SECONDA SEZIONE
CAUSA ABATE C. ITALIA
(Richiesta no 7612/03)
SENTENZA
STRASBURGO
14 ottobre 2008
DEFINITIVO
14/01/2009
Questa sentenza può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Abate c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Antonella Mularoni, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Dragoljub Popović, András Sajó, Nona Tsotsoria, giudici,
e di Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 23 settembre 2008,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 7612/03) diretta contro la Repubblica italiana e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra M A. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 24 giugno 2000 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da S. d. N. d. M, avvocato a Benevento. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, i Sigg. I.M. Braguglia e R. Adamo e la Sig.ra E. Spatafora, ed i suoi coagenti, i Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 30 agosto 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1937 e ha risieduto a Pannarano (Benevento).
A. Il procedimento principale
5. Il 20 dicembre 1996, il richiedente depositò un ricorso dinnanzi al giudice di istanza di Benevento (RG no 6813/96) agente a titolo di giudice del lavoro, per ottenere la riconoscenza del suo diritto ad una pensione ordinaria di invalidità.
Il 20 gennaio 1997, il giudice di istanza fissò la prima udienza all’ 8 maggio 1998. Il 18 settembre 1998, il giudice nominò un perito e fissò il collocamento in deliberazione in camera del consiglio della causa al 7 maggio 1999. Questa udienza fu rinviata d’ufficio al 16 luglio 1999. Delle quattro udienze fissate tra il 21 gennaio 2000 ed il 16 febbraio 2001, una fu rinviata d’ufficio, due riguardavano una perizia ed una la presentazione delle conclusioni.
6. Con un giudizio dello stesso giorno il cui il testo fu depositato alla cancelleria il 1 marzo 2001, il giudice fece diritto all’istanza del richiedente.
B. Il procedimento “Pinto”
7. Il 3 ottobre 2001, il richiedente investì la corte di appello di Roma ai sensi della legge no 89 del 24 marzo 2001, detta “legge Pinto”, per lamentarsi della durata eccessiva del procedimento descritto sopra. Il richiedente chiese alla corte di dire che c’era stata una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e di condannare lo stato italiano al risarcimento dei danni morali subiti. Il richiedente chiese in particolare 30 000 000 lire italiane (ITL) [o 15 493,71 euro (EUR)] a titolo di danno morale.
8. Con una decisione del 14 marzo 2002 il cui il testo fu depositato alla cancelleria il 6 maggio 2002, la corte di appello constatò il superamento di una durata ragionevole. Accordò 1 000 EUR come risarcimento del danno morale e 900 EUR per oneri e spese. Questa decisione acquisì autorità di cosa giudicata al più tardi il 20 giugno 2003.
Con una lettera del 26 luglio 2002, il richiedente informò la Corte del risultato del procedimento nazionale e la pregò di riprendere l’esame della sua richiesta.
Con una lettera del 29 gennaio 2003, informò anche la Corte che non aveva intenzione di ricorrere in cassazione al motivo che questo rimedio poteva essere introdotto solamente per questioni di diritto.
9. Le somme accordate in esecuzione della decisione Pinto furono pagate il 12 settembre 2005.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
10. Il diritto e le pratica interna pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006 -…).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
11. Il richiedente adduce che la durata del procedimento abbia ignorato il principio del “termine ragionevole” come previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato,:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa venga sentita, in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
12. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
13. Dopo avere esaminato i fatti della causa e gli argomenti delle parti, la Corte stima che la correzione si è rivelata insufficiente e che il pagamento della somma “Pinto” si è rivelato tardivo (vedere, tra altre, Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007 e Cocchiarella c. Italia, precitata). Pertanto, il richiedente può sempre definirsi “vittima” ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
14. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e non incontra nessun altro motivo di inammissibilità.
B. Sul merito
15. In quanto alla durata del procedimento, la Corte stima che il periodo da considerare si estende dal 20 dicembre 1996, giorno dell’introduzione dell’istanza del richiedente dinnanzi al giudice di istanza di Benevento, fino al 1 marzo 2001, data del deposito alla cancelleria del giudizio di suddetto giudice. È durata dunque quattro anni e due mesi per un grado di giurisdizione.
16. La Corte nota anche che la somma concessa dalla giurisdizione “Pinto” è stata versata solamente il 12 settembre 2005, o quaranta mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello: questo pagamento ha superato dunque largamente i sei mesi a contare dal momento in cui la decisione di indennizzo diventò esecutiva. Il fatto che il procedimento “Pinto” esaminato nel suo insieme, ed in particolare nella sua fase di esecuzione, non ha fatto perdere al richiedente la sua qualità di “vittima” costituisce una circostanza aggravante in un contesto di violazione dell’articolo 6 § 1 per superamento del termine ragionevole. La Corte sarà portata dunque a ritornare su questa questione sotto l’angolo dall’articolo 41 (vedere Cocchiarella c. Italia, precitata, § 120).
17. Dopo avere esaminato i fatti alla luce delle informazione fornite dalle parti, e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, la durata del procedimento controverso sia eccessiva e non soddisfi l’esigenza del “termine ragionevole.”
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
18. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
19. Il richiedente richiede 6 925 euro (EUR) a titolo del danno morale che avrebbe subito.
20. Il Governo contesta queste pretese.
21. La Corte stima che avrebbe potuto accordare al richiedente, in mancanza di vie di ricorso interne e tenuto conto della posta della controversia, la somma di 6 000 EUR. Il fatto che la corte di appello di Roma abbia concesso al richiedente circa il 16% di questa somma arriva ad un risultato manifestamente irragionevole. Di conseguenza, avuto riguardo alle caratteristiche della via di ricorso “Pinto” ed al fatto che sia giunta però ad una constatazione di violazione, la Corte, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia (precitata, §§ 139-142 e 146) e deliberando in equità, assegna al richiedente 1 700 EUR a questo titolo così come 3 400 EUR a titolo della frustrazione supplementare derivante dal ritardo nel versamento dei 1 000 EUR, intervenuto solamente il 12 settembre 2005, o quaranta mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello.
B. Oneri e spese
22. Giustificativi in appoggio, il richiedente chiede anche 5 971 EUR per oneri e spese sostenuti dinnanzi alle giurisdizioni interne ed a Strasburgo.
23. Il Governo contesta queste pretese.
24. Secondo la giurisprudenza della Corte, il sussidio degli oneri e spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che vengano stabiliti la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (Can ed altri c. Turchia, no 29189/02, § 22, 24 gennaio 2008). In quanto agli oneri e spese sostenuti dinnanzi alle giurisdizioni “Pinto”, stimando ragionevole la somma assegnata dall’istanza interna, la Corte respinge questa richiesta. In quanto agli oneri e spese incorsi dinnanzi a lei, stima che nella cornice della preparazione della presente richiesta, certi oneri debbano essere stati impegnati. Quindi, deliberando in equità, la Corte giudica ragionevole concedere 1 000 EUR a questo titolo.
C. Interessi moratori
25. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 5 100 EUR (cinquemila e cento euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
ii. 1 000 EUR (mille euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per oneri e spese;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 14 ottobre 2008, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa