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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE 3A.CZ S.R.O. c. RÉPUBLIQUE TCHÈQUE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 06, P1-1
Numero: 21835/06/2011
Stato: Repubblica Ceca
Data: 2011-02-10 00:00:00
Organo: Sezione Quinta
Testo Originale

Conclusione Violazione dell’art. 6-1; parzialmente inammissibile; Danno patrimoniale – domanda respinta; Danno morale – constatazione di violazione sufficiente
QUINTA SEZIONE
CAUSA 3A.CZ S.R.O. C. REPUBBLICA CECA
( Richiesta no 21835/06)
SENTENZA
STRASBURGO
10 febbraio 2011
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa 3A.CZ s.r.o. c. Repubblica ceca,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, quinta sezione, riunendosi in una camera composta da:
Peer Lorenzen, presidente, Karel Jungwiert, Marco Villiger, Isabelle Berro-Lefèvre, Zdravka Kalaydjieva, Angelika Nußberger, Julia Laffranque, giudici,
e da Claudia Westerdiek, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 18 gennaio 2011,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 21835/06) diretta contro la Repubblica ceca e in cui una società a responsabilità limitata di diritto ceco, 3A.CZ s.r.o. (“la società richiedente”), ha investito la Corte il 9 maggio 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. La società richiedente è rappresentata da A. V., avvocato al foro ceco. Il governo ceco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. V. A. Schorm.
3. La società richiedente si lamenta di essersi vista ingiungere di pagare gli oneri del procedimento di esecuzione condotto contro il suo debitore e di non essersi vista comunicare per replica le osservazioni sottoposte alla Corte costituzionale da un’altra giurisdizione.
4. Il 31 agosto 2007, il presidente della quinta sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. La richiedente è una società a responsabilità di diritto ceco, avente la sua sede sociale a Praga.
6. Col giudizio dell’ 8 ottobre 2001, un anziano impiegato della società richiedente, P.Š, fu condannato per sottrazione di oggetti appartenenti a questa e si vide ingiungere di pagarle i danno-interessi.
7. Il 30 luglio 2002, la società richiedente investì il tribunale di distretto (Okresní soud) di Praga-est di un’istanza tesa all’esecuzione di suddetto giudizio, al motivo che P.Š. non aveva saldato la somma aggiudicata. Propose che l’esecuzione venisse effettuata da un ufficiale giudiziario secondo la legge no 120/2001 (qui di seguito “codice di esecuzione”).
8. L’ 11 ottobre 2002, il tribunale accolse l’istanza della società richiedente ed incaricò dell’esecuzione l’ufficiale giudiziario proposto da questa.
9. Con l’ordinanza di esecuzione del 20 gennaio 2004, l’ufficiale giudiziario decise di procedere alla vendita di tutti i beni mobili di P.Š.
10. Il 29 giugno 2004, l’ufficiale giudiziario fece sapere al tribunale che non era stato trovato nessun bene del debitore suscettibile di essere colpito dall’esecuzione. Propose quindi di pronunciare l’estinzione del procedimento di esecuzione in ragione dell’insolvenza di P.Š. e chiese, in virtù dell’articolo 89 del codice di esecuzione, che la società richiedente gli rimborsasse gli oneri di esecuzione.
11. Il 5 novembre 2004, il tribunale di distretto pronunciò l’estinzione del procedimento di esecuzione secondo gli articoli 55 del codice di esecuzione e 268 § 1 e) del codice di procedimento civile. Decise, in virtù degli articoli 52 e 89 del codice di esecuzione e 271 del codice di procedimento civile che P.Š. era tenuto a rimborsare gli oneri di esecuzione alla società richiedente e che questa doveva pagare la stessa somma, ossia 7 025 CZK, circa 285 EUR di cui 3 000 CZK, 122 EUR, come rimunerazione all’ufficiale giudiziario.
12. Il 7 dicembre 2004, la società richiedente fece appello sulla decisione sugli oneri di esecuzione, adducendo che lei stessa non era incorsa negli oneri che il debitore avrebbe dovuto rimborsarle secondo l’articolo 87 § 2 del codice di esecuzione. Sostenne in compenso che il debitore avrebbe dovuto pagare gli oneri di esecuzione incorsi dall’ufficiale giudiziario, in virtù dell’articolo 87 § 3.
13. Il 28 febbraio 2005, il tribunale regionale (Krajský soud) di Praga riformò la decisione del 5 novembre 2004 decidendo che nessuna delle parti aveva diritto al rimborso degli oneri incorsi dinnanzi al tribunale di prima istanza; confermò tuttavia la decisione secondo la quale spettava alla società richiedente rimborsare gli oneri di esecuzione all’ufficiale giudiziario. Il tribunale rilevò che ai termini dell’articolo 271 del codice di procedimento civile, quando c’era l’estinzione del procedimento di esecuzione, la decisione sugli oneri di questa era tributaria del motivo di questa estinzione. Bisognava esaminare dunque se l’estinzione dell’istanza era, del punto di vista procedurale, imputabile all’avente diritto. Su questo punto, il tribunale regionale rilevò che la società richiedente aveva scelto, tra due possibilità di esecuzione, quella garantita da un ufficiale giudiziario; doveva sapere dunque che l’ufficiale giudiziario, esercitando le sue funzioni come un libero professionista, aveva diritto ad una rimunerazione. Le spettava anche soppesare le probabilità reali del successo di questa esecuzione; ora, la sua ipotesi che il debitore nello specifico era solvibile si era rivelata erronea. Secondo il tribunale, visto che la società richiedente non aveva cercato di sapere, prima di chiedere l’esecuzione, se il debitore possedeva dei beni, non aveva fatto prova di sufficiente zelo. Dal momento che l’estinzione dell’istanza di esecuzione le era così imputabile, le toccava rimborsare all’ufficiale giudiziario gli oneri di questa.
14. Il 1 giugno 2005, la società richiedente attaccò la decisione del tribunale regionale con un ricorso costituzionale in cui invocava i suoi diritti ad un processo equo, alla protezione giudiziale ed al rispetto dei beni, e contestava un’interpretazione estrema ed arbitraria della nozione di imputabilità procedurale. Sostenne in particolare che non disponeva di nessun strumento giuridico che le permettesse di stabilire la situazione patrimoniale del debitore che non soggiornava all’indirizzo della sua residenza permanente. Secondo lei, la decisione sugli oneri di esecuzione non avrebbe dovuto servire a proteggere questo comportamento inaccettabile ed a sanzionare l’avente diritto che cerca di ricuperare il suo credito.
15. Prima di decidere, la Corte costituzionale (Ústavní soud) invitò il tribunale regionale così come P.Š. a pronunciarsi su suddetto ricorso. Nelle sue osservazioni tese a confutare le obiezioni della società richiedente, il tribunale regionale sviluppò la sua argomentazione concernente la responsabilità dell’avente diritto, il rischio che doveva assumersi e le difficoltà di ingiungere gli oneri al debitore la cui insolvenza aveva provocato l’estinzione dell’esecuzione. Queste osservazioni furono riassunte nella decisione della Corte costituzionale senza essere state mandate prima di tutto alla società richiedente per un commento.
16. Il 9 novembre 2005, la Corte costituzionale respinse il ricorso della società richiedente registrata sotto il no II. ÚS 313/05 per difetto manifesto di fondamento. Si riferì alla sua sentenza no II. ÚS 372/04 dell’ 8 agosto 2005, relativa ad una causa in cui i tribunali avevano rifiutato all’ufficiale giudiziario il diritto al rimborso degli oneri di esecuzione. Aveva rilevato in questa sentenza che, a causa della posizione specifica dell’ufficiale giudiziario che aveva il dovere di essere imparziale ed indipendente nell’esercizio delle competenze che lo stato gli aveva delegato, questo doveva ricevere una rimunerazione; non era possibile non rimborsargli i suoi oneri (comprendenti la rimunerazione) invocando una mancanza di imputabilità procedurale, dunque. Questi oneri dovevano essere pagati dunque o dal debitore, o, se il tribunale avesse concluso all’esistenza di motivi che giustificavano di non ingiungere questo obbligo a questo ultimo, dall’avente diritto. Incombeva sull’avente diritto soppesare questo rischio, tenuto conto delle possibilità del debitore, all’epoca dell’introduzione dell’istanza di esecuzione. Nello specifico, la decisione sugli oneri di giustizia era debitamente motivata e conforme alla Costituzione, per il fatto che il tribunale aveva garantito la rimunerazione dell’ufficiale giudiziario senza superare i limiti previsti dal codice di esecuzione. La Corte costituzionale stimò anche che gli oneri incorsi dalla società richiedente, ossia gli oneri dell’ufficiale giudiziario, non potevano essere considerati come essendo stati impegnati ragionevolmente e dunque rimborsabili dal debitore, ai sensi dell’articolo 87 § 2 del codice di esecuzione, perché non sottoscrisse il parere della società richiedente che arguiva di non disporre di mezzi che le permettessero di stabilire la situazione patrimoniale di P.Š. Rilevò su questo punto che il codice di procedimento civile permetteva al creditore di chiedere al tribunale di raccogliere le informazione necessarie circa il debitore o di invitarlo a fare una dichiarazione sulla sua situazione patrimoniale. Ora, la richiedente non si era avvalsa di questa possibilità.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
A. Codice di esecuzione (legge no 120/2001 nella sua versione in vigore al momento dei fatti)
17. Secondo l’articolo 52 § 1, le disposizioni del codice di procedimento civile sono applicabili al procedimento di esecuzione ai sensi di questa legge salvo se questa dispone diversamente.
18. Risulta dall’articolo 55 § 1 che non spetta all’ufficiale giudiziario, ma al tribunale, decidere l’estinzione del procedimento di esecuzione.
19. In virtù dell’articolo 87 § 2, l’avente diritto, ha il diritto di farsi rimborsare gli oneri impegnati ragionevolmente in vista della realizzazione della sua pretesa. Questi oneri sono pagabili dal debitore.
20. L’articolo 87 § 3 dispone che è il debitore che rimborsa all’ufficiale giudiziario i suoi oneri di esecuzione.
21. Ai termini dell’articolo 89 come formulato fino al 31 dicembre 2007, quando c’è stata l’estinzione del procedimento di esecuzione, il tribunale poteva ingiungere all’avente diritto di rimborsare gli oneri di esecuzione.
Dal 1 gennaio 2008, questa disposizione precisa che in caso di estinzione del procedimento di esecuzione, gli oneri dell’esecuzione e delle parti devono essere pagati da quella a cui questa estinzione è imputabile. Quando l’estinzione è stata pronunciata ragionevolmente in ragione dell’insolvenza del debitore, gli oneri forfetari o gli oneri impegnati devono essere rimborsati all’ufficiale giudiziario dall’avente diritto. A contare dal 1 novembre 2009, l’articolo 89 aggiunge in fine che, per il caso di estinzione del procedimento di esecuzione in ragione dell’insolvenza del debitore, l’avente diritto e l’ufficiale giudiziario possono ragionevolmente convenire in anticipo dell’importo degli oneri impegnati.
B. Codice di procedimento civile (legge no 99/1963)
22. Ai termini dell’articolo 268 § 1 e, il tribunale pronuncia l’estinzione del procedimento di esecuzione se lo svolgimento di questa lascia apparire che il rendimento ottenuto non sarà sufficiente nemmeno a coprire gli oneri di esecuzione.
23. L’articolo 271 dispone che se c’è l’estinzione del procedimento di esecuzione, il tribunale delibera sugli oneri di esecuzione incorsi dalle parti in funzione del motivo per cui questa estinzione è stata pronunciata.
C. Prativa interna
1. Decisioni dei tribunali inferiori citate dalla società richiedente
24. La società richiedente menziona la decisione no 39 Co 339/2004 adottata dal tribunale municipale (Městský soud) il 30 settembre 2004 secondo la quale il fatto che l’avente diritto ha optato per un’esecuzione tramite l’ufficiale giudiziario che è restata senza risultato non costituisce un motivo per ingiungerle di pagare gli oneri di esecuzione secondo l’articolo 89 del codice di esecuzione.
25. Sottopone anche alla Corte la decisione no Nc 12066/2004 resa il 31 maggio 2006 dal tribunale di distretto (Obvodní soud) di Praga 3 in una causa che l’opponeva ad un altro debitore la cui insolvenza aveva provocato anche l’estinzione dell’esecuzione. Con questa decisione, è il debitore che si è visto ingiungere di rimborsare gli oneri di esecuzione all’ufficiale giudiziario, in virtù dell’articolo 271 del codice di procedimento civile. Il tribunale si è riferito, tra l’altro, al parere della Corte suprema così come alle decisioni della Corte costituzionale del 14 aprile e dell’ 11 maggio 2006 (vedere paragrafi sotto 30 e 31). Secondo lui, non era possibile concludere nello specifico ad un imputabilità procedurale dell’avente diritto perché questo aveva sempre il diritto di chiedere il recupero del suo credito tramite l’esecuzione prevista dal codice di esecuzione. Il fatto che l’ufficiale giudiziario non ha ottenuto un rendimento sufficiente per coprire gli oneri di esecuzione non poteva essere imputabile all’avente diritto. Dal momento che non si poteva rimproverare all’avente diritto la mancanza dello zelo necessario, gli oneri dovevano essere pagati dal debitore. Tale decisione costituiva un nuovo titolo di esecuzione a profitto dell’ufficiale giudiziario, sapendo che la situazione patrimoniale del debitore poteva cambiare nel futuro in modo da permettere di soddisfare questo credito.
2. Parere della Corte suprema
26. Secondo il parere della Corte suprema relativa all’interpretazione della legge no 120/2001 (no Cpjn 200/2005) l’avente diritto, può vedersi ingiungere di rimborsare gli oneri di esecuzione in caso di estinzione del procedimento (articolo 89 del codice di esecuzione) purché sia, dal punto di vista dei principi enunciati all’articolo 271 del codice di procedimento civile, la persona tenuta al rimborso di questi oneri. Ora, se l’estinzione dell’esecuzione al motivo che non è stato trovato nessun bene suscettibile di essere colpito dall’esecuzione a casa il debitore (articolo 268 § 1 e) del codice di procedimento civile) non è imputabile all’avente diritto, non è possibile ingiungere a questo ultimo di rimborsare gli oneri di esecuzione; in tal caso, è il debitore che è tenuto a rimborsarli all’ufficiale giudiziario. C’è luogo di decidere solamente secondo l’articolo 89 del codice di esecuzione nei casi in cui ciò si giustifica con l’imputabilità procedurale, in particolare la negligenza, dell’avente diritto. Non si potrebbe aderire alle decisioni dunque, rese frequentemente nella cornice dell’estinzione del procedimento in ragione dell’insolvenza del debitore ai sensi dell’articolo 268 § 1 e) del codice di procedimento civile che ingiunge di rimborsare gli oneri di esecuzione all’avente diritto ed infliggono allo stesso tempo lo stesso obbligo a favore dell’avente diritto al debitore. Se il risultato del procedimento, ossia la mancanza di beni del debitore suscettibile di essere colpiti dall’esecuzione, non è imputabile all’avente diritto, questo ultimo non può vedersi ingiungere di rimborsare gli oneri di procedimento perché, avuto riguardo all’articolo 271 del codice di procedimento civile, l’articolo 89 del codice di esecuzione non si applicherà. Ci sarà luogo dunque di applicare l’articolo87 § 3 del codice di esecuzione e di ingiungere il pagamento degli oneri di esecuzione al debitore, nonostante questo sia stato considerato insolvibile nel procedimento di esecuzione.
3. Giurisprudenza della Corte costituzionale
27. Con la sentenza no I. ÚS 350/04 datata 15 settembre 2004, la Corte costituzionale ha annullato la decisione di una giurisdizione di appello che ha inflitto agli interessati l’obbligo di rimborsare gli oneri incorsi dall’altra parte in un procedimento riguardante la loro istanza di esecuzione che è stata respinta a ragione dei vizi della decisione giudiziale da eseguire. Ha notato che la decisione sul rimborso degli oneri di procedimento non poteva essere considerata come un attrezzo punitivo teso a sanzionare una parte al procedimento per avere realizzato i suoi diritti, tanto più se questa parte è stata guidata dalla presunzione bona fide che la decisione giudiziale che gli accordava questi diritti era corretta, eseguibile.
28. Con le decisioni no II. ÚS 150/04 datata 31 agosto 2004 e no III. ÚS 118/05 datata 29 giugno 2005, la Corte costituzionale ha respinto per difetto manifesto di fondamento il ricorso introdotto dagli ufficiali giudiziari di giustizia che contestavano le decisioni, rese in virtù degli articoli 87 e 89 del codice di esecuzione con cui l’obbligo di rimborsare loro gli oneri di esecuzione era stato inflitto al debitore. La corte ha rilevato che l’ufficiale giudiziario esercitava la sua attività in quanto imprenditore secondo il codice del commercio, cioè con un certo rischio. Così, aveva diritto ad una rimunerazione in caso di successo dell’esecuzione ma correva anche il rischio che i beni del debitore non bastassero al rimborso degli oneri di esecuzione. La Corte costituzionale ha considerato dunque che, senza giustificazione, questo rischio non poteva essere trasferito all’avente diritto.
29. Nelle decisioni no II. ÚS 372/04 dell’ 8 agosto 2005 (vedere anche paragrafo 16 sopra) e no I. ÚS 290/05 del 23 febbraio 2006, la Corte costituzionale ha sottolineato che non era possibile non rimborsare gli oneri in cui era incorso all’ufficiale giudiziario e che questi dovevano essere pagati o dal debitore o dall’avente diritto.
30. Con la decisione no III. ÚS 282/06 datata 14 aprile 2006, la Corte costituzionale ha respinto per difetto manifesto di fondamento il ricorso introdotto da un ufficiale giudiziario che contestava la decisione sull’estinzione dell’esecuzione per insolvenza del debitore in virtù della quale questo ultimo doveva rimborsargli gli oneri di esecuzione. La corte ha di sottolineato prima la differenza tra i casi, analoghi a quello nello specifico, dove la richiesta dell’ufficiale giudiziario di vedersi rimborsare gli oneri di esecuzione era stata accolta e questo obbligo imposto al debitore, sebbene insolvibile, ed i casi in cui era stato deciso che l’ufficiale giudiziario non aveva dritto al rimborso di detti oneri ( sentenza no II. ÚS 372/04 dell’ 8 agosto 2005). Difatti, l’insolvenza del debitore non equivaleva al rifiuto di rimborsare gli oneri all’ufficiale giudiziario, tanto più che l’avente diritto poteva essere anche insolvibile e che un debitore insolvibile in un certo momento poteva diventare solvibile più tardi. Secondo la corte, gli articoli 87-89 del codice di esecuzione così come l’articolo 271 del codice di procedimento civile partivano dal principio che l’avente diritto la cui istanza di esecuzione era stata accolta doveva essere considerato come se avesse avuto guadagno di causa; peraltro, la posizione dell’ufficiale giudiziario era in questo caso analoga all’avente diritto, perché l’articolo 87 § 3 del codice di esecuzione ingiungeva al debitore di rimborsargli gli oneri di esecuzione. Per ciò che riguarda le situazioni di estinzione dell’esecuzione, non risultava all’epoca dell’articolo 89 del codice di esecuzione né l’obbligo di ingiungere il rimborso degli oneri all’avente diritto, né i criteri secondo cui il tribunale doveva decidere sugli oneri; questi criteri difatti erano enunciati nell’articolo 271 del codice di procedimento civile. La Corte costituzionale ha rilevato che la mancanza dei beni suscettibili di essere colpiti dall’esecuzione provocava abitualmente, e logicamente, l’obbligo per il debitore di rimborsare gli oneri, eccetto in situazioni in cui l’avente diritto non aveva rispettato le esigenze di prudenza e di zelo ed aveva chiesto l’esecuzione benché avesse avuto a sua disposizione le informazioni che gli permettono di contemplare tale risultato. La corte ha ricordato infine che la legge permetteva all’ufficiale giudiziario di fare fronte a questo rischio patrimoniale autorizzandolo a chiedere un anticipo sugli oneri e, se tale anticipo non era stato versato, di negare di eseguire l’atto chiesto o di chiedere al tribunale di pronunciare l’estinzione dell’esecuzione.
31. In una causa analoga decisa il 11 maggio 2006 con la decisione no III. ÚS 283/06, la Corte costituzionale ha rilevato in particolare che non risultava dalla pratica (e neanche il querelante l’affermava) che l’avente diritto sapeva prima di chiedere l’esecuzione che il suo credito non era recuperabile. Quindi, non era possibile constatare che l’estinzione del procedimento di esecuzione era imputabile all’avente diritto e, di conseguenza, il pagamento degli oneri di esecuzione poteva essere inflitto al debitore.
32. Il 12 settembre 2006, il plénum della Corte costituzionale ha adottato un parere (Pl. ÚS-st. 23/06) mirando ad unificare la sua giurisprudenza in cui giudicò conforme alla Costituzione il ragionamento enunciato nella decisione no III. ÚS 282/06 (vedere sopra paragrafo 30). Secondo il plénum, non è contrario ai diritti alla protezione giudiziale ed al rispetto dei beni se il tribunale decide, in caso di estinzione dell’esecuzione per insolvenza del debitore e quando non c’è nessuna imputabilità procedurale dell’avente diritto, di ingiungere di rimborsare gli oneri dell’ufficiale giudiziario al debitore. L’articolo 89 del codice di esecuzione riguarda esplicitamente la relazione procedurale tra gli ufficiali giudiziari e l’avente diritto, essendo regolata la relazione tra gli ufficiali giudiziari ed il debitore dall’articolo 87 § 3 di suddetto codice, mentre l’articolo 271 del codice di procedimento civile enuncia i criteri per decidere degli oneri di esecuzione in caso di estinzione. Quando, alla luce di questi criteri, l’obbligo di rimborsare gli oneri incorsi dalla’avente diritto incombe sul debitore, è il debitore che deve pagare anche gli oneri di esecuzione all’ufficiale giudiziario; se l’obbligo di rimborsare gli oneri dell’altra parte incombe secondo l’articolo 271 del codice di procedimento civile su l’avente diritto, questo sarà tenuto anche a saldare gli oneri dell’ufficiale giudiziario ai sensi dell’articolo 89 del codice di esecuzione. A questo riguardo, importa esaminare quale è stato il motivo dell’estinzione dell’esecuzione, sapendo che l’indigenza del debitore non costituisce un criterio per decidere chi sarà tenuto a rimborsare gli oneri dell’ufficiale giudiziario. Infliggere il pagamento degli oneri dell’ufficiale giudiziario al debitore, sebbene insolvibile, non equivale ad un rifiuto di rimborsare questi oneri che sarebbe contrario al diritto di proprietà. In più, se ance l’avente diritto può non essere solvibile ed un debitore insolvibile in un certo momento può diventare solvibile più tardi. Peraltro, il procedimento di esecuzione non attesta con certezza l’insolvenza totale del debitore; tale conclusione può essere fatta solo in un procedimento di fallimento. Un’eccezione esiste però secondo la Corte costituzionale: se l’avente diritto non ha rispettato le esigenze di prudenza e di ponderatezza necessarie e se ha chiesto l’esecuzione pure avendo a sua disposizione delle informazione che permettevano di contemplare l’indigenza del debitore, l’estinzione dell’esecuzione può essere imputatagli e può vedersi ingiungere di rimborsare gli oneri del debitore così come quelli dell’ufficiale giudiziario.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE NEL PROCEDIMENTO DINNANZI ALLA CORTE COSTITUZIONALE
33. La società richiedente si lamenta che la Corte costituzionale non le ha comunicato le osservazioni di un’altra parte al procedimento dinnanzi a lei, ossia il tribunale regionale, e che è stata privata della possibilità di reagire dunque. Invoca a questo riguardo l’articolo 6 § 1 della Convenzione la cui parte pertinente dispone come segue:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Sull’ammissibilità
34. La Corte deve da prima distinguere il presente caso dalla causa Holub c. Repubblica ceca ( (dec.) no 24880/05, 14 dicembre 2010) nella quale un motivo di appello analogo è stato dichiarato inammissibile al motivo che il richiedente non aveva subito un danno importante ai sensi dell’articolo 35 § 3 b) della Convenzione come emendato dal Protocollo no 14 entrato in vigore il 1 giugno 2010. La differenza risiede secondo la Corte nel fatto che, nello specifico, il tribunale regionale non si è limitato, nelle sue osservazioni presentate alla Corte costituzionale a proposito del ricorso introdotto dalla società richiedente, a rinviare alla sua decisione del 28 febbraio 2005. Il tribunale regionale vi ha sviluppato al contrario, piuttosto la sua argomentazione, fornendo così una motivazione addizionale rispetto alla sua decisione iniziale (vedere sopra paragrafo 15). Non può essere escluso dunque che suddette osservazioni contenevano degli elementi sconosciuti della società richiedente ai quali questa poteva desiderare legittimamente di reagire, tanto più che si trattava di esaminare una questione che dà in pratica luogo d opinioni un po’ divergenti. Non si potrebbe allontanare neanche la possibilità che questi elementi abbiano pesato nella decisione adottata nello specifico dalla Corte costituzionale. In queste condizioni, la Corte potrebbe concludere che la società richiedente non abbia subito un “danno importante” nell’esercizio del suo diritto di partecipare in modo adeguato al procedimento dinnanzi alla Corte costituzionale. Il presente motivo di appello non può essere dichiarato inammissibile in virtù dell’articolo 35 § 3 b) della Convenzione, dunque.
35. La Corte constata inoltre che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 a) della Convenzione e che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
36. La società richiedente non ha presentato osservazioni su questo punto.
37. Riferendosi alle sentenze Milatová ed altri c. Repubblica ceca (no 61811/00, CEDH 2005-V) e Mareš c. Repubblica ceca (no 1414/03, 26 ottobre 2006,) il Governo si rimette alla saggezza della Corte.
38. La Corte ricorda che la nozione di processo equo comprende il diritto ad un processo contraddittorio che implica il diritto per le parti di fare conoscere gli elementi che sono necessari al successo delle loro pretese, ma anche di prendere cognizione di ogni documento od osservazione presentati al giudice in vista di influenzare la sua decisione, e di discuterli (vedere, tra molte altre, Nideröst-Huber c. Svizzera, sentenza del 18 febbraio 1997, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-I, § 24; Krčmář ed altri c. Repubblica ceca, no 35376/97, § 40, 3 marzo 2000).
39. Nello specifico, come la Corte ha già detto sopra (vedere paragrafo 34), le osservazioni che il tribunale regionale ha presentato alla Corte costituzionale contenevano certi elementi addizionali rispetto alla sua decisione del 28 febbraio 2005 contro la quale la società richiedente era ricorsa. In queste condizioni, non è possibile concludere che queste osservazioni erano superflue o che non avevano nessuna incidenza sulla decisione della giurisdizione costituzionale. Pertanto, la Corte stima che il rispetto del diritto ad un processo equo, in particolare preso sotto l’angolo del rispetto del principio del contraddittorio, esigeva che la società richiedente avesse la possibilità di sottoporre i suoi commenti alle osservazioni del tribunale regionale o, perlomeno, che ne venisse informata per decidere, all’occorrenza, di rispondere (vedere, mutatis mutandis, Asnar c. Francia (no 2), no 12316/04, § 28, 18 ottobre 2007). Ora, questa facoltà non le è stata data.
40. C’è stata dunque violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione su questo punto.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE ALLO SGUARDO DELLA DECISIONE SUGLI ONERI DI ESECUZIONE
41. Sul terreno dell’articolo 6 § 1, la società richiedente si lamenta inoltre di essersi vista ingiungere di pagare gli oneri del procedimento di esecuzione, mentre tale obbligo non ha secondo lei alcun appoggio nella legge.
42. Il Governo si oppone a questa tesi, rilevando che il motivo di appello riguarda l’interpretazione e l’applicazione del diritto interno da parte delle autorità nazionali che, in mancanza di arbitrarietà, sfuggono alla competenza della Corte. Nello specifico, i tribunali nazionali si sono concessi all’interpretazione di una legislazione la cui applicazione in pratica era relativamente recente e, nella misura in cui le loro conclusioni non possono essere qualificate arbitrarie, la Corte non dovrebbe metterle in causa.
43. In quanto alle divergenze di giurisprudenza denunciate dalla società richiedente, il Governo nota che esiste in ogni ordine giuridico delle norme la cui interpretazione solleva delle controversie e si stabilizza solamente dopo un certo tempo. Tale è stato secondo lui il caso nello specifico per il fatto che la giurisprudenza dei tribunali cechi sulla questione degli oneri di esecuzione ha conosciuto un’evoluzione dinamica. Secondo il Governo, l’articolo 6 § 1 della Convenzione non esige però la revoca delle decisioni fondate su un’opinione giuridica superata.
44. Da parte sua, la società richiedente osserva che la decisioni che l’obbligavano a saldare gli oneri di esecuzione sono state rese il 5 novembre 2004 ed il 28 febbraio 2005, o più di tre anni dopo che il codice di esecuzione è entrato in vigore. Secondo lei, i tribunali hanno disposto dunque di sufficiente tempo per giungere ad un’interpretazione conforme alla Costituzione e rispettosa del diritto ad un processo equo. Riferendosi tra l’altro alla sentenza del tribunale municipale di Praga no 39 Co 339/2004 (vedere sopra paragrafo 24) ed alla sentenza della Corte costituzionale no I. ÚS 350/04 (vedere sopra paragrafo 27), la società richiedente sottolinea che una parte non può essere sanzionata, tramite decisione sugli oneri di procedimento, per avere cercato di realizzare i suoi diritti avendo ricorso ad un ufficiale giudiziario.
45. Secondo la società richiedente, un Stato di diritto si distingue da altri per la prevedibilità delle decisioni giudiziali; i principi dell’uguaglianza delle parti e della sicurezza giuridica esigono difatti che i tribunali decidano allo stesso modo cause che sono simili sul piano dei fatti e del diritto. Ora, nello specifico, la Corte costituzionale si sarebbe scostata dalla sua pratica anteriore (vedere sopra paragrafo 28) così come dal parere della Corte suprema no Cpjn 200/2005. Questo parere, come quello del plénum della Corte costituzionale, confermano secondo la società richiedente la sua tesi secondo la quale l’indigenza del debitore ed il fallimento dell’esecuzione non costituisce un motivo per ingiungere il rimborso degli oneri di esecuzione all’avente diritto.
46. La società richiedente contesta infine che, nonostante il fatto che i tribunali ed anche le differenti camere della Corte costituzionale divergevano sulla questione di sapere su chi incombeva il pagamento degli oneri di esecuzione in caso di estinzione del procedimento, la Corte costituzionale ha respinto il suo ricorso come manifestamente mal fondato senza averlo esaminato al merito.
47. La Corte ricorda che ha per compito, ai termini dell’articolo 19 della Convenzione, di garantire il rispetto degli impegni che risultano dalla Convenzione per gli Stati contraenti. Incombe da prima alle autorità nazionali, ed in particolare ai tribunali, interpretare ed applicare il diritto interno (vedere, tra molte altre, Rotaru c. Romania [GC], no 28341/95, § 53, CEDH 2000-V). Non appartiene alla Corte valutare lei stessa gli elementi di fatto che hanno condotto una giurisdizione nazionale ad adottare tale decisione piuttosto che un’altra, sotto riserva dell’esame di compatibilità con le disposizioni della Convenzione. Se no, si erigerebbe ad una corte di terza o quarta istanza ed ignorerebbe i limiti della sua missione (Contal c. Francia, (dec.), no 67603/01, 3 settembre 2000). La Corte ha per sola funzione, allo sguardo dell’articolo 6 della Convenzione, di esaminare le richieste che adducono che le giurisdizioni nazionali hanno ignorato delle garanzie procedurali specifiche enunciate da questa disposizione o che la condotta del procedimento nel suo insieme non ha garantito un processo equo al richiedente (Sarkisova c. Georgia, (dec.), no 73239/01, 6 settembre 2005).
48. La presente causa riguarda essenzialmente l’interpretazione dell’articolo 89 della legge no 120/2001. Questa disposizione, combinata con l’articolo 271 del codice di procedimento civile, è nello specifico servita come base alla decisione che infligge alla società richiedente l’obbligo di rimborsare gli oneri incorsi dall’ufficiale giudiziario nel procedimento di esecuzione che si era concluso con un’estinzione in ragione dell’indigenza del debitore dell’interessata. La Corte osserva che la parte pertinente della legge no 120/2001 che ha aperto la possibilità di fare eseguire una decisione giudiziale con un ufficiale giudiziario che esercita privatamente, è entrata in vigore il 1 settembre 2001. Nella sua versione in vigore al momento dei fatti, l’articolo 89 di suddetta legge permetteva, senza più precisione, di ingiungere il rimborso degli oneri di un procedimento di esecuzione annullata all’avente diritto. Questa disposizione è stata oggetto dell’interpretazione da parte delle differenti giurisdizioni nazionali che hanno dovuto in seguito tutte ricorrere al principio dell’imputabilità procedurale enunciato dall’articolo 271 del codice di procedimento civile. Dopo che è stato chiarito che l’ufficiale giudiziario doveva avere diritto al rimborso degli oneri incorsi malgrado il fallimento dell’esecuzione dovuta all’insolvenza del debitore, si è posta la questione di sapere chi tra l’avente diritto ed il debitore doveva pagare questi oneri. A questo riguardo, la Corte costituzionale ha constatato che occorreva una “giustificazione” per imporre questo obbligo all’avente diritto (vedere sopra 28 in fine paragrafo). Ora, il punto su cui i tribunali divergevano era quello di sapere in quali circostanze l’estinzione del procedimento di esecuzione motivata dall’indigenza del debitore poteva essere imputata all’avente diritto, cioè quale era il livello di zelo richiesta da questo ultimo ed in quale misura doveva informarsi, prima di chiedere l’esecuzione, sulla situazione patrimoniale del debitore.
Nella causa della società richiedente, il tribunale regionale ha adottato un approccio relativamente rigoroso, rimproverandole di non avere cercato prima di tutto di sapere se il debitore possedeva dei beni che permettevano di soddisfare il suo credito; da parte sua, la Corte costituzionale sembra avere considerato che l’indigenza del debitore giustificava da sola, a prescindere dall’imputabilità procedurale, di non ingiungergli l’obbligo di rimborsare gli oneri. In altri casi, il fatto che l’ufficiale giudiziario non aveva ottenuto un rendimento sufficiente per coprire gli oneri di esecuzione non è stato considerato come imputabile all’avente diritto (vedere sopra paragrafo 25), o che bastava per non ingiungere il rimborso degli oneri all’avente diritto che questo non fosse stato negligente (vedere sotto paragrafo 26) o che non avesse avuto cognizione dell’indigenza del debitore (vedere paragrafi sopra 30 e 31). Infine, il plénum della Corte costituzionale ha constatato nel suo parere del 12 settembre 2006 che bisognava applicare i criteri dell’articolo 271 del codice di procedimento civile per decidere su chi incombeva rimborsare gli oneri dell’altra parte e dell’ufficiale giudiziario; questo obbligo poteva essere inflitto all’avente diritto se questo non ha rispettato le esigenze di prudenza e di ponderatezza necessarie e se ha chiesto l’esecuzione pure avendo a sua disposizione delle informazione che permettevano di contemplare l’indigenza del debitore.
49. Ne segue che per decidere a chi poteva essere imputata l’estinzione del procedimento di esecuzione e, pertanto, l’obbligo di rimborsare gli oneri di questo, i tribunali cechi dovevano all’epoca dei fatti analizzare un certo numero di punti di fatto, come le informazione sul patrimonio del debitore che l’avente diritto aveva a sua disposizione o che poteva ottenere prima di chiedere l’esecuzione, ed il livello di prudenza o di zelo di cui aveva fatto prova. È questo a cui il tribunale regionale di Praga si è concesso nello specifico, appellandosi a degli elementi che ha chiarito nella sua decisione. Così, ha assolto il ruolo conferito ai tribunali in un Stato di diritto e, ciò facendo, non ha, secondo le conclusioni della Corte costituzionale che la Corte non potrebbe mettere in causa, superato la cornice del suo potere di valutazione delimitato dall’ordine costituzionale. Nella misura in cui la società richiedente non è stata privata della possibilità di difendere la sua causa e dove la decisione del tribunale regionale espone con sufficiente precisione i motivi su cui si basa, la Corte non vi scopre nessun elemento di arbitrarietà suscettibile di generare un attentato al diritto ad un processo equo.
50. La Corte stima inoltre che se ci sono state alcune divergenze nella pratica interna, queste risultavano essenzialmente dal differente grado di proattività richiesto dall’avente diritto dalle differenti giurisdizioni, addirittura dalle differenti camere della Corte costituzionale, nell’esercizio del margine di manovra di cui disponevano nella cornice delle disposizioni legali applicabili. Non si potrebbe dire quindi che lo stato non abbia assunto il suo obbligo di reagire con la più grande coerenza in vista di garantire la sicurezza giuridica, nella misura in cui la questione controversa è stata esaminata alla fine dal plénum della Corte costituzionale con l’intenzione di regolare le contraddizioni di giurisprudenza. Infine, l’articolo 89 della legge no 120/2001 è stato emendato nel 2008 precisando così d’ora in poi che in caso di estinzione del procedimento di esecuzione in ragione dell’insolvenza del debitore, gli oneri forfetari o gli oneri ragionevolmente impegnati devono essere rimborsati all’ufficiale giudiziario dall’avente diritto (vedere sopra paragrafo 21). Su questo punto, la Corte rileva che non le appartiene esaminare in abstracto la legislazione e la pratica pertinente né di sostituirsi alle autorità interne competenti per valutare i fatti che hanno condotto queste autorità ad adottare tale decisione piuttosto che tal’ altra. Di conseguenza, la Corte non è competente per decidere se, in un caso concreto, gli oneri dell’ufficiale giudiziario dovevano essere pagati dall’avente diritto o dal debitore; il suo ruolo si limita a verificare la conformità alla Convenzione delle conseguenze che ne derivano. Ora, la decisione contestata nello specifico dalla società richiedente non potrebbe passare per irragionevole o arbitraria, ed il fatto che il tribunale regionale ha adottato un approccio relativamente più rigoroso rispetto ad altri tribunali in cause simili non potrebbe da solo infrangere il principio della sicurezza giuridica.
51. La Corte nota infine che nella sua decisione del 9 novembre 2005, la Corte costituzionale ha dichiarato il ricorso della società richiedente inammissibile per difetto manifesto di fondamento, cioè che ha proceduto ad un certo esame del merito della causa. La Corte rileva anche che la legge sulla Corte costituzionale dà a questa la competenza di respingere un ricorso per mancanza di fondamento tramite una decisione di inammissibilità. Tale decisione rientra nel margine di valutazione di ogni giurisdizione e la Corte non potrebbe prescrivere ai tribunali nazionali in quali casi possono ricorrere a tale soluzione (vedere Mareš c. Repubblica ceca, (dec.), no 1414/03, 5 luglio 2005). Nella presente causa, la decisione della Corte costituzionale è debitamente motivata e non appare arbitraria. Dato che l’interpretazione e l’applicazione del diritto nazionale incombono in primo luogo alle giurisdizioni interne, la Corte non potrebbe mettere in causa la conclusione alla quale la Corte costituzionale è giunta nello specifico, e questo malgrado la trasgressione al principio del contraddittorio constatato sopra (vedere paragrafo 40).
52. Ne segue che questo motivo di appello deve essere respinto per difetto manifesto di fondamento, in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 a) e 4 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
53. La società richiedente sostiene infine che il modo in cui le giurisdizioni nazionali hanno nello specifico deliberato in materia di onere di esecuzione porta attentato al suo diritto al rispetto dei beni, garantito dall’articolo 1 del Protocollo no 1 formulato come segue:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
54. Il Governo contesta questa tesi, sostenendo che l’ingerenza nel diritto della società richiedente al rispetto dei suoi beni era giustificata.
55. Rileva che l’interessata non adduce l’inaccessibilità delle disposizioni legali su cui si basava la decisione di ingiungerle il pagamento degli oneri di esecuzione ma denuncia un’interpretazione arbitraria che ne avrebbero fatto i tribunali. Ora, il solo fatto che la legge applicabile suscitava più di un’interpretazione non potrebbe da solo condurre alla conclusione che l’ingerenza in causa era imprevedibile o arbitraria (vedere, mutatis mutandis, O.B. Heller, a.s. e Československá obchodní banka c. Repubblica ceca, (dec.), numeri 55631/00 e 55728/00, 9 novembre 2004). Il Governo sostiene che, dal momento che l’articolo 89 della legge no 120/2001 permetteva insindacabilmente di ingiungere il pagamento degli oneri di esecuzione all’avente diritto, la società richiedente doveva essere cosciente, quando optava per il metodo di esecuzione previsto da questa legge che era all’epoca dei fatti relativamente nuova, del rischio di dover sopportare questi oneri. La decisione resa nello specifico dal tribunale regionale, concludente all’imputabilità procedurale della società richiedente, non può essere considerata dunque in nessun caso come arbitrarietà o come uscente dalla cornice della legge.
56. Secondo il Governo, l’articolo 89 della legge no 120/2001 inseguiva anche uno scopo legittimo, ossia garantire che gli ufficiali giudiziari che giocano un ruolo importante nella società, non debbano sopportare gli oneri di esecuzione quando l’avente diritto manca all’esigenza di prudenza chiedendo l’esecuzione pure avendo a sua disposizione le informazioni sull’indigenza dei debitori.
57. Il Governo nota infine che, per liberarsi dal suo obbligo di zelo prima di chiedere l’esecuzione da parte dell’ufficiale giudiziario, la società richiedente poteva chiedere al tribunale di raccogliere delle informazioni sulla situazione patrimoniale del debitore. Osserva anche che l’importo degli oneri che l’interessata ha dovuto sopportare era relativamente poco elevato. In queste circostanze, il Governo è del parere che la società richiedente non abbia subito un carico sproporzionato.
58. La società richiedente osserva che il tribunale regionale le ha ingiunto non solo di rimborsare gli oneri incorsi dall’ufficiale giudiziario ma che l’ha privata anche del diritto al rimborso degli oneri in cui lei stessa era incorsa dinnanzi al tribunale di prima istanza.
59. La Corte nota da prima che gli oneri di giustizia sono dei “contributi” ai sensi del secondo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1; i motivi di appello relativi al rimborso di questi oneri devono essere dunque esaminati sotto l’angolo di questa disposizione (Perdigão c. Portogallo [GC], no 24768/06, §§ 60-61, 16 novembre 2010).
60. Nello specifico, la società richiedente è stata privata di un elemento di proprietà difatti, ossia della somma di 7 025 CZK, circa 285 EUR, che ha dovuto pagare all’ufficiale giudiziario di giustizia a titolo degli oneri di esecuzione, sapendo che in virtù della decisione della giurisdizione di appello P.Š. non era più tenuto di rimborsargli questa somma. La Corte ha il dovere quindi di ricercare se la decisione del tribunale regionale che ingiungeva alla società richiedente suddetto obbligo di pagamento ha rispettato le esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
61. Innanzitutto, la Corte non potrebbe mettere in questione il modo in cui le giurisdizioni ceche hanno deliberato in materia, tanto più che nessun elemento della pratica non le permette di concludere che abbiano fatto un’applicazione manifestamente erronea, o che arrivava a conclusioni arbitrarie, delle disposizioni legali in causa (vedere parte concernente l’articolo 6 § 1, §§ 41 – 52 sotto). Difatti, il solo fatto che la legge applicabile suscitava più di un’interpretazione non potrebbe da solo condurre alla conclusione che l’ingerenza in causa era imprevedibile o arbitraria e di conseguenza incompatibile col principio di legalità (vedere, mutatis mutandis, O.B. Heller, a.s. e Československá obchodní banka, decisione precitata).
62. La Corte accetta poi che le disposizioni relative al pagamento degli oneri di esecuzione e l’applicazione che ne hanno fatto nello specifico i tribunali inseguano lo scopo legittimo di una buona amministrazione della giustizia di cui fanno parte gli ufficiali giudiziari.
63. La questione essenziale è dunque sapere se, in seguito alle decisioni contestate nello specifico dalla società richiedente, questa ha subito un carico speciale ed esorbitante.
A questo riguardo, la Corte osserva che conformemente all’ordinanza ministeriale no 330/2001 relativa alla rimunerazione e agli oneri degli ufficiali giudiziari, la somma degli oneri inflitta alla società richiedente comprendeva unicamente l’importo forfetario della rimunerazione dell’ufficiale giudiziario contemplato tra l’altro per i casi di estinzione dell’esecuzione e che ammontava a 3 000 CZK, (122 EUR) a cui si aggiungeva l’importo degli oneri realmente impegnati dall’ufficiale giudiziario così come la tassa al valore aggiunto. Al totale, la società richiedente si è vista ingiungere di pagare all’ufficiale giudiziario la somma di 7 025 CZK (circa 285 EUR); non adduce però che si tratterebbe di un carico “esorbitante.” Tutto porta del resto a credere che non si è trovata privata e che continua la sua attività (vedere, mutatis mutandis, O.B. Heller, a.s. e Československá obchodní banka, decisione precitata).
Conviene infine notare che l’articolo 89 del codice di esecuzione contemplava all’epoca dei fatti la possibilità di ingiungere il rimborso degli oneri di un procedimento di esecuzione estinto all’avente diritto. Impegnando il procedimento di esecuzione, la società richiedente non poteva dunque escludere il rischio di vedersi imporre tale obbligo.
64. Tenuto conto di ciò che precede, così come del margine di valutazione in materia degli Stati la Corte stima, che, nelle circostanze dello specifico, è stata soddisfatto l’esigenza di proporzionalità dell’ingerenza.
65. Ne segue che questo motivo di appello deve essere respinto per difetto manifesto di fondamento, in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 a) e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
66. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
67. La società richiedente richiede 7 025 CZK (circa 285 EUR) a titolo del danno patrimoniale corrispondente all’importo degli oneri di esecuzione che ha dovuto rimborsare all’ufficiale giudiziario di giustizia. Chiede anche 30 000 CZK (1 224 EUR) a titolo del danno morale che avrebbe subito a causa dell’iniquità del procedimento dinnanzi ai tribunali inferiori e della condotta della Corte costituzionale.
68. Il Governo si rimette si alla saggezza della Corte per ciò che riguarda l’importo del danno patrimoniale. In quanto al danno morale, considera che la constatazione di violazione costituirebbe una soddisfazione equa sufficiente.
69. Dato che il danno patrimoniale richiesto dalla società richiedente si riferisce ai motivi di appello che sono stati dichiarati inammissibili e che non si potrebbe speculare sul risultato al quale il procedimento dinnanzi alla Corte costituzionale sarebbe arrivato se la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione constatata nello specifico non si fosse prodotta, la Corte respinge le pretese della società richiedente in quanto si riferiscono al danno patrimoniale addotto.
In quanto al danno morale, la Corte lo stima riparato sufficientemente dalla constatazione di violazione della Convenzione al quale giunge.
B. Oneri e spese
70. La società richiedente chiede anche 12 025 CZK (490 EUR,) per gli oneri e le spese impegnati dinnanzi alle giurisdizioni interne e 25 702 CZK (1 048 EUR) per quelli impegnati dinnanzi alla Corte di cui secondo le fatture presentate la somma di 10 000 CZK (408 EUR) includente l’IVA impegnata a titolo della sua rappresentanza legale dinnanzi alla Corte ed il resto per le traduzioni della sua corrispondenza e delle sue osservazioni.
71. Il Governo nota che non risulta dalle fatture presentate quali documenti sono stati tradotti e che non si potrebbe rimborsare alla società richiedente gli oneri di una traduzione espressa.
72. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. La Corte ricorda anche che gli oneri di giustizia sono recuperabili solamente nella misura in cui si riferiscono alla violazione constatata (Beyeler c. Italia (soddisfazione equa) [GC], no 33202/96, § 27, 28 maggio 2002).
73. Dato che la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione constatata nello specifico si è prodotta dinnanzi alla Corte costituzionale, ossia l’ultima istanza nazionale, la Corte stima che gli oneri e le spese che la società richiedente ha sostenuto a livello interno non sono stati impegnati per impedire la violazione o per farne cancellare le conseguenze; respinge dunque questa parte della richiesta.
Poi, tenuto conto dei documenti in suo possesso e della sua giurisprudenza ed avuto riguardo al fatto che certi motivi di appello sollevati dalla società richiedente sono stati dichiarati inammissibili, la Corte stima ragionevole la somma di 500 EUR per il procedimento dinnanzi alla Corte e l’accorda alla società richiedente.
C. Interessi moratori
74. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’impossibilità per il richiedente di reagire alle osservazioni sottoposte alla Corte costituzionale dal tribunale regionale, ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce che la constatazione di una violazione fornisce in sé una soddisfazione equa sufficiente per il danno morale subito dalla società richiedente;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare alla società richiedente, entro tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 500 EUR (cinque cento euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dalla società richiedente, per oneri e spese; questa somma è da convertire in corone ceche al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 10 febbraio 2011, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Claudia Westerdiek Peer Lorenzen
Cancelliera Presidente

Testo Tradotto

Conclusion Violation de l’art. 6-1 ; Partiellement irrecevable ; Dommage matériel – demande rejetée ; Préjudice moral – constat de violation suffisant
CINQUIÈME SECTION
AFFAIRE 3A.CZ S.R.O. c. RÉPUBLIQUE TCHÈQUE
(Requête no 21835/06)
ARRÊT
STRASBOURG
10 février 2011
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire 3A.CZ s.r.o. c. République tchèque,
La Cour européenne des droits de l’homme (cinquième section), siégeant en une chambre composée de :
Peer Lorenzen, président,
Karel Jungwiert,
Mark Villiger,
Isabelle Berro-Lefèvre,
Zdravka Kalaydjieva,
Angelika Nußberger,
Julia Laffranque, juges,
et de Claudia Westerdiek, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 18 janvier 2011,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 21835/06) dirigée contre la République tchèque et dont une société à responsabilité limitée de droit tchèque, 3A.CZ s.r.o. (« la société requérante »), a saisi la Cour le 9 mai 2006 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. La société requérante est représentée par Me A. V., avocate au barreau tchèque. Le gouvernement tchèque (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. V. A. Schorm.
3. La société requérante se plaint de s’être vu enjoindre de payer les frais de la procédure d’exécution menée à l’encontre de son débiteur et de ne pas s’être vu communiquer pour réplique les observations soumises à la Cour constitutionnelle par une autre juridiction.
4. Le 31 août 2007, le président de la cinquième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 1 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. La requérante est une société à responsabilité de droit tchèque, ayant son siège social à Prague.
6. Par le jugement du 8 octobre 2001, un ancien employé de la société requérante, P.Š., fut condamné pour détournement d’objets appartenant à celle-ci et se vit enjoindre de lui payer les dommages-intérêts.
7. Le 30 juillet 2002, la société requérante saisit le tribunal de district (Okresní soud) de Prague-est d’une demande tendant à l’exécution dudit jugement, au motif que P.Š. ne s’était pas acquitté de la somme adjugée. Elle proposa que l’exécution soit effectuée par un huissier de justice selon la loi no 120/2001 (ci-après « code d’exécution »).
8. Le 11 octobre 2002, le tribunal accueillit la demande de la société requérante et chargea de l’exécution l’huissier proposé par celle-ci.
9. Par l’ordonnance d’exécution du 20 janvier 2004, l’huissier de justice décida de procéder à la vente de tous les biens meubles de P.Š.
10. Le 29 juin 2004, l’huissier fit savoir au tribunal qu’aucun bien du débiteur susceptible d’être frappé par l’exécution n’avait été trouvé. Il proposa dès lors de prononcer l’extinction de la procédure d’exécution en raison de l’insolvabilité de P.Š. et demanda, en vertu de l’article 89 du code d’exécution, que la société requérante lui rembourse les frais d’exécution.
11. Le 5 novembre 2004, le tribunal de district prononça l’extinction de la procédure d’exécution selon les articles 55 du code d’exécution et 268 § 1 e) du code de procédure civile. Il décida, en vertu des articles 52 et 89 du code d’exécution et 271 du code de procédure civile, que P.Š. était tenu de rembourser les frais d’exécution à la société requérante et que celle-ci devait payer la même somme, à savoir 7 025 CZK (environ 285 EUR) dont 3 000 CZK (122 EUR) de rémunération, à l’huissier.
12. Le 7 décembre 2004, la société requérante fit appel de la décision sur les frais d’exécution, alléguant qu’elle-même n’avait pas encouru de frais que le débiteur devrait lui rembourser selon l’article 87 § 2 du code d’exécution. Elle soutint en revanche que le débiteur devrait payer les frais d’exécution encourus par l’huissier, en vertu de l’article 87 § 3.
13. Le 28 février 2005, le tribunal régional (Krajský soud) de Prague réforma la décision du 5 novembre 2004 en décidant qu’aucune des parties n’avait droit au remboursement des frais encourus devant le tribunal de première instance ; il confirma néanmoins la décision selon laquelle c’était à la société requérante de rembourser les frais d’exécution à l’huissier. Le tribunal releva qu’aux termes de l’article 271 du code de procédure civile, lorsqu’il y avait l’extinction de la procédure d’exécution, la décision sur les frais de celle-ci était tributaire du motif de cette extinction. Il fallait donc examiner si l’extinction de l’instance était, du point de vue procédural, imputable à l’ayant droit. Sur ce point, le tribunal régional releva que la société requérante avait choisi, entre deux possibilités d’exécution, celle assurée par un huissier de justice ; elle devait donc savoir que l’huissier de justice, exerçant ses fonctions comme une profession libérale, avait droit à une rémunération. Il lui incombait également de peser les chances réelles du succès de cette exécution ; or, son hypothèse que le débiteur en l’espèce était solvable s’était révélée erronée. Selon le tribunal, vu que la société requérante n’avait pas cherché à savoir, avant de demander l’exécution, si le débiteur possédait des biens, elle n’avait pas fait preuve de suffisamment de diligence. Dès lors que l’extinction de l’instance d’exécution lui était ainsi imputable, il lui incombait de rembourser à l’huissier les frais de celle-ci.
14. Le 1er juin 2005, la société requérante attaqua la décision du tribunal régional par un recours constitutionnel, dans lequel elle invoquait ses droits à un procès équitable, à la protection judiciaire et au respect des biens, et contestait une interprétation extrême et arbitraire de la notion d’imputabilité procédurale. Elle soutint notamment qu’elle ne disposait d’aucun instrument juridique lui permettant d’établir la situation patrimoniale du débiteur qui ne séjournait pas à l’adresse de sa résidence permanente. Selon elle, la décision sur les frais d’exécution ne devrait pas servir à protéger ce comportement inacceptable et à sanctionner l’ayant droit tendant à recouvrer sa créance.
15. Avant de décider, la Cour constitutionnelle (Ústavní soud) invita le tribunal régional ainsi que P.Š. à se prononcer sur ledit recours. Dans ses observations visant à réfuter les objections de la société requérante, le tribunal régional développa son argumentation concernant la responsabilité de l’ayant droit, le risque à assumer par celui-ci et les difficultés d’enjoindre les frais au débiteur dont l’insolvabilité avait entraîné l’extinction de l’exécution. Ces observations furent résumées dans la décision de la Cour constitutionnelle sans avoir été au préalable envoyées à la société requérante pour commentaire.
16. Le 9 novembre 2005, la Cour constitutionnelle rejeta le recours de la société requérante enregistré sous no II. ÚS 313/05 pour défaut manifeste de fondement. Elle se référa à son arrêt no II. ÚS 372/04 du 8 août 2005, relative à une affaire où les tribunaux avaient refusé à l’huissier le droit au remboursement des frais d’exécution. Elle avait relevé dans cet arrêt que, du fait de la position spécifique de l’huissier de justice qui se devait d’être impartial et indépendant dans l’exercice des compétences que l’Etat lui avait déléguées, celui-ci devait recevoir une rémunération ; il n’était donc pas possible de ne pas lui rembourser ses frais (comprenant la rémunération) en invoquant un manque d’imputabilité procédurale. Ces frais devaient donc être payés soit par le débiteur, soit, si le tribunal concluait à l’existence des motifs justifiant de ne pas enjoindre cette obligation à ce dernier, par l’ayant droit. Il incombait à l’ayant droit de peser ce risque, compte tenu des possibilités du débiteur, lors de l’introduction de la demande d’exécution. En l’espèce, la décision sur les frais de justice était dûment motivée et conforme à la Constitution, en ce que le tribunal avait garanti la rémunération de l’huissier sans dépasser les limites prévues par le code d’exécution. La Cour constitutionnelle estima également que les frais encourus par la société requérante, à savoir les frais de l’huissier, ne pouvaient pas être considérés comme ayant été engagés raisonnablement et donc remboursables par le débiteur, au sens de l’article 87 § 2 du code d’exécution, car elle ne souscrivit pas à l’avis de la société requérante arguant qu’elle ne disposait pas de moyens lui permettant d’établir la situation patrimoniale de P.Š. Elle releva sur ce point que le code de procédure civile permettait au créancier de demander au tribunal de recueillir les informations nécessaires auprès du débiteur ou de l’inviter à faire une déclaration sur sa situation patrimoniale. Or, la requérante ne s’était pas prévalue de cette possibilité.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
A. Code d’exécution (loi no 120/2001 dans sa version en vigueur au moment des faits)
17. Selon l’article 52 § 1, les dispositions du code de procédure civile sont applicables à la procédure d’exécution au sens de cette loi sauf si celle-ci dispose autrement.
18. Il résulte de l’article 55 § 1 que ce n’est pas à l’huissier, mais au tribunal, de décider de l’extinction de la procédure d’exécution.
19. En vertu de l’article 87 § 2, l’ayant droit a le droit de se faire rembourser les frais raisonnablement engagés en vue de la réalisation de sa prétention. Ces frais sont payables par le débiteur.
20. L’article 87 § 3 dispose que c’est le débiteur qui rembourse à l’huissier de justice ses frais d’exécution.
21. Aux termes de l’article 89 tel que libellé jusqu’au 31 décembre 2007, lorsqu’il y a eu l’extinction de la procédure d’exécution, le tribunal pouvait enjoindre à l’ayant droit de rembourser les frais d’exécution.
Depuis le 1er janvier 2008, cette disposition précise qu’en cas d’extinction de la procédure d’exécution, les frais de l’exécution et des parties doivent être payés par celui à qui cette extinction est imputable. Lorsque l’extinction a été prononcée en raison de l’insolvabilité du débiteur, les frais forfaitaires ou les frais raisonnablement engagés doivent être remboursés à l’huissier par l’ayant droit. A compter du 1er novembre 2009, l’article 89 ajoute in fine que, pour le cas d’extinction de la procédure d’exécution en raison de l’insolvabilité du débiteur, l’ayant droit et l’huissier peuvent convenir à l’avance du montant des frais raisonnablement engagés.
B. Code de procédure civile (loi no 99/1963)
22. Aux termes de l’article 268 § 1 e), le tribunal prononce l’extinction de la procédure d’exécution si le déroulement de celle-ci laisse apparaître que le rendement obtenu ne sera pas suffisant ni pour couvrir les frais d’exécution.
23. L’article 271 dispose que s’il y a l’extinction de la procédure d’exécution, le tribunal statue sur les frais d’exécution encourus par les parties en fonction du motif pour lequel cette extinction a été prononcée.
C. Pratique interne
1. Décisions des tribunaux inférieurs citées par la société requérante
24. La société requérante mentionne la décision no 39 Co 339/2004 adoptée par le tribunal municipal (Městský soud) le 30 septembre 2004, selon laquelle le fait que l’ayant droit a opté pour une exécution par le biais de l’huissier de justice laquelle est restée sans résultat ne constitue pas un motif pour lui enjoindre de payer les frais d’exécution selon l’article 89 du code d’exécution.
25. Elle soumet également à la Cour la décision no Nc 12066/2004 rendue le 31 mai 2006 par le tribunal d’arrondissement (Obvodní soud) de Prague 3 dans une affaire l’opposant à un autre débiteur dont l’insolvabilité avait également entraîné l’extinction de l’exécution. Par cette décision, c’est le débiteur qui s’est vu enjoindre de rembourser les frais d’exécution à l’huissier, en vertu de l’article 271 du code de procédure civile. Le tribunal s’est référé, entre autres, à l’avis de la Cour suprême ainsi qu’aux décisions de la Cour constitutionnelle du 14 avril et du 11 mai 2006 (voir paragraphes 30 et 31 ci-dessous). Selon lui, il n’était pas possible de conclure en l’espèce à une imputabilité procédurale de l’ayant droit car celui-ci avait toujours le droit de demander le recouvrement de sa créance par le biais de l’exécution prévue par le code d’exécution. Le fait que l’huissier de justice n’a pas obtenu un rendement suffisant pour couvrir les frais d’exécution ne pouvait pas être imputable à l’ayant droit. Dès lors que l’on ne pouvait pas reprocher à l’ayant droit un manque de diligence nécessaire, les frais devaient être payés par le débiteur. Une telle décision constituait un nouveau titre d’exécution au profit de l’huissier, sachant que la situation patrimoniale du débiteur pouvait changer à l’avenir de manière à permettre de satisfaire cette créance.
2. Avis de la Cour suprême
26. Selon l’avis de la Cour suprême relatif à l’interprétation de la loi no 120/2001 (no Cpjn 200/2005), l’ayant droit peut se voir enjoindre de rembourser les frais d’exécution en cas d’extinction de la procédure (article 89 du code d’exécution) à condition qu’il soit, du point de vue des principes énoncés à l’article 271 du code de procédure civile, la personne tenue au remboursement de ces frais. Or, si l’extinction de l’exécution au motif qu’aucun bien susceptible d’être frappé par l’exécution n’a été trouvé chez le débiteur (article 268 § 1 e) du code de procédure civile) n’est pas imputable à l’ayant droit, il n’est pas possible d’enjoindre à ce dernier de rembourser les frais d’exécution ; dans un tel cas, c’est le débiteur qui est tenu de les rembourser à l’huissier. Il y a lieu de décider selon l’article 89 du code d’exécution seulement dans les cas où cela se justifie par l’imputabilité procédurale (notamment la négligence) de l’ayant droit. L’on ne saurait donc souscrire aux décisions, fréquemment rendues dans le cadre de l’extinction de la procédure en raison de l’insolvabilité du débiteur au sens de l’article 268 § 1 e) du code de procédure civile, qui enjoignent de rembourser les frais d’exécution à l’ayant droit et infligent en même temps la même obligation en faveur de l’ayant droit au débiteur. Si le résultat de la procédure, à savoir l’absence de biens du débiteur susceptibles d’être frappés par l’exécution, n’est pas imputable à l’ayant droit, ce dernier ne peut pas se voir enjoindre de rembourser les frais de procédure car, eu égard à l’article 271 du code de procédure civile, l’article 89 du code d’exécution ne s’appliquera pas. Il y aura donc lieu d’appliquer l’article 87 § 3 du code d’exécution et d’enjoindre le paiement des frais d’exécution au débiteur, ce nonobstant qu’il a été considéré insolvable dans la procédure d’exécution.
3. Jurisprudence de la Cour constitutionnelle
27. Par l’arrêt no I. ÚS 350/04 daté du 15 septembre 2004, la Cour constitutionnelle a annulé la décision d’une juridiction d’appel qui a infligé aux intéressés l’obligation de rembourser les frais encourus par l’autre partie dans une procédure portant sur leur demande d’exécution qui a été rejetée en raison des vices de la décision judiciaire à exécuter. Elle a noté que la décision sur le remboursement des frais de procédure ne pouvait pas être considérée comme un outil punitif visant à sanctionner une partie à la procédure pour avoir réalisé ses droits, d’autant plus si cette partie a été guidée par la présomption bona fide que la décision judiciaire lui accordant ces droits était correcte (exécutable).
28. Par les décisions no II. ÚS 150/04 datée du 31 août 2004 et no III. ÚS 118/05 datée du 29 juin 2005, la Cour constitutionnelle a rejeté pour défaut manifeste de fondement le recours introduit par des huissiers de justice qui contestaient les décisions, rendues en vertu des articles 87 et 89 du code d’exécution, par laquelle l’obligation de leur rembourser les frais d’exécution avait été infligée au débiteur. La cour a relevé que l’huissier de justice exerçait son activité en tant qu’entrepreneur selon le code du commerce, c’est-à-dire avec un certain risque. Ainsi, il avait droit à une rémunération en cas de succès de l’exécution mais courait aussi le risque que les biens du débiteur ne suffisent pas au remboursement des frais d’exécution. La Cour constitutionnelle a donc considéré que, sans justification, ce risque ne pouvait pas être transféré à l’ayant droit.
29. Dans les décisions no II. ÚS 372/04 du 8 août 2005 (voir aussi paragraphe 16 ci-dessus) et no I. ÚS 290/05 du 23 février 2006, la Cour constitutionnelle a souligné qu’il n’était pas possible de ne pas rembourser à l’huissier les frais qu’il avait encourus et que ceux-ci devaient être payés soit par le débiteur soit par l’ayant droit.
30. Par la décision no III. ÚS 282/06 datée du 14 avril 2006, la Cour constitutionnelle a rejeté pour défaut manifeste de fondement le recours introduit par un huissier de justice qui contestait la décision sur l’extinction de l’exécution pour insolvabilité du débiteur, en vertu de laquelle ce dernier devait lui rembourser les frais d’exécution. La cour a d’abord souligné la différence entre les cas, analogues à celui en l’espèce, où la demande de l’huissier de se voir rembourser les frais d’exécution avait été accueillie et cette obligation imposée au débiteur, bien qu’insolvable, et les cas où il avait été décidé que l’huissier n’avait pas droit au remboursement desdits frais (arrêt no II. ÚS 372/04 du 8 août 2005). En effet, l’insolvabilité du débiteur n’équivalait pas au refus de rembourser les frais à l’huissier, d’autant plus que l’ayant droit pouvait être insolvable également et qu’un débiteur insolvable à un certain moment pouvait devenir solvable plus tard. Selon la cour, les articles 87-89 du code d’exécution ainsi que l’article 271 du code de procédure civile partaient du principe que l’ayant droit dont la demande d’exécution avait été accueillie devait être considéré comme ayant eu gain de cause ; par ailleurs, la position de l’huissier de justice était dans ce cas analogue à l’ayant droit, c’est pourquoi l’article 87 § 3 du code d’exécution enjoignait au débiteur de lui rembourser les frais d’exécution. En ce qui concerne les situations d’extinction de l’exécution, il ne ressortait à l’époque de l’article 89 du code d’exécution ni l’obligation d’enjoindre le remboursement des frais à l’ayant droit, ni les critères selon lesquels le tribunal devait décider sur les frais ; ces critères étaient en effet énoncés dans l’article 271 du code de procédure civile. La Cour constitutionnelle a relevé que l’absence des biens susceptibles d’être frappés par l’exécution entraînait habituellement (et logiquement) l’obligation pour le débiteur de rembourser les frais, à l’exception des situations où l’ayant droit n’avait pas respecté les exigences de prudence et de diligence et avait demandé l’exécution bien qu’il eût eu à sa disposition les informations lui permettant de prévoir un tel résultat. La cour a rappelé enfin que la loi permettait à l’huissier de faire face à ce risque matériel en l’autorisant de demander une avance sur les frais et, si une telle avance n’avait pas été versée, de refuser d’exécuter l’acte demandé ou de demander au tribunal de prononcer l’extinction de l’exécution.
31. Dans une affaire analogue tranchée le 11 mai 2006 par la décision no III. ÚS 283/06, la Cour constitutionnelle a notamment relevé qu’il ne ressortait pas du dossier (et le plaignant ne l’affirmait pas non plus) que l’ayant droit savait avant de demander l’exécution que sa créance était non recouvrable. Dès lors, il n’était pas possible de constater que l’extinction de la procédure d’exécution était imputable à l’ayant droit et, par conséquent, le paiement des frais d’exécution pouvait être infligé au débiteur.
32. Le 12 septembre 2006, le plénum de la Cour constitutionnelle a adopté un avis (Pl. ÚS-st. 23/06) visant à unifier sa jurisprudence, dans lequel il jugea conforme à la Constitution le raisonnement énoncé dans la décision no III. ÚS 282/06 (voir paragraphe 30 ci-dessus). Selon le plénum, il n’est pas contraire aux droits à la protection judiciaire et au respect des biens si le tribunal décide, en cas d’extinction de l’exécution pour insolvabilité du débiteur et lorsqu’il n’y a aucune imputabilité procédurale de l’ayant droit, d’enjoindre de rembourser les frais de l’huissier au débiteur. L’article 89 du code d’exécution porte explicitement sur la relation procédurale entre l’huissier et l’ayant droit (la relation entre l’huissier et le débiteur étant régie par l’article 87 § 3 dudit code), tandis que l’article 271 du code de procédure civile énonce les critères pour décider des frais d’exécution en cas d’extinction. Lorsque, à la lumière de ces critères, l’obligation de rembourser les frais encourus par l’ayant droit incombe au débiteur, c’est le débiteur qui doit aussi payer les frais d’exécution à l’huissier ; si l’obligation de rembourser les frais de l’autre partie incombe selon l’article 271 du code de procédure civile à l’ayant droit, celui-ci sera également tenu de s’acquitter des frais de l’huissier au sens de l’article 89 du code d’exécution. A cet égard, il importe d’examiner quel a été le motif de l’extinction de l’exécution, sachant que l’indigence du débiteur ne constitue pas un critère pour décider qui sera tenu de rembourser les frais de l’huissier. Infliger le paiement des frais de l’huissier au débiteur, bien qu’insolvable, n’équivaut pas à un refus de rembourser ces frais (qui serait contraire au droit de propriété). De plus, même l’ayant droit peut ne pas être solvable et un débiteur insolvable à un certain moment peut devenir solvable plus tard. Par ailleurs, la procédure d’exécution n’atteste pas avec certitude l’insolvabilité totale du débiteur ; une telle conclusion ne peut être faite que dans une procédure de faillite. Une exception existe cependant selon la Cour constitutionnelle : si l’ayant droit n’a pas respecté les exigences de prudence et de pondération nécessaires et s’il a demandé l’exécution tout en ayant à sa disposition des informations permettant de prévoir l’indigence du débiteur, l’extinction de l’exécution peut lui être imputée et il peut se voir enjoindre de rembourser les frais du débiteur ainsi que ceux de l’huissier.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION DANS LA PROCÉDURE DEVANT LA COUR CONSTITUTIONNELLE
33. La société requérante se plaint que la Cour constitutionnelle ne lui a pas communiqué les observations d’une autre partie à la procédure devant elle, à savoir le tribunal régional, et qu’elle a donc été privée de la possibilité d’y réagir. Elle invoque à cet égard l’article 6 § 1 de la Convention, dont la partie pertinente dispose comme suit :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…) par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
A. Sur la recevabilité
34. La Cour se doit d’abord de distinguer la présente espèce de l’affaire Holub c. République tchèque ((déc.) no 24880/05, 14 décembre 2010), dans laquelle un grief analogue a été déclaré irrecevable au motif que le requérant n’avait pas subi un préjudice important au sens de l’article 35 § 3 b) de la Convention telle qu’amendée par le Protocole no 14 entré en vigueur le 1er juin 2010. La différence tient selon la Cour au fait que, en l’espèce, le tribunal régional ne s’est pas borné, dans ses observations présentées à la Cour constitutionnelle au sujet du recours introduit par la société requérante, à renvoyer à sa décision du 28 février 2005. Au contraire, le tribunal régional y a plutôt développé son argumentation, fournissant ainsi une motivation additionnelle par rapport à sa décision initiale (voir paragraphe 15 ci-dessus). Il ne peut donc pas être exclu que lesdites observations contenaient des éléments inconnus de la société requérante, auxquels celle-ci pouvait légitimement souhaiter de réagir, d’autant plus qu’il s’agissait d’examiner une question donnant en pratique lieu à des opinions quelque peu divergentes. L’on ne saurait non plus écarter la possibilité que ces éléments aient pesé dans la décision adoptée en l’espèce par la Cour constitutionnelle. Dans ces conditions, la Cour ne saurait conclure que la société requérante n’a pas subi un « préjudice important » dans l’exercice de son droit de participer de manière adéquate à la procédure devant la Cour constitutionnelle. Le présent grief ne peut donc pas être déclaré irrecevable en vertu de l’article 35 § 3 b) de la Convention.
35. La Cour constate en outre que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 a) de la Convention et qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
36. La société requérante n’a pas présenté d’observations sur ce point.
37. Se référant aux arrêts Milatová et autres c. République tchèque (no 61811/00, CEDH 2005-V) et Mareš c. République tchèque (no 1414/03, 26 octobre 2006), le Gouvernement s’en remet à la sagesse de la Cour.
38. La Cour rappelle que la notion de procès équitable comprend le droit à un procès contradictoire qui implique le droit pour les parties de faire connaître les éléments qui sont nécessaires au succès de leurs prétentions, mais aussi de prendre connaissance de toute pièce ou observation présentée au juge en vue d’influencer sa décision, et de la discuter (voir, parmi beaucoup d’autres, Nideröst-Huber c. Suisse, arrêt du 18 février 1997, Recueil des arrêts et décisions 1997-I, § 24 ; Krčmář et autres c. République tchèque, no 35376/97, § 40, 3 mars 2000).
39. En l’espèce, comme la Cour l’a déjà dit ci-dessus (voir paragraphe 34), les observations que le tribunal régional a présentées à la Cour constitutionnelle contenaient certains éléments additionnels par rapport à sa décision du 28 février 2005 contre laquelle la société requérante avait recouru. Dans ces conditions, il n’est pas possible de conclure que ces observations étaient superfétatoires ou qu’elles n’avaient aucune incidence sur la décision de la juridiction constitutionnelle. Partant, la Cour estime que le respect du droit à un procès équitable, pris sous l’angle en particulier du respect du principe du contradictoire, exigeait que la société requérante eût la possibilité de soumettre ses commentaires aux observations du tribunal régional ou, pour le moins, qu’elle en soit informée pour décider, le cas échéant, d’y répondre (voir, mutatis mutandis, Asnar c. France (no 2), no 12316/04, § 28, 18 octobre 2007). Or, cette faculté ne lui a pas été donnée.
40. Il y a donc eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention sur ce point.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION AU REGARD DE LA DÉCISION SUR LES FRAIS D’EXÉCUTION
41. Sur le terrain de l’article 6 § 1, la société requérante se plaint en outre de s’être vu enjoindre de payer les frais de la procédure d’exécution, alors qu’une telle obligation n’a pas selon elle d’appui dans la loi.
42. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse, relevant que le grief porte sur l’interprétation et l’application du droit interne par les autorités nationales lesquelles, en l’absence d’arbitraire, échappent à la compétence de la Cour. En l’espèce, les tribunaux nationaux se sont livrés à l’interprétation d’une législation dont l’application en pratique était relativement récente et, dans la mesure où leurs conclusions ne peuvent pas être qualifiées d’arbitraires, la Cour ne devrait pas les mettre en cause.
43. Quant aux divergences de jurisprudence dénoncées par la société requérante, le Gouvernement note qu’il existe dans chaque ordre juridique des normes dont l’interprétation soulève des controverses et se stabilise seulement après un certain temps. Tel a été selon lui le cas en l’espèce en ce que la jurisprudence des tribunaux tchèques sur la question des frais d’exécution a connu une évolution dynamique. Selon le Gouvernement, l’article 6 § 1 de la Convention n’exige cependant pas de révoquer les décisions fondées sur une opinion juridique dépassée.
44. Pour sa part, la société requérante observe que les décisions l’obligeant à s’acquitter des frais d’exécution ont été rendues le 5 novembre 2004 et le 28 février 2005, soit plus de trois ans après que le code d’exécution est entré en vigueur. Selon elle, les tribunaux ont donc disposé de suffisamment de temps pour parvenir à une interprétation conforme à la Constitution et respectueuse du droit à un procès équitable. Se référant entre autres à l’arrêt du tribunal municipal de Prague no 39 Co 339/2004 (voir paragraphe 24 ci-dessus) et à l’arrêt de la Cour constitutionnelle no I. ÚS 350/04 (voir paragraphe 27 ci-dessus), la société requérante souligne qu’une partie ne peut pas être sanctionnée, par le biais de la décision sur les frais de procédure, pour avoir cherché à réaliser ses droits en ayant recours à un huissier de justice.
45. Selon la société requérante, un Etat de droit se caractérise entre autres par la prévisibilité des décisions judiciaires ; les principes de l’égalité des parties et de la sécurité juridique exigent en effet que les tribunaux décident de la même manière sur les affaires qui sont similaires sur le plan des faits et du droit. Or, en l’espèce, la Cour constitutionnelle se serait écartée de sa pratique antérieure (voir paragraphe 28 ci-dessus) ainsi que de l’avis de la Cour suprême no Cpjn 200/2005. Cet avis, de même que celui du plénum de la Cour constitutionnelle, confirment selon la société requérante sa thèse selon laquelle l’indigence du débiteur et l’échec de l’exécution ne constituent pas un motif pour enjoindre le remboursement des frais d’exécution à l’ayant droit.
46. La société requérante conteste enfin que, nonobstant le fait que les tribunaux et même les différentes chambres de la Cour constitutionnelle divergeaient sur la question de savoir à qui il incombait de payer les frais d’exécution en cas d’extinction de la procédure, la Cour constitutionnelle a rejeté son recours comme manifestement mal fondé sans l’avoir examiné au fond.
47. La Cour rappelle qu’elle a pour tâche, aux termes de l’article 19 de la Convention, d’assurer le respect des engagements résultant de la Convention pour les Etats contractants. Il incombe au premier chef aux autorités nationales, et notamment aux tribunaux, d’interpréter et d’appliquer le droit interne (voir, parmi beaucoup d’autres, Rotaru c. Roumanie [GC], no 28341/95, § 53, CEDH 2000-V). Il n’appartient pas à la Cour d’apprécier elle-même les éléments de fait ayant conduit une juridiction nationale à adopter telle décision plutôt que telle autre, sous réserve de l’examen de compatibilité avec les dispositions de la Convention. Sinon, elle s’érigerait en une cour de troisième ou quatrième instance et elle méconnaîtrait les limites de sa mission (Contal c. France (déc.), no 67603/01, 3 septembre 2000). La Cour a pour seule fonction, au regard de l’article 6 de la Convention, d’examiner les requêtes alléguant que les juridictions nationales ont méconnu des garanties procédurales spécifiques énoncées par cette disposition ou que la conduite de la procédure dans son ensemble n’a pas garanti un procès équitable au requérant (Sarkisova c. Géorgie (déc.), no 73239/01, 6 septembre 2005).
48. La présente affaire porte essentiellement sur l’interprétation de l’article 89 de la loi no 120/2001. Cette disposition, combinée avec l’article 271 du code de procédure civile, a en l’espèce servi de base à la décision infligeant à la société requérante l’obligation de rembourser les frais encourus par l’huissier de justice dans la procédure d’exécution qui s’était terminée par une extinction en raison de l’indigence du débiteur de l’intéressée. La Cour observe que la partie pertinente de la loi no 120/2001, qui a ouvert la possibilité de faire exécuter une décision judiciaire par un huissier de justice exerçant à titre privé, est entrée en vigueur le 1er septembre 2001. Dans sa version en vigueur au moment des faits, l’article 89 de ladite loi permettait, sans plus de précision, d’enjoindre le remboursement des frais d’une procédure d’exécution éteinte à l’ayant droit. Cette disposition a fait par la suite l’objet de l’interprétation par les différentes juridictions nationales qui ont toutes eu recours au principe de l’imputabilité procédurale énoncé par l’article 271 du code de procédure civile. Après qu’il a été clarifié que l’huissier de justice devait avoir droit au remboursement des frais encourus malgré l’échec de l’exécution dû à l’insolvabilité du débiteur, la question s’est posée de savoir lequel d’entre l’ayant droit et le débiteur devait payer ces frais. A cet égard, la Cour constitutionnelle a constaté qu’il fallait une « justification » pour imposer cette obligation à l’ayant droit (voir paragraphe 28 in fine ci-dessus). Or, le point sur lequel les tribunaux divergeaient était celui de savoir dans quelles circonstances l’extinction de la procédure d’exécution motivée par l’indigence du débiteur pouvait être imputée à l’ayant droit, c’est-à-dire quel était le niveau de diligence exigé de ce dernier et dans quelle mesure il devait se renseigner, avant de demander l’exécution, sur la situation patrimoniale du débiteur.
Dans l’affaire de la société requérante, le tribunal régional a adopté une approche relativement stricte, lui reprochant de ne pas avoir au préalable cherché à savoir si le débiteur possédait des biens permettant de satisfaire sa créance ; pour sa part, la Cour constitutionnelle semble avoir considéré que l’indigence du débiteur justifiait à elle seule, indépendamment de l’imputabilité procédurale, de ne pas lui enjoindre l’obligation de rembourser les frais. Dans d’autres cas, le fait que l’huissier de justice n’avait pas obtenu un rendement suffisant pour couvrir les frais d’exécution n’a pas été considéré comme étant imputable à l’ayant droit (voir paragraphe 25 ci-dessus), ou qu’il suffisait pour ne pas enjoindre le remboursement des frais à l’ayant droit que celui-ci n’ait pas été négligent (voir paragraphe 26 ci-dessous) ou bien qu’il n’ait pas eu connaissance de l’indigence du débiteur (voir paragraphes 30 et 31 ci-dessus). Enfin, le plénum de la Cour constitutionnelle a constaté dans son avis du 12 septembre 2006 qu’il fallait appliquer les critères de l’article 271 du code de procédure civile pour décider à qui il incombe de rembourser les frais de l’autre partie et de l’huissier ; cette obligation pouvait être infligée à l’ayant droit si celui-ci n’a pas respecté les exigences de prudence et de pondération nécessaires et s’il a demandé l’exécution tout en ayant à sa disposition des informations permettant de prévoir l’indigence du débiteur.
49. Il s’ensuit que pour décider à qui pouvait être imputée l’extinction de la procédure d’exécution et, partant, l’obligation de rembourser les frais de celle-ci, les tribunaux tchèques devaient à l’époque des faits analyser un certain nombre de points de fait, tels les informations sur le patrimoine du débiteur que l’ayant droit avait à sa disposition ou qu’il pouvait obtenir avant de demander l’exécution, et le niveau de prudence ou de diligence dont il avait fait preuve. C’est ce à quoi le tribunal régional de Prague s’est livré en l’espèce, s’appuyant sur des éléments qu’il a explicités dans sa décision. De cette manière, il a rempli le rôle conféré aux tribunaux dans un Etat de droit et, ce faisant, il n’a pas, selon les conclusions de la Cour constitutionnelle que la Cour ne saurait mettre en cause, dépassé le cadre de son pouvoir d’appréciation délimité par l’ordre constitutionnel. Dans la mesure où la société requérante n’a pas été privée de la possibilité de défendre sa cause et où la décision du tribunal régional expose avec suffisamment de précision les motifs sur lesquels elle se fonde, la Cour n’y décèle aucun élément d’arbitraire susceptible d’engendrer une atteinte au droit à un procès équitable.
50. La Cour estime en outre que s’il y a eu quelques divergences dans la pratique interne, celles-ci résultaient essentiellement du différent degré de proactivité exigé de l’ayant droit par les différentes juridictions, voire par les différentes chambres de la Cour constitutionnelle, dans l’exercice de la marge de manœuvre dont elles disposaient dans le cadre des dispositions légales applicables. L’on ne saurait dire cependant que l’Etat n’a pas assumé son obligation de réagir avec la plus grande cohérence en vue de garantir la sécurité juridique, dans la mesure où la question litigieuse a finalement été examinée par le plénum de la Cour constitutionnelle avec l’intention de régler les contradictions de jurisprudence. Enfin, l’article 89 de la loi no 120/2001 a été amendé en 2008 de sorte qu’il précise dorénavant qu’en cas d’extinction de la procédure d’exécution en raison de l’insolvabilité du débiteur, les frais forfaitaires ou les frais raisonnablement engagés doivent être remboursés à l’huissier par l’ayant droit (voir paragraphe 21 ci-dessus). Sur ce point, la Cour relève qu’il ne lui appartient pas d’examiner in abstracto la législation et la pratique pertinentes ni de se substituer aux autorités internes compétentes pour évaluer les faits qui ont conduit ces autorités à adopter telle décision plutôt que telle autre. Par conséquent, la Cour n’est pas compétente pour décider si, dans un cas concret, les frais de l’huissier devaient être payés par l’ayant droit ou le débiteur ; son rôle se limite à vérifier la conformité à la Convention des conséquences qui en découlent. Or, la décision contestée en l’espèce par la société requérante ne saurait passer pour déraisonnable ou arbitraire, et le fait que le tribunal régional y a adopté une approche relativement plus stricte que d’autres tribunaux dans les affaires similaires ne saurait à lui seul enfreindre le principe de la sécurité juridique.
51. La Cour note enfin que dans sa décision du 9 novembre 2005, la Cour constitutionnelle a déclaré le recours de la société requérante irrecevable pour défaut manifeste de fondement, c’est-à-dire qu’elle a procédé à un certain examen du fond de l’affaire. La Cour relève également que la loi sur la Cour constitutionnelle donne à celle-ci la compétence de rejeter un recours pour manque de fondement par le biais d’une décision d’irrecevabilité. Une telle décision entre dans la marge d’appréciation de chaque juridiction et la Cour ne saurait prescrire aux tribunaux nationaux dans quels cas ils peuvent recourir à une telle solution (voir Mareš c. République tchèque (déc.), no 1414/03, 5 juillet 2005). Dans la présente affaire, la décision de la Cour constitutionnelle est dûment motivée et n’apparaît pas arbitraire. Etant donné que l’interprétation et l’application du droit national incombent au premier chef aux juridictions internes, la Cour ne saurait mettre en cause la conclusion à laquelle la Cour constitutionnelle est parvenue en l’espèce, et ce malgré le manquement au principe du contradictoire constaté ci-dessus (voir paragraphe 40).
52. Il s’ensuit que ce grief doit être rejeté pour défaut manifeste de fondement, en application de l’article 35 §§ 3 a) et 4 de la Convention.
III. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
53. La société requérante soutient enfin que la manière dont les juridictions nationales ont en l’espèce statué en matière de frais d’exécution porte atteinte à son droit au respect des biens, garanti par l’article 1 du Protocole no 1 libellé comme suit :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
54. Le Gouvernement conteste cette thèse, soutenant que l’ingérence dans le droit de la société requérante au respect de ses biens était justifiée.
55. Il relève que l’intéressée n’allègue pas l’inaccessibilité des dispositions légales sur lesquelles se fondait la décision de lui enjoindre le paiement des frais d’exécution mais dénonce une interprétation arbitraire qu’en auraient faite les tribunaux. Or, le seul fait que la loi applicable se prêtait à plus d’une interprétation ne saurait à lui seul conduire à la conclusion que l’ingérence en cause était imprévisible ou arbitraire (voir, mutatis mutandis, O.B. Heller, a.s. et Československá obchodní banka c. République tchèque (déc.), nos 55631/00 et 55728/00, 9 novembre 2004). Le Gouvernement soutient que, dès lors que l’article 89 de la loi no 120/2001 permettait incontestablement d’enjoindre le paiement des frais d’exécution à l’ayant droit, la société requérante devait être consciente, lorsqu’elle optait pour le mode d’exécution prévu par cette loi qui était à l’époque des faits relativement nouveau, du risque d’avoir à supporter ces frais. La décision rendue en l’espèce par le tribunal régional, concluant à l’imputabilité procédurale de la société requérante, ne peut donc en aucun cas être considérée comme arbitraire ou sortant du cadre de la loi.
56. Selon le Gouvernement, l’article 89 de la loi no 120/2001 poursuivait également un but légitime, à savoir d’assurer que les huissiers de justice, qui jouent un rôle important dans la société, n’aient pas à supporter les frais d’exécution lorsque les ayants droit manquent à l’exigence de prudence en demandant l’exécution tout en ayant à leur disposition les informations sur l’indigence des débiteurs.
57. Le Gouvernement note enfin que, pour s’acquitter de son obligation de diligence avant de demander l’exécution par l’huissier de justice, la société requérante pouvait demander au tribunal de recueillir des informations sur la situation patrimoniale du débiteur. Il observe également que le montant des frais que l’intéressée a eu à supporter était relativement peu élevé. Dans ces circonstances, le Gouvernement est d’avis que la société requérante n’a pas subi une charge disproportionnée.
58. La société requérante observe que le tribunal régional lui a non seulement enjoint de rembourser les frais encourus par l’huissier mais qu’il l’a aussi privée du droit au remboursement des frais qu’elle-même avait encourus devant le tribunal de première instance.
59. La Cour note d’abord que les frais de justice sont des « contributions » au sens du deuxième alinéa de l’article 1 du Protocole no 1 ; les griefs relatifs au remboursement de ces frais se prêtent donc à être examinés sous l’angle de cette disposition (Perdigão c. Portugal [GC], no 24768/06, §§ 60-61, 16 novembre 2010).
60. En l’espèce, la société requérante a été en effet privée d’un élément de propriété, à savoir de la somme de 7 025 CZK (environ 285 EUR) qu’elle a dû payer à l’huissier de justice au titre des frais d’exécution, sachant qu’en vertu de la décision de la juridiction d’appel P.Š. n’était plus tenu de lui rembourser cette somme. La Cour se doit dès lors de rechercher si la décision du tribunal régional enjoignant à la société requérante ladite obligation de paiement a respecté les exigences de l’article 1 du Protocole no 1.
61. Tout d’abord, la Cour ne saurait mettre en question la manière dont les juridictions tchèques ont statué en la matière, d’autant plus qu’aucun élément du dossier ne lui permet de conclure qu’elles aient fait une application manifestement erronée, ou aboutissant à des conclusions arbitraires, des dispositions légales en cause (voir partie concernant l’article 6 § 1 ci-dessous, §§ 41 – 52). En effet, le seul fait que la loi applicable se prêtait à plus d’une interprétation ne saurait à lui seul conduire à la conclusion que l’ingérence en cause était imprévisible ou arbitraire et par conséquent incompatible avec le principe de légalité (voir, mutatis mutandis, O.B. Heller, a.s. et Československá obchodní banka, décision précitée).
62. La Cour accepte ensuite que les dispositions relatives au paiement des frais d’exécution et l’application qu’en ont faites en l’espèce les tribunaux poursuivent le but légitime d’une bonne administration de la justice dont font partie les huissiers de justice.
63. La question essentielle est donc de savoir si, par suite des décisions contestées en l’espèce par la société requérante, celle-ci a subi une charge spéciale et exorbitante.
A cet égard, la Cour observe que conformément à l’arrêté ministériel no 330/2001 relatif à la rémunération et les frais des huissiers de justice, la somme des frais infligés à la société requérante comprenait uniquement le montant forfaitaire de la rémunération de l’huissier prévu entre autres pour les cas d’extinction de l’exécution et s’élevant à 3 000 CZK (122 EUR), auquel se rajoutait le montant des frais réellement engagés par l’huissier ainsi que la taxe à la valeur ajoutée. Au total, la société requérante s’est vu enjoindre de payer à l’huissier la somme de 7 025 CZK (environ 285 EUR) ; elle n’allègue cependant pas qu’il s’agirait d’une charge « exorbitante ». Tout porte d’ailleurs à croire qu’elle ne s’est pas trouvée dépouillée et qu’elle continue son activité (voir, mutatis mutandis, O.B. Heller, a.s. et Československá obchodní banka, décision précitée).
Il convient enfin de noter que l’article 89 du code d’exécution prévoyait à l’époque des faits la possibilité d’enjoindre le remboursement des frais d’une procédure d’exécution éteinte à l’ayant droit. En engageant la procédure d’exécution, la société requérante ne pouvait donc pas exclure le risque de se voir imposer une telle obligation.
64. Compte tenu de ce qui précède, ainsi que de la marge d’appréciation des Etats en la matière, la Cour estime que, dans les circonstances de l’espèce, il a été satisfait à l’exigence de proportionnalité de l’ingérence.
65. Il s’ensuit que ce grief doit être rejeté pour défaut manifeste de fondement, en application de l’article 35 §§ 3 a) et 4 de la Convention.
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
66. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
67. La société requérante réclame 7 025 CZK (environ 285 EUR) au titre du préjudice matériel correspondant au montant des frais d’exécution qu’elle a dû rembourser à l’huissier de justice. Elle demande également 30 000 CZK (1 224 EUR) au titre du dommage moral qu’elle aurait subi du fait de l’iniquité de la procédure devant les tribunaux inférieurs et de la conduite de la Cour constitutionnelle.
68. Le Gouvernement s’en remet à la sagesse de la Cour pour ce qui est du montant du dommage matériel. Quant au préjudice moral, il considère que le constat de violation constituerait une satisfaction équitable suffisante.
69. Etant donné que le dommage matériel réclamé par la société requérante se rapporte aux griefs qui ont été déclarés irrecevables et que l’on ne saurait spéculer sur le résultat auquel la procédure devant la Cour constitutionnelle aurait abouti si la violation de l’article 6 § 1 de la Convention constatée en l’espèce ne s’était pas produite, la Cour rejette les prétentions de la société requérante en ce qu’elles se rapportent au préjudice matériel allégué.
Quant au préjudice moral, la Cour l’estime suffisamment réparé par le constat de violation de la Convention auquel elle parvient.
B. Frais et dépens
70. La société requérante demande également 12 025 CZK (490 EUR) pour les frais et dépens engagés devant les juridictions internes et 25 702 CZK (1 048 EUR) pour ceux engagés devant la Cour, dont selon les factures présentées la somme de 10 000 CZK (408 EUR) incluant la TVA engagée au titre de sa représentation légale devant la Cour et le reste pour les traductions de sa correspondance et de ses observations.
71. Le Gouvernement note qu’il ne résulte pas des factures présentées quels documents ont été traduits et que l’on ne saurait rembourser à la société requérante les frais d’une traduction express.
72. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. La Cour rappelle également que les frais de justice ne sont recouvrables que dans la mesure où ils se rapportent à la violation constatée (Beyeler c. Italie (satisfaction équitable) [GC], no 33202/96, § 27, 28 mai 2002).
73. Etant donné que la violation de l’article 6 § 1 de la Convention constatée en l’espèce s’est produite devant la Cour constitutionnelle, à savoir la dernière instance nationale, la Cour estime que les frais et dépens que la société requérante a assumés au niveau interne n’ont pas été engagés pour empêcher la violation ou pour en faire effacer les conséquences ; elle rejette donc cette partie de la demande.
Puis, compte tenu des documents en sa possession et de sa jurisprudence et eu égard au fait que certains griefs soulevés par la société requérante ont été déclarés irrecevables, la Cour estime raisonnable la somme de 500 EUR pour la procédure devant la Cour et l’accorde à la société requérante.
C. Intérêts moratoires
74. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de l’impossibilité pour la requérante de réagir aux observations soumises à la Cour constitutionnelle par le tribunal régional, et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;
3. Dit que le constat d’une violation fournit en soi une satisfaction équitable suffisante pour le dommage moral subi par la société requérante ;
4. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser à la société requérante, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, 500 EUR (cinq cents euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par la société requérante, pour frais et dépens ; cette somme est à convertir en couronnes tchèques au taux applicable à la date du règlement ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ce montant sera à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 10 février 2011, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Claudia Westerdiek Peer Lorenzen
Greffière Président

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