SECONDA SEZIONE
CAUSA ABDULAZİZ DANIŞ C. TURCHIA
( Richiesta no 23573/02)
SENTENZA
STRASBURGO
16 giugno 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Abdulaziz Danış c. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Nona Tsotsoria, Iþýl Karakaş, giudici,
e da Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 26 maggio 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 3573/02) diretta contro la Repubblica della Turchia e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. A. D. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 5 aprile 2002 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da M.S. T., avvocato a Diyarbakır. Il governo turco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente.
3. Il 22 gennaio 2008, la presidentessa della seconda sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
4. Il richiedente è nato nel 1956 e ha risieduto a Derik.
5. I lavori per la costruzione di un sbarramento da parte dell’amministrazione delle acque provocarono dei danni nel campo di cotone del richiedente.
6. Il 3 agosto 1992, il richiedente investì la pretura di un ricorso in determinazione delle prove. Lo stesso giorno, il tribunale ordinò la determinazione di due rapporti di perizia per la valutazione del danno materiale causato dall’amministrazione. Questi furono versati nella pratica nell’agosto 1992.
7. Sulla base del rapporto di perizia più favorevole, il 10 agosto 1992, il richiedente introdusse un’azione per danno-interessi dinnanzi alla corte d’appello di Derik.
8. Il 10 maggio 1993, il richiedente introdusse un secondo ricorso per danno-interessi sulla base degli stessi fatti. Richiese un importo supplementare di 371 400 000 lire turchi che non era oggetto del suo primo ricorso.
9. Questi procedimenti si chiusero con le decisioni di incompetenza ratione materiae. Il 28 settembre 1994, il richiedente chiese il rinvio delle pratiche dinnanzi al tribunale amministrativo di Diyarbakır.
10. Coi giudizi del 21 maggio 1998, il tribunale amministrativo diede guadagno di causa al richiedente e gli accordò gli importi richiesti.
11. Con le sentenze del 28 marzo 2001, notificate il 8 ottobre 2001, il Consiglio di stato confermò le decisioni della prima istanza.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 6 E 13 DELLA CONVENZIONE
12. Il richiedente adduce che la durata del procedimento ha ignorato il principio del “termine ragionevole” come previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto a affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
13. Il richiedente si lamenta del fatto che in Turchia non esista nessuna giurisdizione alla quale ci si possa rivolgere per lamentarsi della durata eccessiva del procedimento. Invoca l’articolo 13 della Convenzione che, nella sua parte pertinente, si legge come segue:
“Ogni persona i cui i diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa da persone agendo nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
A. Sull’ammissibilità
14. In primo luogo, il Governo eccepisce del non-esaurimento delle vie di ricorso interne. In secondo luogo, invita la Corte a respingere la richiesta per inosservanza del termine dei sei mesi in virtù dell’articolo 35 della Convenzione.
15. La Corte ricorda di avere già avuto l’occasione di constatare che l’ordine giuridico turco non offriva un ricorso effettivo che permettesse ai giudicabili di lamentarsi della durata di un procedimento (Tendik ed altri c. Turchia, no 23188/02, § 36, 22 dicembre 2005). Respinge l’eccezione del Governo.
16. La Corte constata che nello specifico, le decisioni interne definitive sono quelle del 28 marzo 2001, notificate il 8 ottobre 2001. Il richiedente ha introdotto la sua richiesta il 5 aprile 2002, cioè nei sei mesi dopo le decisioni interne definitive. Quindi, la Corte respinge l’eccezione del Governo.
17. La Corte stima, alla luce dei criteri che scaturiscono dalla sua giurisprudenza e tenuto conto dell’insieme degli elementi in suo possesso, che i motivi di appello del richiedente devono essere oggetto di un esame al merito. Constata, difatti, che non incontrano nessun motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararli ammissibili.
B. Sul merito
18. Il periodo da considerare è cominciato il 10 agosto 1992 e si è concluso il 28 marzo 2001. È durata dunque circa otto anni e sette mesi, per due gradi di giurisdizione,.
19. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevano delle questioni simili a quelle del caso di specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che le sono stati sottoposti, considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente.
20. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, la Corte stima che nello specifico la durata del procedimento non risponde all’esigenza del “termine ragionevole.”
21. La Corte ricorda che ha constatato una violazione dell’articolo 13 della Convenzione nella causa Tendik ed altri precitata in ragione della mancanza in dritto turco di un ricorso che avrebbe permesso agli interessati di ottenere la sanzione del diritto a vedere la loro causa sentita in un termine ragionevole, ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione. Niente giustifica scostarsi da questo ragionamento nella cornice della presente causa.
22. Quindi, la Corte stima che c’è stata violazione degli articoli 6 e 13 della Convenzione nello specifico.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
23. Il richiedente adduce una violazione del suo diritto al rispetto dei suoi beni in ragione dei danni che risultano dall’inondazione del suo campo di cotone. Nelle sue osservazioni del 5 settembre 2008, il richiedente aggiunge di avere subito dei danni in ragione dell’insufficienza degli interessi moratori accordati dal tribunale rispetto all’elevato tasso di inflazione in Turchia.
24. Tenuto conto dell’insieme degli elementi in suo possesso, e nella misura in cui è competente per conoscere delle affermazioni formulate, la Corte non ha rilevato nessuna apparenza di violazione dei diritti e delle libertà garantite dalla Convenzione o dai suoi Protocolli. Ne segue che questa parte della richiesta deve essere dichiarata inammissibile, in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
25. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
26. Il richiedente richiede 23 184 euro (EUR) a titolo dei suoi presunti danni materiali. Richiede 10 000 EUR per danno morale. Chiede 2 366 EUR per la parcella di avvocato. A titolo di giustificativo, fornisce un conteggio orario. Peraltro, prega la Corte di assegnare un importo per le altre spese sulla base degli elementi della pratica.
27. Il Governo contesta queste pretese.
28. La Corte non vede legame di causalità tra le violazioni constatate ed il danno materiale addotto, e respinge questa domanda. In compenso, stima che c’è luogo di concedere al richiedente 5 500 EUR per danno morale.
In quanto agli oneri e alle spese, secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte stima ragionevole accordare 700 EUR per oneri e spese.
Queste somme saranno abbinate ad interessi moratori pari ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea, aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dalla durata eccessiva del procedimento e dalla mancanza di vie di ricorso per fare valere questo motivo di appello ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione degli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 5 500 EUR (cinquemila cinque cento euro) per danno morale e 700 EUR (sette cento euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, da convertire in lire turche al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 16 giugno 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa