Le 18 décembre 1996, la société débitrice saisit le tribunal départemental d’Iaşi d’une opposition à l’exécution forcée du jugement en question. Elle demanda de surcroît un sursis à l’exécution, au motif que l’entreprise risquait d’être obligée de cesser son activité en raison de la mise sous séquestre de ses outillages. Elle releva également qu’une procédure ayant pour objet l’annulation du brevet du requérant était pendante.
25. Par un jugement avant dire droit du 19 décembre 1996, le tribunal ordonna le sursis à l’exécution jusqu’à l’issue définitive de l’opposition à l’exécution dont il était saisi. Le 10 mars 1997, la cour d’appel d’Iaşi déclara irrecevable l’appel du requérant au motif que pareille décision, en raison de son caractère préalable, ne pouvait être attaquée que lors des voies de recours exercées contre la décision rendue au fond de l’affaire. Sur un pourvoi en recours du requérant, la Cour suprême, par un arrêt du 30 septembre 1997, reprit le motif invoqué par la cour d’appel et débouta ce dernier.
26. Pour ce qui était de l’examen sur le fond de l’opposition à l’exécution, six ajournements furent prononcés entre le 3 février et le 29 septembre 1997 dans l’attente de l’issue des voies de recours formées par le requérant contre le jugement avant dire droit du 19 décembre 1996 (paragraphe 25 ci-dessus). Le 23 mars 1998, le tribunal départemental suspendit l’examen de l’opposition dans l’attente du résultat définitif des procédures ayant l’une comme objet la révision du jugement du 12 septembre 1994 et l’autre l’annulation du brevet du requérant. Le 6 septembre 1999, le tribunal rejeta une demande du requérant tendant à la reprise de l’examen de l’affaire, au motif que les deux procédures ayant justifié sa suspension n’étaient pas encore tranchées.
27. A une date non précisée, l’examen sur le fond de l’opposition fut repris. Les débats eurent lieu le 25 février 2002.
28. Par un jugement du 4 mars 2002, le tribunal départemental d’Iaşi rejeta l’opposition à l’exécution formée par la société débitrice.
29. Par un arrêt définitif du 21 juin 2002, la cour d’appel d’Iaşi fit droit au pourvoi en recours de la société et accueillit l’opposition à l’exécution contre les mesures d’exécution forcée accomplies dans le dossier no 33/1995. Elle retint que l’exécution forcée aurait dû prendre fin à la suite de la saisie-attribution validée par le jugement du 21 juillet 2000 du tribunal de première instance de Paşcani (paragraphe 44 ci-dessous). Le requérant fut condamné à payer à la partie défenderesse 255 000 000 de ROL au titre des frais de justice.
4. Le dossier d’exécution no 17/2002. La seconde opposition à l’exécution forcée du jugement du 12 septembre 1994
30. Etant donné que six ans s’étaient écoulés dans la procédure d’exécution forcée entamée sous le dossier no 33/1995, le requérant demanda une réactualisation de sa créance par rapport au taux de l’inflation. Un nouveau dossier d’exécution, no 17/2002, fut donc ouvert le 4 février 2002 par décision du tribunal de première instance de Paşcani.
31. Par un procès-verbal dressé le 11 février 2002, l’huissier de justice procéda au calcul de la valeur réactualisée de la créance du requérant et fixa un nouveau montant de 5 525 300 541 ROL.
32. Les 18 et 19 février 2002, la société débitrice mit à la disposition du requérant un montant total de 53 000 000 de ROL, que celui-ci encaissa le 17 mai 2002.
33. Le 19 février 2002, le tribunal de première instance de Paşcani rejeta une demande en référé présentée par la société débitrice, qui avait pour objet le sursis à l’exécution de la décision du 4 février 2002 (paragraphe 30 ci-dessus).
34. Au cours de l’année 2002, la société saisit le tribunal départemental d’Iaşi d’une opposition à l’exécution ayant comme objet l’annulation du procès-verbal du 11 février 2002.
35. Le 18 avril 2002, le tribunal départemental déclina sa compétence en faveur du tribunal de première instance de Paşcani.
36. Par un jugement du 11 mars 2003, le tribunal de première instance de Paşcani accueillit l’opposition à l’exécution et annula le procès-verbal du 11 février 2002. Le requérant forma un pourvoi en recours contre ce jugement. Le 11 novembre 2003, la Haute Cour de cassation et de justice (la nouvelle appellation de la Cour suprême de justice, « la Haute Cour ») renvoya l’affaire devant le tribunal départemental de Vrancea pour une bonne administration de la justice. Par un arrêt du 8 mars 2004, celui-ci fit droit au pourvoi en recours formé par le requérant et renvoya l’affaire devant le tribunal de première instance de Focşani pour un nouvel examen. Par un arrêt du 25 janvier 2005, la Haute Cour rejeta une demande de révision formée par la société débitrice contre cet arrêt.
37. Le 2 septembre 2004, l’huissier de justice dressa un procès-verbal d’exécution par lequel, après avoir déduit les montants perçus par le requérant, il procéda au calcul de la valeur réactualisée de sa créance, établissant un montant de 7 630 440 047 ROL à la charge de la société débitrice.
38. Il ressort d’un procès-verbal dressé le 18 mars 2005 par l’huissier de justice que la vente aux enchères d’un bien immobilier de la société débitrice en vue du recouvrement de la créance du requérant n’a pas abouti dans la mesure où l’administration fiscale avait également engagé une procédure en exécution forcée contre la société.
39. A la suite du renvoi du dossier devant le tribunal de première instance de Focşani en vue de l’examen de l’opposition (paragraphe 36 ci-dessus), une expertise comptable fut effectuée le 31 octobre 2004 en vue de la réactualisation du montant de l’indemnisation établie par le jugement du 12 septembre 1994 ainsi que de la détermination des sommes déjà acquittées par la débitrice dans l’exécution de ce jugement. Selon cette expertise, la somme totale versée par celle-ci au requérant était de 576 620 739 ROL et la somme restant à acquitter était de 67 695 486 197 ROL. Le 7 février 2005, la société débitrice contesta cette expertise.
40. Le 7 juillet 2005, une transaction authentifiée par le notaire public fut conclue entre d’un côté la société débitrice, et de l’autre le requérant et un autre créancier de la société. Aux termes de cette transaction, la société versait à ceux-ci une somme totale de 4 500 000 000 de ROL en vue de l’extinction de tous les litiges liés à l’exécution du jugement du 12 septembre 1994, et faisant l’objet des dossiers pendants devant les juridictions nationales et devant l’huissier de justice. Il ressort des affirmations du requérant, non contestées par le Gouvernement, que cette transaction prit également en compte les dossiers d’exécution ouverts à l’encontre du requérant en vue du recouvrement par la société des frais de justice établis par les arrêts du 21 juin 2002 et du 24 janvier 2003. La transaction mentionnait expressément : « à la suite de la conclusion et de l’exécution de la présente transaction, les parties déclarent n’avoir aucune autre prétention réciproque découlant du jugement [du 12 septembre1994] ». Le requérant reçut 2 500 000 000 de ROL à la suite de cette transaction.
41. Le 27 mars 2006 eurent lieu les débats devant le tribunal de première instance de Focşani. Le représentant de la société invita le tribunal à prendre note de ladite transaction. Le conseil du requérant précisa qu’il n’acceptait pas cette transaction et demanda au tribunal de rejeter l’opposition à l’exécution.
42. Par un jugement rendu le même jour, le tribunal de première instance de Focşani rejeta l’opposition à l’exécution comme étant restée sans objet en raison de la transaction susmentionnée.
43. Par une lettre du 27 août 2007 adressée au greffe, le requérant estima que la transaction du 7 juillet 2005 était profondément injuste dans la mesure où la somme indiquée était nettement inférieure à la valeur de sa créance, telle qu’elle ressortait de l’expertise comptable du 31 octobre 2004. Il nota avoir toutefois accepté la transaction afin d’éviter à exposer encore sa famille aux menaces « de la part de ceux qui avaient acheté les actions de S.C. Retrom S.A. » et afin d’empêcher la mise sous séquestre de ses biens en vue du recouvrement par la société débitrice des frais de justice accordés à celle-ci par les arrêts du 21 juin 2002 et du 24 janvier 2003.
5. Les procédures de saisie-attribution et d’exécution forcée immobilière
44. Se heurtant au refus de la société débitrice de lui verser l’indemnité établie par le jugement du 12 septembre 1994, le requérant entama plusieurs procédures de saisie-attribution afin de récupérer sa créance :
– une première procédure de saisie-attribution débuta en janvier 1995 et fut définitivement tranchée par un arrêt du 28 novembre 2001 de la cour d’appel d’Iaşi qui valida une saisie-attribution pour un montant total de 125 749 689 ROL en faveur de quatre créanciers de la société en question, dont le requérant ;
– à la suite d’une procédure d’exécution forcée immobilière entamée en 1997 par le requérant, le 12 janvier 2000, le tribunal de première instance de Paşcani ordonna la vente forcée d’un bien immobilier appartenant à la société débitrice moyennant un prix de 55 000 000 de ROL. Les pièces du dossier ne permettent pas de connaître la somme attribuée au requérant à la suite de cette vente ;
– la deuxième demande de saisie-attribution, formée par le requérant en 2000, fut tranchée par un jugement définitif du 21 juillet 2000 du tribunal de première instance de Paşcani qui valida la saisie-attribution demandée par le requérant et quatre autres créanciers de la société, pour un montant de 523 620 739 ROL, toutes créances confondues ;
– la troisième demande de saisie-attribution formée par le requérant en 2002 fut définitivement rejetée par un arrêt du 4 novembre 2004 de la cour d’appel d’Iaşi, qui jugea que la limite de la créance n’était pas certaine dans la mesure où le procès-verbal du 11 février 2002 portant sur sa réactualisation avait été annulé à la suite d’une opposition à l’exécution, par le jugement du 11 mars 2003 du tribunal de première instance de Paşcani (paragraphe 36 ci-dessus).
45. Il ressort des ordres de paiement dont les copies ont été versées au dossier par le requérant que, en vertu des saisies-attributions ordonnées à son profit, le 22 février, le 24 mai, le 8 juin, les 15, 22 et 30 octobre 2001, et le 25 mars et le 2 août 2002, il reçut un montant total de 473 620 739 ROL au titre de sa créance contre la société débitrice.
C. La procédure relative à la validité du brevet du requérant
46. En 1996, alors que l’exécution forcée de la décision du 12 septembre 1994 avait été entamée, la société débitrice contesta en justice la validité du brevet délivré au requérant le 31 mai 1984. Par un jugement du 14 février 1997, le tribunal départemental de Bucarest accueillit l’action et annula le brevet. Le requérant interjeta appel devant la cour d’appel de Bucarest. Le 4 juin 1999, la Cour suprême, sur une demande de la société, renvoya l’affaire devant la cour d’appel d’Iaşi. Cette dernière fit droit à l’appel et rejeta l’action par un arrêt du 24 mars 2000. Sur un recours de la société, par un arrêt définitif du 23 janvier 2001, la Cour suprême confirma la validité du brevet.
D. La seconde procédure portant sur le paiement des droits d’auteur
47. Le 23 mai 1995, le requérant assigna à nouveau en justice la société débitrice, alléguant que celle-ci avait continué à utiliser son invention même après la date à laquelle il avait introduit sa première action visant à l’octroi des droits d’auteur (la procédure A ci-dessus).
48. Par un jugement du 16 octobre 1995, le tribunal départemental d’Iaşi rejeta l’action, au motif que la partie défenderesse n’utilisait plus ladite invention et que le droit à l’action du requérant était prescrit.
49. Le 2 février 1996, la cour d’appel d’Iaşi cassa le jugement du tribunal départemental au motif qu’il avait retenu à tort la prescription et lui renvoya l’affaire.
50. Par un jugement du 16 décembre 1996, le tribunal départemental débouta le requérant de ses prétentions, considérant qu’il avait été intégralement indemnisé pour son invention.
51. Le requérant interjeta appel devant la cour d’appel.
52. Le 18 avril 1997, à la demande de la société débitrice, la cour d’appel suspendit l’examen de l’affaire au motif qu’une procédure tendant à l’annulation du brevet du requérant était pendante. Selon l’intéressé, la suspension a duré jusqu’au 23 avril 2001.
53. Par un arrêt du 14 mai 2001, la cour d’appel rejeta l’appel du requérant contre le jugement du 16 décembre 1996. Par un arrêt du 28 juin 2002, elle rejeta également son pourvoi en recours.
E. La procédure portant sur la réactualisation de la créance découlant du jugement du 12 septembre 1994
54. Le 12 avril 2000, le requérant saisit le tribunal départemental d’Iaşi d’une action contre la société débitrice en demandant la réactualisation de sa créance par rapport au taux de l’inflation calculé à partir du 12 septembre 1994, date du jugement. Selon lui, jusqu’à l’introduction de cette action, il n’avait reçu aucune partie de l’indemnisation établie par ce jugement.
55. Par un jugement du 18 septembre 2000, le tribunal rejeta l’action au motif qu’elle était prescrite. Il jugea que le requérant aurait dû introduire l’action dans un délai de trois ans à partir du moment où il pouvait se rendre compte du préjudice découlant du refus d’exécution opposé par la société débitrice, à savoir à partir de 1995, étant donné que cette décision était devenue définitive le 7 décembre 1994, lors de sa confirmation par la cour d’appel d’Iaşi. Le tribunal ordonna au requérant de verser à la partie défenderesse 4 000 000 de ROL pour frais de justice.
56. Le requérant interjeta appel au motif que sa demande de réactualisation n’était pas prescrite. Il exposa que, la société débitrice ayant contesté la validité du brevet d’invention et demandé la révision du jugement du 12 septembre 1994, il lui était dès lors impossible de saisir les juridictions d’une action en réactualisation de la créance en question avant sa confirmation en justice par le rejet de la demande de révision, soit le 27 mars 2001 (paragraphe 22 ci-dessus). De plus, la demande en réactualisation de la créance ayant un caractère accessoire à la créance principale, elle ne pouvait pas être prescrite aussi longtemps que la créance principale ne l’était pas.
57. Par un arrêt du 1er février 2002, la cour d’appel d’Iaşi rejeta l’appel, en insistant sur le fait que, dès le début de l’exécution forcée, le requérant avait connaissance du refus de la débitrice de se conformer au jugement en question. Dès lors, compte tenu également de l’inflation avérée pendant cette période, l’intéressé aurait dû introduire son action dans un délai de trois ans à partir du 7 décembre 1994. Par le même arrêt, la cour d’appel ordonna au requérant de verser à la société débitrice 223 000 000 ROL pour frais de justice. La cour d’appel retint à cet égard que « sans sous-estimer le travail du conseil de l’intimée, [la cour devait] prendre en compte le fait que l’affaire dont elle a[vait] été saisie a[vait] été tranchée sur le fondement d’une exception soulevée d’office concernant la prescription du droit à l’action. Dans ces circonstances, les honoraires pratiqués par l’avocat choisi, d’un montant de 852 124 525 ROL, [étaient] excessifs par rapport au problème de droit en discussion et par rapport aux honoraires minimaux établis par […] l’Union des avocats de Roumanie ».
58. Le requérant forma un pourvoi en recours, en insistant sur les arguments liés au caractère accessoire de sa demande de réactualisation par rapport à la créance principale. Il nota à cet égard que le 21 juillet 2000, lors de l’admission d’une saisie-attribution, la créance principale n’avait aucunement été considérée comme prescrite (paragraphe 44 ci-dessus) et que, de plus, la prescription était une sanction pour le manque de diligence du titulaire du droit en question, ce qui n’était pas son cas. Il critiqua également le montant excessif des frais de justice qu’il était obligé de rembourser à la société.
59. Par un arrêt du 24 janvier 2003, la Cour suprême rejeta le pourvoi en recours, confirmant ainsi l’arrêt contesté. Pour ce qui était du grief relatif aux frais de justice, la Cour suprême jugea que la cour d’appel avait examiné la demande « dans les conditions de la loi sur la profession d’avocat ».
60. Il ressort des affirmations du requérant, non contestées par le Gouvernement, que deux dossiers d’exécution forcée avaient été ouverts en 2005 contre lui en vue du recouvrement par la société des frais de justice établis à son bénéfice par l’arrêt du 21 juin 2002 (paragraphe 29 ci-dessus) et l’arrêt du 24 janvier 2003. Dans le cadre de ces dossiers, la société aurait demandé le séquestre des biens du requérant.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
A. La Constitution
61. Les dispositions pertinentes en l’espèce de la Constitution de 1991 se lisent ainsi :
Article 11 § 2
« Les traités ratifiés par le Parlement selon les voies légales font partie intégrante de l’ordre juridique interne. »
Article 20
« (1) Les dispositions constitutionnelles concernant les droits et libertés des citoyens seront interprétées et appliquées en conformité avec la Déclaration universelle des droits de l’homme et les pactes et autres traités auxquels la Roumanie est partie.
(2) En cas de contradiction entre les pactes et traités concernant les droits fondamentaux de l’homme auxquels la Roumanie est partie et les lois internes, les dispositions internationales prévalent. »
Article 21
« (1) Toute personne peut saisir les tribunaux en vue de la défense de ses droits, ses libertés et ses intérêts légitimes.
(2) Aucune loi ne peut empêcher l’exercice de ce droit. »
Article 133 § 2
« Le Conseil supérieur de la magistrature remplit le rôle de conseil disciplinaire des juges (…). »
62. La Constitution révisée le 31 octobre 2003 est ainsi rédigée dans ses parties pertinentes en l’espèce :
Article 20 § 2
« (2) En cas de contradiction entre les pactes et traités concernant les droits fondamentaux de l’homme auxquels la Roumanie est partie et les lois internes, les dispositions internationales prévalent, sauf si la Constitution ou les lois internes contiennent des dispositions plus favorables. »
Article 21 § 3
« Les parties ont droit à un procès équitable et à l’examen de leurs actions en justice dans un délai raisonnable. »
Article 133
« (2) Le Conseil supérieur de la magistrature remplit le rôle de tribunal (instanţă de judecată) (…) dans le domaine de la responsabilité disciplinaire des juges et des procureurs, en conformité avec la procédure établie par sa loi organique. (…)
(3) Les décisions du Conseil supérieur de la magistrature en matière disciplinaire peuvent être contestées devant la Haute Cour de cassation et de justice. »
B. Le code de procédure civile
63. Les dispositions du code de procédure civile et la jurisprudence interne pertinentes relatives à la non-exécution de décisions définitives et à la réactualisation des créances établies par un titre exécutoire sont décrites dans les affaires Virgil Ionescu c. Roumanie (no 53037/99, 28 juin 2005, §§ 31-37) et Topciov c. Roumanie ((déc.), no 17369/02, 15 juin 2006).
64. Avant la modification du code de procédure civile par l’ordonnance d’urgence du Gouvernement no 59 du 25 avril 2001, la réactualisation des créances, dans le cadre d’une procédure d’exécution forcée, pouvait être demandée uniquement par voie judiciaire. Par cette ordonnance d’urgence a été inséré dans le code de procédure civile l’article 3712 § 3, selon lequel la réactualisation est réalisée par l’huissier de justice.
65. L’article 3302 § 1 du code de procédure civile, avant son abrogation par l’ordonnance d’urgence du gouvernement no 58 du 25 juin 2003, prévoyait que le procureur général de Roumanie pouvait ordonner le sursis à l’exécution des décisions définitives avant l’introduction d’un « recours en annulation » (recurs în anulare). Par la décision no 73 du 4 juin 1996, publiée au Journal officiel du 22 octobre 1996, la Cour constitutionnelle de Roumanie a déclaré cette disposition inconstitutionnelle.
66. Selon l’article 282 § 2 du code de procédure civile, les décisions avant dire droit (încheieri premergătoare) ne sont soumises à l’appel qu’en même temps que la décision rendue au fond de l’affaire.
67. L’article 320 § 1 du code de procédure civile prévoit que les oppositions à l’exécution forcée doivent être examinées d’urgence et à titre prioritaire.
C. La loi no 92 du 4 août 1992 sur l’organisation judiciaire, telle que republiée le 30 septembre 1997 (la loi no 92/1992)
68. Le titre VII de la loi no 92/1992 porte sur la responsabilité disciplinaire des magistrats. Cette responsabilité est engagée en cas de manquement dans l’accomplissement de leurs fonctions (îndatoriri de serviciu) et de comportements pouvant nuire à l’intérêt du service ou au prestige de la justice. L’action disciplinaire contre les juges est engagée par le ministre de la Justice, lequel peut saisir le Conseil supérieur de la magistrature après avoir reçu les résultats d’une enquête préliminaire. Les sanctions disciplinaires sont l’avertissement, la diminution du salaire, le transfert temporaire dans un autre tribunal, la suspension temporaire du poste, le renvoi de la magistrature.
69. Ce titre a été abrogé par la loi no 303 du 28 juin 2004 sur le statut des magistrats.
D. La loi no 303 du 28 juin 2004 sur le statut des magistrats (la loi no 303/2004)
70. Selon l’article 95 de la loi no 303/2004, toute personne peut saisir le Conseil supérieur de la magistrature des cas relevant de l’activité ou du comportement inapproprié, du manquement aux obligations professionnelles ou de la commission d’une faute disciplinaire par un magistrat. Selon l’article 97 f) de la loi, est considéré comme faute disciplinaire le non-respect de manière répétée des dispositions légales relatives à l’examen des actions avec célérité. L’article 98 de la loi prévoit les sanctions disciplinaires, lesquelles sont similaires à celles inscrites dans la loi no 92/1992.
E. La loi no 304 du 28 juin 2004 sur l’organisation judiciaire (la loi no 304/2004)
71. Cette loi a abrogée la plupart des dispositions de la loi no 92/1992. Selon l’article 10 de la loi no 304/2004, toute personne a droit à un procès équitable et conduit dans un délai raisonnable.
F. Le jugement no 797 du 30 mars 2007 du tribunal départemental d’Iaşi
72. Le Gouvernement a présenté en annexe à ses observations le jugement no 797 du 30 mars 2007 du tribunal départemental d’Iaşi, rendu dans une procédure ayant comme objet l’obligation de l’Etat, représenté par le ministère des Finances, de verser à une certaine D.I.V. des dédommagements pour les préjudices matériels et moraux subis à raison de la durée excessive d’une procédure pénale engagée à son encontre. Le tribunal départemental a fait droit à l’action. Le jugement était ainsi rédigé dans ses parties pertinentes en l’espèce :
« Pour [la plaignante], l’erreur judiciaire dont elle a été victime ne consiste pas dans le fait d’avoir été injustement condamnée à titre définitif, ni dans sa privation de liberté, mais dans la durée excessive, injustifiée et déraisonnable des procédures pénales dont elle a fait l’objet en raison d’une confusion. Or, en vertu de l’article 1 de la Convention européenne des droits de l’homme, les Etats membres reconnaissent à toute personne relevant de leur juridiction les droits et les libertés définis dans le titre I de la Convention. Parmi ceux-ci, l’article 6 de la Convention garantit le droit à un procès équitable, une composante de ce concept étant le jugement dans un délai raisonnable, à apprécier en fonction de la complexité de l’affaire, du comportement des parties et de celui des autorités, ainsi que de l’importance pour les parties de l’enjeu de la procédure (Cour EDH, affaire Pierazzini c. Italie, 27.02.1992). Dans la perspective de la Convention, les retards provoqués par toute autorité sont de nature à entraîner un constat de violation de l’article 6 (Cour EDH, affaire Martins Moreira [c. Portugal], 26.10.1998), l’Etat étant tenu de remplir une obligation de résultat. Le but de cette garantie est de protéger les parties contre une durée excessive des procédures, d’assurer l’efficacité et la crédibilité de l’action de la justice, d’éviter le maintien de la personne accusée d’avoir commis une infraction dans un état d’incertitude quant à sa situation pour une période trop longue.
Ce sont justement ces garanties qui n’ont pas été respectées dans la procédure engagée contre la requérante.
Dans ces conditions, le tribunal retient que [la plaignante] se plaint à juste titre du retard excessif dans l’obtention d’une décision constatant son innocence et l’erreur qui s’était produite, compte tenu de ce que la vérification de l’identité de l’auteur l’emporte sur toutes autres vérifications, surtout dans la mesure où [la plaignante] a présenté tant devant les tribunaux que devant les autres autorités (le parquet) des données d’où ressortait le caractère évident de sa confusion avec une autre personne (…), éléments par rapport auxquels la durée des procédures (…) est déraisonnable.
Or, une fois retenues ces prémisses, à la lumière de la jurisprudence de la CEDH développée à partir de l’affaire Kudła c. Pologne (arrêt du 26 octobre 2000), selon laquelle les Etats parties à la Convention sont tenus de mettre à la disposition des justiciables une voie de recours au travers de laquelle ils peuvent faire valoir des griefs relatifs au dépassement de la durée raisonnable de la procédure, un tribunal investi d’un tel grief doit être compétent pour ordonner au moins l’octroi des dédommagements quand le grief est fondé.
[L]’article 13 de la Convention (…) est l’expression directe de l’obligation des Etats de protéger les droits de l’homme tout d’abord dans leur propre ordre juridique, ce qui constitue une garantie supplémentaire de la jouissance effective des droits. »
73. Il ne ressort pas des informations fournies par le Gouvernement que ce jugement, rendu en première instance, ait été confirmé au travers d’un pourvoi en recours.
III. LES TRAVAUX DE LA COMMISSION EUROPÉENNE POUR LA DÉMOCRATIE PAR LE DROIT (COMMISSION DE VENISE)
74. Lors de sa 69e session plénière (15-16 décembre 2006), la Commission de Venise a adopté une « Etude sur l’effectivité des recours internes en matière de durée excessive des procédures » (document CDL-AD(2006)036), dont les extraits pertinents en l’espèce sont les suivants :
« 59. De manière générale, la plupart des Etats membres du Conseil de l’Europe [à l’exception de l’Arménie, de l’Azerbaïdjan, de la Grèce, de la Roumanie et de la Turquie] disposent d’un moyen procédural permettant aux individus de porter plainte en cas de durée excessive d’une procédure.
65. Les recours ouverts en cas de durée supposée excessive des procédures peuvent être classés de différentes manières.
– Les recours préventifs ou d’accélération visent à raccourcir la durée des procédures afin d’éviter qu’elle ne devienne excessive, tandis que les recours en réparation fournissent aux individus une indemnisation pour les retards déjà occasionnés (que la procédure soit encore pendante ou qu’elle soit achevée).
– Les recours pécuniaires offrent une réparation financière pour le préjudice subi (matériel et/ou moral). Les recours non pécuniaires offrent une réparation morale (par exemple la reconnaissance de la violation ou l’allègement d’une peine).
– Certains recours sont ouverts à la fois pour les procédures pendantes et achevées, tandis que d’autres ne le sont que pour les procédures pendantes. En effet, lorsqu’une procédure est achevée, les recours d’accélération n’auraient évidemment aucune utilité, et le recours ne peut donc consister qu’en un dédommagement pour le préjudice subi du fait de la durée excessive de la procédure ou en une action disciplinaire contre l’autorité responsable de cette durée excessive.
– Certains recours peuvent être applicables à tous les types de procédures (civiles, administratives ou pénales), tandis que d’autres ne s’appliquent qu’aux procédures pénales.
142. De fait, la Cour précise qu’une combinaison des deux types de recours, l’un destiné à accélérer la procédure et l’autre à apporter une réparation, pourrait sembler constituer la meilleure solution.
147. Une action disciplinaire à l’encontre du juge ayant fait preuve de lenteur peut être assimilée à un recours effectif contre la durée des poursuites aux termes de l’article 13 de la Convention uniquement si elle a une « conséquence directe et immédiate sur la procédure qui a donné lieu à la plainte ». Il s’ensuit que l’action disciplinaire doit présenter un certain nombre de caractéristiques spécifiques. Si une plainte est déposée, l’organe de contrôle doit avoir pour obligation d’étudier la question avec le juge ayant fait preuve de lenteur. Le requérant doit être partie à la procédure. La décision, quelle qu’elle soit, ne doit pas avoir uniquement des effets sur la situation personnelle du juge en cause.
148. Quelle que soit la forme de la réparation, elle doit s’accompagner de la reconnaissance de la violation intervenue. De fait, la juridiction interne doit reconnaître que l’exigence d’une durée raisonnable n’a pas été satisfaite et qu’une mesure spécifique doit être prise dans le but de réparer le non-respect du « délai raisonnable », au sens de l’article 6 paragraphe 1 de la Convention. Cette reconnaissance doit exister « au moins en substance ».
151. L’article 13 n’exige pas qu’un recours spécifique soit prévu pour ce qui est de la durée excessive des procédures ; un recours constitutionnel ou juridique général, tel qu’une action en vue d’établir la responsabilité non contractuelle de l’Etat, peut suffire. Toutefois, une telle action doit présenter un caractère effectif tant sur le plan du droit que sur celui de la pratique.
152. En l’absence d’une base juridique spécifique, l’existence du recours et la portée de son application doivent être clairement énoncées et confirmées, ou complétées, par la pratique des organes compétents et/ou la jurisprudence appropriée.
153. Quelle que soit la mesure ordonnée par l’autorité compétente, le recours interne pour durée excessive ne répondra aux exigences de la Convention que s’il a acquis, en théorie et en pratique, la certitude juridique suffisante permettant au requérant de l’avoir utilisé au moment du dépôt d’une requête auprès de la Cour.
158. Il ne faut pas que les « recours contre les retards » prévus par le droit interne restent simplement théoriques : il doit exister une jurisprudence suffisante prouvant que l’exercice de ces recours peut réellement permettre d’accélérer la procédure ou d’obtenir une réparation adéquate.
159. En l’absence de jurisprudence spécifique, un recours peut être considéré comme « effectif » si le libellé de la loi en question indique sans équivoque qu’elle vise expressément à régler le problème de la durée excessive de procédures devant les juridictions internes. »
EN DROIT
I. SUR LES VIOLATIONS ALLÉGUÉES DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION ET DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1 À RAISON DE LA NON-EXÉCUTION DU JUGEMENT DU 12 SEPTEMBRE 1994
75. Le requérant allègue que la non-exécution du jugement définitif du 12 septembre 1994 constitue une violation de son droit d’accès à un tribunal. En particulier, il se plaint que, malgré les bénéfices incalculables que l’Etat roumain a tirés de l’exploitation de son invention dans l’industrie, il ait été empêché pendant une longue période de faire valoir ses droits reconnus par une décision de justice définitive. Il ajoute que la société débitrice a été privatisée en 2003 sans tenir compte de sa dette envers lui, ce qui a accentué les problèmes relatifs au règlement de cette dette.
Il estime également que l’impossibilité d’obtenir l’exécution du jugement du 12 septembre 1994 emporte violation de son droit au respect de ses biens.
Il invoque les articles 6 § 1 de la Convention et 1 du Protocole no 1, ainsi libellés dans leurs parties pertinentes en l’espèce :
Article 6 § 1 de la Convention
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…) par un tribunal (…) qui décidera (…) du bien-fondé de toute accusation en matière pénale dirigée contre elle. »
Article 1 du Protocole no 1
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
76. La Cour constate que ces griefs ne sont pas manifestement mal fondés au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs qu’ils ne se heurtent à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de les déclarer recevables.
B. Sur le fond
1. Les thèses des parties
a) Le Gouvernement
77. Le Gouvernement admet qu’il y a eu un retard dans l’exécution du jugement du 12 septembre 1994, mais il estime que ce retard était justifié par des conditions objectives. Il précise ainsi que la demande en révision du jugement formée par la société débitrice a déterminé un sursis à l’exécution jusqu’au 30 novembre 2001 et que, de surcroît, dans le cadre d’une opposition à l’exécution formée par la société, les juridictions ont également accordé le sursis à l’exécution. Il considère que, vu les nombreuses procédures engagées par les parties, il était nécessaire de surseoir à l’exécution du jugement en question pour éviter que l’issue de ces procédures influençât ladite exécution.
78. Il observe ensuite qu’à la suite des procédures de saisie-attribution engagées par le requérant celui-ci a obtenu le recouvrement de sa créance, même s’il n’a été que partiel, ce qui prouve que les autorités ont fait preuve de diligence en l’espèce.
79. De plus, le Gouvernement insiste sur le fait qu’en vertu de la transaction conclue entre la société et le requérant, tous les litiges relatifs à l’exécution du jugement susmentionné ont été éteints, y compris celui faisant l’objet du dossier examiné par le tribunal départemental de Vrancea, dans le cadre duquel une expertise avait calculé la valeur réactualisée de la créance du requérant. S’agissant d’une convention authentifiée devant le notaire public, la transaction ne saurait être contestée que par la voie de l’inscription en faux (înscriere în fals). En tout état de cause, selon le Gouvernement, les menaces alléguées par le requérant dans sa lettre du 27 août 2007 (paragraphe 43 ci-dessus) ne sauraient être retenues en l’absence de toute preuve pertinente, dans la mesure où la charge de la preuve incombe à la personne auteur d’une affirmation. Qui plus est, la transaction a été également signée par une autre personne qui était elle aussi créancière de la société.
80. Le Gouvernement conclut que la société débitrice a exécuté son obligation découlant du jugement du 12 septembre 1994.
b) Le requérant
81. Le requérant se plaint que les autorités nationales, qui avaient l’obligation de faire diligence en vue de l’exécution du jugement, n’aient fait que différer cette exécution pendant environ douze ans. Il estime à cet égard que l’opposition à l’exécution aurait dû être tranchée à titre prioritaire, ce qui n’a pas été le cas.
82. Concernant la transaction mentionnée par le Gouvernement, le requérant précise que, la société débitrice lui ayant payé 2 500 000 000 de ROL en 2005, il avait été privé de cette somme jusqu’à cette date. En tout état de cause, il estime que sa créance était nettement supérieure à la somme inscrite dans la transaction.
2. L’appréciation de la Cour
83. La Cour rappelle que l’exécution d’un jugement, de quelque juridiction que ce soit, doit être considérée comme faisant partie intégrante du « procès » au sens de l’article 6 de la Convention (Hornsby c. Grèce, 19 mars 1997, § 40, Recueil des arrêts et décisions 1997-II). Lorsque les autorités sont tenues d’agir en exécution d’une décision judiciaire et omettent de le faire, cette inertie engage la responsabilité de l’Etat sur le terrain de l’article 6 § 1 de la Convention (Scollo c. Italie, 28 septembre 1995, § 44, série A no 315-C).
84. En l’espèce, la Cour note que, par un jugement définitif du 12 septembre 1994, le tribunal départemental d’Iaşi a ordonné à une société par actions à capital public de payer au requérant 253 942 510 ROL assortis d’un taux d’intérêt annuel de 6 %. Ce jugement a fait naître dans le chef du requérant un « bien » au sens de l’article 1 du Protocole no 1.
85. Elle observe également qu’en vue de l’exécution de ce jugement le requérant a dû engager de nombreuses procédures, bien que la débitrice eût été une société à capital public jusqu’à sa privatisation en 2003. Or il n’est pas opportun de demander à un individu qui a obtenu une créance contre l’Etat à l’issue d’une procédure judiciaire de devoir par la suite engager la procédure d’exécution forcée afin d’obtenir satisfaction (Metaxas c. Grèce, no 8415/02, § 19, 27 mai 2004). Qui plus est, la société débitrice a fait l’objet d’une enquête de la cour des comptes pour avoir retiré une somme d’argent de son compte dans le but d’éviter une éventuelle exécution forcée (paragraphe 10 ci-dessus).
86. En tout état de cause, la Cour rappelle qu’elle a déjà considéré que l’omission des autorités de se conformer dans un délai raisonnable à une décision définitive pouvait entraîner une violation des articles 6 § 1 de la Convention et 1 du Protocole no 1 à la Convention, surtout quand l’obligation de faire exécuter la décision en cause appartient à une autorité administrative (voir, mutatis mutandis, parmi beaucoup d’autres, Metaxas précité, §§ 26 et 31, et Tacea c. Roumanie, no 746/02, §§ 27, 39 et 40, 29 septembre 2005).
87. En l’espèce, la Cour relève que l’exécution du jugement en question s’est heurtée à de nombreux sursis accordés tant par le procureur général de Roumanie en 1995 et 1996 (paragraphes 13 et 14 ci-dessus) que par les tribunaux saisis des oppositions à l’exécution formées par la société débitrice, des procédures parallèles ou des voies de recours extraordinaires. Ainsi, dans le cadre d’une procédure de révision du jugement en question, l’exécution a été suspendue entre le 20 mars 1997 et le 30 novembre 2001 (paragraphes 18 et 22 ci-dessus) dans l’attente du résultat définitif d’une autre procédure portant sur la validité du brevet d’invention du requérant ; elle a été également suspendue entre le 19 décembre 1996 et le 21 juin 2002 dans l’attente de l’issue définitive de l’opposition à l’exécution (paragraphes 25 et 29 ci-dessus).
88. Si la Cour a déjà jugé qu’un sursis à l’exécution d’une décision de justice pendant le temps strictement nécessaire à trouver une solution satisfaisante aux problèmes d’ordre public peut se justifier dans des circonstances exceptionnelles (Immobiliare Saffi c. Italie [GC], no 22774/93, § 69, CEDH 1999-V), elle estime que tel n’est pas le cas en l’espèce. A cet égard, elle note que les sursis accordés par le parquet n’étaient aucunement motivés, alors que ceux octroyés par les tribunaux pourraient passer pour des incidents procéduraux dilatoires, dans la mesure où les procédures parallèles et les voies de recours extraordinaires les justifiant avaient été finalement rejetées (les procédures B.2 et C ci-dessus). En tout état de cause, les sursis ainsi accordés ont retardé pour une période anormalement longue l’exécution du jugement du 12 septembre 1994.
89. La Cour trouve particulièrement frappant le fait que les premiers versements au profit du requérant n’ont été faits qu’au cours des années 2001 et 2002 (paragraphes 32 et 45 ci-dessus).
90. Elle note également que par une transaction du 7 juillet 2005, authentifiée par le notaire public, le requérant et la société débitrice ont convenu de considérer comme éteints tous les litiges relatifs à l’exécution du jugement en question et de ne plus avoir aucune prétention relative à ce jugement, en échange du paiement par la société débitrice d’une somme d’argent au requérant (paragraphe 40 ci-dessus). Bien que le requérant allègue avoir accepté cette transaction en raison de menaces auxquelles il aurait été soumis, la Cour ne décèle parmi les pièces du dossier aucun indice de nature à prouver ses allégations et à jeter ainsi un doute sur la validité de la transaction en question. Elle ne voit dès lors aucune raison de nature à l’empêcher de considérer que le jugement du 12 septembre 1994 a été exécuté le 7 juillet 2005.
91. Elle note cependant que l’exécution en question n’est survenue qu’environ onze ans après le jugement.
92. Après avoir examiné tous les éléments qui lui ont été soumis, la Cour considère que le Gouvernement n’a exposé aucun fait ni argument pouvant justifier un tel retard dans l’exécution.
93. Compte tenu de sa jurisprudence en la matière et des éléments concrets du dossier, la Cour estime qu’en l’espèce l’Etat, par le biais de ses organes spécialisés, n’a pas déployé tous les efforts nécessaires afin de faire exécuter avec célérité le jugement du 12 septembre 1994.
94. Partant, il y a eu violation des articles 6 § 1 de la Convention et 1 du Protocole no 1.
II. SUR LES VIOLATIONS ALLÉGUÉES DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION À RAISON DE LA DURÉE DES PROCÉDURES TRANCHÉES PAR LES ARRÊTS DU 21 JUIN ET DU 28 JUIN 2002
95. Le requérant se plaint de la durée de la procédure relative à l’opposition à l’exécution forcée formée par la société débitrice et tranchée définitivement par l’arrêt du 21 juin 2002 de la cour d’appel d’Iaşi. Il se plaint également de la durée excessive de la seconde procédure concernant ses droits d’auteur, finalisée par l’arrêt du 28 juin 2002 de la Cour suprême de justice. Il invoque l’article 6 § 1 de la Convention, ainsi libellé dans ses parties pertinentes en l’espèce :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) dans un délai raisonnable, par un tribunal (…) qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
96. La Cour note que la première des procédures visées par ce grief a débuté le 18 décembre 1996 et a pris fin le 21 juin 2002. Elle a donc duré cinq ans, six mois et trois jours. La seconde procédure a débuté le 23 mai 1995 et s’est achevée le 28 juin 2002. Elle a donc duré sept ans, un mois et sept jours.
A. Sur la recevabilité
97. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Les thèses des parties
a) Le Gouvernement
98. Le Gouvernement ne conteste pas que la procédure tranchée par l’arrêt du 21 juin 2002 ne revêtait pas une complexité particulière, mais il observe qu’elle a été suspendue en raison de l’introduction de deux autres procédures ayant une incidence sur le déroulement de la première : la demande en révision du jugement du 12 septembre 1994 et l’action portant sur la validité du brevet du requérant. De plus, il note que l’intéressé a fait usage des voies de recours contre le jugement avant dire droit du 19 décembre 1996, ce qui a entraîné plusieurs ajournements de l’affaire dans l’attente des résultats de ces voies de recours. Il considère qu’il n’y a pas eu de longues périodes d’inaction complète dans l’activité des autorités et que les audiences ont été fixées à des intervalles raisonnables. Il en conclut que les autorités ont fait preuve de diligence dans le traitement de l’affaire.
99. Le Gouvernement n’a pas présenté d’observations quant à la durée de la procédure tranchée par l’arrêt du 28 juin 2002.
b) Le requérant
100. Concernant la procédure tranchée par l’arrêt du 21 juin 2002, le requérant insiste sur le fait que les autorités ont suspendu l’examen de l’affaire pour une durée déraisonnable et sans aucune justification pertinente, alors qu’il détenait une créance à l’encontre de l’Etat. Il conteste dès lors l’affirmation du Gouvernement relative à l’absence de longues périodes d’inaction complète des autorités.
101. Le requérant note ensuite que le Gouvernement n’a fait aucun commentaire sur la procédure tranchée par l’arrêt du 28 juin 2002.
102. Il réitère que la durée des deux procédures a été excessive.
2. L’appréciation de la Cour
103. La Cour rappelle que le caractère raisonnable de la durée d’une procédure s’apprécie suivant les circonstances de la cause et eu égard aux critères consacrés par sa jurisprudence, en particulier la complexité de l’affaire, le comportement du requérant et celui des autorités compétentes ainsi que l’enjeu du litige pour les intéressés (voir, parmi d’autres, Frydlender c. France [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII).
104. En l’espèce, en ce qui concerne la première procédure, ayant comme objet une opposition à l’exécution forcée, la Cour relève tout d’abord que selon l’article 320 § 1 du code de procédure civile (paragraphe 67 ci-dessus), une telle demande aurait dû être examinée d’urgence et à titre prioritaire ; or la procédure en question a été suspendue le 23 mars 1998 dans l’attente du résultat définitif des procédures portant respectivement sur la révision du jugement du 12 septembre 1994 et l’annulation du brevet du requérant. Elle note également que les pièces du dossier ne permettent pas de connaître la date à laquelle l’examen de l’affaire a été repris. Toutefois, les deux procédures parallèles susmentionnées n’ayant été définitivement tranchées que le 23 janvier et le 30 novembre 2001 (paragraphes 22 et 46 ci-dessus), la Cour estime que la reprise de l’examen de l’opposition a vraisemblablement eu lieu entre le 30 novembre 2001 et le 25 février 2002, date des débats (paragraphe 27 ci-dessus). Dès lors, l’examen de l’opposition a été suspendu pour plus de trois ans et huit mois ; qui plus est, l’exécution forcée était elle-même suspendue depuis le 19 décembre 1996 jusqu’à l’issue définitive de l’opposition, solution qui avait déjà été différée (paragraphe 25 ci-dessus).
105. Pour autant que le Gouvernement entend soutenir que les deux procédures parallèles étaient de nature à influencer le déroulement de la procédure portant sur l’opposition à l’exécution, raison pour laquelle cette dernière a dû être suspendue, la Cour estime que les deux procédures engagées par la société débitrice ne visaient qu’à différer l’exécution. Par ailleurs, la Cour suprême a retenu dans son arrêt du 31 octobre 1997 que la procédure en révision avait été introduite dans le but évident d’empêcher l’exécution d’une décision irrévocable (paragraphe 20 ci-dessus).
106. En ce qui concerne la seconde procédure portant sur le paiement des droits d’auteur du requérant, la Cour observe que celle-ci a été suspendue entre le 18 avril 1997 et le 23 avril 2001, soit pendant environ cinq ans, dans l’attente de l’issue de la procédure relative à la validité du brevet d’invention du requérant (paragraphe 52 ci-dessus).
107. La Cour a traité à maintes reprises d’affaires soulevant des questions semblables à celle de la présente espèce, dans lesquelles elle a conclu à la violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
108. Après avoir examiné tous les éléments qui lui ont été soumis, elle considère que le Gouvernement n’a exposé aucun fait ni argument pouvant mener à une conclusion différente dans le cas présent. Compte tenu de sa jurisprudence en la matière, la Cour estime qu’en l’espèce la durée des procédures litigieuses est excessive et ne répond pas à l’exigence du « délai raisonnable ».
109. Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention en raison de la durée excessive des deux procédures.
III. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 13 DE LA CONVENTION
110. Le requérant se plaint de l’absence d’un recours effectif en droit roumain contre les décisions de sursis à l’exécution. Il se plaint également de l’absence d’un recours effectif au travers duquel il aurait pu soulever un grief fondé sur la durée excessive des deux procédures susmentionnées, en faisant valoir son impossibilité de réduire les longues périodes d’attente dans l’examen de ces procédures. Il invoque l’article 13 de la Convention, ainsi libellé :
« Toute personne dont les droits et libertés reconnus dans la (…) Convention ont été violés, a droit à l’octroi d’un recours effectif devant une instance nationale, alors même que la violation aurait été commise par des personnes agissant dans l’exercice de leurs fonctions officielles. »
A. Sur la recevabilité
111. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Les thèses des parties
a) Le Gouvernement
112. Le Gouvernement estime que le requérant pouvait saisir le Conseil supérieur de la magistrature d’une plainte relative à la durée de la procédure interne. Il ajoute qu’en vertu des lois no 92/1992 et no 303/2004, cette institution peut être saisie d’une plainte relative au non-respect par les magistrats d’une obligation légale leur incombant, à savoir celle de trancher avec célérité les affaires qui leur ont été attribuées, et que la méconnaissance d’une obligation inscrite dans le statut des magistrats peut entraîner la responsabilité disciplinaire de la personne concernée.
113. Il note ensuite qu’une telle possibilité figure parmi les remèdes examinés par la Commission de Venise dans son étude sur les voies de recours à utiliser pour l’obtention d’une réparation en cas de durée excessive des procédures. Il considère que le Conseil supérieur de la magistrature, étant formé de juges et de procureurs et exerçant des fonctions juridictionnelles dans la procédure disciplinaire, bénéficie des garanties de légalité et d’impartialité en raison de sa composition. Il considère en outre qu’il s’agit d’une instance nationale qui présente une efficacité quasi similaire à une instance judiciaire. L’article 13 de la Convention n’exigeant pas que « l’instance » soit une institution judiciaire, il estime que les exigences de cette disposition sont remplies en l’espèce.
114. Le Gouvernement relève ensuite que la Constitution roumaine accorde la prééminence aux traités en matière de droits de l’homme et permet l’application directe de la Convention européenne des droits de l’homme et de la jurisprudence de la Cour ; dès lors, selon le Gouvernement, il aurait été loisible au requérant de présenter directement devant les instances internes une action fondée sur la durée de la procédure. Il souligne à cet égard que les juridictions nationales font souvent appel à la jurisprudence de la Cour dans leurs décisions et que cet aspect enregistre une évolution continue, ce qui le conduit à la conclusion que, si elles avaient été saisies d’une telle action, elles l’auraient examinée.
115. Il présente à cet égard douze décisions judiciaires rendues entre 2004 et 2007 par le tribunal de première instance du troisième arrondissement de Bucarest, les tribunaux départementaux de Sibiu et d’Iaşi et les cours d’appel de Bucarest et de Timişoara. Parmi ces décisions, huit ont été prononcées en 2007, deux en 2004 et deux en 2005 ; par ailleurs, deux ont été rendues en dernier ressort, deux autres en appel et huit en première instance. Dans les motifs de leurs décisions, les juridictions nationales ont fait référence à certaines dispositions de la Convention ou à la jurisprudence de la Cour relatives notamment au droit de propriété et à l’exécution des décisions judiciaires. Il ne ressort pas des pièces et informations fournies par le Gouvernement que les décisions rendues en première instance ou en appel avaient été confirmées au travers des voies de recours.
116. Une seule décision parmi celles présentées par le Gouvernement visait le problème de la durée des procédures (paragraphe 72 ci-dessus).
b) Le requérant
117. Le requérant estime qu’il y a eu violation de l’article 13 de la Convention.
2. L’appréciation de la Cour
118. La Cour rappelle que l’article 13 de la Convention garantit l’existence en droit interne d’un recours permettant de se prévaloir des droits et libertés consacrés par la Convention. Cette disposition a donc pour conséquence d’exiger un recours interne permettant l’examen du contenu d’un « grief défendable » fondé sur la Convention et offrant le redressement approprié.
119. L’« effectivité » d’un « recours » au sens de l’article 13 ne dépend pas de la certitude d’une issue favorable pour le requérant. De même, l’« instance » mentionnée dans cette disposition n’a pas besoin d’être une institution judiciaire, mais alors ses pouvoirs et les garanties qu’elle présente entrent en ligne de compte dans l’appréciation de l’effectivité du recours s’exerçant devant elle. En outre, l’ensemble des recours offerts par le droit interne peut remplir les exigences de l’article 13, même si aucun d’eux n’y répond en entier à lui seul.
120. Il faut donc à chaque fois déterminer si les moyens dont les justiciables disposent en droit interne sont « effectifs » en ce sens qu’ils peuvent empêcher la survenance ou la continuation de la violation alléguée ou fournir à l’intéressé un redressement approprié pour toute violation s’étant déjà produite. Un recours est donc effectif dès qu’il permet soit de faire intervenir plus tôt la décision des juridictions saisies, soit de fournir au justiciable une réparation adéquate pour les retards déjà accusés (Kudła c. Pologne [GC], no 30210/96, §?

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